• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.883, 5 aprile

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.883, 5 aprile"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, .FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERRO VIE, IN TERESSI PRIVA TI

Anno XVIII - Voi. XX!I

Domenica 5 Aprile 1891

N. 888

LE RELAZIONI POLITICHE ED E

t r a l a F r a n c i a e l ’I t a l i a

Per quanto si voglia sottilizzare e chiudere gli occhi dinanzi a verità irrefragabili, la questione dei rapporti commerciali tra l’ Italia e la Francia non è puramente e semplicemente di carattere economico.

È deplorevole che ciò sia, ma è vano rifiutarsi ad ammettere che la politica si sia immischiata nelle relazioni economiche franco-italiane al segno da ren­ derle a poco a poco difficili e quasi impossibili. Gli artefici della politica vanitosa e dannosa che ha im­ perato in Italia nel periodo 1 8 8 7 -1 8 9 0 possono trarre in campo tutti gli argomenti che vogliono, senza riuscire a smuovere la convinzione, ormai quasi generale, che l’esagerazione della politica estera e la parte eccessiva che essa prese nella vita politica del paese, la inabile accentuazione della triplice alleanza, abbiano cospirato a rompere o a intralciare relazioni economiche feconde pei due paesi latini. E poiché l’Italia, dei due Stati, è certo economicamente il meno forte è superfluo dire quale di essi abbia risentito e risenta il danno maggiore.

In questa e in altre questioni interessanti la eco­ nomia nazionale e dibattutesi negli ultimi anni, \'Eco­ nomista può dire senza orgoglio di essere stato buon profeta. Nel numero 701 del 9 ottobre 1887 questo giornale pubblicava un articolo sul Convegno di Friederichsruhe, articolo che ad alcuni amici, nostri parve allora inopportuno. Essi non contestavano la verità delle nostre osservazioni e, trovavano più che fondati i nostri dubbi sulle conseguenze profittevoli che dal convegno potevano derivare. In verità quel­ l’articolo era una nota stonata nel gran coro di laudi e di osanna che si levavano al cielo per l’ am ­ mirazione all’uomo di Stato italiano che dirigeva la politica estera. Ma pur troppo ciò che allora noi, soli o quasi, prevedevamo, ciò che intravedevamo rispetto alle conseguenze probabili derivanti dall’ in­ dirizzo nuovo dato alla politica estera, si è poscia realizzato punto per punto.

« Il convegno di Friederichsruhe, scrivevamo il 9 ottobre 1 8 8 7 per chi conosca la situazione politica dell’Italia nell’ Europa e l’ indole della nazione fran­ cese è senza dubbio un avvenimento che deve ag­ gravare quell’affievolimento di relazioni economiche, il quale già da qualche tempo è andato determi­ nandosi ». E muovendo da questo fatto che ritene­ vamo inevitabile, prendevamo in esame la situazione dell’ Italia sia nei riguardi economici, sia in quelli finanziari, per chiedere quali relazioni, quali accordi,

quali mercati si avevano in vista da sostituire a quelli che con incredibile leggerezza si andavano compromettendo.

Per essere completi ed esatti conviene aggiun­ gere che alla politica internazionale si uni la cor­ rente protezionista, allora forte in Italia e in Fran­ cia ; e insieme lavorarono con una più o meno chiara conoscenza del fine da raggiungere e dei pericoli sovrastanti, lavorarono, diciamo, a scavare quell’abisso che ha diviso e divide tuttora i due paesi latini. L ’uomo di Stato che era allora alla direzione della politica italiana, assorto nella visione di una politica grandiosa e dominato dall’errore che quella fosse la necessità suprema dello Stato, ignaro della situazione reale del paese, delle sue debolezze e dei suoi bi­ sogni, fu deviato dal sentiero che poteva condurlo a rendere veramente forte l’Italia e seguì le chimere di una politica estera meno confacente a una giovane nazione, ancora economicamente troppo inferiore alle sue consorelle.

Gli ultimi avvenimenti parlamentari hanno mu­ tato gli uomini al potere e con essi, giova sperare, an­ che il falso indirizzo politico che ci ha procurato perdite cospicue, disinganni penosi e che lascia una triste eredità da liquidare. Non sappiamo se gli uomini nuovi che sono alla direzione degli affari potranno e sapranno rimettere il paese sulla via del miglio­ ramento e del progresso economico e finanziario; ogni giudizio sarebbe prematuro; il tempo solo po­ trà permettere di concepire o no qualche speranza di un migliore assetto politico, di un minore squi­ librio tra le varie manifestazioni della vita nazionale. Ma non è di ciò che qui intendiamo occuparci. C’ è un argomento che appassiona ora la stampa e che ci interessa assai davvicino ; e desso è appunto quello dei rappoiti tra l’Italia e la Francia. In quale condizione si trovino quei rapporti, niuno v’ è che lo ignori. Le relazioni finanziarie sono da un pezzo interrotte,quelle economiche languonoe non sono gran fatto migliori. Or bene, c’è speranza che esse pos­ sano migliorare a breve term ine? Coloro che sono soliti a illudersi confidavano o fingevano di confi­ dare che, caduto il precedente Ministero,, la Francia si sarebbe mostrata subito disposta a venire ad ac­ cordi col nostro paese. È questa un’altra prova di quella colossale ingenuità di certi scrittori sem plistes,

(2)

210

L ’ E C O N O M I S T A

5 aprile 1891

attive o passive, ma pur sempre efficaci, non si muta una situazione da bianca in nera o viceversa. E co­ loro che hanno procurato la rottura dei rapporti franco-italiani e ora fanno le viste di meravigliarsi perchè, caduta la politica ch’essi hanno difeso, quei rapporti non si ristabiliscono e gridano alla grande disillusione, evidentemente calcolano sulla grande pa­ zienza del buon popolo italiano.

Era pur così facile evitare la rottura di quei rapporti, era pur agevole cosa prevedere le conse­ guenze d’ordine economico e finanziario che ne sa­ rebbero derivate e nondimeno per attuare la politica che era sproporzionata ai nostri mezzi, essi hanno voluto dare una non desiderata prova della forza del paese. E oggi si lagnano perchè le conseguenze di quella politica non scompaiono con la rapidità che davvero sarebbe necessaria!

Ma se non si mutano da un giorno all’ altro gli effetti di un dissidio politico, si può bene lavorare per affrettare il giorno in cui quegli effetti scompa­ riranno. E noi vediamo con piacere, e ne prendiamo atto, che un lieve ma pur sensibile miglioramento si manifesta in Francia a riguardo dell’'Italia. A l­ cuni, osservando che i dazi differenziali francesi perdurano tuttora, crede di poter concludere che la Francia non è punto disposta a mutare la sua linea di condotta verso di noi. È forse una conclusione affrettata ; ma si dimostrasse anche vera, non v’ è ragione di non tener conto alla Francia di una con­ dizione di cose che ha avuto tanta parte anche da noi nel determinare l’ erroneo indirizzo della politica economica. Parliamo del protezionismo, oggi forte in Francia come lo è stato in Italia nel 1 8 8 6 e 87 quando venne preparata la revisione della tariffa doganale. I protezionisti nostrali sono fatti cosà, che vorrebbero la protezione per loro soltanto e si m e­ ravigliano che altri la domandi all’ estero e specie in Francia e, se occorre, la imponga. Ora le migliorate relazioni politiche non possono mutare i protezionisti francesi in tanti discepoli di Chevalier e di Cobden e se essi proprio ora stanno preparando una nuova tariffa protezionista, si capisce che debban fare il viso dell’ arme all’ abolizione dei dazi differenziali. Per conto nostro le illusioni altrui neanche ora ci seducono; gli sforzi della Soeiété industrielle et com ­ m erciale, le buone disposizioni del governo francese, del quale fanno parte uomini amanti della libertà economica, quali M. Rouvier, M. Guyot, M. Roche non varranno, dubitiamo, a mutare la situazione. La questione generale della politica doganale francese assorbe presentemente quella speciale dei rapporti commerciali con l’ Italia e le menti già preoccupate ed eccitate dalla lotta ehe si combatterà sulle pro­ poste della Commissione presieduta dal sig. Méline, non sono nella condizione migliore per prendere il savio partito di abolire delle tariffe di guerra.

Ciò che ad ogni modo è desiderabile non si perda di vista è che nulla meglio di una politica oculata, seria e prudente potrà avviarci a ristabilire buone relazioni economiche e finanziarie. Certo la cor­ rente protezionista impedirà quei migliori rapporti che le condizioni dei due paesi consiglierebbero, ma almeno potremo evitare di trovarci fuori del di­ ritto comune, come presentemente, e potremo lot­ tare con gli altri concorrenti a parità di condizioni. L a riforma del regime doganale 'francese permetterà forse quello ehe ora ci pare ben poco probabile, l’i abolizione immediata cioè, della tariffa differen­

ziale. Ogni recriminazione in questo momento è oziosa e dannosa ; bisognava tenere aperti gli occhi quando si andavano commettendo impunemente i più grossi errori e si pregiudicava l’ avvenire per anni ed anni.

LE RIFORME AMMINISTRATIVE

Ha prodotta in paese eccellente impressione la lettera che 1’ on. di Rudinì diresse al Presidente del Consiglio di Stato, on. Cadorna, intorno alle attribu­ zioni dello Stato. A voler prendere alla lettera le frasi dell’ on. Presidente del Consiglio dei Ministri ci sarebbe da credere ad un completo mutamento nell’ indirizzo amministrativo ed economico dell’Italia. Noi non andremo tanto avanti colle speranze e colle previsioni, ma non nascondiamo che è già un passo notevole la manifestazione delle intenzioni, giacché riteniamo gli uomini che sono al governo di troppa buona fede per temere che quella lettera dell’on. di Rudinì non sia altro che una lustra.

Riportiamo più innanzi integralmente l’ importante documento, qui ci limitiamo ad alcune osservazioni. Noi abbiamo sempre sostenuto essere un er­ rore il credere che la unità nazionale possa essere cementata a furia di sopprimere con tutti i mezzi possibili quelle differenze, talvolta notevoli, che cor­ rono tra regione e regione del regno. L ’accentra­ mento da una parte e la confusione tra la unità e la uniformità della nazione, hanno creato fino a qui una serie di fatti e di condizioni da cui, invece che sca­ turire Vitaliano, prodotto delle migliori qualità di ciascuno dei molti elementi che compongono la cit­ tadinanza , si minaccia di fare un italian o, fiacco, corrotto, e già b la s ì in politica, in finanza, in eco­ nomia, non suscettibile insomma di alcuno di quegli impeti propri degli individui e dei popoli giovani.

Che sia proprio vero che gli uomini ora al Go­ verno comprendono tutto il danno dell’indirizzo fin qui battuto e mirano a rifar cammino ? — Speria­ molo, e ad ogni modo, anche se nei primi passi fossero timidi ed incerti, incoraggiamoli volentero- samente ; la bisogna è complessa e grande, e quindi il. lavoro non manca nè mancherà per molto tempo; è meglio cominciar subito senza spaventarsi per la lontananza della m èta; ogni passo che si fa, per quanto piccolo, ci avvicina a raggiungerla.

E certo è da rallegrarsi che mentre il precedente Ministero aveva proposto un disegno di legge per avocare allo Stato le scuole elementari, e sarebbe arrivato a far insegnare la lingua italiana a Siena da un maestro di Val d’ Aosta o di Reggio di Ca­ labria, il nuovo Ministero vada cercando quali muta­ menti siano possibili trovare nell’ indirizzo della amministrazione dello Stato per renderla « più rigo­ rosa ed insieme meno assorbente.»

Se non che ci piace notare, dopo aver tributate al Ministero le dovute lodi per la sua buona inten­ zione, e dopo manifestato il desiderio che .l’ autorità a cui si rivolge risponda alle sue richieste in modo sollecito e concludente, — ci piace notare nella lettera dell’on. di Rudinì una lacuna che vorremmo sollecitamente colmata.

(3)

attuai-5 aprile 1891

L ’ E C O N O M I S T A

211

mente esercitate dall’ autorità governativa possono essere affidate senza danno ai comuni ed alle pro- vincie; sta Lenissimo che si vegga di quali funzioni può spogliarsi l’autorità governativa centrale per pas­ sarle alle autorità governative locali ; — ma non crede il Governo che vi sieno molte funzioni delle quali senza danno lo Stato, i Comuni, le Provincie potrebbero abbandonare l’esercizio ai cittadini ?

Noi crediamo che l’on. di Rudinì, ben riflettendo sul significato della sua lettera, avrebbe dovuto com ­ prendere, che questo, che manca, sarebbe stato il punto principale sul quale provocare lo studio del Consiglio di Stato e sul quale tastare la pubblica opinione.

Oggi lo Stato è diventato un enciclopedico che fa tutto e fa male quasi tutto; per imitazione i co­ muni e le provincia fanno altrettanto, per quanto possono ; togliere le attribuzioni ad uno per darle ad un altro, sarà certo un bene nella speranza che i nuovi investiti non vogliano esercitarle, o che le esercitino in modo più adatto ai luoghi, ma non sarà questa una riforma molto grande, nè molto con­ cludente di fronte a questo continuo assorbimento, a cui con libidine crescente lo Statosi è abbandonato.

Noi non troviamo per esempio nessun motivo perchè lo Stato faccia l'allevatore d i bestiam e od il fabbricatore di form aggio ; e non gli riconosciamo nessuna competenza nè teorica nè pratica perchè possa ottenere un miglioramento in quelle due in­ dustrie.

Non sappiamo che lo Stato abbia ottenuto risul­ tati di qualche importanza, con m ezzi industriali,

dalle sue fatiche per allevare i bachi da seta o per fare l’apicultore. Invano abbiamo cercato nei docu­ menti che ci sia dimostrato come lo Stato abbia saputo condurre bene industrialm ente le cantine sperimentali all’interno od all’estero od abbia vera­ mente conseguiti benefici nei suoi tentativi di olei­ ficio ecc. eco.

Invero per chi non lo sapesse, e molti infatti lo ignorano, lo Stato si dà all’ industria in una pro­ porzione veramente allarmante, sia che la eserciti direttamente, sia che pretenda di incoraggiare que­ sto o quello stabilimento che egli giudica migliore. Prepara e conserva le frutta, fa il distillatore, eser­ cita la fotografia, esercita la veterinaria, fa il c a c ­ ciatore, il pescatore, alleva cavalli, è boscaiuolo, ne­ goziante di semi, di fiori, di frutta, ecc. ecc.

E tutto questo quando si mostra per tante prove così incapace di dare al paese della buona giustizia, ed una istruzione superiore che sia meno inferiore di quello che i competenti lamentano.

Non abbiamo qui accennato che ad una serie di attribuzioni di minore importanza, quali ci occorsero alla mente. Non si farebbe fatica a trovarne tante altre e di più importanti, che non hanno ragione alcuna di essere per molti motivi, tra i quali il primo la incompetenza del Governo ad esercitarle, il se­ condo la insufficienza dei mezzi coi quali si accinge a raggiungere lo scopo.

Ora l’on. Rudinì farebbe buona cosa aggiungendo alla sua lettera un poscritto che contenga un terzo fluesito così dettato :

* Quali funzioni esercitate presentemente dalle au­ torità governative, provinciali e comunali potrebbero essere abbandonate con decoro di chi le esercita e senza danno dei cittadini. »

Vi è da credere che il Consiglio di Stato o m e­

glio la opinione pubblica farebbe un elenco smisurato. Ed ora ecco la lettera ;

Roma, 2 7 Marzo 1891.

Eccell. Signor Presidente

In omaggio ai voti ripetutamente manifestati nel Parlamento e fuori di esso pei; un indirizzo più rigoroso e insieme meno assorbente dell’ amministrazione dello Stato, il Governo desidera di ricercare i mutamenti, che vi potrebbero essere introdotti con benefizio della pubblica cosa.

Ritiene il Governo, che la moltipiicità delle sue funzioni e l’ eccessivo assorbimento di esse nell’ Am­ ministrazione centrale rendano meno efficace l’ azione dello Stato in quelle parti, nelle quali è più necessaria, producano attriti fra l’autorità governativa e le Am­ ministrazioni locali, aumentino inutilmente il lavoro e le spese, e siano ragione di una dispersione di forze dannosa allo Stato e ai Cittadini.

Urge, che lo Stato si liberi di quelle funzioni, che possono venire, esercitate meglio o anche in condizioni pari dalle Provincie e dai Comuni. Urge sovra tutto di semplificare il congegno governativo e togliere dal centro tutto ciò che vi è di soverchio, per affidarlo alle autorità locali governative.

Ma per procedere a un' opera di tanto momento richiedonsi uno studio profondo e una cognizione estesa e sicura di tutto l’ ordinamento amministrativo e della legislazione, che lo regge.’

Il Consiglio di Stato, per il modo con cui è com­ posto e per le attribuzioni che la legge ad esso confe­ risce, ha quella cognizione e può compiere quello studio. Perciò il Governo del Re, fondandosi sulle disposi­ zioni dell’ Art. 10 del testo unico di legge sul Consìglio di Stato, si rivolge a Y. E. e la prega di sottoporre all’ alta competenza del Consiglio medesimo la soluzione dei due quesiti seguenti :

1. Quali funzioni esercitate presentemente dal­ l’autorità governativa possono essere affidate senza danno, anzi con benefizio dei cittadini, alle autorità provinciali e comunali;

2. Quali funzioni esercitate presentemente dal­ l’autorità governativa centrale possono essere affidate, avvantaggiando il pubblico servizio, alle autorità go- vernalive locali.

La soluzione di questi quesiti dovrebbe essere for­ mulata in un progetto di legge per la parte funzio­ nale e in un regolamento di pubblica amministrazione per la parte strettamente amministrativa : progetti, che appunto il governo commette od affida alla sapienza e alla prudenza del Consiglio di Stato e poi esaminerà colla maggiore ponderazione.

L’alto scopo, che il governo si propone di conse­ guire con un provvedimento di tanta importanza e la deferenza che manifesta con questo atto al Consiglio di Stato, gli fanno sperare favorevole accoglimento alla sua domanda. E il governo, da parte sua, disporrà a che tutte le amministrazioni pubbliche cooperino con le notizie e con gli studi dei quali fossero richie­ ste, ad agevolare il compito difficile e delicato com­ messo al Consiglio di Stato, senza interdirsi intanto la facoltà di compiere quegli atti e di porre a effetto quei provvedimenti, che paiono maturi e già fuori di ogni controversia.

Gradisca, Eccellentissimo signor Presidente, le ma­ nifestazioni della mia altissima stima e della mia pro­ fonda osservanza, mentre La prego di provvedere a chè il lavoro sia prontamente avviato. Esso sarà l’inizio di più larghi studi inteso ad affidare ai corpi elettivi le maggiori funzioni possibili e compatibili colla bontà e integrità dei pubblici servizi.

(4)

L ’ E C O N O M I S T A

5 aprile 1891

1)10

t+s JL«V

A PROPOSITO DELLA RIFORMA BANCARIA

Abbiamo avuto occasione di leggere la relazione annuale dell’Amministrazione della Banca Romana per l’esercizio 1 8 9 0 e nella prima parte vi abbiamo trovato discusso il punto debole dell’attuale sistema bancario, quello della riscontrata ; facciamo in pro­ posito qualche osservazione.

La relazione lamenta che la erise economica ab­ bia più peculiarmente colpita Roma, « che si era dedicata allo sviluppo edilizio su vasta scala ed abbia prodotto una sensibile diminuzione del movimento degli affari che dalle industrie edilizie avevano avuto origine, mentre ha creato maggiori bisogni. »

« La nostra città — prosegue la relazione — non avendo potuto riattivare la stessa ingente industria cui si era dedicata, è ritornata come per il passato ad essere la città di consumo, per il che invece di affluire capitali qui da altre provinole d’ Italia, è tornata ad essere tributaria per tutto ciò che le oc­ corre delle provinole stesse. »

Queste premesse domanderebbero già una qualche spiegazione ; noi non comprendiamo come essendo la città stata colpita da una crise, questa erise abbia creati m aggiori b isog n i; quali bisogni? Quelli di consumo parrebbe; ma non si è mai visto in verità che una popolazione colpita' da crise accresca i con­ sumi ed abbia maggiori bisogni. E non compren­ diamo nemmeno come mai la città di Roma, perchè è scoppiata la crise edilizia, sia diventata più che mai città di consumo e quindi tributaria alle altre provineie. Sembrerebbe che la industria edilizia fosse una industria di esportazione, e che i Romani man­ dassero case belle e fatte alle altre provineie, rica­ vandone dei capitali che affluivano nella eterna città. Ma per quanto si tratti di Roma dove tutto può essere straordinario, non crediamo in verità che la industria edilizia vi produca effetti diversi da quelli che si verificano altrove, cioè consumo di materiali e quindi aumenti in genere di entrata di prodotti.

E conviene riconoscere che se sono mollo zoppicanti tali argomentazioni esse tendono solo a concludere in un giudizio così unilaterale da meravigliare che si trovi espressoinuna relazione di unpuhblico istituto. Lamen­ tasi infatti che se nel primo semestre la Banca ha po ■ tuto stentatamente far fronte al baratto della riscon­ trata, nel secondo esso si sia reso tanto più gravoso da obbligare la Banca « addivenire ad una ^ transa­ zione coll’apértura di un conto corrente coll’ Istituto maggiore, che mentre ciò produce un non lieve ag­ gravio per la Banca uon giova a farle raggiungere quella tranquillità cui avrebbe diritto di godere. »

Ma, la Banca Romana, la quale per legge non potrebbe avere che una circolazione di 45 milioni, i quali sarebbero benissimo assorbiti dal pubblico, ed invece si ostina contro la legge e contro la volontà ma- nìfèstà del pubblico a tenere in circolazione oltre 75 milioni, la Banca Romana ci pare per lo meno egoista se, avvertendo che quésta eccessiva quantità di bi­ glietti suoi le rende gravosa la riscontrata, non ri­ conosce che una parte e non piccola di onere pesa sul maggiore istituto, il quale, con una longanimità, che noi' non lodiamo certamente, si è obbligato di tenere nelle proprie casse 6 milioni di biglietti della Ranca Romana, senza interesse ed altra cospicua somma a mite interesse.

Pare a noi che, almeno per giustizia, la relazione della Banca Romana avrebbe dovuto dire : ^— la ri­ scontrata ci è riuscita gravosa ed ancora più sarebbe stata se gli alti lamenti che noi abbiamo gettati non avessero spinto il Governo a far pressione al mag­ giore Istituto perchè si addossasse a proprie spese una parte della nostra circolazione.

È ben vero che così dicendo la Banca Romana avrebbe fatto omaggio alla verità, ma non avrebbe potuto concludere domandando una legge che le per­ metta di emettere biglietti senza obbligo di cambiarli; ma l’Amministrazione della Banca Romana non potrà mai sperare, noi riteniamo, che un governo che si rispetti possa procurare a lei sola un simile benefizio. Se la legge nuova dovesse contenere una disposizione per la quale la Banca Romana fosse autorizzata ad emettere biglietti più di quanto le è concesso dalla fiducia del pubblico perchè poi un altro Istituto dovesse raccoglierli e tenerli nelle sue casse, noi crediamo che per obbligo di giustizia la Banca Ro­ mana dovrebbe essere messa sotto la tutela dell’Istituto maggiore, al quale dovrebbe essere data facoltà di nominare una parte almeno del consiglio di ammi­ nistrazione di una azienda di cui iu questo modo assu­ merebbe la responsabilità.

Accetta la Banca Romana questa logica conse­ guenza delle sue erronee pretese sulla riscontrata?

I L C R A C H D I L I V O R N O

E ra già da molto tempo che sentivamo esprimere dubbi sulla situazione della Ditta Giovanni Gorradini e sulla Raffineria degli Zuccheri in Ancona; spe­ cialmente iutorno a quest’ultimo stabilimento alcuni ei scrivevano affermando la esistenza di gravi ir­ regolarità, altri segnalandoci che tutta l’ attività de­ gli amministratori si spiegava nella negoziazione dei titoli. Ala chi mai, qualche mese fa, senza prove do­ cumentate avrebbe potuto manifestare qualche dub­ bio iutorno a ditte che erano ritenute onestissime e solidissime? I tentativi che abbiamo fatto p eravere qualche notizia, da chi credevamo dovesse essere bene informato per debito di officio, ebbero risultati di cosi precisa assicurazione che abbiamo creduto di dover tacere.

Eppure si sono verificate cose che veramente nessuno avrebbe potuto attendersi. La Ditta C orra- dini, la Raffineria, la Ditta MaUrogordato, la Banca di Livorno, si sono trovati e si trovauo in una crise gravissima dalla quale non tutti si salveranno. Ed ora ecco che si pària di amministrazioni disordinate, di registri uon in regola, di amministratori che non sapevano nulla dell’andaménto della azienda a cui erano preposti, di consiglieri delegati che firmavano effetti senza rendersi conto delle cifre su cui met­ tevano il loro nom e; si parla di cambiali falsificate ed alterate, insomma tutto un putridume di nefan­ dezze, ih cui viene coinvolto da un momento all’al­ tro un gruppo di case primarie di Livorno.

(5)

5 aprile 1891

L ’ E C O N O M I S T A

213

credano di vigilare sui mercati con assidua ed in­ telligente cura, sia per impedire di trovarsi impi­ gliati nelle catastrofi, sia per prevenire che acca­ dano, quando sia possibile. E se si può rispondere che non è questa cosa nè facile, nè semplice, si può per altro osservare essere veramente strano, che, quando certe voci corrono per il paese e, come si vede, non senza fondamento, debbano essere increduli quegli specialmente che più degli altri dovrebbero essere scrupolosi nell’aceordare la loro fiducia.

Pur troppo il male sta nella radice e quando gli amministratori dell’altrui ammettono nel loro por­ tafoglio le cambiali politiche, quelle di compiacenza, è troppo umano che vi entrino anche di quelle che sono tiglie, vogliamo credere, della cecità.

Intanto anche nella occasione del crach di Livorno si sono avuti eccitamenti dal Governo per il salva­ taggio. Ci è sembrato però di notare due fatti dì cui prendiamo atto con qualche compiacenza ; gli eccitamenti da parte del Governo furono meno vi­ vaci e meno imperiosi ; la resistenza degli Istituti a concedere ci parve più forte e più durevole.

Ma intervento e salvataggio ci fu; e francamente lo deploriamo. Quando, come nei casi di Livorno, vengono a galla fatti da codice penale, od altri fatti nei quali la leggerezza e la ignoranza paiono spinti all’ultimo grado, il salvataggio ci sembra pericoloso per l’esempio, ingiusto verso gli altri.

Rivista Bibliografica

Adolpha Coste. — L a Richesse et le Bonheur. — Paris, Félix Alcan, 1891, pag. 188, (cent. 60).

Il sig. Coste autore di varie pregevoli opere eco­ nomiche come ad esempio : L es conditions sociales du bon heu r; Hygiène sociale contre le pau pérism e; Les questions sociales contem poraines; Nouvel exposé d’économie politique et, de physiologie sociale (vedi

L'Econom ista n. 8 1 0 ) ha scritto questo libretto (che fa parte della Bibliothèque Utile) allo scopo di fornire una introduzione allo studio delle questioni sociali per coloro che le ignorano , e in pari tempo una specie di riassunto sintetico, di veduta retrospettiva per quelli che già le conoscono, perchè, dice, « il viag­ giatore che ha fatto penosamente un lungo cammino,

ama talvolta di abbracciare con uno sguardo tutto il paese che ha attraversato. » Non esitiamo a dire che iu’ questo lavoro, non facile, di volgarizzare le idee principali della economia il sig. Coste è riuscito in generale completamente. E affinchè se ne abbia una prova vogliamo riprodurre ciò che I’ Autore scrive sui dazi compensatori. « C’ è un protezioni­ smo più timido, così ragiona il sig. Coste, che pre­ tende di giustificarsi invocando l’ ineguaglianza dagli oneri fiscali tra le diverse nazioni. Egli reclama con seguentemente dei dazi di dogana compensatori per colpire i prodotti stranieri con un carico equivalente a quello da cui sono aggravati i prodotti francesi.

Quando si tratta delle derrate soggette a imposte speciali, come ad esempio il tabacco, l’alcool, il vino, Io zucchero, il sale, la polvere, i fiammiferi, bisogna che la dogana intervenga per assicurarsi la riscos­ sione fiscale; ma se si tratta di imposte generali la

compensazione non è applicabile nè in fatto in diritto. Prendiamo ad esempio il grano, il prodotto più importante del nostro paese, esso non sopporta alcuna imposta speciale , ma si sostiene che è ag­ gravato, assieme agli altri prodotti agricoli, dalle im­ poste generali che colpiscono gli agricoltori. Questa teoria è contestabilissima perchè molte di quelle im­ poste generali non colpiscono che il reddito netto dei proprietari (imposta fondiaria) o il loro capitale (tassa di trasmissione) o il consumo voluttuario (ta­ bacco, alcool, ecc.) ; non sono a dir vero oneri del­ l’esercizio agricolo. Ma per tagliar corto, ammettiamo tuttavia la ripercussione delle imposte. Or bene il sig. Tisserand, direttore generale dell'agricoltura, cal­ colava nel 1882 gli oneri fiscali della produzione agri­ cola, viticola, orticola, forestale, e compreso I’ alle­ vamento del bestiame a circa 6 0 0 milioni di franchi (imposta fondiaria e centesimi addizionali, presta­ zioni, imposte indirette); supponiamo pure 7 0 0 mi­ lioni con la contribuzione mobiliare e (fuella sulle porte e finestre, risultano così 7 0 0 milioni per 10 miliardi di prodotti, oppure 1 fr. e 4-0 per ogni quin­ tale di grano. Si rimane così ben al disotto del dazio attuale, che è di 5 franchi, anche facendo sopportare al grano estero la totalità delle nostre imposte e non come se mai sembrerebbe equo, l’eccedenza soltanto delle nostre imposte sulle imposte estere. I nostri agricoltori si ingannano adunque reclamando la com­ pensazione, essi si credono molto più tassati di quello che siano e non apprezzano abbastanza il valore dei servigi pubblici che ricevono in cambio delle loro contribuzioni. Ma ci sono altri argomenti più gene­ rali da addurre contro i dazi compensatori. Anzitutto è raro che essi colpiscano realmente i produttori stra­ nieri. Il prezzo dei prodotti importati si eleva ordina­ riamente dell’ammontare dei dazi di dogana e allora i consumatori nazionali fanno le spese della compen­ sazione; essi rimborsano agl’ importatori stranieri i dazi che questi hanno anticipato. In secondo luogo il rincaro dei prodotti stranieri si estende ai pro­ dotti similari nazionali e in questo modo i consu­ matori francesi vengono a rimborsare ai produttori francesi la totalità delle loro imposte personali. Se questo sistema venisse generalizzato, nè le imposte sui redditi, nè le imposte sui capitali avrebbero più alcun effetto, proprietari e capitalisti sarebbero sgra­ vati e non ci sarebbero più che i consumatori che pagherebbero non in ragione dei loro consumi di lusso e facoltativi, indizi della loro agiatezza, ma in ragione dei loro consumi qualsisia, anche i più ne­ cessari.... » (pag. 10 0 ). Sane considerazioni l’Autore svolge anche intorno alla moralità della ricchezza, al risparmio, alla soluzione naturale del problema sociale, ai progressi da promuovere e agli errori da evitare.

L ’Autore, come lo stesso titolo del libro fa com­ prendere, non si è proposto di scrivere un sunto di economia, ma di popolarizzare alcune idee economi­ che, che sarebbe davvero necessario penetrassero nella mente di tutti; e ammesso pure che si possa fare anche meglio, ci pare eh’ egli abbia fatto bene. Rag. Carlo Rosati. — L ’amministrazione e la conta­

bilità delle Opere P ie in Italia, secondo la nuova legge 11 luglio 1890. — Perugia, Tip. Bertelli, 1890,

pag. 72, (Lire 2).

(6)

214

L ’ E C O N O M I S T A

5 aprile 1891

poco e spesso in peggio le disposizioni riguardanti la contabilità delle opere pie, contenute nella legge 3 agosto 1 8 6 2 . Solo ultimamente coi regolamenti approvati dal Regio decreto S febbraio 1891 si sono chiarite e meglio determinate molte disposizioni della citata legge, e si sono tolti così non pochi dubbi sulle intenzioni vere del legislatore. Delle quali in­ certezze niuno può maravigliarsi quando si rifletta al modo infelice con cui si sono preparate molte leggi in questi ultimi anni.

Il sig. rag. Rosati nel suo scritto, pubblicato verso la fine del passato anno, segnala opportunamente i difetti della legge del 17 luglio 1 8 9 0 , nei riguardi delle contabilità, espone i voti manifestati nei Con­ gressi e in Parlamento, critica accuratamente le di­ sposizioni sul consuntivo e si occupa del preventivo della tutela delle istituzioni di beneficenza e della responsabilità degli amministratori; encomiando la legge che sottopone il preventivo delle Opere pie alla Giunta provinciale ammintstrativa.

Ciò premesso, l’egregio Autore svolge i principali criteri amministrativi e contabili applicabili alle Opere pie e fa varie proposte intorno alla separa­ zione della contabilità patrimoniale da quella ammi­ nistrativa, intorno alla eliminazione dei residui finan­ ziari impropri del Consuntivo, circa la classificazione delle entrate e delle spese : proposte che nel com­ plesso ci paiono conformi ai più recenti perfeziona­ menti della contabilità pubblica e che sono anche, se non tutte, nella massima parte, accolte nel Rego­ lamento di contabilità del 5 febbraio ultimo. Chiude questa interessante monografia un esercizio pratico di applicazione per un Orfanotrofio femminile e pel quale è adottata la forma americana del Giornale- Mastro.

Apprendiamo poi che il rag. Rosati in unione al rag. Donati pubblicherà quanto prima una « Guida di Amministrazione e Contabilità per le Opere pie del Regno, secondo il regolamento generale di con­ tabilità approvato con r. d. 5 febbraio 1891 ed in relazione all’impianto della Congregazione di Carità di Perugia ». La competenza degli Autori nella materia ci fa ritenere fin d’ora che l’opera riescirà pregevole e utile sotto ogni riguardo.

Enrico Molina. -— Un anno di Contabilità pubblica.

G uida a lla lettura dei B ilan ci e Conti dello Stato.

— Viterbo, Tip. Seralessandri, 1890, pag. 59. Idem. L e form e dei B ilan ci e dei Rendiconti dello

Stato dal 1869 ad oggi. — Studio. — Novara.

Tip. Miglio, 1890, pag. 51.

L ’idea di scrivere una Guida alla lettura dei Bi­ lan ci e dei Conti dello Stato era ed è, senza dubbio, ottim a, perchè è un vero e urgente interesse pubblico di rendere facile la intelligenza dei bilanci e dei conti. Troppi sono coloro che si occupano della finanza dello Stato senza avere una idea precisa della struttura dei bilanci, senza possedere quelle cognizioni elementari di ragioneria pubblica che per­ mettono di distinguere con piena sicurezza un bi­ lancio di competenza da un bilancio di cassa, una operazione patrimoniale da una finanziaria e via di­ cendo. Senonchè, mentre lodiamo sinceramente il prof. Molina per la buona idea che ha voluto tra­ durre in atto, dobbiamo avvertirlo con non minore sincerità che il suo lavoro non ci pare riuscito. In

realtà la Guida esiste di nome, ma non di fatto, per­ chè il suo lavoro non è che una esposizione suc­ cinta e talvolta incompleta delle norme e procedure contabili stabilite dalla nostra legge sulla contabilità dello Stato. Esposizione che non ci pare di molta utilità nè per chi è già addentro nella materia, nè per coloro che sono privi di cognizioni in fatto di contabilità pubblica. E invero non crediamo che sia sufficiente e soddisfacente questa spiegazione colla quale l’Autore esordisce: « Nell’azienda dello Stato come in ogni pubblica azienda si hanno due specie di contabilità : la contabilità fin an ziaria e la con­ tabilità p atrim on iale. La prima considera la ge­ stione nei riguardi del bilancio, la seconda nei ri­ guardi del patrimonio dello Stato. » Troppo poco

per una G uida.

1 lavori di questo genere sono forse tra i più difficili, e di ciò va tenuto conto all'A utore; il quale se avesse lasciato maturare meglio la sua buona idea ci avrebbe dato qualche cosa di più adatto per una Guida e di più utile per tutti.

Nell’altro suo studio, il prof. Molina ha riassunto le modificazioni che dal 1 8 6 9 ai nostri giorni subì la forma dei Bilanci e dei Rendiconti delio Stato. Dice giustamente il Molina che « lo studio di que­ ste mutazioni, interessante sotto ogni riguardo, lo è in particolare modo per gli utili ed ammaestrevoli confronti cui ci porge occasione di fare tra i primi conti, imperfetti ed insufficienti allo scopo a cui erano destinati e gli attuali che, se non hanno rag­ giunto la perfezione, si può tuttavia affermare essere tra i migliori che oggigiorno si apparecchiano dai principali Stati Europei. » Parole queste che espri­ mono una verità incontestabile, per chiunque con­ sideri obbiettivamente e serenamente l’ evoluzione della forma dei Bilanci e dei Rendiconti dello Stato.

(Rivista (Economica

Il movimento operaio per la dimostrazione del 1° mag­ gio.La circolazione monetaria in Francia. — /

proventi del lotto in Italia nel triennio 1887-90. Il movimento operaio per la dimostrazione del l.° maggio. — L ’organizzazione dello sciopero ge­ nerale del 1 ° maggio, ordinato dal misterioso con­ siglio di Londra, non procede a quanto pare secondo il desiderio dei promotori. Ci sono fra gli operai degli uomini così male intenzionati da trovare che scioperare in onore del lavoro non è tròppo logico; ci sono degli altri, più numerosi, che deplorano la giornata perduta e domandano se non fosse possi­ bile di rinviare la dimostrazione a un giorno che fosse già per se stesso feriale; essi calcolano la somma che rappresenterà in tutto il mondo, se la parola d’ordine del comitato viene obbedita ovunque, il costo di quella partita di piacere e trovano che essa ammonterà a parecchi milioni e che è un far pa­ gare ben caro agli operai il piacere d’ una manife­ stazione platonica.

In Germania una gran parte degli operai resiste alle ingiunzioni partite da Londra; a Parigi si nota

(7)

á±.Z.

5 aprile 1891

L ’ E C O N O M I S T A

215

certi luoghi si vedono anzi dei corpi di mestiere dichiarare che non abbandoneranno il lavoro e do­ mandare la protezione della polizia in favore del diritto al lavoro, inteso nel senso buono.

Nel Belgio, dove quello che si può chiamare il partito dello sciopero ha da lungo tempo il predo­ minio, è stato deciso tuttavia di aspettare ancora qualche settinr na prima di dichiarare lo sciopero generale. In Itaua i socialisti si danno un gran da fare, specie in Sicilia e a Milano e certo fra poco si agiteranno ancora di più per patrocinare I’ ab­ bandono del lavoro il primo di maggio. L a Spagna sola pare essere ormai in preda al movimento in favore dello sciopero.

Malgrado queste velleità di resistenza, non bisogna aspettarsi di vedere gli uomini che hanno gettato quel pomo di discordia nel mondo, retrocedere nè davanti alle responsabilità incorse, nè davanti alle obbiezioni di coloro che esitano a sacrificare per uno scopo chimerico una giornata di lavoro e di salario. Essi sono troppo al sicuro, perchè abitano Londra, e troppo autoritari nella loro condotta per lasciarsi impressionare da considerazioni di questa specie. Si può quindi tenere per certo che eserci­ teranno in questo mese una energica pressione sui timidi e sui ricalcitranti, affine di costringerli coll’ in­ timidazione ad obbedire alla parola d’ordine e a rien­ trare nei ranghi.

La questione sarà definitivamente risoluta nel Con­ gresso dei minatori che si è riunito ora a Parigi e al quale sono stati convocati i delegati dei gruppi socialisti di tutta l’Europa. Non c’è quindi da farsi illusioni sul risultato probabile di ciò che a mala pena può chiamarsi una discussione. In quelle riu­ nioni di lotta dove le menti si infiammano da sè stesse soni? troppo spesso i più violenti che ottengono la vittoria.

La circolazione monetaria in Fran cia. — Una nuova inchiesta sulla condizione della circolazione monetaria deve essere intrapresa quanto prima in Francia. Essa viene in buon punto, perché è da un pezzo che si sente manifestare il desiderio che la circolazione monetaria sia migliorata, per così dire, nel suo materiale, ma finora la spesa che la rifu­ sione delle monete calanti porterà inevitabilmente ha trattenuto dal compierla. Si capisce che nessuno pensa in Francia di restituire alle monete d’ ar­ gento il valore che non hanno più; da questo aspetto il ribasso subito è tale che la politica di aspettazione e di raccoglimento si impone. Le conseguenze eco­ nomiche del deprezzamento dell’ argento sono del resto attenuate in Francia perchè il paese vive in realtà sotto il regime del tipo aureo. 1 prezzi delle merci, il costo dei servigi, il saggio dei salari non hanno cessato di essere basati sui corsi dell’ oro ; alcuni economisti avevano anzi creduto di scoprire in questo fatto la causa diretta della contrazione subita durante un certo tempo da un buon numero di prezzi.

La moneta aurea avendo così la funzione prepon­ derante iieH'insieme della produzione e degli scambi della Francia si capisce come alcuni si preoccupano che nulla intervenga ad alterarla. Essa è pur sem­ pre minacciata da varie cause. Ad esempio una emissione eccessiva di biglietti di Banca in seguito a|la estensione abusiva delle operazioni della Banca di Francia farebbe emigrare l’oro, e viziare la cir­ colazione monetaria. Così pure se non fosse stata

sospesa la coniazione dell’ argento tutto il metallo rinvilito avrebbe preso la via della Francia per es­ sere cambiato contro oro. Sono pericoli questi ben remoti per poca saviezza che il Parlamento abbia.

Ma c ’è un altra minaccia per la moneta aurea ed è l’ ingiuria del tempo. Essa invecchia, si logora e siccome il suo valore intrinseco reale può solo servire di base alle transazioni, una perturbazione più o meno grave si manifesta nei prezzi. I pezzi d’oro che hanno conservato il peso giusto sono per la forza stessa delle cose preferiti agli altri. Essi sono ricercati pei pagamenti da farsi all’estero.

Il paese è esposto così a conservare solo le mo­ nete d’ oro deprezzate in causa del logoramento. D’onde la necessità e l’utilità di una rifusione delle monete auree ; circostanza questa che si manifesta sopratutto nei paesi che ne sono ben provveduti, che ne hanno in circolazione una massa considere­ vole, quali appunto la Francia e 1’ Inghilterra. Ma gli scarsi mezzi disponibili non hanno permesso fi­ nora alla Zecca di Parigi che delle rifusioni p ar­ ziali, limitate e per ciò stesso insufficienti. Ora però pare che la situazione debba mutare e che risorse inattese si siano escogitate. A intervalli più o meno lunghi la Banca di Francia suole cambiare i tipi dei suoi biglietti. È questa per essa una occasione natu­ ralissima di rendersi conto della quantità di biglietti che hanno potuto essere distrutti. S’ intende che sono calcoli approssimativi e che in qualsiasi caso la Banca è obbligata a ritenere come esistenti an­ che i biglietti che non le sono presentati pel cambio. Ogni biglietto di Banca costituisce, infatti, per quanto vecchio sia, un credito indiscutibile, esigibile a v ista. Sopra questo punto la discussione non è possibile, perchè il debito contratto dalla Banca non si pre­ scrive in Francia, i detentori dei biglietti sono pa­ droni di presentarli o no ; i loro diritti sono asso­ luti e inesorabili. Ma non è meno vero che secondo ogni verosimiglianza una certa quantità di biglietti va distrutta o perduta. E ad esempio esiste presen­ temente in biglietti di emissioni anteriori al 1 8 6 2 una somma di sei milioni che non è stata presen­ tata alla Banca di Francia. Questi sei milioni di biglietti non sono stati nella loro totalità distrutti, prova ne sia che ne rientra alla Banca per circa quarantamila franchi l’ anno, ma questa stessa cifra insignificante fa supporre che la Banca non avrà mai da rimborsare la maggior parte di quei sei milioni.

C’ è adunque un utile derivante da questa causa speciale, utile che non può appartenere alla Banca e per la quale, esso, invero, non esiste, perchè la Banca non p uù . essere mai liberata verso i portatori dei suoi b igliet^se” non col rimborso al quale hanno diritto. Ecco adunque un’ entrata di sei milioni che spetta esclusivamente allo Stato, ma che questi non può ricevere che alla liquidazione della Banca. Per trarne partito fin d ora si pensa appunto di impiegarne la maggior parte, cinque milioni circa, per la rifusione delle monete d’oro. Le indagini compiute dalla Zecca di Parigi farebbero credere che quella somma possa bastare e non sono pochi quelli che trovano che il sacrificio è tenue e che potrebbe essere so­ stenuto appunto mediarne l’ utile derivante dai bi­ glietti della Banca perduti o distrutti.

(8)

del-216

L ’ E C O N O M I S T A

l’Econom ista) ha accolto con favore quell’idea e il modo pratico per attuarla sarebbe semplicissimo. La Banca rappresenterebbe con sei milioni di biglietti nuovi i vecchi biglietti che ancora non le sono stati resi e che si reputano distrutti. Con ciò la cifra della circolazione fiduciaria non sarebbe mutata, il debito resterebbe invariato perchè non ci sarebbe di mutato che i biglietti. Quei sei milioni la Banca li consegnerebbe al Tesoro il quale li destinerebbe alla rifusione dei pezzi da venti franchi.

Finalmente il Tesoro sarebbe debitore verso i de­ tentori eventuali dei biglietti supposti distrutti e sic­ come nella massima parte lo sono effettivamente l’impegno del Tesoro non sarebbe che nominale.

Tale il progetto caldeggiato da varie parti e che certo non ledè alcun diritto, mentre darebbe modo di compiere una utile riforma monetaria. Purché però il Tesoro francese non abbia poi a veder sbucare da ogni parte i biglietti che formano quei sei milioni e dei quali conta di disporre liberamente.

I proventi del lotto in Italia nel triennio 1887-90. — Dalla relazione che accompagna il progetto di mo­ dificazioni delle disposizioni, le quali regolano il lotto pubblico, riproduciamo le seguenti cifre illustrative dell’azienda del lotto durante i tre esercizi finan­ ziari del 1 8 8 7 -8 8 al 1 8 8 9 -9 0 . RISCO SSIO NI LO R D E 1887-88 1888 89 1889-90 Totale Estratto semplice 1729519 1175461 994640 3899620 » determinato 3428296 293401S 2465670 8828104 Arribn 38490673 38905159 39455886 116851718 T e r n o ... 28679785 28914654 28352091 85757418 Quaterno... 3040064 3087676 2809769 8938509 Tota le... 75368337 75016968 74074176 224459481 V IN C IT E 1887-88 1888-89 1889-90 Totale Estratto semplice 799987 702658 598558 2101203 > determinato 2522651 2293285 1690205 6506141 Ambo... 27257535 28731750 26775816 82765101 T e rn o ... 10421498 12173000 12092500 34686998 Quaterno... 74000 337800 517200 929000 T o ta le... 41075671 44238493 41674279 126988443 M E D IA D U R A N T E I L T R IE N N IO Riscossioni Vincite Utile dell’erario Rapporto percentuale d ell’ utile alle riscoss. Estratto semplice 1,299,873 700,401 599,472 46,12 Id. determinato 2,342,701 1,168,714 773,987 26.30 Ambo...38,950,573 27,588,367 11,362,206 29,07 T e rn o ... 28,648,843 11,562,333 17,086,510 59,64 Quaterno... 2,979,170 309,666 2,669,504 89,60 Totale... 74,821,160 42,329,481 32.491,679 43,43

L ’utile medio di L . 3 2 ,4 9 1 ,6 7 9 non rappresenta però il beneficio reale dell’ erario, giacché esso è gravato ancora dell’aggio ai ricevitori, il quale in media sale a L . 5 ,2 3 3 ,6 6 4 annualmente ; onde il provento netto, che lo Stato ricava dal giuoco del lotto, discende a circa L . 2 7 ,2 5 0 ,0 0 0 annue.

5 aprile 1891

Il 2 3 marzo in Roma fu tenuta l’adunanza ordi­ naria degli azionisti della Banca Romana, a cui dal Governatore dello Banca fu data lettura della rela­ zione che accompagna ed illustra il bilancio del­ l’esercizio del 1 8 9 0 , e le relative proposte dell’Am­ ministrazione.

Prima di tener parola delle singole partite, pre­ metteremo con la scorta della relazione che la Banca dovette nel 1 8 9 0 sottostare a maggiori spese deri­ vanti alcune dalle difficoltà sorte per il cambio dei biglietti con gli altri Istituti di emissione special- mente con la Banca Nazionale, e ie altre prove­ nienti dalla transazione col Tesoro dello Stato, pa­ gando adesso un tributo per la eccedenza della cir­ colazione legale causata dagli ingenti bisogni del paese.

La relazione è accompagnata da diversi prospetti, il primo dei quali contiene i redditi e le spese che dettero i seguenti resultati :

R e d d iti...L. 3 ,7 2 1 ,0 2 1 .6 0 S p e s e ...» 2 ,6 3 6 ,1 1 9 .0 2 e quindi un benefìzio di . . . L . 1 ,0 8 4 ,9 0 2 .5 8 Il benefizio del 1 8 8 9 fu di . . » 1 ,3 6 9 ,0 9 8 .9 6 e quindi un beneficio in meno nel

1 8 9 0 d i... L . 2 8 4 ,1 9 6 .3 8 Le tasse nel 1 8 9 0 ascesero a L . 6 4 0 ,8 3 1 .0 9 a cui aggiunta la compartecipazione al Tesoro sugli utili dell’ eccedenza della circolazione del 1° lu­ glio 1 8 8 8 a tutto decembre 1 8 9 0 in L. 3 9 7 ,5 9 2 .9 7 si ha un totale di L . 1 ,0 3 8 ,2 4 4 .0 6 . Nel 1 8 8 9 le spese essendo state soltanto di L. 6 3 0 ,7 8 8 .4 8 si ha per il 1889 una maggiore spesa di L. 4 0 7 ,4 5 5 .6 8 , la quale va fino a L. 6 3 5 ,9 1 7 .4 5 aggiungendo le perdite liquidate nelle partite provenienti da falli­ menti per l’importo di L. 2 2 8 ,1 6 1 .7 7 .

Il secondo prospetto presenta lo stato attivo e pas­ sivo dal quale resulta che le at­

tività ascendono a ...L. 1 5 0 ,5 5 2 ,9 3 5 .8 9 e le passività a ... » 1 3 0 ,1 4 8 ,0 5 5 .8 5 e quindi una rimanenza di . . L . 2 0 ,0 6 9 ,9 7 7 .4 6 che rappresenta il capitale e i fondi di riserva e di previdenza.

Il movimento di cassa ascese a L. 9 3 6 ,0 6 6 ,7 7 1 .5 3 , con una diminuzione sul 1 8 8 9 per l’ importo di L . 2 9 2 ,5 3 6 ,3 6 0 .4 3 la qual diminuzione deriva da minori pagamenti ed incassi per conto dei corrispon­ denti della Banca.

Gli effetti entrati in portafoglio sopra Roma am­ montarono a N. 5 7 ,4 6 3 per L. 1 3 8 ,8 0 9 ,3 0 5 .5 9 e sull’ altre

piazze italiaue a » 3 5 ,6 0 0 » » 6 1 ,5 9 9 ,4 0 3 .7 1 Totale effetti N. 7 3 ,0 6 2 per L. 2 0 0 ,4 0 8 ,6 1 1 .5 0

Le quali cifre in confronto al 1 8 8 9 presentano una diminuzione di 4 5 5 3 nel numero degli ef­ fetti, e di Lire 2 0 ,0 0 5 ,4 6 6 .3 5 nel valore dei me­ desimi.

(9)

5 aprile 1891

L ’ E C O N O M I S T A

217

nel 1890 di ... L . 2 7 ,9 7 6 ,7 0 0 co n tro ... » 2 7 ,5 6 2 ,7 2 0 nel 1889 e quindi un aumento nel

1 8 9 0 d i ... » 4 1 3 ,9 8 0 Il cambio cogli Istituti di emis­

sione o riscontrata nel 1890 ascese a » 2 3 7 ,1 2 0 ,1 0 0 e nel 1 8 8 9 a ... » 3 0 4 ,1 9 4 ,5 5 0 e quindi una differenza in meno

nel 1 8 9 0 d i ... L. 6 7 ,0 7 4 ,4 5 0 La relazione osserva in proposito che stante le sfavorevoli condizioni economiche in cui ha versalo il paese nel 1890, la riscontrata non potè intera­ mente effettuarsi in ciascuna decade, e che per ri­ parare a questo inconveniente cioè a dire per riti­ rare le giacenze dei biglietti presso l’ Istituto pre­ sentatore, fu giocoforza aprire con esso un conto corrente per una somma determinata. Ma neppure questo espediente valse a lenire le spese e i pe­ ricoli della riscontrata, la quale per la difficoltà sempre crescente di trovare biglietti dell’ Istituto maggiore, fu causa annualmente di una spesa per la Banca sempre più rilevante. Infatti mentre nel 1889 con un cambio complessivo di L. 3 3 1 ,7 5 7 ,2 7 0 la spesa ascese a L . 2 4 1 ,0 1 0 .4 0 , nell’esercizio di cui ci occupiamo questa spesa giunse a L . 2 6 6 ,3 9 8 .8 1 con un cambio di L. 2 6 5 ,0 9 6 ,8 0 0 e quindi una maggiore spesa per il cambio per I’ importo di L. 2 5 ,3 8 8 .4 1 .

Le liquidazioni di borsa ascesero nel 1 8 9 0 a L. 1 ,0 1 1 ,2 6 5 ,1 5 2 con una differenza in più sul 1889 per la somma di L . 2 2 ,0 8 9 ,4 5 5 .0 5 .

La proporzione fra le operazioni, e le differenze pagate in contanti fu nel 1 8 9 0 di L. 3 ,9 5 per cento mentre nel 1889 era stata del 5 ,0 2 0|0 e una tal diminuzione di proporzione dimostra sempre più, secondo la relazione, l’ utilità di questo servizio che la Banca rende al pubblico.

Gli utili come abbiamo veduto

ascesero a ... . . L. 1 ,0 8 4 ,9 0 2 .5 8 da cui prelevati i due acconti

dividendi già pagati in . . . . » 7 5 0 ,0 0 0 .0 0 restano d is p o n ib ili...L . 3 3 1 ,9 0 2 .5 8 le quali depurate dalle attribuzioni dovute al fondo di riserva in ragione del 2 0 per cento e al Gover­ natore della Banca in ragione del 12 0[o si resi­ duano a L . 2 3 5 ,7 7 1 .4 5 di oui L . 7 5 ,0 0 0 furono assegnate a saldo de! dividendo in ragione di L. 5 per eia: cuna delle 1 5 0 0 azioni, e il resto a! fondo speciale di previdenza.

In tal modo l’esercizio del 1 8 9 0 si chiuse con una riserva

statuta-taria di . . . . . . . . L. 3 ,1 4 6 ,2 6 5 .4 2 e con un fondo speciale di previ­

denza di... » 1 ,8 5 3 ,7 3 4 .5 8 in t u t t o ...L. 5 ,0 0 0 ,0 0 0 ,0 0 0

L’UNIONE COOPERATIVA DI MILANO

Giorni sono T Unione cooperativa tenne l’assem­ blea generale dei suoi soci, ai quali venne letta la relazione sulla gestione del 1 8 9 0 , che fu accolta in­

sieme alle conclusioni del bilancio, con unanime ap­ provazione.

Prima di procedere alla esposizione delle cifre prin­ cipali del bilancio, premetteremo che invece del 6 ,5 0 per cento che fu restituito l’anno scorso ai consu­ matori, fu stabilito di dare soltanto il 5 per cento, e questo allo scopo di applicare un sensibile deprez­ zamento alle merci sulla loro totalità, malgrado ve ne andasse compresa una fòrte partita entrata in ma­ gazzino negli ultimi mesi dell’ anno, e di conteg­ giare una notevole ammortizzazione nelle spese di impianto, consolidando così l’azienda nelle successive sue gestioni.

Tuttavia malgrado la crisi acuta che perturba l’an­ damento di antichi commerci e di potenti industrie, che affievolendo la circolazione del denaro attenua i consumi, bisogna riconoscere che le risultanze della aziènda corrispondono àlla fiducia che nel ktio a v ­ venire si era riposta.

E poiché più delle parole valgono le cifre ecco come procedette l’incremento dei soci, del capitale, delle vendite e degli utili dal 1886 epoca della sua istituzione.

anno soci capitaie ven dite u tili

1886 3 8 7 7 , 4 7 6 7 , 0 0 6 1 , 0 5 8

1887 6 1 3 2 9 , 9 0 8 8 5 , 6 4 6 1 0 , 0 7 5

1888 8 7 4 1 3 8 , 2 6 1 2 3 1 , 0 2 6 2 4 ,8 3 6

1889 2 1 2 7 3 7 8 , 8 1 2 6 8 1 , 5 3 9 8 2 , 2 5 0

1890 3 4 1 2 6 8 7 , 1 5 0 1 , 3 9 7 , 4 7 5 1 4 1 , 4 1 4

Le vendite di quest’anno in L . 1 ,3 9 7 ,4 7 5 spet­ tano per L. 871 ,1 7 1 al 2° semestre e furono ripar­ tite fra 1 6 4 ,0 0 0 singoli acquisti. Il movimento gene­ rale di cassa ammontò a L. 3 ,7 9 7 ,0 1 0 .3 7 ; quello del giornale-mastro a L. 1 3 ,9 0 9 ,4 8 9 .5 2 . Le rendite furono di L. 5 2 3 ,6 9 7 , le spese di L. 1 8 2 ,2 7 2 .6 3 . Le attività sommano a L . 1 ,2 0 4 ,6 3 0 .7 7 , le passività a L . 1 ,0 6 5 ,2 1 6 .1 0 ed il residuo netto in L. 1 4 1 ,4 1 4 .5 7 andrà, a norma dello statuto, erogato in modo che fra tutti i consumatori, anche non soci, verranno ripartite L. 7 0 ,3 6 3 .8 6 , pur dando al capitale I in­ teresse del, 6 0 /o oltre la quota spettante al fondo di riserva. E tali risultanze si ebbero malgrado le spese tutte del personale, affitto, imposte, illumina­ zione, riscaldamento ecc., gravassero per 1 2 mesi 1’ esercizio 1 8 9 0 , mentre gli affari rimasero sospesi per 1 6 giorni, non compresi i festivi. La ricerca di nuovi punti di consumo, il bisogno di farci cono­ scere su altri mercati, obbligarono ad un lavoro di propaganda che pesa sul nostro bilancio. Ma la pro­ paganda penosa ed ora dispendiosa ci avrà procu­ rato una nuova e larga clientela che permetterà di distribuire sopra un maggior numero di affari le spese generali che gravano l’azienda senza riguardo all’ incremento od alla sosta delle sue funzioni.

Riferimenti

Documenti correlati

Così il Comizio di Milano, dove tanti avvocati hanno difeso a modo loro la causa dell’operaio, muove dall’affermazione dello sfruttamento del lavoro per opera del

II Rettifilo che deve riuscire una delle più fre­ quentate vie di Napoli così da far concorrenza alla via Toledo, perm etterà lo spostam ento di una certa

— Le Camere di Commercio applaudirono alla misura che corrispon- deva; a quanto io stesso due anni prima avevo propo­ sta in un mio studio sul Riordinamento

Ma i produttori dovrebbero cominciare dalla con­ siderazione che l’ arte bisogna impararla un po’ alla volta da chi già la possiede; che per imparare a

Diamo più innanzi il progetto di legge per la pro­ roga della emissione dei biglietti di banca, quale venne concordato tra la Commissione parlamentare ed il

L 'am m in istrazio n e della Banca Romana ha res stito più delle altre ad en tra re nel m ovim ento, e questo è giustificato, non solam ente perchè era im

Ricordiamo però che ad un certo punto la relazione si sofferma a narrare le vicende della riscontrata tra la Banca Nazionale e la Banca Romana ed a questo

buone disposizioni dell’ alta Banca, la quale del resto con l’ avvicinarsi della liquidazione m ensile, aveva tulio il suo interesse a spingere i m ercati nella