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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.893, 14 giugno

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l ' ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMEKCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN T E R E S S I PRIV A TI

Anno XVIII - Voi. XIII

Domenica 14 Giugno 1891

N. 898

LE NUOVE CONVENZIONI SURITTlìlE

Le nuove convenzioni postali e commerciali ma­ rittime sono state finalmente presentate alla Camera dei Deputati. Non v’ era più tempo da perdere, e neanche per esaminarle e discuterle, non ve ne sarà d’avanzo. Le vecchie scadono col 34 dicembre di quest’ anno; il giorno dopo, il l.° gennaio 4802 le nuove dovrebbero andare in vigore e venire appli­ cate, e sulla sessione parlamentare autunnale per questo genere di cose non v’ è da fare assegnamen to. È dunque necessario che prima delle vacanze estive esse sleno convertite in legge.

Dai giornali rileviamo che negli Uffici della Ca­ mera, i quali ne hanno già incominciato l’ esame, c’ è un contrasto abbastanza vivo. Non ci fa mara­ viglia : si tratta di materia in cui si trovano impi­ gliati, oltreché l’ interesse generale, anche molti in­ teressi particolari e locali, che in una occasionò, la quale di certo non si ripresenta tutti i giorni, vo­ gliono far udire la loro voce. Eppoi succede anco quest’ altro fatto ; che se molti sono gli interessati, pochi sono gli studiosi, i pratici, i competenti ; sic­ ché certe questioni si affacciano per la prima volta alla mente di taluni che avrebbero avuto mesi e anche anni di tempo utile per esaminarle preventi­ vamente. Si avranno dunque delle incertezze, delle opposizioni, dei perditempi che sarebbe stato deside­ rabile e possibile evitare.

Ma guardiamo lo stato di cose che è, non quello che dovrebbe essere. Le Convenzioni postali e com­ merciali marittime, risentono del complesso di cir­ costanze economiche in cui presentemente si trova il paese, cioè del bisogno di far le cose alla casa­ linga e con economia! — Vennero apparecchiate qualche anno fa secondo piani di massima dalle larghe vedute, grandiosi e per conseguenza anche dispendiosi. Una Commissione speciale istituita nel 4887 dall* o d. Cenala, allora Ministro dei Lavori Pubblici, aveva tracciato un progetto che compren­ deva una vasta rete di linee, non so'o fra I Italia e le sue isole e gli scali di tutto il Mediterraneo, ma estese all’Oceano Indiano, all’Atlantico, al Pacifico.

Se non che per siffatti servizi, che abbracciavano una percorrenza di leghe considerevolissima, veniva prevista una spesa di oltre 47 milioni di lire. Cor­ revano oià gh anni dtd disavanzo e il Minisi ro Cri­ spí, che pur peccava tutt altro che di grettezza, bandì una gara, che fu poi ripetuta una seconda volta, in base ai capitolati comprendenti servizi marittimi meno estesi e tali da non fare oltrepassare la somma di sovvenzioni eli© quelli tuttora in corso costano

allo Stato. È noto l’esito nullo della gara, e noi pure verso la fine dello scorso anno ne parlammo ripe­ tutamente. Bisognò venire a trattative private; e

perchè il Governo, per secondare il desiderio di molti, non voleva avere un concessionario unico, esse furono condotte contemporaneamente colla So­ cietà di Navigazione Generale pei servizi più nu­ merosi e più ampli, colla Società Siciliana per quelli delle isole Eolie, colla Società Napoletana per quelli dei Golfi di Napoli di Gaeta, colla Società « Puglia » per un servizio speciale del mare Adriatico. I patti erano tutti concordati o le Convenzioni già messe in carta e firmate, quando, succeduta la crisi mi­ nisteriale, al posto del Gabinetto Grispi venne quello, oggi al potere, presieduto dall’on. di Rudini. Il nuovo Ministero avendo messo a caposaldo di tutto il suo programma le economie, volle introdurne di abba­ stanza notevo'i anche nei servizi marittimi da sta­ bilirsi pel 4* gennaio 4892, e le relative Convenzioni vennero rifatte da cima a fondo, crescendosi i van­ taggi riservati allo Stato come contraente nell’ in­ teresse pubblico, diminuendosi le sovvenzioni.. . . e diminuendosi anche i servizi, inevitabilmente.

Quanto precede basta, ci sembra, a determinare l’opinione che il progetto di legge presentato dal ministro Branca non dovrebbe al momento della di­ scussione pubblica suscitare contrasti troppo lunghi,

nè esser passibile di modificazioni molto radicali. Lunga fu la preparazione ; molteplici furono i ten­ tativi per avere larga scelta di contraenti, lunghe e laboriose le trattative con quelli che si sono potuti trovare, pochi i mezzi pecuniari disponibili, prossima la scadenza dei contratti in vigore, avanzata la sta­ gione. . . . li. certi casi, quando non si può conse­ guire il maggior bene desiderabile, bisogna conten­ tarsi del minor male possibile.

Data l’ economia che si è voluta realizzare, è certo che alcuni vantaggi si sono potuti ottenere in confronto del presente ordinamento. Avendone fatto un rapido cenno nella Rivista Economica del nostro numero del 34 maggio, non staremo a ri­ peterli. Vogliamo piuttosto indicare in che cosa l’eco­ nomia consista e a qual prezzo siasi raggiunta.

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quindici-370 L ’ E C O N O M I S T A 14 giugno 1891

naie il servizio Alessandria-Aden, di sopprimere quello Suez-Massaua-Assab-Aden ; di sopprimere oltre a ciò il servizio Aden-Bombay, di sopprimere finalmente quello Bombay-Singapore. Tutte queste riduzioni e soppressioni sono vedute di mal’ occhio. Cuoce specialmente al commercio italiano la minac­ cia di non aver più, chi sa per quanto tempo, co­ municazioni dirette e mediante navi nazionali con quella parte di tutto l’Oriente ultramediterraneo ed Estremo Oriente, che è Bombay; e questo sarà il punto su cui l’opposizione al progetto ministeriale si manifesterà più aspra e più tenace.

Anche a noi sembra che lo spirito di economia siasi qui estrinsecato in modo assai poco felice. Non è da menti illuminate privare T Italia di comu­ nicazioni con quell’ Oriente indiano, cinese, giappo­ nese ed australiano d’onde spunta il sole, anche pel suo avvenire commerciale, proprio ora, mentre fra i guai che ledono in mille modi i suoi interessi ma­ teriali, dovrebbero i suoi sforzi concentrarsi nei ten­ tativi di esportazione verso nuovi e promettenti mer­ cati. Lasciamo stare che un po’di margine per qual­ che più piccola economia effettiva nella massa dei servizi marittimi restava sempre. Economia poi si può fare in due modi : spendendo meno, e spen­ dendo m e g lio ; e quest’ ultimo risultato, coll’ avere resa la rete marittima sovvenzionata più acconcia ai mutati bisogni, cofl’ aumentata velocità delle navi, colla iscrizione nel naviglio ausiliare alla marina da guerra di alcune di esse da costruirsi apposta, era già in un certo grado raggiunto ; e bisognava con­ tentarsene, massime trattandosi d’una spesa tutt’altro che improduttiva.

Pur tuttavia, meglio il progetto ministeriale che nulla. E se una richiesta troppo insistente del ri­ stabilimento della linea delle Indie dovesse farlo ri­ mandare all’autunno, preferiremmo vederlo appro­ vato com’ è. — Spiegheremo questo concetto in al­ tro articolo.

RIFORMA BANCARIA

Non ci occuperemo ulteriormente del progetto di legge presentato dal Ministero circa alla proroga della emissione. Dobbiamo con rammarico constatare che fu una specie di insuccesso; la opinione pubblica, la quale attendeva che i nuovi Ministri attuassero in pochi articoli quelle idee generali di cui avevano tanto parlato dal banco di deputati, accettò facil­ mente l’ idea di un parziale ritocco per attendere prossimamente a un completo ordinamento. Ma quando ebbe dinanzi agli occhi il progetto di legge e vide che esso era stato abboraecialo senza studio e senza concetti direttivi, provò una profonda disillusione che può aver rallegrati gli avversari del Ministero o dei Ministri, ma ha contristati coloro che pur avevano desiderio di sostenere l’uno e gli altri. E le cause dell’insuccesso di quel progetto sono state in­ vero gravissime : — trapelò innanzi tutto che appena si fu in tempo alla vigilia della presentazione di to­ gliere un articolo che pretendeva di purgare le Banche dalle loro immobilizzazioni compromettendo il nuovo Istituto di Credito fondiario, al quale si volevano ac­ collare, a condizioni diverse da quelle che le leggi cn cui ha vita stabiliscono possibili, le sue opera­ zioni ; — letto il progetto, si vide poi che malgrado

tale correzione rimanevano ancora gravi errori, dei uali già la Commissione parlamentare sta facendo la ebita correzione. — E si trovò, come abbiamo già accennato, erroneo il concetto di stabilire un minimo di tassa di circolazione, anche quando la circolazione non abbia raggiunto il massimo; — e si trovò erroneo che la circolazione dovesse essere fissata nella media del 1890, senza tener conto che vi era un Istituto che avrebbe avuto una circolazione minore di quella fissata dalla legge 1874, la Banca Toscana di Credito, la sola che abbia sempre completamente osservata la legge e che venne dal Governo sempre trattata come la Cenerentola ; — si trovò infine non logico che venisse adulterato, a profitto certo degli Istituti meno meritevoli, quel rapporto della circolazione che la legge aveva stabilito.

Non faremo risalire fino ai Ministri la responsa­ bilità di questi errori di logica; certamente la colpa è di qualche funzionario di terza classe, il quale ha redatto il progetto senza essere sufficientemente do­ mestico della materia e non ha saputo tradurre in articoli di legge quelle frasi vaghe e generali colle quali si sogliono strappare gli applausi dai Parla­ menti; ma ad ogni modo i Ministri proponenti hanno avuto il torto di non leggere il progetto di legge prima di darlo alle stampe, sopraffatti forse dalle numerose e svariate occupazioni che li assediano.

Comunque sia, e lasciando ogni recriminazione su tale proposito, il punto più delicato della questione e sul quale la Commissione ed il Parlamento più dovranno affaticarsi, sta nella distribuzione tra Istituto e Istituto della nuova cifra massima della circola­ zione. — Noi, lo ripetiamo, siamo stati ingenui al punto da credere seriamente, che i nuovi uomini di Governo, i quali erano stati tanto rigorosi nel giudicare le eccedenze della circolazione, avrebbero senza alcun dubbio approfittato della buona disposi­ zione del Parlamento, ohe si mostra tanto indulgente verso il nuovo Ministero, per domandare che san­ zionasse, non diremo una restrizione della circolazione fino al limite del 1874, ma, tenuto fermo il limite del 1874 per ogni Istituto, si accordasse un aumento soltanto per le anticipazioni statutarie. Abbiamo già detto che il sistema ci presentava dei pericoli, ma sapevamo anche formarci una ragione della influenza che nel nuovo Gabinetto dovevano esercitare le esi­ genze del nuovo Ministro del Tesoro. Invece i restri- zionisti deputati sono diventati espansionisti ministri e spinsero la loro espansione più in là di quello che gli espansionisti vecchi non avessero osato nelle loro pro­ poste. Avremo quindi una circolazione di circa 1240 milioni, ed è una circolazione enorme per ciò che non crediamo che l’Italia possa dare nella presenti sue condizioni economiche 1240 milioni di buoni affari.

Ma, a parte anche ciò, la distribuzione tra i di­ versi Istituti diventa di una tale ingiustizia da far meraviglia anche a quei pochi che ancora riman­ gono, i quali distinguono l’equo dall’iniquo, o non equo, come spiegherebbe l’on. Imbriani.

Secondo la legge 1874 il totale della circolazione che era di 755 milioni si divideva in cifre rotonde nel seguente modo tra i sei Istituti :

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L ’ E C O N O M I S T A 371 14 giugno 1891

Siccome la legge 1874 rimane vigente nelle sue condizioni generali ed il progetto di legge presen­ tato non fa altro che prorogarne la efficacia a tutto il 1892 con qualche ritocco, ci si domanda subito: data la legge 1874 e tutte le discussioni fattevi sopra, si può derogare p e r via indiretta a quella riparti­ zione della circolazione che costituisce poi il nodo ! della questione sul riordinamento della emissione?

Ormai molti opinano di no, e pensano che se l’indicare la media del 1890 fu per il Governo un abile scappatoia onde evitare di risolvere quella scottante questione, sulla quale tanti progetti prece­ denti hanno naufragato, quella scappatoia non era però abbastanza bene mascherata da non lasciar vedere la ingiustizia che tentava di nascondere e. che quindi bisognava riparare con modificazioni.

Non abbiamo il mezzo per precisare quale sia la media circolazione dei sei Istituti nel 1890, ma ser­ vendoci di una pubblicazione ufficiale del Ministero di Agricoltura, che dà la m edia mensile dei sei Isti­ tuti, si avrebbero le seguenti cifre per il 1 8 9 0 :

Banca Nazionale d’Italia . 577. 7 Banco di Napoli . . . . 258.8 Banca Nazionale Toscana . 94. 3 Banca Rom ana... 72.1 Banco di Sicilia . . . - 50.2 Banca Toscana di Credito. 14.1 1067. 2

Date queste proporzioni, e si noti che la cifra totale è precisamente quella indicata dal Ministero nella sua relazione, date quelle proporzioni si avrebbe, ridotta in per cento, la seguente distribuzione :

Banca Nazionale d’Italia. . 54 per conto Banco di Napoli... 24 » Banca Nazionale Toscana . 8. 5 » Banca R o m a n a ...7 » Banco di Sicilia...5 » Banca Toscana di Credito . 1. 5 » Si avrebbe quindi che la Banca Nazionale d’ Ita­ lia perderebbe il 6 °/0 della sua circolazione sul totale, la Banca Toscana di Credito il mezzo percento circa, e la differenza andrebbe a vantaggio del Banco dì Napoli, che guadagnerebbe il 4 ° / 0, dalla Banca Nazionale Toscana che guadagnerebbe circa il mezzo per cento e della Banca Romana che guadagnerebbe l’uno per cento. Sarebbbe quindi sconvolta tutta la proporzione stabilita nel 1874, non solo, ma verreb­ bero punite due Banche, quella Nazionale d’ Italia, che si è prestata con tanta longanimità a tutti i salvataggi voluti dal Governo, e la Banca Toscana di Credito, che è sempre rimasta osservante dalla legge.

L’ enormità di tale ingiustizia non ha bisogno di essere rilevata e si capisce come la Commissione par­ lamentare, appena esaminata la cosa, trovasse che non era accettabile tanta leggerezza di cuore quanta ne mostrava il Ministero.

Ma come si fa a riparare ? Ecco la grande que­ stione. Distribuendo equamente la circolazione si va contro a interessi che non hanno buone ragioni per essere difesi, ma hanuo una forza che è superiore a quella del Ministero ; quindi, se anche questo ri­ conosce la ingiustizia della propria proposta, non ha la forza sufficente per proporre la giustizia.

E posta così la questione diventa certo inutde ogni discussione ; ma noi protestiamo con tutte le nostre

forze contro questo iniquo sistema di cedere alle vio­ lenze, quod metu, e compiangiamo un ministero che è così giovane e già così debole; perciò non do­ mandiamo che una sola cosa alla Commissione par­ lamentare.

Il progetto di legge, adulterando la ripartizione della legge 1874, lo fa con una via indiretta, senza indicare nè nel progetto di legge, nè nella relazione le conseguenze che derivano dalla m edia del 1890.

Ebbene ; noi crediamo di domandare solamente l’onesto proponendo che l’articolo secondo del pro­ getto di legge, invece di accennare alla media del 1890 dicache la circolazione è portata a 1067 mi­ lioni distribuita proporzionalmente così :

a ) diminuita del sei e de! mezzo per cento alla

Banca Nazionale d’ Italia ed alla Banca Toscana di Credito, alla prima in benemerenza agli aiuti di ogni genere che ha prestati con suo danno al paese, alla seconda in compenso della rigorosa osservanza della legge.

b) mantenuta nelle stesse proporzioni alla Banca

Nazionale Toscana ed al Banco di Sicilia.

c) aumentata del 4 per cento al Banco di Na­ poli e dell’uno per cento alla Banca Romana, in compenso degli ottimi risultati rilevati dalla recente inchiesta e della regolarità delle due Amministra­ zioni.

Almeno così il Governo saprebbe il motivo delle proprie proposte, la Commissione quello delle pro­ prie rattifiche, il Parlamento avrebbe di che appro­ vare, ed il paese di che edificarsi.

FINANZA E CIRCOLAZIONE

Gli ultimi dati sul bilancio di previsione e il progetto di proroga sulle banche.

L ’ intimo nesso che avvince il problema della finanza e quello della circolazione appare vivamente illustrato da quanto succede in questi giorni. Hanno tra loro uno stretto rapporto di coordinazione la re­ staurazione finanziaria, il miglioramento delle con­ dizioni del Tesoro e il risanamento della circolazione. La categoria dell’ entrate effettive pel bilancio 189 1 -9 2 presenta, dopo le ultime diminuzioni arre­ catevi e annunziate ieri l’altro alla Camera dal Mi­ nistro del Tesoro, una previsione di L. 1,556,673,000. — La categoria del movimento dei capitali offre le cifre seguenti . E n trata Lire 31,8 6 7 ,1 6 0 ; Uscita L. 43,217,772. — Ora nel calcolare, quanto agli effetti d’ indole patrimoniale, la competenza del 1891-92, convien registrare a carico dell’ esercizio la somma A^W’ E n tra ta del movimento dei capitali, la quale proviene da alienazioni diverse (10 milio­ ni), da riscossioni di crediti (milioni 5,2), da ac­ censione di debiti (milioni 16,6). Convien registra­ re, per converso, a credito dell’ esercizio la somma dell’ Uscita della 2.“ categoria, meno quella parte di essa la quale corrisponde ad ammortamenti di debiti, che spetta di sostenere all’ esercizio in cui scadono. La Spesa della 2.a categoria prevista pel 189 1 -9 2 si compone per 32 milioni di ammortamenti e per l i milioni e centomila lire di accensioni di crediti.

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Ad essa si contrappone una Spesa complessiva di L. 1,674,212,000 circa formata nel modo seguente: Le spese effettive eran previste nella relazione della Giunta generale del bilancio (presentata nella seduta del 16 marzo p. p.) in L. 1,551,977,087. E que­ sto, computando le economie presentate dal Mini­ stero il 2 marzo p. p. — In aprile il Ministero presentò nuove note di variazioni; poi la Commis­ sione del bilancio aggiunse ulteriori economie da un lato, ma ripristinò qualche stanziamento dall’ altro; infine la Camera respinse o dimezzò taluna delle propostele economie. Per effetto di tutto ciò la pre­ visione delle spese della 1.® categoria si aggira, se­ condo le dichiarazioni fatte ieri 1’ altro dal Ministe­ ro, intorno a L. 1,550,508,000. Aggiungendovi le

Spese m ilitari fu o r i bilancio (7 millioni e mezzo),

l’ E n tra ta della 2.® categoria (L. 51,867,160) e la

Spesa p e r costruzioni fe rro v ia rie (L. 82,O l ì ,815),

la spesa totale tocca L. 1,675,000,000 in via ap­ prossimativa. — Sicché il disavanzo di competenza dell’esercizio 1891-92 batterebbe intorno a 107 mi­ lioni.

In forza delle intensificazioni d’ imposte e altre riforme votate dalla Camera o che le stanno dinan­ zi, il Ministro del Tesoro, come ha detto ieri l’ al­ tro, spera di avvantaggiare per 7 milioni circa il bilancio. — La maggior parte di questi provvedi­ menti non è, tuttavia, venuta pur anco in discus­ sione. Inoltre parecchie eventualità potrebbero far risalire la somma della spesa : economie che la Ca­ mera respinga o non accetti integralmente ne’ bi­ lanci non ancora discussi, economie che rimanendo nelle previsioni non si ritrovino, poi, nei consuntivi, e nuove spese imprevedute. E non sono assolutamente escluse ulteriori delusioni nelle entrate, per quanto severamente si calcolino ora.

Ritenendo che gli effetti di queste diverse cause si compensino, il disavanzo rimarrebbe previsto nella cifra suindicata J).

Per quel che concerne il disavanzo ne’suoi effetti di cassa, la delta somma va diminuita dell’ammon­ tare dell’ E n tra ta della 2.® categoria, e accresciuta di quella dell’ Uscita. La differenza essendo di li­ re 11,350,611, ne viene che il Tesoro dovrà prov­ vedere pel bilancio 1 8 9 1 -9 2 a 96 milioni incirca *), che sono composti così: 5 milioni in cifra tonda derivanti dalla differenza fra l’avanzo della 1.® c a ­ tegoria (secondo le dichiarazioni ministeriali di ieri 1’ altro), e il deficit di cassa dipendente dalla 2.a ca­ tegoria; 7 milioni e mezzo di spese fuori bilancio; L. 82,944,813 della 3.® categoria.

Ora, donde ricaverà il Tesoro i mézzi per fron­ teggiare queste esigenze ? Non da emissioni (seb­ bene ne sia iscritta nel progetto del bilancio una somma corrispondente alla spesa della 5.® categoria) non da emissioni, che riuscirebbero troppo onerose e

') Il telegrafo reca ora che le deliberazioni odierne della Giunta del bilancio diminuiscono le previsioni dell’ entrate di 13 milioni. L a diminuzione supere­ rebbe cosi di 2 milioni quella annunziata ieri l’altro alla Camera dal Ministro del Tesoro, il quale però non l’accetterebbe che per 12 milioni. Ad ogni modo il disavanzo salirebbe fin d’ora a 109 milioni, almeno.

j) 98 milioni circa, secondo quanto vien telegra­ fato sulle deliberazioni prese oggi dalla Giunta del bilancio, in relazione al tenore persistentemente de­ presso dell’entrate.

nelle quali il Ministre del Tesoro intende di far sosta; non con mezzi ordinari di tesoreria, sia per l’altezza cui il suo debito è giunto, sia in considerazione del danno che recherebbe al paese I’ attingere soverchia­ mente allo scarso capitale fluttuante che vi é dispo­ nibile.

Servirà, invece, al bisogno un adeguato allarga­ mento della circolazione cartacea. L’ imminente sca­ denza dell’ ultima legge di proroga della facoltà di emissione de’ biglietti di banca, e la conseguente necessità di una nuova concessione, almeno provvi­ soria, sembrano venute in buon punto per offrire a! Tesoro una comoda fonte degl’ indispensabili rin­ franchi.

Il massimo di 1100 milioni si può ritenere un limite assai largo per l’emissione. Nessuno de’ pre­ cedenti progetti ha chiesto di più. Ma ammetten­ dolo, il rapporto della riserva metallica colla circo­ lazione effettiva dovrebbe elevarsi sensibilmente dalla misura del terzo.

Il progetto di proroga, presentato il 28 p. p., spinge l’ emissione fin verso i 1070 milioni, e si contenta di prescrivere la riserva del terzo.

Invece chiede alle Banche pel Tesoro maggiori antecipazioni per circa 100 milioni, a un saggio d’interesse ridotto al minimo *).

La circolazione di fatto che il progetto riconosce come legale è di 1037 milioni. Vi aggiunge una circolazione in corrispondenza delle anticipazioni al Tesoro, le quali sono rialzate a 172 milioni. La facoltà che ora ha il Tesoro di chiedere anticipa­ zioni alle Banche è stabilita nella misura di li­ re 137,153,152, di cui L. 68,153,152 dipendenti dallo stock della cessata Regia dei Tabacchi. Ma, nel fatto, esse si limitano a quest’ ultima somma 8) o a poco più.

Due potenti freni presentemente mantengono nel Ministro del Tesoro tale utile parsimonia : il desi­ derio di non sottrarre, colle sue domande alle Ban­ che altrettante disponibilità al commercio ; e il pro­ posito di non essere una causa diretta del mantenersi dell’ eccedenza illegale nella circolazione. Ma il nuovo progetto li toglie tutt’ e due.

Da un lato, la circolazione di fatto, ora in parte illegale, vien resa interamente legale ; dall’altro lato, la circolazione, per conto del Tesoro rimane sepa­ rata da quella per conto del commercio.

Così non solo cade ogni stimolo alla restrizione della circolazione ma la si estende per un centinaio di milioni. E I’ estensione, sebbene sancita in una

*) Gli oneri fiscali delle Banche vengono accresciuti più che non appaia dai calcoli della relazione mini­ steriale, e in duplice modo. Il saggio d’interesse sulle anticipazioni vien ridotto, in sostanza, dal 3,10 0[0 netto su 68 milioni (dello stock della cessata Regìa dei Tabacchi) e dal 2,60 0|O netto su 69 milioni (di anticipazioni statutarie), all’ 1,51 0[0 netto. La dif­ ferenza fornisce la misura del maggior onere per ri­ duzione d’interessi. Nel fatto, si commisura quasi in­ teramente nella differenza tra 3,10 e 1,51 ; le antici­ pazioni ordinarie essendo ora tenute in stretti limiti. — Si aggiunge il maggior carico derivante dall’au­ mento delle anticipazioni da 68 milioni, o poco di più, a 172; aumento che importa anche l’ accresci­ mento proporzionale delle spese per le riserve, per la fabbricazione de’ biglietti, ecc.

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legge temporanea, acquista, per la natura delle co­ se, carattere di permanenza, date le condizioni della finanza ; e corrisponde a un’accresciuta massa d’im­ pieghi poco realizzabili e men conformi all’ indole degl’ Istituti d’ emissione, quali sono le somme che ad essi domanda il Tesoro.

CoH’aumento di circa 400 milioni delle antecipa- zioni effettive delle Banche — fondato su un’espan­ sione che tutto induce a congetturare definitiva — è dunque lecito ritenere che si salderà il disavanzo del 1891 -9 2 .

E in tal caso si potrebbe concludere domandando se il programma delle economie, integrato già da lievi intensificazioni d’ imposte, non venga a rice­ ve e ulteriore integrazione dai debiti.

P adova, 8 giugno 1891.

[.BONE WOLLEMBOBG.

LA RIDUZIONE DELLE ODE DI LAVORO

i.

L’agitazione in favore della giornata legale di lavoro, avente per iscopo di limitare le ore di lavoro mediante l’intervento dello Stato, è uno dei fatti caratteristici del nostro tempo. Le questioni che sorgono ora a questo riguardo, sono state dibattute mezzo secolo fa in Inghilterra allorquando Lord Ashley, allo scopo di limitare a dieci ore la giornata di lavoro delle donne e dei giovani operai dai 15 ai 18 anni, propose il Ten hours bill, che divenne legge nel 1847, dopo una lotta memoranda combattuta in Parlamento e fuori. Oggi la stessa controversia si ri presenta più viva che mai, con alcune differenze però, che danno alla questione un carattere più generale e impor­ tante. Non si chiede, come verso il 1840, di limi­ tare il lavoro delle donne soltanto, ma di tutti o quasi tutti gli operai adulti, nè l’ agitazione si li­ mita a uno o due paesi ; essa si estende anche fuori dell’ Inghilterra e dell’ Europa e ha alzata la bandiera delle otto ore di lavoro. Sul limite delle otto ore l’accordo manca completamente ; gli stessi operai inglesi sono ben lungi dal chiedere tutti una uguale giornata e in altri paesi, come in Francia, per giornata legale di lavoro si accontenterebbero di dieci e anche di dodici ore. Ciò dipende da varie circostanze, quali la fatica maggiore o minore che porta seco il lavoro, l’ indole dell’ industria che esige una opera talvolta non molto faticosa, ma prolun­ gata, la produttività dell’ industria in ragione del­ l’abilità dell’operaio, e simili altre cagioni di disu­ guaglianze naturali nell’ assetto delle industrie in generale, e delle imprese in particolare. Senza voler togliere importanza alla durata della giornata di lavoro è evidente, tuttavia, che sulla questione delle otto, delle dieci od anche delle dodici ore di lavoro emerge quella, d’indole generale, circa gli effetti della riduzione della durata del lavoro, sopratutto se tale riduzione s’intende che debba essere effettuata per mezzo della legge. Che l’operaio lavori otto ore invece di dieci, o dieci invece di dodici, è certo per un paese questione assai grave, specie se quel paese ::on ha il primato nel campo industriale, e deve lottare con tutti i mezzi possibili per mettersi in grado di so­ stenere la concorrenza degli altri paesi. Da una an­ che lieve, ma immediata, riduzione delle ore di

lavoro possono derivarne conseguenze tanto serie) quanto imprevedibili, per tutti, per gli operai come per gl’imprenditori, per le economie singole, come per l’economia nazionale, e tanto più serie se quella riduzione fosse forte e generale. È questo il punto che presenta il maggiore interesse ed è an­ che quello che il più spesso viene trascurato da coloro che si fanno campioni della riduzione delle ore di lavoro. Noi intendiamo appunto di esaminarlo con una certa larghezza, presentando specialmente ai lettori gli argomenti che si sogliono addurre a difesa della giornata legale di otto ore e ricercando ciò che in essi vi è di fondato.

La letteratura economica non è ancora ricca di studi veramente positivi e scientifici sull’argomento, ma conta ad ogni modo alcuni scritti interessanti nei quali è caldeggiata la riduzione della giornata di lavoro, e ciò per varie ragioni, alcune di indole stret­ tamente economica, altre d’indole sociale e igienica. È delle prime che, principalmente, ci occuperemo in questo studio, poiché sono esse che possono più fa­ cilmente trarre in errori o ad esagerazioni dannose. Con ciò non si vuol dire che le ragioni sociali e igieniche accampate per difendere la riduzione della giornata di lavoro siano prive di importanza, ne hanno anzi in taluni casi una rilevante anche sotto l’aspetto economico, ma alle ragioni come ai risul­ tati sociali ed igienici si può opporre la questione pregiudiziale dei risultati economici che si possono prevedere, e ritenere anzi per probabili, data la ridu­ zione delle ore di lavoro. Se i risultati economici probabili fossero dannosi, esiziali al mondo indu­ striale e per ciò stesso alla classe operaia, la condi­ zione della quale fosse turbata e peggiorata, le mi­ gliori ragioni sociali e igieniche verrebbero a per­ dere gran parte del loro valore, perchè il beneficio ottenuto da questo assetto sarebbe paralizzato o di­ strutto dal danno prodotto nella situazione materiale della classe operaia. È adunque fondamentale la ri­ cerca degli effetti economici della riduzione nella durata del lavoro, è una indagine preliminare che getta molta luce sugli altri aspetti della questione. Ad essa quindi conviene volgere principalmente l’at­ tenzione.

Senonchè la storia di un grande movimento so­ ciale può indicare direttamente le cause che lo hanno fatto sorgere, e in considerazione di questo vantaggio ci pare utile di accennare anzitutto lo svolgimento che ha avuto l’agitazione per le otto ore di lavoro, perchè nella domanda di una giornata ri­ dotta a otto ore c’ è la espressione più energica del desiderio di diminuire la durata della fatica, alla quale la classe operaia deve sobbarcarsi. Lo faremo il più brevemente possibile.

Come avvertono giustamente due recenti scrittori inglesi, che hanno esaminato a lungo cotesto argo­ mento x), nell’Inghilterra il movimento per le otto ore è una legittima conseguenza dell’ agitazione che ebbe per risultato il Ten H ours B ill del 1847, e del successivo movimento per le nove ore che si mani­ festò in varie associazioni di operai dotati di speciale abilità tecnica (skilled h a n d icrafts). E invero non è questa una colleganza supposta dai citati scrittori

i) Sidney Webb e Habold Cox. - T he Eight Hours

D ay, cap. II, London, Scott, 1891. — Avvertiamo che

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perchè due paesi, gli Stati Uniti e I’ Australia , ne danno una prova indiscutibile che è in pari tempo la conferma della filiazione naturale dell’ odierno moto sociale per le otto ore di lavoro, dalle lotte- passate per conseguire un raccorcia mento della gior­ nata di lavoro per certe classi di operai. Quanto al primo di quei due paesi, avverte un reputato sto­ rico del socialismo negli Stati Uniti ') che gli sforzi del lavoratore americano per ottenere una riduzione nella durata del lavoro datano da quando sorsero le unioni operaie americane, ossia dal principio di que­ sto secolo, e la pretesa di fissare per legge la du­ rata del lavoro si manifestò fino dal 1832 in un congresso tenuto a Boston.

Da allora i tentativi di accorciare la giornata di la­ voro non sono mancati mai ed hanno avuto risul­ tati notevoli, e quanto alle otto ore di lavoro esse sono state chieste, pare per la prima volta, nel 1866.

Nell’Australia il movimento per le otto ore di la­ voro cominciò a disegnarsi nel 1856 nella colonia di Victoria, dove a Melbourne si formò una lega j

[E ight H ours L eagu e) per difendere e applicare ]

quel principio nel mondo del lavoro. Questi ardenti \ fautori di una giornata più breve di lavoro non erano altro che operai inglesi, i quali il più spesso, tentato invano uno sciopero nel paese proprio ave­ vano emigrato nella terra promessa, australiana o americana. Così portavano nel paese nuovo le prò- | prie braccia e l’ indomito amore per la libertà e le più ardenti aspirazioni a una condizione migliore; ciò che non avevano potuto conseguire in patria diveniva il loro scopo supremo nel nuovo mondo. Nell’ Australia varie condizioni agevolarono la vit­ toria agli emigranti avidi di una breve giornata di lavoro ; vale a dire tutto quel complesso di circo- stanze che nei paesi nuovi generalmente favoriscono I il lavoro, lo rendono più ricercato e apprezzato, gli conferiscono maggiore forza e potenza sul mercato e nella vita sociale. Tuttavia dal 1856 ad oggi le lotte non mancarono nella colonia di Victoria per assicurare ed estendere l ' applicazione del principio che la durata del lavoro sia di otto ore, q la legge venne auche chiamata in appoggio. Sebbene gli operai fossero in grado, generalmente, di ottenere le otto ore di lavoro mediante l’azione collettiva, pur in alcune leggi sulle fabbriche e sulle miniere venne introdotta la sanzione legislativa al principio delle otto ore e ormai si calcola che solo un quarto circa degli operai di Victoria lavorano più di otto ore per giorno 8).

Nelle altre colonie australiane nè la legislazione, nè l’opinione pubblica sono finora così favorevoli alla giornata di otto ore come nella Victoria ; in esse le otto ore sono piuttosto la eccezione che la regola; ma in conclusione scrivono il Webb e il Gox, nel­ l’opera citata, può dirsi che il sentimento pubblico nell’Australia è generalmente favorevole alla gior­ nata di otto ore, però questo sentimento, tenuto vivo da potenti associazioni operaie (Tracie Unions) da sè stesso finora è riuscito ad ottenere la giornata di *) *) A. Sartorius Freiherrn von Waltershansen. —

D er moderne Socialismus in den Vereinigten Staaten von A m erica, pag. 271, Berlin, H Bahr, 1890.

s) Si vegga per maggiori notizie l’ articolo di John

Rae sul E ight Hours Day in Victoria nell’ Economie Jou rn al (marzo 1891) organo della British Economie Association.

otto ore soltanto per gli operai più abili e per una piccola minoranza di iavoratori comuni. L’ opinione pubblica ha pure ottenuto nella Victoria 1’ intervento della legge dal 1874 a oggi, così che le otto ore di lavoro sono prescritte legalmente per le donne in qualsiasi manifattura, pei minatori nei lavori sotter ranci, pei macchinisti addetti alle macchine delle miniere, per gl’ impiegati delle traravie, perg’i operai impiegati da appaltatori in vari lavori pubblici, per gli impiegati degli uffici pubblici. E poiché l’ indu­ stria delle miniere è la principale della colonia si comprende come la giornata di otto ore abbia la prevalenza, ma è lungi dall’essere applicata in ogni caso, e le leggi vi sono non meno studiatamente del vecchio mondo violate, e in non pochi casi, riferiti dal Bae, rimangono effettivamente lettera morta.

Negli Stati Uniti lo sciopero fu il mezzo al quale ricorse replicatamente la classe operaia per ottenere la diminuzione delle ore di lavoro, e infatti la storia di questa questione si confonde quasi con quella degli scioperi. Dapprima, cioè verso e dopo il 1830, la giornata di dieci ore era il desideratum di varie classi di lavoratori, solo più tardi, nel 1866, comin­ ciò a spuntare la giornata di otto ore, e alcuni Stati dell’ Unione, con più o meno sollecitudine, diedero a quella giornata carattere legale pel caso che non sia stato stipulato diversamente. Ma negli Stati Uniti le otto ore non sono ancora che una eccezione ; le varie organizzazioni operaie hanno avuto molte volte da lottare per impedite le riduzioni dei salari e per alcuni anni la questione della giornata di la­ voro non potè fare dei passi veramente decisivi. Soltanto nel 1886 al 1° maggio circa 200,000 ope­ rai dichiararono lo sciopero e ottennero al momento qualche riduzione nelle ore, alla quale poco dopo il maggior numero dovette rinunciare. Gli altri scio­ peri successivi, dichiarati allo stesso intento, non sortirono alcun effetto, specie duraturo, perchè la lotta è parziale e il partito operaio è scisso.

Se adunque negli ultimi cinquant’anni vi è stato in America una sensibile riduzione nelle ore di lavoro, si nota però tuttora una certa ineguaglianza nella durata della giornata di lavoro. Solo in pochi Stati la legge determina le ore del lavoro per gli adulti e per qualche industria speciale; e poche sono le classi di operai che riuscirono a ottenere realmente le otto ore, i più solo precariamente ebbero la vittoria in pugno. Questo risultato è davvero im­ portante trattandosi dell’operaio americano, il quale si suppone spesso che abbia sulla propria sorte un potere quasi illimitato. Le condizioni industriali agi­ scono negli Stati Uniti nel medesimo senso che in Europa, e oppongono ostacoli assai forti a nuove riduzioni nelle ore di lavoro.

Rivista Bibliografica

W. H. Dawson. — I l principe B ism arck ed il S ocia­

lismo di Stato. — Versione dell’ inglese preceduta

da uno studio sulla legislazione sociale in Italia dell’ avv. Rod o lfo De b a r b i e r i. — Firenze, Bocca,

1891, pag. LVI-170.

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è una fedele e chiara esposizione delle vicende di quel Socialismo di Stato inaugurato dal principe di fiismarek, e da lui condotto ben innanzi, intorno al quale e in Germania e fuori si lotta vivamente o per dargli sempre maggior vigore, o per attenuarne la portata. Se anche lo scrittore inglese si astiene quasi sempre dal sottoporre a critica le soluzioni bismarkiane delle varie questioni economiche e fi­ nanziarie, e in ciò il libro è incompleto, fornisce però molti elementi per poter giudicare il Socialismo di Stato praticato in Germania.

L ’avv. Debarbieri ha premesso alla traduzione del libro uno studio veramente pregevole sullo stato at­ tuale della legislazione sociale in Italia. È noto che fino ad ora riguardo alla legislazione sociale in Italia, se si eccettua la legge sul lavoro dei fanciulli e quella sulla emigrazione, nonché la Cassa nazionale di assicurazione per gli infortuni sul lavoro, il ri­ manente non è uscito ancora dallo stato di pro­ getti più o meno bene compilati. L’avv. Debarbieri si occupa tuttavia non solo delle leggi già in vigore, ma anche dei progetti di leggi sociali presentati al Parlamento negli ultimi tempi, quali il progetto sugl’ infortuni presentato l’ anno passato dall’ on. Miceli e quello dell’ on. Maffi sui probi-viri. Egli combatte l’ assicurazione obbligatoria, come abbiamo fatto noi più volte in questo periodico, e mette assai bene in luce la possibilità e i vantaggi dell’ assicu­ razione fondala sul principio cooperativo, di cui si hanno splendidi esempi agli Stati Uniti e in Italia con la P opolare. Esamina in seguito la legge sul lavoro dei fanciulli, riconoscendo equa e necessaria la tutela del fanciullo contro lo sfruttamento delle sue deboli forze, e noi siamo d’accordo con l’egre­ gio scrittore; non lo siamo invece quando spera che venga approvata una legge sul lavoro delle donne nelle fabbriche. Tutelare il fanciullo, s i; è giusto e doveroso il farlo, nè ciò ha nulla a vedere con la questione della libertà e della ingerenza dello Stato; si tratta di estendere a casi nuovi i principi di tu­ tela sanciti nelle legislazioni civili di tutti i paesi. Quanto alla donna adulta essa, al pari dell’uomo, è in grado di condursi da sè, e di distinguere ciò che le è di vantaggio da ciò che può esserle di danno. Vediamo di non stabilire, in omaggio al sentimento, una nuova servitù.

Riguardo, finalmente, alla emigrazione ed ai probi­ viri, consentiamo in ciò che l’avv. Debarbieri scrive sui due argomenti ; però il progetto dell’ on. Maffi sui probi-viri non sfuggiva del tutto alla critica, (vedi \'Economista n. 840, dell’8 giugno 1891).

Il breve, ma succoso studio, dell’ avv. Debarbieri dà una completa idea dei risultati finora conseguiti in Italia con le leggi sociali, e degli sforzi fatti per estendere 1’ intervento della legge ; e gioverebbe quindi che fosse letto e meditato dai fautori, come dagli avversari, della legislazione sociale,specie ora che dalla cattedra, dalla tribuna parlamentare e dalla stampa si invocano altre leggi sociali o delle riforme al codice civile, in relazione ai « nuovi orizzonti del diritto civile » intravveduti da egregi giuristi. Pur­ ché questi orizzonti nuovi non siano vecchie cono­ scenze, come farebbero credere certe proposte di leggi contro l’usura. Aspettiamo ad ogni modo per giu­ dicare, che gli orizzonti, nuovi o vecchi che siano del diritto civile, siano un poco meglio rischiarati.

George Gunton. — P rin ciples o f Social Economics in­

ductively considered and p ractically applied with criticisms — New-York, G. P. Putnam’s Sons, 1891,

pag. 447-XXIII.

L ’Autore del libro W ealth an d P rogress, nel quale si trova una confutazione della teoria sui salari espo­ sta dal George nel suo P rogress an d Poverty, pre­ senta ora al pubblico una esposizione suggestiva dei principi dell’economia sociale. Egli divide il suo trattato in 4 parti, nelle quali tratta dei principi del progresso sociale, della produzione, della distribuzione e dell’ arte di Stato (p r a c t ic a l statesm anship). De­ finisce il progresso sociale per « il movimento della società verso la realizzazione delle più alte aspira­ zioni (possibilities) materiali, morali e intellettuali nella vita umana » e afferma che esso « consiste in una serie di passaggi da uno stato di organizza­ zione sociale relativamente semplice, ad uno stato relativamente complesso » e la causa del progresso sarebbe « lo sforzo cosciente dell’uomo di adattare le istituzioni sociali ai suoi propri bisogni e desidori. » In appoggio di queste tesi il Gunton fa una breve, ma interessante rassegna delle trasformazioni storiche della società.

Nella seconda parte relativa alla produzione l’Au­ tore critica varie definizioni della ricchezza previa­ mente date dagli economisti, e alla sua volta propone una propria definizione : « ogni cosa, egli dice, può essere considerata ricchezza, l’ utilità della quale è realizzata dallo sforzo umano. » Gli altri argomenti discussi in questa parte del libro sono il valore, il prezzo, la domanda e 1’ offerta, il costo di produ­ zione, la funzione della moneta. L’ Autore sostiene che i privati devono poter emettere moneta sotto il

controllo del Governo.

La terza parte espone le teorie intorno al salario, alla rendita, all’interesse e al profitto. Crede il Gun­ ton che le teorie sociali fondate sul postulato che i salari sono determinati da ciò che rimane del pro­ dotto, fatta deduzione della rendita, dell’ interesse e del profitto, postulato sostenuto ad esempio dal W a l­ ker, siano erronee. « Il salario essendo il prezzo del lavoro è determinato dalla medesima legge che re­ gola i prezzi dei prodotti, cioè il costo della por­ zione dell’offerta necessaria ottenuta con il maggiore sacrificio, ed è necessariamente aggiunto al prezzo del prodotto ; mentre la rendita, l’interesse e il pro­ fitto essendo un sopra più ( surplus) non sono ele­ menti del costo di produzione, dal quale il prezzo viene determinato, perciò non entrano nel prezzo dei prodotti riguardo al consumatore, così che i prezzi non sono più alti o i salari più bassi per effetto della rendita, dell’interesse e del profitto. » Ma si può credere che il Gunton pur cercando di cor­ reggere gli errori altrui è caduto alla sua volta in altri gravi errori. Nell’ultima parte in cui svolge i principi dell’arte di Stato l’Autore si pronuncia con­ tro il la issez-faire, che giudica anti-scientifico, com­ batte le idee dello Spencer e trova che le funzioni del Governo hanno essenzialmente il carattere pro­ tettivo, educativo e giudiziario d’onde trae una serie di conseguenze, facili a immaginare, riguardo alla politica economica.

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vedute erronee, ma hanno una impronta spiccata di originalità e rivelano una mente che cerca il vero con amore e serenità ; per ciò crediamo che il libro sarà letto e studiato con profitto.

(Rivista (Economica

Proposta per la legislazione sociale in ItaliaLa

Mutua agricola italiana di coltivazione rifertiliz­ zazione e colonizzazione interna — Ancora dell’a s ­ sicurazione degli operai in Francia.

Proposta per la legislazione sociale in Italia. —

L’ on. Luigi Guelpa, deputato del secondo collegio di Novara, ha presentalo i suoi disegni di legisla­ zione sociale in relazione all’ interpellanza da lui svolta nella tornata del 20 aprile sui criteri del Go­ verno intorno alla questione sociale.

L ’ on. Guelpa divide i suoi progetti in tre parti:

a) Tutela del lavoratore;

b) Tutela del contratto di lavoro ; c) Intervento dello Stato.

La prima parte contiene i seguenti disegni di legge :

1° Modificazioni agli articoli 392, 586 del Co­ dice di Procedura Civile nel senso che sieno di­ chiarali insequestrabili i salari degli operai, gli stru­ menti del lavoro ;

2° Modificazioni agli articoli 335, 336, 339, 345 del Codice Penale, riguardanti la tutela dei minorenni contro la corruzione dei costumi e la precoce prostituzione.

Modificazione all’ articolo 402 del Codice Penale, per dichiarare perseguibili per sola querela di parte i furti di cosa il cui valore non sorpassa le lire cinquanta.

3® Modificazione all’ articolo 106 della legge Comunale afiìnchè il Consiglio comunale con spe­ ciale regolamento stabilisca le condizioni igieniche delle abitazioni degli operai ;

4° Modificazione all’ articolo 1153 del Codice Civile nel senso cioè che la questione degli infor­ tuni sia regolata piuttosto dal Codice civile, come esplicazione dell’ antica teorica del Diritto Romano della colpa Aquiliana, che non da una logge spe­ ciale, secondo il sistema tedesco.

La seconda parte tratta della tutela del contratto di lavoro e contiene una modificazione agli art. 1627, 1635, 1645 del Codice civile riguardanti la loca­ zione delle opere.

La terza parte intitolata : Intervento dello Stato, riguarda l'istituzione d’ un Consiglio superiore del lavoro presso il Ministero di agricoltura, industria e commercio, il cui ufficio è di ricercare, esaminare tutte le questioni riguardanti le relazioni ed i dis- sidii tra gli industriali, agricoltori e gli operai ed i contadini, le condizioni del lavoro, il fatto della di­ soccupazione, le questioni di previdenza, di pubblica assistenza, di associazioni di mutuo soccorso, coope­ rative e quante altre sorgono nell’ interesse delle classi lavoratrici ; quali rimedii immediati e mediati si possono arrecare ai mali sociali; con quale legi­ slazione si possano gradatamente migliorare le con­ dizioni generali e particolari delle classi lavoratrici;

di provvedere a tutte quelle informazioni statistiche che meglio giovano a raggiungere tale scopo.

Questo è il sommario dei disegni di legge pre­ sentati dall’ on. Guelpa, il quale in tal guisa ha mantenuta nello spazio poco più di un mese la pro­ messa, fatta nella tornata del 20 aprile alla Camera, di ridurre le sue idee, chiamate dal ministro Ferraris generose e di lontana applicazione, in concreti pro­ getti di legge.

La Mutua agricola italiana di coltivazione ri- fertilizzazione e colonizzazione interna. — Si è

costituita a Milano una società anonima di coopera­ zione e previdenza, a capitale illimitato, allo scopo di intraprendere coltivazioni in terreni specialmente incolti, promovendone la colonizzazione, e di riatti­ vare o aumentare la fertilità nelle terre già messe a coltura e rese esauste o scarsamente produttive, per accrescere ed estendere la ricchezza ed il be­ nessere pubblico favorendo l’accumulazione del ri­ sparmio e la graduale costituzione fra i soci di grandi proprietà collettive, delle quali anche i lavoratori sa­ ranno compartecipi. « Due problemi, dice la circo­ lare della Mutua A gricola Ita lia n a della maggiore importanza per la proprietà nazionale , preoccupano quanti sentono doversi oggi in Italia con intense energie, adoperare a rialzare le sorti dell’agricoltura e delle popolazioni rurali. Il primo riguarda la ne­ cessità urgente di por riparo al disastro economico che ha colpito la proprietà fondiaria e di ottenere che il suolo coltivato nutrisca e remuneri i propri lavoratori ; il secondo la convenienza — imperiosa di fronte al rincrudire della disoccupazione e della emigrazione, alle esigenze della salute della coscienza pubblica — che le migliaia d’ettari, preda tuttora al miasma palustre ed agli sterpi vengano ridotti a cul­ tura produttiva. Il supremo interesse di Stato che re­ clama la soluzione del duplice problema, ha nel voto concordi e solidali tanto le attività ardimentose che si affaticano nel campo pratico della evoluzione so­ ciale, quanto i più riluttanti a riforme imposte da ineluttabile necessità di cose.

È una impresa di materiale e morale rigenera­ zione che la M utua A gricola Ita lia n a si prefigge; impresa che mentre creerà la ricchezza e il benes­ sere là dove regnano ora la sterilità e la malaria non sarà scevra di insegnamenti e di effetti per 1’ avvenire economico del paese ; riuscendo a com­ provare coll’ esempio la sicurezza del tornaconto nel- I’ esercizio dell’ industria agricola coi sistemi razio­ nali più moderni, ad attrarre I’ afflusso dei capitali e del crediti) su fonti di rendita ora deplorevolmente trascurate, a trattenere ed utilizzare sul suolo patrio tanta forza di braccia ora esuberanti, a disperdere il latifondo malarico ed infecondo, a promuovere ed estendere coll’accrescimento della produzione anche l’aumento del consumo, a cementare la solidarietà e stringere vincoli nuovi di fratellanza tra la città e la campagna.

Con tale fede la Mutua A gricola Ita lia n a è sorta e con tale fede rivolge appello al volontario concorso dei cittadini e degli agricoltori d’ogni classe, ricchi e poveri; onde associandosi all’impresa, nella — mi­ sura dei mezzi di cui ognuno potrà disporre — ne agevolano la pronta attuazione su grande scala, tale che risponda al bisogno veramente sentito d’ una vasta iniziativa.

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Ancora dell’ assicurazione degli operai in Fran ­ cia. — Facendo seguito alle notizie date nell’ ul­

timo numero crediamo utile di fornire altri rag­ guagli sul progetto di legge del ministero francese per l’assicurazione degli operai. Il progetto mira a de­ cidere gli operai, coi vantaggi che loro offre, a im­ porsi volontariamente dei prelevamenti sui loro sa­ lari, in vista della costituzione d’una pensione di ritiro. Se l’operaio si decide a effettuare i suo pre­ levamenti, gli sarà assicurata una doppia sovven­ zione: 1" quella che si imporrà lo Stato; 2° quella che esso imporrà obbligatoriamente ai padroni. Ciò posto, ecco i particolari d’applicazione del progetto:

L’operaio è ammesso a fare un versamento quo­ tidiano di 5 centesimi, al minimum, di 10 centesimi, al maximum. Ogni operaio è presunto fare il ver­ samento minimum, salvo che non faccia una di­ chiarazione al m aire del Comune.

Se il versamento è effettuato regolarmente dal­ l’età di 25 anni, età iniziale fissata dal progetto du­ rante un periodo di 50 anni, il padrone è tenuto di fare a vantaggio dell’operaio un versamento uguale a quello di quest’ultimo, cioè di 5 o 10 centesimi al giorno. Insieme lo Stato s’ impegna a completare questo versamento con una sovvenzione uguale ai due terzi di quella dell’operaio e del padrone riuniti.

Si calcola così, che contando sopra una media di 290 giorni di lavoro all’anno, cioè tolti i giorni di riposo forzato, l’operaio verserà 14 o 28 franchi all’anno, secondo che il versamento giornaliero sarà di 5 o 10 centesimi. Con la contribuzione dei pa­ droni e quella dello Stato, l’ operaio avrà diritto, dopo 30 anni, a una pensione di 300 franchi nel primo caso, di 600 nel secondo.

Per essere ammessi al beneficio della legge, bi­ sogna essere francesi, dell’età di 25 anni e guada­ gnare un salario annuo che non oltrepassi i 3000 franchi. L’operaio tuttavia sarà ammesso a fare dei versamenti prima dell’età di 25 anni; ma i versa­ menti saranno, quanto ai frutti, oggetto di una li­ quidazione speciale.

Per contro, l’operaio che per interruzione di la­ voro, malattia o altra causa legittima, avesse sospeso i suoi versamenti per 5 anni, sarà ammesso a ri­ prenderli, senza essere decaduto dal diritto di pensio­ ne, che però comineerà a decorrere 5 anni più tardi. Il progetto prevede il caso in cui l’operaio che si assicura una pensione di 300 o 600 franchi vorrà inoltre riservare il suo capitale o assicurarsi pel caso di morte. La riserva del capitale esigerà na­ turalmente un supplemento di versamento a carico dell’operaio; ma se questi, invece di riservare il suo capitale, vuole assicurarsi pel caso di morte, cosi da garantire una somma determinata a favore dei suoi eredi, lo Stato prenderà a proprio carico il sup­ plemento di premio risultante da questa assicurazione.

In tal guisa il progetto assicura l’operaio il dop­ pio beneficio della pensione di ritiro in caso di so­ pravvivenza e dell’assicurazione per gli eredi in caso di morte.

Il progetto prevede poi il caso che all’operaio, dopo essersi assicurato durante un certo lasso di tempo, non potesse, per interruzione di lavoro derivante da malattia o da infermità, continuare i suoi versamenti.

In questo caso, il progetto assicura all’operaio una pensione di soccorso il cui servizio sarebbe coperto dal prodotto delle pensioni acquistate dal fisco per di­ fetto di successibili, di doni, di legati e infine d’una

contribuzione imposta ai padroni in ragione ili 10 centesimi al giorno per ogni operaio di nazionalità straniera da essi impiegato.

Infine il progetto contiene delle disposizioni tran­ sitorie miranti al caso degli operai già in possesso di pensioni pagate dalla tCassa di ritiro per vecchiaia, e degli operai effettuanti da un certo numero d’anni dei versamenti a questa Cassa .io vista di un ulte­ riore ritiro.

Ai primi, il progetto estende il beneficio del con­ corso dello Stato con una elevazione immediata della pensione nella proporzione indicata più su ; per gli altri lo Stato contribuirà con versamenli annuali a elevare la pensione nella stessa proporzione pel giorno in cui essa sarà esigibile dall’ interessato.

Il progetto lascia a un regolamento d’amministra­ zione la cura di fissare i particolari dell’ esecuzione. Tuttavia prevale già l’ idea di constatare i versa­ menti quotidiani dell’operaio e del padrone coll’ap­ posizione su di un libretto personale di timbri spe­ ciali creati in rappresentazione dei versamenti, e il prodotto delle cui vendite sarà percetto dalla Cassa di ritiri.

Ed ecco come il signor Leroy-Beaulieu giudica nell ’Econom iste fr a n ç a is il progetto di pensioni per gli operai:

«L'on. Freycinet, che ama le cifre grandiose, come I’ ha abbastanza provato col suo celebre piano dei lavori pubblici, ha fatto una nuova scoperta colla sua proposta relativa alle pensioni. Ogni operaio avrà, verso i cinquantanni, una pensione da 300 a 600 franchi : tutti i padroni, vale a dire senza dubbio tutti quelli che impiegano degli operai, anche oc­ casionalmente — e nel nostro paese di piccola in­ dustria, di piccolo commercio e di piccola proprietà ci sono molti padroni poveri, talvolta poveri quanto i loro operai — saranno obbligati a fare un sagri- fizio uguale a quello che l’operaio vorrà imporre a se medesimo. Lo Stalo vi aggiungerà la sua parte; e, dice che il Governo, mediante una spesa gover­ nativa che non supererà i cento milioni l'anno quando la legge sarà in pieno esercizio, ogni oparaio, che avrà fatto o fatto fare al suo padrone per 30 anni un sagrifizio di cinque o di dieci centesimi al gior­ no, godrà d’una pensione di 300 a 600 franchi, che potrà anche, senza aumento di sagrifizio, ren­ dere reversibile dopo la sua morte sulla sua vedova o sopra i suoi figli minorenni.

Bisogna davvero supporre che il Quarto stato gode di particolari favori, perchè degli uomini gravi, un Ministero presieduto da un antico allievo del Politecnico, vengono a contarci simili panzane, vale a dire che con dei sacrifizi così limitati come quelli sopra ricordati si potranno dare delle pensioni di 300 o di 600 franchi ad ogni operaio. Dove mai il ministro va a cercaro codesti strani calcolatori che lo circondano in simili illusioni?

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fazione che potrà fare il 'servizio delle pensioni a tutti gli operai; un miliardo non basterebbe. Occor­ rerebbe probabilmente un miliardo e mezzo ogni anno, anche tenendo conto delle cot zazioui degli operai e padroni, soprattutto tenuto conto della di­ minuzione del tasso dell’ interesse, che continua e si accentua ogni giorno per gli impieghi di capitali sicuri. »

La Cassa di risparmio di Bologna nei 1890

La lunga relazione pubblicata dal Consìglio di am­ ministrazione diffondendosi largamente in considera­ zioni di ordine morale e sociale, e mettendo in evi­ denza le molte compartecipazioni dell’Istituto a tutte quelle che ha creduto di meglio, e di più opportuno per il benessere delle popolazioni comprese nella zona delle sue operazioni, ci limiteremo a togliere dai prospetti che corredano la relazione stessa il movimento avvenuto nel 1890 e i risultati ottenuti dal bilancio.

Premetteremo che dall’esame dei medesimi appa­ risce che le rendite non furono abbondanti. Molte furono le cause che non lo permisero e non fu estranea quella costante e generale degli aggravi della finanza, che nelle strettezze del pubblico erario si fecero nel 1890 più minuziosi e più acuti nella applicazione. Costretta I’ amministrazione a preferire la mobilità alla produttività degli investimenti, e a tenere forti riserve di numerario, era naturale che non potesse trarre da buona parte dèlie attività am­ ministrate larga ragione di lucro, e dovesse più che altro contentarsi ed esser soddisfatta dei servizi resi dalla Cassa al paese.

Le operazioni principali della Cassa oltre il ri­ sparmio sono il Credito fondiario e il Credito agrario.

Il risparmio ebbe il seguente movimento: I depositi esistenti al 31 die. 1889 L. 31,995,196.27 Versati entro l’anno per capitale . » 7,514,857.42 e per in te re ssi...I * * * * * * 8 1,159,418.21 In tutto . . . . h. 40,629,471.90 I rimborsi fra capitali e interessi

ascesero a ... 8 7,495,651.82 Rimanenza al 31 die. 1890. . L. 33,133,820.08 Il credito dei depositanti aumentò pertanto nel 4890 di L. 1,478,623.81.

Le rendite dell’ Istituto come Cassa di risparmio ascesero a L. 4,837,916.94 e le spese e le eroga­ zioni a L. 4,655,574.53 e quindi una rendita netta di L. 182,342.44.

Il Credilo fondiario della Cassa di risparmio è stato creato con un fondo di garanzia di un milione di lire.

. Durante il 4890 furono stipulati definitivamente 57 mutui per l’ importo di L. 1,947,500, e dal 1868 epoca della sua creazione i mutui contratti ascen­ dono a 1203 per l’ importo di L. 46,514,000; ma alla fine del 1890, il valore dei mutui era ridotto a L. 29,942,000 per capitale ed a L. 1,240,231 per annualità.

Le rendite della gestione ascesero a L. 470,605.50, dalle quali defalcate le spese per l’ importo di Li­

re 86,474.50 ne venne a resultare una rendita netta di L. 84,430.

Le cartelle in circolazione al 4° gennaio 1890 erano 59,884 per la somma di L. 29,942,000.

Il credito agricolo fu creato con un fondo per garanzia e operazioni di un milione di lire.

Nella parte attiva alla chiusura dell’esercizio 4890 fra le partite più importanti figurano i recapiti in portafoglio per L. 7,019,626 e il numerario in cassa per L. 2,260,216 e nella parte passiva i buoni agrari emessi per L. 3,799,490, i depositi in conto cor­ rente a chèques per L. 6,742,094, i buoni fruttiferi a scadenza per L. 2,089,029 e il fondo di riserva per L. 975,293.

Le rendite dell’esercizio del 1890 ammontarono a L. 389,823.39 che depurate dalle spese nella somma di L. 322,180.40 danno un avanzo di rendita di L. 67,642.99.

Riepilogando le rendite nette complessive ottenute dalla Cassa di Risparmio di Bologna nella gestione del 1890 ascendono a L. 334,416,22 divise come

le :

Cassa di risparmio . . . . L. 182,342.41 Credito fondiario . . . . 8 84,130.91 Credito agricolo . . . » 67,642.90 L. 334,116.22

Progetto di legge per le costruzioni ferroviarie

Ecco il testo del disegno di legge presentato il 23 maggio alla Camera dai ministri dei lavori pub­ blici e del tesoro :

Art. 1. La spesa per costruzioni ferroviarie, che deve stanziarsi nel bilancio del Ministero dei lavori pubblici a norma della legge 20 luglio 1888, n. 5550 (serie 3a), resta stabilita in lire 50,000,000 annue a cominciare dall'esercizio 1892-93 sino all’ esercizio 1902-1093 inclusivamente.

Art. 2. Con legge speciale sarà provveduto ad una nuova ripartizione annuale della somma suddetta fra le diverse linee, e colla legge del bilancio di asse­ stamento tale ripartizione potrà rettificarsi in relazione all'effettivo progresso dei lavori, restando sempre fermo il complessivo importo di 50 milioni, di cui al pre­ cedente articolo.

Art. 3. Per l’esercizio 1892-93 è autorizzata la spesa di lire 12,000,000 di cui al numero 15 della tabella di ripartizione unita alla presente legge, per provve­ dere alle differenze di liquidazione, alle transazioni di vertenze ed altre maggiori spese riferibili ai tronchi già appaltati delle linee contemplate dalla legge 20 luglio 1888, numero 5550.

Art. 4. Per provvedere all’appalto dell’ultimo tronco della linea Faenza-Firenze l’ impegno della spesa potrà essere preso sugli assegni disponibili dell’ esercizio 1891-92 e precedenti perle linee Casarsa-Spilimbergo Gemona, Gaiano-Borgo S. Donnino, ed occorrendo an­ che su quelli della linea Salerno S. Severino, salvo reintegro degli assegni medesimi nei bilanci successivi.

Art. 5. Mediante altri stanziamenti nel bilancio del Ministero dei lavori pubblici sarà annualmente prov­ veduto alle spese di personale e di amministrazione di cui al n. 4 dell’art. 5 della legge 20 luglio 1888, numero 5550.

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