146
Rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena.III. Generalità. A I trattamenti sanitari nei con-fronti del detenuto sono incoercibili ma, se poten-zialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il
differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valuta-zione della relativa richiesta (sez. I 20/5447).
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Rinvio facoltativo dell’esecuzione della pena.III. Ratio dell’istituto; generalità. A V. sez. I 20/5447, sub art. 146, III.
IV. Limiti di applicabilità. A In tema di ese-cuzione della pena, in caso di grave infermità psichica sopravvenuta al fatto, ex art. 148 cod.
pen., l’accertata pericolosità sociale costituisce elemento ostativo al differimento facoltativo della pena, ai sensi dell’art. 147, comma quarto, cod. pen., e alla applicazione della detenzione domiciliare, ex art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., né è possibile disporre il ricovero in una REMS, avendo tali strutture – ai sensi dell’art. 3-ter, comma 2, decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 – come unici destinatari i malati psichiatrici ritenuti non imputabili in sede di giudizio penale o che,
condannati, siano stati sottoposti ad una misura di sicurezza (sez. I 20/21969).
V. Differimento della pena e detenzione domiciliare.
A In tema di differimento facoltativo dell’esecu-zione della pena, sussiste l’interesse del condannato ad impugnare il provvedimento con cui, ricono-sciuta la situazione di cui all’art. 147, comma primo, n. 2 cod. pen., venga applicata, in luogo del richiesto differimento, la misura alternativa della detenzione domiciliare, di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, ord.
pen., attesa la diversità di effetti, tanto sotto il profilo dello stato di esecuzione della sanzione quanto sotto il corrispondente profilo dello “status libertatis” del condannato, tra il rinvio dell’esecuzione e la prose-cuzione di quest’ultima nella forma della detenzione domestica (sez. I 20/15848).
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Infermità psichica sopravvenuta al condannato.III. Ambito di applicazione della norma. A V. sez.
I 20/21969, sub art. 147, IV.
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[Consiglio di patronato e Cassa delle ammende.]Legge 26 luglio 1975, n. 354. Norme sull’ordinamen-to penitenziario e sulla esecuzione delle misure pri-vative e limitative della libertà - Titolo I, Capo VI:
Misure alternative alla detenzione e remissione del debito.
Capo VI
misure alternative alla detenzione e remissione del debito
Art. 47. Affidamento in prova al servizio sociale.
III. Pena inflitta. A In tema di misure alternative alla detenzione, la valutazione relativa alla ammis-sibilità della richiesta in relazione alla pena residua da espiare deve fare riferimento non al momento di presentazione della stessa ma a quello della deci-sione (sez. I 20/1787).
IV. Requisiti per l’ammissione. A In tema di affi-damento in prova al servizio sociale, ai fini del giu-dizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi,
dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non pos-sono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risul-tati dell’osservazione della personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (sez. I 20/1410: in motivazione, la Corte ha specificato che le fonti di conoscenza che il tribu-nale di sorveglianza è chiamato a valutare sono sia il reato commesso, i precedenti penali, le pendenze processuali e le informazioni di polizia sia anche la condotta carceraria ed i risultati dell’indagine socio- familiare operata dalle strutture di osservazione, onde verificare la sussistenza di elementi positivi che facciano ragionevolmente ritenere la proficuità dell’affidamento, quali l’assenza di nuove denunzie, il ripudio delle condotte devianti passate, l’ade-sione ai valori socialmente condivisi, l’attaccamento al contesto familiare, la condotta di vita attuale, la congruità della condanna e l’eventuale buona
47 ter MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE (l. n. 354/1975) 42 prospettiva risocializzante). B Ai fini della
conces-sione dell’affidamento in prova al servizio sociale, pur non potendosi prescindere dalla natura e dalla gravità dei reati per cui è stata irrogata la pena in espiazione, quale punto di partenza dell’analisi della personalità del soggetto, è tuttavia necessaria la valutazione della condotta successivamente serbata dal condannato, essendo indispensabile l’esame anche dei comportamenti attuali del medesimo, attesa l’esigenza di accertare non solo l’assenza di indicazioni negative, ma anche la presenza di ele-menti positivi che consentano un giudizio progno-stico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva (sez. I 20/4390). C In materia di esecuzione della pena, l’affidamento in prova al ser-vizio sociale può essere concesso, qualora ricorrano le condizioni stabilite dall’ordinamento penitenzia-rio, anche allo straniero irregolarmente presente nel territorio dello Stato che sia privo del permesso di soggiorno (sez. I 20/10315). D In tema di misure alternative alla detenzione, a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 38, è consentita l’ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale la cui esecuzione debba svolgersi in uno Stato estero membro dell’Unione Europea dove il condannato abbia residenza legale ed abituale, in conformità a quanto disposto dal menzionato decreto legislativo (sez. I 20/20977).
L’esecuzione dell’affidamento in prova al servi-zio sociale può aver luogo nello Stato dell’Unione europea ove il condannato sia residente (nella specie, Germania), qualora detto Stato abbia dato attuazione alla decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sen-tenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza, delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, recepita in Italia con d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 38, in quanto l’affidamento è assimilabile ad una “sanzione sosti-tutiva” ai sensi dell’art. 2, lett. e), di tale decreto, quale sanzione che “impone obblighi ed impartisce prescrizioni”, compatibili con quelli elencati nel successivo art. 4 e che costituiscono il contenuto del trattamento alternativo al carcere (sez. I 20/16942).
VI. Effetto estintivo della pena. A In tema di affi-damento in prova al servizio sociale, in caso di valu-tazione negativa dell’esito della prova, il tribunale di sorveglianza ha l’obbligo di determinare il “quan-tum” di pena – eventualmente anche in misura cor-rispondente a quella originariamente inflitta – che il condannato deve ancora espiare, tenendo conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e della sua condotta durante il periodo trascorso in affidamento (sez. I 20/934).
VII. Revoca. A In tema di affidamento in prova al servizio sociale, qualora il comportamento del condannato sia stato così negativo da rivelare l’ine-sistenza sin dall’inizio di alcuna adesione al pro-gramma di risocializzazione, legittimamente – alla luce dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della pena indicati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 343 del 1987 – il tribunale di sorveglianza può disporre la revoca della misura con effetto “ex tunc” e, conseguentemente, determinare la pena ancora da espiare in misura corrispondente a quella originariamente inflitta (sez. I 20/4687: fattispecie relativa a revoca con effetto “ex tunc” in conside-razione, tra l’altro, della contiguità dell’inizio della condotta trasgressiva rispetto alla sottoscrizione
delle prescrizioni connesse alla misura alternativa nonché della pluralità ed entità delle trasgressioni).
VIII. Questioni processuali. A In tema di misure alternative alla detenzione, la competenza a provve-dere sulla revoca dell’affidamento in prova al servizio sociale concesso al condannato che, successivamente alla concessione del beneficio, abbia iniziato a colla-borare con la giustizia e sia stato ammesso a speciale programma di protezione, appartiene al tribunale di sorveglianza di Roma, a prescindere dal momento in cui sia instaurato il procedimento di revoca, trattan-dosi di competenza funzionale inderogabile, prevista dall’art. 16-nonies, comma 8, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, in deroga alle regole generali stabilite dall’art. 677, comma 1, cod. proc. pen. (sez. I 20/13993). B È illegittima l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di inam-missibilità dell’istanza di concessione di una misura alternativa per la ritenuta illegittimità della sospen-sione dell’ordine di esecuzione della pena emesso dal pubblico ministero, atteso che le condizioni per una simile pronunzia nell’ambito del procedimento di sorveglianza sono solo quelle previste dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., richiamato dall’art. 678 cod.
proc. pen. (sez. I 20/15550: fattispecie in cui una prima domanda di affidamento in prova ex art. 94 del d.P.R.
n. 309 del 1990, a fronte di un ordine di esecuzione e contestuale sospensione emesso dal pubblico mini-stero per una pena residua di tre anni e sei mesi, era stata dichiarata inammissibile dal tribunale di sorve-glianza perché eccedente il limite di legge, laddove anche una seconda domanda relativa ad altre misure alternative – preceduta da una nuova sospensione dell’ordine di esecuzione disposta a seguito della sen-tenza della Corte costituzionale n. 41 del 2018, era stata dichiarata inammissibile per la ritenuta illegitti-mità della seconda sospensione, non condivisa dalla Corte, in quanto disposta in violazione dell’art. 656, comma 7, cod. proc. pen.). C In tema di procedimento di sorveglianza, è affetto da nullità di ordine generale e di carattere assoluto il provvedimento del tribunale di sorveglianza che dichiari inammissibile “de plano”, perché intempestiva, l’istanza (nella specie, di affida-mento in prova al servizio sociale) presentata in pros-simità dell’udienza fissata per la trattazione di una precedente richiesta di misure alternative, occorrendo, in tal caso, seguire la regola generale della trattazione camerale applicabile anche al procedimento di sorve-glianza e ciò in quanto l’assenza di una previsione del termine per la presentazione dell’istanza non consente di ritenere immediatamente insussistenti i presup-posti normativi della richiesta che legittimerebbero una pronunzia di inammissibilità “de plano” (sez. I 20/18853). D In tema di esecuzione di pene detentive, qualora il condannato che si trovi agli arresti domi-ciliari al momento dell’irrevocabilità della sentenza benefici della sospensione dell’ordine di carcerazione e, nelle more della decisione sulla sua richiesta di una misura alternativa al carcere, si allontani arbitraria-mente dal luogo di custodia, il magistrato di sorve-glianza può sospenderne l’esecuzione trasmettendo immediatamente gli atti al tribunale di sorveglianza, cui spetta l’emissione del provvedimento sull’istanza dell’interessato, ferma restando l’impossibilità di revo-care un beneficio penitenziario non ancora deliberato (sez. I 19/51291).
Art. 47 ter. Detenzione domiciliare.
III. Ambito di applicazione; requisiti per l’ammis-sione. A In tema di misure alternative alla
detenzione, la condanna per taluno dei reati di cui all’art. 4-bis ord. pen. è ostativa alla concessione della detenzione domiciliare, a nulla rilevando, in senso contrario, l’insussistenza di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, terro-ristica o eversiva, atteso che il rinvio effettuato dall’art. 47 ord. pen. all’art. 4-bis citato si riferisce a tutti i reati da quest’ultimo contemplati, senza rece-pire le distinzioni di disciplina che caratterizzano le c.d. “fasce” entro le quali essi separatamente si inscrivono (sez. I 20/13751).
V. Detenzione domiciliare a favore di altri soggetti (comma 1). A I trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzial-mente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il dif-ferimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condi-zione giuridica necessaria alla positiva valutacondi-zione della relativa richiesta (sez. I 20/5447).
VII. Detenzione domiciliare in luogo del differi-mento dell’esecuzione della pena (comma 1° ter). A In tema di differimento facoltativo dell’esecuzione della pena, sussiste l’interesse del condannato ad impugnare il provvedimento con cui, riconosciuta la situazione di cui all’art. 147, comma primo, n. 2 cod. pen., venga applicata, in luogo del richiesto differimento, la misura alternativa della detenzione domiciliare, di cui all’art. 47-ter, comma 1-ter, ord.
pen., attesa la diversità di effetti, tanto sotto il pro-filo dello stato di esecuzione della sanzione quanto sotto il corrispondente profilo dello “status liberta-tis” del condannato, tra il rinvio dell’esecuzione e la prosecuzione di quest’ultima nella forma della detenzione domestica (sez. I 20/15848). B In tema di esecuzione della pena, in caso di grave infermità psichica sopravvenuta al fatto, ex art. 148 cod. pen., l’accertata pericolosità sociale costituisce elemento ostativo al differimento facoltativo della pena, ai sensi dell’art. 147, comma quarto, cod. pen., e alla applicazione della detenzione domiciliare, ex art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., né è possibile disporre il ricovero in una REMS, avendo tali strut-ture – ai sensi dell’art. 3-ter, comma 2, decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito dalla legge 17 febbraio 2012, n. 9 – come unici destinatari i malati psichiatrici ritenuti non imputabili in sede di giudi-zio penale o che, condannati, siano stati sottoposti ad una misura di sicurezza (sez. I 20/21969).
X. Revoca. A La revoca della detenzione domici-liare in favore dei collaboratori di giustizia postula una valutazione della condotta, in ipotesi contraria alla legge o alle prescrizioni dettate, che non può limitarsi al singolo episodio contestato, eccettuato il caso in cui esso presenti un’intrinseca gravità tal-mente elevata da rendere superfluo il giudizio com-parativo tra l’entità della deviazione accertata e il percorso rieducativo fino a quel momento compiuto (sez. I 20/21975).
XI. Questioni processuali. A Avverso i provve-dimenti adottati dal magistrato di sorveglianza a seguito di richieste di modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare (art. 47 ter, comma secondo, ord. pen.), è esperibile il ricorso in cassazione per violazione di legge, trattandosi di provvedimenti che incidono sulla libertà personale (sez. I 19/52134). B In caso di sospensione caute-lativa dei c.d. “arresti domiciliari esecutivi” di cui
all’art. 656, comma 10, cod. proc. pen., disposta dal magistrato di sorveglianza nella ricorrenza di una delle situazioni di incompatibilità indicate dal sesto comma dell’art. 47-ter ord. pen., la successiva deci-sione che il tribunale di sorveglianza è chiamato ad adottare ai sensi dell’art. 51-ter ord. pen. non si sostanzia nella convalida, o meno, del provvedimento cautelativo, né nella conferma o revoca della misura alternativa della detenzione domiciliare, siccome non ancora disposta, ma in una compiuta verifica dei pre-supposti legittimanti l’ammissione del condannato alla stessa – in prospettiva della prosecuzione, sosti-tuzione o revoca della restrizione domestica – anche, ma non solo, alla luce dei rilievi del magistrato di sorveglianza; conseguentemente, le valutazioni che il tribunale è chiamato, in tal sede, a compiere ben possono estendersi a specifiche condotte (nella spe-cie, di evasione) poste in essere durante il regime cautelativo, ma la relativa ordinanza deve render conto, attraverso adeguata motivazione, del signi-ficato concreto di dette condotte, considerate sia di per se stesse che alla stregua delle altre acquisizioni sui comportamenti precedenti e successivi del con-dannato, in rapporto alla sussistenza attuale delle condizioni richieste per la concessione della misura (sez. I 20/3768). C In tema di detenzione domiciliare ex art. 47-ter ord. pen., la competenza a provvedere sull’istanza del detenuto collaboratore di giustizia appartiene al giudice di sorveglianza di Roma, a pre-scindere dal momento in cui venga presentata detta istanza (nella specie, in data antecedente l’ammis-sione del condannato al programma di protezione), trattandosi di competenza funzionale inderogabile, prevista dall’art. 16-nonies, comma 8, d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, in deroga alle regole generali stabilite dall’art. 677, comma 1, cod. proc. pen. (sez. I 20/4930).
Art. 51 ter. Sospensione cautelativa delle misure alternative.
II. Generalità. A In caso di sospensione cautela-tiva dei c.d. “arresti domiciliari esecutivi” di cui all’art. 656, comma 10, cod. proc. pen., disposta dal magistrato di sorveglianza nella ricorrenza di una delle situazioni di incompatibilità indicate dal sesto comma dell’art. 47-ter ord. pen., la successiva deci-sione che il tribunale di sorveglianza è chiamato ad adottare ai sensi dell’art. 51-ter ord. pen. non si sostanzia nella convalida, o meno, del provvedi-mento cautelativo, né nella conferma o revoca della misura alternativa della detenzione domiciliare, siccome non ancora disposta, ma in una compiuta verifica dei presupposti legittimanti l’ammissione del condannato alla stessa – in prospettiva della prosecuzione, sostituzione o revoca della restri-zione domestica – anche, ma non solo, alla luce dei rilievi del magistrato di sorveglianza; conseguente-mente, le valutazioni che il tribunale è chiamato, in tal sede, a compiere ben possono estendersi a spe-cifiche condotte (nella specie, di evasione) poste in essere durante il regime cautelativo, ma la relativa ordinanza deve render conto, attraverso adeguata motivazione, del significato concreto di dette con-dotte, considerate sia di per se stesse che alla stregua delle altre acquisizioni sui comportamenti prece-denti e successivi del condannato, in rapporto alla sussistenza attuale delle condizioni richieste per la concessione della misura (sez. I 20/3768).
III. Questioni processuali. A La nomina del difen-sore di fiducia, effettuata dal condannato a seguito
43 Misure alternative alla detenzione (l. n. 354/1975) post art. 149
del provvedimento di sospensione della misura alternativa, adottato, a titolo cautelativo e provvi-sorio, dal magistrato di sorveglianza ex art. 51-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354, dispiega effetti anche nel procedimento dinanzi al tribunale di sorve-glianza avente ad oggetto la revoca della misura, stante la natura sub-procedimentale della fase inte-rinale, funzionale alla successiva e conclusiva deter-minazione dell’organo collegiale sulla revoca della misura alternativa (sez. I 20/11232).
Art. 54. Liberazione anticipata.
III. Condizioni: stato di detenzione; A Ai fini della liberazione anticipata va valutato anche il periodo della custodia cautelare, una volta divenuta irrevo-cabile la sentenza di condanna conclusiva del pro-cesso in relazione al quale la custodia cautelare è stata presofferta, giacché in tal caso la custodia pre-ventiva, anche nella forma degli arresti domiciliari, è considerata come periodo di espiazione della pena al momento in cui la sentenza diventa irrevocabile, mentre la valutazione della partecipazione all’opera di rieducazione per tale periodo, in difetto di osserva-zione scientifica della personalità e del trattamento rieducativo, deve essere effettuata in relazione alla condotta tenuta, all’osservanza degli obblighi e all’espletamento dell’attività lavorativa, se consentita (sez. I 20/894). B In tema di esecuzione in Italia di sentenza straniera, il beneficio della liberazione anti-cipata può essere concesso anche con riferimento al periodo di detenzione espiato in uno Stato estero non rientrante nell’Unione europea a condizione che ciò sia previsto dalle disposizioni contenute in trattati bilaterali, o facenti parte del diritto internazionale generale, e che sussistano tutte le altre condizioni previste dall’art. 54, ord. pen. (sez. I 20/12706).
IX. Revoca. A Ai fini della revoca della liberazione anticipata per delitto non colposo commesso dal condannato nel corso dell’esecuzione della pena, spetta al tribunale di sorveglianza la valutazione dell’incidenza del reato sull’opera di rieducazione intrapresa, nonché il grado di recupero fino a quel momento manifestato e la verifica di ascrivibilità del fatto criminoso al fallimento dell’opera rieducativa o a un’occasionale manifestazione di devianza (sez.
I 19/45342). B Nel procedimento di sorveglianza trova applicazione il principio generale della revo-cabilità dei provvedimenti giurisdizionali quando risulti, successivamente alla loro adozione, una diversa situazione di fatto rispetto a quella assunta a presupposto del precedente provvedimento, ancor-ché divenuto definitivo (sez. I 20/15552: in applica-zione del principio la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale di sorveglianza di rigetto del reclamo proposto avverso un provvedimento di revoca della liberazione anticipata concessa in relazione ad un semestre in relazione al quale il beneficio era stato precedentemente negato in considerazione della pendenza di un procedimento penale, conclusosi, in seguito, con l’assoluzione del condannato).
X. Questioni processuali. A Non sussiste l’interesse del condannato a proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento di diniego del ricono-scimento della liberazione anticipata allorché, in corso di procedimento, il medesimo sia stato scar-cerato per intervenuta espiazione della pena (sez. I 19/50481: in motivazione, la Corte ha osservato che è inidoneo a fondare detto interesse il credito di pena
derivante dalla positiva delibazione della richiesta di riduzione, atteso che, ai sensi dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., la fungibilità in sede esecutiva non è applicabile per un reato non ancora com-messo). B La competenza per territorio a decidere in ordine al riconoscimento della liberazione anti-cipata in favore di un condannato che, al momento
derivante dalla positiva delibazione della richiesta di riduzione, atteso che, ai sensi dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., la fungibilità in sede esecutiva non è applicabile per un reato non ancora com-messo). B La competenza per territorio a decidere in ordine al riconoscimento della liberazione anti-cipata in favore di un condannato che, al momento