L'analisi della ricerca: aspetti trasversali
2.3. La dimensione della domesticità
2.3.3. Domesticità e senso di appartenenza al quartiere
Anche la dimensione della socialità con il quartiere di appartenenza risulta essere carente. Tale fenomeno appare essere diffuso, generalizzato nel conteso sociale odierno e non pare possa venire attribuito solo a particolari ‘categorie’ di soggetti o all'appartenere a determinati territori maggiormente connotati da fenomeni di emarginazione. Nel contesto sociale attuale sembra prevalere una dimensione che, utilizzando le categorie proposte da Tönnies (1887/1963), si potrebbe definire di Gesellschaft, più centrata da rapporti impersonali, economici più che di Gemeinschaft, caratterizzata dalla presenza di rapporti affettivi, personali. Nonostante vi sia “una voglia di comunità”, come è stata definita da Bauman (2001/2003) l’esigenza che continua a persistere di rapporti sociali più diretti ed autentici, le persone vivono un'individualità che le porta ad una situazione di sostanziale solitudine come se “il
piccolo sacro dei rapporti quotidiani” fosse diventato difficile e precario (Maranini Introduzione a Goffman 1961/2003, 9)98. Il processo di globalizzazione ha portato radicali mutamenti che riguardano la sfera economica ma anche quella relazionale, investendo gli individui ed i diversi aspetti della vita ed in particolare la famiglia e la dimensione del lavoro. Tutto ciò ha avuto pesanti ricadute sulla formazione dell’identità, sul senso di insicurezza che, oggi, attraversa la vita delle persone e che pesa anche sull’immagine del futuro. “La vita diventa luogo del glocale, ovvero della dimensione in cui il globale incontra il locale”99. I cittadini sono pertanto sempre più cittadini del mondo ma anche persone isolate, smarrite in un contesto sociale complesso e contraddittorio nel quale “...la nostra vita quotidiana risulta ormai sempre più attraversata dalla globalizzazione...” (Cesareo (cur.) 2000, 17), attraversato da forti turbolenze ed in costante movimento. Il legame sociale risulta fortemente indebolito e ciò ha ricadute sulla dimensione della solidarietà sociale (Giaccardi, Magatti 2003) a fronte, invece, di una crescente competitività.
Risulta pertanto assente una trama relazionale che possa trasmettere alle persone un senso di appartenenza, di comunità. In questo ambito il concetto di comunità100 non è inteso come spazio geografico con dei confini che lo racchiudono ma richiama la dimensione delle relazioni tra le persone e quella della solidarietà. Ciò appare anche connesso sia alle dinamiche demografiche (invecchiamento della popolazione, aumento dei nuclei unipersonali, contestuale aumento di nuclei giovani di famiglie immigrate con prole, ecc.), che a quelle urbanistiche che tendono a modificare profondamente il volto delle città creando da un lato grossi agglomerati e dall'altro lato facendo perdere 'i luoghi della storia intima' (spazi urbani, punti di incontro informali, locali pubblici, ecc.) che costituivano i punti di riferimento per le persone e dove queste potevano ritrovare le proprie radici e ritrovarsi. Già nel 1991 Pieretti sosteneva che “..la povertà non è soltanto il prodotto di meccanismi macro-sociali, ma anche di processi urbani fortemente differenziati e di un assetto del territorio in rapidissimo, anche se impalpabile, mutamento” (Pieretti 1991, 182). Tale processo è oggi maggiormente acuito e la città assume ormai un volto in continuo mutamento e, di conseguenza, poco
98 In questo contesto la solitudine è intesa come “un sentimento triste collegato alla perdita, al rifiuto e all'isolamento”. Tale immagine della solitudine rappresenta uno dei due aspetti che, secondo Cattarinuzzi, la caratterizzano. L'altro aspetto la considera, invece, come una modalità di “stare con sé stessi che sviluppa l'interiorità e prepara la creatività, la nascita del nuovo” (Cattarinussi 2000, b, 88).
99 Beck Società mondiale e individualizzazione in Guolo 2003, 84.
100 Giorio afferma che il termine comunità “si riferisce ad un gruppo di persone che abitano in un'area delimitata, che hanno il senso del vivere insieme, che agiscono attraverso un sistema organizzato di relazioni ed attivano iniziative aventi scopi collegati al loro comune interesse” in Giorio 1969, 60.
definibile, opaco. Questo processo provoca diversi effetti che possono essere riassumibili nell'accresciuta difficoltà per gli individui a riconoscersi in un'identità culturale che si esprime anche attraverso i luoghi e gli spazi urbani ed a sviluppare un senso di appartenenza con la propria realtà culturale, che oggi è maggiormente complessa e resa più variegata dal contributo connesso all'inserimento di persone straniere che apportano la propria culture di origine101. Tutto diventa più difficile e complesso e la perdita di riferimenti comuni contribuisce a creare un senso di separatezza tra dimensione collettiva ed individuale. A seguito del processo di industrializzazione, la città è cresciuta, in quanto considerata fortemente attrattiva per le opportunità di lavoro che vi si ritrovavano e, di conseguenza, si è sviluppato un “...modello di cittadinanza industriale (...) [e] l'integrazione sociale delle persone era una integrazione nel lavoro e attraverso il lavoro”102. Tuttavia, con il tempo, tale caratteristica si è fortemente modificata. A seguito della crisi del lavoro (verso gli anni '80) e l'affacciarsi del problema della disoccupazione come fenomeno allargato e, successivamente, la trasformazione del mercato del lavoro e l'ingresso della precarizzazione e della flessibilità, la città quale luogo dell'affermarsi della solidarietà organica (Durkheim 1893/1962) sembra essere oggi sostituita da un contesto sociale dove predomina il “paradigma della vulnerabilità”103. A fronte di tali considerazioni va evidenziato che altre analisi (Stagni 1990;Colozzi 1995) sottolineano la presenza vitale della comunità nell'attuale contesto sociale, presenza che si realizza in senso solidaristico e di partecipazione attiva ma in modo 'trasversale', non più coincidente con le comunità territoriali. Tale fenomeno appare anche connesso al fatto che i singoli individui, oggi, partecipano ad una pluralità di reti sociali al di là dei confini di una singola comunità (Serra 2001).
Si assiste a radicali e rapidi cambiamenti delle città e delle periferie che vengono così reinterpretate. Riguardo la città di Trieste, si osserva, in particolare, il fenomeno della trasformazione di aree cittadine un tempo marginali e ora in via di riconversione e riqualificazione104, mentre in altri quartieri coesiste un mix sociale caratterizzato dalla presenza di popolazione di ceto sociale differente. Altre zone di origine operaia,
101 Le tematiche che qui si abbozzano sono molto complesse ed articolate. In questa sede se ne farà solo cenno in quanto non sono oggetto di specifico argomento considerato il tema del presente lavoro; si rinvia pertanto alla letteratura in materia ed in particolar modo alle riflessioni apportate dalla sociologia urbanistica.
102Camarlinghi, D'Angella. Intervista a Negri Nicola in Animazione sociale n. 11-novembre 2006. 103 Camarlinghi, D'Angella. Intervista a Negri Nicola in Animazione sociale n. 11-novembre 2006, 8. 104 Si veda ad esempio alla trasformazione della zona vecchia della città (quartiere di Città Vecchia della città di Trieste) un tempo 'area della marginalità' ed ora 'riqualificata'.
subiscono, invece, un processo di deterioramento causa incisive modifiche urbanistiche degli spazi che costituivano un tradizionale punto di incontro per la popolazione105. Più fenomeni concorrono a modificare il volto della città: ad esempio la diffusa trasformazione di piazze 'storiche', che rappresentavano luoghi di socialità e di scambio, costruzione di infrastrutture che alterano sostanzialmente le caratteristiche di un quartiere106. Ci sono poi le “esigenze, sempre più accorte e raffinate, dettate dagli operatori che gestiscono i processi di consumo (omissis) che si sono mostrati ben coscienti dei vantaggi che possono derivare da un calibrato <<uso>> dell'ambiente urbano” (Pellizoni 1990, 127-128). Si afferma quindi anche questo aspetto dell'uso della città sotto il profilo consumistico. Queste trasformazioni non solo modificano il volto della città ma incidono profondamente sull'identità collettiva. Si tratta di processi che non coinvolgono solo la città di Trieste ma che risultano essere presenti in modo diffuso nelle città anche se in modo particolare nelle metropoli. A differenza forse di altre realtà urbane va evidenziato che nella città di Trieste non si può più parlare come un tempo della presenza di periferie urbane-ghetto e di 'quartieri dormitorio' in quanto non sono presenti aree estese di segregazione sociale e territoriale come, invece, accade in altre città, soprattutto di grandi dimensioni. Viceversa si sta assistendo, nell'ambito cittadino, alla presenza trasversale di 'periferie sociali' (Benassi 2005), spesso nascoste dietro palazzi anonimi se non addirittura 'd'epoca' e che possono 'convivere' con aree di popolazione di ceto sociale medio. La convivenza fra gruppi sociali differenti sopra segnalata non pare, tuttavia, riuscire ad innescare processi di integrazione107 e di fatto le persone vivono in modo isolato.
Per quanto riguarda le persone straniere, si evidenzia che esse tendono ad insediarsi per lo più in abitazioni del centro cittadino, per cui si assiste al fenomeno inverso di cui hanno esperienza grandi metropoli e cioè quello del formarsi di quartieri periferici caratterizzati dalla presenza di comunità di stranieri. La scelta di cercare alloggio nel centro cittadino da parte di persone straniere, nonostante i canoni di locazione siano più elevati, è spesso connessa all'idea che vi siano maggiori possibilità
105 Si veda ad esempio le modifiche urbanistiche apportate alla piazza del quartiere popolare di San Giacomo; uno dei pochi quartieri della città che mantiene ancora il suo carattere popolare.
106 La zona di Servola, che un tempo era un paesino e frazione della città, posizionata su un colle e con caratteristiche tipiche, oggi fa parte del tessuto urbano ed è deturpata e sconvolta da una ampia arteria stradale.
107 A tale proposito Benassi nel suo lavoro di ricerca sulla povertà condotto a Milano, in relazione ai risultati dello studio e della trasformazione sociale ed economica dei quartieri, sostiene che: “Il problema è che questo essere “dentro” dal punto di vista fisico non sempre si trasforma in una inclusione sociale” (Benassi (cur.) 2005, 67).
di informazioni e di opportunità soprattutto lavorative. Tale opinione trova conferma anche da quanto emerso dal focus group con gli assistenti sociali. E' stato infatti rilevato da parte degli operatori il fenomeno del tendenziale insediamento degli stranieri in appartamenti ubicati nel centro cittadino i cui costi di locazione sono generalmente elevati e gravano significativamente sull'esiguo bilancio familiare. Da tali appartamenti le persone traslocano poco volentieri e raramente verso la periferia perché vi è la diffusa idea che andare ad abitare in zone periferiche precluda opportunità e ponga la persona in una situazione di minore accesso all'offerta lavorativa.
La politica urbanistica e quella edilizia sono segnali importanti di come si 'pensa' alla città ed evidenziano la presenza o meno di un orientamento volto ad offrire l'opportunità alle persone di vivere spazi e luoghi in cui riconoscersi come collettività. Infatti, il modo in cui vengono realizzate e 'mescolate' le diverse destinazioni d'uso degli spazi urbani e delle infrastrutture può favorire o, viceversa, ostacolare un processo di scambio, di integrazione, di identità comunitaria. Per far ciò è necessario considerare i fenomeni che si stanno verificando nell'ambito urbano al fine di evitare il rischio che si creino ghetti all'interno del tessuto cittadino con uno spostamento, motivato da varie ragioni ma in special modo dal minor costo delle locazioni, della popolazione non disagiata in zone periferiche che, oggi, appaiono, più attrattive di un tempo.108
Oltre alle riflessioni fin qui proposte, va rilevato che il processo che porta alla povertà innesca anche un meccanismo di isolamento biunivoco, aspetto che verrà ripreso nel paragrafo I.2.4.3.