L'EGON OMISTA
GAZZETTA SETTI MANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno I I - Voi. I li
Domenica
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Lo sciopero flegli operai minatori
nel principato di Galles
Fra gli scioperi più imponenti che mai siano av venuti in Inghilterra, è senza dubbio da annoverarsi quello che si è recentemente verificato per parte degli operai minatori del principato di Galles. La sua importanza e la sua persistenza dovevano molto naturalmente richiamare l’attenzione di tutti coloro, i quali seguono con interesse le varie fasi per cui passa la questione operaia. L’ impressione che ha pro dotto è stata tale che molti chiari scrittori, i 'quali hanno sempre avuta poca fede nei risultati dell’ unio nismo, hanno trovato in questo sciopero una ragione sufficiente per affermare che doveva ormai esser chiaro a tutti che 1’ unionismo era dannoso alle classi ope raie e che andava incontro a una inevitabile rovina. D’ altra parte hanno sostenuto che erano degni di biasimo i principali per non aver voluto accettare 1’ arbitrato domandato dagli operai, e più special- mente per aver messi fuori anche i lavoranti, i quali avevano accettato la riduzione dei salari. Questi giu- dizii ci sembrano in molta parte avventati e tali da non accettarsi senza benefizio d’ inventario, e non ci sembra quindi senza interesse 1’ esaminare fino a che punto possano venire accolti.
Ci sia permesso ricordare lo stato della questione. È noto come gli operai delle miniere di carbon fossile fossero riesciti ad ottenere negli ultimi anni salari stra ordinariamente elevati, e come i principali si fossero lasciati andare a concederli a motivo dei profitti egual mente straordinari, che avevano potuto ottenere du rante la crise provocata altrove dalla guerra franco prussiana. Passate però queste eccezionali circostanze, imposero successivamente ai lavoranti varie riduzioni di salari, le quali di buona o di mala voglia vennero accettate, tanto più che ad ogni modo i salari si man tenevano assai più alti di quel che non lo fossero prima che le vicende accennate si verificassero. Ma i principali pretesero ridurre nuovamente il prezzo della mano d’ opera, e allora gli operai si risenti rono, meno per questa riduzione che pel timore che gl’ industriali, una volta entrati in quella via, non dovessero fermarsi così facilmente. Mentre alcuni
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cenavano la riduzione, gli altri ricorsero allo sciopero, perchè i principali ricusarono di sottomettere la de cisione della controversia a un giudizio di arbitri, che gli operai chiedevano per definire la questione pre sente e tutte le altre di simil genere che fossero per nascere in seguito. Allora i principali ricorsero a un
lock-out generale, mettendo fuori anche i lavoranti
che avevano accettata la riduzione. Gli -operai hanno persistito nella loro attitudine di resistenza ; le pra tiche fatte per giungere a un componimento, finora sono riuscite vane, e niuno certo si stupisce che le
Trades’ TJnions si trovino a mal partito, e che le
sofferenze degli unionisti siano grandissime, e tali da non potere oramai durare più a lungo.
Come abbiamo accennato, si rimprovera in gene rale ai principali di aver rimandato gli operai, i quali avevano accettate le condizioni che loro veni vano imposte, e si trova che è stato un procedere inumano ed ingiusto. Qui sembra a noi che sia ne cessario non lasciarsi fuorviare da sentimenti, i quali; comunque generosi, possono portare molta confusione in un argomento nel quale è necessaria la maggior chiarezza possibile. Bisogna tirare una linea molto netta di separazione fra l’equità e il diritto. Un ne goziante, che profittando delle circostanze nelle quali si trova, chieda e ottenga dieci per un prodotto che costa cinque ; un proprietario che pretenda cento per una villa situata, per sua fortuna, in luogo ame nissimo, e che a lui non costa che trenta ; un ca pitalista che esiga il dodici per cento, mentre po trebbe contentarsi del quattro, non potranno certo aspirare al vanto di delicati e tanto meno di gene rosi, ma non fanno nulla che sia contro il diritto e la giustizia presa nel senso del suum cuigue tri-
buere, poiché essi non hanno alcun obbligo di ce
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Noi non siamo avversari dichiarati dell’unionismo, nè lo riguardiamo come qualche cosa di terribile, sbagliando le Unioni quali sono oggi con quello che erano all’epoca in cui venivano perseguitate senza pietà. Nonostante i suoi gravi difetti, troviamo che ha i suoi lati buoni, ma con questo non sapremmo dissimularci che la sua potente organizzazione è di retta contro il capitale e che non patisce di scrupoli quando si tratta di fargli la guerra. Ora chi conosce per poco le Trades’ Unions, sa che la loro tattica consiste bene spesso nel far rimanere gli uni al la voro perchè possano aiutare gli altri che scioperano nel tempo stesso. Ciò posto, si comprende come gl’in dustriali li mettano fuori tutti. Si tratta di guerra e la guerra, è sempre selvaggia. Gli operai posti in un caso identico non esiterebbero un istante a seguire lo stesso procedimento, nè certo si sono mai preoc cupati delle funeste conseguenze che uno sciopero poteva arrecare al capitale.
Che poi i principali, ricusando di sottomettere la controversia a un arbitrato, abbiano avuto torto, è un’ altra questione. L’idea dell’arbitrato è tanto con forme alla giustizia che veramente non si può non dar ragione ai lavoranti che lo invocavano. Anzi noi crediamo che la pubblica opinione si persuaderà tanto di ciò da ridurre prima o poi i principali a più savio consiglio. Ed eccoci portati naturalmente a combat tere le affermazioni di coloro, che ne’fatti presenti scorgono una condanna inesorabile dell’unionismo.
Abbiamo detto or ora che non ne siamo ammi ratori a ogni costo, e che non ci sentiamo punto in clinati a farne l’apoteosi. Ne riconosciamo i difetti e, se si vuole, anche le colpe, ammettiamo che abbia ancora da fare del cammino prima di purificarsi; riteniamo infine che esso ha un male intrinseco, l’an tagonismo di classe, e che certo sarebbe meglio sostituirvi qualche altra cosa. Ma d’altra parte non sapremmo disconoscere che il fine che si pro pone, quello cioè di migliorare le condizioni delle classi lavoratrici, è perfettamente legittimo, e che quando non trascorre ad eccessi e si contenta di abbandonare il lavoro, non commette cosa che sia contro il diritto. Qualunque siano le affermazioni in contrario, non sarebbe difficile il provare come esso abbia giovato alle classi operaie, affrettando un aumento di salari e permettendo loro di godere dei benefizi derivanti da un temporario incremento delle industrie e da un corrispondente aumento di salari, salvo ad accettare una riduzione più tardi. Com prendiamo benissimo che nelle circostanze attuali di fronte a un lock-out generale le sue pretese ca dranno, nè ci maraviglierebbe se domani sapessimo che i lavoranti hanno ripreso il lavoro a salari ri dotti. Si noti bensì che questi sarebbero sempre più alti di quel che fossero prima degli aumenti provocati dalle ,Unioni. Di più una lotta andata male non prova
nulla, come le sconfitte patite da un paese non provano che abbia avuto torto a fare la guerra quando era necessaria. Si perde oggi, si potrà vincere domani. A buon conto quando si fa una guerra, è molto se si combatte per una causa giusta, e nel caso nostro i nemici stessi dell’unionismo convengono che chie dendo l’arbitrato era dalla parte delia ragione.
Certo spingendo le cose alle ultime conseguenze, il capitale avrebbe la vittoria. Fra uno sciopero ge nerale e un lock-out generale il resultato non sa rebbe dubbio. Nè può negarsi che le soverchie pre tese delle Unioni siano state le ragioni per cui alla fine anco i principali hanno cominciato ad accordarsi. Ma, lo ripetiamo, finché i lavoranti si limiteranno a chiedere che le controversie in materia di salari vengano decise da arbitri, essi non saranno su un cattivo terreno, perchè il capitale prima o poi dovrà cedere, se non vuole rovinare le industrie.
Per quanto dunque siano deplorabili i fatti che avvengono attualmente nel principato di Galles, non ci sembrano sufficienti nè per negare il diritto nei principali di rimandare tutti i loro lavoranti, nè d’altra_ parte per cantare le. esequie dell’ unionismo.
Finalmente ci sia permesso di notare anche una volta come il fatto di cui abbiamo parlato sia una nuova prova dei benefici effetti della libertà. Si tratta di un esercito di operai che sono in sciopero da lungo tempo, irritati dalla resistenza dei principali a una proposta ragionevole, sottoposti a indicibili strettezze ; eppure essi soffrono, combattono, trattano senza che venga loro in mente di domandare allo Stato che intervenga a proteggerli. Sono uomini liberi e ai loro interessi ci pensano da sè. La qual cosa dovrebbe essere meditata seriamente da coloro che vagheggiano l’ intervento dello Stato nelle que stioni fra capitale e lavoro.
LA DISPUTA ECONOMICA IN ITALIA
(Lettere di un francese)
Y
Florence, 14 mars.
Monsieur Paul Leroy-Beaulieu
Directeur de /’Ec o n o m is t e Fr a n ç a is, Paris.
J ’ai entendu dire que les génies se rencontrent quelquefois, même dans la forme de leurs œuvres. Etes-vous allemand, et voulez-vous lire Lampertico? lisez Schaeffle ; êtes-vous italien, et voulez-vous lire Schaeffle ? lisez Lampertico.
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Chambre des Communes les sentiments de recon naissance et d’admiration de tout un peuple pour Wellington, le héros de cent battailles, prit purement et simplement un bon tiers de son discours dans la traduction d’un article de Revue écrit par M. Thiers en l’honneur d’un maréchal de France, Gouvion Saint-Cyr; depuis qu’Alexandre Dumas, père, signait de son nom un roman: Les aventures du Matelot
Davy, qui n’était qu’une traduction empruntée pres
que littéralement à la Revue Britannique ; depuis que le Tasse trouvait tout naturel qu’un poète s’ap propriât des passages d’un autre poète, et que dans les commentaires d’un de ses ouvrages, il prenait soin de signaler lui même les emprunts qu’il avait faits à ses confrères; depuis que Pascal copiait des pages entières de Montaigne sans le citer; depuis enfin que M. Minghetti, président actuel du Conseil des Ministres du Royaume d’Italie, prenait de toute pièce, en se l’appropriant, la théorie de la valeur que l’on nomme des succédanés et qui appartient exclu sivement à M. Ferrara, monsieur Lampertico ne doit point se trouver offusqué si quelqu’un se permet de croire que tout ce qu’il dit n’est pas de son crû.
Peu de disciples de l’école autoritaire n’ont, cro- yez-le bien, autant d’estime et d’admiration pour M. Lampertico que moi, qui me place au premier rang de ses adversaires.
Qu’il vous suffise de savoir que ce pontife de l’école interventive est un des citoyens les plus hon nêtes et les plus laborieux de l’Italie. Si tout le monde suivait son exemple, l’Etat aurait très peu à intervenir, parce que l’initiative et la responsabilité individuelles tiendraient lieu de tout et feraient tout. Si seulement l’élite de la population italienne, aussi bien que de toute autre population, développait son activité autant et de la même manière que M. Lam pertico, le siècle d’or du self-gnvernement serait ar rivé, et à coup sûr l’Etat, tel qu’il est compris par M. Lampertico, serait tout-à-fait impossible. Ainsi donc voilà un apôtre du principe d’autorité en théo rie, et voilà un maître du principe de liberté en pratique ! — C’en est assez pour mériter l’estime et l’indulgence des économistes smithiens ; on peut donc parler de lui, ou, pour mieux dire, de ses œuvres, avec beaucoup de tolérance et de respect.
Il faut vous dire avant tout que dans les débats qui forment le sujet de mes lettres, il a réellement l’honneur d’être le chef; mais apparemment il vient en seconde ligne, puisque, selon l’opinion publique, c’est M. Luzzatti qui a conçu et exécuté le plan de campagne. On a soufflé la primauté à M. Lamper tico, qui avec une modestie rare subit en paix ce croc-en-jambe sans faire semblant de s’en apercevoir. Il est vrai qu’il a publié deux volumes, qui ont fait beaucoup de bruit dans les journaux politiques du pays, tandis que les autres hauts personnages de l’école
n’ont publié que des articles sur la question. Aussi est-il considéré par l’école classique comme le plus sérieux et le plus estimable de ses adversaires.
Ce n’est pas que dans ses deux volumes il entame une polémique; bien loin de là: ils ont le cachet grave de la science, et l’auteur s’y pòse en maître et en pro phète. C’est pourquoi on est en train, m’assure-t-on, de préparer des sérieux travaux pour rendre évi dents les défauts et la faiblesse de ses ouvrages.
II y a à la fin du second volume, intitulé I I Lavoro (Le Travail), un chapitre de cinq ou six pages dont l’argument est : Le due Scuole (Les deux Ecoles). On croirait y trouver l’oracle, le mot de l’énigme, le vrai criterium, non pas de l’école de Smith, qui est trop connue pour qu’on l’explique, mais au moins de celle de M. Lampertico, dont tout le monde parle sans savoir s’en faire une idée bien exacte, et on est ébahi : on y roule de déception en déception, car on n’y trouve rien, absolument rien que des mots: sunt
verba et voces prætereaque nihil. Si par hasard il y
a çà et là quelque chose, ce n’est que de la contra diction, ainsi que j’aurai bientôt l’occasion d’en par ler, parce que je tiens essentiellement à vous prouver ce que j’affirme.
En attendant, permettez-moi de vous manifester non pas mon opinion ni mon jugement, mais l’im pression qu’a produit sur moi le dernier travail de M. Lampertico, qu’on dit être tombé comme la foudre sur la pauvre science économique de Smith. E rip u it
cælo fulm n !
On lit sur la couverture des deux susdits volumes,
(Introduction et Travail) qu’ils font partie d’une col
lection composée de plusieurs traités sur la Propriété, le Crédit et le Commerce, sur Y Adm inistration et sur la Finance; et que cette collection formera u n
cours complet d’Economie politique.
A l’instar de Jésus dans la multiplication des pains et des poissons, M. Lampertico prétend éclairer l’esprit de tous les néo-économistes à l’aide de quelques ar guments spéciaux, qui sont loin d’embrasser toute la science, bien qu’il les décore du nom de cours com
plet, et qu’il y amalgame tout ce qui semble avoir
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le rapport le plus lointain avec la thèse qu’il traite. Aussi, advient-il que ses ouvrages ne suivant aucun ordre analytique ni synthétique, fourmillent de choses rabachées et d’immenses lacunes, et seront, selon moi, | aussi inutiles à ceux qui voudraient apprendre la [ science économique qu’à ceux qui la connaissent.Je me bornerai ici à mettre en relief les indénia- ’ blés défauts de la théorie de M. Lampertico et de son i école, sans me permettre d’en faire la critique.
Je noterai donc que dans le chapitre VIII de
Y Introduction, - l’auteur affiche une immense con
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pas l’homme, elle l’examine, le considère etc. Dans le chapitre VI du même volume, l’auteur soutient que l’Economie pratique et l’Economie appliqué sont de la science autant l’une que l’autre, et doivent toujours s’accorder. On commence ainsi tout d’abord à prévoir que toutes les fois que la pratique choque la science, c’est à celle-ci et non pas à celle-là qu’en est la faute. Ce principe est le point de départ et forme en suite le critérium général de toutes les théories de l'auteur; c’est la première déviation de la vérité qui doit nécessairement faire aboutir à l’erreur ; et c’est cette maxime qui explique la prédi lection de M. Lampertico pour la méthode historique et son amour passionné pour la méthode statistique, qu’il considère comme compléments l’une de l’autre.
.Te trouve ici fort à propos de citer M. Angelo Messedaglia, paladin, à ce qu’on dit, de l’école auto ritaire italienne. Il s’exprime de la manière suivante touchant la méthode historique: « Elle détruit tout principe scientifique, et sanctionne la doctrine méca nique et fataliste des faits accomplis ; —■ si 1’ Eco nomie politique devait être une simple description ou, comme on dit, une physiologie des conditions passées et actuelles, ce serait de l’histoire, de la statistique, et non point une doctrine incontestable et indépendante; — envisageant la méthode histo rique dans toute sa rigueur, l’Economie nationale même n’existerait point, puisque au sein d’une na tion il y a des différences essentielles et considéra bles de territoire et de population, qui demande raient à leur tour autant d’économies particulières; et en allant aux dernières applications de ce prin cipe, il faudrait même reconnaître autant d’économies différentes qu’il y a d’individus dans une nation; — en tout cas, et lors même que l’école historique pouvait être fidele à ses dogmes, il lui manquerait tout critérium pour juger qu’il y a ou non progrès dans la vie économique de» nations qu’elle étudie, puisque le critérium lui même suppose un principe supérieur à la mutabilité des faits auxquels il doit être appliqué ; — Roscher lui même, chef de l’école historique, n’en suit pas rigoureusement les principes dans l’exposition pratique de sa doctrine; il observe et dogmatise, et il ne pouvait faire autrement pour être, comme il est en effet, un économiste éminent; — à tous égards, il est absolument arbitraire relé guer parmi les idéalistes les écrivains qui sans ap partenir à l’école historique, déclarent ne. procéder dans leurs études qu’à l’appui de l’observation et de l’expérience. Du reste, l’erreur de l’école histo rique consiste principalement à ne pas comprendre qu’au fond de toute différence il y a toujours quel que chose d’homogène, — que le variable est toujours régi par l’invariable, — que si les peuples se di stinguent entr’eux par leurs conditions spéciales, il y a des lois naturelles qui sont les mêmes pour tous, I
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qui sont immuables dans le temps et dans l’espace, et auxquelles tous les peuples doivent obéir; — qu’enfm vis-à-vis de l’humanité la nation n’est qu’une grande famille, et que de même qu’il y a une économie politique générale pour les familles dans la nation, il est naturel qu’il y en ait une uni verselle pour les nations dans l’humanité. Tout ce qui a rapport, par exemple, à la propriété, au tra vail, à l’épargne, au capital, à l’association à la mon naie, au crédit, à la loi naturelle des -valeurs, à celle des salaires etc. s’adapte à tout peuple et à toute épo que. Ce qui peut varier ce qui varie en effet c’est la forme extérieure, l’application particulière, mais non le principe.
Il en est de même en mécanique, en physique, en chimie: certes, il n’y a qu’une seule science méca nique, mais le circonstances spéciales influent sur le choix de tel ou tel engin. S’il fallait raisonner selon la logique de l’école historique, il faudrait conclure que la mécanique et toutes le sciences phy siques sont fausses et impossibles. »
Voilà, Monsieur, comment il y a quinze ans celui qu’on réputé encore aujourd’hui comme l’anspes- sade de l’école semblait par avance vouloir en cor riger les erréurs. Il y a, dit-il, une seule mécanique qui est bonne également pour tous et pour tout, mais suivant le cas il faut adapter des mécanismes dif ferents. Gela revient à dire qu’il existe une science toujours vraie pour tous et partout, et l’art qui diffère suivant les lieux et les époques où il faut s’en servir. Il y a donc aussi la science économique et l’art de gouverner, qu’il ne faut pas confondre dans le même critérium; et c’est précisément cette confusion qui constitue le défaut essentiel de l’école, dont M. Lampertico se croit le maître, tandis qu’il n’en est q u ’un disciple tardif et entêté.
Certes: les vérités économiques peuvent être don nées comme règles de la vie pratique des hommes et des nations, puisque l’applicabilité d’un principe est inhérente à la connaissance même de ce principe.
C’ est affaire de raisonnement et de logique : lorsque j’ai appris que trois points déterminent la circonfé rence d’un cercle, personne ne m’ empêche de fixer trois points et d’y faire passer une courbe que je sais d’avance devoir être circulaire.
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même que l’ensemble des règles tirées des vérités que toutes les facultés de science medicale ont dé couvertes.
C’est ainsi que l’économie politique s’occupe de tout ce qui a rapport à la vie collective de l’huma nité. Tant pour les individus que pour les membres d’une même société, pour les hommes qui comman dent et ceux qui obéissent, pour les producteurs et les consommateurs, les capitalistes et les travailleurs, les riches et les pauvres etc., aucun instant de leur existence ne se passe sans leur faire sentir la né cessité de recourir à ses principes. Non seulement il est utile d’en connaître les principales applications, mais il serait nécessaire de les ériger en système, pour en faire le complément de la science pure, pour en obtenir l’art économique, précisément comme à l’aide de la botanique et de la physiologie végé tale on fait l’art agraire, comme à l’aide de l’anatomie et de la physiologie humaine on fait l’art medical, et l’art de l’ingénieur à l’aide des mathématiques mixtes et pures.
Et ici, entendons nous bien: si l’agriculteur ne sait cultiver sa terre; si le médecin ne sait guérir; si l’ingénieur ne sait construire, il ne faut pas en inculper les sciences, qui ont donné naissance aux arts, qu’ils n’ont pas su appliquer.
Et conséquemment, si les hommes ne savent point appliquer l’art de l’économie, qui a son origine dans les principes scientifiques, à toutes les conditions ou circonstances où ils se trouvent, ces principes ne peuvent être taxés de fausseté, et il faut bien admet tre plutôt que l’art n ’est pas connu, ou qu’il a été mal appliqué. Par exemple, du principe de l’asso ciation on peut tirer l’art des sociétés coopératives de production et de consommation ; mais si par cet art on entend, dans le premier cas, faire disparaître tous les intermédiaires du commerce et les rempla cer à la lettre par des employés, et dans le second, transformer tous les salariés en entrepreneurs, cela sera un art malentendu ; et si on établit une société coopérative de consommation là où il y ait peu ou point de consommateurs, et une société coopérative de production là où il y ait peu ou très-peu, de matières premières, ce sera un art mal appliqué. Faudra-t-il pour cela que le principe d’association soit tenu pour scientifiquement faux ?
Et si l’art n ’avait pu atteindre son plus haut de gré de perfectionnement, faudrait-il en arguer que Ja science est fausse? Il s’en faut de beaucoup. Il ne sera, par exemple, jamais possible d’arriver à la libre concurrence industrielle, telle qu’elle est com prise et definie par la science économique, par la môme raison qu’on ne réussira jamais à poser un cône en équilibre sur sa pointe, malgré que l’équi libre soit mathématiquement possible. Contre la libre concurrence parfaite et contre l’équilibre du cône
agissent toujours des causes aveugles, tout-à-fait in dépendantes des conditions économiques pour la pre mière, et des conditions géométriques pour le second. Qui peut connaître, calculer et diriger ces causes aveugles qui agissent toujours dans le monde phy sique aussi bien que dans le monde moral et éco nomique? M. Lampertico peut-être, M. Luzzatti ?
Ils appellent, par exemple, question économique tout problème qui se présente en matière de législa tion. Il n’y a pas de doute que tout phénomène chez nous peut avoir son côté économique : on pour rait peut-être en trouver un, même dans les taches du soleil. Lorsque l’économiste s’en saisit, il n’a d’autre but que de découvrir ce qui résulté de ce fait dans l’ordre scientifique qui l’occupe; toute au tre considération est en dehors de ses investigations. Mais lorsqu’on veut savoir de quelle manière le même phénomène doit être différement envisagé, toutes les sciences, chacune dans la mesure de ses attributions, pourront peut-être concourir à élucider la question. Si les conséquences sont unanimes, il n’y a pas à discuter : les déductions de la science économique se trouveront en parfait accord avec celles de toutes les autres sciences qui ont étudié le même phénomène. Mais si l’accord n’existe point, l’option sera nécessaire, et cette option ne sera point économie politique, mais bien règle de gouvernement.
Cette règle, autrement dit art de gouverner, n ’est pas encore définie; elle est à l’état de question, sur laquelle les auteurs n ’ont pas d’idées bien arrêtées, et M. Lampertico moins que tout autre: son école est sur ce point tout-à-fait dépourvue de critérium.
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vant la nature de ses considérations, de ses vues et de ses buts.
Mais l’école de M. Lampertico, dont on lit la théorie dans son cours complet, a tout-autre crité rium. Dans les cas dont je viens de parler, elle prétend que l’Economie politique a fait ou doit faire un progrès, ce qui équivaut à dire qu’elle doit se renier, se contredire, se condamner comme impuis sante, fausse et inutile.
Or, comment se fait-il que MM. Lampertico et Luzzatti, que M. Scialoja, qui cependant ne sont pas des hommes dépourvus de jugement et d’érudition, tombent dans de pareilles fautes? 11 n’y a qu’une explication à donner là-dessus: c’est que ces mes sieurs veulent réunir en eux mêmes deux qualités, qui se concilient difficilement à notre époque. Ils veulent gouverner, avoir une certaine importance dans la conduite des affaires publiques, et en même temps ils ambitionnent très-fort le titre d’écono
mistes. Ces deux choses ne sont conciliables seule
ment que si on veut gouverner selon les vérités éco nomiques, c’est-à-dire par l’application progressive de la liberté.
C’est pourquoi, en Italie, croyez-le bien, Monsieur, les deux écoles, que tout le monde dit conciliables ou desire voir concilier, ne se recontreront en paix sur le même terrain que lorsque les autoritaires avoueront leur erreur et se décideront à l’abandon ner. Ce qui commence du reste, et serait déjà ac compli s’il était possible d’accorder à leur retraite l’honneur des armes. Mais comme il n’appartient pas aux Smithiens, mais à l’opinion publique, qui n'est point généreuse d’habitude, à leur faire cette con cession, ils continuent à parcourir leur fausse route avec l’entêtement de ceux que la palliation d’une faute oblige à en commettre de nouvelles.
A vrai dire, c’est avec la lutte que la reculade a commencé. Ils portèrent tout d’abord aux nues le nom d’un auteur, G. D. Romagnosi, qu’ils nom maient le père de leur doctrine, comme Smith est celui de la doctrine adversaire. Us prétendaient même contrebalancer la Société A d a m Sm ith, en intitulant la leur Société Romagnosi. L’enthousiasme pour ce nom a duré un mois à peu-près: chacun se disait fils de Romagnosi, et parlait de cet auteur à tout propos, absolument comme s’il eut du jouer en ces circonstances le rôle du fameux barbier de Séville de notre immortel Reaumarchais. Le nom de Ro magnosi était dans toutes les bouches ; chacun con naissait ses œuvres, les avait profondément méditées et était fier d’appartenir à son école. Je ne vous dirai point le bruit que firent autour de ce nom les pe tits amateurs d’économie politique, qui dans cette complaisance trouvaient le moyen facile de se don ner de l’importance et du poids.
Tout-à-coup, monsieur, le pauvre Romagnosi fut
enseveli dans le silence et dans l’oubli. Je n’y com prenait rien, et pour avoir l’explication de ce volte- face, j’eus recours aux œuvres mêmes de Roma gnosi, dont, quelques mots ont suffi à me convaincre de l’erreur commise par les chefs de l’école auto ritaire de s’être appuyés du nom de Romagnosi. En effet, cet auteur écrit littéralement: « aider où il est nécessaire, suivant qu’il est nécessaire et dans les limites étroites du nécessaire, voilà à quoi se réduit l’intervention de l’Etat ». Ce passage et beau coup d’autres du même esprit qu’on trouve épars dans les œuvres de Romagnosi, ont tout-à-coup changé le titre de Société Romagnosi en celui de Société
p o u r le progrès des études économiques, qui, à n’en
pas douter; est bien plus commode et moins com promettant.
Je reviens maintenant au chapitre « Les deux
Ecoles » de M. Lampertico. Ce serait trop long de
vous en faire la critique: mon rôle se borne à con stater ici les contradictions flagrantes qui pullulent dans les écrits des principaux adversaires de Smith. Dans le livre de M. Lampertico, au chapitre déjà cité, on lit ceci: « je ne montrerai certainement pas peu de respect envers Smith si je n’esite pas à l’appeler le Galilée de l’Economie politique ». Très- bien ! beaucoup d’autres lui ont justement décerné ce titre. Tandis que Newton inculquait la méthode expérimentale en se bornant à la démontrer philo sophiquement, Galilée sans la discuter, on dirait même sans s’en apercevoir, la pratiquait avec succès. Si donc Smith est le Galilée de l’Economie politique, sa méthode est tout ce qu’il y a de plus expéri mental en fait de méthodes. Pourquoi donc alors tant déblatérer contre l’école de Smith ? Ne sachant comment s’excuser de cette incohérence, M. Lam pertico, d’un tour de phrase habile, qui n’arrive pourtant point à masquer ses allusions, accuse l’école de Smith d’avoir arrangé l’observation'à ses suppo sitions. Comment peut-on, je le demande, arranger ce qu’on observe à ce qu’on suppose, si on suppose toujours d’après ce qu’on observe, je n’y comprends vraiment rien: c’est un jeu de mots qui peut suf fire à ceux qui lisent, mais qui ne suffit assurément point "a ceux qui aiment à méditer.
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qu’on a acquis antérieurement? Dans ce cas ce que dit M. Lampertico que l’économie et la physique mo dernes se trouvent toutes dans la science de Smith et de Galilée ne serait donc point vrai ; ou bien peut-on revenir à l’économie de Smith et à la phy sique de Galilée, tout en y ajoutant et en dévelop pant des vérités nouvelles qui ne renient point, mais confirment les précédentes? quoiqu’il en soit, la logique de M. Lampertico ne saurait être plus faible. Ou il pêche par les prémises, ou par les conclusions. Qui, du reste, a mieux développé, en les critiquant, les théories de Smith, que les smithiens eux mêmes? Mais ils ont eu en vue d’en consolider les v érité s, et non pas de les combattre.
Je n’ai pas fini de vous parler de M. Lampertico, mais e n , attendant, vous voyez, Monsieur, par quelles fausses argumentations, et par quel luxe de sophi smes les bolides de la science économique prétendent en éclipser le soleil.
Agréez etc.
J. Monvil l e.
Una nota per nn Deficit ilei commercio italiano
Sono pubblicate le tabelle che per solito preven gono al volume commerciale della importazione e
della esportazione del 1874. La loro ispezione pro duce un certo disgusto che mal si può dissimulare contro le pazienti speranze degli anni andati. La gravezza delle tasse di fronte al diminuito commercio fa legittimamente sciamare della loro irragionevo lezza. Non è vero che le tasse impoveriscono il po polo, ma quando il lavoro delle arti è grande, e l’ esportazione procaccia guadagni sensibili. Il possi dente fa i conti coi prodotti della te rra: essi sono in gran parte falliti. Nel 1872 si esportò di grani e paste 4,829,273 lire di meno che 1’ anno prece dente, e se nel 1873 T esportazione superò il 1872 di 6 milioni, e così si ebbe il guadagno di men che due, nel 1874 mancò per otto in faccia al 1873, e contro ciò si ebbe un quasi 29 milioni di maggior importazione nel 1872, di uno e mezzo nei 1873 a petto del 1872, di 32 nel 1874 contro il 1873 : quindi fra meno esportato e più importato, gradino per gradino, peniamo di 77 milioni sul 1871. S e ie bevande e gli olii ci diedero il compenso coll’abbon dante esportazione nel 1873 pel 1872 ci lasciarono in secco di altri 16 milioni e mezzo nel 1871 e un difetto di oltre mezzo milione ci fu negli ortaggi. Dal l’allevamento del bestiame, ubriacati dai bisogni fran cesi per la guerra del 1870, si disfecero gl’italiani di un numero sterminato di animali, non pensando che al lucro momentaneo e accidentale, e non al bisogno successivo che avreDbero avuto poi per l’agricoltura. Nella scala triennale mancò la esportazione dal 1871
di 62 milioni, e crebbe l’importazione per sette al tri milioni ; nè la grassina fece grandi parti di com pensi. La canapa e il lino anche colle relative ma nifatture, dedotta la maggiore importazione, mancò per 17 milioni a pari del 1871 nell’anno successivo, nè ebbe compenso, sebbene non altro danno negli anni successivi. Guaio grande si ebbe nelle sete, eh’ è industria massima nel paese, portate per 29 milioni in più nel 1872 e mandate fuori in meno per 34. Nell’ anno successivo si portarono in meno per 46 milioni e se ne esportarono in più per nove e mezzo che nel 1872; nel 1874 l’ importazione fu in più dell’anno precedente per 11 milioni e mezzo, e T esportazione fallì di 101 milioni sull’ anno in nanzi.
Evitando la scala alta e bassa, abbiamo per le sette categorie queste cifre. Valori delle importazioni per gli anni :
1871 1872 1873 1871
Lire Lire Lire Lire
375,966,938 397,187,619 411,051,271 455,501,010 e delle esportazioni per gli anni :
1871 1872 1873 1874
Lire Lire Lire Lire
823,976,346 819,324,291 828,789,631 630,764,304 Residuo utile delle esportazioni per gli anni :
1871 1872 1873 1874
Lire Lire Lire Lire
448,009,408 422,136,672 417,738,360 175,263,294 Mancano al paragone dell’anno 1871 lire 272,746,114; la decrescenza continua peggiorò nel 1874.
Era grande il lavoro delle arti ? furono sensibili i guadagni ? Tutti si dolgono, tutti si lagnano. E un grave disappunto la mancanza di statistica del com mercio interno, e del movimento delle industrie donde si trarrebbero peregrine induzioni di cause, di mali e forse di possibile rimedio. In quella vece abbiamo dal dazio di consumo dei generi primi per la vita de solanti avvisi delle alterazioni delle farine e dei vini,
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L’ ECONOM ISTA
21 marzo 1875
nati alia sola mano dell’uomo e al martirio del suo ingegno e de’ pregiudizii che lo tradiscono. Sperasi nelle scuole d’alfabeto e d’agricoltura ! Ancor troppi son nelle campagne gli analfabeti, nò gli arrogan- tisi d’istruire il popolo minore trovano decoroso ed utile ai loro interessi di abbassarsi a tale uffizio, e consacrare una faccia delle loro effemeride ad aprir gli occhi ai ciechi. Yero è che questa fatta oculi stica è scienza di ben pochi e quindi inutile per ora far ressa a’maestri che sono ignoranti. Si pensò di invitare i maestri dell’ alfabeto d’ insinuare qualche principio di scienza agricola nei loro mezzi educa tivi, e con certi decreti anche s’ impose: ma falli l’avvedimento che non essendo i decretanti nè agri coli, nè in qualche modo critici, non capirono la ridevolezza de’ loro atti come quando con un tratto di penna crearono i cento professori, anzi i duecento in Italia, miseria delle miserie, che consuma il tempo, stanca gl’ingegni e li svoglia con altro maggior danno della finanza pubblica per quel che non si produce e pel denaro che costa.
Da moltissime povertà viene la povertà della pro duzione e quella di non sapersi schermire dagli ac cidenti temporali. I creati bisogni della rivoluzione e della libertà politica arrivati dal difetto de’ mezzi di soddisfarli pongono in iscompiglio tutta 1’ econo mia sociale. Quei quasi trecento milioni mancati ad essa nel 1874 non possono ristorarsi col continuo domandarsi dall’ azienda pubblica. Anziché premere bisogna allentare, anziché chiudere bisogna aprire. Il nostro paese si paragona in tante .condizioni con altri paesi, e lo si crede possibile ai miracoli di quelli. Ma l’una condizione si sfugge: il tempo du rato nel largo aiuto alle produzioni e la lunghissima e grandissima scienza adoperata a favorirle. Pagò cinque miliardi la Francia che forse aveva avuto danno di quasi tre ; ma essa li possedeva avendo sempre promosso lo sviluppo de’ suoi interessi. Da qual tempo cominciò il nostro sviluppo commer ciale senza recisione che lo tenesse nella piccola prima m isura? La posta ed il telegrafo dimostrano gli sforzi di comunicazioni di pensiero e d’interessi; ma è impossibile fino ad ora conoscere le cifre di stinte di questi da quello. Il telegrafo sotto la fede della direzione potrebbe darcene pienezza; ma la posta ! l’ ufficio delle ipoteche, le banche, le casse di risparmio possono invece darvi quelle de’bisogni prementi, e soddisfatti con gravezze private ; l’opera è vasta e battuta per ogni verso non sprizza luce quanta dovrebbe ; da un lato consola, dall’ altro fa gemere gli speranzosi. Il malcontento del paese è grande, tanto più grande che i possenti spendere in lusso diventano taccagni e si stringono in parsimo nie a danno di chi in passato manteneva loro lustro ed onore. Scontenti i benestanti, scontenti i lavo ranti, scarsissime le provvidenze pubbliche e specu
lati gli utili sopra esse consiglierebbero di soprastare al presente per dar agio di respirare al futuro.
Prof. Lu c ia n o Sc a r a b e l l i.
Le riscossioni e i pagamenti nel felrajo 1815
L a direzione generale del Tesoro h a p u b b li cato il consueto prospetto com parativo delle r i scossioni e dei pagam enti verificatisi presso le Tesorerie del regno d u ran te i mesi di gennaio a tu tto febbraio.
Vediamo prim a di tu tto a quanto ascesero le riscossioni del mese di febbraio del corrente anno e confrontiam ole con quelle verificatesi nel mese stesso del 1874 e con u n a dodicesima p a rte de gli incassi previsti secondo il bilancio della en tr a ta desumendo le cifre dello stato di prim a previsione pel 1875.
Cespiti Riscossioni Incassi prev.
Ì875 1874 1875
Pradia-i eserc. corr. L. 29,721,040 29,935,944 14,886,233
ria (arretrati 244,210 749,370 1,254,187
Ricci, (eserc. corr. 15,523,000 15,329,118 1,676,119
14,436,667
motileiarretrati 2,300,886 1,535,290
Tassa sulla maein. 5,645,298 5,180,737 6,739,728
Imp. sugli affari 11,769,547 9,772,196 11,575,319
Tassa sulla fabbr. 202,125 128,594 215,502
Dazii di confine 8,798,311 7,189,369 8,330,504
Dazii int. di cons. 5,473,251 4,825,036 5,170,571
Privative 5,793,764 6,047,729 13,206,390
Lotto 5,852,367 4,395,924 7,561,666
Servizii pubblici 3,613,326 3,681,777 6,907,200
Patrim. dello Stato 999,889 875,700 5,728,647
E ntrate eventuali 439,435 383,289 575,636
Rimborsi 810,669 1,251,826 9,525,934
E ntrate straordin. 2,384,256 3,253,497 10,593,579
Asse ecclesiastico 2,923,700 3,367,116 4,097,035
Totale L. 101,495,074 97,998,341 122,310,088 Dallo esame di queste cifre vediamo che nel mese di febbraio 1875 furono riscosse 3,406,732 lire p iù che nel febbraio 1874.
I cespiti d’e n tra ta che concorsero p rincipal m ente a questo aum ento furono :
Imposta sul trapasso di proprietà e
sugli affari... . . L. 1,997,330 Dazi di co nfine... 1,608,942 Lotto... 1,456,442 Ricchezza mobile (arretrati) . ■ » 624‘767
Tassa sulla macinazione. . . . » 464,560
Mini-21 marzo 1875
L’ ECONOMISTA
329
stero della g u erra (lire 1,908.021). A ll’incontro nei pagam enti fatti per conto del Ministero delle finanze vi è u n aum ento di lire 2,429,974, ed in quello della m arina di lire 626,425. Nessun Mini stero nel mese di febbraio 1875 oltrepassò nei pagam enti la somma prevista nei respettivi b i lanci passivi.
Ecco ora le somme pagate del Tesoro dal 1° gen naio a tu tto febbraio 1875 p er conto di ciascun Ministero messe in confronto coi pagam enti fatti nel periodo stesso dell’anno 1874, e con la stessa p arte delle somme stanziate nei bilanci passivi del 1875. Ministeri Pagamenti 1875 Finanze L. 67,161,576 Grazia e giustizia 3,745,649 Esteri 691,910 Istruzione pubblica 2,981,744 Interno 9,851,009 Lavori pubblici 25,549,757 Guerra 27,920,745 Marina 4,950,684 Agricoltura e comm. 1,323,625 1874 64,145,265 3,911,721 655,722 2,961,648 7,800,289 18,560,564 28,397,866 4,399,512 1,422,466 Spese prev. 1875 156,900,353 5,795,220 932,120 3,862,086 10,808,357 21,035,008 33,581,973 6,584,265 1,808,258 Totale L. 144,176,699 132,254,553 241,307,640 D a queste cifre vediamo ebe i pagam enti del 1875 presentano un aum ento di lire 11,922,146 confrontati con quelli eseguiti nel prim o bim e stre 1874. A questo aum ento concorsero i pag a m enti fatti p e r conto dei seguenti M inisteri : lavori pubblici (lire 6,989,192); finanze (lire 3,016,310); interno (lire 2,050,720); m arina (lire 551,172); esteri (lire 36,139) ; e istruzione pubblica (lire 20,096). Pei Ministeri della guerra, grazia e giu stizia, ed ag ricoltura e commercio i pagam enti del 1875 furono inferiori a quelli del 1874.
Confrontando poi le spese previste coi paga m enti fa tti nel prim o bim estre del 1875, vediamo che in complesso i pagam enti sono ben lontani da raggiungere le somme stanziate nei bilanci passivi ed a questa differenza concorrono i Mi nisteri tu tti ad eccezione di quello dei lavori pubblici p el quale si verifica u n aum ento nei pagam enti di 4 milioni e mezzo.
Le diminuzioni m aggiori si verificarono invece pel febbraio 1875 nelle riscossioni dei seguenti cespiti :
E ntrate diverse straordinarie. . . L. 869,240 Imposta fondiaria (arretrati) . . . » 505,160 E ntrate dell’asse ecclesiastico . . » 443,414 Rimborsi e concorsi alle spese . . » 441,156 Dazi inter: i di consumo . . . . » 351,785 P riv a tiv e ...» 253,965 Confrontando poi le somme riscosse nel feb braio 1875 con gli incassi previsti p er u n mese,
riscontriamo in complesso una differenza in meno nelle riscossioni di oltre 20 milioni di lire. Senza ten er conto degli aum enti che presentano gli in cassi, a fronte delle previsioni, p e r le imposte fondiarie e sui redditi di ricchezza mobile, e ciò per essere le medesime pagate a bim estri, la sola imposta sul trapasso di proprietà e sugli affari è quella che ha superato di quasi 200 mila lire la cifra prevista nel bilancio.
Ma senza ferm arci m aggiorm ente sulle riscos sioni del solo mese di febbraio, vediamo invece quali furono gli incassi fatti nelle Tesorerie del regno dal 1° gennaio a tu tto il 28 febbraio 1875 per ciascun cespite d’e n tra ta e confrontiamoli con quelli che si verificarono nel periodo stesso del 1874, e con le somme previste, proporzio n ate ad u n a sesta p arte della cifra to tale sta n ziata nel bilancio dell’e n tra ta p er l’anno 1875.
Cespiti Riscossioni Incassi prev.
1875 1874 1875
Fomlia-ieserc. corr. L. 29,728,346 29,958,061 29,772,466
ria (arretrati 450,338 1,368,927 2,508,375
Riech. (eserc. corr. 18,847,146 17,173,845 28,873,333
mobile ¡arretrati 3,259,931 3,763,915 3,070,579
Tassa sulla macin. 12,347,777 11,397,496 13,479,455 Imp. sugli affari 26,728,802 21,879,314 23,150,638
Tassa sulla fabbr. 434,207 252,401 431,005
Dazii di confine 17,296,979 17,188,707 16,601,008
Dazii int. di cons. 9,922,695 9,232,203 10,341,142
Privative 12,960,092 13,565,781 26,412,780
Lotto 9,968,012 7,816,729 15,123,333
Servizii pubblici 7,343,644 7,069,798 13,814,400
Patrim. dello Stato 18,957,513 14,884,315 11,457,295
Entrate eventuali 881,999 1,413,011 1,151,272
Rimborsi 4,719,327 4,328,501 19,051,868
Entrate straordin. 5,625,971 9,803,225 21,187,158
Asse ecclesiastico 6,735,396 7,257,089 8,194,069
Totale L. 186,208,175 178,353,318 244,620,176 Da queste cifre si scorge come nel prim o b i m estre del 1875 si ha un maggiore introito com plessivo, a fronte del periodo stesso del 1874, di
quasi 8. m ilioni (lire 7,854,857), dovuto per lire 4,840,487 all’im posta sul trapasso di proprietà e sugli affari, la quale ha pure superato le p re v i sioni p er oltre 3 milioni e mezzo di lire.
Anche nelle riscossioni delle rendite del p a tri monio dello Stato si è verificato un aum ento di oltre 4 milioni di lire ed hanno superato le p re visioni di 7 milioni e mezzo.
Nei prodotti del lotto abbiamo nel 1875 u n aum ento di lire 2,151,283, confrontati con quelli ottenuti nel prim o bimestre del 1874 ; pu r t u t tavia presentano u n a differenza in meno di quasi 5 milioni con le previsioni del bilancio.
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L’ ECONOMISTA
21 marzo 1875
le riscossioni di questa ta ssa sono per ora ben lungi dalla somma di oltre 28 milioni prevista nel bilancio.
Anche la tassa sulla macinazione presenta u n aumento di quasi u n milione sul 1874 ed una differenza in meno della stessa cifra a fronte de gli incassi previsti.
La diminuzione principale negli incassi del l’anno 1875, in confronto a quelli del 1874, si verifica nelle entrate diverse straordinarie, avendo raggiunto la cifra di oltre 4 milioni di lire e si discosta dalle previsioni p er 15 m ilioni. Le altre diminuzioni non hanno u n a grande im portanza, e solo ci piace di osservare quella di 229,714 lire che presenta l’im posta fondiaria (esercizio corrente) quantunque abbia raggiunto quasi le previsioni del bilancio.
Vediamo ora l’am m ontare dei pagam enti fatti dal Tesoro durante il mese di febbraio per conto di ciascun Ministero, e quali erano le spese previste nei rispettivi bilanci passivi p er l’anno 1875, ragguagliate ad u n dodicesimo della spesa totale.
Ministeri Pagamenti Spese prev.
1875 1874 1875 Finanze L. 23,920,450 21,490,475 78,450,177 Grazia e giustizia 1,895,655 2,007,064 2,897,610 Esteri 411,788 359,954 466,060 Istruzione pubblica, 1,619,932 1,540,802 1,931,043 Interno 4,061,915 3,864,550 5,404,178 Lavori pubblici 8,524,619 11,051,737 10,517,504 Guerra 13,371,251 15,279,273 16,790,987 Marina 2,869,434 2,243,009 3,292,132 Agricoltura e comm. 640,162 796,539 904,129 Totale L. 57,315,206 58,633,403 :120,653,820
SOCIETÀ DI ECONOMIA POLITICA
D I P A R IG I
Riunione del 5 febbraio 1875.
La presidenza è tenuta dal signor Michele Che-
valier.
Il presidente tesse l’elogio del socio Audiganne che apparteneva da 10 anni alla società, ed enu mera i suoi molti scritti. Anche il signor Wolowski dice parole di elogio del defunto, dopo di che il signor Pascal D uprat prende la parola per fare una comunicazione che egli crede riuscirà gradita alla società. L’assemblea nazionale francese si è occupata oggi stesso di un progetto di legge relativo alla fab bricazione della dinamite di cui il governo voleva fare un monopolio per cederlo ad una compagnia. Questo progetto è stato respinto: la fabbricazione della dinamite sarà libera.
Il signor Michele Chevalier pregato dalla riunione a dare qualche notizia intorno al tunnel sotto la Manica di cui egli si occupa con grande attività, risponde : Aderisco volentieri al vostro desiderio : credo però inutile di entrare in particolari perchè avrete letto nei giornali i motivi del progetto di legge che dichiara l’utilità pubblica e che fa la con cessione dell’intrapresa.
La caratteristica dello strétto che porta il nome di passo di Calais è meno la sua piccola larghezza che l’assenza di profondità. Nella maggior parte dello stretto non vi sono che 35 a 40 metri d’acqua e la maggior profondità è di 54 metri. Oltre a ciò i terreni che probabilmente s’incontreranno nel perfo rare non sono di grande durezza. La società del Tunnel ha incominciato i suoi studi, con fondi sùf- ficenti e col pensiero che la scienza moderna può superare grandi ostacoli quando ha per agenti uomini perseveranti. L’idea di questa comunicazione sotter ranea fra le due più grandi città del mondo preoc cupa e sorride oggi a tutto il pubblico europeo. Forse fra dieci anni il progetto di questo tunnel sarà abban donato, ma non per lungo tempo: e il XIX secolo non finirà senza che esso sia recato a compimento.
Il sig. J. Clave domanda come avrà luogo l’ ae razione del tunnel, ed il sig. Labri/ spiega come ciò avvenisse nel Moncenisio. L’ingegnere savoiardo Som melier aveva risoluto il problema: utilizzava i tor renti della montagna per mettere in movimento al cune grandi pompe che comprimevano l’aria in cilindri di rame molto resistenti, e quest’ aria compressa serviva a mettere in movimento le macchine perfo ratrici e a aereare la galleria.
Non vi è mai da temere la stagnazione dell’ aria nel sotterraneo, perchè i treni stessi faranno le veci di immensi pistoni che spingeranno l’aria davanti e la aspireranno di dietro. Finalmente non bisogna di menticare che basterà una leggerissima differenza di pressione barometrica alle due estremità del tunnel, perchè si stabilisca naturalmente una corrente d’aria. Uditi questi schiarimenti, il sig. Pascal D uprat pro pone di mettere all’ordine del giorno il trattato re centemente stipulato con l’Egitto e di cui il signor
Lavollée ha fatto argomento di studio nella Bevile des deux Mondes.
Il sig. C. Lavollée espone come tale questione sia complessa e comprenda molti dettagli che egli ha esaminati nella Bevue. Egli si limiterà adesso a rias sumerla.
In primo luogo si crede generalmente, che il pro getto di riforma giudiziaria in Egitto, sia l’abolizione del sistema delle capitolazioni: mentre invece esse restano intatte. Si tratta soltanto di sostituire a co stumanze, estranee alle capitolazioni, un sistema più vantaggioso ai giudicabili indigeni e forestieri.
21 marzo 1875
L’ ECONOMISTA
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liti esistenti fra i suoi connazionali. La nuova giuri sdizione si applicherà alle liti fra i forestieri di na zionalità differente e quelle fra forestieri e ihdigeni, e un tribunale misto rimpiazzerà il tribunale indi geno e i diciassette tribunali consolari, dinnanzi ai quali le cause erano portate secondo la massima
actor sequitur forum rei.
Per rimediare a tutte le difficoltà provenienti da questa moltiplicità di giurisdizioni, il governo egi ziano [propose, fino dal 1867, F organizzazione di tribunali misti, composti di magistrati egiziani ed europei, accordando a questi ultimi la maggioranza. I governi d’Europa si sono trovati d’ accordo per procedere ad una prova del nuovo sistema, il go verno francese ha aderito l’ultimo: adesso l’Assem blea nazionale deve ratificare una tale adesione. Non vi è ragione per negarla, tanto più che si tratta sol tanto di una esperienza ; se il nuovo sistema non dà buoni resultati, si può rinunziarvi fra cinque anni.
11 signor Pascal D uprat è contrario alla conven zione conclusa coll’Egitto, perchè eserciterà una cat tiva influenza sul commercio della Francia con gli scali del Levante. Fa la storia delle capitolazioni, dice che il trattato pretende correggere e render più semplice il sistema vigente, ma il rimedio sarà peggiore del male. La composizione dei nuovi tri bunali nei quali dominerà l’elemento europeo, non lo rassicura. È noto ciò che possa in Egitto la corru zione.
Anche ammettendo che sia resa pienamente la giustizia, come si eseguiranno le sue decisioni? Il Khedive nomina i cancellieri e gli uscieri: egli ed i membri della sua famiglia sono implicati nella mag gior parte degli affari. Quale è il funzionario egi ziano che oserà eseguire una sentenza contro di lui ? D’ altra parte F inviolabilità delle moschee e degli
harem protegge la mala fede dell’ indigeno.
Non v ’ era che una sola riforma da fare. Eccola : Gli Stati che hanno maggior numero di sudditi in Egitto, la Francia, F Italia, F Austria, la Grecia e F In ghilterra potevano intendersi per formare una giu risdizione comune che avrebbe giudicato in prima ed ultima istanza tutte le contestazioni fra i loro na zionali. Questa giurisdizione sarebbe stata accettata dagli altri Stati che sono meno rappresentati in Egitto. Si sarebbero tolte le difficoltà nascenti dalla molte plicità di giurisdizioni, il resto delle capitolazioni sarebbe stato mantenuto.
Se questa convenzione sarà ratificata, dice conclu dendo il signor D uprat, ne soffriranno molto i no stri interessi in Oriente, si sarà distrutta in un giorno F opera intelligente e patriottica della nostra vecchia diplomazia. L capitolazioni soppresse in Egitto, ca dranno a Tripoli, a Tunis, al Marocco. La stessa sorte le aspetta in tutto F impero turco fino nel- F estremo oriente dove esse proteggono il commer
cio francese. Daremo noi stessi un colpo mortale alla nostra influenza ed alla nostra grandezza all’ estero.
Il sig. Lavollée rammenta che esponendo la que stiono si è volontariamente astenuto dall’ entrare in dettagli. Egli ha risposto nella Revue alla maggior parte delle obiezioni che adesso ha svolte il signor
D u p r a t: la sola esperienza ci può dire.se il pro
getto di riforma diverrà definitivo. Importa oggi di segnalare F approvazione di tutti i governi interes sati e F impazienza di un gran numero dei nostri connazionali residenti in Egitto perchè sia pronta mente impiantato il tribunale misto. Se vi sono degli oppositori, vi sono anche degli aderenti, e questi ul timi rappresentano grandi interessi. Finalmente non s’intende facilmente come la Francia potrebbe sola opporsi ad una riforma che sarebbe un vero progresso e che merita di esser tentata quando è circondata da tutte le guarentigie reclamate con ragione in fa vore degli Europei.
RIVISTA AGRICOLA
Perchè talvolta gl’ingrassi artificiali non corrispon dano. - Importanza delle analisi chimiche sì dei concimi, che dei terreni. - Ufficio ed u tilità delle stazioni agrarie. - I guani. - Pericoli dell’uso loro e del loro acquisto. - La Phospho Guano Company di Liverpool. - Avvertenze per la cultura del fru mento. - Il Ramié nuova pianta tessile perenne. - Razze bovine italiane. - Falsi criteri della nostra pastorizia. - Ancora della Doryphora delle patate. - Nuova pubblicazione.
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L’ ECONOM ISTA
21 marzo 1875
abbastanza ; nel venditore, che lo spaccia supponendo che la composizione del terreno stesso sia nota a chi ad esso si rivolge.
A siffatto inconveniente riparano le analisi chimiche effe a prezzi limitatissimi si fanno nelle numerose stazioni agrarie. I coltivatori dovrebbero fare analiz zare i terreni loro per assicurarsi degli elementi di cui scarseggiano, avuto riguardo alle culture cui in tendono destinarli; ed i fabbricanti dovrebbero, se vogliono accreditare la loro merce, fare, come si usa in Francia ed in Germania, apporre ad ogni sacco suggellato di concime presso una stazione agraria il resultato dell’analisi da essa fattane. Lo spaccio così accresciuto compensa largamente la piccola spesa d’analisi; e nella prossima rassegna indicheremo ai coltivatori il facile modo di prendere i saggi di ter reno per farli analizzare.
In alcune conferenze agronomiche, tenute non ha guari in seno del Comizio agrario di Brescia, l’illu stre comm. Gaetano Cantoni dimostrò come pur troppo la patria di Cerere non produca il grano necessario al sostentamento dei suoi abitatori, e come il fru mento sia in Italia a prezzi più elevati, che negli altri paesi, dove tutto è comparativamente più caro. Col mezzo di un disegno fece vedere il modo di germogliare e di radicare del frumento stesso, il quale, messo il pennacchi otto, al primo nodo presso la su perficie del terreno stende un cerchio di radichette, che scendono sino oltre trenta centimetri nel suolo ben lavorato ; e, dopo avere indicato come debba es sere preparato il terreno destinato alla sua cultura, a quale profondità debba essere seminato, come con venga meglio anticipare anziché posticiparne la se menta, dichiarò molto preferibile al modo comune di sementa a spaglio il sistema della sementa a righe, distanti in media quindici centimetri. Mostrò il gua dagno ottenuto con le seminatrici, e raccomandò di preparare buoni semi col mezzo di coltivazioni o, come si die®, di educazioni speciali. Inoltre dimostrò quanto sia utile la concimazione del frumento fatta in primavera con ingrassi pulverulenti, e come provi bene il perfosfato di calce misto ai nitrati; come l’azoto giovi al frumento stesso non per sé, ma quale agente sprigionatore e favorevole all’assimilazione delle sostanze minerali contenute nel terreno; come la pianta in discorso degeneri per mala coltura, ma non vada soggetta ad ibridismo, a modo del granturco, perchè le sue nozze accadono a porte chiuse, secondo la felice espressione di Linneo ; come nei terreni pin gui, ove il frumento cestisce meglio, convenga usare meno seme, che in quelli m agri; finalmente espose il resultato di parecchie esperienze, dimostranti come la mietitura anticipata di una settimana sulla con sueta, che si fa quando le granello incominciano a cascare dalle spiche, adduca molti vantaggi, e cioè
prodotto maggiore e migliore, nonché guadagno di parecchi giorni per una seconda cultura; e ciò perchè il frutto del grano prossimo a m aturare si nutrisce dallo stelo, dalle foglie ; ma non più dal terreno.
Quanto disse il Cantoni non è certo nuovo, ab- benchè molto di ciò sia stato avvalorato da esperienze originali sue proprie; ma non ne- sarà mai fatta ri petizione bastante, perchè l’eco che ne giunga nelle lontane e mal coltivate campagne riesca, per quanto sia possibile, efficace e fruttuosa.
È noto che tutte le sostanze animali ricche di azoto e di fosfati vanno risguardate tanto come ingrassi quanto come stimolanti chimici e che tra esse primeggiano i guani ; il cui principal ufficio nei terreni è quello di somministrar loro prontamente, per effetto di lor rapida e spontanea decomposizione, dei fosfati e delle materie azotate fermentabili, sotto l’influenza dei quali i fermenti, diremo quasi paralizzati, del terriccio vecchio si rianimano e si moltiplicano, inducendo ri pristinata e regolare fermentazione in tutta la massa del suolo vegetabile, reso cosi capace di fornire alle piante alimenti abbondanti e nutritivi. I guani per tanto, comportandosi non solamente come ingrassi, ma come stimolanti capaci di rendere assimilabili gli ingrassi organici accumulati nel terreno, esauriscono il fondo di riserva del medesimo, ogni qualvolta in cautamente, o per ignoranza, o per avarizia, non si abbia cura di mantenere e ristabilire l’equilibrio nella fertilità, riparando alle perdite, con successive copiose letamazioni, il cui costo è esuberantemente compen sato dai più abbondanti ricolti, dovuti unicamente al l’azione stimolante del guano.
Ma il segreto per ottenere gli ormai noti porten tosi effetti del guano non è questo soltanto; chè di non minore importanza è la qualità, e più che la qualità, la genuinità del guano adoperato. Lo prove nienze di questo ingrasso essendo varie e dubbie, noi non sapremmo abbastanza raccomandare agli agricol tori di andare cauti nell’acquisto, e di non acquistarne se non da case di prim’ ordine e di tutta fiducia, e previa l’analisi di qualche stazione agraria. Dopo aver di sopra ricordato col Cantoni che il frumento vuole perfosfati e nitrati, di cui il guano è ricco, siamo lieti di poter loro raccomandare il fosfo guano della Phospho-
guano Company di Liverpool (consegnatari generali
21 marzo 1875
L’ ECONOM ISTA
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esso ha fatto migliore prova degli altri. Il che è la maggior garanzia che possa essere offerta dal fosfo-guano, quando s’abbia presente qual diligente e, severo sperimentatore sia il prof. Sestini, direttore della stazione sunnominata. Convinti di fare opera proficua, torneremo su questo importante ingrasso nella prossima rassegna.
Tra le nuovìtà agrarie, diremo, palpitanti di attua lità, ora è il turno della nuova pianta tessile perenne il Ram ié (Boehmeria tenacissima), di cui si è fatto, dopo il Becker ed altri, nuovo apostolo ed importa tore in Italia l’egregio dott. Ohlsen, su di una impor tante pubblicazione del quale, ci soffermeremo un mo mento sul finire di questa rassegna.
Vuoisi che il Ram ié sia emula fortunata della ca napa e del lino, come producente una fibra più bella del cotone, più forte del miglior lino e brillante quanto la seta; e che, capace di semplice e rapidissima mol tiplicazione, non richiedendo che poche spese ed una coltura facile; per dare copiosissimo e sicuro prodotto, basti a calmare le apprensioni degli agricoltori per poco che venisse meno o scarseggiasse il ricolto delle altre piante tessili : tanto più che in alcune contrade e sotto qualche clima, dove il cotone non ha potuto allignare in modo da fare concorrenza ad altri paesi, come per esempio in Algeria, il Ram ié è venuto su rigoglioso ed è riescito di somma utilità a chi lo coltivò.
Originaria delle isole dell’arcipelago indiano, il R a
mié (tale è il suo noiàe malese) apparve la prima
volta in Europa nella esposizione di Londra del 1851, sebbene fosse già stata studiata dal Decaisnenel 1845; venne poi con buon successo introdotta nell’isola di Cuba ed in alcuni degli Stati Uniti, particolarmente nella Luigiana; dalla quale contrada nel 1869 ritornò industrialmente in Europa, accompagnata da una mac china che estrae celermente ed economicamente le fibre dai suoi rami tagliati di fresco e li confeziona in istato di essere tessuti. F u così che il R am ié si diffuse rapidamente in molti paesi del sud di Europa, ebbe uno sviluppo considerevole nel mezzodì della Francia ed in Algeria, e la sua fibra entrò nella com posizione di varie stoffe, pigliando posto tri la seta ed il cotone.
La stessa origine di questa pianta indica i climi che preferisce, fra i quali è al certo quello d’Italia: più il clima è caldo, più il Ram ié prospera, purché o naturalmente o artificialmente sia riparata dai venti del nord ; ma vien su bene anco nei climi temperati. Predilige i suoli leggeri o di media consistenza, con irrigazione naturale o procurata ; ma prospera in qua lunque terreno, purché non sia assolutamente arido, ed una volta , ttecchita, essendo robusta, resiste tanto alle pioggie abbondanti, quanto alla prolungata sic cità. Il R am ié si accomoda di qualunque ingrasso; ma le materie fecali e le orine allungate con acqua
ed impiegate per annaffiamento producono su di esso effetti ottimi.
Essendo il Ram ié pianta perenne, richiede qual che cura diligente per la preparazione del terreno, che deesi arare avanti l’ inverno alla profondità di trenta centimetri ; smuovere con una seconda aratura in traverso o meglio con una profonda lavorazione con lo scarificatore ; erpicare, ed infine spianare col cilindro: operazioni che, trattandosi di limitata col tura, ponno essere eseguite con arnesi manuali. Non è da dimenticarsi che quanto più il suolo sarà pro fondamente smosso e compiutamente infranto, tanto più la vegetazione del Ram ié sarà pronta e rigogliosa.
Il vegetabile in discorso si pianta tanto in autunno, quanto in primavera o mediante frammenti della sua radice, o con piantoni e barbatelle, che si pongono in linee distanti circa un metro l’ una dall’ altra, mediante il solcheggiatore o la zappa ed alla distanza di ottanta centimetri in ogni linea, comprimendovi sopra ben bene la terra e lasciandone una piccola parte fuori. Ci vogliono 12,500 piantoni per ettaro; ogni barbatella deve avere almeno due occhi, dei quali uno andrà sotterrato e l’altro rimarrà fuori. Le giovani piante si tagliano quando sono alte un metro e si rincalzano lasciandone fuori un’estremità; però la fibra di questo primo taglio è di qualità inferiore. Purché riceva una lavorazione superficiale nel marzo ed una zappatura dopo ogni taglio, il Ramié può rimanere con frutto fino dieci anni su! medesimo suolo.
Il taglio si pratica quando la estremità inferiore degli steli diviene bruna, e raggiunge F altezza di I m, 25 circa: si eseguisce con coltello sottile ebene affilato, o con falcetta o forbici, al di sopra della biforcazione delle radici. Compiuto il taglio, bisogna immediatamente sottoporre gli steli alla macchina decorticatrice per estrarne la fibra più facilmente ed in maggióre quantità. In Francia si fanno di solito due tagli; tre in Algeria, i quali danno da 700 a 800 chilogrammi per ettaro di bellissimo prodotto filamentoso di un valore assai superiore a quello della miglior raccolta di lino o di canapa, ottenuto nella stessa estensione di terreno. A questo propo sito è da osservarsi che gli steli del Ram ié non hanno bisogno di macerazione per estrarne la fibra, com’è indispensabile pel lino e per la canapa; il che, oltre alla diminuzione di spesa, è di gran vantaggio igienico, specialmente nelle regioni calde. Si noti pure che il bestiame mangia avidamente le foglie di questa pianta, la quale costituisce per ciò stesso un eccellente foraggio, mentrechè tutti i residui prove nienti dalla lavorazione, ricondotti sul terreno, aiu tano potentemente a mantenerne la fertilità.