UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE
XX CICLO DEL DOTTORATO DI RICERCA IN
SOCIOLOGIA, SERVIZIO SOCIALE, SCIENZE DELLA FORMAZIONE
PERCORSI DI POVERTÀ E PROCESSI DI EMPOWERMENT
IL REDDITO DI CITTADINANZA COME STRUMENTO DI POLITICA SOCIALE ATTIVA Settore scientifico-disciplinare SPS07
DOTTORANDA COORDINATORE DEL COLLEGIO DOCENTI
Daniela Gregori Chiar.mo prof. Francesco Lazzari - Università di Trieste
TUTORE
Chiar.mo prof. Luigi Gui - Università di Trieste
CO-TUTORE
Chiar.ma prof.ssa Rosemary Serra - Università di Trieste
RELATORE
Chiar.mo prof. Luigi Gui - Università di Trieste
CORRELATORE
Chiar.ma prof.ssa Rosemary Serra - Università di Trieste
A Fabiola Alhaique Vaccari
che mi ha fatto dono del suo
insegnamento e della sua amicizia
INTRODUZIONE ... IV 1.PREMESSA: MOTIVAZIONI ALLO STUDIO ED IPOTESI GUIDA... IV 2.LA PROSPETTIVA TEORICA DI RIFERIMENTO... VI 3.STRUTTURA DEL DOCUMENTO DI TESI... VIII
I PARTE ...1
CAPITOLO 1 ...2
IL DISEGNO DELLA RICERCA ...2
1.1.PREMESSA... 2
1.2.PROGETTAZIONE OPERATIVA DELLA RICERCA: MOTIVAZIONI CHE FANNO DA SFONDO... 4
1.3.LA DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI... 7
1.4.LA PROSPETTIVA TEORICA DI RIFERIMENTO... 8
1.5.LA FASE DI STUDIO E LA MAPPATURA DEL CONTESTO... 11
1.6.IL DISEGNO DELLA RICERCA... 12
1.7.LA STRUTTURA DELLA RICERCA IN RELAZIONE ALLE INTERVISTE... 15
1.7.1 Il campionamento ...16
1.8.IL PATTO BIOGRAFICO... 19
1.9.LA SCELTA DELLO STRUMENTO: L’INTERVISTA COME ASCOLTO ATTIVO... 22
1.10.L’INTERVISTA COME PROCESSO COMUNICATIVO... 25
1.11.L’INTERVISTATORE E L’INTERVISTATO: IL GIOCO DELLE EMOZIONI... 30
1.12.IL NODO DELLA TRASCRIZIONE DELLE INTERVISTE... 35
1.13.L’INTERPRETAZIONE DEL TESTO... 38
1.14.IL CONTROLLO DELLE INTERVISTE: LA TRIANGOLAZIONE... 41
1.15.LA STRUTTURA DELLA RICERCA RIGUARDO ALLA SECONDA DIMENSIONE: IL FOCUS GROUP... 44
1.16.GLI ESITI DELLA RICERCA: MODALITÀ DI ANALISI DEI RISULTATI... 47
CAPITOLO 2 ...55
L'ANALISI DELLA RICERCA: ASPETTI TRASVERSALI...55
2.1.PREMESSA... 55
2.2.IL FENOMENO DELLA POVERTÀ A TRIESTE: ALCUNE OSSERVAZIONI... 56
2.3.LA DIMENSIONE DELLA DOMESTICITÀ... 61
2.3.1. L'abitazione come progetto di vita ...62
2.3.2. Domesticità e rapporti di vicinato ...68
2.3.3. Domesticità e senso di appartenenza al quartiere ...69
2.4.LA TRAMA SFILACCIATA DELLE RELAZIONI... 73
2.4.1. Relazione sociale e rete: complessità concettuale ...74
2.4.2. Reti relazionali deboli e conflittualità familiari ...76
2.4.3. Dipendenza relazionale e désaffiliation...78
2.4.4. La rete egoica: l'arcipelago delle relazioni ...80
2.5.IL MERCATO IMMAGINARIO E IL LAVORO CHE NON C’È... 93
2.5.1. Il lavoro nella costruzione dell'immagine di sé ...93
2.5.2. Le trasformazioni del mercato del lavoro ...96
2.5.3. Il lavoro evanescente ...98
2.5.4. Lavoro e salute ...103
2.5.5. La scolarità come limite e come risorsa ...104
2.5.6. Quale rappresentazione del lavoro oggi?...105
2.6.IL DENARO COME MEDIUM SIMBOLICO... 107
2.6.1. Capacità di guadagno e capacità di spesa: la “spiritualizzazione” del denaro ...107
2.6.2. Uso del denaro come azione compulsiva ...109
2.7.FAME DA SHOPPING... 112
2.8.CHI È IL POVERO?L'IMMAGINE ALLO SPECCHIO... 113
2.8.1. Alter ed Ego: un incontro ...113
2.8.2. Povertà ‘autentica’ e povertà come 'ripiego' ...116
2.8.3 La soglia del non ritorno ...117
2.9.LA RELAZIONE CITTADINO-SISTEMA SOCIO-ASSISTENZIALE... 120
2.9.1. La percezione del sistema assistenziale: i vissuti degli intervistati...120
2.9.2. Il sistema assistenziale e la rappresentazione del povero...124
2.9.3. La prestazione economica tra carità e diritto...131
CAPITOLO 3 ...135
TENACI-SMARRITI-RASSEGNATI: DIVERSI APPROCCI ESISTENZIALI ALLA POVERTÀ ...135
3.1.PREMESSA... 135
3.2.'TENACI','SMARRITI' E 'RASSEGNATI': DIFFERENTI TIPOLOGIE DI ADATTAMENTO AL CONTESTO SOCIALE... 137
3.3.TENACI','SMARRITI' E 'RASSEGNATI': L'ATTRIBUZIONE DI RESPONSABILITÀ... 141
3.3.1. I ‘tenaci’: il tempo e lo spazio quali risorse ...145
3.3.2. I 'tenaci' e il futuro: uno sguardo sul domani ...152
3.3.3. Gli 'smarriti': padroni di un tempo passato e di uno spazio vuoto ...154
3.3.4. Il futuro alle spalle il passato nel presente...158
3.3.5. I 'rassegnati': l'oggi come contenitore spazio-temporale...159
3.3.6. I 'rassegnati': il destino è guida ...162
3.4.'TENACI'–'SMARRITI'-'RASSEGNATI': IL LINGUAGGIO COME VISIONE DI SÉ E DEL MONDO... 166
3.5.IL RISENTIMENTO COME REAZIONE ALLA FRUSTRAZIONE... 170
II PARTE ...176
CAPITOLO 4 ...177
ESSERE, SENTIRSI POVERI NELLA SOCIETÀ DELL’ACCESSO E DEL CONSUMO...177
4.1.PREMESSA... 177
4.2.IL NODO CRITICO DELLA MISURAZIONE DELLA POVERTÀ... 179
4.2.1. Alcuni dati orientativi sul fenomeno ...184
4.3.LE MOLTEPLICI FORME DELLA POVERTÀ... 186
4.3.1. La povertà: alcuni tentativi definitori ...187
4.3.2. Povertà come esclusione sociale ...191
4.3.3. Povertà ed esclusione sociale: fenomeni diversi ed intrecciati ...193
4.3.4. Povertà come fenomeno polisemico...195
4.4.IL FRAGILE CONFINE TRA CHI STA DENTRO E CHI STA FUORI... 197
4.4.1. La trasparenza della povertà ...198
4.4.2. I confini sociali della povertà ...200
4.4.3. L’immagine della povertà e le attese sociali ...203
4.4.4. L’inclusione sociale come strumento di contrasto alla povertà ...205
4.5.LA RESPONSABILITÀ DI ESSERE POVERO: UNA QUESTIONE CHE HA RADICI LONTANE... 207
4.5.1. La rappresentazione del povero nell’ assistenza ...208
4.5.2. Evoluzione dell’assistenza ai poveri in Italia ...212
4.5.3. Dall’assistenza alla sicurezza sociale al welfare mix: cosa cambia nell’approccio alla povertà?...215
4.5.4. Attribuzione di responsabilità e fiducia in una società io-centrica...219
4.6.LE DINAMICHE DI IMPOVERIMENTO E LA SOCIETÀ DEL RISCHIO... 221
4.6.1. La privatizzazione delle responsabilità...225
4.7.LA SOCIETÀ DELL’ACCESSO E DEL CONSUMO QUALE FONTE DI DISUGUAGLIANZA... 227
4.7.1. Fattori di disuguaglianza nella società dei consumi...227
4.8.DIRITTI SOCIALI E CITTADINANZA SOCIALE... 233
4.8.1. La cittadinanza sociale come bene relazionale ...237
4.9.COMPETENZA D’AGIRE E AUTODETERMINAZIONE NEL CONTRASTARE LA POVERTÀ... 240
4.10.DAL POVERO OGGETTO DI INTERVENTO AL POVERO SOGGETTO ATTIVO DELL’INTERVENTO... 244
4.11.ESSERE POVERO, SENTIRSI POVERO: ALCUNE RIFLESSIONI CONCLUSIVE... 252
CAPITOLO 5 ...257
IL REDDITO DI CITTADINANZA QUALE STRUMENTO DI EMPOWERMENT ...257
5.1.PREMESSA... 257
5.2.GLI INTERVENTI A SOSTEGNO DEL REDDITO: LE PREMESSE DI UN DIBATTITO... 258
5.2.1. Gli interventi a sostegno del reddito: una molteplicità di approcci ...261
5.2.2. Una questione terminologica, culturale e di politica sociale...266
5.3.LA FINALITÀ DELLA MISURA NELL’AMBITO DEGLI SCENARI DELLA GLOBALIZZAZIONE... 268
5.3.1. Reddito di cittadinanza, reddito di base, reddito minimo: osservazioni conclusive ...271
5.4. DA UNA POLITICA SOCIALE PASSIVA AD UNA POLITICA SOCIALE ATTIVA: UNA PROSPETTIVA SOCIETARIA 274
5.4.1 Il reddito minimo di inserimento: un nuovo diritto sociale 276
5.5.UNA FASE DI TRANSIZIONE NELL’APPROCCIO ALLA POVERTÀ?... 278
5.5.1. Il reddito minimo di inserimento secondo la prospettiva lib/lab...279
5.5.2. Il reddito minimo di inserimento secondo la prospettiva societaria...281
5.6.L’APPLICAZIONE DEL REDDITO MINIMO DI INSERIMENTO IN EUROPA... 283
5.7.L’ESPERIENZA IN ITALIA DEL REDDITO MINIMO DI INSERIMENTO... 285
5.8.ALCUNE ESPERIENZE REGIONALI DI REDDITO DI CITTADINANZA... 289
5.9.IL REDDITO DI BASE PER LA CITTADINANZA NELLA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA... 293
5.9.1. Una lettura relazionale al Reddito di base per la cittadinanza ...297
5.10.IL REDDITO DI BASE PER LA CITTADINANZA COME STRUMENTO DI EMPOWERMENT... 303
5.11.ALCUNE OSSERVAZIONI CONCLUSIVE... 306
CONCLUSIONI...310
BIBLIOGRAFIA... 319
ELENCO TABELLE N. 1-TIPOLOGIA ANAGRAFICA E REDDITUALE DEGLI INTERVISTATI MASCHI 52
N. 2-TIPOLOGIA ANAGRAFICA E REDDITUALE DELLE INTERVISTATE FEMMINE 52
N. 3-NUMERO DI RICHIESTE PRESENTATE NEGLI ANNI 2005 E 2006 SUDDDIVISE PER GENERE 61
N. 4-RICHIESTE PRESENTATE DA SOGGETTI FEMMINE SUDDIVISE PER ETÀ NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI TRIESTE NEL PERIODO 2005-2006 RAPPORTATO ALLA POPOLAZIONE RESIDENTE 62
N. 5-RICHIESTE PRESENTATE DA SOGGETTI MASCHI SUDDIVISE PER ETÀ NEL TERRITORIO DEL COMUNE DI TRIESTE NEL PERIODO 2005-2006 RAPPORTATO ALLA POPOLAZIONE RESIDENTE 63
N. 6-CAUSE DI SVOLTA NELLA POVERTÀ INDIVIDUATE DA IRENE (GRUPPO 'TENACI'). 145
N. 7-CAUSE DI SVOLTA NELLA POVERTÀ INDIVIDUATE DA UGO (GRUPPO 'SMARRITI') 146
N. 8-CAUSE DI SVOLTA NELLA POVERTÀ INDIVIDUATE DA CARLA (GRUPPO 'RASSSEGNATI') 146
N. 9-RISORSE INDIVIDUATE DA IRENE CHE VENGONO UTILIZZATE PER CONTRASTARE LA SITUAZIONE DI DIFFICOLTÀ UTILIZZANDO IL MODELLO TRIDIMENSIONALE DEL LOCUS DELLA CAUSALITÀ INTERNO ED ESTERNO, DELLA STABILITÀ E DELLA CONTROLLABILITÀ 150
N.10-GLI IDEAL-TIPO: SPECIFICITÀ E DIFFERENZE 168
N.11-CONFRONTO TRA LE ESPRESSIONI PIÙ RICORRENTI UTILIZZATE DAI TRE GRUPPI DI INTERVISTATI 170
N.12-IL REDDITO MINIMO DI INSERIMENTO NELLA PROSPETTIVA LIB/LAB 281
N.13-IL REDDITO MINIMO DI INSERIMENTO NELLA PROSPETTIVA SOCIETARIA 282
N.14-IL REDDITO DI BASE PER LA CITTADINANZA 303
N.15-CONFRONTO SULL’APPLICAZIONE DI MISURE INTEGRATIVE AL REDDITO NELLE REGIONI CAMPANIA –BASILICATA –FRIULI VENEZIA GIULIA 309
ELENCO FIGURE N.1–RETE EGOICA SMARRITI 90
N.2–RETE EGOICA RASSEGNATI 91
N.3–RETE EGOICA TENACI 92 ELENCO ALLEGATI (SU SUPPORTO INFORMATICO)
TRACCIA DI INTERVISTA LEGENDA DELLE INTERVISTE N.15 INTERVISTE
N.15 RETE EGOICHE N.1 VERBALE FOCUS GROUP
Introduzione
1. Premessa: motivazioni allo studio ed ipotesi guida
Trattare del tema della povertà e delle azioni di contrasto risulta essere estremamente complesso. Infatti, sull’argomento ‘povertà’ esiste una vastissima ed articolata letteratura che tratta il problema come un macro fenomeno che investe ampie aree territoriali (ad esempio il Sud del mondo), oppure che tende a rilevarne gli aspetti di trasversalità o, ancora, che mira a coglierne le specifiche espressioni nella civiltà occidentale. Vi sono anche analisi di settore che osservano il fenomeno da diverse prospettive: le donne, i giovani, i disoccupati oppure che studiano la povertà in relazione a micro contesti sociali: urbani, rurali, ecc. Tuttavia, l’approccio prevalente alla povertà che si evidenzia appare essere da un lato quello relativo al controllo sociale e dall’altro lato quello inerente il problema di tipo economico, concernente la preoccupazione di dare una risposta che non induca comportamenti opportunistici e, contestualmente, di arginare la spesa sociale nei confronti delle persone indigenti. Gli strumenti di contrasto alla povertà che sono stati sperimentati si sono evoluti: da interventi di tipo repressivo-puntivo si è passati ad interventi volti a rieducare ed a reinserire. Lo strumento maggiormente utilizzato è quello economico che assume la forma del sussidio assistenziale. Alla povertà, considerata prevalentemente come carenza di reddito, viene risposto quasi esclusivamente in termini economici, monetari.
Tale scelta di politica sociale si fonda sulla necessità di soddisfare i bisogni primari ma non tiene conto della persona nella sua globalità e della povertà come un problema che investe diversi ambiti di vita degli individui.
La povertà, pertanto, risulta essere un tema estremamente complesso. Il progresso economico non l’ha debellata ma, anzi, l’ha accresciuta e ha provocato il sorgere di nuovi forme di povertà e di nuovi profili di rischio con una pesante ricaduta sui livelli di uguaglianza sociale. Tale situazione sociale non può essere ricondotta esclusivamente al problema dell’immigrazione, nonostante il fenomeno sia in crescita e sia connesso alle gravi e precarie condizioni di esistenza che investono numerose popolazioni. Nella povertà sono coinvolti soggetti e fasce di popolazione diversi:
giovani, adulti, donne, anziani, disabili, disoccupati, ecc. L’ampliarsi del fenomeno della povertà, che oggi riguarda fasce di popolazione un tempo estranee e l’accresciuto numero di famiglie esposte al rischio di povertà1, fanno riflettere su come tale fenomeno stia assumendo forme diverse di un tempo. Si osserva, una situazione di diffusa
‘vulnerabilità invisibile’ cioè un crescente numero di persone si affacciano, per la prima volta, sulla soglia della povertà. Tale situazione trascina con sé una molteplicità di aspetti che possono aggravarla, trasformala e renderla una condizione di indigenza stabile nel tempo.
Pertanto, l’analisi del problema non può essere ricondotta solo a temi di ordine monetario ed economico. Lo stile di vita attuale, fortemente centrato sul denaro come oggetto fondamentale di accaparramento e di affermazione individuale, sembra permeare i rapporti sociali e, definendoli, opera una distinzione tra le persone (Bourdieu 1979/2001) 2. Quando un elemento economico assume la forma di valore e connota le relazioni “la comunità risulta in parte frantumata e spinta fuori di se stessa” (Latouche 1989/1992, 45). L’immagine di sé della persona ne viene investita così come la relazione con il ‘mondo esterno’ che allenta il livello di coesione sociale.
Da tutto ciò può scaturire una rappresentazione della povertà che mette in rilievo l’impossibilità di affermazione individuale della persona attraverso il denaro e che implicitamente considera la persona povera esclusivamente in modo negativo. A tale riguardo si evidenzia che le scelte di politica sociale sono strettamente connesse alla rappresentazione sociale della povertà.
Rispondere alla povertà o al rischio di povertà esclusivamente in termini monetari assume quindi un potente significato simbolico: da un lato conferma la cultura economicistica centrata sull’etica del denaro e dall’altro invia un messaggio di non scarsa attenzione verso il problema che non viene considerato nella sua dimensione collettiva, comunitaria ma viene ‘restituito’ all’interessato, come se fosse un ‘suo’
1 A tale proposito si rinvia a: Atkinson, 1998/2000; Alcock, Siza 2003; Brandolini, Saraceno (curr) 2007.
2 Si esplicita, qui di seguito, la modalità adottata per i riferimenti bibliografici. Nel corpo del testo sono stati inseriti i cognomi degli autori ed è stato riportato l’anno di edizione del testo consultato; per gli autori stranieri è stata indicata anche la prima edizione del testo in lingua originale. Sono state inserite le iniziali dei nomi degli autori solo nel caso siano citati studiosi con il medesimo cognome. Solo in alcuni casi è stata utilizzata l’espressione ibidem e ciò per non appesantire il testo e laddove il riferimento all’autore è chiaro Nel caso di citazioni, queste sono state trascritte tra virgolette ed è stata indicata la pagina da cui sono state tratte. Nella bibliografia, che si trova alla fine dell’elaborato, sono stati riportati per esteso i riferimenti degli autori (cognome e nome) che sono stati scritti in ordine alfabetico; laddove possibile, sono stati trascritti i titoli delle opere in originale ed i titoli della traduzione italiana, di questa ultima è stato indicato l’anno della prima pubblicazione, quello dell’opera consultata e casa editrice e la città.
problema dipendente dalla sua volontà. Lo scivolamento su una dimensione moralistica, quando si tratta del problema della povertà, è molto facile ma, paradossalmente, consente di non guardare le disfunzioni del sistema sociale e tende ad attribuire la responsabilità unicamente ai singoli soggetti. In relazione a questo aspetto Simmel (1906/2001) mette in evidenza l’importanza del modo con il quale la povertà viene osservata dal contesto sociale in quanto ciò la connota e definisce gli interventi che vengono messi in atto.
In Italia e a livello internazionale, fatta eccezione per i Paesi del Nord Europa, le azioni di contrasto alla povertà non hanno avuto un’attenzione specifica e globale e di fatto sono caratterizzate dalla frammentazione degli interventi, dal loro carattere categoriale e selettivo, basate su un approccio riparativo-assistenziale che richiama alla mente più una dimensione di controllo sociale e di ordine pubblico che di rimozione di uno stato di sofferenza (Ranci, C. 2002; Corbiserio 2005). Va evidenziata la tensione da parte dei servizi sociali di agire in un’ottica di autonomia della persona, tuttavia, perdura ancora una cultura basata sul sostegno al reddito tramite prestazioni economiche (spesso di entità irrisoria o quantomeno non risolutiva) come se il disagio economico dipendesse esclusivamente dal reddito. Tale cultura si riflette nelle scelte di politica sociale e nella realizzazione dei welfare locali. Appare necessario spostare radicalmente l’attenzione da un intervento volto a coprire carenze ad un altro, indirizzato a promuovere ed a sviluppare le capacità degli individui. Infatti, la prima tipologia di intervento non fa che perpetuare un sistema che vede la persona come mero fruitore e passivo beneficiario di erogazioni elargite dal sistema assistenziale sulla base di disponibilità di fondi e di requisiti minimali di reddito della persona. Il rapporto che ne deriva è un rapporto di mero dare-ricevere, che deresponsabilizza sia l’ente che il soggetto. L’altra tipologia di intervento è, invece, volta ad accrescere l’autonomia, considera la persona come un soggetto attivo, co-costruttore di un percorso volto a promuovere le sue abilità e competenze. Questa modalità di approccio parte dal presupposto che le capacità della persona costituiscono un patrimonio da valorizzare per sé e per la comunità
2. La prospettiva teorica di riferimento
Il presente studio intende offrire delle ipotesi di risposta in merito alle seguenti aree di criticità e precisamente: se strumenti differenti da quelli tradizionalmente utilizzati che coniughino risposta economica, volta a fronteggiare bisogni immediati, ed
intervento sociale, volto a promuovere un cambiamento, possano costituire delle positive alternative, veicolare valori diversi da quelli anti-etici del consumo ed, inoltre, innescare processi virtuosi di autonomia, di empowerment della persona. Ci si interroga se tali strumenti possono modificare la posizione dell’individuo che da assistito, passivo fruitore di un sussidio, diventa soggetto attivo.
Tra i diversi strumenti di contrasto alla povertà sperimentati a livello internazionale è stato individuato il reddito minimo di inserimento (RMI), misura in essere nella quasi totalità dei Paesi Europei, sperimentata alla fine degli anni ’90 e per due trienni in Italia, adottata, seppure con denominazioni e modalità realizzative diverse, in tre regioni: Campania, Basilicata e Friuli Venezia Giulia.
Il motivo della scelta di tale strumento è connesso al fatto che pur trattandosi di una misura monetaria - e pertanto comparabile con le erogazioni assistenziali – persegue finalità di promozione della persona e dei legami sociali.
Si tratta certamente di una sfida: cioè quella di utilizzare strumenti economici per fini che non sono meramente economici ma di valorizzazione della persona e delle sue potenzialità. Interventi di questo tipo, infatti, sembrano contenere un’ambivalenza intrinseca in quanto possono, paradossalmente, definire e confermare la condizione di indigenza del soggetto (una sorta di istituzionalizzazione della povertà), quasi a creare uno ‘status’ dell’indigente in quanto il ’metro’ con il quale viene misurata la povertà rimane la situazione economica e quindi il denaro. Il denaro è un mezzo di scambio e di consumo; consente alle persone di ‘liberarsi dalle necessità’ e di affermare la propria capacità di spesa ma è anche, soprattutto nel contesto attuale, un simbolo, è un mezzo che veicola l’immagine della persona e dei suoi legami sociali. Ci si interroga se l’immagine dell’uomo come soggetto ‘consumatore’ (Bauman 1998/2004) sia ormai così pervasiva da condizionare implicitamente anche interventi che perseguono, almeno nelle dichiarazioni di principio, finalità emancipative. E, a tale interrogativo ne segue un altro, e, precisamente, se le politiche sociali possano promuovere una cultura differente, che ponga come obiettivo prioritario quello di rinforzare l’essenza dei legami sociali: la fiducia.
La prospettiva teorica che ha fatto da guida al percorso di riflessione e che è trasversale ad esso fa riferimento all’orientamento di pensiero di Simmel, in particolare per quanto riguarda il significato del denaro non solo nella sua funzione materiale ma soprattutto simbolica. A tale proposito, infatti, Simmel (1907/1984) parla di
spiritualizzazione del denaro3. Tale prospettiva appare essere di estrema attualità in un’epoca in cui prevale l’individualismo, la competizione, e nella quale la capacità di consumo assume un valore distintivo. Il denaro, quindi, non sembra solo qualificare la persona sulla scena sociale ma assume significato anche nell’ambito delle politiche sociali. La provvidenza economica erogata a favore di fasce deboli assume un significato che va al di là dell’oggetto medesimo e del problema emergenziale che vuole risolvere (o per lo meno mitigare) ma è portatrice di una forte connotazione simbolica e comunicativa attraverso la quale definisce chi è l’altro, cosa ci si aspetta da lui ed il ruolo che lo stesso può giocare nella scena sociale. Da queste affermazioni si evince che la prospettiva simmeliana è stata integrata da altri paradigmi: l’interazionismo simbolico e l’approccio fenomenologico di Schütz per quanto riguarda l’immagine dei poveri e le aspettative di comportamento, quindi la relazione Ego-Alter; nonché quella drammaturgica e del costruttivismo sociale. Si è ritenuto, inoltre, che l’analisi compiuta da Bourdieu, sulla base di un importante e corposo lavoro di ricerca sul tema della miseria (Bourdieu 1993), potesse fornire supporti utili a sostenere l’argomentazione. Si è fatto, inoltre, riferimento all’approccio relazionale nell’analisi delle misure di integrazione al reddito e nell’individuazione delle prospettive.
La cornice teorica che fa da sfondo allo studio è stata di volta in volta arricchita in relazione agli specifici argomenti trattati nel percorso di approfondimento e ciò in particolare nella parte di analisi del lavoro empirico come verrà meglio specificato nella presentazione del lavoro di ricerca.
3. Struttura del documento di tesi
Dalle argomentazioni sopra esposte ha preso avvio il percorso di tesi che si è articolato in due dimensioni: una a carattere empirico e l’altra teorico.
La prima parte dell’elaborato presenta il lavoro empirico. La scelta di inserire come prima parte il progetto, gli esiti e l’analisi della ricerca è motivata dalla metodologia adottata lungo tutto il percorso di lavoro che è stata quella di tipo induttivo nella quale il rapporto tra teoria e ricerca è interattivo, intrecciato ed i concetti hanno una funzione orientativa, sono in costruzione (Corbetta, 1999)4.
3 Si veda I.2.6.
4 L’Autore afferma: “il ricercatore qualitativo spesso respinge volutamente la formulazione di teorie prima di cominciare il lavoro sul campo, vedendo in ciò un condizionamento che potrebbe inibirgli la capacità di <<comprendere>> il punto di vista del soggetto studiato, una chiusura prematura dell’orizzonte” (Corbetta 1999, 56). Su questi aspetti si veda I.1.
Al fine di comprendere meglio se misure di contrasto alla povertà come ad esempio il RMI possono, mutuando Latouche (1989/1992, 45), introdursi “negli ingranaggi dei legami sociali” per mettere in moto processi di rafforzamento e di sviluppo di tali legami e delle capacità delle persone, si è inteso esplorare la rappresentazione di sé delle persone in qualità di beneficiari di provvidenze economiche e la percezione di coloro che realizzano l’intervento. Ciò al fine di comprendere se strumenti quali il reddito minimo di inserimento (RMI), ed in particolare il reddito di base per la cittadinanza (RdB) adottato dalla Regione Friuli Venezia Giulia (art. 58 L.R.
6/2006), possono essere promotori di cambiamento della situazione delle persone e dell’immagine sociale della povertà
Questa parte del documento si articola pertanto in un capitolo di presentazione del progetto di ricerca, nel quale vengono illustrate le scelte operate, gli obiettivi perseguiti, la metodologia adottata e gli strumenti utilizzati. Prima di entrare nel dettaglio della ricerca si descrivono le attività svolte finalizzate alla mappatura del contesto. Si passa quindi a descrivere i contenuti del progetto di ricerca. L’obiettivo è stato quello di cogliere: la rappresentazione, che le persone hanno della loro condizione di povertà; il processo (eventi, esperienze, ecc.) che per le persone rappresenta la svolta nella povertà; le risorse soggettive che esse attivano per contrastare la situazione di disagio; la percezione da parte dei soggetti degli interventi economici di contrasto alla povertà (valutazione efficacia). Oltre a ciò si è voluto rilevare le rappresentazioni della povertà da parte degli assistenti sociali; ciò al fine di evidenziare le letture del fenomeno da prospettive diverse. A tal fine sono state realizzate delle interviste in profondità con persone che hanno presentato richiesta di aiuto economico all’Area Promozione e Protezione Sociale del Comune di Trieste ed è stato effettuato un focus group con un gruppo di assistenti sociali operanti presso tale Area. Vengono messi in rilievo alcuni aspetti inerenti la conduzione delle interviste e la loro interpretazione nonché vengono esplicitate le modalità di analisi delle interviste e del focus group.
Gli altri due capitoli di questa prima parte del documento sono finalizzati ad illustrare gli esiti del lavoro di ricerca. A tal fine si è fatta una analisi su due piani: il primo riguarda i contenuti delle interviste e del focus group in relazione agli argomenti trattati mentre il secondo presenta un’elaborazione delle interviste sulla base di elementi trasversali individuati. Quest’ultimo livello di analisi ha consentito di costruire tre tipi- ideali (Weber 1922/1958) e di analizzarli dal punto di vista delle attribuzioni causali
operate (Heider 1958/1972; Weiner 1974) e dei processi di adattamento sociale messi in atto (Merton 1949/2000).
La seconda parte di carattere teorico è stata sviluppata sul tema della povertà e dello strumento di contrasto del reddito minimo di inserimento e del reddito di base per la cittadinanza.
Il tema della povertà è stato considerato sotto la prospettiva dell’essere e del sentirsi poveri nell’attuale epoca, era dei consumi, che illude a facili opportunità e che, in compenso, realizza forti esclusioni. L’essere ed il sentirsi poveri segnano l’esperienza della persona in modo diverso: l’essere povero richiama ad una dimensione oggettiva, concreta. Tuttavia, ‘l’essere carenti di’, che la condizione oggettiva evidenzia, può amplificarsi e coinvolgere la parte soggettiva, intima della persona, la sua immagine di soggetto che ha fallito. È, tuttavia, prioritario interrogarsi su cosa significa povertà oggi e quali sono gli aspetti che la caratterizzano. Pertanto, dopo una breve analisi sull’entità del fenomeno in Europa ed in Italia, si argomenta circa la questione inerente il concetto di povertà. Si tratta infatti di un concetto di complessa definizione. La povertà assume oggi tanti volti e tante espressioni. Per questo le misurazioni della povertà solo in termini di reddito o di consumi risultano essere insufficienti. Dall’analisi di diversi studi emerge che la povertà è un fenomeno multidimensionale. Proprio in quanto tale si intreccia con il tema dell’esclusione sociale, con quello delle disuguaglianze e con quello delle dinamiche di impoverimento che sembrano trovare una radice comune nella difficoltà di accedere alle opportunità che il contesto sociale offre e conseguentemente nell’impossibilità di accrescere e rafforzare le proprie capacitazioni (Sen 1999/2000).
Coloro che non riescono ad accedere ai mezzi ed ai beni ‘messi a disposizione’ si ritrovano ai margini della società. Va evidenziato che oggi l’accresciuto rischio di povertà, che investe una fascia di popolazione sempre più elevata, è connesso non solo alla precarietà economica ma anche all’indebolirsi delle altre sfere di vita del soggetto:
famiglia, rete relazionale, sistema di welfare (Ranci, C. 2002; Giaccardi, Magatti 2005) ed alla trasformazione dei codici culturali in codici che valorizzano il consumo (Bauman 1998/2004). Il permanere in uno stato di povertà è anche condizionato dalle attese del contesto sociale nei confronti del povero (Simmel 1906/2001). La relazione tra la Ego e Alter è, infatti, influenzata dalle aspettative che il contesto sociale (Alter) ha nei confronti della persona (Ego) ed è attraverso tale relazione che la persona, in questo caso il povero, assume visibilità e diventa fenomeno sociale in quanto ‘riconosciuto’ dal contesto. La risposta sociale (quale, con quale modalità ed in che misura) è
fondamentale nel connotare la povertà e nel mettere in atto processi di etichettamento e di attribuzione di responsabilità. L’esposizione prolungata a tale processo rischia di assumere un carattere definitivo per la persona collocandola ai margini della società. Il pericolo, pertanto, è che la povertà, pur se considerata come processo, venga valutata, anche a livello implicito, come un processo la cui conclusione negativa è già prevista.
L’attribuzione della responsabilità di essere povero è presente nella storia dell’assistenza ed ha connotato le risposte del sistema sociale nei confronti di queste persone. Tali risposte sono state per lo più volte a contenere il problema della povertà, ad arginarlo anche attraverso il lavoro coatto dei poveri. A lungo il lavoro è stato considerato come punizione ma anche come occasione di riscatto. Tale tema è, tutt’oggi, di forte attualità in quanto spesso i programmi volti a favorire il reinserimento di persone indigenti sono accompagnati dall’impegno/obbligo al lavoro e, forse, permane ancora una cultura che considera la possibilità di lavoro per il povero esclusivamente come una modalità restituiva di quanto percepito dal sistema assistenziale.
L’attribuzione di responsabilità della propria condizione è accompagnata implicitamente dalla scarsa o assente fiducia nei confronti di queste persone ritenute incapaci di gestire la propria vita e di permanere in un contesto sociale connotato da competitività ed individualismo (Donati, 2000). Al problema di come fronteggiare la povertà si associa anche quello di come evitare la dipendenza dal sistema assistenziale.
Il sistema assistenziale stesso sembra, per le logiche che lo sottendono, implementare questo rapporto di dipendenza, rapporto che deresponsabilizza entrambe le parti.
Passare da un’ottica riparativa ad una emancipativa comporta vedere la persona come soggetto con abilità, competenze d’agire e capacità di autodeterminazione. Aiutare la persona ad acquisire la consapevolezza delle proprie capacità di fronteggiamento, rafforzarlo sulle proprie competenze d’agire significa renderlo maggiormente capace di sostenere i rischi che il vivere nell’attuale società comporta, accrescere il suo senso di auto-efficacia. Assumere questo approccio comporta rifondare il rapporto con la persona in termini di fiducia; ciò rappresenta un’opportunità ma anche un vincolo: da un lato offre la possibilità di rafforzare ed implementare le relazioni ma dall’altro lato impegna la persona nel presentarsi come degno di fiducia (Luhmann 1968/2002). In questo senso i diritti ed i doveri del cittadino nei confronti della comunità vanno ri- considerati anche in relazione al fatto che la base della vita della società è costituita dalle interazioni e dal loro carattere di reciprocità (Simmel 1906/2001). Partire da
questo presupposto comporta porsi in termini di fiducia attiva (Giddens 1994/1999) e considerare le persone come un capitale sociale dotato di un proprio valore; ciò presuppone sostenere fortemente le relazioni.
Nel capitolo che tratta il reddito di cittadinanza si parte dal presupposto che la modalità con cui una società ‘tratta’ i poveri e coloro che vivono in condizioni di disagio connota le persone in modo pesante e le rimanda al ruolo di poveri e/o di esclusi. È necessario allora pensare a degli strumenti che possano favorire processi di autonomia. Dopo una breve storia della misura, si è messo in evidenza come la stessa abbia assunto denominazioni diverse, denominazioni che presentano aspetti di trasversalità e di specificità. In particolare l’attributo che viene affiancato al termine reddito (di base, di inserimento, di cittadinanza, ecc.) connota la misura ed esprime le finalità della stessa. Tuttavia, non sempre la denominazione riflette pienamente gli obiettivi concreti che l’intervento intende perseguire. Si è proposta una lettura della misura secondo un’ottica individualista ed una relazionale, utilizzando come strumento di analisi il modello proposto da Parsons e rielaborato da Donati (1991, 1999, 2006). Si è, inoltre, descritta una sintetica panoramica dell’esperienza europea e si è, quindi, analizzata, nei suoi punti salienti, la sperimentazione avvenuta in Italia alla fine degli anni ’90, nonché l’attuale esperienza realizzata nelle regioni Campania, Basilicata e Friuli Venezia Giulia. Particolare riferimento è stato fatto a quest’ultima esperienza ed anche di tale esperienza si è proposta una lettura secondo il paradigma relazionale. La riflessione si interroga criticamente circa l’effettiva rispondenza degli obiettivi che la misura persegue: innescare processi di empowerment e promuovere la cittadinanza attiva. In relazione a questi aspetti si sono messi in evidenza alcune criticità, contraddizioni e potenzialità dell’intervento.
Un chiarimento va fatto in merito al titolo del documento di tesi nel quale si nomina il reddito di cittadinanza. Si tratta di una scelta che ha un significato valoriale e che non è connessa a quanto viene evidenziato nella letteratura specifica della materia5. Intitolare il documento con la denominazione ‘reddito di cittadinanza’ rappresenta l’affermazione di un valore al quale gli interventi a sostegno del reddito dovrebbero essere tesi e cioè essere effettivamente degli interventi volti a favorire una piena cittadinanza sociale6 di tutti quei soggetti che vivono un’esistenza incerta, sull’orlo della
5 Si veda II.5.
6 Si rinvia a II.4.8.
povertà o nella povertà; un’esistenza nella quale è difficile progettare il proprio futuro e quello dei propri congiunti. Si tratta di persone che hanno un valore sociale importante e che rappresentano delle risorse inespresse della comunità. Rifondare i legami sociali comporta anche assumere un altro sguardo nei confronti delle persone che sono in situazioni di difficoltà; significa riconoscere loro le capacità e le potenzialità di cui sono portatrici e considerarle alla stregua degli altri cittadini come soggetti con valore sociale.
I PARTE
CAPITOLO 1 Il disegno della ricerca
“… un uomo, che si preoccupa continuamente degli scritti di altri uomini e non solleva mai gli occhi sul lavoro della natura, nel tentativo di riconoscervi le verità già conosciute e di investigarne qualcuna delle infinite che devono ancora essere scoperte non diventerà mai un filosofo.
Questo, dico, non produrrà mai un filosofo ma solo uno studioso di altri filosofi e un esperto del loro lavoro”
(Le opere di Galileo Galilei)
1.1. Premessa
La via (o forse è meglio dire il tracciato) che si è intrapresa per giungere alla formulazione del presente progetto di ricerca è stata ricca di stimoli e per diversi aspetti tortuosa; ciò ha creato dei momenti di impasse, di disorientamento e di nuove sollecitazioni che hanno indotto ad un ritorno sui propri passi per intraprendere sentieri inediti. Come afferma Madge (1962/1966, 283) la ricerca è “un processo erratico imprevedibile” i cui esiti non sono certi. Si presenta qui di seguito sinteticamente il cammino compiuto; per esigenze di ‘ordine’ viene illustrato in modo lineare un percorso nel quale dimensione teorica, dimensione della ricerca sul campo, dimensione empirica e dimensione riflessiva hanno proceduto ora parallelamente, ora intersecandosi, ora avendo una la meglio sull’altra. Si è così esplorato il campo del
‘grande pensiero’ e quindi delle teorie sociologiche ‘classiche’ al fine di individuare quelle che più si riteneva fossero inerenti allo studio che si voleva intraprendere.
Contestualmente è stata effettuata una ricognizione delle ricerche a livello nazionale e locale in tema di povertà e vulnerabilità. L’andirivieni riflessiva tra dimensione teorica e dimensione della ricerca ha consentito di ipotizzare un percorso di studio mirato a cogliere differenze e trasversalità tra le situazioni di vita delle persone ‘povere’ e di quelle ‘vulnerabili’7 e cioè tra coloro che vivono in condizione di indigenza e coloro che vivono sul filo tra ‘ben-essere’ e ‘mal-essere’. In particolare ci si è proposti di
7 In questa sede, per brevità, non si riportano i concetti di povertà e vulnerabilità che sono trattati in II.4 al quale si rinvia.
esplorare l’area degli interventi di contrasto alla povertà con specifico riferimento alle misure di sostegno al reddito quali il reddito garantio o il reddito minimo di inserimento8 per evidenziare le potenzialità di tali misure ed, in particolare, se esse possono costituire un effettivo mezzo di contrasto alla povertà e di promozione all’empowerment.
Si sono pertanto elaborati il disegno di ricerca e la progettazione operativa e, dopo un lavoro di informazione sui possibili referenti istituzionali a cui presentare la richiesta per l’accesso ai nominativi dei soggetti a cui sottoporre le interviste, si è individuato nell’ATER9 il soggetto istituzionale idoneo. Si riteneva, infatti, che tale scelta consentisse di rilevare la situazione di soggetti a rischio di povertà e quelli in situazione di povertà. Tuttavia, tale progetto ha dovuto subire radicali modifiche in quanto, successivamente all’avvio della necessaria procedura amministrativo- burocratica necessaria alla definizione delle modalità di accesso ai dati nonché alla selezione dei nominativi per la costruzione del campione, l’ATER ha ritirato il consenso. Di conseguenza, è stato necessario ridefinire il progetto di ricerca ed individuare un altro interlocutore istituzionale. Si è valutato che l’Area Promozione e Protezione Sociale del Comune di Trieste fosse il soggetto più qualificato, in quanto tale area tra le diverse competenze annovera anche quella degli interventi economici a favore di persone in situazione di indigenza. Effettuate le riunioni con il dirigente d’Area e con il funzionario preposto al settore ‘marginalità e povertà’ è stato definito l’universo (soggetti che hanno presentato richiesta di intervento economico per la prima volta nell’anno 2005) e si è avviata la procedura per la raccolta dei dati. Nel corso di questo lavoro10 è stato, tuttavia, necessario operare un modifica sostanziale al progetto iniziale di ricerca. Prendendo in considerazione i soggetti che hanno presentato richiesta di intervento economico al Servizio Sociale del Comune di Trieste non era, infatti, più
8 Si veda il capitolo II.5.2. in merito alla definizione terminologica relativa alle misure in sostegno al reddito, definizione che risulta piuttosto complessa in quanto nella letteratura in materia e nelle esperienze in atto gli strumenti di integrazione al reddito vengono denominati in modo differente come ad esempio:
reddito minimo, reddito minimo di inserimento, reddito di cittadinanza, reddito di base per la cittadinanza. Si tratta di strumenti che presentano numerose analogie ma, anche, alcune sostanziali specificità. In questa sede, per praticità si utilizzerà il termine reddito di base (RdB) in analogia con la misura prevista dall’art.59 della Legge regionale n. 6/2006 emanata dalla Regione Friuli Venezia Giulia.
Si rinvia al capitolo sopra menzionato la disamina inerente la misura.
9 Gli alloggi in edilizia residenziale pubblica sono progettati, realizzati e gestiti dall’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale (Ater) presente a livello provinciale. L’Ater della Provincia di Trieste “è un ente pubblico economico avente personalità giuridica, autonomia imprenditoriale, gestionale dell’edilizia abitativa, dei servizi residenziali e sociali e dell’assetto del territorio, anche per conto degli Enti Locali, degli enti pubblici e dei soggetti privati” art. 1 dello Statuto.
10 Si rinvia al paragrafo I.1.7. la spiegazione relativa all’unità di analisi ed al campione della ricerca.
possibile esplorare il campo della ‘vulnerabilità’. La soglia per l’accesso all’intervento economico è, infatti, molto bassa e viene realizzata una ‘selezione implicita’ da parte degli assistenti sociali che ‘scoraggiano’ la presentazione dell’istanza di sussidio economico da parte di chi non rientra nei parametri previsti dal regolamento comunale.
Preso atto di ciò è stato indispensabile rivedere il progetto di ricerca nelle sue linee sostanziali: è stato pertanto ristrutturato l’obiettivo, sono state apportate delle modifiche alla cornice teorica di riferimento e sono stati ri-tarati i quesiti esplorativi.
L’ipotesi di progetto che ne è risultata appare essere, rispetto al precedente, maggiormente in sintonia con le finalità del lavoro di ricerca: cogliere se strumenti quali il RdB possono costituire un volano nell’innescare processi di autonomia e di uscita dalla condizione di povertà. Misure a sostegno del reddito vengono solitamente erogate per persone in condizione di povertà e non per soggetti vulnerabili. Si è scelto, tuttavia, di preservare l’aspetto della vulnerabilità, in quanto si ritiene che una maggior comprensione di quelli che sono gli aspetti di rischio possa consentire la realizzazione da parte dei servizi di interventi precoci e mirati al fine di evitare la caduta in povertà.
Pertanto nella presente ipotesi di ricerca si è ritenuto di lasciare aperta l’osservazione anche sui possibili processi che possono portare ad una situazione di povertà.
Si presenta qui di seguito il progetto di ricerca dove sono esplicitate in modo più completo le scelte operate e la struttura del lavoro di ricerca.
1.2. Progettazione operativa della ricerca: motivazioni che fanno da sfondo
L’interrogativo a cui il lavoro di tesi si propone di rispondere è se interventi di contrasto alla povertà come il reddito di base per la cittadinanza possano effettivamente costituire una misura di contrasto alla povertà, innescare processi virtuosi di empowerment e valorizzare un’immagine positiva della persona. Il motivo della scelta di tale strumento è connesso al fatto che si tratta di una misura monetaria – e pertanto comparabile con le erogazioni assistenziali – integrativa al reddito il cui presupposto è quello di essere a carattere universale pur essendo selettiva in quanto condizionata alla prova dei mezzi.
Il tema della povertà e dell’esclusione sociale assume oggi connotati più forti ed articolati rispetto al passato sia perché il fenomeno è, sotto il profilo quantitativo, in costante espansione sia perché sta assumendo modalità di espressione nuove e
differenziate. La povertà infatti tocca ampie fasce di popolazione investendo nuove categorie un tempo estranee a questa condizione. Questo accade per cause connesse ad un reddito ormai divenuto insufficiente, alla carenza di reti di supporto (la famiglia, le reti parentali e amicali sono oggi sempre più sfilacciate se non, addirittura, inesistenti), alla privazione di un ruolo professionale e sociale consolidato (si veda, ad esempio, il fatto che molti lavoratori sono costretti ad accettare mansioni diverse da quelle esercitate o sedi di lavoro lontane dal proprio luogo di vita con un conseguente sradicamento), all’insicurezza legata al Sé (viene richiesta la capacità di essere flessibili, di assumere più identità). Il fenomeno della povertà riguarda, pertanto, popolazioni deboli, vulnerabili, escluse o potenzialmente escluse dal contesto sociale. Nel lavoro sociale ci si relaziona con differenti problematiche e tante fragilità; tuttavia la povertà, qui intesa come privazione di una vita nutritiva e generativa sotto il profilo relazionale e sociale e non solo come carenza economica, è diventata ormai un fenomeno emergente che interessa in modo particolare le ultime generazioni e coinvolge sempre più fortemente l’attuale contesto sociale (si pensi alla crescente sperequazione tra Nord e Sud del mondo, ai processi migratori che riguardano un numero sempre più alto di persone in cerca di condizioni di vita più adeguate, ai problemi connessi alla disoccupazione e alle nuove tipologie di lavoro, ecc.).
Si tratta di un problema che investe la dimensione esistenziale della persona e comprende quindi quella sociale ed economica. Si ritiene importante andare ad esplorare quali sono le competenze che le persone mettono in atto per contrastare la povertà. Tale conoscenza appare necessaria nell’ottica di un intervento sociale volto alla promozione dell’empowerment; le competenze del soggetto, infatti, vanno valorizzate quali risorse e strumenti di cui le persone dispongono per evitare o per arginare la condizione di povertà in cui vivono.
Si evidenzia che a fronte di una letteratura vasta sul tema della povertà e dell’esclusione le ricerche empiriche hanno subito fasi alterne di maggiore e minore enfasi. Dagli anni ’80 sono divenuti più numerosi gli studi sulla povertà (si vedano ad esempio: Sarpellon (cur.) 1982; Guidicini 1991; Negri, Saraceno 1996; Brandolini, Saraceno (curr.) 2007) e, a tale proposito, si veda anche il Piano Nazionale contro la povertà e l’esclusione sociale 2003-2005, il Libro bianco sul welfare (Guerzoni (cur.) 2007) ed i diversi rapporti della Caritas a livello nazionale e locale. Già dagli anni ’90 si
comincia a parlare di nuove povertà (Mingione, Zajcyk 1992)11, concetto che nel tempo ha assunto un significato sempre più ampio ed articolato, comprendendo i working poors (i cosiddetti lavoratori poveri), le famiglie divenute povere a causa di cadute improvvise nella povertà per eventi legati alle singole storie di vita, nonché tutte quelle situazioni nelle quali la povertà potrebbe non costituire una condizione stabile ma diviene tale per carenza di strumenti. A questi soggetti vanno aggiunti coloro che vivono in una situazione di miseria di posizione (Bourdieu 1993) la cui realizzazione personale è ostacolata da un sistema sociale escludente.
Dall’analisi di queste nuove forme di povertà emerge una ‘nuova’ dimensione, quella della vulnerabilità. Su questo tema numerosi Autori si sono espressi12 e, pur se con fuochi d’attenzione diversi, hanno evidenziato come la vulnerabilità, intesa come esposizione forte al rischio di povertà, comprenda numerosi soggetti con condizioni di vita differenziate (famiglie monoreddito, anziani soli, famiglie monoparentali, famiglie numerose) e sia in forte crescita. Sulla dimensione della vulnerabilità vi sono alcuni studi nazionali (si vedano ad esempio i lavori di: Sarpellon 1991; Guidicini 1991;
Saraceno 2002; Brandolini, Saraceno 2007) e locali13 che pongono questioni nodali relative all’intreccio tra condizione soggettiva, politica sociale nazionale e politica sociale internazionale. Inoltre, la ricerca curata da Candian (2001) riguardante la condizione di povertà nel territorio della provincia di Trieste, costituisce una fonte informativa utile nel profilare lo stato di disagio della popolazione locale alla quale la ricerca effettuata fa riferimento.
Misure di integrazione al reddito quali il Reddito minimo di inserimento (RMI) o il Reddito di base per la cittadinanza (RdB) recentemente introdotto dalla Regione Friuli Venezia Giulia sembrano essere strumenti innovativi nella lotta alla povertà e nella promozione della cittadinanza sociale, quale forma di intervento a carattere universale- selettivo.
11 Gli Autori hanno individuato quattro nuove fenomenologie sociali legate: ai cambiamenti avvenuti nella struttura familiare (aumento di single e di coppie anziane, diminuzione di coppie con figli, aumento di famiglie monoparentali), alla crescente flessibilizzazione del lavoro (intesa non come flessibilità in entrata ed in uscita ma come forme contrattuali estremamente precarie), alla forbice tra mercato del lavoro e formazione nonché al carattere residuale delle politiche assistenziali (Mingione, Zajczyk 1992).
12 A titolo esemplificativo si citano alcuni Autori ai quali si è fatto particolare riferimento nel presente lavoro quali ad esempio: Rosanvallon 1995/1997; Sennett 1998/1999; Bauman 1998/2004; 1999/2004;
2000/2002; Castel 2003/2004; Beck 1986/2000. Tali Autori non esauriscono l’ampia letteratura in materia a cui si rinvia.
13 Rispetto agli studi locali si veda ad esempio: Castegnaro, Bezze (cur.) 2004; IRES (cur.) 2005.
Tale tipologia di strumenti, seppur in modo diversificato e con altre denominazioni, è già stato introdotto nella maggior parte dei Paesi Europei14.
Vi è un problema terminologico in relazione a termini quali: Reddito Minimo di Inserimento, Reddito di Cittadinanza, Reddito Garantito, Reddito di base che vengono alle volte utilizzati in modo analogo sebbene abbiano significati e realizzazioni operative diverse. Tale argomento viene ripreso ed approfondito nel capitolo II.5. Nel lavoro di ricerca si utilizzerà come termine quello di Reddito di Base (RdB).
1.3. La definizione degli obiettivi
Obiettivi della ricerca:
a) cogliere le rappresentazioni delle persone rispetto:
- alla loro condizione di povertà;
- al processo (eventi, esperienze, ecc.) che per loro costituisce la svolta nella povertà;
- alle risorse soggettive che attivano per contrastare la situazione di disagio;
- alla percezione di sé come soggetti beneficiari degli interventi economici;
b) cogliere le rappresentazioni degli assistenti sociali del Servizio Sociale dei Comuni (SSC) sugli aspetti sopra evidenziati e sulle aspettative relative all’introduzione del Reddito di base per la cittadinanza (RdB) previsto dalla L.R. 6/2006..
Ci si è anche proposti di cogliere se vi sia pure una differenza di genere nella condizione di povertà, così come si riscontra in diversi studi quali ad esempio quelli curati da Balbo e Saraceno15 In merito a ciò ci si è proposti di rilevare se le donne, per la loro specifica esperienza di cura, di gestione delle relazioni e degli aspetti organizzativi della famiglia, possono rappresentare una risorsa specifica di sviluppo di empowerment.
Anche la “dimensione spaziale privata e/o domestica” e la dimensione di socialità/appartenenza ad un contesto territoriale di riferimento”16 sono aspetti che sono stati indagati in quanto costituiscono fonti informative importanti sulla situazione di vita del soggetto, sulla presenza e densità del tessuto sociale in cui la persona è inserita. Vi sono infatti contesti territoriali che ‘producono’ socialità, altri invece che sono poveri di opportunità ed altri ancora che costituiscono (o che potenzialmente possono costituire) una sorta di rete di protezione oppure, viceversa, che sono deboli sotto il profilo relazionale.
Pertanto la dimensione della domesticità, intesa come possibilità di uno spazio intimo e stabile nel tempo, e quella della socialità, connessa agli scambi con l’esterno (vicinato e contesto territoriale più ampio), sono informative in merito alla posizione di esclusione/inclusione del soggetto.
L’attenzione viene posta sull’aspetto della percezione di sé degli individui quali percettori di sussidi perché si ritiene che tale dato possa dare delle indicazioni utili
14 In merito all’applicazione di misure di sostegno al reddito in Europa, alla sperimentazione realizzata in Italia e all’introduzione di tali interventi da parte di alcune Regioni si rinvia a II.5.6, II.5.7, II.5.8.
15 Si rinvia ai numerosi testi e ricerche curate dalle due Autrici.
16 Francesconi 2000, 19. Su questo aspetto si rinvia anche a: Guidicini (cur.) 1991; Guidicini, Pieretti (curr.) 1992.
rispetto all’applicazione di strumenti quali il RdB17; verificare se tale tipo di intervento possa essere effettivamente percepito come un diritto di cui si gode e non come mera provvidenza assistenziale e se possa realmente innescare processi virtuosi di empowerment. Interventi di questo tipo sembrano contenere un’ambivalenza intrinseca in quanto possono, paradossalmente, definire e confermare la condizione di indigenza del soggetto (una sorta di istituzionalizzazione della povertà18), quasi a creare uno
‘status’ dell’indigente, in quanto il ’metro’ con il quale viene misurata la povertà rimane la situazione economica e quindi il denaro. A tale proposito si rileva, come sostiene Consoli (2004, XI), che “la categorizzazione della povertà mediante il denaro, e la regolazione di quest’ultimo attraverso il diritto, rinviano a quadri di significato, relazioni sociali e valori, che non esistono più da molto tempo”. Attraverso gli strumenti che le istituzioni utilizzano per rispondere a condizioni di disagio e le modalità con cui tali strumenti vengono erogati viene rappresentata l’immagine che quella determinata società ha del povero, rappresentazione che designa (etichetta) il soggetto in un determinato ruolo. Simmel (1907/1984) parla di spiritualizzazione del denaro per le rappresentazioni (in termini di idee, valori, credenze, ecc.) che sono insite in questo oggetto; il denaro non è solo una funzione, un mezzo, ma un simbolo. Pertanto la provvidenza economica erogata a favore di fasce deboli assume un significato che va al di là dell’oggetto medesimo e del problema emergenziale che vuole risolvere (o per lo meno mitigare) ma è portatrice di una forte connotazione simbolica e comunicativa attraverso la quale definisce chi è l’altro, cosa ci si aspetta da lui ed il ruolo che lo stesso può giocare nella scena sociale. Ci si chiede se l’immagine dell’uomo come soggetto
‘consumatore’ (Bauman 1998/2004) sia ormai così pervasiva da condizionare implicitamente anche interventi che perseguono, almeno nelle dichiarazioni di principio, finalità emancipative. A tale interrogativo ne segue un altro, e precisamente se le politiche sociali possono promuovere una cultura differente, basata sulla fiducia, una cultura dove l’individuo oltre a possedere capacità economica, denaro, possiede anche ciò che tale bene implicitamente promette (Luhmann 1990).
Lo sguardo si posizionerà quindi sui vissuti delle persone che si trovano in condizioni di povertà per cogliere, attraverso la riflessione sulla propria esperienza, qual è la loro rappresentazione della propria condizione di vita, la percezione di sé come soggetti
‘poveri’ e come soggetti portatori di risorse. Inoltre, si è ritenuto utile raccogliere anche le percezioni degli assistenti sociali rispetto ai temi sopra evidenziati, in quanto tali percezioni contribuiscono alla costruzione sociale dell’immagine della povertà nel territorio preso in considerazione.
1.4. La prospettiva teorica di riferimento
Se da un lato le teorie di riferimento e dall’altro la letteratura in materia insieme alle ricerche sul campo offrono un supporto teorico ed esperenziale alla presente indagine, tali conoscenze hanno una funzione orientativa e sono state selezionate in relazione
17 Sulla questione degli strumenti di intervento e sul: Reddito minimo di inserimento, reddito di cittadinanza, reddito garantito, reddito di base (specificità, problemi terminologici, ecc.) si rinvia a quanto già evidenziato nel progetto di ricerca e al capitolo II.5. che tratta l’argomento.
18 A tale proposito Consoli (2004, 32) afferma: “la ricerca c.d. problem focused, che ha orientato molti studi sulla povertà, finisce così anche per determinare il riprodursi del fenomeno, l’istituzionalizzazione della povertà, non solo le sue soluzioni, per contribuire a una specificazione delle categorie attraverso le quali questa categoria è stata identificata, delle simbolizzazioni che sono state prodotte, delle definizioni attraverso le quali è stata elaborata e favorire una continua ri-produzione della povertà e delle strutture elaborate per fronteggiarla assumendo, eventualmente, solo concettualizzazioni sempre più specifiche e, pertanto, astratte: la madre sola, il senzatetto, il minore-indigente, etc.”.