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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.895, 28 giugno

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L’ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A LE

SC IEN Z A ECONOMICA, FIN A N Z A , COM M ERCIO, BAN CH I, F E R R O V IE , I N T E R E S S I P R IV A T I

Anno X V ili - Voi. XXII

Dom enica 28 Giugno 1891

STATO BORGHESE AFFAMATORE

(a proposito del dazio sui cereali j> del rincaro del pane)

Sotto questo titolo il simpatico periodico la C ri­ tica Sociale pubblica uua lettera del prof. Achille Lo­ ria facendola precedere da alcune considerazioni del­ l’egregio amico nostro Filippo Turati.

Per quello che abbiamo pubblicato nell’ Econom i­ sta in molte occasioni e specialmente quando venne imposto l’aggravio del dazio sui cereali e per quello che abbiamo detto in questo stesso periodico quando il Giornale degli Economisti risollevò con molta vi­ vacità e competenza la questione di tale dazio nei rapporti alle condizioni specialmente della classe lavoratrice e meno abbiente, non abbiamo bisogno alcuno di dire che ci associamo di gran cuore ai voti che fa la Critica Sociale perchè venga abolito un dazio che manca di qualsivoglia giustificazione.

Non avremmo quindi che da far coro all organo dei socialisti e rallegrarci che essi si trovino con noi a giudicare severamente la Estrema Sinistra del Parlamento italiano, che non ha saputo non che pre­ venire, imitare almeno e seguire la voce dei Parla­ menti di quasi tutti i paesi d’Europa che in questi ultimi tempi hanno discusso cosi fatta questione. La Estrema Sinistra de! nostro Parlamento la abbiamo già da molto tempo giudicata come composta^ di uomini, che la smania di una malsana popolarità o di una risuonante rettorica ha in gran parte ridotto ad una impotenza pratica della quale volta per volta paga il

fio nelle elezioni. .

Su questi due punti almeno siamo adunque d ac- cordo colla Critica Sociale per quanto non divi­ diamo certe altre idee, che essa in quelle stesse pre­ messe, mostra di sostenere, a nostro avviso in con­ traddizione coi principi stessi che professa.

Ma la nostra attenzione fu vivamente attirata dalla lettera del prof. A Loria, sia per la autorità rico­ nosciuta allo scrittore, sia per la solennità che a

C ritica Sociale ha dato al giudizio espresso del- l’egregio professore di Siena ; e se dobbiamo dire il vero, misurando quelle parole col metro della fama che gode chi le ha dettate, ci pare offrano modo ad alcune osservazioni e considerazioni sopra alcuni punti che, a nostro avviso, trattandosi di ar­ o-omenti che domandano molta chiarezza, hanno bi­

sogno di spiegazioni. .

Il prof. Loria, crediamo per la prima volta, si dichiara in modo assoluto avversario dei « così netti socialisti cattedratici, che i gravi dottori della scienza

proclamano amici delle classi povere ed iniziatori della democrazia economica. Ma del resto non vi hauno — afferma ironicamente l’ egregio scrittore —- che gli uomini seri i quali possano cadere in simili

qui p rò quo, e scambiare per filantropi i rauchi pappagalli del bismarchismo ». Ed aggiunge rinca­ rando la dose, che le classi lavoratrici « hanno già dato un giudizio infallibile del socialismo di Stato e delle sue gesuitiche blaterazioni. »

Il prof. Loria quindi si dichiara nemico e vivace nemico del socialismo di Stato, e noi ne abbiamo naturalmente tanto più piacere, quanto maggiore ri­ conosciamo la competenza e la autorità di chi emette tale sentenza. Ma, non lo nascondiamo, avremmo amato di trovare di fronte a questo giudizio espli­ cito, e confortante, ma negativo, una dichiarazione che ci permettesse di legittimamente ascrivere l’egre­ gio prof. Loria alla scuola liberale, fuori della quale, noi ortodossi, non vediamo salute economica. Egli invece si limita a dire che le classi lavoratrici, « messe nel bivio fra questi eloquenti affamatori del popolo (i socialisti della cattedra) ed i vecchi libe­ risti, che almeno gli assicuravano il pane a buon mercato, esse non esitano un istante a preferire 1’ antica scuola della libertà, alla nuova scuola della schiavitù e della fame. » Lasciamo ai socialisti della cattedra ribattere la atroce figura retorica colla quale l’egregio prof. Loria li stigmatizza, noi notiamo che per ora non accorda ai liberali la sua simpatia, ma sembra dire che le classi operaie, poste tra il bivio di due mali, colgono il minore; quello dei vecchi liberisti, i quali almeno assicurano alle classi stesse il pane a buon mercato.

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402 L ’ E C O N O M I S T A 0 noi erriamo grossolanamente nel nostro giudi­

zio, o vedremo che il prof. Loria a poco a poco diventerà difensore dei « vecchi liberisti » e ne di­ viderà le idee, i concetti, le tendenze per ciò appunto che la costituzione economica della presente società politica non può essere criticata che solo per quel tanto di privilegi che ancora rimangono per ragione sto­ rica superstiti ad una costituzione economica e po­ litica diversa dalla presente. Ed è muovendoci verso la libertà economica come ci siamo mossi verso la libertà religiosa e politica ; è non riconoscendo allo Stato nessuna capacità economica, ma soltanto il compito di difendere l'esercizio della individuale at­ tività; è accordando al l'atto economico la sua legit­ tima prevalenza sui fatti morali, giuridici e politici, che si potrà trovare il rimedio ai mali che si la­ mentano; il collettivismo è nemico della libertà, perchè tende ad una associazione coartata, mentre la civiltà deve condurci necessariamente al collettivismo libero, cioè a quel collettivismo che deriva dalla li­ bera cooperazione degli individui.

Siamo adunque in piena opposizione al Socialismo di Stato — e ad ogni forma di Socialismo.

Ma appunto da questa conclusione non apparisce più strana la lettera del prof. Loria, pubblicala nella

C ritica Sociale ?

Noi riportiamo qui la lettera dell’egregio profes­ sore di Siena come un passo notevole che egli fa verso la scuola dei « vecchi liberisti » ma anche come una prova che i Socialisti della Critica Sociale, hanno cercato l’alleato tra i loro avversari.

Ecco ora quauto scrive il prof. Loria.

Egregio e caro amico,

Tu mi chiedi con indulgenza pari all’amicizia il mio avviso, circa il recente incarimento del pane che sol­ levò nel nostro paese così dolorose reazioni, e che la politica economica italiana tende disgraziatamente ad esacerbare. E questo avviso, che la tua cortesia chiama « autorevole » e che è nulla più che coscienzioso, non mi esce di certo stentato dalla penna ; tanto è evi­ dente per sé stessa l’enormità della cosa e la giusti­ zia della rivendicazione.

La questione sta in questi termini. I proprietari italiani, cogliendo il pretesto di un periodo di ecce­ zionale deprezzamento dei grani che ci venivano a buon patto dall’America, dall’ Australia e dall’ India, estorsero dal nostro Parlamento una legge protettiva; e T impresa non riusci malagevole, dacché gli inte­ ressi della proprietà fondiaria hanno una preponderante influenza nella nostra Assemblea legislativa. Le pos­ sibili opposizioni che avrebbe dovuto destare la pro­ posta di un dazio sui cereali fra i rappresentanti del capitale manifattore vennero paralizzate abilmente colla concessione di fortissimi dazi alle stesse industrie ma- nifattrici ; e per tal guisa, abrogando i risultati di tanti studi, inutilizzando tante nobili contese per la liber­ tà, disfacendo in un’ ora tutto un passato di civiltà e di progresso, i nostri reggitori hanno collocato l’Ita­ lia entro un cerchio di ferro e vincolato il suo com­ mercio di cento catene.

In tutta questa melanconica storia ciò che è vera­ mente grottesco è che la nuova legislazione protettiva sia stata attuata sotto gli auspici dei così detti socia­ listi cattedratici, che i gravi dottori della scienza pro­ clamano amici delle classi povere ed iniziatori della democrazia economica. Ma del resto non v’ hanno che gli uomini seri i quali possano cadere in simili qui

prò quo, e scambiare per filantropi radicali i rauchi pappagali del Bismarchismo.

Quanto alle classi lavoratrici, esse hanno già dato un giudizio infallibile del socialismo di Stato e delle

28 giugno 1891

sue gesuitiche blaterazioni : e messe nel bivio fra que­ sti eloquenti aft'amatori del popolo ed i vecchi liberi­ sti, che almeno gli assicuravano il pane a buon mer­ cato, esse non esitano un istante a preferire l’ antica scuola della libertà alla nuova scuola della schiavitù e della fame.

È bene che T odierno incarimento dei cereali sia sopraggiunto a strappare la maschera al protezionismo agrario italiano e a rivelarne il vero carattere.

Iniziato in epoca in cui il grano era eccessivamente deprezzato, il dazio sui cereali venne proclamato come un mezzo di ristaurazione delle classi agricole minac­ ciate di crisi ; ma la sua persistenza attuale, di fronte all’ incarimento dei cereali, dimostra a chiare note come quel provvedimento avesse ben diverso carattere da quello che veniva annunziato. Essa dimostra ad evidenza che lo scopo del dazio era non già di sal­ vare l’agricoltura italiana da una crisi temporanea ma di accrescere le rendite fondiarie a spese di un popolo immiserito. Questo è il fin mot della cosa.

Coloro i quali trovano nella legislazione un princi­ pio etico, e veggono nello Stato il realizzatore della giustizia, spieghino, se lo possono, questa usurpazione legalizzata, per cui i proprietari di terre rubano, sotto gli auspici e colla sanzione del governo, nelle tasche dei consumatori, ossia della nazione lavoratrice.

P er noi, questa usurpazione non è che un caso di un fenomeno ben più generale e complesso, non è che l'applicazione di una legge universale, per la quale il potere non è che l’emanazione della proprietà e viene sfruttato esclusivamente ai suoi scopi.

Cosi piacesse ai nostri governanti di dimostrare col fatto la fallacia di queste vedute ! Ma disgraziatamente essi sembrano proporsi di dimostrare la verità della nostra tesi, anzi di esagerarne la portata al di là del concetto primo dell' autore. L’ illustre e geniale mio amico prof. Antonio Salandra, il quale censurò con tanta acutezza e con tanto splendore di stile la Teoria economica della Costituzione politica e che oggi- mai, assurto al potere, avrebbe modo di tradurre nel fatto le suo censure, perchè non sollecita dal gover­ no, di cui fa parte, una mitigazione dei dazi sui ce­ reali ed un complesso di leggi indirizzate a vantaggio del popolo lavoratore ? Perchè non coglie T occasione di infliggere alla nostra teoria dolorosa una recisa smentita, della quale io primo non esiterei a ralle­ grarmi ? Perchè non dimostra coll’ esempio che il Parlamento italiano, anziché una assemblea di pro­ prietari legiferante a loro vantaggio, è un alto consesso di cittadini illuminati e teneri del bene comune ?

Una mitigazione dei protezionismo agrario sarebbe tanto più opportuna e adeguata alla fase economica che attraversiamo, in quanto che essa, se pure imme­ diatamente scemerebbe le rendite fondiarie o ne ral­ lenterebbe i progressi, riescirebbe però in ultimo al loro accrescimento. Questa verità non è ignota ai più modesti cultori dell’ economia ; i quali sanno da gran tempo che T abolizione dei dazi sui cereali si risolve definitivamente ad elevazione della rendita fondiaria. Perchè T aumento dei salari e dei profitti, che dal buon mercato dei generi alimentari deriva, imprime alla popolazione ed alla accumulazione uno slancio po­ deroso, che richiede una espansione della coltura e con essa provoca un aumento delle rendite dei pro­ prietari.

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nomiea della costituzione politica trova nel paese no­ stro una applicazione morbosa, patologica, viziata.

Mi duole di chiudere con questa triste considera­ zione, ed affretto coi voti l ’ inizio di una serie di provvedimenti che ne siano schietta smentita. — Se altri si rallegra nel vedere dimostrate dai fatti le sue teorie, nulla mi conforterebbe maggiormente che il veder le mie confutate dall’ esperienza economica, ed in ¡specie da quella del mio paese, nulla mi sarebbe più caro che la teoria della disperazione e del dolore venisse per sempre relegata nel campo delle sterili utopie. Ma pur troppo invece essa sola è la'v era.

Ho scritto queste rapide linee come me le dettava, più che la gelida scienza, l’ ardente indignazione con­ tro il privilegio e l’ ingiustizia. Perdona dunque se l’argomentazione vi difetta, se il sillogismo vi falla; perdona soprattutto, tu letterato squisitissimo, se lo stile vi pecca per ogni parte. E credi alla incancella­ bile affezione del

tuo sempre

Ac h i l l e Lo r i a.

La p r o n a M ia emissione flei ü lie t t i

Diamo più innanzi il progetto di legge per la pro­ roga della emissione dei biglietti di banca, quale venne concordato tra la Commissione parlamentare ed il Governo, e diciamo francamente che troviamo che la Commissione ha apportato al disegno qual­ che correzione e qualche miglioramento ; — venne corretto 1’ errore in cui era caduto il Governo non contemplando le condizioni della Banca Toscana di Credito e del Banco di Sicilia, venne pure corretto 1’ errore in quanto riguarda la tassa sulla circola­ zione, che si voleva far pagare anche sulla circo­ lazione non esistente venne migliorato il pro­ getto mantenendo la circolazione in relazione al ca­ pitale degli Istituti e quindi non spostando che in piccola porzione lo stato di diritto nel quale si trovano attualmente gli Istituti.

Molte considerazioni vorremmo fare ancora sul progetto, ma il modo col quale vengono trattati tali delicati argomenti dal Parlamento non lascia tempo alla discussione ; mentre scriviamo la Camera ha già dato il suo voto sul progetto di legge.

Ci limitiamo quindi a riassumere la discussione avvenuta, riportando i sunti dei più notevoli discorsi pronunciati a favore e contro il progetto, e ci ri­ serviamo ogni commento ad un prossimo numero, giacché quasi in ogni discorso troviamo bona mixta malis.

L ’ on. Ellena pronunciò un notevolissimo discorso. « “ Io non appartengo — disse — alla scuola degli espansionisti, i quali confondono i valori con i segni del valore. Costoro sono alchim isti; esagerano la po­ tenza della carta; le attribuiscono misteriosi influssi sulla prosperità dei popoli, e ricordano quel pazzo che riconosceva nei fotografi la virtù di moltiplicare la popolazione ”.

Queste parole pronunciava l’ onorevole Luzzatti il 4 febbraio 1874 e aveva cura di dire che la sua dot­ trina si estendeva anche ai tempi di circolazione nor­

male. ,.

Come corrisponde a tali idee il disegm di legge ! Si afferma che esso ha carattere transitorio. Invece contiene riforme profonde perchè aumenta remissione : abbandona il ragguaglio di questa al capitale ; vuole modificare la riscontrata; costituisce un grosso e pe­ ricoloso debito di Stato. I ministri annunziano d’aver

preparato il progetto definitivo. Perchè non ne descri vono le linee principali ?

La lègge ohe si vuol fare non è dunque bancaria ma legge per le Banche ?

Non occorre dire quanto sia economicamente per­ nicioso il premiare gli Istituti che violano la legge ; e la correzione introdotta dalla Giunta riguardo al quadruplo del capitàle è insignificante. Tanto i calcoli del Ministero, quanto quelli della Commissione sono errati.

Sebbene lo si neghi, è grosso anche l’aumento sulla situazione di fatto, riguarda per cento milioni almeno la circolazione coperta da piena riserva che, contra­ riamente alle asserzioni della Giunta, è mantenuta.

La circolazione cresce da 237 a 260 milioni, secondo i disegni del Ministero e della Commissione.

La carta fiduciaria, senza tener conto di quella co­ perta da piena riserva, salirà a 1,260 milioni, più 334 milioni di biglietti di Stato, più circa 60 milioni di vaglia bancari.

Non si è voluto disturbare le Banche con accresci­ menti di capitali e di riserve. Sarà impossibile farlo più tardi quando non vi saranno compensi. A ogni modo le riserve sono ora un tesoro di guerra, non un arnese economico, dappoiché di fatto si abolì il cambio. Le relazioni del Ministero e della Commissione con­ fondono il bisogno degli strumenti di cambio, con i bisogni di credito ; eppure 1* on. Luzzatti altra volta aveva saviamente stabilita la distinzione.

Allorché in passato io voleva aumentare la circo­ lazione si dicevano insufficienti i mezzi di cambio. Si ripeterà ciò con la diminuzione dei trasporti ferroviari e marittimi, delle tasse indirette, dei risparmi, ecc. ? E non si porrà mente all’ incremento degli altri stru­ menti di credito ?

La fiducia estera ci diserterà sempre più vedendo crescer la carta, e lo Stato contrarre con le Banche un pericoloso debito permanente.

Se si accetta il progetto si prepara a breve scadenza il ritorno del corso forzoso. La nuova legge di Banca che si vuole approvare senza discuterla, cambia il fon­ damento della nostra circolazione. L’on. Luzzatti disse al Senato che il corso forzoso dell’ argento, sarebbe peggiore di quello della carta. Convengo con lui se la carta fosse contenuta in ristretti confini, come lo fu dal 1866 al 1883. Ma allora si entrò nel corso forzoso con meno di 500 milioni di biglietti, e ora se ne avrebbero 1,600. Allora si avevan non ¡spregevoli scorte metal­ liche che adesso sono molto assottigliate. Allora il peso delle imposte era molto più comportabile.

Creda Fon. Luzzatti che, in tali condizioni, il corso coattivo della carta sarebbe assai più dannoso di quello dell’argento. Ad ogni modo egli che ha sempre com­ battuto dai banchi di deputato per le savie teorie eco­ nomiche, non si esponga al pericolo di essere il restau­ ratore del corso forzoso. »

Dopo l’on. Ellena parlò l’on. Vacchelli, il quale ricordò i concetti già esposti in una recente discus- ¡ sione in materia di circolazione e venendo quindi al I tema dell’attuale progetto:

« Aspettavo — dice — dalla alta competenza degli i attuali ministri delle proposte definitive sul problema bancario. Ma ci hanno invece consigliato un altro rin­ vio, col pretesto di perturbazioni bancarie estere, delle quali noi non abbiamo risentita nemmeno l’eco.

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404 L ’ E C O N O M I S T A 28 giugno 1891

p. e. ogni mese od ogni due mesi, a rate, gl' impie­ ghi diretti delle Banche. Invece questo progetto ‘di legge non obbliga le Banche che a presentare lo spec­ chio degli impieghi diretti, locchè è inutile perchè lo Stato ha già i suoi ispettori presso le Banche. E parimenti intenderei che l’aumento della riserva ve­ nisse fatto gradualmente. »

Importante il discorso dell’ on. M. Ferraris, del quale ecco il riassunto:

« Noi siamo in presenza — egli dice — d'un ten­ tativo di derogare alle nostre leggi organiche sulle Banche. Se cosi è, domando se possiamo discutere una legge organica a pochi giorni di distanza dalla sua scadenza. Oggi è impossibile un esame calmo e sereno.

E prego il ministro di non derogare alle consuetu­ dini parlamentari più corrette; con una legge di pro­ roga non si poteva derogare ad una legge organica.

Nel 1885 la Commissione parlamentare separò la proroga pura e semplice dalle piccole modificazioni che vi erano congiunte. Cosi dovevasi fare anche oggi. Ma inviare al Senato una legge di proroga che il Se­ nato per carità di patria non potrà respingere, non è dar prova di deferenza verso l'altro ramo del Parla­ mento. E mi duole di dover parlare così, facendo forza ai miei personali sentimenti di amicizia verso i mini­ stri che hanno proposto la legge.

Notate non c’ è accordo nemmeno fra il Governo e la Commissione sulla cifra reale dell’eccedenza di cir­ colazione.

Il progetto del Governo e quello della Commissione differenziano sostanzialmente nel concetto giuridico ed economico cui si ispirano. Secondo me, il Governo ha nessuna intenzione di presentare una riforma organica della legge bancaria.

La circolazione eccessiva, anziché giovare, ha rovi­ nato l’economia del paese, creando speculazioni disa­

strose.

Non è dunque un aumento di circolazione che si desidera. Voi accordate alle Banche tutto ciò che esse desiderano, ma non avete in cambio nessuna garanzia efficace. Questa non è arte di governo

Perciò prego Governo e Commissione di non por­ tarci ad una discussione che non possiamo fare : e per avere la libera discussione eh’ è necessaria, occorre dividere la proroga dalle altre disposizioni di riforma organica.

P er non recar danno però all’ amministrazione, io consentirei di votare assieme alla proroga le disposi­ zioni assolutamente necessarie. Prorogando semplice- mente la legge attuale, non danneggiamo nessuno.

Io dò lode all’on. Giolitti per essere stato il primo a far un uso parchissimo delle anticipazioni statuta­ rie, non togliendo alimento al commercio.

P er dar prova della perfetta mia serenità in que­ sta materia sono pronto a votare alla proroga del pri­ vilegio una clausola aggiuntiva per separare il conto del tesoro dal conto del commercio.

Credo aver messa la questione in termini che non possono dispiacere nè al Governo, nè alla Commissione.

Li prego di soprassedere da disposizioni che non hanno nessuna urgenza. E avrei creduto di mancare al mio dovere, se non avessi avvertito la Camera del pericolo cui andiamo incontro.

Ci sono paesi che hanno raggiunta la loro forza monetaria e la conservano con acconci provvedimenti.

Noi siamo chiamati a votare in poche ore da 230 a 234 milioni di nuova circolazione, di cui un solo terzo è coperto.

In Inghilterra non si è punto concesso a quella Banca di aumentare, in un momento di strettezza, la circolazione fiduciaria, senza la corrispondente ri­ serva metallica. L’esempio dell’estero ci giovi; quello dell’Austria-Ungheria fra altri. Invece la nostra legge s’informa ai più cattivi sistemi della Spagna. Ed io, amico del Ministero, desidero risparmiargli questo errore.

A difendere il progetto di legge sorse Fon. Gri­ maldi dicendo :

« — L’ on. Ferraris — ha citato non esattamente il progetto di legge da me presentato. Io non amico del Ministero, ma oppositore, dovrei, secondo 1’ on. Ferraris, indurre il Governo a commettere errori. Ciò non è, in siffatte materie non ci sono nè amici nè avversari del Ministero : ci sono soltanto amici della prosperità del loro paese E perciò io approvo quasi in­ teramente il progetto che stiamo oggi discutendo.

P er lo passato, il Governo aveva presentato un pro­ getto di pura proroga. Fu la Commissione — relatore 10 stesso on. Vacchelli — che vi aggiunse delle di­ sposizioni. La legge fu portata alla Camera ben più tardi che oggi: fu portata l’ ultimo giorno: e, poiché 1’ accordo non si era ottenuto su quelle nuove propo­ ste, il Governo chiese che si tornasse al puro pro­ getto della proroga.

Nel 1885, alla proposta di proroga si aggiunsero alcune disposizioni accessorie : vi furono bensì due relazioni, una dell’ on. Branca e l’ altra dell’ on. Si- monelli, ma erano intimamente connesse l'una all’altra.

Non capisco come si possa oggi parlare di irrego­ larità e quasi quasi di incostituzionalità. In questo si­ stema, che fu sempre seguito, non vi è nulla di scor­ retto. E diffatti lo stesso on. Ferraris consente ad accettare, oltre alla proroga, quel che c’ è di buono nel progetto della Commissione, vulnerando cosi la sua stessa tesi. Col suo sistema voteremmo del resto la parte più grave del progetto della Commissione.

Io ho avuto la fortuna — o la sfo rtu n a — di re­ stare gran tempo al Governo. Ora, è inutile prescin­ dere dalle condizioni di fatto del paese. Noi abbiamo in vigore la legge del 1874 che consentirebbe tutto al più una circolazione di 745 milioni.

Nel fatto abbiamo una circolazione illegale, ma ef­ fettiva, che invano si è tentato di riparare e da noi e da tutti i ministri. Noi viviamo in uno stato d’ ille­ galità permanente ; ebbene, perchè non si può pren­ dere questo stato di fatto, e regolarizzarlo, elevarlo a stato legale ? Io dico che era dovere della Camera e del Governo di regolarizzarlo.

Noi, secondo l’ on. Ferraris, dovremmo prorogare 11 privilegio per la circolazione legale — e che fa­ remmo d ell'illegale?

Nello stesso bilancio dell’ entrata abbiamo inscritta una somma sui prodotti di questa circolazione illegale! Si può ammettere uno Stato che ammette la violazione della legge, anzi ne tragga un lucro ?

L ’ oratore imprende a confutare il discorso dell’ on. Eilena.

— È vero che la circolazione si aumenta, ma a be­ neficio del Tesoro ; e le nuove garanzie metalliche garantiranno anche T eccedenza illegale, rimasta finora scoperta.

Con le nuove anticipazioni statutarie noi rechiamo notevoli vantaggi all' erario.

P er tutto ciò, nessuna ragione ci deve consigliare a votare la nuda proroga. Fu un errore che molte volte abbiamo commesso: vediamo di non ripeterlo un’ altra volta. E poiché si è nominata la Spagna, finirò anch’ io col ricordo di Rossini ; benediciamo la Spagna.

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Ricorda le varie fasi della circolazione e del credito in Italia, in special modo l’ ultima crisi, per dimostrare che l’ eccedenza della circolazione fu imposta dalla ne­ cessità, la quale esercita tuttora la sua influenza, seb­ bene con una notevole diminuzione, consacrando lo stato di fatto. Ben lungi dal nuocere si giova al cre­ dito pubblico assicurandone le sorgenti, e nello stesso tempo impedendo che d’ ora innanzi la circolazione possa essere ecceduta, imperocché a ciò provvederanno le sanzioni introdotte nel progetto, le quali saranno severamente applicate. »

E finalmente ecco il sunto del discorso dell’ on. Luzzatti :

« Non può cedere all’ invito dell' on. Ferraris di se­ parare nel disegno di legge le disposizioni che con­ cernono la proroga da quelle che accennano alla ri­ forma bancaria. Non può cedere, perchè se non si darà stabilità alla circolazione si perpetuerà un disor­ dine per ogni verso pernicioso. Il regime di legalità quand’ anche non corrisponda a tutti gli ideali, assi­ cura almeno quell’ ordine, all’ infuori del quale non c’ è che l’arbitrio.

Errano a suo avviso coloro che danno una impor­ tanza eccessiva alla circolazione ; questa non è causa ma effetto del malessere del paese e non si può quindi artificialmente moderarla; come l’ aumento della cir- colazione cartacea non è un fatto arbitrario ma 1 ef­ fetto dell’ esodo dell’ oro, che è avvenuto in seguito all’ abolizione del corso forzoso, e che è conseguenza a sua volta della nostra situazione naturale : e perciò la difesa ¿elle banche che cercarono prima di sal­ vare 1’ oro con 1' argento e poi l’ argento col biglietto di Stato.

Nè l’ oratore crede possibile cercare di riparare a questo male col rialzar lo sconto, imperocché 1’ espe­ rienza ci ha dimostrato che anche il saggio altissimo dello sconto non basta ad attirare le correnti metal­ liche, quando la politica finanziaria .non dà fiducia al capitale. Perciò non è possibile mantenere lo sconto al sei per cento che pesa come un’ usura latente su tutta la vita economica del paese.

Certo non a tutti i mali che si deplorano si può prov­ vedere con un leggiero aumento di circolazione, ma un qualche effetto lo avrà indubbiamente, e non è prudente lasciare aggravare i mali che esistono. Af­ ferma che questa legge nulla innova allo stato esi­ stente, e le apparenti differenze provengono dal fatto che in seguito all’operazione fatta per il debito con la regìa, la disponibilità delle anticipazioni statutarie pare di 69 milioni, mentre 1’ anticipazione stessa ri­ mane legalmente di 103 milioni.

E in proposito dice all’ on. Simonelli che egli ha restituito alle banche le anticipazioni statutarie, ma non ne ha prese.

Delle anticipazioni si servirà, ove occorra, pel pa­ gamento delle rendite nominative per una somma non superiore ai 60 o 70 milioni, ma per armare il tesoro crede che sia indispensabile consentire al governo di estendere ai 103 milioni il limite delle anticipazioni medesime. Dice all’ on. Vacchelli che proporrà una modificazione alla legge per assicurare all erario la rendita proveniente dalla tassa sull’eccesso della cir­ colazione.

Quanto ai dazi doganali si riserva di determinare le modalità dei pagamenti d’accordo con la Commis­ sione che presiede alla legge del corso forzoso, e quanto alle riserve metalliche dice che un disegno di legge da presentarsi a novembre le stabilirà in una misura non inferiore al 40 per cento.

Conclude invocando dalla Camera il voto favorevole ad una legge destinata a giovare alle condizioni del- l’ industria e del commercio.

Non occorre che noi richiamiamo ora il lettore sulle gravissime cose che intorno alla questione

ban-caria furono dette alla Camera ; ci torneremo sopra con tranquillità.

Il disegno di legge con lievi modificazioni è stato approvato, ed ora attendiamo di vedere quali dispo­ sizioni prenderà il Governo per quanto gli concerne.

LA R.IDDZIONE DELLE ORE M L ÌfO R O 11

li.

Dal principio del secolo ni nostri giorni può dirsi che in Inghilterra la questione'delle ore di lavoro, per una o per l'altra ragione, è stata quasi senza interruzione discussa nel Parlamento e fuori. Non piccola parte della legislazione inglese sulle fabbriche a partire dalla legge del 1802 (42 Geo. Ili, c. 73) ha infatti per ¡scopo dichiarato di limitare la durata del lavoro per i fanciulli, gli operai più giovani e le donne; nè qui occorre ripetere una storia che è stata più volte narrata diffusamente *). Ciò che inte­ ressa notare è piuttosto la circostanza che la do­ manda relativa alle otto ore di lavoro è tutt’ altro che recente. Roberto Owen nel 1817 tra gli altri principi in favore del lavoro sosteneva quello che la giornata giusta di lavoro fosse di otto ore ; ma la proposta doveva apparire a quel tempo così poco pratica, che lo stesso Owen appoggiava con altri la giornata di 10 ore, e nella colonia di New Lanarck da lui fondata la fissò a 10 ore e mezzo.

Se fino dai primordi della legislazione sulle fab­ briche si trovano frequenti riduzioni delle ore di lavoro non bisogna dimenticare le circostanze nelle quali e per le quali quelle riduzioni erano imposte. L ’impiego dei fanciulli e delle donne nelle fabbriche aveva preso una grande estensione in seguito alla applicazione delle'nuove invenzioni meccaniche, le quali permettevano la sostituzione del fanciullo al- P operaio adulto ; sopratutto la grande miseria che tenne dietro alle guerre napoleoniche e che sul principio accompagnò la rivoluzione industriale era potente incentivo all’ accorrere dei fanciulli nelle fabbriche. Che il lavoro dei fanciulli fosse eccessivo nella durata ed esiziale negli effetti fisici è fuori di contestazione, e risultò in modo indiscutibile dalla inchiesta del 1816 la quale portò per naturale con­ seguenza l’Atto del 1819, in cui cominciano ad as­ sumere importanza le limitazioni riguardo all’ età e alla durala del lavoro dei fanciulli, e ciò solo per i filatoi di cotone, dove maggiormente si erano^ con­ statati gli eccessi. Le leggi accumulatesi da quell’ anno in poi non limitano' mai direttamente la durata del lavoro degli operai adulti ; riguardo ad essi le riduzioni delle ore di lavoro avvenute nel lungo pe­ riodo di oltre settanta anni sono state o la conse­ guenza delle restrizioni imposte al lavoro dei fan­ ciulli e dei giovani operai, oppure il frutto delle lotte sostenute dalle Trades Unione per quell’intento. Ma, come nota il Howell 3), c’ è stato sempre un ar­ dente desiderio fra gli operai di avere la giornata

') Vedi 11 numero 893 dell 'Economista.

2) Si consultino le opere del Plener, del Grant, del W eyer, del Jevons, ecc.

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L ’ E C O N O M I S T A

400 28 giugno 1891

di odo ore; questa aspirazione si trova per secoli attraverso la storia del lavoro e pare una remini­ scenza delle vecchie gilde. Però è solo negli ultimi tempi, e secondo il Hovvell da dodici anni a questa parte, che è stata messa innanzi la proposta di limitare per legge la durata del lavoro degli adulti a otto ore, e quella proposta veniva al seguito di sforzi persistenti compiuti in varie industrie per ot­ tenere che la durata del lavoro fosse abbreviata. Quegli sforzi ebbero risultati vari, rispetto all’intento che volevast raggiungere; è però indubitato che nel complesso valsero a procurare agli operai inglesi una diminuzione nella durala del lavoro o almeno a impedirne il prolungamento, in questi mede­ simi risultati gli avversari dell’intervento dello Stato trovano un argomento validissimo per sostenere che all’infuori di qualsiasi legge gli operai adulti possono ridurre la durata del loro lavoro entro i confini più ragionevoli. Dovremo tornare sopra questo punto ; e così pure converrà cercare la spiegazione del fatto che ora gli operai e specialmente i minatori nutrono poca o punta fiducia nella azione loro coordinata e diretta alla riduzione delle ore di lavoro.

Intanto, per quanto è possibile assegnare una data precisa e caratteri determinati a movimenti so­ ciali ed economici che passano attraverso varie fasi, ed hanno il più spesso una origine difficile a pre­ cisare, si può dire che riguardo alla riduzione delle ore di lavoro in Inghilterra, tre agitazioni si sono ma­ nifeste in questo secolo. La prima cominciò a di­ segnarsi poco innanzi al 1830 quando il Gould, l’Owen, l’Uastler si fecero ardenti campioni delle 10 ore di lavoro. E questo movimento, cospicuo per gli effetti vari che produsse nella classe operaia, ebbe la vittoria nel 1847 dopo quindici anni di lotte soste­ nute in Parlamento, dal Sadler, da lord Ashley, dal Fielden, ecc. Ma come si disse la legge del 47 ri­ guardava le donne e i giovani operai giù protetti dalle leggi sulle fabbriche; pure se non subito, poco dopo essa spiegò la sua efficacia anche sugli operai adulti. Per questi ultimi ad ogni modo continuò e in taluni casi, come nelle industrie trasportatrici, si accentuò la diseguagliauza nella durata del lavoro. D’onde eb­ bero origine numerosi scioperi in epoche diverse per ottenere la giornata di nove ore, alcuni dei quali ebbero anche un risultato favorevole, almeno tempo­ raneamente. Questo secondo movimento per la ri­ duzione delle ore di lavoro fu diretto dalle Trade

TJnions, alcune delle quali andarono anzi più avanti e cominciarono a chiedere le otto ore specie quando trascorsa la crise del 1866 l’industria inglese entrò in un periodo di prosperità. Tuttavia è stato solo in questi ultimi sette od otto anni che la giornata di otto ore ha incontrato maggiore accoglienza di quella delle nove ore, e sopra tutto quando da un lato i progressi del socialismo in Inghilterra e dall’ altra le numerose schiere di disoccupati hanno contribuito a fermare nuovamente l’ attenzione delle masse operaie sulla durata del lavoro.

Il movimento per le otto ore di lavoro ha già una storia abbastanza lunga, sebbene possa considerarsi affatto recente e solo in questi ultimi anni abbia assunto importanza economica e sociale, mentre pare destinato ad averne una anco maggiore nell’av­ venire. Qui sarà sufficiente di accennare che la gior­ nata di otto ore ò chiesta specialmente pei minatori, e che allo scopo di ottenerla per legge uno dei capi j del movimento operaio, membro della Camera dei |

Comuni, Mr. Champion, presentò il progetto di legge già per quattro volte, ma senza risultato positivo. Quanto agli operai delle altre industrie e alle loro rappresentanze, ossia quanto alle Trade Unions,

sono note le profonde scissure che tra esse ha prodotto la questione delle otto ore di lavoro. Ac­ canto al « vecchio unionismo » contrario all' inter­ vento dello Stato è sorto il « nuovo unionismo » che in quell’ intervento vede l’ arma più efficace, e questi due indirizzi opposti si sono chiaramente ma­ nifestati negli ultimi tre Congressi. Al Congresso tenuto a Bradford nel 1888 vennero presentati i risultati di una inchiesta fatta sulle intenzioni delle società operaie circa le otto ore di lavoro. L’ inchie­ sta non riuscì completa pel piccolo numero delie risposte avute ; ad ogni modo è degno di nota che i voti favorevoli al limite delle otto ore furono 22,720 e i contrari 4,097, e i voti in favore dell’ intervento legislativo ammontarono a 17,267, quelli contrari a 3,819. Nel successivo congresso tenuto nel 1889 a Dundee il Comitato parlamentare delle Trade Unions presentava questi altri risultati, a primo aspetto del tutto opposti : 39,636 voti erano favorevoli alla giornata di otto ore e 67,390 contrari, 28,51 ! pre­ ferivano l’intervento dello Stato e 12,283 erano con­ trari. Ma pare che una grossa parte, (oltre 50,000 voti) di quei 67,590 voti contrari, anziché rappre­ sentare realmente l’ opinione dei componenti di tre società contrarie, siano piuttosto il frutto d’una ven­ detta e non l’espressione di un sentimento genuino ’). E invero il Congresso non si dimostrò punto con­ trario alla limitazione del lavoro degli adulti, anzi approvò a grande maggioranza un bill per la gior­ nata di otto ore in favore dei minatori. Questo bill, o in altre parole l’intervento legislativo, venne poco dopo richiesto anche dalla federazione nazionale dei minatori (N ational Federation o f Minerà) radunata nell’ottobre 1889 a Birmingham. La giornata legale di otto ore è vivamente invocata dai minatori del­ l’ Inghilterra, fatta eccezione di quelli delle contee di Durham e del Northumberland dove la durata del lavoro è in certi casi anche meno di otto ore.

Il Congresso delle Trade Unions tenuto a Liverpool si espresse pure in senso favorevole alla giornata legale di otto ore. Esso approvò con 193 voti contro 155 la seguente mozione : Il Congresso è di opinione che è ormai tempo di fare passi per ridurre le ore di lavoro in tutte le industrie a otto per giorno, ossia a un maximum di quarantotto ore per settimana, e mentre riconosce il potere e l’influenza delle orga­ nizzazioni operaie è di opinione che il metodo più spedito e migliore per ottenere questa riduzione per gli operai in generale sia l’intervento legislativo. Per ciò il Congresso incarica il Comitato parlamentare di agire immediatamente pel conseguimento di questo scopo. »

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lavoro che la giornata quale pre.-entemente è nelle numerose industrie subisca una ulteriore riduzione. La giornata legale di otto ore appare anche a un gran numero di operai ripugnante all’indole di molti lavori, inattuabile immediatamente e per lungo tempo, dannosa, come meglio vedremo in seguito, a certe classi di lavoratori.

L’ Inghilterra presenta una varietà straordinaria nelle condizioni delle industrie e degli operai ad esse addetti ; mal potrebbe applicare una soluzione unica al problema così differente nei singoli casi della durata del lavoro. L’agitazione potrà guadagnare ter­ reno, potrà acquistare potenza e influenza non co­ muni ; la cosa è tutt’ altro che difficile ai nostri giorni con il voto politico allargalo, ma all’atto pra­ tico la giornata normale di lavoro deve urtare contro l’assetto odierno delle industrie, che non può mutare a un tratto nè'per virtù di legge, nè per la pressione d’una coalizione operaia, perchè è il prodotto delle forze che operano nella economia contemporanea. Le vecchie Unioni operaie sentono I* impotenza della legge a mutare a un tratto l’ordinamento del lavoro e vedono i pericoli che dalla violenza legislativa possono derivare ; le nuove Unioni operaie sorte negli ultimi due anni tra i lavoratori comuni, assai meno esperte e poco conscie delle condizioni economiche generali, caldeggiano l’ intervento legislativo per ac­ corciare la durata della fatica giornaliera e per dare lavoro ai disoccupati, che si affollano vicino ai docks

o nelle case di lavoro. I partiti politici, dopo un pe­ riodo di incertezza, si mostrano ora più disposti ad appoggiare le domande della classe operaia e non occorre darne la ragione; essi possono peraltro rin­ viare la decisione definitiva a tempo indeterminato, per aspettare che la Commissione di inchiesta sulle questioni operaie, di recente nominata dal Governo, abbia raccolte le notizie necessarie e formulate le sue conclusioni. La Làbour Commission potrà get­ tare molta lucè sulla questione; ma chi non crede di averne bisogno continuerà la propaganda per la riduzione delle ore di lavoro e tenterà di strappare una legge ai legislatori. È probabile però che questi, di solito compiacenti, preferiscano in cotesto caso di aspettare; è il fattore politico, ad ogui modo, che pare destinato ad avere il maggior peso nelle deci­ sioni intorno a questa questione.

IL COMMERCIO I T A L I A N O

nei primi cinque mesi dell’ anno 1891

1 mesi di aprile e di maggio sono stati meno sfavo­ revoli al nostro commercio ; già il mese di aprile ha dato un aumento di 8 milioni e mezzo di traffico, di cui selle e mezzo alla esportazione ed uno alla im­ portazione ; il mese di maggio ha dato una diminu­ zione di oltre 22 milioni, ma 23.9 riguardano la im­ portazione, mentre 1.7 sono aumento di esportazione. Però alla stregua dei primi cinque mesi è bene avvertire che si arriverebbe soltanto ad una impor­ tazione di 1100 milioni e ad una esportazioni, di 879 in totale ad un movimento di 1979 milioni, cifre sempre inferiori a quelle che si sono avute dal 1870 in poi, tanto per la esportazione e la importazione sin­ golarmente osservate, come per il complessivo mo­ vimento.

Ecco il prospetto delle categorie:

C A T E G O R IE secondo la ta riffa doganale

V alore delle merci im portate n e i prim i cinque mesi n e ll’ anno 1891 I. II. I I I . I V . V. V I. V I I . Vili. IX . X . X I . X I I . X I I I . X I V . X V . X V I . X V I I . S p iriti, bevande ed o l i i ... G en eri colon., droghe e tabacchi. Prodotti chim. generi m edicin ali, resine e profum erie... Colori e gen eri per tinta e per

c o n c ia ... Canapa, lino, ju ta ed a ltri v e g e ­

ta li filam entosi esci, il cotone. Cotone... Lana, crino e p e li... S e t a ... — • • Legn o e p a g lia ... Carta e l i b r i ... P e lli... M in erali, m etalli e loro la v o r i.. P ietre, terre, v a s e lla m i, v e tr i e cr is ta lli... Cereali, fa r., paste e prodotti ve-

get.,non compresi in altrecateg, A n im ali,p ro d o tti e spoglie di ani­ m ali non compresi in a ltre cat. O ggetti d iv e rs i... T o tale delle prim e 16 categorie M etalli p r e z io s i... IM P O R T A Z IO N E D iffe ren za col 1890 IH, 042.379 - 33,037,788 19,318,122 8,628,488 -I -I , 058,196 97,204,304 37,286,802 34,938.559 15,467:230 4,772,37’ 17,611,980 52,049,140 61,710,868 60,302,147 30,859.223 6,801,227 503,988,824 16,299,100 1,950,931 2,981,171 1,931,220 2,317,954 — 852,798 — 6,494,241 4 - 1,237,670 -1- 4,039,725 — 775,323 — 312,835 — 1,309,725 -23,653,111 3,534,914 — 33,846,127 — 6,472,493 — 1,330,998 — 76,416,618 — 84,100 T o tale g e n e r a le .. . . 520,287,924 -75,500,718 E S P O R T A Z IO N E C A T E G O R IE secondo la ta riffa doganale

Valore delle merci esportate n ei primi cinque mesi n e ll’ anno 1891 D iffe ren za col 1890

I. S p iriti, bevande ed o lii... 67,925,379 + 16,242,473 I I . G en eri colon, droghe e tabacchi. 1,922,448 — 589,524 I I I . P rod o tti ch im .,gen eri medicinali,

resine e p ro fu m e rie ... 17,236,092 - 3,122,157 I V . C olorì e gen eri per tin ta e per

concia... 3,384,623 - 740,533 V . Canapa, lin o, ju ta ed a ltr i v e g e ­

ta li filam entosi, esci, il cotone. 15,183,595 — 4,033,482 V I . C oton e... 15,520,474 3,602,915 + 1,959,955 V I I . L an a, crino o p eli... — 671,645 v i l i . Seta... 114,408 523 — 2,582,561 I X . Legn o e p a g lia ... 13,935,679 - 3,113,732 X . Carta e lib ri ... 3,105,211 — 1,888,518 X I . P e l l i ... 9.296,280 + 257,020 X I I . M in erali, m e ta lli e loro la v o r i.. 13,430,121 -t- 2,126,814 X I I I . P ie tr e , t e r r e , vasellam i, v e tr i e

c r is t a lli... 20,910,074 - 3,197,464 X I V . C ereali, fa r., paste e prodotti v e ­

ge ta li, non compr. in a ltre cat. Anim ali, prodotti e spoglie d i ani­ m ali, non compr. in altre categ. O ggetti d iv e r s i... .

33,367,857 + 842,991 X V .

38,819,634 — 1,046,856 X V I . 4,549,920 + 714,747 T otale d elle prim e 16 c a te g o rie .. 366,598,825 -h 1,«j7,528 X V I I . M etalli p r e z io s i... 23,309,000 — 4,836,200 T o ta le g e n e ra le .. . . 389,907,825 1— 3,678,672

Ed ecco le cifre dei dazi :

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408

V

E C O N O M I S T A 28 giugno 1891

Rivista (Economica

Le Società co o p erative e te opere pubblicheLa

le g islazio n e s u lle fabb riche in In g h ilt e r r aLa

t a r if f a f e r r o v ia r ia p e r zone in U ngheria.

Le Società cooperative e le opere pubbliche. —

Coll’ art. 4 della legge i l luglio 1889 fu stabilita una deroga alla legge generale di contabilità allo scopo di facilitare alle Società cooperative di produ­ zione e lavoro l’ assunzione di lavori dello Stato, sopratutto di lavori pubblici.

Riproduciamo il detto art. 4 :

« Possonp .stipularsi a licitazione od a trattative private contratti per appalto di lavori con associa­ zioni .cooperative di produzione e lavoro, legalmente costituite fra operai, purché il lavoro uou superi le L. 100,000 e si tratti di appalti nei quali predomini il valore della mano d’opera.

« I pagamenti di acconto saranno fatti a rate in proporzione del lavoro eseguito e potranno per essi ammettersi mandati a disposizione colle stesse norme delle spese da farsi ad economia.

« In tali contratti la cauzione verrà costituita me­ diante ritenuta del 10 per cento dell’importo di ogni rata da pagarsi poi a lavoro compiuto e collaudato. » Furono affidate a Società cooperative 179 lavori per un importo di L. 4,279,963.73, così distribuiti :

Numero

dei la v o ri Im porto

Servizio stradale. . N. 31 L. 1 ,9 8 1 ,9 7 6 .0 0 Id. idraulico . » 148 » 2 ,2 9 7 ,9 8 7 .7 3

T otale . N. 179 L . 4 ,2 7 9 ,9 6 3 . 73 Siamo appena al principio dell’esperimento, per­ chè la disposizione dell’art. 4 della legge 11 lu­ glio 1889 fu disciplinata con norme particolari me­ diante il regolamento approvato per regio decreto 23 agosto 1890 ed entrato in vigore effettivamente qualche mese dopo.

È in seguito al detto regolamento che può dirsi incominciata la prova del sistema degli appalti alle Società cooperative di produzione e lavoro, e il tempo trascorso è ancora troppo breve perchè si possa pronunciare con animo tranquillo un sicuro giudizio sui risultati conseguiti.

Qualche inconveniente nella prima applicazione era inevitabile.

Il ministro dei lavori pubblici ha osservato alla Commissione generale del bilancio che i ribassi ot­ tenuti con questa forma speciale di appalti risultano in media inferiori a quelli che ordinariamente si ri­ cavano con le forme comuni ; che in generale la qualità delle opere è riuscita meno lodevole di quella ottenuta mercè il sistema degli appalti ordinarli, e che per i lavori che si accollano alle Società coo­ perative è necessario aumentare la vigilanza tecnica da parte dell'amministrazione, perchè raramente av­ viene che esse abbiano direttori abbastanza idonei. « Nella generalità, però, dice il D iritto, non si sono avute questioni, nè difetti di esecuzione. Poche e c­ cezioni si possono notare. Per un lavoro la Società cooperativa deliberataria ha ceduto con atto notarile l’appalto ad un intraprenditore, dietro un compenso di L. S mila. Per una provvista di sassi l'im m a­ gazzinamento fu fatto con frode lasciando nella massa

dei vani per far risultare maggiore il volume. Per un esteso lavoro di terra si è tanto suddivisa l’opera e con poco ordine eseguita, da rendere diffìcile la vigilanza ed anche possibili degli assestamenti irre­ golari. Sono casi isolati e da cui non si può rica­ vare la condanna del sistema. Bisognerebbe contrap­ porre ad essi tutti gli inconvenienti derivati in mi­ gliaia di casi dall’ appalto di lavori fatto nelle vie ordinarie. Si deve tener conto della novità del si­ stema, delle difficoltà delle prime applicazioni, del difetto delle disposizioni sancite dall’ amministrazio­ ne, non ancora edotta dall’esperienza.

Non bisogna dimenticare che la cooperazione del lavoro e della produzione è la più diffìcile ad or­ ganizzare bene, e ohe in Italia mentre fioriscono le cooperative di consumo, fanno difetto ancora quelle di produzione.

Bisogna dar tempo al tempo, rimuovere i primi ostacoli, vincere pazientemente le difficoltà.

E sopratutto necessario che gli operai si orga­ nizzino bene in salde associazioni con spirito di abne­ gazione e di disciplina. Così facendo, potranno evi­ tare le pressioni di sordidi interessati a sfruttare a proprio beneficio il privilegio legittimamente con­ cesso agli operai. Non è raro il caso che dietro ad una fittizia associazione cooperativa di operai si na­ sconda uno dei soliti speculatori.

Solo con una forte associazione gli operai potranno evitare pressioni, che li costringano a prestarsi a tali indegne manovre.

Le cessioni successive degli appalti, colle quali mille fannulloni schiumano tutto il guadagno che dovrebbe spettare all’ onesto lavoro devono cessare, se non subito, poco a poco.

Ma gli operai devono secondare con tutte le loro forze questo movimento che accenna ad una grande trasformazione dell’ industria.

Essi devono organizzarsi saldamente, con abili capi; e devono avere il coraggio di scartare tutti i membri indocili, inoperosi; i pecchioni che vorreb­ bero vivere col lavoro delle api.

Solo con la sicura coscienza dei loro doveri po­ tranno conseguire l’ adempimento pieno dei loro diritti. »

La legislazione sulle fabbriche in Inghilterra.

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sulla clausola del Factory and Workshops b ill che fissa 1’ età iu cui i fanciulli possono esser assunti a mezza giornata (half-timers) nelle officine, dichiarò il giorno appresso nella Camera dei Comuni che accettava I’ emendamento Buxton, votato mal suo grado, il quale stabilisce quell’ età a 11 anziché a 10 anni. La condotta del Governo in questa faccenda è mancante, non solo di coerenza, ma anche di ri­ spetto agli impegni internazionali. Infatti non ap­ provarono i suoi delegati alla Conferenza di Berlino la disposizione che ammette i fanciulli nelle officine non prima dei 12 anni? Avrebbe dovuto, quindi, stabilire semplicemente questo limite d’ età nel suo

bill, invece di proporre quello di 10 anni, portato poi a 11 in seguito all’ approvazione dell’ emenda­ mento Buxton. Fu punito del suo fallo dalla defe­ zione d’ una trentina de’ suoi amici politici. L 'in c i­ dente prova ripetiamo, che nelle quistioni cosidetle sociali non c’ e fermezza di convinzioni, perchè non c’ è chiarezza e unità d’ idee, nei partiti ; sugli stessi scanni ministeriali si manifestano divergenze dt ve­ dute. La Labour Commission, che ha cominciato la sua inchiesta raccoglierà forse il materiale per la formazione di convinzioni e di criteri sulla legisla­ zione a favore delle classi operaie.

La tariffa ferroviaria per zone in Ungheria. —

La importanza dell’ applicazione del nuovo sistema di tariffa per zone, di che ci siamo occupati altre volle, rende interessante seguire gli effetti che vanno man mano esplicandosi sulla rete ferroviaria ungherese, sulla quale per prima è stato esperimentato quel sistema.

È noto che la tariffa per zone fu applicata sulla rete dello Stato a cominciare dall’ agosto del 1889. Ora rileviamo da una recente pubblicazione del go­ verno ungherese che in quei cinque mesi del 1889 il numero dei viaggiatori trasportati fu di 8,944,900 e che nell’intiero anno 1890 si elevò a n. 15,690,600; mentre nel 1888 il numero dei viaggiatori si era li­ mitato a 5,047,494.

L’effetto del nuovo sistema, innegabilmente pro­ vato dalle cifre suaccennate, è stato dunque quello di triplicare il movimento dqj viaggiatori ed è su­ perfluo dimostrare di quanto possa con ciò avvan­ taggiarsi la pubblica economia.

Vediamo d’altra parte quali siano, nei riguardi della finanza, i risultati dell’esercizio ferroviario col nuovo sistema. I prodotti provenienti dal movimento dei viaggiatori si ragguagliarono nell’intero anno 1889 (con soli 5 mesi di applicazione della tariffa per zone) a fiorini 10,639,023 e in tutto l’anno del 1890 a fior. 1 1 ,8 9 3 ,6 9 4 ; mentre nel 1888 non erano giunti che a fior. 8,544,496.

È naturale che sia principalmente Budapest, testa di linea, che ha avuto il maggiore beneficio della ta­ riffa ferroviaria per zone. Facendo un confronto tra i prodotti del 1889 e quelli del 1890, si scorge che gl’ incassi delle quattro stazioni della rete dello Stato in Budapest, da 2 milioni circa sono cresciuti a 6,834,932 fiorini.

IL PROGETTO SULLE BANCHE

Diamo il testo del progetto quale venne modifi­ cato ed approvato ad unanimità dalla Commissione col pieno consenso dei ministri del tesoro e del commercio :

« Art. 1. — È prorogata fino al 31 dicembre 1892 a favore :

della Banca Nazionale nel regno d’ Italia, del Banco di Napoli,

della Banca Nazionale Toscana, della Banca Romana,

del Banco di Sicilia,

della Banca Toscana di Credito,

la facoltà di emettere biglietti di banca, pagabili a vista ed al portatore consentita ai detti Istituti fino al 30 giugno 1891.

« Art. 2. — Il corso legale dei biglietti di banca è prorogato a tutto il 31 dicembre 1892, ferme le speciali prescrizioni degli articoli 2, 3 e 4 della legge 28 giugno 1885 n. 3167 (Serie 3.a).

« I biglietti di ciascun Istituto non avranno corso legale che nelle singole provinole, nelle quali esista una sede, succursale, agenzia o rappresentanza del- I’ Istituto che assuma l’ impegno del cambio per la durata del corso legale.

« Gl’ Istituti potranno prendere accordi per la rap­ presentanza reciproca agli effetti del cambio.

« Art. 3. — Ferma rimanendo la facoltà di emet­ tere biglietti interamente coperti da riserva metalli­ ca, durante la detta proroga, la circolazione per pro­ prio conto di ciascun Istituto non potrà eccedere la media dell’ anno 1890, salvo che questa sia rima­ sta inferiore al quadruplo del capitale versato. In tale caso la detta circolazione potrà raggiungere quel limite.

« La riserva metallica non dovrà essere minore del terzo dei biglietti in circolazione e degli altri debiti a vista.

« Art. 4. — La tassa sulla circolazione dei bi­ glietti emessi da ciascun Istituto, esclusi quelli in­ teramente coperti da riserva metallica, sarà dell’uno per cento.

« L’ Istituto che oltrepassi il limite assegnato alla circolazione nell’ articolo precedente, in luogo della tassa di circolazione dell’ uno per cento sarà obbli­ gato, per la parte eccedente, a pagare una tassa equivalente al doppio dell’intero ammontare della ragione dello sconto.

« Uguale tassa sarà applicata alla circolazione che, sebbene emessa nei limiti stabiliti, non sia provve­ duta della riserva metallica ai termini dell’ articolo precedente.

« Art. 5 — Entro sei mesi dalla promulgazione della presente legge ciascun Istituto dovrà presen­ tare al Ministero di agricoltura, industria e com­ mercio una situazione particolareggiata delle attività non liquide per esposizioni cambiarie, siano o no in sofferenza, riguardanti imprese immobiliari e crediti d’ogni sorta coperti da garanzia ipotecaria.

« Art. 6. — Ciascun Istituto deve accettare in pagamento i biglietti degli altri Istituti.

« Entro due mesi dalla promulgazione della pre­ sente legge, su proposta del ministro di agricoltura, e commercio, di concerto col ministro del tesoro, dopo aver udito il parere dei direttori generali delle Banche d’ emissione, saranno determinate per regio decreto le norme per regolare il baratto dei biglietti fra le Banche e per correggere gli effetti della ri­ scontrata.

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410 L ’ E C O N O M I S T A 28 giugno 1891 dalla Banca nazionale del Regno per conto proprio

e degli altri Istituti, proporzionatamente al capitale di ciascuno, di L. 68,183,152.24, che furono de­ stinati in pagamento alla cessata regia cointeressata dei tabacchi, il Tesoro dello Stato dal giorno in cui andrà in vigore la presente legge, pagherà soltanto l’ interesse del due e cinquanta per cento al lordo della tassa di ricchezza mobile.

« 1 biglietti che gli Istituti terranno in circola­ zione per effetto delle dette anticipazioni nell’ am­ montare massimo complessivo di 171,683,152 lire e 24 centesimi non saranno compresi nella circola­ zione di cui all’art. 2 e costituiranno un conto a parte, ma dovranno dagl’ Istituti di emissione essere egualmente guarentiti da una riserva metallica non inferiore al terzo.

« Art. 8. — Rimangono in vigore tutte le dispo­ sizioni delle leggi vigenti sulle Banche e sulla emis­ sione dei biglietti, in quanto non siano modificate dalla presente legge. »

I DEBITI COMUNALI É PROVINCIALI

È stata recentemente pubblicata la statistica dei debiti a carico delle Provincie o dei Comuni alla fine del 1889. Occorre per altro osservare che la pubblicazione di questa statistica essendo stata fatta dalla Gazzetta Ufficiale in forma affatto riassuntiva lascia alquanto a desiderare giacché non indica l'am ­ montare degli oneri annuali che importa a titolo di interessi quella ingente massa di debiti locali, ne stabilisce il rapporto percentuale di essi con la po­ polazione, e neppure quello che è più importante il rapporto coi contributi erariali. Se questi confronti fossero stati fatti si sarebbe meglio potuto valutare l’onere assoluto per i contribuenti di un dato luogo, e l’onere relativo in ragione della popolazione, ed in ragione altresì della potenzialità economica di ciascun paese. Speriamo che questi dati e confronti verranno fatti, allorché la statistica dei debiti co- muna i e provinciali verrà pubblica in volume spe­ ciale.

I debiti comunali e provinciali alla fine del 1889 erano rappresentati dalie seguenti cifre :

I debiti comunali . . . . L . 1037 milioni

» provinciali . . . » 170 »

In tu tto . . L . 1207 milioni Alla fine del 1877 erano :

I debiti comunali . . . . L. 753 milioni

» provinciali . . . » 98 »

In tu tto . . L . 851 milioni e così in soli 12 anni si ebbe un aumento di lire 356 milioni, quasi di 30 milioni all’ anno.

L ’ aumento come si vede non è indifferente, ma se si riflette che in una gran parte dei Comuni ita­ liani occorreva costruire strade comunali, ferrovie economiche, edilìzi scolastici, stazioni telegrafiche, arginature di fiumi ; che bisognava procedere, a bo­ nifiche di paludi, e a condutture di acque potabili si avrà la ragione dell’aumento avvenuto nel periodo di 12 anni.

Della statistica in esame resulta che i più grossi

debiti comunali si riscontrano nelle provincie di Roma con 157 milioni (di cui 138 il solo Comune di Roma) — di Napoli 147 (di cui 135 il solo Co­ mune di Napoli) — di Milano 92 (di cui 87 il solo Comune di Milano) — di Genova 70 (di cui 48 il solo Comune di Genova) — di Firenze 46 (di cui 40 il solo Comune di Firenze) di Bari 26 (di cui 16 il solo Comune di Bari).

Le provincie, i cui debiti comunali figurano mi­ nimi, sono :

Treviso L. 266 mila in complesso , Rovigo 347; Siracusa 399; Lecce 4 0 6 ; Forlì 4 6 2 ; Macerata 480 mila lire.

Volendo poi conoscere i debiti dei Comuni capi­ luogo di provincia, che maggiormente hanno usato ed abusato del credito si ha :

Roma Napoli Milano Genova Firenze Livorno Pisa B ari Palermo Venezia Torino

con un debito comunale di 138 milioni

» 133 » » 87 » » 48 » » 40 » » 18 » » 16 » » 16 » » 11 » » 11 » » 10 »

Non avevano debito alcuno fra le 69 provincie de! Regno le seguenti, cioè :

Arezzo, Firenze, Milano, Ravenna, Roma, Siena, Sondrio.

Sono capilista :

Mantova, con 12 milioni; Reggio Calabria con 11 */,; Bologna, Salerno e Cagliari con 8 ; Vicenza con 7; Potenza con 6 ; Girgenti con 5 */,.

La Cassa di R isparm io di Città di C astello

Quantunque 1’ azienda finanziaria dell’ Istituto siasi svolta nel 1890 nelle strette di una crise economica persistente, tuttavia essa potè proseguire nella via del progresso nella quale da molti anni cammina.

I depositi infatti nel 1 8 9 0 salirono a L. 1,682,945.27 mentre nel 1889 resultarono di . » 1,525,352.03 con un aumento d i ... L. 157,582.24 tenendo così il primo posto negli aumenti dei depositi fra le varie Casse di risparmio dell’Umbria.

Pressoché uguale all’ esercizio precedente si man­ tenne la portata del portafoglio in L. 1,425,124.97 cui aggiunto l’ ammontare dei valori

pubblici i n ... » 224,606.34 si ha in complesso la somma di . L. 1,694,606.34 che rappresenta il collocamento utile e fruttifero dei depositi affidati all’ Istituto.

Fa fede della bontà dei rivestimenti fatti, la man­ canza assoluta anche nel 1890 di qualunque per­ dita, quantunque, aggiunge la relazione, sia preve­ dibile che al termine dei giudizi pendenti non tutto il capitate degli effetti in sofferenza possa rientrare intatto.

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