GABRIO FORTI
Ordinario dell’Univ. catt. di Milano
SERGIO SEMINARA
COMMENTARIO BREVE
AL
CODICE PENALE
COMPLEMENTO GIURISPRUDENZIALE
APPENDICE DI AGGIORNAMENTO 20
Coordinamento di Elisabetta Palermo Fabris
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LIBRO PRIMO
Dei reati in generale
TITOLO I
DELLA LEGGE PENALE
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Successione di leggi penali.VII. Irretroattività. A In tema di reati contro la pubblica amministrazione, la riparazione pecu- niaria prevista dall’art. 322-quater c.p. (introdotta dall’art. 4 l. 27 maggio 2015, n. 69), in quanto san- zione civile accessoria avente connotazione puni- tiva, non è applicabile in relazione a fatti di reato commessi prima dell’entrata in vigore della norma, in quanto soggiace al principio di irretroattività di cui all’art. 2, comma 4°, c.p. (sez. VI 20/16098). B La confisca per equivalente del profitto, introdotta dall’art. 322 ter, comma 1°, c.p., come novellato dalla l. 6 novembre 2012, n. 190, ha natura eminen- temente sanzionatoria e, quindi, non si applica ai reati commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge citata (sez. VI 20/16103). C Il divieto di sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’art. 656, comma 9°, lett. a), c.p.p. non si applica nel caso di condanna per fatti di violenza sessuale com- messi prima dell’inserimento del delitto previsto dall’art. 609 bis c.p. nel catalogo dei c.d. reati osta- tivi di cui all’art. 4 bis ord. pen. ad opera dell’art. 3, comma 1°, lett. a), d.l. 23 febbraio 2009, n. 11, conv.
con mod. dalla l. 23 aprile 2009, n. 38, atteso che, alla luce della lettura dell’art. 25, comma 2°, Cost.
adottata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32/2020, in difetto di una disciplina transitoria, il suddetto inserimento determina una trasforma- zione in peius della pena, concretamente incidente sulla libertà personale del condannato e da questi non prevedibile al momento del fatto, cosicché opera il principio di irretroattività delle norme penali sancito dal secondo comma dell’art. 25 Cost.
(sez. I 20/17203). D La modifica legislativa in peius dei limiti edittali della pena, sopravvenuta alla commissione del reato, non ha alcuna incidenza sul computo dei termini di durata della custodia caute- lare, in quanto il fenomeno successorio delle leggi nel tempo rimane regolato dal principio di non retroattività della disposizione sfavorevole, di cui agli artt. 25 cost. e 2, comma 1°, c.p., anche nei suoi riflessi processuali (sez. V 20/7053: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la determinazione del termine di fase della custodia cautelare per il reato di cui all’art. 612 bis c.p. che non aveva tenuto conto dell’aumento dei limiti edittali introdotto dalla l.
n. 69/2009, dopo la commissione del reato). E In tema di atti persecutori, il regime di irrevocabilità della querela previsto dall’art. 612 bis, comma 4°, ult. parte, introdotto dal d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. con mod. dalla l. 15 ottobre 2013 n. 119, non si applica ai fatti preesistenti, la cui perseguibilità e
punibilità erano rimesse alla volontà della persona offesa dal reato (sez. V 20/3019: in motivazione la Corte ha affermato che il mutamento nel tempo del regime di procedibilità va positivamente risolto, ai sensi dell’art. 2 c.p., alla luce della natura mista, sostanziale e processuale, dell’istituto della querela, che costituisce nel contempo condizione di proce- dibilità e di punibilità).
IX. Abolitio criminis. A In tema di revoca per abo- litio criminis, ai sensi dell’art. 673 c.p.p., la deliba- zione del giudice dell’esecuzione deve riguardare il confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succedono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tutelati e delle modalità di offesa, atteso che detto confronto permette in maniera autonoma di verificare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costi- tutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla strut- tura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie (sez. I 20/3269: in applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento del giu- dice dell’esecuzione che aveva rigettato l’istanza di revoca parziale della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 167, comma 1°, d.legisl. 30 giu- gno 2003, n. 196, nella sua formulazione originaria, per abolitio criminis conseguente alla modifica inte- grale della norma ad opera del d.legisl. 10 agosto 2018, n. 101, ravvisando una continuità normativa tra detto reato e quello previsto dall’art. 167 bis del medesimo d.legisl.). B Ai fini dell’applicazione della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’art. 165, comma 2°, c.p., il giudice di merito può valutare incidentalmente l’intervenuta abolitio criminis di fatti per i quali è intervenuta condanna irrevocabile, laddove ciò risulti evidente e non sia necessario il compimento di ulteriori accertamenti (sez. III 20/8803). C Non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 673 c.p.p. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d’ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a que- rela è inidonea a determinare un fenomeno di abo- litio criminis (sez. I 20/1628: fattispecie relativa al
CODICE PENALE
2 DELLA LEGGE PENALE 2 delitto di appropriazione indebita aggravato ex art. 61,
comma 1°, n. 11, c.p., divenuto procedibile a querela a seguito del d.legisl. 10 aprile 2018, n. 36).
XI. Retroattività della legge più favorevole; A In caso di sentenza di condanna pronunciata prima dell’entrata in vigore di una modifica legislativa che introduca una nuova scriminante od ampli la sfera di operatività di una scriminante già esistente, rien- tra tra le attribuzioni del giudice dell’esecuzione il potere di verificare la ricorrenza dei presupposti – purché specificamente allegati dall’istante – per l’applicazione retroattiva della scriminante ai sensi dell’art. 2, comma 2°, c.p., ma non quello di revocare detta sentenza ex art. 673 c.p.p., non versandosi in ipotesi di abolitio criminis derivante da abrogazione o da dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice (sez. I 20/14161: fatti- specie in tema di c.d. legittima difesa domiciliare, di cui all’art. 52, comma 4°, c.p., introdotto dalla l.
26 aprile 2019, n. 36, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca di una sentenza irrevocabile di condanna per il delitto di tentato omicidio, rilevando, tra l’altro, che il ricor- rente non aveva dedotto gli elementi circostanziali idonei ad integrare l’invocata scriminante. Cfr.
C. Cost. n. 96 del 1996).
XII. (segue) retroattività e processo. A Il principio tempus regit actum riguarda solo la successione nel tempo delle leggi processuali e non anche delle inter- pretazioni giurisprudenziali di queste ultime, sicché qualora si succedano, in sede di legittimità, interpre- tazioni difformi di norme processuali, il provvedi- mento assunto nell’osservanza di un orientamento in seguito non più condiviso non può considerarsi legittimo (sez. II 19/44678). Conf. sez. VI 20/14051 (fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva rite- nuto l’utilizzabilità delle intercettazioni, recependo l’interpretazione successivamente non condivisa da sez. un., n. 51 del 28/11/2019, dep. 2020, Cavallo). B In tema di revisione, la sopravvenuta procedibilità a querela del reato di appropriazione indebita per effetto del d.legisl. 15 maggio 2018, n. 36 non costi- tuisce prova nuova ai sensi dell’art. 630, comma 1°, lett. c), c.p.p. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudi- cato della sentenza della quale si chiede la revisione (sez. II 20/14987: in motivazione la Corte ha eviden- ziato che, in ragione della natura mista – sostanziale e processuale – dell’istituto della querela, la soprav- venuta disciplina più favorevole deve essere appli- cata nei procedimenti pendenti, salva l’insuperabile preclusione costituita dalla pronuncia di sentenza irrevocabile, ai sensi dell’art. 2, comma 4°, c.p.). C L’esclusione del vincolo di solidarietà conseguente all’abrogazione dell’art. 535, comma 2°, c.p.p., non ha effetto sulle statuizioni di condanna alle spese emesse anteriormente in tal senso e passate in giudicato, e ciò non per la natura processuale della suddetta disposi- zione abrogatrice, cui va invece riconosciuta natura di norma sostanziale, bensì in forza della preclusione di cui all’ultimo inciso del comma quarto dell’art. 2 c.p.
(sez. I 20/8320). D In tema di successione di leggi nel tempo, il trasferimento della competenza per materia dal giudice di pace al tribunale monocratico com- porta una modifica in peius del trattamento sanzio- natorio, ove determini l’applicazione delle sanzioni detentive in luogo delle più favorevoli sanzioni pecu- niarie previste dall’art. 52 d.legisl. 28 agosto 2000,
n. 274, che non può operare retroattivamente (sez.
VI 20/13708: fattispecie in tema di reato di percosse ai danni del coniuge divorziato, del convivente o di uno dei soggetti indicati dall’art. 577, comma 2°, c.p., al quale continuano ad applicarsi le sanzioni previste per il processo innanzi al giudice di pace, qualora il fatto sia stato commesso prima dell’entrata in vigore della l. 15 ottobre del 2013, n. 119, che ha riassegnato la competenza al tribunale).
XIII. Casistica. A In tema di pornografia minorile, la definizione introdotta nell’art. 600 ter, comma 7°, c.p., dall’art. 4, comma 1°, lett. h), della l. 1° ottobre 2012, n. 172, che include in tale concetto anche la rappresentazione statica della nudità del minore, purché finalizzata a scopi sessuali e non solo la sua partecipazione a scene, esibizioni o spettacoli a sfondo sessuale, in quanto sostanzialmente ripro- duttiva dell’art. 20 della Convenzione di Lanzarote del 25 ottobre 2007, entrata in vigore il 1° luglio 2010, è applicabile anche ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore di tale disposizione, ben potendo le norme convenzionali essere utilizzate per l’interpretazione della disciplina interna (sez.
III 19/36710). B In tema di stupefacenti, per l’indi- viduazione della soglia oltre la quale è configura- bile la circostanza aggravante dell’ingente quantità, continuano ad essere validi, anche successivamente alla riforma operata dal d.l. 20 marzo 2014, n. 36, conv. con mod. dalla l. 16 maggio 2014, n. 79, i criteri basati sul rapporto tra quantità di principio attivo e valore massimo tabellarmente detenibile fissati dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 36258 del 24 maggio 2012, Biondi (sez. un. 20/14722: in applica- zione dei predetti criteri la Corte ha precisato che, con riferimento alle c.d. droghe leggere, l’aggra- vante non è di norma ravvisabile quando la quan- tità di principio attivo è inferiore a 2 chilogrammi di principio attivo pari a 4000 volte il valore-soglia di 500 milligrammi).
XX. Successione di leggi e declaratoria di inco- stituzionalità. A Non viola il divieto di reformatio in peius, previsto dall’art. 597, comma 3°, c.p.p., il giudice di appello che, in applicazione della disci- plina sanzionatoria più favorevole in materia di stupefacenti conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019, riduca la pena inflitta in termini assoluti, pur non attestandosi allo stesso punto della forbice edittale da cui aveva preso le mosse la sentenza di primo grado, a condizione che non sia sovvertito il giudizio di disvalore espresso dal precedente giudice (sez. VI 19/51130: fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di appello con cui, a differenza della sentenza impugnata, la pena era stata motivatamente rideterminata senza partire dal nuovo limite, ciononostante pervenendo ad una quantificazione inferiore rispetto a quella inflitta in primo grado). In tema di sostanze stupe- facenti, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1°, d.P.R. 9 otto- bre 1990, n. 309, intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019, limitatamente alle c.d. droghe pesanti, il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena inflitta con condanna ante- riormente divenuta irrevocabile, non ha il potere di modificare statuizioni coperte dal giudicato quali quelle afferenti al riconoscimento di elementi cir- costanziali attenuanti non attinti dalla decisione di legittimità, all’eventuale giudizio di bilanciamento ed alla misura delle relative diminuzioni di pena eseguite in fase di cognizione (sez. I 19/49106: in
3 Della legge penale 5 applicazione del principio, la Corte ha annullato
con rinvio l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che, nel rideterminare la pena aveva applicato per le circostanze attenuanti generiche una riduzione minore di quella inizialmente eseguita dal giudice della cognizione). In tema di sostanze stupefacenti, a seguito della declaratoria di illegittimità costitu- zionale dell’art. 73, comma 1°, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, intervenuta con la sentenza della Corte costi- tuzionale n. 40/2019, limitatamente al trattamento sanzionatorio previsto per le c.d. droghe pesanti, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti sulla rideterminazione della pena inflitta con sentenza irrevocabile di patteggiamento, il giudice dell’esecuzione deve rinnovare la valutazione san- zionatoria in concreto, con una necessaria riduzione della pena, non utilizzando il criterio proporzionale o meramente aritmetico, ma secondo i criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p. Conf. Cass. n. 51964/2019, non massimata (sez. I 19/51959). In tema di sostanze stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1°, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui prevedeva la pena minima edittale della reclusione nella misura di anni otto anziché di anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019, il giudice dell’esecuzione, nel caso di condanna ante- riormente divenuta irrevocabile, deve rinnovare la valutazione sanzionatoria, con necessaria riduzione della pena, secondo i criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., potendosi escludere la patologica alte- razione della commisurazione finale della pena, determinata in base alla forbice edittale oggetto della declaratoria di illegittimità costituzionale, unicamente quando la pena irrogata sia stata deter- minata nel massimo edittale o in misura prossima al massimo (sez. I 20/2036). In tema di stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1°, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui fissava il minimo edittale in anni otto di reclusione, anziché in anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019, il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena inflitta con condanna anteriormente divenuta irre- vocabile, è tenuto a rinnovare la sola valutazione sanzionatoria alla stregua dei criteri di cui agli artt. 132 e 133 c.p., con necessaria riduzione della pena, senza possibilità di valutare il fatto diver- samente rispetto al giudice della cognizione (sez.
I 20/3280: in applicazione del principio, la Corte
ha annullato con rinvio la decisione con la quale il giudice dell’esecuzione, pur riducendo la pena inflitta, aveva rivalutato in termini di maggiore gravità il fatto di reato, calcolando la pena base, precedentemente determinata nel minimo edittale di anni otto di reclusione, in anni sette e mesi tre).
Conf. sez. I 20/3281 (fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione con la quale il giudice dell’esecuzione aveva rigettato la richiesta di rideterminazione della pena irrogata in misura superiore al minimo ma distante dal medio edittale, reputandola congrua anche in relazione alla nuova cornice edittale). In tema di stupefacenti, a seguito della declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 73, comma 1°, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nella parte in cui fissava il minimo edittale in anni otto di reclu- sione, anziché in anni sei, intervenuta con sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019, il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena concor- data in appello ex art. 599 bis c.p.p. secondo i para- metri dettati dagli artt. 132 e 133 c.p., non è tenuto a riconoscere la riduzione di pena derivante da tale accordo in quanto esso non costituisce un istituto premiale (sez. I 20/8559). In tema di stupefacenti, ai fini della rideterminazione in sede esecutiva della pena concordata in appello, ai sensi dell’art. 599 bis c.p.p., per effetto della declaratoria di illegitti- mità costituzionale dell’art. 73, comma 1°, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ad opera della sentenza della Corte costituzionale n. 40/2019, non si applica il meccanismo di rinnovata negoziazione della pena previsto dall’art. 188 disp. att. c.p.p. (sez. I 20/8601).
B In tema di circolazione stradale, la dichiarazione di parziale illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2°, cod. str., intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 88/2019, non com- porta che, in caso di revoca della patente di guida disposta con sentenza di condanna passata in giu- dicato per alcuno dei delitti previsti dagli art. 589 bis e 590 bis c.p., il giudice dell’esecuzione possa applicare, in luogo della stessa, la più mite disci- plina derivante dalla citata pronuncia della Corte costituzionale, atteso che detta revoca ha natura di sanzione amministrativa accessoria e, come tale, esula dall’ambito di operatività dell’art. 30, comma 4°, l. 11 marzo 1953, n. 87, che circoscrive soltanto alle pene la retroattività degli effetti favorevoli delle sentenze di illegittimità costituzionale oltre il limite dei rapporti esauriti (sez. I 20/1634). Conf.
sez. I 20/1804.
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Ignoranza della legge penale.III. Ignoranza della legge penale e oggetto del dolo.
A Non integra un errore di fatto che esclude la col- pevolezza ex art. 47 cod. pen., ma un errore di diritto, irrilevante ai sensi dell’art. 5 cod. pen., salva l’igno- ranza inevitabile, la convinzione di aver commesso il fatto per interrompere un altrui comportamento ritenuto erroneamente illecito (sez. V 20/12892: fat- tispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna per violenza privata posta in essere da un componente di un comitato religioso che aveva impedito un’attività di volantinaggio, pie- namente legittima ma da lui considerata illecita).
VIII. Casistica. A In tema di reati tributari, l’accordo tra il contribuente e l’amministrazione
finanziaria per la rateizzazione del debito, quan- tunque comporti la rimodulazione della sua scadenza, che viene scansionata nel tempo in corrispondenza ai termini delle singole rate, non esclude che, al verificarsi di detta scadenza senza la soddisfazione totale del debito, il reato resti comunque configurabile, in quanto la previsione di una causa sopravvenuta di non punibilità del fatto lascia immutata l’illiceità della condotta, che non può ritenersi scriminata ai sensi dell’art. 51 c.p.
né ai sensi dell’art. 59, 4° co. c.p., cadendo l’errore del contribuente su norme penali (nella specie gli artt. 10-ter e 13, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74), con conseguente applicazione dell’art. 5 c.p. (sez. III 20/16472).
6-7 DELLA LEGGE PENALE 4
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Reati commessi nel territorio dello Stato.I. Principio di territorialità. Luogo del commesso reato. A In tema di giurisdizione, il principio per cui il giudice deve controllare costantemente, per tutto il corso del processo, se i fatti che formano il con- tenuto dell’imputazione rientrino nell’ambito della propria giurisdizione (c.d. “carattere dinamico”
della verifica della giurisdizione) non esclude che, anche nella fase delle indagini preliminari, debbano sussistere elementi di fatto idonei a dimostrare con certezza l’esistenza del potere dell’autorità giudizia- ria di prendere cognizione del fatto, sicché, ove detti elementi siano connotati da ambiguità o precarietà dimostrativa intrinseca, non è possibile la prosecu- zione della procedura al fine di “rafforzare” tali dati probatori (sez. I 20/19762).
II. Profili internazionalistici. A In tema di man- dato di arresto europeo, il motivo di rifiuto facol- tativo della consegna previsto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. b), della legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificata dall’art. 6, comma 5, lett. b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, sussiste quando anche solo un frammento della condotta, inteso in senso naturalistico e non connotato dai requisiti di ido- neità ed inequivocità previsti per la punibilità del tentativo, si sia verificato in territorio italiano, pur- ché sia possibile collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella commessa in territorio estero (sez. VI 20/2959). B In tema di mandato di arresto europeo, quando la richiesta di conse- gna riguarda fatti commessi in parte nel territorio dello Stato, o in altro luogo allo stesso assimilato, il motivo facoltativo di rifiuto della consegna, pre- visto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. b) della legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificata dalla legge 4 ottobre 2019, n. 117, sussiste solo quando risulti già pendente un procedimento penale per il fatto oggetto del mandato di arresto europeo (sez. VI 20/2959: in motivazione la Corte ha aggiunto che, in tal caso, il conflitto di giurisdizione tra i due Stati trova la propria soluzione nel meccanismo disciplinato dalla decisione quadro 2009/948/GAI
e dal d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 29, anche al fine di evitare una violazione del principio del ne bis in idem sancito dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea). C In tema di mandato di arresto europeo, il motivo di rifiuto facoltativo alla consegna previsto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. b), legge 22 aprile 2005, n. 69, per i fatti commessi in parte nel territorio dello Stato richiede quantomeno la sussistenza di indagini sul fatto oggetto del mandato di arresto, sintomatiche dell’effettiva volontà della Stato di affermare la propria giurisdizione (sez. VI 20/5929). D In tema di fungibilità della pena, la detenzione patita in uno Stato straniero può essere computata nella pena da espiare solo se relativa ad un fatto-reato per cui si è proceduto in Italia (sez. I 19/50376).
V. Casistica. A In tema di violazione degli obbli- ghi di assistenza familiare, sussiste il difetto di giurisdizione del giudice italiano qualora l’avente diritto alla prestazione dimori stabilmente all’estero e non sussistano condotte, finalizzate a sottrarsi o a precostituire ostacoli all’adempi- mento, commesse nel territorio nazionale e ido- nee ad integrare il criterio di collegamento di cui all’art. 6 cod. pen. (sez. VI 20/8613). B In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo straniero che commette il reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana in forza del principio di territorialità e non può invo- care, neppure in forma putativa, la scriminante dell’esercizio di un diritto correlata a facoltà rico- nosciute dall’ordinamento dello Stato di prove- nienza, qualora tale diritto sia incompatibile con le regole dell’ordinamento italiano (sez. VI 20/14043:
fattispecie in cui è stato ritenuto irrilevante che la legislazione del Marocco preveda che l’obbligo di contribuzione decorre solo dalla sentenza di divorzio, prevalendo il disposto dell’art. 147 cod.
civ. in base al quale l’obbligo di assistenza sussiste indipendentemente da un provvedimento defini- tivo o provvisorio del giudice).
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Reati commessi all’estero.II. Generalità. A In tema di mandato di arre- sto europeo, ai fini dell’applicazione del motivo di rifiuto della consegna di cui all’art. 18, lett. p), legge 22 aprile 2005, n. 69, nell’ipotesi di reato commesso da cittadino straniero fuori dal terri- torio dello Stato richiedente, occorre verificare la procedibilità secondo la legge italiana non con riferimento alla fattispecie concreta “sub iudice”, bensì in relazione alla corrispondente ipotesi di reato commesso all’estero da cittadino italiano (sez. VI 20/17225: fattispecie relativa al reato di omicidio). B Non sussiste la giurisdizione dello Stato italiano, ai sensi dell’art. 7, comma 1, n. 5 cod. pen. e della Convenzione ONU di Palermo sul contrasto alla criminalità organizzata transna- zionale, ratificata con legge 16 marzo 2006, n. 146, allorché si proceda per un reato transnazionale (nella specie, importazione, esportazione e tran- sito di materiali di armamento) commesso dallo straniero integralmente all’estero, non correlato a condotte da commettersi sul territorio italiano, in
quanto la disposizione relativa alla giurisdizione, di cui all’art. 15, par. 4, della Convenzione, pur in presenza della sua ratifica, non è di immediata applicazione nell’ordinamento dello Stato parte (sez. I 20/19762). C I criteri di cui all’art. 10 cod.
proc. pen. possono essere utilizzati solo nel caso in cui si proceda per uno o più reati interamente commessi all’estero mentre, qualora sussista con- nessione tra reati commessi nel territorio dello Stato e reati commessi all’estero, la competenza deve essere determinata, in osservanza del prin- cipio costituzionale del giudice naturale precosti- tuito per legge, in relazione al luogo del commesso reato, richiamato dagli artt. 8 e 9, comma 1, cod.
proc. pen., avendo riferimento, ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., al più grave dei reati connessi che sia stato realizzato, anche in parte, nel terri- torio dello Stato ovvero, qualora tale luogo non sia determinabile, in base allo stesso criterio rife- rito al reato immediatamente meno grave (sez. I 20/13076).
5 Della legge penale 9-13
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Delitto comune del cittadino all’estero.III. Generalità A I criteri di cui all’art. 10 cod. proc.
pen. possono essere utilizzati solo nel caso in cui si proceda per uno o più reati interamente commessi all’estero mentre, qualora sussista connessione tra reati commessi nel territorio dello Stato e reati com- messi all’estero, la competenza deve essere determi- nata, in osservanza del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, in relazione al luogo del commesso reato, richiamato dagli artt. 8 e 9, comma 1, cod. proc. pen., avendo riferimento, ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., al più grave dei reati connessi che sia stato realizzato, anche in parte, nel territorio dello Stato ovvero, qualora tale luogo
non sia determinabile, in base allo stesso criterio riferito al reato immediatamente meno grave (sez. I 20/13076). In tema di mandato di arresto europeo, ai fini dell’applicazione del motivo di rifiuto della con- segna di cui all’art. 18, lett. p), legge 22 aprile 2005, n. 69, nell’ipotesi di reato commesso da cittadino straniero fuori dal territorio dello Stato richiedente, occorre verificare la procedibilità secondo la legge italiana non con riferimento alla fattispecie concreta
“sub iudice”, bensì in relazione alla corrispondente ipotesi di reato commesso all’estero da cittadino ita- liano (sez. VI 20/17225: fattispecie relativa al reato di omicidio).
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Delitto comune dello straniero all’estero.II. Generalità. A In tema di reato commesso all’estero da uno straniero, il presupposto della pre- senza del colpevole nel territorio dello Stato, richie- sto dall’art. 10, comma secondo, n. 1, cod. pen. per la sua perseguibilità in Italia, è integrato anche in caso di presenza transitoria e occasionale, non essendo a tal fine, richiesto un effettivo radicamento del sog- getto sul territorio nazionale (sez. I 20/19762). B I criteri di cui all’art. 10 cod. proc. pen. possono essere utilizzati solo nel caso in cui si proceda per uno o più reati interamente commessi all’estero mentre, qualora sussista connessione tra reati commessi nel
territorio dello Stato e reati commessi all’estero, la competenza deve essere determinata, in osservanza del principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge, in relazione al luogo del commesso reato, richiamato dagli artt. 8 e 9, comma 1, cod. proc. pen., avendo riferimento, ai sensi dell’art. 16 cod. proc. pen., al più grave dei reati con- nessi che sia stato realizzato, anche in parte, nel ter- ritorio dello Stato ovvero, qualora tale luogo non sia determinabile, in base allo stesso criterio riferito al reato immediatamente meno grave (sez. I 20/13076).
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Riconoscimento delle sentenze penali straniere.IV. Effetti del riconoscimento. A In tema di rico- noscimento della sentenza penale straniera “per gli effetti civili”, l’art. 12 cod. pen. si applica sia ai casi in cui rilevi l’esecuzione delle disposizioni civili della sentenza, sia a quelli in cui sia richiesta l’utiliz- zazione della sentenza in autonomo giudizio civile in Italia per ottenere la condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero agli “altri effetti civili”, comprendendo tale espressione tutti gli altri effetti di tipo strettamente privatistico, inclusi l’uti- lizzo probatorio nel procedimento civile della sen- tenza irrevocabile di condanna emessa all’estero (sez. VI 20/5256: in motivazione, la Corte ha pre- cisato che esula dal giudizio di riconoscimento la verifica della concreta efficacia della sentenza nel giudizio civile, occorrendo un mero vaglio di “ido- neità” del titolo straniero ad essere utilizzato a fini civili nel nostro ordinamento, non essendo neppure richiesta l’esistenza di un procedimento in corso).
V. Sentenza penale straniera. A È inapplicabile la continuazione “in executivis” tra il reato giudicato in Italia e quello giudicato con sentenza emessa da uno Stato dell’Unione europea, non riconosciuta nell’ordi- namento italiano, in quanto detto vincolo non rientra in alcuna delle ipotesi in presenza delle quali dette sentenze assumono rilevanza ai sensi dell’art. 3, d.lgs.
12 maggio 2016, n. 73 (sez. I 20/17502).
VI. Richiesta. A In tema di estradizione esecutiva per l’estero, richiesta sulla base della Convenzione europea di estradizione, non spetta all’autorità giu- diziaria disporre l’esecuzione in Italia di pene inflitte all’estero, sia per lo straniero residente che per il cit- tadino italiano, rientrando invece nelle attribuzioni del Ministro della giustizia attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza straniera, ove la stessa, in base ai relativi accordi internazionali, possa essere poi eseguita in Italia (sez. VI 20/6237).
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Estradizione.III. Reciprocità (principio della “doppia incrimi- nabilità”). A In tema di estradizione per l’estero, l’astratta applicabilità della causa di non punibilità prevista dall’art. 648-ter. 1, comma terzo, cod. pen.
per il delitto di auto-riciclaggio non rileva ai fini del principio della doppia incriminazione, per la cui sus- sistenza non è richiesto che il fatto risulti in concreto punibile in entrambi gli Stati, essendo sufficiente il
controllo di compatibilità tra i due ordinamenti sta- tali (sez. VI 20/7975). B La mancanza di querela non impedisce l’estradizione verso l’estero per il reato di truffa in base alla Convenzione europea di estradizione, che non prevede, tra le condizioni richieste perché vi si faccia luogo, il controllo sui presupposti per la procedibilità del reato secondo la legislazione delle Parti contraenti (sez. VI 20/7975).
14-15 DELLA LEGGE PENALE 6
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Computo e decorrenza dei termini.II. Generalità. A In tema di calcolo della pre- scrizione, il conteggio del periodo di sospensione del dibattimento deve essere effettuato secondo il calendario comune, con riferimento ai giorni e non ai mesi e nel computo del termine deve essere considerato il giorno dell’udienza rinviata e non
quello dell’udienza di rinvio (sez. fer. 19/39250:
in motivazione, la Corte ha specificato che, trat- tandosi di un criterio oggettivo, esso trova appli- cazione comunque, senza che via sia ragione di distinguere a seconda dell’esito favorevole o meno per l’imputato).
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Materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima legge penale.III. Concorso tra norme penali e norme ammi- nistrative. A La sanzione amministrativa della chiusura degli ambulatori ovvero delle case o degli istituti di cura medico-chirurgica o di assi- stenza ostetrica ovvero delle case o delle pensioni per gestanti, aperte o esercitate senza l’autorizza- zione del prefetto, prevista dall’art. 193, comma 4, r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, testo unico delle leggi sanitarie, si aggiunge a quella penale prevista nel comma 3 della medesima disposizione, cui può seguire, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., anche la confisca dei beni serviti o destinati a commettere il reato, non trovando applicazione, per espressa previsione della norma, il principio di specialità di cui all’art. 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (sez. III 20/3449).
IV. Profili processuali. A Viola il divieto di “refor- matio in peius” la decisione del giudice di appello che, in presenza di impugnazione del solo imputato, dichiari l’estinzione per intervenuta prescrizione relativamente ad un reato che, in primo grado, sia stato dichiarato assorbito in altro più grave, equiva- lendo quest’ultima dichiarazione al proscioglimento per insussistenza del fatto, più favorevole rispetto alla pronuncia di estinzione (sez. I 19/51951: fatti- specie in cui, in primo grado, il reato di detenzione di munizioni di cui all’art. 697 cod. pen. era stato dichiarato assorbito in quello più grave di deten- zione di arma comune da sparo e la corte di appello, su impugnazione del solo imputato, ne aveva dichia- rato l’estinzione per prescrizione).
VII. (segue) c) delitti contro l’amministrazione della giustizia. A Sussiste concorso apparente di norme tra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e quello di cui all’art. 388, comma ottavo, cod. pen., che punisce l’omessa o falsa dichiarazione resa dal debitore esecutato in conseguenza dell’invito dell’ufficiale giudiziario ad indicare le cose o i crediti pignorabili ai sensi dell’art. 492, comma quarto, cod. proc. civ. (sez. V 20/16956).
X. (segue) f) delitti contro l’incolumità pubblica.
A Il delitto di devastazione di cui all’art. 419 cod.
pen. può concorrere con quello di strage di cui all’art. 422 cod. pen., non sussistendo tra i due alcun rapporto di specialità (sez. I 20/9520: in motivazione, la Corte ha precisato che diversi sono i beni giuri- dici protetti dalle rispettive norme incriminatrici, le condotte di aggressione agli stessi e l’elemento sog- gettivo, in quanto, con riferimento alla devastazione, il bene giuridico si identifica con l’ordine pubblico, la condotta consiste in atti di violenza contro beni patrimoniali e l’elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, mentre, con riferimento alla strage,
il bene giuridico si identifica con l’incolumità pub- blica, la condotta consiste in atti di violenza contro la persona e l’elemento soggettivo è integrato dal dolo specifico di uccidere).
XII. (segue) h) delitti contro l’economia pub- blica, l’industria e il commercio. A Non sussiste concorso tra i reati previsti dagli artt. 474, comma secondo e 517 cod. pen. stante la clausola di riserva prevista dall’art. 517 cod. pen. che la rende norma sussidiaria rispetto all’ipotesi di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, tranne nell’ipotesi residuale di condotte riguardanti le opere dell’ingegno ovvero, quanto ai prodotti indu- striali, di condotte di mendacio diverse da quelle aventi ad oggetto l’originalità del marchio (sez. III 20/17187).
XVII. (segue) o) contravvenzioni. A Non ricorre un rapporto di specialità tra il reato di getto peri- coloso di cose di cui all’art. 674 cod. pen. e le previ- sioni incriminatrici previste a tutela dell’ambiente dall’art. 137, commi 6 e 7, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, né si verifica assorbimento tra tali fat- tispecie penali, in quanto il primo si distingue dalle seconde per il presupposto dell’attitudine della condotta incriminata a provocare molestie alle persone, che costituisce elemento essenziale della contravvenzione di pericolo prevista dalla norma codicistica (sez. III 19/48406). B In caso di concorso tra le contravvenzioni previste dagli artt. 7 e 8 d.lgs. 9 gennaio 2012, n. 4, che puniscono,
“salvo che il fatto costituisca più grave reato”, le condotte lesive dell’ambiente marino e quelle di pesca illegale, e il delitto previsto dall’art. 452- bis cod. pen. trova applicazione quest’ultima disposizione che incrimina la compromissione o il deterioramento, significativi e misurabili, di uno dei profili del bene ambiente, come descritti dalla medesima disposizione al comma 1, nn. 1 e 2 (sez. III 20/9079: fattispecie relativa alla pesca di corallo rosso in assenza di titolo abilitativo e con modalità vietate). Conf. sez. 3, n. 9080/2020 e sez.
3, n. 10469/2020, non massimate.
XVIII. (segue) p) leggi speciali. A La causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., non è applicabile nel processo minorile, posto che la nor- mativa in materia (d.P.R. n. 448 del 1988) ha carat- tere di “legge penale speciale”, ai sensi dell’art. 16 cod. pen., e, regolando in modo autonomo la stessa materia con l’istituto dell’irrilevanza del fatto di cui all’art. 27 del medesimo decreto, preclude a priori qualunque possibile confronto fra singole disposi- zioni, ai sensi dell’art. 15 cod. pen. (sez. II 19/49494).
Conf. sez. VI 20/14791.
7 Sanzioni applicabili dal giudice di pace (d. legisl. n. 274/2000) post art. 27
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Leggi penali speciali.II. Casistica. A La causa di esclusione della puni- bilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., non è applicabile nel processo minorile, posto che la normativa in mate- ria (d.P.R. n. 448 del 1988) ha carattere di “legge penale speciale”, ai sensi dell’art. 16 cod. pen., e,
regolando in modo autonomo la stessa materia con l’istituto dell’irrilevanza del fatto di cui all’art. 27 del medesimo decreto, preclude a priori qualunque possibile confronto fra singole disposizioni, ai sensi dell’art. 15 cod. pen. (sez. II 19/49494). Conf. sez. VI 20/14791.
TITOLO II DELLE PENE
CAPO II
DELLE PENE PRINCIPALI, IN PARTICOLARE
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Ergastolo.III. Generalità. A In caso di inammissibilità del ricorso per ragioni diverse dalla tardività, non può essere rilevata d’ufficio, in assenza di uno speci- fico motivo di doglianza, l’illegalità della pena per l’erronea applicazione, da parte del tribunale, per i
reati di competenza del giudice di pace, delle san- zioni previste dal codice penale in luogo di quelle di cui agli artt. 52 e ss. d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (sez.
V 20/15817).
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Pene pecuniarie fisse e proporzionali.D. legisl. 28 agosto 2000, n. 274. Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’art. 14 della l. 24 novembre 1999, n. 468.
TITOLO II SANZIONI APPLICABILI
DAL GIUDICE DI PACE Art. 52. Sanzioni.
III. Disciplina transitoria. A In tema di succes- sione di leggi nel tempo, il trasferimento della com- petenza per materia dal giudice di pace al tribunale monocratico comporta una modifica “in peius” del trattamento sanzionatorio, ove determini l’appli- cazione delle sanzioni detentive in luogo delle più favorevoli sanzioni pecuniarie previste dall’art. 52 del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, che non può ope- rare retroattivamente (sez. VI 20/13708: fattispecie in tema di reato di percosse ai danni del coniuge divorziato, del convivente o di uno dei soggetti indicati dall’art. 577, comma secondo, cod. pen., al quale continuano ad applicarsi le sanzioni previste per il processo innanzi al giudice di pace, qualora il fatto sia stato commesso prima dell’entrata in vigore della legge 15 ottobre del 2013, n. 119, che ha riassegnato la competenza al tribunale).
IV. Profili processuali. A In caso di inammissibilità del ricorso per ragioni diverse dalla tardività, non può essere rilevata d’ufficio, in assenza di uno spe- cifico motivo di doglianza, l’illegalità della pena per l’erronea applicazione, da parte del tribunale, per i
reati di competenza del giudice di pace, delle san- zioni previste dal codice penale in luogo di quelle di cui agli artt. 52 e ss. d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (sez.
V 20/15817).
Art. 53. Obbligo di permanenza domiciliare.
A In tema di reati di competenza del giudice di pace, il periodo di custodia cautelare presofferto può essere detratto dalla pena dell’obbligo di perma- nenza domiciliare, in quanto l’art. 58 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, equipara, ad ogni effetto giuridico, detta sanzione alla pena detentiva della specie corrispon- dente a quella della pena originaria (sez. I 20/4103:
in motivazione, la Corte ha precisato che il computo del c.d. presofferto deve avvenire in base al criterio di ragguaglio di cui all’art. 58, comma 2, del citato d.lgs., secondo cui “un giorno di pena detentiva equivale a due giorni di permanenza domiciliare”).
Art. 54. Lavoro di pubblica utilità.
II. Generalità. A La durata massima dello svolgi- mento di attività non retribuita a favore della col- lettività, ove la stessa costituisca condizione per il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, è disciplinata dall’art. 165 cod. pen. e corrisponde alla durata della pena la cui esecuzione è stata sospesa (sez. III 20/6519: in motivazione, la Corte ha precisato che, in forza del richiamo contenuto nell’art. 18-bis disp. coord. cod.
pen., le previsioni dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 6, d.lgs.
28 agosto 2000, n. 274, sono applicabili alla disci- plina della sospensione condizionale solo in quanto
post art. 27-29 SANZIONI SOSTITUTIVE (l. n. 689/1981) 8 compatibili con quanto stabilito dall’art. 165 cod.
pen. e, quindi, non per gli aspetti compiutamente disciplinati da tale disposizione).
IV. Pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità per il reato di guida in stato di ebbrezza o in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupe- facenti. A Il giudice dell’esecuzione, nel procedere alla revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità (sez. I 20/11682: nella specie concessa ai sensi dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada) ed al conseguente ripristino della pena originariamente sostituita in sede di cognizione, non può contestual- mente disporre la sospensione condizionale della pena ripristinata, ostandovi, in difetto di un’espressa disposizione di legge in tal senso e comunque di un sopravvenuto mutamento delle norme poste a fon- damento della condanna, l’intangibilità del giudicato;
conf. sez. I 20/21547. B Spetta al giudice dell’esecu- zione, in applicazione analogica dell’art. 676, comma 1, cod. proc. pen., la competenza a pronunciarsi sul provvedimento di concessione o di diniego del nulla osta al rilascio del passaporto, previsto dall’art. 3, lett.
d), della legge 21 novembre 1967, n. 1185, esclusiva- mente nel caso di soggetti nei cui confronti debba eseguirsi una pronuncia di condanna alla pena pecu- niaria, rimanendo altrimenti priva di protezione giurisdizionale una posizione di diritto soggettivo di costoro, ma non anche con riferimento a condannati alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, giacché, prevedendo l’art. 58, comma 1, del d.lgs. 28 agosto 2000, n. 374, che questa debba considerarsi, per ogni effetto giuridico, pena detentiva della specie corri- spondente a quella della pena sostituita, trova appli- cazione l’art. 10 della citata legge n. 1185 del 1967, a termini del quale, contro i provvedimenti di diniego di rilascio e di ritiro del passaporto emessi dalla com- petente autorità amministrativa, è alternativamente ammesso ricorso al Ministro per gli affari esteri o al tribunale amministrativo regionale (sez. I 20/17507).
Art. 58. Effetti delle sanzioni e criteri di ragguaglio.
I. Equiparazione delle sanzioni alle pene deten- tive della specie corrispondente a quella della pena originaria; termine di prescrizione. A V. sez. I 20/17507 sub art. 54.
III. Criteri di ragguaglio. A V. sez. I 20/4103 sub art. 53.
Legge 24 novembre 1981, n. 689. Modifiche al siste- ma penale. Artt. 53-83.
Capo III sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi
Sezione I
Applicazione delle sanzioni sostitutive Art. 53. Sostituzione di pene detentive brevi.
VI. (segue) ragguaglio tra pena pecuniaria e pena detentiva. A In tema di sostituzione di pene detentive brevi, nel caso in cui l’imputato sia stato condannato ad una pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, il giudice, fermo il potere discre- zionale di cui all’art. 58 legge 24 novembre 1981, n. 689, deve sostituire la sola pena detentiva e la pena pecuniaria – che non incide, tramite il mec- canismo del conguaglio, sul limite massimo della pena detentiva previsto dalla legge – si affianca alla sanzione sostitutiva in concreto applicata (sez. I 20/20688).
Art. 58. Potere discrezionale del giudice nella sosti- tuzione della pena detentiva.
A V. sez. I 20/20688 sub art. 53.
CAPO III
DELLE PENE ACCESSORIE, IN PARTICOLARE
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Interdizione dai pubblici uffici.II. Ambito di applicazione e profili processuali.
A Il giudice di appello, in caso di accoglimento dell’accordo delle parti sui motivi con rideter- minazione della pena, è tenuto alla sostituzione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, applicata con la sentenza di
condanna a pena detentiva non inferiore a cinque anni, con quella dell’interdizione temporanea, ove la pena irrogata sia complessivamente pari ad anni cinque di reclusione, anche se la sostituzione non sia stata prevista nell’accordo tra le parti (sez. V 20/11940).
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Casi nei quali alla condanna consegue l’interdizione dai pubblici uffici.II. Ambito di operatività. A Il giudice di appello, in caso di accoglimento dell’accordo delle parti sui motivi con rideterminazione della pena, è tenuto alla sostituzione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, applicata con la sentenza
di condanna a pena detentiva non inferiore a cinque anni, con quella dell’interdizione temporanea, ove la pena irrogata sia complessivamente pari ad anni cin- que di reclusione, anche se la sostituzione non sia stata prevista nell’accordo tra le parti (sez. V 20/11940).
9 Del reato consumato e tentato 31-40
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Condanna per delitti commessi con abuso di un pubblico ufficio o di una professione o di un’arte. Interdizione.I. Ambito di applicazione. A Ai fini dell’applica- zione della pena accessoria dell’interdizione tempo- ranea dai pubblici uffici o dalla professione prevista dall’art. 31 cod. pen. è necessario un rapporto di stru- mentalità o quantomeno di agevolazione tra l’abuso di poteri o la violazione di doveri e la realizzazione
del delitto (sez. III 20/9956: in motivazione la Corte ha precisato che il giudice non è tenuto a fornire un’analitica spiegazione dei presupposti per l’appli- cazione della pena accessoria, essendo sufficiente che dimostri di averli valutati anche con motiva- zione implicita).
37
Pene accessorie temporanee: durata.II. Ambito di applicazione del principio di equi- valenza. Nozione di pena accessoria e durata.
A La durata delle pene accessorie per le quali è previsto un limite minimo e massimo, deve essere determinata in concreto, con adeguata motiva- zione, sulla base dei criteri stabiliti dall’art. 133 cod. pen., dovendo escludersi la necessaria cor- relazione con quella della pena principale (sez.
III 19/41061). B In tema di pene accessorie, nel caso in cui la durata di queste sia determinata in misura superiore alla media edittale, è necessa- ria una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod.
pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (sez. V 20/11329: fattispecie in cui la Corte ha annullato una sentenza di patteggia- mento per bancarotta fraudolenta, nella parte in cui il giudice aveva irrogato le pene accesso- rie di cui all’art. 219, ultimo comma, legge fall., nel massimo edittale, motivando genericamente sulla gravità del danno e sull’entità delle condotte distrattive). C In tema di pene accessorie, il giu- dice è tenuto a determinare la durata dell’inter- dizione dai pubblici uffici, in caso di condanna per uno dei delitti di cui all’art. 317-bis cod. pen., modulandola in correlazione al disvalore del fatto di reato e alla personalità del responsabile ai sensi dell’art. 133 cod. pen., sicché la stessa non deve
necessariamente essere pari alla durata della pena principale (sez. VI 20/16508).
V. Questioni processuali. A La Corte di cassazione deve rilevare di ufficio l’illegalità della pena accesso- ria, di cui all’ultimo comma dell’art. 216 legge fall., irrogata nella misura fissa di dieci anni prima della declaratoria di incostituzionalità della medesima norma da parte della Corte costituzionale con la sen- tenza 5 dicembre 2018, n. 222, trattandosi di una pena determinata in base ad un criterio non più conforme, in tutto o in parte, ai parametri legali (sez. V 19/36133:
in applicazione del principio, la Corte ha annullato la condanna limitatamente al punto delle pene accesso- rie, rinviando alla corte di appello perché le rideter- minasse in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen).
B Non è sindacabile in sede di legittimità il provve- dimento del giudice del merito che, avvalendosi del proprio potere discrezionale, determini, in base ai cri- teri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., con specifica e adeguata motivazione, le pene accessorie fallimen- tari nella misura massima prevista dalla legge, senza rapportarle automaticamente alla durata della pena principale (sez. V 20/7034: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto adeguatamente motivata la decisione del giudice fondata sulla reiterazione delle condotte di frode in danno dei creditori, sul pregiudizio per la massa dei creditori e sui precedenti penali dell’impu- tato).
TITOLO III DEL REATO
CAPO I
DEL REATO CONSUMATO E TENTATO
40
Rapporto di causalità.II. Distinzione tra causalità materiale e cau- salità psicologica. A L’accertamento del nesso di causalità tra condotta ed evento deve essere condotto su base totalmente oggettiva, con un giudizio ex post, mediante il procedimento c.d.
di eliminazione mentale e va tenuto ben distinto rispetto alla diversa e successiva indagine sull’ele- mento soggettivo del reato che deve essere valu- tato, invece, con giudizio ex ante, alla stregua delle conoscenze del soggetto agente (sez. V 19/51233:
fattispecie in cui l’imputato aveva colpito con più schiaffi la vittima che, nella caduta, si era frattu- rata le ossa nasali con conseguente ostruzione delle vie respiratorie e decesso per asfissia, in cui la Corte ha confermato la condanna per omicidio preterintenzionale, ritenendo che l’evento morte fosse oggettivamente conseguenza dell’azione e l’imprevedibilità dello stesso, collegata alle frat- ture nasali, dovesse essere valutata ex ante ai soli fini dell’elemento psicologico).
40 DEL REATO 10 VI. Reato omissivo. Obbligo giuridico di impedire
l’evento; A In tema di reati omissivi colposi, il tito- lare di un’autofficina assume, in base al contratto di riparazione di un’autovettura, una posizione di garanzia limitata agli eventi collegati ai lavori neces- sari a rendere efficiente e sicura la circolazione del veicolo (sez. IV 19/46191: nella fattispecie, la Corte ha escluso la configurabilità di una posizione di garanzia in capo al titolare di un’autofficina per l’omessa esecuzione delle convenute opere di ripri- stino della funzionalità degli airbag, causa delle lesioni riportate dalla persona in un sinistro stra- dale, ritenendo che il volontario ritiro del veicolo, da parte della persona offesa, a fronte del ritardo nell’esecuzione dei lavori, con la consapevolezza della sua mancata riparazione, avesse determinato la cessazione dell’obbligo di protezione derivante dal contratto). B In materia di infortuni sul lavoro, il responsabile del servizio di prevenzione e pro- tezione, in quanto consulente del datore di lavoro privo di potere decisionale, risponde dell’evento in concorso con il datore di lavoro solo se abbia com- messo un errore tecnico nella valutazione dei rischi, dando un suggerimento sbagliato od omettendo di segnalare situazioni di rischio colposamente non considerate (sez. IV 19/49761: nella fattispecie la Corte ha ritenuto viziata la motivazione della sen- tenza impugnata per avere fondato la responsabilità del RSPP su un omesso intervento in fase esecutiva, considerata estranea alle competenze consultive e intellettive dello stesso). C Si configura il delitto di omicidio colposo mediante omissione ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p., e non quello, meno seve- ramente sanzionato, di omissione di soccorso aggra- vato ai sensi dell’art. 593, comma 3, c.p., qualora, in capo all’agente, ricorra, non già un generico obbligo di attivazione, ma una specifica posizione di garan- zia avente fondamento in una legge extra-penale o in altra fonte, anche contrattuale, produttiva di obblighi giuridici, che gli attribuisca adeguati poteri per l’impedimento di eventi lesivi di altrui beni in ragione dell’incapacità del titolare di provvedervi autonomamente (sez. I 20/9049: fattispecie in tema di omicidio, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto che gli imputati avessero volontariamente assunto un dovere di protezione – con conseguente obbligo di impedire l’evento – nei confronti di un giovane di cui si erano presi cura nell’apprezzabile intervallo di tempo durante il quale il medesimo era sopravvissuto dopo essere stato attinto da un colpo d’arma da fuoco esploso accidentalmente da uno dei predetti mentre, trovandosi nella loro abi- tazione per ragioni di familiarità, era intento a farsi la doccia).
VII. (segue) titolarità dell’obbligo; delega. A In tema di gestione dei rifiuti, è consentita la delega di funzioni a condizione che la stessa: a) sia puntuale ed espressa, con esclusione di poteri residuali in capo al delegante; b) riguardi, oltre alle funzioni, anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; c) la sua esistenza sia giudizialmente provata con certezza; d) il delegato sia tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato allo svolgimento dei compiti affidatigli; e) il trasferimento delle funzioni sia giustificato dalle dimensioni o dalle esigenze organizzative dell’impresa, ferma restando la per- sistenza di un obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento, da parte del dele- gato, delle funzioni trasferite (sez. III 20/15941: in motivazione, la Corte ha precisato che tale obbligo di vigilanza non comporta il controllo continuativo
delle modalità di svolgimento delle funzioni trasfe- rite, richiedendosi la mera verifica della correttezza della complessiva gestione del delegato).
VIII. (segue) obbligo di impedimento dell’atti- vità illecita altrui. A Commette concorso nel reato di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, l’agente della polizia di Stato che, fre- quentando regolarmente un locale notturno, anche consumando rapporti sessuali senza pagare alcun corrispettivo, non impedisca ai gestori del locale lo svolgimento dell’attività di meretricio, in quanto la qualifica di agente di polizia giudiziaria comporta l’assunzione di una particolare posizione di garan- zia, rilevante ai sensi dell’art. 40 c.p., avente come contenuto l’obbligo giuridico di evitare l’agire ille- cito di terzi (sez. III 20/364).
IX. (segue) casistica. A Il gestore di una piscina è titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p., in forza della quale è tenuto a garantire l’incolumità fisica degli utenti mediante la presenza di un assistente bagnante a bordo piscina, che non può essere trasferita, in via convenzionale, sulle persone a protezione delle quali essa è prevista (sez. IV 20/4890: fattispecie nella quale, sulla base del suddetto principio, è stata ritenuta immune da censure la sentenza che, in ragione dell’omessa predisposizione di un ser- vizio di assistenza bagnanti, aveva riconosciuto la responsabilità dei componenti del consiglio diret- tivo di un’associazione sportiva dilettantistica che gestiva in forma imprenditoriale una piscina aperta al pubblico per l’omicidio colposo di una bambina deceduta per annegamento dopo essere sfuggita al controllo del padre consapevole che la figlia non sapeva nuotare, ritenendo irrilevante l’impegno assunto dal genitore di sorvegliare la minore). B Il bagnino addetto ad un impianto di piscina è titolare, ai sensi dell’articolo 40, comma 2, c.p., di una posi- zione di garanzia in forza della quale egli è tenuto a sorvegliare gli utenti della stessa per garantirne l’incolumità fisica (sez. IV 20/13848: nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la afferma- zione di responsabilità del bagnino per il reato di omicidio colposo in relazione all’annegamento di una minore, per non avere prestato la dovuta atten- zione e averla soccorsa solo alcuni minuti dopo il suo inabissamento). C Il costruttore risponde, in quanto titolare di una posizione di garanzia, per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili ai difetti strutturali dei macchinari messi in commercio, a meno che l’utilizzatore abbia compiuto sulla mac- china trasformazioni di natura ed entità tali da poter essere considerate causa sopravvenuta da sola suffi- ciente a determinare l’evento (sez. IV 20/5541: nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva riconosciuto la responsabi- lità, a titolo di omicidio colposo, del costruttore di una macchina, il cui difetto di costruzione aveva cagionato, sei anni dopo la messa in commercio della macchina ed in assenza di cause alternative, il decesso di un lavoratore). D In tema di norma- tiva antinfortunistica riguardante attività lavora- tiva svolta su lucernari, tetti, coperture e simili, in base alle disposizioni contenute nell’art. 148, d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81, è configurabile, in capo al datore di lavoro, lo specifico obbligo di verifica in concreto della resistenza della superficie su cui debba insi- stere la lavorazione e, nel caso in cui nel corso di tale accertamento sorga un dubbio circa la capacità
11 Del reato consumato e tentato 41-43 portante della superficie calpestabile, quello, ulte-
riore, di adottare le cautele atte a garantire l’incolu- mità dei lavoratori (sez. IV 20/12161: nella specie, la Corte ha escluso che l’esito positivo di un collaudo avvenuto molti anni prima potesse far venir meno l’obbligo del datore di lavoro di verificare in con- creto la resistenza della copertura). E In tema di bancarotta per distrazione, non è configurabile nei confronti dei componenti del collegio sindacale di una società diversa dalla fallita, la responsabilità nel reato proprio, ex art. 40, comma 2, c.p., la quale, inte- grata dalla posizione di garanzia che essi ricoprono esclusivamente a tutela della società presso cui ope- rano, è invocabile solo con riferimento all’obbligo di controllo dell’operato degli amministratori di tale società e non può invece estendersi ad atti di ban- carotta compiuti da amministratori di società terze, in relazione ai quali possono concorrere solo attra- verso una condotta attiva (sez. V 20/11936).
XI. (segue) b) dopo la sent. sez. un. 02/30328. A In tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbli- gate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di peri- colo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti (sez. IV 20/1350: fattispecie in tema di colpa
medica di tre sanitari che si erano succeduti nella cura di un bambino, deceduto per la perforazione dell’intestino conseguita all’effettuazione di un cli- sma opaco senza la previa necessaria idratazione, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna dei medici intervenuti prima di quello che aveva eseguito il predetto esame strumentale, per non avere verificato se essi avessero contribuito all’omessa idratazione del paziente, quale fosse il livello di disidratazione raggiunto in concomitanza con il loro intervento, e se i rischi connessi alla disi- dratazione si fossero aggravati in considerazione della decisione, presa da altri medici, di sottoporre il paziente al clisma opaco). B In tema di responsabi- lità medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente (sez. IV 20/10175: fattispecie relativa al decesso di una paziente per embolia polmonare conseguente alla omessa somministrazione di adeguata terapia antitrombotica, in cui la Corte ha annullato con rin- vio la sentenza che aveva affermato la responsabilità dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consu- lenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le par- ticolari condizioni in cui versava la paziente).
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Concorso di cause.III. Concause preesistenti e concomitanti. A In tema di maltrattamenti in famiglia seguiti da lesioni o morte della vittima, l’espressione “derivare” di cui all’art. 572, comma 3, c.p. deve essere interpretata in relazione ai principi posti dall’art. 41 c.p. e, pertanto, impone un rinvio alle regole con cui è regolamen- tata l’imputazione oggettiva degli eventi causati
dall’autore di un reato (sez. VI 20/4121: fattispecie in cui la Corte ha ritenuto che la patologia da cui sarebbe stato affetto il minore deceduto non inter- rompeva il nesso di causalità tra i maltrattamenti e l’evento morte, potendo assurgere, al più, quale concausa dell’evento morte, non essendo idonea a rendere irrilevante il fatto violento del ricorrente).
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Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva.VI. Casistica. A Il reato di lottizzazione abusiva, che è a consumazione alternativa, potendosi realizzare sia per il difetto di autorizzazione, sia per il contra- sto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici, può essere commesso anche a titolo di sola colpa (sez. III 20/15205: fattispecie relativa alla realizzazione di edifici residenziali in zona agricola,
mediante frazionamenti ed accorpamenti di fondi non contigui, asserviti per soddisfare il requisito della estensione minima del lotto, da parte di soggetti privi del requisito necessario di imprenditore agricolo, nonostante che in detta zona l’accorpamento fosse consentito solo per le necessità di abitazione princi- pale dell’imprenditore agricolo).
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Elemento psicologico del reato.II. Oggetto del dolo. A In tema di concorso di per- sone nel reato, ai fini della sussistenza del dolo del reato concorsuale, che richiede la consapevole con- tribuzione, anche solo agevolativa, dell’agente alla realizzazione del reato, è necessario l’accertamento della conoscenza, anche unilaterale, della condotta altrui da parte del concorrente (sez. II 19/44859:
fattispecie di estorsione in concorso, in cui la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna dell’imputato, resosi disponibile a prestare una garanzia bancaria in favore della vittima, nonché beneficiario delle cambiali da questa sottoscritte a seguito delle minacce poste in essere dal concor- rente, sul presupposto che il giudice di merito si era