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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.887, 3 maggio

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L’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECON OMICA, FIN AN ZA, COMMENCIO, BANCH I, F E R R O V IE , IN TE R E SSI P R IV A T I

Anno X V ill - Voi. XXII

Dom enica 8 M aggio 1891

N . 887

LE FERROVIE E LA FINANZA DELLO STAIO

Ormai sem bra dimostrato con evidenza che, se l’ Italia continuerà nella attuale politica estera non potrà veram ente consolidare il suo bilancio se non per mezzo di nuove imposto. La crise del gennaio scorso aveva fatto credere ad un radicale m uta­ mento n ell’indirizzo dello Stalo, ma pur troppo si comprende che, o perchè il m ilitarism o anche in Italia si impone potente, o perchè la Corona usa della sua prerogativa intorno alla politica estera quanto più abbandona al beneplacito dei m inistri quella in tern a; cosi il M inistero attuale non è molto dissim ile nella sostanza da quello precedente.

Noi avevam o speranza che l’Italia stringendo più intimi accordi colla Inghilterra avrebbe potuto con essa, e nei lim iti che essa suole usare nei rapporti internazionali, m antenerci uniti alle potenze centrali

soltanto per il mantenimento della pace europea;

pare invece che la triplice alleanza, quale fu stip u­ lata pel quinquennio, sarà rinnuovata, e l’ Italia si tro­ verà conseguentem ente costretta a tenere un esercito ed una arm ata superiori a quello che non compor­ tino le sue forze finanziarie. E la riduzione delle spese m ilitari era il solo mezzo — lo abbiamo di­ mostrato parecchie volte — per condurre il bilancio italiano in proporzioni sopportabili, perchè, tolte le j spese m ilitari, gli oneri del debito, le spese di per­ cezione ed i servizi, rimangono poco meno di 500 milioni nei quali le economie non possono essere che molto lim itate, m entre, perchè divenga norm ale il bilancio deve essere dim inuito appunto di un trecento m ilioni.

Dobbiamo quindi rassegnarci a non vedere, per ora alm eno, attuato il nostro program m a e ne p ro ­ viamo vivo ram m arico, perchè crediam o che sia il solo mezzo per ravvivare la economia del paese op­ pressa, schiacciata anzi dalle imposte di ogni genere, che soffocano sul nascere ogni tentativo di produzione.

Ma appunto perchè non possiamo sperare uè dal- I attuale Ministero, nè dalla Camera attuale una ra­ dicale dim inuzione nelle spese m ilitari, preoccupali sempre delle necessità di rendere più leggeri gli oneri dei Tesoro, e convinti che sarebbe vana opera quella che il Governo facesse per ottenere dal cre­ dito quello che urgentem ente gli abbisogna, ci do­ mandiamo se non sia il caso di rivolgere la rnen'e alle nostre ferrovie, perchè il Tesoro possa trarre da esse quello che gli è nelle attuali contingenze necessario.

I nostri lettori non hanno dimenticato che VEcono­ mista, difendendo le convenzioni per l’esercizio ferro­

viario, ha dichiarato che quei contratti non rappresen­ tavano per il suo convincim ento se non il primo passo verso una riform a più radicale. Noi non solo non cre­ diamo che lo Stato possa essere senza danno di tutti esercente di ferrovie, ma riteniam o ancora che non debba nemm eno essere proprietario di ferrovie. Nel 1885 approvando le convenzioni di esercizio confi­ darono tutti d ie la prosperità del paese avrebbe po­ tuto segnare una curva per lungo periodo ascenden te; non si prevedevano allora nè gli errori della politica estera, nè le dolorose illusioni della politica doganale che tanto contribuirono a gettare l’Italia nelle odierne difficoltà. Ora il m ale è fatto e le convenzioni di esercizio, che potevano abbastanza adattarsi quando la nazione fosse stata in condizioni norm ali, sono diventate un letto di procuste di fronte alla lunga crise. Lo Stato non ha mezzi per m iglio rare e m antenere in buon assetto le strade, le stazioni ed il m ateriale di cui è proprietario ; 1’ esercizio diventa sem pre più difficile con strade, stazioni e m ateriale insufficiente o d isad atto ; d’altra parte, dim inuendo invece che aum entare i prodotti, la cassa degli aum enti patrim oniali è incapace a soddisfare i bisogni urgenti. Così abbiamo un doppio danno : il prop rie­ tario delle vie ferrate non ha modo di m antenerle in buon assetto, e l’ esercente non può servirsene col m aggior vantaggio del pubblico.

Ora noi ricordiam o perfettam ente che molti degli oppositori alle convenzioni del 1885, con a capo Fon. Z anardelli, non si dichiaravano fautori d el- l ’ esercizio di Stato, ed avrebbero voluto che le convenzioni non si lim itassero a ll’ esercizio, ma contem plassero anche la proprietà delle ferrovie. Pare a noi che sia venuta la opportunità di d iscu ­ tere tale problema dal duplice punto di vista del m iglioram ento del servigio e d all’assetto del Tesoro. Certo non intendiam o ora di presentare un progetto completo, ma soltanto di tracciare le linee principali a cui il Governo dovrebbe por mente.

Abbiamo in Italia tre reti principali, la A d ria­ tica, la M editerranea e la S icilia, le due ultim e sono sem plicem ente esercenti di linee di proprietà dello S ta to , la prima invece è proprietaria di una parte considerevole de la propria rete. Partendo da questo principio e senza prender di m ira progetti troppo vasti e perciò stesso difficilm ente realizzabili, noi do­ m andiam o se non fosse il caso di com inciare da un sem plice concetto, quello cioè di rendere la Società A driatica completam ente proprietaria di tutte le linee che esercita ricevendone in cambio i mezzi per prov­ vedere al m iglioram ento delle reti ed alle nuove costruzioni ferroviarie.

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che l’ on. M agliani, quando abolì il corso forzoso ac ­ cennò, ma per sua disgrazia non seguì — disse che bi­ sogna assolutam ente finire colle em issioni di titoli da'"1 parte dello Stato. È vero che uno dei suoi primi atti fu quello di alienare la rendita che garantiva i biglietti di S tato , ma si può forse perdonargli tale atto colla urgenza di provvedim enti che non am m et­ tevano dilazione. Ora però che ha potuto m isurare anche in pratica con quale difficoltà i m ercati esteri accolgano i nostri titoli, ora il Ministro del Tesoro deve studiare tutti i mezzi che possono esonerarlo dall’obbligo di qualsivoglia emissione.

Il problem a ferro viario , risoluto solo per quanto riguarda l’esercizio nel 1885, ed ancora da risolversi per quanto riguard a la proprietà delle linee, può fornire al Governo i mezzi per com piere il pro­

gram m a che si è prefisso. E noi riserbandoci di stu­ diare dal canto nostro l’argomento lo additiam o in­ tanto a ll’on. Ministro come una riform a che procurerà al bilancio due vantaggi cospicui : — spoglierà lo Stato dall’ onere della proprietà, che si è mostrato incapace di curare convenientem ente ; — risolverà, almeno in gran parte, le questioni finanziarie tra le quali si dibatte da lunghi anni il Tesoro.

IL RINCARO DEL FRUMENTO E IL PROTEZIONISMO

M entre i Governi e i Parlam enti si affannano a proporre e ad approvare i dazi protettori, si veri­ fica un fatto che m ette in luce g li effetti del pro­ tezionismo. S i direbbe quasi che I’ ordine naturale delle cose abbia preparato questo triste avvenimento del rincaro del frumento per dare un avvertim ento ag li uom ini di Stato e ai legislatori di tutti i paesi su i pericoli, ai q u ali si corre incontro coll’ aggravare i generi di consumo im prescindibile. S e m ai in­ fatti fuvvi opera dannosa alle popolazioni, contrad­ dittoria a tutto l’indirizzo della politica economica contem poranea, assurda per sè stessa nei suoi intenti è quella del ristabilim ento dei dazi sui cereali. Non siam o tornati alle scale mobili di un tempo e a tutti gli inconvenienti che esse producevano, ma abbiamo rim esso in onore la tassa sul grano a beneficio non tanto o non principalm ente del Tesoro, quanto dei grandi proprietari di terre. E se le conseguenze dei dazi d’ entrata sui cereali sono state attenuate per qualche tempo dalla dim inuzione dei prezzi nei paesi esportatori di grano, questo non significa già che i dazi non abbiano prodotto alcun effetto, come si è inteso sostenere da m inistri e da deputati, bensì che fortunatam ente l’ aum ento di prezzo derivante dal dazio venne compensato da nuovi ribassi sui m ercati regolatori, così che i consumatori perdettero solo il beneficio della diminuzione nel prezzo v e r i­ ficatosi nei paesi esportatori.

Ma ora le previsioni per il prossimo raccolto non essendo soddisfacenti, la situazione di cose è mutata sensibilm ente in peggio. Non è stato un aum ento su ­ bitaneo quello che si è verificaio nel prezzo del grano, m a insistente, e progressivo. La causa la più apparente e più certa è senza dubbio l’inverno terribile che abbiamo passato.

In non pochi paesi i geli e i disgeli hanno distrutto il grano nascente. In qualche luogo, come ad esem ­ pio in F ran cia, sono stati presi dei provvedim enti per

riparare ai cattivi effetti dell’ in v ern o ; vennero fatte delle sem inagioni di prim avera. Senonchè il cattivo tempo avendo persistito e la tem peratura non essendosi elevata, ne consegue che sulle sem inagioni di prim ave­ ra, non si possano avere grandi speranze. L ’ Inghilterra e la Germania non si trovano pure in condizioni gran fatto m igliori e anche la Russia non darebbe quest’anno il raccolto consueto ; gli Stati U niti sol­ tanto sarebbero in condizioni m igliori. Ma n ell’ iu- siem e si ritiene che la produzione del frum ento pre­ senterà quest’anno un disavanzo notabile. Q uesti sono i fatti che presentem ente esercitano una influenza incontestabile e naturale ; ma è bene aggiun gere che si tratta sem pre di m ere previsioni, forse prem ature e forse anche un tantino esagerate.

Comunque sia di ciò, vediam o le conseguenze di quella situazione non lieta che abbiamo indicato. I paesi dove si fa gran comm ercio di grano si pos­ sono dividere in paesi protezionisti e paesi lib ero - scam bisti. Le cifre dei dazi variano da paese a paese, ma ad ogni modo in ragione dei dazi e delle tendenze predom inanti la divisione riesce agevole. Noi siamo in Italia in un paese protezionista ri­ guardo a molte m erci, compreso anche il grano. Il dazio sul grano in Italia da 14 lire la tonnellata passò a 3 0 e poscia a 50 lire (r. d. 10 febbraio 1888). Or bene n ell’aprile 1888 il prezzo del grano era in me­ diala 23 lire , l’anno passato a 2 1 ,5 0 circa e quest’anno si trova invece a quasi 30 lire circa. S e i desideri degli ag rari italiani, degli on. Lucca, T egas e com­ pagni, ad esem pio, circa un nuovo aumento del dazio m anifestati nel gennaio fossero stati soddisfatti e il dazio sul grano avesse raggiunto le 8 o le 10 lire l’aum ento del prezzo a paragone di quello d ell’anno passato sarebbe ben più grave e le sue conseguenze ben più dolorose di quello che ora siano. Con questo non intendiam o dire che i consum atori, per gli aum enti degli ultim i giorni non risentano un danno sensibile, diciam o solo che senza l’allarm e dato dalla stam pa in principio di questo anno oggi ci trove­ rem m o certam ente col grano ancora più caro.

In F rancia i dazi sul' grano datano dal 1 8 85 , e a quell’epoca il prezzo del quintale di grano era di fran­ chi 2 3 ,1 0 e aveva la tendenza a scendere ; otte­ nuto il dazio di 3 franchi, i protezionisti hanno avuto il piacere di vedere che il ribasso cessava ; poscia il dazio venne portato a 5 franchi e i prezzi del grano aum entarono nel seguente m odo: 1 8 87 ; 22,87 il quintale - 1888; 2 4 ,4 0 — 1889; 2 3 ,5 4 — 1890; 24,5 0 — 1891 ; 30. È interessante di paragonare il movimento dei prezzi del grano in F ran cia e a Londra dopo il voto del dazio di 3 franchi e poi di quello di 5 franchi ; ecco le cifre prendendo il prezzo medio del quintale di grano in F rancia e in Inghilterra : D ifferenza P a r ig i I n g h il­ te rra a P a r ig iin più M ed ia D azio d i 3 fra n c h i: 188 5. . . . (2°, 3° e 4° trim estre) 22.15 18.39 3 .76 \ 1 8 8 6... .2 1 .9 4 17.42 4 .5 2 ( 4.15 188 7 (lo t r i m e s t r e ) ... 19.03 4 .1 9 ^ D azio d i 5 fran c h i :

1887 (2o, 3» e 4» trim e s tre ). .2 3 .6 9 17. 95 5. 74 \ F r a n c ia L o ndra

j

1 8 8 8... 19.16 5.63 J 6. 24

1 8 8 9... ... .2 4 .0 0 17.01 6 .9 9 \

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3 maggio 1891 L ’ E C O N O M I S T A 275 Queste cifre provano che almeno fino al 1890 non

sono gl’im portatori i quali, come pretendono i protezio­ nisti, hanno pagato il dazio di dogana, ma i consum atori. L’aumento del prezzo del grano si è ripercosso n a­ turalm ente sul prezzo del pane e come avviene in sim ili casi in m isura anche superiore. Così sebbene ci siano ancora disponibilità in grano abbastanza r ile ­ vanti, sebbene ancora lontani dall’ epoca in cui si deve venire a conti meno approssim ativi di quelli odierni, i consum atori hanno una spesa m aggiore per soddisfare il bisogno più intenso e più generale. E se le previsioni che si fanno ora venissero in se ­ guito provate esatte e peggio aggravate, vedrem m o sorgere la questione del pane a caro prezzo con tutti li strascichi inevitabili degli errori governativi e m u­ nicipali e delle m iserie popolari.

In F rancia il forte rincaro del grano ha già o c­ cupato il G overno, il quale pare disposto a rid u rre per qualche tempo il dazio di 5 fr. portandolo a 2 ,5 0 . Questo provvedim ento verrà naturalm ente procrasti­ nato di settim ana in settim ana allo scopo di far tutto il possibile per evitarlo. Inquantochè si com ­ prende che la m isura stessa sarebbe un colpo grave al protezionismo. Il dazio intanto oltre all’avere im ­ pedito che i consum atori godessero in passato il van ­ taggio della diminuzione del prezzo, diventerebbe ora un peso insopportabile e m ancherebbe di qualsiasi ragione giustificativa anche considerando la cosa dal punto di veduta protezionista. S e il dazio era neces­ sario per tenere il prezzo a un dato livello, suppo­ niamo di 25 lire, e il prezzo è salito a 30, giustizia vuole che ora venga tolto ; ma i protezionisti tra sei mesi potrebbero accam pare le ragioni addotte nel 1887 per ristabilire il dazio e così l’incertezza, le frequenti oscillazioni del prezzo, la perturbazione del mercato sarebbero i fatti dom inanti. L asciare il dazio coll’au ­ mento odierno del prezzo è una doppia ingiustizia, è un nuovo regalo illegittim o fatto ai produttori ; toglierlo per poscia restituirlo, in ossequio alla politica prote­ zionista, fra qualche m ese, sarebbe dare im pulso al disordine del m ercato. Una volta trascinati sul ter­ reno della protezione, le ingiustizie, g li errori e i danni non si possono evitare ; per farlo non c’ è che una via sola, abbandonare (piel cattivo terreno e app li­ care l’eguaglianza tributaria. Ma di questa i governi non si danno pensiero ; tutt’ al più ricorrono alla mezza m isura di ridu rre il dazio per qualche tempo. Provvedimento temporaneo, nella mente dei suoi fautori, e per ciò stesso ben poco efficace.

I RIBASSISTI IN PARLAMENTO

Abbiamo avuto la occasione di assistere alla d i­ scussione avvenuta alla Cam era intorno alla legge sul nuovo Istituto di credito fondiario e siamo ancora sotto la penosa im pressione che ci produssero quelle sedute.

Si discuteva, non vi ha dubbio, uno dei più inte­ ressanti e più ardui problem i della economia mo­ derna. Il credito fondiario ha fornito argom ento di studio a molti dottissim i scrittori; gli esempi da c ri trarre considerazioni anche nuove sulla m ateria non mancano; ne forniscono la storia passata e la con­ temporanea. Ebbene; tranne un fuggevole tentativo deH’on. Ministro del Tesoro diretto a portare la di­

scussione in un campo un poco più sereno e più utile, il rim anente dibattito ci convinse che alla C a­ m era si discutono i più interessanti problemi del paese ad orecchio, per quel poco che se ne può sentire parlandone al caffè, o leggendo qualche ar­

ticolo di giornale, ma senza che nessuno si dia la pena di approfondire I’ argom ento e di rendersene padrone. Abbiamo udito, deputati asserire ad alta voce nella foga delle loro im provvisazioni fatti e cifre notoriam ente non vere, ne abbiam o udito altri fare apprezzamenti gravissim i, senza addurre nemm eno il principio di prova di quanto asserivano, ma non ci fu dato di intenderne uno solo che, colla scienza e colla coscienza di sapere, rilevasse gli spropositi dei suoi colleghi e m ettesse la confusione nella loro audacia.

Il relatore della Commissione, on. Roux, ha bensì tentato di confutare una ad una le obbiezioni degli avversari al progetto, ma nessuno, letteralm ente nes­ suno lo ascoltava, m entre il silenzio più profondo e la attenzione più viva si m anifestavano appena pren­ deva la parola alcuno di quei deputati che sogliono suscitare lo scandalo od i rum ori, per le loro frasi, arrisch iate e senza m isura. E tanto più profonda è stala in noi la disillusione provata assistendo a quelle sedute (lo confessiam o a costo di parere in ­ g en u i) in quanto l’argom ento in verità prestavasi per molti molivi ad una discussione, seria, elevata e

concludente. Un progetto di legge che tende a fon­ dare un Istituto di cento m ilioni, che avrà la facoltà di em ettere un m iliardo di obbligazioni e che si strascica da due anni, in mezzo a num erose difficoltà e contraddizioni, poteva offrire campo larghissim o così agli oppositori come ai sostenitori del progetto di un’ am pia e feconda discussione.

Invece non abbiam o udito un solo oratore ripor­ tarsi alle condizioni gen erali del paese, non un solo deputato analizzare i bisogni nostri e dich iarare al­ tam ente e francam ente che i paesi poveri debbono, non dettare, ma subire le inesorabili leggi che rego­ lano il credito. Seguendo g li antichi sistem i delle assem blee francesi del. secolo scorso, alcuni hanno creduto che per rialzare il credito bastasse gridare contro coloro che molto o poco, sono disposti a dare i loro capitali. E ne abbiamo udite delle eresie pas­ sate sotto silenzio nella grande aula di Montecitorio! E venne gridato contro gli Istituti in genere per­ chè lasciano ribassare le loro azioni, vennero m essi alla berlina pubblica gli uom ini che dirigono gli Istituti, accusandoli di speculazioni non corrette !

Ma uscendo dalla Cam era noi ci siamo dom an­ dati un’ altra volta se tra mai possibile che alcuno, udendo parlare con tanto strazio del credito p u b ­ blico, potesse ancora avventurare una sola lira del suo patrimonio nel credito italiano.

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all’ on. Im briani, che pur m ostrava alla Cam era di aver lette le relazioni di alcuni Istituti, non ha sug­ gerito di leggere le relazioni del Direttore G enerale della Banca Nazionale, dove da qualche anno è rac­ contato agli azionisti per quali alte pressioni abbia dovuto im pegnare il capitale della Banca in opera­ zioni di salvatag gio ; — l’ on. Ministro del Tesoro che è cosi competente in coso di finanza non ha saputo o voluto rispondere all’on. Im briani, che tro­ vava modo di cavare effetto persino d all’essere a due lire le azioni dell’Esquilino e ed a poco più quelle della T iberina, che quelli erano esempi che dimo­ stravano quanto abili arpie fossero i capitalisti !

A lla Cam era italiana si è potuto gridare senza che si chiudesse la bocca a ll’ oratore con dei basta senza fin e , che le società anonime sono il vituperio del codice di com m ercio; che il credito italiano non potrà risorgere se non dopo falliti gli attuali Istituti, che la Banca Nazionale ha 38 milioni di sofferenze, che la Società di Risanam ento di * Napoli è una im ­ presa losca, che il nuovo isti luto di Credito fondiario sorgeva col patrocinio di Istituti che avevano col- l’agiotaggio rovinato il paese ; e la Camera udendo tutto questo se ne stava quasi silenziosa come se fosse composta di tanti Catilina contro cui un Cioè rone inveisse !

Ma dunque al Parlam ento italiano è possibile dire im punem ente che Giolitti, Luzzatti, Chi mi r ri, Rudinì, R oux, Gadda, ed altri tali o sono così ignoranti da non vedere le losche im prese che patrocinano o sono in esse conniventi ! E ciò che non si tollererebbe in un privato colloquio è permesso dichiarare dalla tri­ buna parlam entare! E questo si chiam a discutere le leggi e trattare gli interessi del paese?

È. poi si parla di manovre ribassiste, e si espel­ lono i giornalisti, e si m inacciano i banchieri che hanno posizioni al ribasso? Ma chi non venderebbe titoli italiani quando im punem ente si proclama alla Cam era che gli am m inistratori sono speculatori di bassa le g a ?

Molte volle noi stessi in queste colonne dell’Eco-

nomista abbiamo lamentati molti abusi, molte volte abbiamo alzata la voce contro am m inistratori che ci parve m ancassero al loro d o v ere; oggi stesso non siam o certo soddisfatti sentendo questo o quel capo di Istituto occuparsi soverchiam ente di influire diretta­ mente nella Borsa, ma noi parlavam o in nome e per conto degli azionisti, e difendevamo il capitale contro chi lo am m inistra ; in Parlam ento si discutono le leggi dello Stato, ed è abbassare, a nostro avviso, la dignità della rappresentanza nazionale, sentire i depu­ tati preoccuparsi delle Borse e dei guadagni o delle perdite di questo o di quello, perdite e guadagni che sono parte troppo piccola degli interessi della nazione.

1/ argom ento è troppo delicato e sappiamo di in­ corri re in una certa responsabilità soltanto accen­ nandovi, ma non possiamo a meno di m anifestare il nostro pensiero sopra un gravissim o pericolo. Di­ scutere delle Borse e dei prezzi dei valori in Par­ lamento può solleticare la speculazione a maggiori risch i che oggi non faccia; poiché la parola di un deputato dalla tribuna parlam entare può esercitare una influenza non piccola sui prezzi e potrà in un avven ire più scettico ingenerare il sospetto che tal­ volta possa non andar disgiunta dall’ interessa per­ sonale. Già lo stesso on. Im briani parlando dei de­ putati Consiglieri della Banca Nazionale quel sospetto

esprim eva in un senso, domani potrebbe nascere in un senso opposto.

E dobbiamo credere che l’ on. Presidente abbia tollerato che la discussione si portasse e si mante­ nesse così a lungo sul campo delle Borse, perchè non troppo pratico di un sim ile linguaggio, non ne com prendeva la possibile portata sui prezzi dei valori.

Sarà bene però che I’ on. Biancheri mediti su l­ l’ argomento, perchè lasciato entrare in Parlam ento il linguaggio ribassila, per la stessa porta entrerebbe quello rialzista e sarebbe una forma troppo nuova di discussione.

S O V R I M P O S T E

ili. (V ed i m im . 885 e 886).

Su l tema delle sovrim poste fondiarie trattato nei due num eri precedenti di questo giornale preve­ diamo alcune osservazioni, le quali richiedono da noi una risposta, sia per chiarire m eglio il nostro pen­ siero, sia perchè a noi im porta di tenere l’ argomento nei lim itati confini in cui l’abbiamo posto di proposito.

A chi avverte che il paese chiede ben altro di un ritocco p a rz ia le , ma aspetta un vero riordina­ mento definitivo di tutta la finanza locale, cioè non soltanto dei tributi ma altresì di tutta la complessa m ateria delle spese e dei debiti dei comuni e delle provinole, noi rispondiam o che non crediam o possi­ bile, nò opportuno ricalcare la via tenuta fin qui, quasi senza alcun fru ito , dal Governo e dal P arla­ mento, e reputiam o più rispondente ai veri bisogni odierni il fare presto qualche cosa di evidente uti­ lità, proponendoci uno scopo certo oggi, purché non si im pedisca , non si pregiudichi ogni m igliore ri­ forma successiva, alla quale si dovrà pure rivolgere lo studio incessante; e riguardo alle spese e ai de­ biti, appunto perchè l’ urgenza non consente adesso che di fare dei provvedim enti, noi ricorderem o, con le parole dette dall’ on. R udinì alla Cam era il 3 febbraio 1886, una verità sacrosanta stata troppo d i­ m enticata dagli elettori e dai rappresentanti, sia po­ litici sia am m inistrativi, e diciam o che non si potrà mai mettere il catenaccio alle spese degli enti locali se non il giorno in cui avremo cominciato per met­ tere un buon catenaccio alle entrate.

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3 maggio 1891 L’ E C O N O M I S T A 277 lim ite norm ale com plessivo, sia alla identità del ra p ­

porto percentuale del peso della sovraim posta a g ­ giunto alle due imposte governative: inoltre essa, come provvedimento transitorio, era troppo rigorosa nei suoi effetti, perchè sanzionava per la durata di 20 anni lo stato di fatto di un triennio, e in modo rigido e assoluto fissava per così lungo periodo di tempo il getto im m utabile delle sovrim poste, senza neppure consentire quel ragionevole aum ento di pro­ dotti che avrebbe dato nei venti anni l’applicazione di aliquote fisse alla rendita dei fabbricati, come noi proponiamo.

Gli articoli poi c h e , tratti dal disegno di legge sull’am m inistrazione com unale e provinciale, furono sostituiti al primo progetto della commissione e tra­ piantati coi num eri 50 e 52 nella legge della pere­ quazione fondiaria, ebbero bensì di m ira di restrin ­ gere la facoltà della sovrimposizione nei comuni e nelle provincie e di provvedere alla sorte dei con­ tribuenti, m a, se questo fu lo scopo, non si com bi­ narono disposizioni atte a poterne assicurare il con­ seguim ento. Per i com uni e le provincie dove i possidenti erano già sotto il peso di sovraim poste eccedenti il lim ite di 100 centesim i, fu perm esso che il male seguitasse a su ssiste re ; per gli altri dove felicemente non si era giunti a tanto si aprì l’adito a lasciar diventare cattiva la buona condizione at­ tuale dei contribuenti. Era dunque m eglio prefiggersi uno scopo sem plice e certo e co n so lid are, in via transitoria, lo stato di fatto secondo la prim a pro­ posta della commissione ; m eglio ancora sarebbe stato fino da allora consolidare la quantità delle im ­ poste locali sui terreni e consolidare le aliquote di quelle sui fabbricali per un periodo di non soverchia durata, perctiè, subito dopo questo primo catenaccio all'entrata, sarebbe venuta spontanea l’azione del ca­ tenaccio alle sp ese , tanto nei consigli com unali e provinciali, quanto nello stesso Parlam ento, il quale con le sue leggi per opere e servizi di Stato grava pur troppo così spesso le aziende locali di forti spese per concorsi e prestazioni di lavori e di danaro.

Del re s to , per motivi che ora non ricordiam o bene, nella applicazione degli articoli 5 0 e 52 della legge 1* marzo 1886 è avvenuto che ai comuni e alle provincie, in cui la sovraim posta già superava il lim ite n o rm ale, non soltanto fu mantenuta l’ e c ­ cedenza risultante dalla m edia degli anni 1 8 81 -85 -8 6 , ma furono concessi ulteriori aum enti anche al di là della m edia trienn ale e in questo senso furono ap­ provate parecchie leggi. Crediam o che ciò sia avve­ nuto per causa o delle spese obbligatorie o anche delle spese facoltative, ma dipendenti da im pégni a n ­ teriori ; qualunque sia la c a u sa , resta però il fatto che lo scopo degli articoli 50 e 52 della legge 1° marzo 1886 è stato onninam ente frustrato e che essi non valsero nè a trattenere nei lim iti legali i comuni e le provincie che vi si tro v avan o , nè a im pedire nuovi e ulteriori aum enti della sovraim posta n ep ­ pure là dove questa era già fuori del lim ite norm ale con la media del triennio. Non basta an c o ra; è av ­ venuto anche peggio, perchè le eccedenze oltre quella media, già superiore al lim ite di legge, furono a u ­ torizzate non soltanto come mezzo di m antenere im ­ pegni contratti anteriorm ente al 1886, ma ancora p r mettere in grado comuni e provincie di incontrare debiti nuovi. E fu tanta la sollecitudine del Governo e. del Parlam ento di assicu rare ai comuni e alle pro­ vincia la facoltà di spendere, che n ell’ atto di co n ­

cedere una eccedenza per l’amm ortam ento, per esem ­ pio, di un debito già in corso o da contrarre con la Gassa Depositi e P restili, si ebbe cura di riservare esplicitam ente con apposito articolo di legge la facoltà di chiedere più tardi nuove eccedenze ancora, oltre alle prim e già concedute, quando ne sorgesse il bisogno nel comune o nella provincia per sopperire agli oneri normali dei loro bilanci.

Il Ministro M agliaio , volendo vedere negli ar­ ticoli 50 o 52 il consolidamento delle imposte locali, scam biava l’ intenzione o il desiderio del legislatore per vere disposizioni positive e precettive; egli quindi poteva augurarsi da quel supposto consolidamento

un immenso beneficio per la riverberazione che ne sarebbe derivata sul valore delle terre, come disse nella tornata 9 dicem bre 1 8 8 5 : ma ah im è! quanto ci siam o invece scostati dalla meta a cui m irava la legge del 1886 e come abbiamo proceduto a ll’ in ­ verso dei fini che essa additava. Senza dubbio la prima causa di questo deviam ento sta nella im p er­ fezione della legge stessa, ma una parte di respon­ sabilità va data anche al Governo e al P arlam en­ to, i quali dopo hanno permesso con altre leggi particolari una applicazione in senso contrario allo spirito della legge generale del 1 8 86 , che voleva la difesa del contribuente.

Ora la nostra proposta corregge nelle loro conse­ guenze gli articoli 50 e 52 del 1886 e non ha i d i­ fetti che notammo nel primo progetto della com m is­ sione per la perequazione fondiaria; può dunque essere accolta come m isura transitoria per cinque anni, perchè è di indubbia utilità.

Contro l’adozione del metodo del contingente per la imposta sui terreni in ogni provincia e in ogni comune si obbietta che, per il modo con cui lo Stato lo applica per se, giusta la legge del conguaglio prov­ visorio del 1864 e le su ccessiv e, ogni an n o , sola­ mente per ricavare 10 o 12 aliquote per la d istri­ buzione fra i possessori sovra 10 o 12 estim i di al­ trettanti com partim enti catastali, è m estieri fare delle operazioni lunghe e delicate negli uffici finanziari locali e centrale, e che volendo estendere un lavoro sim ile ai comuni e alle provincie, quasi fossero a l­ trettanti com partim enti catastali, si accrescono nella enorm e proporzione da 10 o 12 a 80 00 o 90 00 quelle calcolazioni sottili e non fa c ili, che oggi sono ne­ cessarie per stabilire poche aliquote della imposta erariale.

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affatto le operazioni accessorie annuali relative alla oscillazione degli estim i prediali ed alla reim posi­ zione. Sappiam o bene che secondo la teoria rigo ­ rosa del metodo di contingente, se in un anno si perdono e non si ricuolouo '100 o 1000 lire di im­ posta, queste devono essere riprese l’anno dopo ag­ giungendole al contingente fisso n o rm ale, e se per contrario si fanno ruoli suppletivi per 300 o 300 lire dopo ; i p rin c ip ali, si deve n ell’ anno seguente abbuonare quel m aggiore prodotto, di guisa che l’im­ porto del contingente norm ale continui ad essere un anno per l’altro m atem aticam ente eguale. Ma per il nostro oggetto, considerando che la m ateria im poni­ bile prediale è poco o punto oscillante e i ruoli su p ­ pletivi di imposta sui terreni furono sempre una cosa m in im a, sicché si potrebbe abbandonarli e soppri­ m erli in modo assoluto, se non per lo Stato alm eno per i comuni e le provincie durante i 8 anni ; con­ siderando inoltre che già oggi nello stabilire la quan­ tità di sovraim posta annua non si fanno calcoli nè di reim posizioni nè di abbuoni sulle sovraim poste del- l’ anno anteriore e che non conviene in questa parte m utare la pratica ora vigente appunto per non creare la necessità per m igliaia di comuni di quelle calco­ lazioni sottili che oggi si fanno per 10 o 12 aliquote erariali di subreparto fra i possessori di ogni com ­ partim ento o regione catastale ; tutto ciò conside­ rando, noi sosteniamo bastare che l’adozione del con­ tingente per le sovraim poste dei comuni e delle pro­ vincie alla tassa prediale avvenga soltanto nel senso che questi enti non possano per 5 anni im postare alla entrata in bilancio e far distribuire sui ruoli a carico dei possessori dei terreni neppure una lira in più della m edia della sovraim posta prediale riscossa nel periodo anteriore di 5, 6, 7 od 8 anni. In altre parole, volendo noi adottare una m isura sem plice, senza la pretesa di fare una riform a stabile, di lun­ ghissim a durata e molto meno una riforma radicale, prendiam o a modello dalla tassa governativa il prin­ cipio della fissità dell’onere quantitativo per assicu­ rare un beneficio ai contribuenti o del metodo attuale di liquidazione o subreparto nei ruoli delle sovraim ­ poste prediali m anteniam o quelle disposizioni, le quali ci possono sottrarre alla necessità di m aggiori e più com plicati lavori am m inistrativi.

Taluno potrebbe dom andare : per quali motivi de­ vono essere trattati diversam ente di fronte ai comuni e alle provincie i possessori di terre dai possessori di case. L a risposta non è difficile e vien data dallo stesso ordinam ento della tassa fondiaria per lo Stato, la quale col sorgere del regno d’ Italia ha avuto un assetto diverso da quello che vigeva in quasi tutti gli ex Stati. L ’ imposta su lle case, distinta dalla prediale e con metodo dì accertam ento dell’ im­ ponibile diverso da quello della stim a catastale, ebbe vita da non molti anni : anticam ente erano unico il catasto, unico restim o , unica la tassa governativa ed erano una conseguenza l.ogica l’unicità di m isura e l’identico modo di assetto per la sovraimposta do­ vuta dal possessore sia di terre, sia di casp. Ma oggi che vi ha separazione netta tra le due imposte, di­ venta logica anche per le sovraim poste la distin­ zione nel modo di applicarle, perchè l’ accessorio seguendo il principale deve prendere da questo le sue forme e movenze.

Qui non si discute dei principii generali della im ­

posta im m obiliare, nè qui si vuole ora vedere se si dovea darle un ordinamento diverso da quello che la legge 1® marzo 1886 sulla perequazione fondiaria ha voluto; siam o in un campo più ristretto e in un ordine di idee più positivo, perchè noi proponiamo soltanto un provvedim ento di indole transitoria per una parte delle entrate locali ; e ripetiam o che dal momento che la imposta im m obiliare dello Stato ha due form e, il contingente sui terreni, la quotità sulle case, non si offende alcun principio scientifico, a l­ cuna teoria am m inistrativa, non si pregiudica alcuna riform a av v e n ire , non si attenta m inim am ente al nuovo catasto ora in formazione, se si adottano in­ tanto i contingenti addizionali e le aliquote addizio­ nali su le due imposte fondiarie delle provincie e dei comuni : in sostanza si prende il metodo vigente per una entrata governativa e lo si estende alla entrata identica degli enti locali. S e deve essere lecito a questi m utare ogni anno la somma che vogliono ot­ tenere dai possessori di te r r e , dovrebbe lo Stato avere, prim a e a più forte ragione, la stessa facoltà ; se questo invece deve rispettare le condizioni del proprietario e non alterare ad ogni tratto il tributo, altrettanto dovrebbe farsi dai comuni e dalle provincie. Parim enti, se dai possessori di case lo Stato riscuote sem pre la stessa parte aliquota della loro rendita ef­ fettiva, seguendone però le evoluzioni e il progresso, anche per i com uni e le provincie deve essere am ­ messo che procedano con eguale criterio.

Del resto, se stabilendo i contingenti per le so - vraim posle prediali e le aliquote per le sovraim po­ ste sui fabbricati, si toglie quella identità di tratta­ mento fra le due classi di contribuenti che consiste nel chiedere lo stesso aum ento percentuale sulle im ­ poste governative agli uni e agli altri, non si crea con ciò una disposizione nuova e che non sia già stata altra volta in vigore. Ricordiam o infatti che dal 1866 fino al 1870 quando anche la rendita della ricchezza m obiliare sopportava P aum ento per le sovraim poste locali, la legge aveva stabilito m i­ sure speciali per li addizionali di ricchezza mobile con lim iti m assim i inferiori a quelli delle so vraim ­ poste fondiarie. La diversità n ell’ aggravio percen­ tuale della sovraim posta m obiliare trovava la sua ragione anche nel motivo fra g li altri, che l’im po­ nibile non fondiario era ottenuto con criteri e sti­ m ativi diversi da quelli dell’ estimo catastale ; ma ap ­ punto un sim ile motivo, vale evidentem ente anche per I’ im ponibile dei fabbricati, pel modo con cui si accerta oggidì uniform em ente in tutto il re ­ gno, in confronto degli estim i ru rali multiform i degli antichi catasti, sui quali si distribuisce a n ­ cora adesso l’ imposta prediale. Vi è adunque una ragione insita nella natura intrinseca delle cose per stab ilire una separazione precisa tra la sovraimposta sui terreni e la sovraim posta sui fabbricati.

Un’ altra ragione poi sta n ell’interesse finanziario dello Stato, della P rovincia e dei Comuni ; nè fac­ cia m eraviglia se parliam o di interesse fiscale in uno studio, il quale ha lo scopo francam ente di­ chiarato di voler difendere il contribuente, perocché noi non vogliam o spingere tant’ oltre questo con­ cetto della difesa del contribuente da convertirlo in oblìo degli interessi legittim i degli enti tassatori.

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3 maggio 1891 L’ E C O N O M I S T A 279 menti o revisioni periodiche generali (a prescindere

da quelle parziali e singolari per aum enti come per sgravi) della rendita delle case. P er queste imposte dirette sul reddito effettivo l’educazione politica non ha fatto da noi grande progresso e le querim onie contro I’ agente delle tasse sono sem pre il tem a ri­ petuto, e quasi gradito, nelle alte e nelle basse sfere, senza che la voce e la coscienza, se non dei citta­ dini, almeno dei reggitori al governo dello Stato e ai governi locali, si faccia sentire con serietà e con autorità contro chi froda l’ im p o sta; perciò non è grande l’aiuto che le am m inistrazioni locali^ porgono all’ufficiale del fisco che accerta le rendite. È inn ega­ bile però che un interesse non lieve per la buona v a­ lutazione delle rendite m edesim e sarebbe sentito dai comuni, quando essi ne avvertissero il beneficio in modo palpabile, per così d ir e ; e poiché la m ateria im ponibile della imposta sui fabbricati si raccoglie per due terzi o per tre quarti in 300 o 400 comuni al più, i m unicipii di questi m aggiori centri appren­ derebbero presto che la giusta stima delle rendite è di vitale im portanza, così per la massa dei c itta­ dini, come per i bisogni dell’ erario governativo e locale. L a legislazione delle sovraim poste è stata in­ vece da noi precisam ente al rovescio di questi con­ cetti, perchè furono tolti gli addizionali sulla tassa di ricchezza mobile e furono'lasciati sussistere su ll’ altra dei fabbricati, ma con un metodo ibrido, al quale i comuni stessi tentano sottrarsi nel fine di godere il vantaggio degli aum enti di m ateria im ponibile: in­ formi in proposito il caso di Roma e delle 700 mila lire di addizionali applicati in più nel 1 8 91 , il quale caso, dopo tutto, è per noi il m iglior argom ento pratico a sostegno della idea della separazione delle due sovraim poste, cominciando a dare a quella u r­ bana la forma schietta della quotità, cioè della a li­ quota determ inata a priori e riferita al reddito. Il caso di Rom a prova che, indipendentem ente dalla legittim ità delffuso delle sovraim poste ossia delle spese che con esse fanno i comuni e le provin- cie, niente v’è di più giusto e di più naturale del— l’ aumento nel prodotto della imposta locale su lle case, ottenuto in conseguenza dell’ aum ento delle rendite dei proprietari ferma stando l ’aliquota.

E se alla fissità dell’aliquota locale sui fabbricati per cinque anni e in via transitoria noi diamo per ora il carattere di una m isura diretta principalm ente a im pedire il crescendo nelle spese dei comuni e delle provincie, alla applicazione della quotità in modo sistem atico perm anente, preparando nel quinquen­ nio una legge per farla funzionare bene, noi pen­ siamo di poter attribuire il pregio di un metodo, il quale farà davvero più cauti g li am m inistratori, più desti e più attenti gli am m inistrati, perchè le aliquote delle imposte dirette non si possono mu­ tare e non si mutano con grande facilità o legge­ rezza nè dallo Stato, ni dagli enti minori.

È vero che al possidente poco importa se l'esat­ tore piglia il suo danaro a nome dello Stato, della provincia o del com une e che ciò che lo colpisce è il complesso delle imposte che sottrae parte della sua rendita, non la qualità di chi lo ordina. Ciò è perfettamente e praticam ente vero, ma non è tutto detto con questa osservazione, e siccome è vero altresì che a colpire il possidente sono in tre, i quali lo tassano ciascuno in m isura diversa, così ci sono per la imposta non meno che per le sovraim poste buone ragioni d’ordine fiscale e anche di un ordine

più elevato per desiderare non solam ente che il con­ tribuente possa distinguere nel ^complesso del suo debito l’entità delle singole parti volute dai suoi tre creditori, ma eziandio che lo Stato, il com une, la provincia assumano a loro volta com pletam ente ed esclusivam ente la responsabilità delle proprie distinte domande e di qualunque anche piccolissim o aum ento negli oneri che impongono.

Restiam o perciò convinti che mancano ragioni per resistere e contrastare alla proposta che, fermi per ora i contingenti delle imposte locali sulle terre da stabilirsi sulla m edia di vari anni, si cominci d all’adottare per legge il principio della quotità nella sovrim posta sui fabbricati, fissando per il primo periodo della innovazione le aliquote sul reddito im ­ ponibile quali resultano in fatto dalla media degli ultim i annù

(Continua) A. C.

(Rivista (Economica

I l 1.° m aggio e g l i O peraiL a le g is la z io n e p e r la

p ro te z io n e del la vo ro d in a n z i a l R eic h sta gI

s a l a r i e le o re d i la vo ro in F ra n c ia .

Il l.° maggio e gli Operai. — Anche quest’anno g li operai si sono dati l’ intesa per astenersi, com ­ pletam ente o no, dal lavoro. Ma a differenza del­ l’anno passato questa volta le ragioni di una dim ostra­ zione di quel genere non sono state esplicitam ente indicate ; solo in qualche paese la questione delle otto ore di lavoro sarebbe stato il movente dello sciopero parziale o generale secondo i luoghi ; nei più tuttavia ragioni dichiarate in forma categorica non si ebbero. Così la dimostrazione del prim o di m aggio cominciò, pare a noi, a perdere il suo pri­ mitivo scopo e si va tram utando in un giorno di festa, destinato a discutere sulla questione che la classe operaia reputa di interesse proprio. In com­ plesso la giornata è trascorsa quasi dappertutto senza g ravi incidenti ; gli anarchici in qualche luogo hanno approfittato dell’ occasione per dare un tenue saggio della loro capacità distruggitrice, i partiti socialisti si sono agitati e hanno discorso sui soliti argom enti. È notevole a riguardo dei socialisti che sotto l’in­ fluenza della libertà il partito socialista ha veduto ingrossarsi le sue schiere, ma in pari tempo ha ve­ duto form arsi nel suo seno delle correnti assai dif­ ferenti, non solo dal punto di veduta delle dottrine, ma anche da quello della scelta dei mezzi atti a far trionfare le idee del partito. L e questioni di per­ sone e le gelosie dei gruppi sono venute a sovrap­ porsi su quella divisione e hanno contribuito a far sorgere, specie in F rancia, una serie di federazioni e di com itati che devono giustificare la loro esi­ stenza colle divergenze dei sistem i e dei metodi. Gli uni cercano di tenersi in buoni rapporti coi po­ teri pubblici il cui concorso e la cui neutralità be­ nevola non è loro inutile. Gli altri si preoccupano

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ili idee, ü quale reca talvolta una luce non trascu­ rabile sulle tendenze dei vari gruppi e delle m ag­ gioranze contrarie a ll’ordine esistente.

Nelle condizioni odierne delle classi lavoratrici il primo m aggio pare destinato ad essere il giorno in cui il socialism o passa a rassegna le proprie forze, celebra le libertà conquistate e prepara la libertà da conquistare, o meglio le libertà da sopprim ere. Com unque sia è da augurare che ij giorno in cui la classe operaia avrà trovato la propria organizzazione definitiva, avrà appreso a disciplinarsi, avrà scoperto dei capi degni della sua potenza e dei program m i pratici veram ente conformi ai suoi interessi, le idee di violenza e il richiam o alla forza perderanno sem ­ pre più le probabilità di successo. Si formeranno allora degli elem enti di ordine nell’arm ata che alcuni sperano organizzare pel disordine. La m oltiplicità e la diversità degli interessi si incaricheranno di fare la luce e di suscitare la riflessione in molte menti che si sono gettate ciecam ente n ell’ oscurità delle idee sem plici e delle soluzioni brutali. Lo Stato-prov­ videnza messo alla prova apparire nella sua finale impotenza. Sarà più facile rendersi conto che buon num ero di riform e sociali possono ottenersi n atu ral­ mente, pel giuoco stesso degli avvenim enti, pei pro­ gressi della scienza, per la evoluzione economica na­ turale. S i potrà costatare che le leggi più rigorose e più giuste in apparenza sono inapplicabili quando urlano contro le regole econom iche e le esigenze clim ateriche e certe condizioni di suolo e di razze. La scienza e la libertà per un istante ecelissate in que­ sti am bienti dove dominano le aspirazioni vaghe e i concetti oscuri, riprenderanno tutto il loro impero norm ale. Il socialism o resterà vincitore del campo di battaglia, ma non guadagnerà la vittoria che asso­ ciandosi ai consigli dell’esperienza e al rispetto degli interessi legittim i.

Ln legislazione per la protezione del lavoro dinanzi al Reichstag. — La seconda lettura del progetto di legge sulla protezione del lavoro ha oc­ cupato continuam ente il R eichstag germ anico dalla metà di febbraio al venerdì 23 aprile, ossia più di due m esi. Il bisogno di un certo riposo si è fatto generalm ente sentire e il comitato dei delegati dei vari gruppi parlam entari ha deciso di aggiornare la terza lettura per una o due settim ane.

Approfittiamone per far cenno ai lettori della lunga discussione g ià fatta in seconda lettura. Queste d i­ scussioni hanno presentalo un vivo e reale interesse. Tutte le questioni così complesse, il cui insiem e forma la cosidetta questione sociale, sono state esa­ m inate e discusse sotto i loro vari aspetti, sono state trattate dai rappresentanti dei padroni, degli operai, dell’economia politica ortodossa, del socialism o d e­ m ocratico, di quello della cattedra, del liberalism o tradizionale, della Chiesa e del Governo. S i può dire senza esagerazione che se le grandi inchieste parlam entari inglesi sulla legislazione del lavoro hanno costituito per la scienza e per gli agitatori i serbatoi inesau rib ili dove M arx, Brentano, Engels, come Mili, C airnes, M arshall sono andati a cercare i loro fatti questo grande torneo oratori del Reichstag è come il riassunto completo delle opinioni, delle aspirazioni, dei program m i e delle dottrine professate da tutte le scuole e da tutti i partiti.

Chiunque voglia uscire dalle b an alità, dalle po­ lem iche giornalistiche e non ha il tempo di ricorrere alle grandi fonti o rigin ali, non potrebbe far m eglio

che leggere il resoconto di quelle vaste discussioni. Una buona traduzione dovrebbe mettere a disposi­ zione di tutti gli studiosi quella controversia v era­ mente interessante.

Or bene, qual’ è il resultato di tutto quel lavoro fatto in due m esi attorno alla legislazione operaia? Che cosa rim ane di tutto quel considerevole dispen­ dio di forze, di talento e di buona volontà? Sarebbe certo ingiusto colpire con una condanna som m aria quell’opera considerevole? Essa infatti consacra al­ cuni principi, che si possono disapprovare, ma la cut im portanza non si può disconoscere.

La fissazione di una giornata norm ale di lavoro per le donne è una innovazione veram ente grave.

In Inghilterra l’ esperienza di quasi mezzo secolo ha insegnato come lo dich iarava un nomo di Stato conservatore, sir Riccardo Cross, ministro dell’interno nel gabinetto D israeli, nel presentare un progetto di codificazione di quel genere, che la solidarietà m u­ tua tra le differenti industrie è tale che fissare le­ galm ente un m axim um alla giornata di lavoro della donna equivale a fissare nel fatto un m axim um alla giornata di lavoro dell’ uomo adulto.

3 Questa considerazione consolerà forse i socialisti pel rigetto della loro proposta relativa alla lim ita­ zione legale d ella-gio rn ata norm ale di lavoro. Essi intanto 'ammettono' i vantaggi com parativi che p re­ sentano alcune delle nuove disposizioni relative al lavoro dei fanciulli, alla protezione degli apprendisti, alle condizioni igieniche delle fabbriche e delle offi­ cine. Sopra tutti questi punti il codice industriale g iudicasi in G erm ania sia in progresso ; su altri punti i giudizi sono meno favorevoli. Così gli a rti­ coli del progetto concernente la punizione per la rot­ tura del contratto di locazione di lavoro, il famoso articolo 153 riguardan te il diritto di coalizione e la definizione legale, così difficile, del delitto di in tim i- dazione in quanto è distinto dall’esercizio del diritto di propaganda, il rigetto e l’ aggiornam ento della creazione dei com itati di delegati operai, l’ insuffi­ cienza delle m isure preventive e repressive contro l’ abuso di costringere gli operai ad approvvigionarsi o ad alim entarsi negli stabilim enti del padrone (il

truek-system come lo dicono gli inglesi) ecco alcune delle disposizioni che hanno sollevato critiche acerbe. È evidente adunque che l’ opera non sem bra per­ fetta ai fautori della legislazione operaia. Ad ogni modo è un tentativo interessante a studiarsi del Governo per risolvere pacificam ente un conflitto minaccioso. Ed è di già secondo alcuni un grande vantaggio aver potuto indurre i socialisti a mettersi sul terreno pratico della legislazione positiva.

Noteremo finalm ente una circostanza abbastanza curiosa ; m entre i dem ocratici socialisti intendono alla terza lettura di votare contro il progetto di leerge, i grandi industriali o alm eno la m aggior parte hanno intenzione di fare lo stesso. Così la gran legge dopo aver assorbito tanto tempo e affaticato tanta gente non riescirà ad appagare i desideri nè degli uni nè degli altri. Ci pare che non sia il caso di farne le m eraviglie, ma anche di non essere disposti a ll’am m irazione per quel frutto della sapienza legi­ slativa del Reichstag e del socialism o di Stato ger­

manico. .

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im-L’ E C O N O M I S T A

3 maggio 1891

piegati nei lavori so tterran ei; 2 9 ,1 2 7 nei lavori este­ riori. Nel 1889, i salari pei prim i erano di fr. 3 ,0 4 pei m inatori, di 4,11 pei m eccanici, ecc., di 5,58 pei m anovali. Per le donne (nessuna delle quali è im piegata nei sotterranei) di fr. 1 ,6 1 . e pei fanciulli di fr. 1,44. Queste cifre non comprendono i boni accessori, come riscaldam ento gratuito, pigioni a prezzo ridotto, soccorsi, cure m ediche, pensioni, ec., che aum entano i salari del 10 °/0 almeno.

La statistica delle ore di lavoro è strettam ente legata a quella dei salari ; non bisogna peri) credere che questi dati siano sem pre in relazio n e; così nel Pas-de Calais, il minatore guadagna fr. 5 ,3 0 per giornata di 8 ore (non compresi gli accessori) m en­ tre a Com m entry, p. es., non ha che fr. 4,31 per 9 ore. Ciò dipeude dalle condizioni di luogo e di m iniera.

Non si spiega I’ ardore col quale gli operai mi­ nerari reclam arono all’ ultim o Congresso la giornata di 8 ore, mentre è già loro assicurata quasi dap­ pertutto, S u 8 2 ,4 8 8 operai che lavorano nell'interno delle m iniere, 3 7 ,4 9 9 (cioè il 45 °/0) fanno la gior­ nata di 8 o re ; 1 6 ,7 9 4 , delle gio nate meno lunghe, e 2 8 ,1 9 5 , delle giornate più ¡u ngile, oltre un’ ora circa im piegata da tutti per discendere e risalire.

N elle m iniere che non sono quelle del carbone, i salari in generale sono meno elevati, e la giornata almeno di 9 ore.

Si erede generalm ente che il m estiere del m ina­ tore sia assai pericoloso e che la mortalità sia più notevole che in altri m estieri. È ciò vero ? Ecco delle cifre. Nelle m iniere carbonifere francesi la pro­ porzione degli operai uccisi, nel decennio 1872-1882, fu di 2,09 su 1000. Nello stesso periodo, in P rus­ sia fu di 2 ,8 9 ; nel Belgio, di 2 ,4 1 ; in Inghilterra, di 2 ,3 5 . Certo la m ortalità è elevata, ma non su ­ pera quella di altre professioni. Su lle ferrovie fran­ cesi, p. es., gli accidenti- seguiti da morte sono in m edia di 1,63 su 1000 im p iegati; sulle ferrovie di Stato belga si contano 2,97 uccisi su 10 00 im ­ piegati. Nella m arina g li accidenti sono assai più frequenti. Le statistiche del Regno Unito stabiliscono che periscono per naufragio 3,09 pescatori all’anno su 1 0 00 . Si sa d’altra parte che nelle professioni dei conciatetti, dei legnaiuoli, dei m uratori la mor­ talità è almeno u gu ale, se non superiore, a quella dei m inatori.

LE SOCIETÀ COOPERATIVE DI CONSUMO

ed i reclami del piccolo commercio È nota l’agitazione prodottasi nei campo com m er­ ciale perchè alcune Società cooperative di consum o, legalm ente costituite, hanno im preso la vendita an­ che ai non soci : fra queste la Cooperativa M ilitare e l’ Unione Cooperativa di Milano.

Anche la stam pa italiana si è occupata della que­ stione, schierandosi, a seconda dei casi, od a favore delle cooperative o dei com m ercianti.

In favore di quest’ ultim i abbiamo veduto pero­ rare una parte di quella stam pa che crede difen­ dere i diritti del proletario, svolgendo certe teorie econom iche degne di altri tem pi.

Propugnatori della cooperazione, noi non possiamo che vederne con piacere ¡1 progressivo sviluppo, a

281 favore di tutti, sieno o no soci, giacché tutto ciò sta a com provare il mantenimento economico delle classi sociali, dal momento che oggetti e derrate, prim a accessibili a pochi, o accessibili in propor­ zioni modeste, si rendono, colla cooperazione, di fa­ cile accesso alle borse d’ ognuno, senza sac ri­ fizi peouniari che, in molti casi, avrebbero portato lo squilibrio nel bilancio ^economico del consum atore.

Di qui dunque un m iglioram ento senza aumento di spesa, e quindi benessere e, progresso economico.

Lo sviluppo d elle cooperative non è andato na­ turalm ente a genio al piccolo com m ercio, il quale, alla pari dei vetturini o barrocciai all’ app arire della vaporiera o del tram via, si è messo a protestare contro i portati del progresso e della scienza, pre­ tendendo di tener legato il consumatore al suo carro conservatore.

S i è gridato che le cooperative di consumo go­ dono privilegi e preferenze e sta bene quando essi si lim itano a favorire i so c i; ma per la vendita al pubblico, vale per le m edesim e il diritto com une e quindi sparisce il favoritismo. Noi dunque non scor­ giam o fin qui la ragione dei lam enti dei com m er­ cianti.

Ben si comprende che a tutte le innovazioni d’in ­ dole econom ico-sociale, succede sem pre uno sposta­ mento d’ interessi econom ici, che, a prim a vista, sem bra dannoso e pregiudicevole, tanto più poi quando le innovazioni stesse trovano facile strada nei meno colti e meno versati in m ateria.

Ne segue ancora che questi interessi spostati, parte vanno a colpire una certa classe di p erso n e; ma poi si ristabilisce l’equilibrio ed il beneficio rim ane alla società intera. Il vantaggio lo risente infatti il consum atore, il quale vien posto in grado di acqui­ stare il prodotto e di u su fru irn e: di qui il benessere ed il vantaggio che ridonda a comune interesse.

Quando il costo di una m erce o di un prodotto diviene, per successive dim inuzioni, accessibile alle classi inferiori della società, il numero degli indivi­ dui che possono procurarselo cresce in ragione in ­ versa della dim inuzione del prezzo.

S e certe m erci o prodotti costano cari, pochi sono coloro che possono procurarsene l’acquisto, e questo sarà lim itato al puro indispensab ile; ma se il prezzo dim inuisce sensibilm ente, si moltiplica Io sm ercio fino ad equiparare il m inor guadagno ed ecco che lo spostamento momentaneo anorm ale vien e a com­ pensare il danno cagionato col m aggior consumo.

Il piccolo comm ercio dunque per evitare il danno non ha altra strada a seguire che quella di im itare le Società Cooperative, unendosi in cooperazione per l’acquisto delle m erci a ll’ ingrosso, e, quindi a m i­ glior mercato, per repartirsele poi ed offrirle al pubblico con lo stesso vantaggio delle cooperative.

Questo, secondo noi, sarebbe il m iglior modo per parare il colpo, piuttosto che rico rrere ad inutili querim onie che a poco o nulla approdano, inquanto chè esse non possono arrestare un progresso eco­ nomico che m an mano a tutti s’ impone con legge m atem atica.

Le lotte di partito e le controversie, potranno forse ritardarn e lo sviluppo, non mai fuorviarlo od arrestarlo.

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dovrebbe essere almeno elem entarm ente conosciuta, onde non dar luogo a qui pro quo o m alintesi, come ne sono sorti n ell’ultim a discussione pubblica contro lo Cooperative che vendono le merci anche ai non soci

Spezia, A prile del 1891.

Ing. A. Ra d d i.

La Banca di Perugia già Cassa di risparmio

Dalla situazione economica resultante al 31 ili- cembro del 1890 apparisce che l’ istituto di cui ci occupiamo ha anche n ell’ anno scorso, m algrado le difficoltà m onetarie e finanziarie attraversate dal no­ stro paese, condotto vita assai prospera quasi oltre­ passando le previsioni più favorevoli e ottimiste che tosse lecito di concepire in un anno che riuscì anche più disastroso del precedente per gh affari in »e nernle, o per il credito in particolare. Infatti men­ tre nel 1889 le rendite nette raggiunsero la somma ih L. 3 2 4,9 2 9.2 3 , nel 1890 esse arrivarono fino a , 339,534 84 dando così un m aggior provento di L. 14,623.61.

. movimento complessivo delle operazioni ese­ guite durante l’ anno ascesero a L. 216,297,371 nella qual somma il conto di cassa rientra ner

D. 1 4 3,5 1 7,9 0 7.9 3. 1

Il conto dei valori di proprietà dell’ Istituto che al ó l^ d icem b re 1889 rappresentava la somma di L . 4 ,7 3 6 ,7 2 8 si residuava alla fine d ell’ anno 1890 ? n'■ ^’^ 6 ,3 1 7 .3 0 , e l’ avvenuta diminuzione di 1 . 2 5 0,4 8 0.7 0 deriva da alienazione di alcuni titoli affine di m eglio sodisfare ai bisogni della clientela.

Il portafoglio alla fine del 1889 conteneva tanti effetti per I’ importo di L. 1 0 ,7 9 8 ,0 2 0 .1 6 : nel corso dell anno ne incassò per L . 3 7 ,6 5 5 ,2 0 7 .9 7 e ne pagò per la somma di 1 . 3 8 ,2 7 3 ,3 6 1 .6 7 , cosicché alla fine del 1890 vi erano nel portafoglio effetti pei L. 1 0 ,1 7 9 ,8 6 6 .4 6 ossia L. 6 1 8,1 5 3.7 0 meno che alla fine del 1889 e la dim inuzione deriva dal - 1 avere l’ istituto lim itato negli ultim i m esi della ge­ stione le operazioni di portafoglio alla sola clientela locale.

I conti correnti attivi al contrario da L . 1 ,648,000 che tanti erano alla fine dell’ anno 1889 salivano a L . 1 ,9 36,000.

Le sofferenze stante il disagio economico, e la scarsuà dei raccolti da L. 3 9 9 ,2 2 7 .6 4 alla fine del 1889 salivano a L. 4 8 8,7 2 3.1 9 alla fine del 1890, in gran parte coperte da valide garanzie. '

I depositi a risparm io che al 31 dicem bre 1889 erano rappresentati dalla somma di L. 11,382,296 72 salivano a L. 1 1 ,385,478.29 alla fine del 18 90 di­ vise fra 1 7 ,5 4 4 partite.

La rendita netta come abbiam o veduto più sopra ha raggiunto nel 1890 la somma di L . 3 3 9 ,5 5 4 .8 4 , la quale, depurata dagli interessi 4 ®/o sulle azioni, delle perdite sui crediti in sofferenza, e della dim inuzione j sul corso dei valori, si residua a L. 2 8 4 ,8 2 9 .5 0 e : su questa somma L. 1 2 0,0 0 0 furono ritenute dal- I am m inistrazione per saldo del 6° decimo sulle azioni, e L. 8 4 ,0 0 0 in ragione cioè di L. 7 per azione di L . 5 0 vennero effettivamente distribuite agli azionisti. Cogli utili del 18 90 gli azionisti oltre' il dividendo di L. 7 per azione ebbero anche panato il versam ento del 6° decimo.

GASSA DI RISPARMIO DI LIVORNO

Dodicesima per ordine di fondazione la Cassa di risparm io di Livorno sorse nell’ anno 1836 come

filiale della Cassa Centrale Fiorentina.

A lorm arne il fondo Capitale varii cittadini ver­ sarono per ciascheduno Lire Cento toscane, di modo che la somma in deposito raggiunse la cifra di L . 1 2 ,0 0 0 d’allora. M algrado che fosse piccolo il capitale, savie am m inistrazioni e il favore crescente del pubblico fecero che la nuova Cassa potesse di­ ven ire indipendente da quella di Firenze ed auto­ noma. Ciò accadde dopo anni ventuno d’ esistenza, cioè nel 1857.

A form arsi una piccola idea del modo come procedette la Cassa di risparm io, basti il dire che nel 1857 medesim o, erasi già cominciato a p rele­ vare un 5 per cento dagli utili per dedicarlo a b e ­ neficenze. In seguito coi resultati m igliori del bi­ lancio tal somma crebbe, detraendosi dal 25 per cento degli utili annui. F inalm ente nel 1890 rifo r­ mandosi ancora lo Statuto, si stabilì che in opere di carità fosse metà degli utili interam ente im piegata.

Ora ecco i resultati d ell’ultimo b ilan cio : E n t r a t e ... L . 5 1 3 ,2 6 8 . 62 S p e s e ... » 4 0 0 ,3 6 0 .2 5 L . 1 1 2 ,9 0 8 .3 7 Alla m edesim a data del 31 decem bre 18 90 le condizioni della Cassa di risparm io erano :

Stato a t t i v o ... L. 1 2 ,3 5 6 ,7 8 5 .0 0 Credito generale dei librettisti . » 8 ,2 7 5 ,4 1 6 .8 8 Patrim onio proprio della Gassa . » 2 ,2 7 l’o 05. 60

Approvato il bilancio n ell’ adunanza generale del 19 aprile corr. la Società deliberò che L . 5 3 ,0 0 0 circa, come parte degli utili, si suddividessero nella somma assegnata a dodici istituti di, carità di varia specie esistenti in Livorno, senza differenza di culto.

Ad onore di coloro che si adoperarono e si adope­ rano tuttora gratuitam ente a vantaggio della Cassa di risparm io, in questione, vai la pena di aggiun gere che fu nonè molto introdotto nel suo Statuto l’im portante innovazione di rilasciare agli operai, agli artigiani, ai servito ri, ai m aestri elem entari una specie partico­ lare di libretti recanti un per cento più d’ interesse annuo dei libretti ordinari. Se tale giudiziosa dispo­ sizione non diè fin qui resultati di sorta, speriam o che abbia a darlo in seguito a Livorno, coni’ è a l­ trove, a m iglioram ento delle classi che più hanno d’ uopo di profittarne.

11 movimento dei metalli preziosi nei primi undici mesi del 1890

Dalle notizie pubblicate dal Ministero di agricoltura e com m ercio sn! movimento dei m etalli preziosi fra I Italia e l’ estero nei prim i undici mesi del 1890 resulta che quel movimento ascese a L . 1 4 7 ,2 9 3,1 3 7, la qual somma si divide fra l’oro e l’argento nelle seguenti proporzioni :

Oro greggio, in verghe, in polvere,

rottami, e m o n e t e ...L . 43,530,307 Argento in moneta... 103,762,830

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