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I 'rassegnati': l'oggi come contenitore spazio-temporale

Tenaci-smarriti-rassegnati: diversi approcci esistenziali alla povertà

3.3.5. I 'rassegnati': l'oggi come contenitore spazio-temporale

Come già osservato nel paragrafo I.3.2. il tipo ideale dei 'rassegnati' corrisponde a persone che, facendo riferimento all'elaborazione teorica di Merton (1949/2000), si sono adattate alla loro condizione di vita precaria. A differenza degli 'smarriti' che si trovano di fronte ad un crocevia e non sanno quale percorso intraprendere, le persone che afferiscono a questo tipo ideale sono coloro che hanno steso un bilancio esistenziale della loro vita ed hanno operato una 'scelta': quella della rinuncia a perseguire obiettivi che percepiscono troppo lontani e irraggiungibili rispetto ai mezzi a disposizione. Si tratta di persone che hanno un'immagine di sé di tipo depressivo, non riescono a vedere altre possibilità che quelle a cui si sono attestati. Il passato pesa in quanto porta con sé amarezze e fallimenti. Non riescono ad avere la percezione delle proprie risorse. La riflessività su di sé è contenuta in quanto foriera di possibili sofferenze; concedersi spazi riflessivi può, infatti, portare sofferenza perché vi è il forte pericolo di osservare gli errori compiuti e/o ciò che si è ormai perduto definitivamente. Il futuro è qualcosa che non promette cambiamenti ma, anzi, può essere portatore di ulteriori frustrazioni se non, addirittura, disgrazie. La soluzione che queste persone trovano più percorribile è guardare all'oggi. Il vivere alla giornata consente, infatti, di andare avanti senza voltarsi

al passato181 rimanendo bloccati dall'amarezza, e senza alzare lo sguardo al futuro che rappresenta una meta troppo ambiziosa.

L'immagine di sé che queste persone esprimono appare sbiadita da ricordi ed esperienze negative che non riescono a rielaborare in quanto continuano ad essere vive nella persona:

“sono vecchia, vecchia ... eh, con tante che ne ho passate, guardi, mi sento ancora di più!... “ (Renata )

“Ah! Dentro di me c'è tanta amarezza! (tono di voce triste) dentro di me c’è tanta sofferenza, tanta che non auguro a nessuno... sono brutte cose … non ci sono cose positive, sono tutte nere ... sono passati tanti anni guardi, però, creda, io sono sempre là …e non riesco a dimenticare, non riesco...”

(Renata)

Anche nel caso in cui il passato è connotato da positive conferme delle proprie capacità le esperienze negative sembrano cancellare tali aspetti:

“(omissis) sono diventato da fabbro a carpentiere in ferro per le navi (omissis) ti restano soli i ricordi personali che dopo uno dice: “alla fine ho fatto tutto questo perché?” (Ugo)

Sembra quindi che queste persone non riescano a prendere le distanze dal ruolo di 'sconfitto' e di povero (Goffman 1961/2003), 'parte' che continuano ad interpretare in quanto sembra essere la sola conosciuta o, quantomeno, quella che risulta essere la più convincente (Goffman 1959/1969).

Rispetto agli elementi che hanno condotto alla povertà è interessante rilevare che queste persone (tranne, in parte, la situazione di Ugo) avevano già un'esperienza di povertà o di forte esposizione alla povertà. I fattori che vengono valutati come determinanti nell'aver provocato una situazione critica e la successiva richiesta di aiuto al servizio sociale comunale sono attribuiti a:

a) casa e debiti:

“(omissis) mia mamma aveva tanti arretrati qua … d’affitto … doveva quasi 5.000 Euro … e allora … insomma … adesso non mi ricordo proprio quanto mi hanno dato, non tanto, ma insomma qualcosa è stato, proprio ero … (sospira) malamente … sennò dovevo andare fuori da qua!” (Carla) b) salute:

181 Fermarsi a guardare il passato può comportare il fatto di rimanere bloccati in quella posizione, così come è accaduto alla moglie di Lot che si è trasformata in una statua di sale: “Nel condurli fuori uno [dei due uomini] di essi diceva a Lot: Scappa! Ne va della tua vita! Non voltarti indietro. Non fermarti nella pianura! Fuggi in montagna, così non verrai travolto dal disastro. (...) Ma la moglie di Lot si voltò indietro a guardare e divenne una statua di sale” Genesi, 19,17 e 19,24.

“Sono quattro anni, e prima non avevo nessuna cosa e poi mi ha preso un piede, mi si è gonfiato un piede, mi si è fatta un’infezione, pensavo mille cose eh invece è dovuto a piede diabetico non ad una malattia, che non lo sapevo mai e adesso lo so benissimo e ... da quella volta sì, mi hanno amputato l’alluce al primo colpo e poi piano, piano sono arrivato al quarto dito adesso, in agosto, sempre pur essendo sotto cura, sotto … e adesso non so quando si fermerà questa malattia o se si dovrà fermare o se queste sono cause di … che era già e che io non sapevo perché non è neanche visibile questo e cosa succede...” (omissis) Sì, lavoravo per conto proprio; ho tenuto ancora un anno la ditta perché, sì, come tutti pensa …”mi ha toccato questo, adesso guarisco e ritorno a lavorare”, no, eh ... niente, e così … alla fin fine sono ritornato a lavorare e dopo due mesetti … mi hanno toccato un altro dito e sono andato sul piede sinistro=destro e dopo di che ho chiusa la ditta e ho chiuso tutto … per fortuna! Mi sono trovato un anno a non lavorare con l'attività aperta che mi ha costato un patrimonio, no … perché qua non è che uno dice: "sono malato", sì, cammina, l’INPS bisogna pagarlo, le cose bisogna, bisogna e ... niente e dopo tutte le storie va avanti, poi ho cominciato a vivere cioè avevo due lirette ma nel frattempo in questa casa ci siamo fermati bisognava fare il piano di sopra” (omissis)Mg: E’ stato un mese dopo il matrimonio (omissis) un mese dopo il matrimonio, tutti i due, io ero 100 chili, eh! E io da quella volta ho qua (indica la testa) quel problema adesso, perché mi devo mettere a posto! Perché dopo è successo che mi sono detta: “Mi metto a posto io” e dopo io ero talmente fuori con la testa e con il fisico e tutto e dopo è venuto anche lui, si è ammalato, tutti due: io in psichiatria ero malata e poi, povero, mio marito che beveva perché era solo, io ero là e lui s'è trovato tutto tagliato così ed eravamo tutti e due talmente malmessi e nello stesso periodo, nello stesso periodo senza lavoro e siamo andati avanti per tanto tempo, perché queste sono cose lunghe“ (Ugo)

“ (omissis) nel dicembre del 2004 o nel gennaio del 2005 ho fatto questa visita; adesso, non mi ricordo più bene, e dopo lui (intende il datore di lavoro), diciamo, avendo avuto la risposta ... in febbraio ha fatto un anno che io sono licenziata perché lui in febbraio mi ha licenziato e io ... sono andata anche all'ufficio del lavoro, ma perché io ho fatto domanda per l’invalidità civile e per l'ufficio del lavoro, invece, ci vuole il 46% di punteggio e a me hanno dato il 40; l'anno scorso in gennaio ho fatto la domanda per malattia e mi è stata rifiutata”(Lea)

Le negative esperienze vissute, il crollo in una situazione di povertà pare indurre, paradossalmente, queste persone ad attaccarsi al proprio ruolo di 'perdenti' come conseguenza necessaria182.

Per queste persone risulta anche, come accennato nella premessa del presente paragrafo, difficile individuare delle risorse interne forse perché l'atto del guardarsi può incutere il timore del rischio di vedere il vuoto in sé.

182

“Niente (ride), non so, che risorse posso avere? … non so …” (Carla) “Ma certo, certo, quando uno si trova che non ha sbocchi, come fa? Si sente, si sente perso veramente!” (Ugo)

L'atto di rinuncia operato da queste persone comporta anche la rinuncia a progettarsi e ad impiegare pienamente le proprie energie e risorse che possono essere utilizzate per lo più per rispondere alle esigenze connesse alla pura sopravvivenza183. Anche la forza di volontà, sottolineata ad esempio nella narrazione di Lea, sembra essere utilizzata in una sorta di 'evitamento' di possibili 'pensieri brutti', ombre del passato e del presente che possono ostacolare la quotidianità del vivere. Queste persone tendono quindi ad “aggrapparsi all'equilibrio della sopravvivenza, dopo la quale c'è la scomparsa” (Gui, L. 1995, 24).

“lo spirito di sopravvivenza che fa fare … che fa venire certe idee!” (Ugo) “Le capacità? La forza di volontà (tono di voce deciso), le ripeto, la forza di volontà e ... non fare brutti pensieri, andare avanti; solo forse volontà! Solo quello! (omissis), come tante volte le ho già detto, mi viene da essere triste, di dire: "ma guarda in che condizioni sono arrivata! Non ho trovato lavoro per andare avanti, mio marito quello che è successo a lui e a me! mi verrebbe tante volte da dire: "sono stanca, la faccio finita!" perché mi vengono questi pensieri (omissis)” (Renata)

La relazione con il servizio sociale comunale appare essere uno spazio di discussione relativo alla prestazione economica e non uno spazio che costituisce punto di riferimento, sostegno esistenziale:

“(omissis) All'assistente sociale posso dare un buon voto e basta non che ho un rapporto, il rapporto è stato iniziale e fine (omissis)” (Ugo)

o, viceversa, può costituire un rapporto percepito positivamente che potrebbe trasformarsi in un supporto più significativo:

“Sì, come assistente sociale dico che vale oro! Vale oro la X! peccato che non fa più questo giro, è troppa roba! Se la conosce è una persona meravigliosa, è troppa roba! Se potesse aiuterebbe anche di più!” (Renata)