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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.875, 8 febbraio

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L ’ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

S C IE N Z A ECONOM ICA, .FINANZA, COM M ERCIO, B A N C H I, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R I V A T I

Anno XXIII - Voi. XXII

Domenica 8 Febbraio 1891

N. 875

m

Una questione apparentem ente estranea, ma in so­ stanza connessa più che non sem bri e non si creda alla situazione finanziaria ed econom ica del paese, ha rovesciato il M inistero. S c riv e n d o la settim ana scorsa sulla esposizione finanziaria deli’on. G rim aldi esprim evam o il giudizio — che fosse erroneo il c r e ­ dere che il paese ed il P arlam ento si sarebbero acquie­ tali con palliativi insufficienti ; che quello che do- m andavasi da tutte le parti d’ Italia e da tutte le classi di persone era la stabilità del bilancio e dell’indirizzo economico ; e che un Ministro avrebbe potuto riportare il plauso di tutti, quando avesse avuto il coraggio ili proporre subito i provvedi­ menti adatti ad ottenere effettivam ente il pareggio. D ubitavam o che le proposte dell’ on. G rim aldi ba­ stassero allo scopo e prevedevam o che non av reb ­ bero trovato l’ approvazione della Cam era da così pochi giorni eletta e quindi in perfetta cognizione dei desideri del paese. E le nostre previsioni non erano lontane dal vero ; la Cam era approvava a ma­ lincuore la nuova legge sugli spiriti nella quale ve­ deva un nuovo torm ento senza un effetto adeguato, e colse l’occasione offertagli dall’ on. Crispi per m o­ strare il suo m alum ore verso il Governo.

L ’on. Crispi ed i suoi colleglli sono quindi caduti; ed in verità facendo il bilancio delle loro opere non possiamo esserne soddisfatti.

Lasciando a parte la politica, sulla quale noi non sogliam o esprim ere giudizi, e lim itandoci alla parte finanziaria, l’inventario degli atti di questi tre ultimi anni è tutt’ altro cbe m eritevole di un giudizio in ­ dulgente.

Il bilancio fu e rim ase tutti i tre anni in disa­ vanzo co n sid erev o le, m algrado sieno stati m utati quattro m inistri per quel dicastero ; — il T esoro ha spinto il proprio debito a cifre che non si erano mai avute altre volte ; m algrado ciò, du ran te il trien ­ nio si sono fatti debiti per una cifra non indifferente, m entre, d ’ altra parte, non si sono nè m igliorati nè allargati, in modo corrispondente al dispendio, i pub­ blici servigi civ ili.

R iassum endo in poche parole il giudizio sulla fi­ nanza dei tre ultim i a n n i, dobbiam o dire : che ha peggiorato nei risu lta ti, m entre uon ha m igliorato nell'indirizzo, sconnesso, tentennante, non abbastanza verace.

P e r la parte economica le cose non sono p ro ce­ dute meglio. Se la denuncia del trattato di com­ m ercio colla F ran cia è dovuta agli antecessori

del-1’ on. C rispi, è invece a lui soltanto dovuta la finale ro ttu ra, che segnò il m alaugurato trionfo dei prote­ zionisti, a danno della vera e sana economia del paese. Ed alla responsabilità della rottura si deve an­ cora aggiungere quella di un contegno indeciso, quale em erge dalla abolizione dei dazi differenziali o le dichiarazioni di am ore p er il libero scam bio da un lato, m entre dall’ altro si tollerava che il Ministro della m arina seguisse, p er ciò che rig u ard a il suo dicastero non solo, ma anche per quanto si riferisce ad altri, una linea di condotta econom ica affatto op ­ posta. E si ebbero da parte dell’on. Brin le protezioni alle industrie m etallurgiche e le prom esse, gli inco­ raggiam enti più aperti, creando nuovi castelli in aria, che pur troppo apparecchiano al paese nuovi e più gravi motivi di dissesto.

E non basta ; — i’on. Crispi si trovò al potere nel m om ento in cui era aperta la questione bancaria, la quale attendeva una soluzione, da tutte le parti ricono­ sciuta urgente. E m en tre il G overno volendo rom pere i rapporti com m erciali colla F ra n cia , portava, accen­ tuando la politica meno am ica per la vicina repub­ blica, il centro politico a Berlino, quando tanti interessi economici e finanziari ci legavano ancora con Parigi, l’on. Crispi non si curò abbastanza di procurarsi, me­ diante il riordinam ento bancario, i mezzi per far fronte agli urti che gli sarebbero venuti da Parigi, e p er opporre alla dim inuzione del credito all'e ste ro la forza ordinata, com patta e pronta del credilo interno.

È ben vero che in questi ultim i tempi avvenne una specie di resipiscenza e si assicura che l’on. Crispi favorisse la istituzione di una forte Banca per azioni, ma ciò è sopravvenuto tanto tardi che orm ai i danni dell’erro re si palesavano gravissim i e non rim ed ia­ bili, se non con un lento lavorìo.

Dal nostro punto di vista quindi non possiamo reg istrare altro della politica deli’on. Crispi, se non questo : — disordine nel bilancio ; — protezionism o nell’ industria e nel com m ercio; — disordine nel credito.

Che farà il nuovo G overno?

Sarebbe m olto arrischiato il pronunciarsi in pro­ posito, tanto più che nella vita p arlam entare troviam o che sem pre più le questioni si fanno intorno alle persone e sem pre m eno intorno alle cose, cbe le persone rappresentano.

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82 L’ E C O N O M I S T A 8 febbraio 1891 Gi affida a sperare che essi o procederanno secondo

i desideri del paese o non rim arranno a lungo al potere, il fatto che in questi giorni di crise tutti gli uom ini politici che abbiam o avvicinati o che ab­ biamo udito giudicare la situazione della cosa pub­ blica, afferm avano senza reticenza ed anzi solenne­ m ente che il paese aveva bisogno di quiete e di raccoglim ento e che bisognava curare i suoi m ali, dim inuendo in modo assoluto la spesa, toccando an­ che l’esercito e la m arina. Questo afferm avano an­ che alcuni di coloro che erano preconizzati m inistri. Ma giunti all’ am bito potere sapranno resistere alle tentazioni? S apranno applicare quei concetti di cui oggi si m ostrano convinti ?

L’Economista li appoggerà o li com batterà quando alle parole corrispondano i fatti.

SINCERITÀ E PRUD E® «IlN ISTR tTIV t

( U n c o n f r o n t o )

Già da u n m ese circa avevam o ricevuto e letto un fascicoletto a stam pa contenente le Relazioni dal Consiglio d’A m m inistrazione e dai Sindaci presentate all’Assemblea G enerale ordinaria degli Azionisti della Navigazione G enerale Italiana (Società riunite Fiorio e R ubattino) tenutasi in Roma il 19 dicem bre scorso, il sunto del Bilancio e le deliberazioni dell’Assemblea stessa. Ci eravam o proposto di parlarne, ma ce lo ha im pedito per qualche settim ana l’ abbondanza delle m aterie. Quella lettura per altro ci è tornata in mente nello scrivere che facemmo per i nostri precedenti n u m eri intorno al dividendo della Banca Nazionale Toscana ; ed ecco perchè.

Noi abbiam o riconosciuto che la Banca Toscana si trova da qualche anno in m igliori condizioni che pel passato, ma abbiam o anche posto in rilievo la cifra delle sue sofferenze, davvero considerevole di fronte al suo capitale, e biasim ato perciò l’intenzione, che è poi prevalsa tra i suoi A m m inistratori, di di­ strib u ire un dividendo m aggiore del consueto pro­ prio in un m om ento in cui è generale la crisi eco­ nom ica e degli affari.

Col deliberare un dividendo di L. 38, m aggiore cioè di 3 lire di quello distribuito invariabilm ente da ben cinque anni, non direm o già che il Consi­ glio d ’A m m inistrazione si sia addirittura sbilanciato, che abbia com prom esso le condizioni effettive della Banca ; ci lim iterem o piuttosto a ripetere eh’ esso non ha seguito quei principi di rigorosa prudenza, che avrebbero insiem e rafforzato l’azienda a cui so- praintende e cresciuto il suo credito presso la parte più intelligente ed oculata del pubblico.

Ciò che non hanno fatto i reggitori d’uno tra ì prim i Istituti finanziari del paese, d ’ uno dei pochi che hanno il privilegio di em ettere biglietti a corso legale, privilegio che deve acuire il senso della re ­ sponsabilità in ogni e qualunque manifestazione, lo hanno fatto invece quelli d’una Società certo cospi­ cua, ma di carattere più spiccatam ente privato e inoltre più industriale, e che, anco pel fatto dell’e s­ sere le sue Azioni collocate in molto m inor num ero di m ani, ha sotto un certo aspetto, in confronto, m eno conti da rendere.

L a Società di Navigazione Generale aveva negli

ultim i due esercizi corrisposto agli Azionisti un in­ teresse del 5 1 |2 per cento sul capitale versato. In quello di cui si tratta (1 8 8 9 -9 0 ) essa ha avuto qu al­ che m inore introito, e la R elazione del Consiglio ne fa cenno com e segue : « Le novità politiche del­ l’A m erica del S ud, le quali hanno perturbato il corso degli estesi rapporti che l’ Italia ha colle regioni del P iata, e per cui fu espediente rid u rre il num ero dei viaggi, hanno falcidiato di due m ilioni e mezzo il prodotto lordo di fronte-a quello dell’annata av a n ti; e la sospesa linea del Pacifico, perchè non riu ­ scita abbastanza rem unerativa, dim inuisce di altre L. 1,60 0 ,0 0 0 l’incasso lordo dei noli. Tale am m anco, in gran parte ricoperto dagli aum enti di altre linee qual visibile segno della espansione procurata con studio indefesso alla nostra bandiera, è naturalm ente tem perato da m inori spese e m inori consum i di na­ vigazione. Contribuirono pure ad alleviare le defi- cenze il prodotto accresciuto di alcuni servizi stra­ ordinari, il riordinam ento degli itinerari del M ar Rosso, e soprattutto poi il buon esito della recente attuazione di linee com m erciali interne ed inter­ nazionali. »

Ecco ora in che consista la differenza tra le due annate. Il bilancio dell’esercizio 1889 -9 0 p o rta :

R endite... L. 46,606,759.02 S p e s e ... » 4 3 ,6 84,004.17

U til i...L. 2, 922,754. 85 Invece il bilancio dell’esercizio 1 8 8 8 -8 9 portava :

R en d ite...L. 47,782,376.73 Spese... » 44, 751,139. 44

U t i l i ... L. 3 ,0 3 1 ,2 3 7 .2 9

Cosicché l’utile dell’esercizio 1889 -9 0 è stato m i­ nore, rispetto all’altro, di L. 1 0 8 ,482.44.

Come si vede, la differenza è, sopra una gestione tanto vasta, assai piccola cosa. N onostante la Società di N avigazione ha m ostrato di non essere ligia al si­ stem a, da noi com battuto ma che altri sostiene, di d i­ strib u ire i dividendi fino all’ultim o centesim o quando gli utili oscillano. Di certo essa ha avuto lo stesso concetto da noi pure esposto in uno degli ultim i nostri articoli, cioè che gli azionisti non hanno m o­ tivo di lagnarsi della parsim onia che in date circo ­ stanze gli Am m inistratori] addim ostrano verso di loro, giacché gli utili non distribuiti non vanno perduti, m a si ritrovano sem pre nelle riserve, che sono parte anch’esse dell’ente sociale. Si direbbe anzi che al suo Consiglio tale concetto sia sem brato, com ’ è, di per sè evidentissim o, tantoché la Relazione che ci sta sottocchio lo traduce in una proposta — a cui l’A ssem blea ha aderito — m otivata con una sem ­ plicità e concisione che m ai la m aggiore. — Difatti dopo l’annunzio citato poe’ anzi del dim inuito lavoro e delle sue cause, la Relazione dice :

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8 febbraio 1891 L’ E C O N O M I S T A 83 non intenderebbe toccare con nuova erogazione

l’avanzo di L. 172,734.85, ma di lasciarlo in conto nuovo per aggiungerlo ai profitti dell’ esercizio in corso 1 8 9 0 -9 1 . »

P er im itare la Relazione del Consiglio della Na­ vigazione G enerale Italiana nella brevità che la di­ stingue, non aggiungerem o altro. Il confronto che abbiam o istituito parla da sé.

M C I! SULLE PROPOSTE PER L 1 R E H T 0 DEI COMMERCI

Siam o lieti che l'Industria di Milano abbia c r e ­ duto di rilevare e approvare le considerazioni che abbiam o esposte nel nostro num ero del 18 gennaio, in relazione alla proposta del capitano C am perio. ' V ediam o con piacere che l’autorevole organo degli industriali milanesi insiste sulla necessità di creare anche in Italia, com e si è fatto in A ustria, in F ra n ­ cia, ecc., un organism o vitale e forte che si occupi • del com m ercio di esportazione, nel senso di coordi­ nare gli sforzi, di dirigerli con oculatezza, di sorve­ gliare, prom uovere, agevolare le m igliori iniziative. Milano, prim issim o tra i centri com m erciali e indu­ striali del regno, potrebbe essere sede appropriata per un prim o esperim ento, potrebbe organizzare qualche cosa di sim ile alle fiorenti associazioni estere. T entativi, disgraziatam ente infruttuosi, ne sono stati fatti anche in Italia, ma senza sufficiente p repara­ zione, senza quella continuità di sforzi, senza quella saldezza di proponim enti, che sono fattori essenziali e indispensabili per ottenere il ben che m enom o risultato. P er citare un esem pio, a Pisa nel 1886 venne tentata la costituzione di una « Società coope­ rativa italiana di esportazione » colle migliori inten­ zioni, con un program m a largo, ottim o se si vuole, con una conoscenza esatta delle necessità odierne per lottare sui m ercati esteri. Le ragioni che gli egregi prom otori esponevano per spiegare il loro scopo e il fine della società erano q u e ste : « C on­ siderando che la crise econom ica attuale provenga dall’ esuberanza di produzione e da deficienza di lavoro proficuo nelle classi consum atrici, ritenendo che 1’ allargam ento delle relazioni com m erciali e l’estendere la vendita dei prodotti italiani a u n gran num ero di m ercati esteri, siano i modi più potenti ad apportare sollievo ed increm ento all’ agricoltura ed alle industrie ed eccitam ento al sorgere di nuove fonti di guadagno ; persuasi che 1’ associazione coo­ perativa, la quale ha dato sviluppo al credito popo­ lare in Italia, sia il mezzo più efficace a riportare vantaggio fra gran num ero di persone e perm etta al piccolo capitale di contribuire all’ aum ento del benessere nazionale... deliberano di costituirsi in So­ cietà cooperativa italiana di esportazione. » P erò , a quanto ne sappiam o noi, la Società non ha dato al­ cun frutto ; e in fino a un certo punto si com prende, perchè trattavasi di sforzi isolati, affatto locHi e in­ sufficienti per gli intenti cui si m irava.

Dice giustam ente l’Industria che « parole, voti, suggerim enti, anche volum inose relazioni pressoché mai m ancarono all’Italia, ma il coordinam ento delle forze per un intento definito (forse anche sulle prim e lim itato) invano lo si cercherebbe presso di noi.

Si m oltiplicarono i Consolali, creandone, per es., anche recentem ente al Congo, dove nessun

inte-resse nostro esiste e dove lungo tem po passerà avanti che se ne possa c re a re ; ma la funzione com m er­ ciale dei Consolati fu molto trascurata. — S i spende una dozzina di milioni per linee di navigazione ; m a, m entre il nostro com m ercio m ostra decisa tendenza ad avviarsi piuttosto verso occidente che verso oriente, il G overno si ostina a p ag ar dei m ilioni per linee verso oriente, che, in difetto del nostro, devono m etter cura nel favorire il com m ercio di altri paesi, e viceversa lascia che si isteriliscano in vani conati i prom ettenti com m erci coll’A m erica del centro e col Pacifico.

V ien e la buona idea di creare Agenzie com m er­ ciali, e si creano, per es., alle Canarie, ai cui consumi lim itatissim i già provvedono i prodotti indigeni, d’ a l­ tronde tanto sim ili agli italiani da dover fare ad essi concorrenza. — Si im m agina la creazione di Musei com m erciali diretti a prom uovere l’esportazione, m a, una volta creati, nonché p ro cu rare di specializzarne l’opera, rendendola particolarm ente intensa, la si la ­ scia sbandare per mille direzioni, quasi supponendo com patibile che siano sperabili grandi risultati p ra ­ tici da istituzioni, a cui si assegnino degli scopi im m ensam ente grandiosi, quale quello di prom uovere (o si dovrebbe intendere con discreta cognizione di causa) i com m erci di tutti i prodotti in tutto il m ondo ; e il risultato fu che l’ esperienza ha fatto g iudicar siffatte istituzioni pressoché quali costose superfetazioni.

P otrem m o continuare la citazione di provvedi­ m enti concepiti colla buona intenzione di aiutare le esportazioni, ma che nel falto, o per insufficienza dei mezzi adoperati, o per non essere coordinate ad uno scopo ben definito, diedero pochi risultati ; ma ci pare che la cosa non abbia bisogno di ulteriori d i­ mostrazioni, perchè è pur troppo noto che le poche esportazioni nostre, in generale, hanno dovuto aprirsi la via, fondandosi sulle sole loro forze. »

Q uesto si chiam a m ettere i punti sugl’ i, e non esitiam o a dire che Vlndustria ha m esso anche propriam ente il dito sulla piaga. Bisogna decidersi a creare' qualche cosa di organico e di efficace, che riesca di giovam ento al com m ercio di esportazione e noi confidiamo che a Milano, i suggerim enti del- l’Industria troveranno buona accoglienza, perchè ve­ diam o che s; è convinti della insufficienza della pro­ posta C am perio.

A questo riguardo, nel nostro articolo del 18 gen­ naio noi ci siam o già espressi abbastanza c h iara­ m ente nel senso che reputiam o di lim itato, sebbene non trascurabile vantaggio il solo invio di giovani all’estero per avviare relazioni d’affari. A nche su ciò la Rivista m ilanese contiene buone considerazioni, che vai la pena di rife rire :

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84 L’ E C O N O M I S T A 8 febbraio 1891 non m ancherebbe rii additar loro come m eritevoli

di utili tentativi. Specialm ente questi nuovi rapporti non sarebbe sem pre facile ai delegati com m erciali di annodarli colle sole loro forze ; non essendo v e ­ rosim ilm ente essi provveduti di capitali coi quali inspirar fiducia, n è fors’ anco potendo, di lontano, m antenersi al corrente dei dettagli del m ultiform e Sviluppo della produzione italiana.

In sostanza, perchè la Casa di fuori funzioni bene, sarebbe utile a nostro avviso che vi corrispondesse anche in Italia il continuo funzionamento di qual­ che Istituto, il quale coordini alle nuove capacità ed alle aspirazioni della produzione nazionale l’ azione dei delegati com m erciali ; che vi sia in altri term ini quel tale concatenam ento di cose, il quale eviti sprechi di forze, e le concentri invece dove sem bri relativam ente adatto il terreno per una vittoria. »

Come i lettori possono facilmente vedere, c’ è su questo argom ento com pleta uniform ità di vedute tra noi è lo scrittore dc\YIndustria. Q uanto all’idea di tra rre partito dai Musei Com m erciali, per convertirli in ùria spècie di Agenzie Com m erciali all’ interno, Coordinate con altre agenzie da istituire all’ estero in località appositam ente scelte, non v' ha dubbio che una riform a in quel senso m erita d’essere stu­ diata, perchè i Musei Com m erciali, com e attualm ente funzionano in Italia, sono di una scarsa utilità pel com m ercio di esportazione.

Com unque sia di ciò, noi facciamo voti che chi è al caso di farsi innanzi con proposte utili, attuabili e feconde di buoni risultati lo faccia senza indugio. L e statistiche del com m ercio italiano coll’ estero danno la sconfortante notizia che la esportazione nel 1 8 9 0 è scesa a 875 milioni in dim inuzione di *74 m ilioni sul 1889. P er trovare cifre inferiori a quella del 18 9 0 bisogna risalire al 1870 e agli anni anteriori, e questo m entre gli scambi internazionali per tutti o quasi i paesi vanno continuam ente e se n ­ sibilm ente aum entando. U rge m uoversi e provvedere con energia agli interessi del paese ; se no, ci v e­ drem o respinti all’ultimo rango e diventerà sem pre più arduo il risorgim ento economico della patria.

LE TARIFFE PER ZONE

IN

RAPPORTO ALL’ITALIA

Ci siam o occupati più volte del sistem a di ta­ riffe ferroviarie per zone introdotto dapprim a in U ngheria e poscia in A ustria (vedi I’ Economista num eri 768, 793, 794, 832, 8 39, eco.) Abbiamo anzi riferito i risultati del prim o anno d’ esercizio delle dette tariffe in U ngheria (vedi l'Economista n. 851) e così pure riportam m o l’opinione dell’ou.L uzzatti in­ torno all’applicazione della Zonentarif all’Italia (vedi l’Economista n. 866).

Ora l'egregio am ico nostro, ing. G iuseppe L am - pugnani, in un suo interessante articolo « L e tariffe ferroviarie in rapporto ai trasporti internazionali » pubblicato nel secondo fascicolo del « Pensiero ita­ liano » esam ina gli effetti della applicazione delle tariffe per zone, in base alle quali fu inform ato, come è noto, tutto il sistema di tarifficazioue sulle linee ferroviarie dell’ U ngheria.

Esposto succintam ente l‘ ordinam ento delle tariffe a zone, l’ ing, Lam pugnani si intrattiene sulla op­ po rtu n ità che vengano applicate anche ila noi, op­

portunità che a taluni, fra cui prim eggia l’on. Luz- zatti, pare di somma evidenza.

Crediam o utile e opportuno di far conoscere le idee di uno scrittore così com petente com e il Com­ m endatore L a m p u g n an i, con la riserv a di tornare per conto nostro sull'argom ento.

Il com m ercio, le produzioni del suolo, i rapporti politici e com m erciali con le nazioni lim itrofe, la configurazione del paese, le condizioni topografiche, il num ero dei vari centri di popolazione, la loro im portanza rispettiva, la loro individualità, sono troppo dissimili da quelle d’U ngheria, perchè possa venire senz’altro da noi applicato un sistem a ideato per rispondere a bisogni e condizioni diverse dai nostri.

L’U ngheria, con le sue sterm inate pianure, con una popolazione dedita quasi esclusivam ente all ag ri­ coltura e generalm ente povera, con pochi grandi centri, con linee di scarsissim o traffico, sulle quali i treni corrono inutilizzati, ben si presta ad una ta­ riffa quale l’ ha escogitata il m inistro Bnross. La ne­ cessità di accrescere il m ovim ento delle persone si im pone colà, tanto sotto l’aspetto econom ico, quanto sotto quello politico.

Q uando sim ili condizioni non si verificano, m an­ cando la ragione prim a per cui il sistem a fu stu ­ diato, manca per logica conseguenza la opportunità della sua applicazione.

In appoggio di ciò possiamo citare l’ esperim ento che fu fatto nel Belgio d’una tariffa per zone, ben prim a che il dott. Engel proponesse ed il m inistro Baross attuasse in U ngheria l’ attuale.

Non era il Belgio nelle condizioni di lim itato m o­ vim ento in cui trovasi l’ U ngheria — diversa di molto era l’estensione del paese e quindi la distanza fra i centri ¡li m aggior produzione — nel Belgio l’attività pubblica non era applicata (piasi esclusi­ vam ente all’agricoltura, ma a molte altre industrie. È noto che dopo poco tempo di prova fu abban- danato l’ esperim ento e si tornò al vecchio sistem a.

Cercando altre prove di ciò, noi vediamo che l’A ustria, im pensierita dalle m isure prese dal m i­ nistro u n g h e re se , tim orosa che ne potesse d eri­ vare grave danno al suo com m ercio, si è messa anch’essa sulla via delle riform e ; m a, essendo in condizioni dissimili da quelle della sua consorella, ha adottato un sistem a che, pur accettando qualche linea generale di quello ungherese, presenta sostan­ ziali differenze.

La nuova tariffa austriaca ha p e r’ base la tassa unitaria di un soldo al chilom etro per la terza classe, due soldi per la seconda, tre soldi per la prim a. Tale lassa è aum entata del 50 per cento pei treni diretti. Il che corrisponde ad una riduzione del 5 0 -3 3 -3 0 per cento per i treni om nibus e del 4 0 - 25-2 0 per cento per i treni diretti sui prezzi in vigore.

"Le linee ferroviarie vengono divise in zone di 50 km . ciascuna, e nell’interesse dei servizi locali i prim i 100 km . sono rip artiti in cinque zone da 10 km . ed una zona da 20 km .

È abolito il trasporto gratuito del bagaglio e sono soppressi i biglietti di andata e ritorno, quelli di abbonam ento, ecc.

(5)

8 febbraio 1891 L’ E C O N O M I S T A Questa tariffa, quantunque si avvicini a quella

ungherese, non è però la stessa, appunto perchè se molti caratteri dell’A ustria sono com uni all’U ngheria, altri sono sensibilm ente diversi.

E da noi ?

In Italia crediam o che non sia davvero il caso di parlare di tariffe a zone. Le nostre condizioni sono, si può dire, diam etralm ente opposte a quelle per cui la tariffa a zone fu applicata. Da noi — fre­ quenti ed im portanti i centri di popolazione, fra cui continui ed intensi i rapporti quindi non sentita la necessità di alterare artificialm ente le distanze — da noi correnti di traffico ben determ inate, e nessun bisogno che tutta l’attività venga concentrata in un sol punto. La nostra Roma è capitale em in en te­ mente politica — e noi non abbiam o, nè bram iam o d’averlo, alcun centro che rappresenti da solo e s c lu ­ sivam ente l’attività nazionale ; ed è bene che questa caratteristica della nostra attività sia conservata, per­ chè essa serve utilm ente al benessere generale, ed a quello di ciascun centro ; risultato questo che assai difficilmente si potrebbe conseguire se artificial­ mente si indirizzasse ad un punto solo il nostro movimento com m erciale.

Da noi la popolazione si m uove ancora poco, è vero, ma già bastantem ente in paragone di quella ungh erese; e abbiam o inoltre un m ovim ento di stranieri che visitano le città della penisola, e che non verrebbe per nulla accresciuto dalla tariffa a zone.

Da noi le provenienze dai porti seguono le loro strade naturali ben determ inate ; e nessun vantaggio si ritrarrebbe con forzare le m erci a passare per un determ inato centro.

L ’ on. Luzzatti, pur consapevole di tutto ciò, opina che le tariffe per zone, debbono applicarsi anche da noi, e asserisce che dalla loro applicazione molte regioni ne risentiranno grande vantaggio. Ora noi dom andiam o : — Il com m ercio sente il bisogno di tali tariffe? — Non p erturberete voi m olte in­ dustrie, senza avvantaggiarne alcuna? O ppure forse voi richiedete 1’ applicazione delle tariffe a zone per conseguire un ribasso sui prezzi di trasp o rto ?

Se questo è il vostro scopo, allora — piuttosto che voler trapiantare da noi un sistem a ideato, e m irabilm ente ideato, per rispondere a determ inati bisogni ed a speciali condizioni di traffico che non sono i nostri bisogni e le nostre condizioni — in­ vocate dal G overno 1’ applicazione dell’ art. M del capitolato; e se vi pare che le strettezze presenti delle nostre finanze non siano tali da perm ettere una riduzione del prodotto netto delle ferrovie, dom an­ date allora qualche rim aneggiam ento — ad esem pio, che tutte le concessioni speciali — quali i biglietti di andata e ritorno — quelli d ’ abbonam ento — quelli circolari — le riduzioni per m ilitari, per le corporazioni, per le feste e per tutte quelle riunioni che, ad ogni piè sospinto, si tengono e che rappre­ sentano circa il 35 ° / 0 di ribasso della tariffa g e ­ nerale — sieno tutte abolite. — Col soporim erle potrete rid u rre nella stessa proporzione e forse più, la tariffa com une. Allora avrete sem plificato assai il sistem a, avrete esteso a tutti lo stesso beneficio, avrete trovato un modo per spingere m aggiorm ente la gente a m uoversi, con vantaggio m orale ed eco­ nomico del paese.

85

LA FUSIONE DELLE BANCHE E L I . DILIGENTI

La crise m inisteriale sopravvenuta ha, com e era n a ­ turale, se non sospeso rallentato quel m ovim ento così bene incom inciato verso gli accordi dei quattro isti­ tuti di em issione per azioni, per stringere tra loro com prom essi di fusione. T uttavia crediam o di poter afferm are che si erano fatti passi notevoli anche per l’accordo tra la Banca Nazionale d’ Italia e là Banca Rom ana, e tutto lascia credere che quando la crise sarà term inata potrà essere concluso un ac­ cordo anche tra quei due Istituti. L 'am m in istrazio n e della Banca Romana ha res stito più delle altre ad en tra re nel m ovim ento, e questo è giustificato, non solam ente perchè era im pegnata notoriam ente più delle altre a difendere il sistem a della pluralità, ma anche, perchè la sua situazione affatto speciale po­ teva ad alcuno suggerire tale resistenza. Però rim a ­ sta sola, deve com prendere che la m iglior soluzione p er essa è quella di im itare l’esempio delle altre ed accettare essa pure un com prom esso. Noi ci siamo astenuti duran te le trattative di d iscutere sulla con­ venienza di stipularlo tra le diverse Banche, ma non avrem m o occorrendo nessuna difficoltà di studiare su queste colonne la vera situazione della Banca Rom ana, perchè possano essere gli azionisti illu m i­ nati sulla convenienza di seguire questa o quella linea di condotta.

Ora però non è di questo che noi vogliamo di­ sc o rre re ; ma rilevando che l’annuncio di un co m ­ prom esso intervenuto tra la Banca Nazionale d’ Italia e la Banca Nazionale Toscana ha dato argom ento all’on. D iligenti di m uovere una interrogazione al G overno e che poi ha m utato tale interrogazione in interpellanza, non ci sem bra fuori di luogo di esa­ m inare questa strana ingerenza del potere legisla­ tivo in un fatto, che esce assolutam ente dalla sùa sfera d’ azione, per quanto larga ed eccessiva essa si voglia.

L’on. Diligenti che qualche volta si occupa di cose econom iche e finanziarie, a vero diredando prova di com ­ petenza molto modesta, ha m ostrato la sua m eraviglia perchè il G overno abbia perm esso che i due Istituti convenissero tra loro sul m o lo e colle condizioni per fondersi, ed in una lettera alla Capitale — poi­ ché fo n . D iligen'i in P arlam ento si è ascritto alla E strem a Sinistra — parla di fondati sospetti e se­ veri giudizi pronunciati nell’atto di quelle due am m i­ nistrazioni (dei due Istituti) e à^W’incredibile acquie­ scenza del governo contraria a tutti i precedenti parlamentari e governativi.

Non intendiam o qui di discutere la interpellanza dell’ on. Diligenti e la sua lettera alla Capitale ; ci sem bra anzi dalle stesse espressioni usate dall’egre­ gio deputato, che egli non conosca abbastanza nè la nostra legislazione, nè i precedenti in fatto di ra p ­ porti tra le Banche ed il G overno ; e d ’ altra parte non è nostro com pito di fargli una lezione sull’ a r­ gom ento. Ci proponiam o invece di discutere la cosa in principio, appunto perchè da questo atteggiam ento dell’on. Diligenti e da altri sintom i, sem bra a noi che la questione bancaria in Italia non sia ancora quanto basta conosciuta, non solo dal pubblico, ma nem m eno da tutti coloro che pu r dovranno su essa esprim ere un parere.

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80 L ' E C O N O M I S T A 8 febbraio 1891 q u esto : che la legge 1874 oggi ancora im perante

in fatto di Banche di em issione, non contiene alcuna esplicita dichiarazione che proibisca agli Istituti di fondersi tra loro nei modi consentiti dai loro statuti o dal Codice di Com m ercio. La fusione q uindi in principio non sarebbe contraria alla disposizione po­ sitiva della legge.

Ma vi sono dei precedenti parlam entari e gover­ nativi ?

Certo che ve ne sono, ma sem bra a noi che ven­ gano a legittim are nel modo più evidente la con­ dotta attuale dei tre Istituti, che si sono accordati nelle condizioni della fusione.

Infatti, sebbene nessuna legge lo stabilisca è in Italia ritenuto che il diritto com uue non valga per le B anche di em issione e non possano esse nè cessare, nè fondersi senza una legge. N on si sa bene in virtù di quale positiva prescrizione, ma riconosciam o che orm ai questo principio della obbligatoria immor­ talità delle nostre Banche è am m essa, e non inten­ diam o di discuterlo. Ma che consegue da ciò? — Che le Banche non possono fondersi ; — ed esse lo riconoscono così bene, che nel com prom esso inter­ venuto tra la Banca Nazionale d’ Italia e la Banca Nazionale Toscana, in quello che interverrà prossi­ m am ente colia Banca Nazionale di Credito, ed in quello che speriam o sarà accettato dalla Banca Ro­ m ana, non si parla di fusione, se non date certe con­ dizioni e tra queste condizioni vi è appunto quella: — che intervenga una legge a perm etterla.

O ra in verità che se è già, a nostro avviso, una grave lesione alla libertà degli azionisti delle Banche di em issione il m etterli fuori dal diritto com une e l’esigere quando ciò non è prescritto dalla legge, che non possano fondersi senza una legge, sarebbe una enorm ità addirittura che il G overno spingesse il suo arbitrio sino al punto da im pedire che le Banche esprim ano il desiderio di fondersi ed indichino al G overno, al Parlam ento ed al paese a quali condi­ zioni si fonderebbero tra loro.

N oi abbiamo rim proverato in varie occasioni la E strem a Sinistra di vivere in un mondo troppo astratto e di m ancare di cognizioni p ratich e; ma ci pare che questa uscita dell’on. Diligenti rappresenti qualche cosa di p iù di una scarsa cognizione del­ l’argom ento, e si spinga, non sappiam o in nom e di che, a toccare add irittu ra, senza nem m eno la ga­ ranzia della form a, le più sacrosante libertà di tanti cittadini azionisti, la libertà di disporre dei loro denari.

N on m ettiam o nem m eno in dubbio che se mai l’on. Diligenti insisterà nella sua interpellanza, non troverà alcuno che lo segua in una via nella quale, il P arlam ento si cam bierebbe in una assem blea di tirannelli.

F ate una legge che obblighi gli azionisti delle B anche a non fare la fusione, e nem m eno ad esp ri­ m erne il desiderio; dom andate loro, rispettando i d iritti acquisiti, se vogliano accettarla e quando l’avranno accettata, allora l’on. Diligenti ne esiga scrupolosam ente il rispetto, e ci avrà con lui. Ma sostituire l’arbitrio del G overno o del deputato alla legge,' è sistem a che ci troverà sem pre ed iu tutti i casi avversari.

Ma l’on. D iligenti invoca anche i precedenti go­ vernativi e parlam entari. E bbene, a tutti è noto che nel 1869 le due B anche Nazionale d ’Italia e Nazionale Toscana hanno convenuto in un com prom esso di fu­

sione, che fu anche approvato per decreto reale e che poi non fu accolto dal P arlam ento. Nessuno, on. D iligenti, allora ha trovato illegale l’ espressione di un desiderio ed il tentativo di farlo accettare dalle com petenti autorità.

Non spingiam o quindi le cose al punto da pro ­ cessare le intenzioni ; e se è vero che 1’ E strem a S i­ nistra ha un Comitato direttivo, freni questo Co­ mitato gli slanci dei suoi m em bri, quando stanno per com prom ettere quei principi che dovrebbero es­ sere fondam entali pel partito.

DNA PREZIOSA CONFESSIONE DEL Sen. ROSSI

L ’on. Sen. Rossi battuto in breccia continuam ente da quanti le questioni econom iche studiano e tr a t­ tano come questioni scientifiche, e non come q u e ­ stioni di la n a . . . . caprina, ha trovato sicuro rifugio nella Gazzetta di Venezia, dove il direttore di quel giornale, più entusiasta che dotto, gli batte caloro­ sam ente le m ani e fa delle variazioni su una certa economia sporadica fatta tutta per suo uso e co n ­ sumo.

F rancam ente pochi libri potrebbero riuscire più interessanti di quello che raccogliesse e ordinasse (se mai fosse possibile) tutte le contraddizioni del protezionista Senatore.

In un suo ultim o articolo pubblicato nella Gaz­ zetta di Venezia e intitolato: Amori non corrispo­ sti, egli fa un inno alla F rancia per ia sua dedizione com pleta al protezionism o e si com piace che in quel paese i Lucca sieno a centinaia : — per il bene che vogliamo alla alleata del 59, noi non le farem m o certo per questo motivo le nostre congratulazioni.

Il Sen. Rossi si .lam enta perchè coll’ abolizione delle tariffe differenziali abbiamo sacrificato ai fran­ cesi otto milioni in due anni'. — ma scusi, E g re ­ gio S enatore, non glielo hanno detto tante volte che essendo scopo del dazio protettore il proibire l’ in ­ troduzione alla m erce estera, non si può parlare di perdita trattandosi di dazi non messi o levati, poi­ ché se essi non valessero ad arrestare la im porta­ zione, evidentem ente non avrebbero altro frutto che di elevare il prezzo delle m erci e di d ar ragione alla povera e sciagurata scienza econom ica ?

Il Sen. Rossi, alludendo ad alcuni economisti li­ berali li chiam a conservatori dottrinari, ma non mi par giusto : in fondo questi sono più avanti di lui, sono a Cobden, sono a Bastiat, m entre lui a questi non arriv a, nè ha tanta dottrina da essere dottrinario.

In questo ultim o articolo il m anufatturiero S en a­ tore si lagna perchè gli agricoltori tendono a re­ staurare con la Francia l'esportazione agricola, e, soggiunge, non ne facciamo una colpa se non di dignità.

E cco: ci vorrebbe dire il Seti. Rossi se sia più dignitoso cercare di stabilire dei com m erci, sia pur con questa infam e F ran cia, o continuare a dar spet­ tacolo della nostra m iseria all’Europa in te ra ?

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8 febbraio 1891 L’ E C O N O M I S T A 87 agrari che ne dite dell’am ico che vi fa un tiro così

birbone ?

* Q uanto meglio non corrisponderebbero — con- « tinua il S en. Rossi — all’ interesse e anche alla « dignità del paese se il vino, im parassero essi a « farlo ; a portare cioè la v in icu ltu ra al punto a « cui l’hanno portata i francesi, i quali di vini v eri « e di vini industriali esportano sui m ercati esteri « per quasi 5 0 0 milioni ogni anno ! m entre noi con « tanta produzione di uve restiam o a poche m igliaia « di ettolitri t »

Dica, Illustre S enatore, se noi chiudiam o le bar­ riere e ce le lasciam o chiudere per giusta rap p re­ saglia da gli altri, a ehi darem o i vini industriali eli & per dignità dobbiamo m etterci a fab b rica re ? Forse alla F ran cia che li produce tanto eccellenti da esportarne per 300 m ilioni, bevendosene pur tanti ? 0 ci salverem o col libero scambio interno fra il mezzogiorno agricolo e il settentrione indu­ striale scoperto dall’ on. Luzzatti nel suo discorso di Padova ?

Ma veniam o alla preziosa confessione.

Chi potrebbe seriam ente sostenere che oggi l’Italia è sulla via del libero scam bio?

Il Sen. Rossi, il quale dichiara m alinconicam ente nel giornale veneziano che certamente in fatto di economia siamo fuori di strada.

Rotte le com unicazioni com m erciali con la F ra n ­ cia — con le navi che ci scoppiano perchè vogliamo proteggere l'industria nazionale — con la continua tendenza ad aum entare i dazi, m agari sui cereali, e a denunciare, se è mai possibile tutti i trattati di com m ercio — con la im portazione che dim inuisce assai meno che non scem i l’esportazione — con la crisi che ci travaglia affacciandosi sem pre più m i­ nacciosa, noi non possiam o che ringraziare viva­ m ente il Sen. Rossi per le sue p aro le: in fatto di economia siamo fuori di strada.

D’ accordo, O n. Sen., pienam ente d’ accordo : è quanto vanno ripetendo da tanti anni tutti gli illusi che studiano la econom ia e solo nella libertà vedono la prosperità avvenire dell’Italia.

G. S.

Rivista Bibliografica

J. J. Clamageran. — L a réaction économique et la dé-

mocratie. — P a ris, A lean éditeur, 1891, p ag . 103.

L’illustre storico della im posta in F ran cia ha portato con questo scritto un vigoroso attacco alla reazione econom ica dei nostri giorni, dal punto di vista della dem ocrazia. « Io intendo per reazione econom ica, così egli esordisce, il nuovo m ovim ento di opinione e la coalizione di interessi che portano la m aggior parte dei popoli civili, da qualche anno a questa parte, a rialzare le tariffe di dogana, a e s te n d e rà od anche a stabilire delle proibizioni alla frontiera, allo scopo di dim inuire, se non di annu llare la concorrenza fatta ai prodotti nazionali dai prodotti esteri. È un ritorno al sistema della R estaurazione, sistem a m agistralm ente com binato, bisogna riconoscerlo, è un ripudio quasi universale, assai energico e sdegnoso, delle riform e che si consideravano in passato riform e di progrèsso, laboriosam ente com piute dal 1 8 3 0 al 1 8 6 6 sotto l’ispi­

razione delle idee esposte da Sully, dai deputati delle nostre provineie di com m ercio nel 1701, da T urgot, da Adamo S m ith, dalla grande Costituente d e h 1789, da G. B. S a y e da tutti gli econom isti liberali del X IX secolo. »

Questa reazione, di cui siamo testim oni, ha avuto il suo punto di -partenza in Am erica dopo la g u erra di seccessio n e, si svolse poi a partire dal 1880 in G erm ania, in F rancia, in Italia, e ora si è in vista di un nuovo rincrudim ento, alm eno in qualche paese. In F ran cia, secondo il Clam ageran, dopo il 1880 si possono distinguere nella evoluzione della rea­ zione economica tre fasi successive. La prim a è contraddistinta dalla esclusione delle carni salate am ericane (1881) e dalla sostituzione dei dazi speci­ fici ai dazi ad valorem (1 8 8 2 ). Il protezionism o non si mostra ancora allo scoperto; si m aschera, invoca l’igiene o la necessità di evitare la frode. La tri- chinosi gli viene anche in aiuto. La seconda fase è distinta dalla legge sugli zuccheri (1884) e dalle leggi sui cereali e sul bestiam e (1 8 8 5 -1 8 8 7 ). Il protezionism o in questa fase sente crescere le p r o ­ prie forze, getta via la m aschera, com incia con ardore la lotta e m ostra senza reticenze lo scopo da ra g ­ g iu n g e re ; preservare cioè i produttori nazionali dalla concorrenza estera, senza tener conto degl’ interessi dei consum atori, che si confondono, dicesi, con quelli dei produttori, nè sopratutto degli interessi dei co m ­ m ercianti che vengono detti con disprezzo interm ediari quando non si giunge fino a chiam arli parassiti. La terza fase è iniziata colla legge sul m aiz (1890).

Fino ad ora erano stati sacrificati senza pietà gli interessi dei consum atori, ma non quelli dei pro­ duttori, alm eno non in modo diretto e palese. Q ue­ sta volta ci sono invece due industrie, F una di fronte all’altra. Si invoca bensì l’interesse dell’ag ri­ coltura, m a quasi com e si invoca l’interesse strate­ gico per ottenere una strada ferrata che trasp o rterà alcuni viaggiatori e qualche tonnellata di m erce di tempo in tempo. In fondo tutti sanno che si tratta di proteggere una industria potente, quella della di- stillazione delle barbabietole; la distillazione del maiz è così giudicata e condannata.

L ’A utore esposte così le varie fasi della reazione econom ica ne indica le circostanze che 1* hanno fa­ vorita (la crisi, il culto dello S taio-P rovvidenza ecc.) esam ina se essa è giustificata da fatii nuovi e r i­ sponde negativam ente con la scorta delle cifre ; nota com e dietro i fatti nuovi che si invocano a giusti­ ficare il ritorno dell’ opinione favorevole alla p ro te­ zione si trova la vecchia teoria della bilancia del com m ercio ; rileva il m etodo e le applicazioni del protezionism o; m ette in luce e giustam ente il disac­ cordo tra quel sistem a e i principi del diritto p u b ­ blico francese ; dissipa finalm ente le illusioni che

l’esempio degli Stati Uniti ha fatto sorgere in alcuni, e consiglia ai partigiani della libertà di allearsi con­ tro i protezionisti a oltranza, coi produttori che hanno bisogno per le loro industrie di m aterie prim e esenti da dazi.

Tale è la tela del b reve, m a succoso, opuscolo, del senatore C lam ageran, il quale per questa sua abile difesa m erita la gratitudine di quanti no hanno abbandonato i principi! liberali in econom ia.

Lo scritto del chiaro A utore si legge tutto d’ un fiato, perchè interessa e istruisce a uu tem po.

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88 L’ E C O N O M I S T A 8 febbraio 1891

Mivista (Economica

L a fin e d e llo scio p e ro fe r r o v ia r io in S co zia .Le

p ro p o s te d e g li in d u s t r ia li m ilin e s i p e r le b orse d i com m ercio a l l ’ e s te ro .P ro g e tto p e r le com pagnie

d i c o lo n iz z a z io n e fra n c e s i.

La line dello sciopero ferroviario della Scozia.

— Il grande sciopero ferroviario della Scozia (vedi 1’ Economista num . 8 7 5 ) è term inato. Gli sciope­ ranti dovettero risolversi di riprendere puram ente e sem plicem ente il lavoro alle condizioni fatte dalle com pagnie delle strade ferrate.

È questa uua sconfìtta seria per le Trades Unions britanniche. Sette settim ane or sono la lotta era stata im pegnata con le maggiori speranze ; l’opinione pub­ blica aveva preso partito pei railtcay servants, per gli agenti ferroviari, e non pochi meetings erano stati tenuti a E dim burgo, a Glasgow ad A berdeen per dar loro l’appoggio m orale della pubblica opinione. Inol­ tre erano stati fatti sforzi considerevoli dai capi delle m aggiori c ittà , dai rappresentanti del clero, delle g raudi chiese p resb iterian e, da uom ini politici ben veduti per effettuare una mediazione. Ma è stato tutto inutile. Le com pagnie opposero sem pre il loro non possumus assoluto a qualsiasi tentativo officioso di intervento benevolo. E sse m ettevano com e condi­ zione preventiva all’esam e della questione delle ore di lavoro, il ritorno puro e sem plice e la sottom is­ sione com pleta degli scioperanti.

Ai loro occhi e a quelli dei loro sostenitori un g ran principio era in causa nella lotta che si com ­ batteva. Si trattava di sapere se le strade ferrate sc o z­ zesi consentirebbero, sotto la pressione di uno scio­ pero e della opinione pubblica, a sostituire al con­ tralto individuale di lavoro, concluso tra la com pa­ gnia e l’operaio isolalo, il contratto collettivo nego­ ziato in nom e della totalità degli operai dai loro m andatari. La questione, non si può tacerlo, è ovun­ que all’ordine del giorno. Essa è al fondo della m ag­ gior parte dei conflitti industriali, ne abbiano o no coscienza gli interessati.

In G e rm a n ia , più che altrove essa è stata posta con rim arcabile chiarezza e trattata con alta com pe­ tenza. Il prof. S chm oller di Berlino nel volum e nel quale ha raccolto, l’autunno passato, alcuni dei suoi principali articoli e discorsi sulle questioni sociali, ha inserito un lungo studio sulle trasform azioni ne­ cessarie del contratto di locazione del lavoro. A F ra n ­ coforte l’associazione dei socialisti della cattedra (Ve- rein fiir Socialpolitik) nell’ottobre 1890 ha discusso lo stesso argom ento a proposito d’un rapporto pre­ sentato da tre allievi del sem inario economico del prof. L ujo B rentano, con introduzione del loro m ae­ stro, sulle com m issioni operaie e la loro funzione nei rapporti tra il capitale e il lavoro. L ’ idea della so­ stituzione del contratto collettivo al contratto indivi­ duale, in m ateria di locazione del lavoro, sem brò avere adepti assai num erosi fra gli econom isti adu­ nati a F rancoforte. E se si riflette all’ indirizzo del Verein fiir Socialpolitik si com prende facilm ente la ragione.

Uno studio com pleto del prof. S ering, pubblicato negli Atti della stessa Associazione per la politica so­ ciale, potrebbe serv ire di relazione a un progetto in quel senso, e non è da dubitare che nella Com m is­

sione del Reichstag incaricata di rivedere il resto del codice industriale (Gewerbeordnung) e la quale ha term inato ora i suoi lavori e pubblicato il suo rapporto, sarà stata sollevata la im portante questione.

Conviene aggiungere tuttavia che i capi d’ indu­ strie, gli uom ini pratici in generale si m ostrano po­ chissim o favorevoli a quella innovazione che aveva già figurato tra le riform e sociali raccom andate da Guglielmo 2°. Secondo loro la cosa sarebbe ineffet­ tuabile.

Q uanto alla questione delle ore di la v o ro , argo­ m ento certo m eritevole della m assim a attenzione da parte delle com pagnie ferroviarie scozzesi, e in ge­ nerale di tutte le com pagnie, noterem o che una mo­ zione del deputato C hanning avente p er ¡scopo di far intervenire il m inistero del com m ercio è stata respinta a debole maggioranza. Il presidente del Board of Trade, sir M. H icks-B eaeh, pur sostenendo che la legge attuale non gli da che il diritto di costatare ma non di reprim ere la prolungazione abusiva della durata norm ale delle giornate di lavoro, ha presen­ tato il progetto per una inchiesta parlam entare sui mezzi m igliori per rim ediare al detto male.

E una evoluzione interessante a notarsi nella opi ■ nione britannica.

Le proposte degli industriali milanesi per le borse di commercio all’ estero. — Ad invito dei

signori De Angeli, Pirelli e Vigoni venne tenuta a Milano una num erosa adunanza di industriali all’ in ­ tento di esam inare e discutere la proposta Gamperio (vedi i num eri 872 e 873 dell’ Economista) intorno alla istituzione di Borse pel com m ercio dei p ro ­ dotti italiani all’ estero, e dopo anim ata discussione vennero di com une accordo stabilite le seguenti di­ sposizioni di massima :

Gli intervenuti alla riunione tenutasi per discu­ tere sul progetto di formazione di una Società di Borse per com m ercio di prodotti italiani all’estero, prom ossa dal capitano C am perio — convenendo nelle idee svolte da vari oratori, e persuasi che tale So­ cietà non potrà avere un esito veram ente pratico, se la sua azione non è costantem ente diretta e dom i­ nata da reali e positivi interessi di industrie e com ­ m erci nazionali — si pronunziano favorevoli a tale iniziativa, ma si riservano di prendevi parte effettiva, allorché sarà stabilito che le basi di essa Società, concordino con le seguenti disposizioni di m assim a.

1. ° Scopo della Società è di prom uovere l’im ­ pianto all’estero, coll’invio di giovani dichiarati ido­ nei, di case di rappresentanza com m erciale per lo spaccio di prodotti italiani, tanto dell’industria agri­ cola che m anifatturiera, e p er l’acquisto di m aterie di consum o nazionale.

Le località di residenza di questi delegati potranno esser tanto in E uropa, nei centri ove il com m ercio di esportazione per le regioni di oltrem are è meglio organizzato, che nelle regioni di consum o.

2 . ° S aranno soci fondatori perpetui le ditte e i privati che avranno versato la somm a di L . 500 una volta tanto, e soci effettivi coloro che si saranno im ­ pegnati a v ersare L. 50 annue per 6 anni.

3. ° I giovani prescelti a rappresentare lo scopo sociale, potranno essere scelti fra i licenziati dalle scuole di com m ercio, com e fra coloro che già m ili­ tano nel cam po degli affari sia all’ interno che al­ l’estero.

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pra-8 febbraio 1pra-891 L ’ E C O N O M I S T A 89 fico di almeno 6 mesi negli articoli ai quali dovrà

dedicarsi. Q uesto esercizio pratico preparatorio dovrà esser com piuto presso case nazionali appartenenti alla Società. P er gli articoli che non fossero rappresen­ tati, nella società, la Direzione di questa provvederà al meglio secondo i casi, d urante questo periodo il giovine delegato riceverà un sussidio di L .... mensili.

5.° Prim a di partire per la sua m issione all’e ­ stero ogni delegato dovrà essere dichiarato idoneo da una rappresentanza della Società , in unione al voto delle Case presso le quali ha com piuto il tir o ­ cinio preparatorio. A ll’estero esso riceverà un sussi­ dio di L .... annue, oltre le spese di un viaggio dal­ l’Italia alla propria residenza, e fruirà di una com m is­ sione, approvata dalla Società, da parte delle Case nazionali per le quali com binasse affari.

Ogni delegato sarà obbligato a m antenersi in rap­ porto colla società m ediante periodiche relazioni e rendiconti sul proprio operato.

Progetto per le Compagnie di colonizzazione francesi. — Inaugurandosi a Parigi i lavori del Con­

siglio superiore delle colonie, il sig. E tienne, sotto- segretario di Stato, ha presentato un im portante pro­ getto di legge relativo alle Com pagnie di colonizzazione. Trattandosi di un argom ento palpitante d’attualità per tutte le nazioni civili, e snl quale c’ è ancora, pur troppo, molto da im parare, crediam o far cosa grata ai lettori riproducendo i principali paragrafi del progetto.

L ’articolo prim o dice che tutte le Com pagnie sorte allo scopo di colonizzare e di sfruttare i territori situali nei possedim enti francesi, o posti sotto l’ in ­ fluenza della F rancia, dovranno essere costituite in società com m erciali, ed avere la loro sede p rin ci­ pale in Francia.

I m em bri del loro Consiglio d’am m inistrazione do­ vranno essere francesi.

L ’articolo secondo stabilisce che le C om pagnie potranno ricevere, d urante il num ero d’ anni fissato nel decreto (la concessione non potrà eccedere i trent’ anni), con riserva dei diritti acquisiti da terzi alla data dello stesso decreto, la concessione del p ri­ vilegio esclusivo di acquistare in piena proprietà, per goderne secondo la legge civile, tutti i beni che, a term ini di detta legge, possono divenire og­ getto di proprietà.

Le Com pagnie potranno eziandio ottenere la con­ cessione di fare certi com m erci e di creare certe industrie da indicarsi nel decreto, nonché di stab i­ lire, previa approvazione governativa, delle tasse di pedaggio, e delle tasse di entrata e di sortita sul territorio che forma l’oggetto della concessione.

L’ articolo 3.° dice che le Com pagnie dovranno dipendere am m inistrativam ente da una colcnia. I loro d iretto ri dovranno essere bene accetti dal governo, il quale avrà sem pre il diritto di chiederne la revoca.

Gli agenti delle Com pagnie potranno ricevere, in v irtù d’ una com m issione speciale dell’ autorità n a­ zionale della colonia, le attribuzioni di ufficiali di stato civile e di ufficiali di polizia giudizi mia sulla loro residenza.

Previa autorizzazione del governo ; le Com pagnie potranno organizzare una forza di polizia indigena, i di cui ufficiali dovranno essere graditi dal governo.

Gli accordi e i trattati stipulati tra gli agenti della Compagnia e i capi indigeni dovranno essere sotto­ posti, prima della loro esecuzione, all’ approvazione governativa.

A term ini dell’art. 4.° le Com pagnie non potranno retrocedere le loro concessioni in totalità o in parte, se non coll’ approvazione del governo e nella stessa forma e alle stesse condizioni stabilite p er l’ atto di concessione.

Sni territori ad esse conceduti, le Com pagnie do­ vranno rispettare la libertà dei culti e tutti gli usi religiosi non contrari ai principi d ’ um anità, e p r e ­ stare il proprio concorso a tutte le m isure destinate a sopprim ere la schiavitù.

L ’art. 5 .° dice che le Com pagnie potranno essere tenute a sottostare, iu tutto o in parte, alle spese d ell’ am m inistrazione civile r> giudiziaria che il go­ verno ritenesse opportuno di organizzare per il ter­ ritorio facente l’ oggetto della concessione. In tal caso, le Com pagnie dovranno essere sentite prim a delia creazione degli im pieghi.

L’articolo sesto ed ultim o stabilisce che ogni de­ creto di concessione dovrà d eterm inare le condi­ zioni della ripresa da parte dello Stato, allo spirare del a concessione, dei lavori pubblici eseguiti dalle Com pagnie nell’ interesse del loro esercizio, nonché i casi di caducità e le condizioni di annullam ento della concessione.

L a S e r ie u lt u r a in Ita lia

La Gazzetta Piemontese ha pubblicato recente­ m ente alcuni articoli del sig. Edoardo G iretti sulla seri- cultura italiana, dei quali sia per l’ im portanza d e l­ l'argom ento, com e per le dotte osservazioni dell’autore abbiam o creduto di darne ai nostri lettori un breve riassunto.

Che la sericullura abbia grandissim a im portanza nell’ economia nazionale dell’ Dalia è facil rilevarlo gettando uno sguardo sulla tabella del nostro com ­ m ercio internazionale. Ciò facendo si vedrà che m entre la eccedenza delle im portazioni sulle espor­ tazioni italiane dedotti i m etalli preziosi ed al com ­ m ercio speciale, salì nel 1883 a L. 5 0 9 ,3 2 9 ,0 3 2 , nel 188 6 a L. 4 2 8 ,0 9 6 ,9 1 0 , nel 1887 a L .6 0 3 ,2 6 4 ,6 4 4 , nel 1888 a L. 282,6 6 7 ,0 4 3 , nel 1889 a L. 4 4 0 ,5 0 8 ,4 8 6 , ed era già di L . 4 0 5 ,2 7 5 ,8 3 2 nei prim i undici mesi dell’ anno testé term inato, V esportazione soltanto della se ti continuava ad Ingrossare e a m antenere vive a nostro vantaggio le feconde correnti degli scam bi internazionali, fruttando a noi nel decennio 1 8 8 0 -8 9 un introito netto (eccedenza dei valori esportati sui valori im portati) di oltre 2 miliardi di lire. Nel 1889 l’eccedenza fu di L. 2 3 9 ,3 5 8 ,3 8 5 .

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90 L’ E C O N O M I S T A 8 febbraio 1891 Un chilogrammi! di seta tratta italiana primo or­

dine, che si vendeva oltre L. 100 sul m ercato di Lione nel periodo 1 866-1870, non vi si vendeva che L. 70 nel 1878, L. 65 nel 1 8 8 0 -8 1 -8 2 , L. 60 nel 1883, L. 55 nel 188 4 e finalm ente L. 5 0 nel 1885, senza più guari dim ostrare tendenza a risollevarsi sopra questo ultim o prezzo, che sem bra segnare il lim ite estrem o in cui è possibile alla sericoltura italiana la lotta colla concorrenza asiatica.

A questa form idabile concorrenza i produttori italiani tennero testa col m igliorare e rendere più econom ica la produzione della seta. E così le filande a fuoco diretto furono sostituite in pochi anni da quelle a vapore, i piccoli torcitoj dai grandi opifici corredati dai costosi e perfetti m eccanism i di mo­ derna invenzione.

E non fu ultim o m erito, osserva I’ egregio autore, per i setajoli italiani in mezzo agli ingenti sacrifizi che ad essi im poneva la radicale trasform azione della loro iudustria, al fine di salvare da certa rovina questo cospicuo ram o della nazionale ricchezza, quello di avere serbalo fede inalterata nei principii della libertà com m erciale in un ’ epoca nella quale già era invalso il vezzo di chiedere ed aspettare ogni avve­ nire delle industrie dai favori e dalla protezione del G overno, quantunque non sem pre le ragioni della se­ ricu ltu ra sieno state dal paese e dal G overno ita­ liano rettam ente apprezzate e tenute in quel conto che si m eritavano.

Passando alla produzione serica del nostro paese, 1’ autore prem ette che dei 12 milioni di chilogr. di seta greggia che forma il fondo annuo dal quale attinge la consum azione europeo am ericana, 1* Italia ne produce circa la terza parte.

Le statistiche com pilate dalla D irezione G enerale dell’ agricoltura presso il nostro Ministero di agri­ coltura, industria e com m ercio, danno pel triennio 1 8 8 7 -8 9 una produzione di bozzoli freschi di

Chilogram m i. . 43,025,783 nel 1887

» . . 43,899,443 » 1888

» . . 34,332,221 » 1889

in m edia chilogr. 40,4 1 9 ,1 7 2 per anno. E da quelle cifre la Union des marchands de soie di Lione va­ luta la produzione italiana in seta greggia come segue :

Chilogram m i . . 3,476,000 nel 1887

» . . 3,566,000 » 1888

* . . 2,880,000 » 1889

in m edia chilogr. 3,307,333 per anno.

Ma l’autore dim ostra col confronto delle statistiche doganali che la produzione serica dell’ Italia è note­ volm ente m aggiore di quella che ci lascierebbero sup­ porre le indagini molto difficili e molto im perfetta­ m ente redatte dal M inistero di agricoltura sulla produzione dei bozzoli. P rendendo difatti ad esame pel triennio citato 1 8 8 7 -8 9 le cifre delle nostre esportazioni e im portazioni di seta greggia, abbiam o:

Esportazione Im portazione

1 8 8 7 . . Chilogr. 4,485,000 Chilogr. 9287600

1 8 8 8 . . » 5,081,700 » 697,200

1 8 8 9 . . » 5,273,300 » 1,113,000

T o ta le Chilogr. 14,840,000 Chilogr. 2,738,800

Ma se l’ Italia produce la terza parte della seta greggia annualm ente tessuta in E uropa ed in Ame­ rica, com e produttrice di stoffe seriche tiene uno

degli ultim i posti, rappresentando poco più della quarantaduesim a parte del valore totale. E 1’ autore si serve delle seguenti cifre cum parative del sig. Per- meezel contenute nel suo rapporto al Consiglio su­ periore del com m ercio fra n ce se:

F rancia 6 6 0 m ilioni di lire, di cui la fabbrica lionese rappresenta essa sola 4 0 0 m ilioni — G er­ mania 240 milioni di lire — Svizzera (Basilea e Z urigo) 125 — A ustria 60 — Italia 40 — Russia 70 — Spagna 30 — Inghilterra 65 — S tati U niti 248 — D iversi (Siria, R um ania, M arocco, A lgeria, ecc. trascurato l’ E strem o O riente), 25 — Totale 1363 milioni di lire.

L ’ autore crede che errino coloro che opinano la tessitura serica italiana aver bisogno per progredire e prosperare di forti soccorsi doganali, giacché m al­ grado la protezione abbastanza elevata che a questa industria si accordava con la vigente tariffa gene- nerale ; protezione aum entata nel 1888-89 m ercè i dazi differenziali nelle provenienze francesi, nel solo 1889 furono introdotte seterie estere in Italia per un valore di circa 30 milioni, che l’ industria nazionale non fu naturalm ente in grado di som m i­ nistrare al consum o interno a pari condizioni, sia di prezzo che di qualità. Inoltre I’ autore nota lo strano fenom eno che dei 4 0 m ilioni seppure furono tanti, rappresentanti il valore della produzione n a­ zionale di stoffe seriche nel 1889, alm eno la m età fu m andata all' estero e precisam ente L. 2 0 ,2 0 4 ,6 1 5 .

T utto il m ale deriva per la sericu ltu ra italiana, dalla im possibilità di lottare poderosam ente contro la proficua concorrenza francese, svizzera, g erm anica ed austriaca, im possibilità che d u rerà sem pre finché non si adotteranno mezzi più perfetti e meno c o ­ stosi di produzione, e finché il capitale italiano si m ostrerà ritroso di e n tra re in in traprese industriali.

Il m ale era certo m inore allorché nella produzione della seta greggia teneva com e una specie di m o­ nopolio inconcusso, quando cioè non subiva la co n ­ correnza della Siria, della Gina e del Giappone. Non è quindi m eraviglia, dice 1’ autore, se date tali condizioni, sia bastato un dazio di L. 1 e 2 per chilogram m a sulla seta greggia italiana, secondochè sia sem plicem ente tratta oppure torta ed addoppiata, andato in vigore colle tariffe differenziali francesi il I o marzo 1888, per far discendere le nostre espor­ tazioni in F rancia, da chilogr. 2 ,8 1 7 ,0 0 0 nel 1886 e chilogr. 2 ,5 9 2 ,0 0 0 nel 1 8 8 7 , a chilogr. 9 1 8 ,8 0 0 nel 18 8 8 ed a chilogr. 1 ,0 0 6 ,6 0 0 nel 1889.

L e m isure che in via d ’ urgenza dovrebbero se­ condo l’ au tore prendersi dal G overno e dal P arla­ m ento per ren d e re più prospera P industria serica si riassum ono nelle seguenti proposte :

L ° Soppressione del dazio di uscita sulle sete tratte e torte (L . 3 8 ,5 0 per quintale) e sui cascami di seta (varia dalle L. 8 ,8 0 alle L. 20 per q u in ­ tale), dazio che, se poteva giustificarsi fino ad un certo punto, quando l’ Italia aveva un monopolio nella produzione della seta greggia, costituisce oggi ‘un vero titolo di inferiorità per le nostre esporta­

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