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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.141, 14 gennaio

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GA Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno IY - Voi. VII

Domenica 14 gennaio 1877

N. 141

S U L S IS T E M A T R IB U T A R IO

UBI

COMUNI E DELLE PROVINCIE

a proposito del progetto di legge presentato dalla

Commissione parlamentare nel maggio 1876.

(C o n tin ., v e d i N. 140)

IH

Il progetto di legge presentato dalla Commissione

Nella tornata dell’ 8 luglio -1870 la Camera dei deputati votava un’ ordine del giorno col quale invitava il Ministero a nominare una Commissione perchè studiasse e presentasse un progetto di legge sulle tasse locali. Questa Commissione nominata col Decreto Reale 12 marzo 1871 (abbiamo già veduto Hi— quali illustri personaggi fosse composta) ha studiato F importantissimo argomento e cinque anni dopo, nella sua seduta del 28 maggio 1875, approvò un progetto di legge compilato dagli onorevoli Baravelli comm. Paolo, ispettore generale delle finanze, Bembo conte Pier Luigi, senatore, Boselli comm. Paolo, deputato, Guicciardini nob. Enrico, senatore, Perazzi comm. Costantino, deputato, Plébano comm. Achille, deputato, Terzi comm, Federico, deputato, B a lla - dorè cav. Cesare, segretario nel Ministero dell’ in­ terno, M arsiai cav. Giuseppe, capo sezione al Mi­ nistero dell’interno, Romeo cav. Giuseppe, segretario nel Ministero delle finanze, Trucchi cav. Gio. Batta, consigliere di Prefettura, i quattro ultimi .erano se­ gretari della Commissione, i quali assieme al Pre­ sidente di essa conte Pallieri Diodato, senatore, illustrarono il progetto con una relazione.

Affine di rendere più chiare e meglio ordinate queste note (le quali, giova ripeterlo, non hanno certo la presunzione d’esser un lavoro coihpleto) in ; questo capitolo ci limiteremo a riassumere le pro­ poste della Commissione, riservandoci nel capitolo seguente di esaminarle e fare intorno ad esse alcune considerazioni.

L’ ordine del giorno votato dalla Camera nella j

seduta dell’ 8 luglio 4870 e dal quale ebbe origine

-la Commissione era il seguente : « L a Camera in­ vita il Ministero a studiare e presentare un p r o ­ getto di legge col quale, lasciandosi a profitto esclu­ sivo dei Comuni il dazio consumo, sia provveduto contemporaneamente alla separazione dello Stato e dei Comuni rispetto al sistema tributario ed a f ser- vigi pubblici. »

Come ben si vede il mandato che la Camera dava al Ministero era chiaro ed esplicito e potevasi j riassumere in due parole che formano oggidì e for­ marono anche in passato, un grave problema eco­ nomico, quello della « separazione dei cespiti. »

Se nonché il Decreto Reale che istituiva la Com­ missione la quale doveva adempiere il voto della Camera, ne alterò sensibilmente il mandato, impe­ rocché invece di riportare la lettera o la sostanza almeno, dell’ordine del giorno 8 luglio 1870, i mi­ nistri delle finanze e dell’interno domandarono alla Commissione « di studiare le condizioni economiche dei comuni e delle provincte, di riferire intorno alla opportunità della separazione dei cespiti delle loro entrate dai cespiti delle entrate governative, e di fare le sue proposte circa il miglior ordinamento tribù torio che convenisse ai comuni ed alle provincie. »

La Camera nel suo ordine del giorno ammetteva a p r io r i « la separazione dei cespiti » ed accen­ nava anche al modo con cui conseguire questa se­ parazione « lasciando a profitto dei comuni il dazio consumo ; » — il Ministero invece mutò affatto il concetto del Parlamento ed incaricò la Commissione di riferire sulla opportunità d i questa separazione ; non parlò più del dazio consumo, e domandò invece un progetto di riordinamento del sistema tributario.

La Commissione, quantunque il Decreto Reale che la istituiva citasse l’ordine del giorno della Camera, si attenne strettamente al mandato che le conferiva' il Ministero ed assecondò le idee ed i principii che questo evidentemente professava, eliminando in sulle prime il concetto della separazione dei cespiti.

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L ’ E C O N O M I S T A 14 gennaio 1877 nella stessa sessione aveva votata la legge 11 agosto

1870, N. 5781, con cui non aveva esitato a fare un passo in senso opposto, accordando alle provincia una compartecipazione all’ imposta sui fabbricati in ragione del la per cento. Tanto è vero, esclama la Commissione, che i principii astratti, vogliono sempre conciliarsi con lo stato reale delle cose. »

Non vogliamo, nè sarebbe questo il luogo, trattare della questione della « separazione dei cespiti » ma chiaro apparirà a tutti, che la Commissione con quella scusa cerca d’ uscire pel rotto della cuffia. Fu appunto perchè nelle idee del Parlamento domi­ nava il concetto della separazione e perchè essa ve­ deva di dovere, suo malgrado, scostarsene ad ogni passo m causa delle esigenze del bilancio dello Stato; (u appunto perchè chiamato a votare ad ogni trattò leggi che calpestavano un principio tanto accarezzato, e perchè mancavagli l’ opportunità di discutere a’ fondo la grave questione, che il Parlamento votò l’ordine del giorno sopracitato, col quale intendeva apparecchiarsi a metter termine ai continui devia­ menti e rimediare al mal fatto. Onde i motivi esposti della Commissione per giustificazione non servono che a mettere in maggior rilievo come sia partita da una base falsa e zoppicante.

E chiara prova di questo nostro giudizio la ab­ biamo nelle parole che la Commissione scrive a pagina 19 della sua relazione, dove entra appunto nell argomento della separazione. « Comunque sia, essa dice, la Commissione ha esaminata la questione principalmente dal lato dell’ opportunità, e, sotto questo aspetto, fu unanime nel respingere l’ idea della separazione assoluta dei cespiti. » °

Ed accennato alla difficoltà del problema, crede facile in teoria questo principio ma difficile nell’ap­ plicazione ; crede che cedendo ai comuni il dazio consumo in cambio della sovraimposta si mettereb­ bero a carico dei soli consumatori le spese locali; i . — ritiene che nel mentre si accorderebbe troppo

grande vantaggio ai grossi comuni, si metterebbero i piccoli nell’imbarazzo, dacché esaminando i bilanci comunali trova che nei capoluoghi di provincia il dazio governativo diede 45 milioni nel 1872 e negli stessi comuni le sovraimposte sui terreni e fabbricati non si elevarono che a 19 milioni, mentre nel com­ plesso di tutti gli altri comuni il dazio consumo diede 27 milioni e la sovraimposta ne diede 58 ; — pensando impossibile che si possa cedere ai co ’ munì una delle tre imposte dirette conchiude :

« Prescindendo da questa difficoltà, sia quale si voglia il compenso da darsi ai comuni, si ceda il dazio consumo o il macinato, la ricchezza mobile o un altra tassa diretta, si crei, se pur si possa una nuova imposta locale, l’avocazione dei centesimi ad­ dizionali porterà sempre con sè un inconveniente, al quale non ci sarebbe modo di ovviare. Infatti, o lo

Stato, per rifarsi di quel che cederebbe ai comuni in cambio delle sovraimposte, dovrebbe aumentare le aliquote delle imposte sui terreni e sui fabbricati in una misura uniforme per tutti i contribuenti del Regno, e si farebbe soverchio vantaggio agli uni, danno non lieve agli altri, secondo i luoghi e se ­ condo che la sovraimposta fosse in essi maggiore o minore ; o si manterrebbero le ineguaglianze fra co­ mune e comune, e s’introdurrebbe una disparità di trattamento, non tollerabile in un’ imposta generale dello Stato.

« Ecco le ragioni, termina la relazione, per le quali la Commissione crede inopportuna la separa­ zione dei cespiti comunali dagli erariali. »

Lasciamo di rilevare come colle parole sopracitate la Commissione trovi ad un tempo inconveniente e la uguaglianza e la disparità delle aliquote d’ im ­ posta nei comuni del Regno e limitiamoci ad una sola osservazione. Le conclusioni della Commissione parrebbero dire che la separazione sarebbe ottima cosa ed utilissima, ma che oggi e colf attuale si­ stema tributario governativo, provinciale e comunale essa sembrava inopportuno ; — e le ragioni invece che adduce a suffragare questo concetto conducono alla conclusione, che questa separazione lungi dal­ l’ esse r solo inopportuna, sia impossibile. Davvero che in mezzo a queste contradizioni la parola della Commissione pare quella di uomini non convinti di ciò che dicono !

Noi abbiamo già detto di non poter qui occuparci a discuter questo gravissimo argomento il quale merita, per essere sciolto e vagliato, considerazioni di ben più grande momento e studi più seri di quelli fatti in quattro pagine della Commissione; non abbiamo però nascosto il nostro convincimento quando accennammo alle difficoltà che incontrano le amministrazioni locali nell’applicare le tasse,- noi però, (a che giova tacerlo?) professiamo altri con­ cetti, che anderemo esponendo negli ultimi capitoli di queste note, ed i quali non importerebbero nè la continuazione dell’ attuale sistema, nè la separa­ zione dei cespiti. Ora continuiamo a riassumere il lavoro della Commissione.

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M gennaio 1877 L’ E C O N O M I S T A 35 loro concesse, ed espone le ragioni che crede ab­

biano prodotto queslo l'atto deplorevole ; — con vivacità di frase 8 con citazione di esempi prova con quale e quanto disordine sieno state comprese ed applicate le disposizioni legislative che accordano le nuove lasse ; — afferma (die non è meno « de­ plorabile l’ inconveniente che si avvera per lo pro- vincié, le quali possono votare tutte le spese che vogliono senza curarsi del modo di provvedervi, avendo a loro disposizione il mare magnimi delle, sovraimposte fondiarie, dove possono attingere illi­ mitatamente senza riguardo ai comuni, sui quali hanno la precedenza ; in tal modo le leggi sanci­ scono, continua la Coulmissiorie, la più potente delle ingiustizie, che è quella di far sopportare tutte le spese della provincia ai soli proprietari di terreni e di fabbricati, che non ne profittano più degli altri. » Dopo di che la Commissione si domanda : « È egli possibile lasciar sussistere questo stato di cose? » — Non vi è modo e non è tempo ormai di porvi riparo ?

E risponde di avervi provveduto col suo progetto di legge intorno al quale « perchè meglio si possa apprezzarne l’ importanza e l’ut lità » vuole esporre i concetti fondamentali e i motivi dèlie singole di­ sposizioni.

Avverte quindi che lascierà dì occuparsi del dazio consumo e delle altre tasse minori, concentrando i suoi stu di sulle tasse dirette, rispetto alle quali « senza sconvolgere sin dallo basi il presente ordi­ namento, non troppo invaghita di sistemi stranieri, che molti vorrebbero imitare, mentre là, dove tro- vansi attuati sono giudicati difettosi e si sta modifi­ candoli, si è tenuta in campo più modesto, ma forse più proficuo, col riordinare quelle in vigore, esclu­ dendo però la tassa di licenza e la tassa sulle vet­ ture pubbliche, la quale ora fa parte della tassa sulle vetture e sui domestici. »

Ed accenna che la perdita di queste due tasse si ridurrebbe ad assai poco, imperocché fu valutato che esse non arrivano oltre ad 1,080,000 lire.

Le altre modificazioni di maggior rilievo intro­ dotte neH’ordinamento delle tasse dirette locali hanno per iscopo « di renderle meglio adatte alle disparate condizioni dei comuni i quali vennero divisi in sei classi » —- di fissare un certo rapporto nel! appli­ cazione dei massimi e dei minimi delle singole im- poste; — di graduare i limiti delle sovraimposte, infine « e questa è una delle parti essenziali del progetto » di unificare ciò che risgiiarda 1’ accerta­ mento, i reclami, i ruoli, gli sgravi, l’azione giudi­ ziaria, ecc. Si giustìfica poi la Commissione d’esser scesa a « tante minute disposizioni » avvertendo che con esse non iuteude di restringere la libertà dei comuni, ma di « mettere un po’ di regola dove presentemente è anarchia ; di sostituire l’ imperio

della legge a quello dei regolamenti, norme fisse e costanti a quelle incerte e varie delle deputazioni provinciali, del Consiglio di Stato e del Governo. » Col suo progetto, riguardo alle provincie, la Cum- misoione porterebbe « un’ ardita innovazione » to­ gliendo alle stesse la sovraimposta e provvedendo alle loro speso « con quote di concorso per parte dei comuni, simili ai rattizi che più di una volta si è tentato d’introdurre nell’ordinamento dei tributi locali, ma finora invano. »

E riassumendosi la Commissione conclude col seguente perìodo che riportiamo per intiero :

« Che l’ordinamento ilei tributi locali è effettiva­ mente difettoso, ma non per cagione della promi­ scuità dei cespiti, sihbene per I’ imperfezione delle leggi e per gli abusi cui esse aprono l’ adito; che pertanto non è rimedio al male la separazione dei cespiti, i vantaggi della quale sono problematici, mentre in ogni modo sarebbe, allo stato presente delle cose, inattuabile e inopportuna ; e d ie è da rivolgere ogni cura alla riforma dello tasse e al loro ordinamento in guisa da raggiungere il doppio scopo di una maggior produttività, specialmente delle di­ rette, e di una maggior giustizia nella ripartizione.

« A questi concetti si è ispirata la sottocommis­ sione; e qualora venissero accolte le sue proposte, i comuni e le provincie dovrebbero supplire alle loro spese con le seguenti entrate :

« I comuni

« 1° con le rendite.patrimoniali ;

« 0 « coi diritti di pedaggio ed altre tasse speciali

e temporanee ;

« 5° coi dazi di consumo comunali e coi centesimi

addizionali ai dazi governativi ;

« 1° con le tasse e i diritti indicati ai numeri 2* e 3° dell’arf. 118 della legge comunale;

« 5° con la tassa sulle fotografie ;

« 6° » sulle pigioni ;

« 7U » di famiglia ;

« 8° » sul bestiame ;

« 9° » sugli esercizi e sulle rivendite;

« 10° » sulle insegne ;

« i r » sulle vetture private ;

« 1-2° » sui domestici ;

« 13" >> sui cani ;

« l i " » con le sovraimposte sui terreni e

fabbricati ;

« Le provincie

« 1« con le rendite patrimoniali ; « 2» coi diritti di pedaggio ;

« 3° con le quote di concorso a carico dei

co-muni. »

Vediamo ora in qual modo abbia la Commissione applicati questi concetti nel suo progetto di legge.

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L ’ E C O N O M I S T A I l gennaio 1877 36

pjimo (ratta delle tasse dirette comunali e si divide in undici capi, dei quali i primi otto trattano rispet­ tivamente della tassa sulle pigioni, di famiglia, sul bestiame, sugli esercizi e rivendite, sulle insegne, sulle vetture, sui domestici, sui cani; il nono diviso in undici sezioni si occupa della competenza e della procedura ; — il decimo delle sovrimposte comu­ nali, il decimoprimo di alcune disposizioni generali. Il secondo titolo contempla le quote di concorso delle provincie.

Per la tassa sulle pigioni ;

La Commissiane ha divisi i comuni in 6 classi : la I* comprende i comuni che hanno una popola­ zione eccedente i 100,000 abitanti, la 2® da SO,001 a 100,000 la 5* da 25,001 a 50,000, la 4® da 10,001 a 25,000, la 5 d da 2,001 a 10,000, la 6® inferiore a 2 ,0 0 f (art. 77).

Questa divisione serve alla Commissione anche per l’applicazione delle tasse di famiglia, di esercizio, o rivendita, sulle insegne, sulle vetture private (ar­ ticoli 11, 26, 36 e 41). — Nel mentre la legge oggi in vigore per la tassa sulle pigioni non accenna ad alcun limite, il progetto di legge determina che « la tassa sia proporzionale alla pigione imponibile e non possa eccedere il quattro nè essere minore al due per cento » (art. 6).

In tal modo là Commissione tolse la facoltà ai comuni di imporre tale contribuzione in ragione progressiva non parendole conveniente « di lasciare in balìa dei comuni l’appigliarsi all’ uno od all’altro sistema, sì perchè ciò sarebbe stato in opposizione al concetto che informa il disegno di legge, sì per­ chè in cosa di tinto momento è bene che il legi­ slatore esprima nettamente la propria opinione e di­ sponga in conformità della stessa. » E la Commis­ sione dovendo scegliere, fra la progressività e la proporzionalità della tassa « non esitò a dare la preferenza a quest’ ultima ; in primo luogo perchè risulta dalle statistiche ufficiali che la maggior parte dei comuni che si sono valsi fin qui della tassa sul valor locativo, I’ anno applicata in ragione propor­ zionale; — in secondo luogo, perchè, una volta ammessa la progressività per la tassa sulle pigioni, sarebbesi necessariamente dovuto estenderla anche a quelle, parimente indiziarie sulle vetture e sui do­ mestici, novità questa alla quale, stando alla espe­ rienza fatta, non sarebbe disposto il paese. »

Per non lasciare ai comuni piena libertà sul li­ mite della esenzione da questa tassa il che sarebbe stato « cosa improvvida in doppio senso, giacché essi avrebbero potuto abusarne, o per alzare il mi­ nimo imponibile e render la tassa infruttuosa ed illusoria, o scender troppo basso e cogliere una classe di popolazione che è ingiusto e anche politi­ camente pericoloso di colpire, » la Commissione fissò che sieno esenti dalla tassa sulle pigioni le abita­

zioni il cui valore locativo non eccede nei comuni di 1® classe L. 200, di 2® L. 170, di 3" L. 110, di 4® L. HO, di 5® L. 80, di 6® L. 50 (art. 8). In quanto ai locali per l’uso a cui servono, mante­ nendo le esenzioni già indicate nella legge 31 gen­ naio 1867, N. 3524, la Commissione non eccepisce le costruzioni rurali destinate esclusivamente all’abi­ tazione dei coltivatori non solo quelle destinate al ricovero del bestiame; (art. 9) indotta a ciò « onde non possa andare diminuito il provento della tassa massime nei comuni rurali; per dare all’imposta la sua naturale elasticità, e togliere un privilegio che non è da alcuna ragione giustificato.

Intorno alla tassa d i fam iglia la Commissione comincia spiegando cosa intenda per famiglia cioè : « il marito, la moglie e figli insieme conviventi ; gli individui non compresi nella famiglia si consi­ derano come altrettante famiglie distinte « (art. 10). Vedremo nel capitolo seguente a quante considera­ zioni dia luogo questa disposizione.

. Fissa poi il massimo della tassa secondo la classe del comune cioè di L. 300 per la 1® classe, di L. 200 per la 2®, di L. 150 per la 3®, di L. 100 per la 4®, di L. 50 per la 5®, di L. 20 per la 6®; ed il minimo in tutti i comuni di L. 3, (art. 12). Dispone che le famiglie sieno divise in categorie ed anche delle categorie fìssa il numero secondo la classe a cui appartengono i comuni; a quelli di 1® categoria da 30 a 15 categorie, di 2® da 25 a 15, di 3® da 20 a 10, di 4® da 15 a 10, di 5® da IO a 5, di 6® da 5 a 3, (art. 13). Vuole : che « sieno assegnati alla prima categoria il massimo della tassa e all’ ultima il minimo, corrispondente alla classe cui appartiene il comune ; » — che « le quote delle categorie intermedie sieno collegate con le quote della prima e dell’ ultima categoria, e fis­ sate gradatamente per modo che la differenza tra ciascuna quota e quella immediatamente successiva sieno approssimativamente uguali » (art. 14) — che le famiglie « sieno ascritte alle diverse categorie secondo la respettiva loro agiatezza » (art. 15) ; — che sieno esenti le famiglie povere (art. 16) — e che il capo di famiglia inscritto sui ruoli sia coi singoli membri che la compongono tenuto in solido al pagamento della tassa (art. 17).

k

quest’ ultima disposizione la Commissione si condusse « per l’uti­ lità dei contribuenti e quello della finanza muni­ cipale. »

Nella sua relazione la Commissione discute a luneo intorno a due punti che risguardano questa tassa, quella cioè della residenza o del domicilio della fa­ miglia e quello della definizione della famiglia; im­ portanti questioni che cercheremo di sviluppare in seguito.

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•l i gennaio 1877 L’ E C O N O M I S T A 57 sulle bestie da tiro, da sella e da soma, di cui l'ar­

ticolo 118 della legge 20 marzo 1865 ed estende quella sul bestiame, la quale colpisce quelli che posseggono cavalli, muli, asini, animali bovini, pe­ corini, suini (art. 18); il progetto, senza dividere i Comuni in classi anche per questa tassa, impone però dei massimi e dei minimi assai larghi e sono: per ogni cavallo di lusso o di comodo privato da lire 20 a lire 60; per ogni cavallo in mandria da 4 a 10; per ogni altro cavallo da 5 a 15; per ogni mulo da 5 ad 8; per ogni toro, bue o bufalo da 2 a 6; per ogni asino o giovenco da 1 50 a 5, per ogni maiale da 1 a 5, per ogni pecora o capra da 0 20 a 0 80, ed ogni Comune dovrà fissare le tasse tra questi limiti in modo decrescente secondo l'or­ dine esposto (art. 19); nessuna specie di animale dei suaccennati può essere, eccepita (art. 10); i pa­ stori pagheranno per le loro greggie mensilmente e si riterrà come un mese la permanenza maggiore di 15 giorni (art. 21); la tassa avendo per base le denunzie eccepirebbe ì cavalli fino a due anni, gli asini e muli fino ad un anuo, le altre bestie fino a sei mesi (articoli 22 e 23).

Poche parole aggiunge la Commissione nella sua relazione per spiegare i provvedimenti fissati dal progetto su questa tassa, riporteremo solo le seguenti sulle quali ci soffermeremo più innanzi:« Parrà ad alcuno che la tariffa stabilita nell’articolo 19 sia troppo elevata in confronto a quella portata dai re­ golamenti di varie provinole. Giova però por mente che in generale i municipi! non ci provarono fino ad ora di ricavare gran frutto dalle tasse speciali ad essi accordate, e che a certe provincie ove la tassa sul bestiame è molto tenue altre ve ne sono in cui le tariffe non la cedono punto a quella da noi proposta, la quale ha poi il merito di deter­ minare per ógni categoria di bestiame un massimo e un minimo; il che permette a ciascun Comune di accrescere o diminuire la tassa secondo le condi­ zioni speciali, senza però mai poter discendere a tale segno da renderla illusoria. »

Intorno alla tassa sugli esercizi e sulle rivendite la Commissione proponendosi di « rispettare le mas­ sime fondamentali che per la sua applicazione furono dettate dal regolamento 21 dicembre 1870, volle trar profitto dell’esperienza e risolvere la questione che durante questo tempo vennero sollevate intorno alla interpretazione di quel regolamento; cominciò pertanto ad includere esplicitamente nei contribuenti questa tassa anche i professionisti un’arte liberale e perciò, avvocati, medici, preti, eec., disponendo che la tassa sia pagata « da chiunque eserciti nel Comune una professione, un’arte, un commercio od un’ industria, e chiunque rivenda merci di qualsi­ voglia specie » (art. 25) divise per questa imposta 1 Comuni nelle sei classi già sopra riportate e fissò

i massimi seguenti: per la 111 classe lire 300, per la 2 a lire 200, per la 5 “ lire 150, per la 4* lire 100, per la 5 a lire 50, per la 6 a lire 20 ed il mi­ nimo per tutti i Comuni lire 3 (articoli 26 e 27) ; volle pure prescritto il numero delle categorie sta­ bilendo anche per questo un massimo ed un mi­ nimo, sì che non potesse essere, rispettivamente per ognuna delle sei classi, nei limiti: da 30 a 15, da 25 a 12, da 20 a 40, da 15 a 8, ila 10 a 5, da 5 a 3 (art. 28). Nulla rinnovò da quanto determina il regolamento 24 dicembre 1870 per desumere la importanza dell’esercizio, cioè: dal numero e dalla pigione dei locali, dal numero delle persone addette ad essi, dalla natura e qualità dell’esercizio e della rivendita, dal reddito di ricchezza mobile. Però la Commissione comprese di non far bene mantenendo queste disposizioni, ma decisa a limitare il più pos­ sibile i suoi studii e le sue ricerche, credè giusti­ ficarsene dicendo che « senza avere inteso con ciò di riconoscere che i criterii fissati dalla legge odierna sieno i soli adatti ed indispensabili per determinare la importanza di cui si tratta * ha riconosciuto « che in pratica fecero buona prova » ed ha temuto che mutando questi criterii « si corresse il pericolo di dar luogo a non prevedibili questioni. » Però, ope­ rando così, non rinnegò la Commissione il proprio mandato ?

In quanto alla tassa sulle insegne il progetto di legge porta delle « gravi innovazioni. » Abbandonò, e giustamente, il criterio di tassare le insegne un tanto per lettera, e quello di tassarle a seconda della importanza dell’esercizio per evitare.nel primo caso « la progressività della tassa, » nel secondo « una duplicazione di quella di esercizio e di rivendita. » Non accettò infine che le insegne fossero tassabili solo quando esposte esternamente in luogo pubblico, ma stabilì che bastasse fossero « esposte al pubblico. » Tenne divisi anche per questa imposta i Comuni nelle sei classi (art. 36); volle divise le insegne in categorie desunte « dalla località e situazione in cui sono esposte, dalla dimensione, dalla quantità delle parole, e da tutto ciò che serve a meglio attrarre T attenzione del pubblico » (art. 40) ; quelle catego­ rie volle che sieno da 40 a 5 per i Comuni di prima classe, da 8 a 5 per quelli di seconda, da 6 a 3 per quelli di terza, da 5 a 3 per quelli di quarta, da 2 a 4 e da 2 a 3 per quelli rispettiva­ mente di quinta e sesta classe (art. 38). Un curioso fatto notiamo in questa tassa.

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38 L’ E C O N O M I S T A 14 gennaio 1877 in sostanza, più insegne relative ad un solo eserci­

zio rappresentano un’ insegna sola, riprodotta in più luoghi, che prevalendo la sentenza opposta, la tassa diventerebbe in certi casi esorbitante, che infine alcuni dei negozi i quali ora l'anno sfoggio di belle e numerose insegne, quando sapessero ohe a cia­ scuna di queste dovesse corrispondere una tassa di­ stinta le leverebbero o ridurrebbero ad una soltanto, senza utile alla finanza municipale, e con ¡scapito della bellezza e del lustro della città.... considerando tutte queste giuste riflessioni, diciamo la Commis­ sione è venuta ad una conclusione affatto opposta a quella che pareva dovesse giungere, e ciò solo perchè « una risoluzione in tal senso sarebbe stata in disaccordo con l'idea fondamentale della tassa di colpire cioè l’ insegne senza riguardo agli eser­ cizi. » Evidentemente, o le ragioni che la relazione espone contro la propria conclusione sono buone, (e pare di si, perchè non ne vediamo opposta al- cun’altra) o l’ idea fondamentele della tassa quale la stabilì la Commissione è sbagliata !

Il progetto di legge presentato dalla Commisssione propone una « notevole amputazione anche sulla tassa vetture restringendola alle sole vetture private e perciò escludendo affatto quelle pubbliche. Quan­ tunque la relazione premessa al progetto di legge non sviluppi certo le gravi questioni che possono aver determinata la Commissione a questa am puta­ zione della tassa, non sarà fuor di luogo accennare alle giuste riflessioni che vengono esposte in quella relazione, dispensandoci così dal ritornare sull’argo­ mento. « La tassa sulle vetture private, dice la Coni missione, è d’indole suntuaria; colpisce il lusso come sintomo di ricchezza, e può avere quella giu­ stificazione che si adduce per simili tasse, cioè di servire come correttivo, alle imposte proporzionali sul reddito, e ai dazi di consumo che pesano vie più sui mero abbienti. La tassa sulle vetture pub bliche invece è di esercizio, se si ha riguardo, al solo l'atto di tenere la vettura; colpisce il reddito se viene ragguagliata ai numero dei posti, alla per­ correnza e all’importanza del traffico, come appunto preferirono le vigenti disposizioni. Essa sarebbe ad ! ogni caso una vera duplicazione della tassa sugli I esercizii e sulle rivendite se venissero dai Comuni applicate simultaneamente entrambe; sola, diverrebbe una tassa speciale che non avrebbe alcuna ragione d’essere, secondo i principii di giustizia distributiva. Del resto, se difficoltà non lievi presentò questa tassa allorché era stabilita a favore dello Stato e sollevò così forti reclami e così vive proteste degli esercenti, che la questione fu portata anche alle aule parlamentari, ben più gravi inconvenienti in­ contra nella sua applicazione, ora che è divenuta comunale, specialmente per le vetture che fanno un esercirio da un Comune all’ altro e per le

barche destinate al piccolo cabotaggio. La tassa dev’essere pagata al Comune d’onde partano o in quello a cui si dirigono, o nell’uno e nell’altro, e di più in tutti i Comuni intermedi ove si fermano? Quante contestazioni ; non facili a risolversi, tra con­ tribuenti e Comuni per la imponibilità, tra Comuni e Comuni, per la competenza a riscuotere la tassa! » Noi veramente crediamo che queste ultime questioni sollevate dalla Commissione sieno tutt’altro che inso­ lubili, e con un buon regolamento si possa facil­ mente provvedere a tutti i quesiti di competenza; ciò che troviamo incontestabilmente giusto si è che la tassa sulle vetture è senza eccezione di sorta un duplicato sulla tassa sugli esercizi e rivendite; non si possono tassare le vetture pubbliche che sono gli slromenti dell’esercizio se si è già tassato l’esercizio il quale senza le vetture non esisterebbe.

Questo concetto è assai più chiaro e logico, nè ci sembra si possa combatte'lo.

Però ci domandiamo: questo stesso concetto non corse nella mente della Commissione quando trattò della tassa sul bestiame nella quale comprese anche i cavalli per quanto a certi esercenti servano allo stesso uso delle vetture? E sotto un altro punto di vista, questo stesso criterio non venne in mente alla Commissione quando la tolse sulle fotografie e la man­ tenne sulle fotografie smerciate dietro privata com­ missione? Se dalla tassa sulle vetture esentansi quelli che fanno esercizio di vetture pubbliche perchè pa­ gano la tassa sugli esercizi, perchè non si esente­ ranno per la stessa ragione, e dietro lo stesso criterio anche dalla tassa sui cavalli che trascinano quelle vetture ? Perchè non si esenteranno le fotografie per commissione privata che costituiscono il prodotto dell’esercizio?

A noi pare esista tra questi diversi criterii della Commissione uuj evidente contradizione; non è però nostro compito ora sviluppare questo punto del quale forse avremo occasione di occuparci in seguito ci basti ora aver notato come tutt’altro che profon­ damente abbia la Commissione esaminate queste importanti questioni.

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11 gennaio 1877 L’ E C O N O M I S T A comodità dei veicoli ed ogni segno di lusso, non

però la quantità delle ruote, delle molle, dei cavalli, o dei remi (art. 48); la facoltà di raddoppiare la tassa sui veicoli fregiati di stemmi o di emblemi gentilizi vien resa obbligatoria (art. 49).

Nel discutere della tassa sui domestici la Com­ missione dice di essersi trovata di fronte ad « seria disputa » se cioè doveva questa imposta essere pro­ porzionale o progressiva; crede che « se vi è un» tassa in cui la progressività potrebbe avere una qual­ che giustificazione è quella sulle pigioni ; e non per­ tanto anche di là si volle bandita e non si ammise neppure l’alternativa della scelta fra la tassa pro­ porzionale e la progressiva, che il decreto legisla­ tivo del 28 giugno 1866 lascia ai Comuni; tanto meno adunque si poteva introdurre questo principio per la tassa sui domestici « quantunque la Commis­ sione abbia trovata accettata la progressività anche nella legislazione straniera, come in Olanda ed in Prussia. E passando dal particolare al generale la Commissione si scaglia con brevi parole contro la progressività che desterà sempre ripugnanza in co­ loro che hanno a cuore d i mantenere nel reparto dei pubblici carichi non solo Xequità intrinseca, ma eziandio V evidenza dell'equità. Ora l’ imposta pro­ sta progressiva anche se (continua la Commissione), date certe condizioni del sistema tributario, può in astratto sembrare a taluno giusta in sè, all’atto pra­ tico non potrà mai esser tale, perocché la scala della progressione dipende sempre dall’arbitrio. » Molto si potrebbe soggiungere a questo reciso giudizio della Commissione sapendo come la questione delia pro­ gressività, almeno di talune tasse, sia stata sostenuta da molti valenti economisti e da celebri uomini di Stato e sia stata pure con successo applicata in non pochi paesi, ma noi, a differenza della Commissione, stimando che le questioni, non ancora solute, e spe­ cialmente le grandi questioni economiche, debbano essere discusse con profondità di concetti e non già con recisi giudizi, soprattutto allorché si esprimono da chi è chiamato all’opera importantissima e gra­ vissima della legislazione, noi lasceremo di entrare in un argomento serio che ci condurrebbe troppo lontano del nostro compito.

Poche innovazioni delle leggi esistenti porta la Commissione nel suo progetto di legge alla tassa sui domestici. Vi dichiara soggetto chiunque tiene nel Comune persone di servizio a propria disposi­ zione quand’anche non somministri loro l’alloggio ed il vitto (art. S7); e così da una parte evita l’ incer­ tezza che si era manifestata colla dizione della legge H agosto 1870, se cioè colla parola dove si ha la residenza si intendesse parlare della residenza del servo o quella del padrone, dall’altra non ripete l’errore sanzionato dalla citata legge e causa di tanti ~j abusi e reclami, che cioè fossero esclusi quei do- |

39 mestici che servono a più persone non conviventi nello stesso alloggio. Questo secondo dubbio la Com­ missione però crede scioglierlo col silenzio ed a nostro parere, mal si oppone, imperocché è bene che in materia di imposte lo leggi sieno chiare ed esplicite sopratutto quando intendono correggere i difetti di una legge antecedente. La tassa viene fis­ sata dal progetto in un massimo di lire 12 ed un minimo di L. 6 per ogni uomo, un massimo di L. 5 ed un minimo di L. 2 per ogni donna ; e fedele al principio accennato già dall’articolo 49, che abbiamo veduto a proposito della tassa sulle vetture private, obbliga la tassa raddoppiata sui domestici che in­ dossino livrea (art. 54). Esenta dalla tassa per i commessi, fattorini, operai, giornalieri salariati che prestino i loro servizi in lavori agricoli, industriali 0 commerciali, ecc., e per le persone di servizio che non abbiano raggiunta l’età di anni 15 (art. 57). Rende obbligatorie le denuncie (art. 55) e crede sciogliere la questione delle persone di servizio p a ­ renti dei padroni tacendo nel progetto di legge, ma ritenendole contemplate nella relazione.

In quanto alla tassa sui cani (si conforti il let­ tore pensando che è l’ultima delle otto) la Commis­ sione ha trovato, malgrado la sua professione di fede sulle imitazioni dell’estero, di trapiantare tra noi quelli stessi criterii che, intorno a questa imposta, vigono in Francia per la legge 2 maggio 1855 ed 1 decreti imperiali 4 agosto dello stesso anno e 9 gennaio 1856.

Convinta la Commissione che colla tassa sui cani si tenda « ad aumentare la pubblica entrata. » e che solo « si voglia dire « che essa diminuisce il numero dei casi di idrofobia, od abbassa il prezzo delle sus­ sistenze mediante la riduzione della cifra dei con­ sumatori, ebbe di mira perciò di organizzarla sol­ tanto come tributo.

« Per gli inconvenienti insuperabili col sistema delle tasse fisse » ripudiò di adottarlo per questa imposta ; « per non scostarsi troppo dal metodo se­ guito per tutte le altre tasse del progetto » abban­ donò il sistema di assegnare alla tassa un massimo ed un minimo, con facoltà ai Comuni di ripartirla fra due limiti nel modo e secondo i criteri che a ciascun di essi paressero migliori, ed accettò di ri­ produrre quanto è stabilito in Francia che cioè : anche i cani dovessero essere distinti in due cate­ gorie, quella dei cani da caccia e da lusso alla prima, quelli da guardia ed in generale tutti gli altri alla seconda (art. 59). Fu in dubbio la Commissione se questo « due grandi categorie dovessero ancora ve­ nire suddivise in altre minori; il che non sarebbe forse tornato difficile, qualora si fosse giudicato con­ veniente » ma le parve di non seguire questa idea per non rendere troppo complicata la tassa.

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40 L’ E C O N O M I S T A 14 gennaio 1877 ed il minimo di lire 5, propone per la prima classe

che la tassa non possa essere maggiore di lire 12 nè minore di lire 6 e per la seconda da lire 5 a lire 1 (art. 6 0 ); che nel dubbio a quale categoria appartenga il cane sia ascritto alla prima (art. 61); rese obbligatorie le denunzie (art. 62) ; infine, a differenza della legge 20 marzo 1865, la quale esen­ tava i cani esclusivamente addetti alla custodia de­ gli edifici rurali e delle greggie, i cani lattanti e quelli che servono di guida ai ciechi, non tenne esenti che i cani latitanti (art. 65).

Abbiamo cosi terminato Pesame del capo V ili del progetto di legge ed ora passiamo a riassumere ¡1 capo IX che tratta: « Della competenza e della pro­ cedura. » In questa materia la Commissione trovò essere vigente il disordine massimo ed è facile con­ venire con essa quando si legga come opportuna­ mente essa descrive lo stato attuale di questa parte pure importante del sistema tributario.

« Qua è la Giunta municipale investita della fun­ zione di giudice in causa propria ; là, più savia­ mente, s’ istituiscono apposite Commissioni, ma ora si ammette un solo stadio di giudizio, ora si accorda l’appello e talvolta anche una terza istanza; e sul­ l'appello in qualche luogo pronunzia il Consiglio comunale, altrove la Deputazione provinciale. Ed è anco avvenuto che si è ammesso il ricorso al Re contro le deliberazioni della Deputazione provinciale, facendosi una strana confusione tra le attribuzioni tutorie della medesima e quelle speciali di Commis­ sione giudicante. Varii i termini poi ricorsi, diversa la misura delle pene pecuniarie per le ommesse o infedeli denunzie, difformi le disposizioni relative alla cessazione delle condizioni d’ imponibilità e tante altre anomalie che troppo lungo sarebbe enumerare. »

La Commissione si è . proposta pertanto « di coor­ dinare fra loro le tasse locali per modo da offrire quell'armonia nei criterii e quella unità di concetto che erano compatibili con lo varietà della materia tassabile e con la gran diversità delle condizioni da Comune a Comune. »

Perciò la Commissione ebbe di mira tre scopi : primo, di semplificare le forntalità e i procedimenti in guisa che non tornino di troppo incomodo ai con­ tribuenti, nè di soverchio ritardo nella determina­ zione della base imponibile; secondo, di garantire l’erario contro la frode dei contribuenti; terzo di tutelare, a loro volta, i contribuenti contro gli errori e le eccessive esigenze fiscali.

Esaminiamo ora brevemente e solo nelle parti principali il modo con cui la Commissione pensò di esaurire al triplice scopo che si era prefissa.

Essa comincia determinando che il Consiglio de­ liberi della imposizione di una tassa nella sola ses­ sione di autunno, ed allora fissi pure le basi prin­ cipali della tasra stessa, come numero di categorie,

massimo e minimo, e modo di accertamento, quando la legge non stabilisca già le denuncie; nella stessa sessione il Consiglio nomina una Commissione ias- satrice che dura in carica un anno e non ha nu­ mero di membri determinati, ma deve essere com­ posta di membri amministrativi del Comune, essendo ineleggibili i membri della Giunta, quelli delle Com­ missioni comunali e consorziali, instituite per l’ im­ posta sui redditi di ricchezza mobile ed i pretori e potendo non accettare l’ incarico, senatori, deputati e coloro che fecero parte a tale Commissione per tre anni consecutivi (articoli 66, 67 e 68). Coloro che rifiutano tale incarico sono multati da 5 a 50 lire (art. 112); ed i mancanti alle adunanze che andassero deserte da 1 a 20 lire (art. 113). La Giunta municipale formula la matricola dei con­ tribuenti di ciascuna tassa, o dietro delle denuncie ricevute o dietro i proprii criterii, secondo le osser­ vazioni che stimasse opportune ; questa matricola deve essere compilata in quaranta giorni e subito compiuta esposta per 10 giorni (articoli 77 e 78).

Qui comincierebbe il còmpito della Commissione tassatriee, la quale esamina i reclami dei con­ tribuenti contro la matricola, reclami che le ven­ gono rimessi dalla Giunta (art 79; entro 10 giorni successivi alla pubblicazione colle proprie osserva­ zioni (ari. 80). La Commissione per decidere sui reclami può chiedere notizie ai pubblici uffici ed ai Corpi morali, udire il contribuente o chi lo rappre­ senta, visitare le abitazioni, le stalle, i fondi rustici, gli esercizi, eoe. (art. 81); indi compiuta la matri­ cola (art. 84) la rinvia alla Giunta, la quale prov­ vede ad una nuova pubblicazione (art. 85). Tanto la Giunta che i contribuenti possono ricorrere con­ tro le deliberazioni della Commissione tassatriee, alla Commissione comunale o consorziale istituita per l’applicazione dell’ imposta sui redditi della ric­ chezza mobile (art. 86).

La Commissione comunale o consorziale ha le stesse facoltà di quella tassatriee, ma non può giu­ dicare più di ciò che siasi domandato (art. 88); infine quando trattisi di violazione o .ulla applica­ zione della legge possono ricorrere entro 20 giorni, contro la Commissione comunale e consorziale tanto la Giunta che i contribuenti alla Commissione cen­ trale istituita per la imposta della ricchezza mobile (art. 90).

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pub-LJ E C O N O M I S T A i l l i srennaio 1877O

blicare il ruolo definitivo deve la Giunta notificare della tassa ciascun contribuente (articolo 89) e se alcuno non venga notiziato, entro novanta giorni può ricorrere al Sindaco che, so il reclamo è fondato, ordina lo sgravo della tassa e provvede alla notifi- j cazione (art. 97). Spetta pure al sindaco provvedere allo sgravo per gli errori materiali accaduti (art. 98). L’azione giudiziaria in materia di tasse dirette co­ munali deve esser proposta davanti al pretore nella cui giurisdizione è l’ufficio comunale, non può però il pretore pronunziare in questioni riguardanti l’iscri­ zione dei contribuenti alle diverse categorie (art. 100 e 102). Fino a tre anni corre il tempo utile per comprendere i contribuenti omessi ne’ruoli suppletivi pei quali dovranno essere osservate le stesse norme che pei ruoli principali (art. 105, 106, e 107).

In quanto alle pene il progetto contempla: una sovrattassa eguale alla metà della tassa dovuta a chi non faccia nel termine prefisso la denuncia però « coloro che facciano la denunzia inesatta per modo che la tassa, ove fosse liquidata in base alla mede­ sima risulterebbe inferiore ai tre quarti di quella dovuta, incorrono in una soprattassa eguale alla metà della differenza tra le due tasse » (!) (art. 108); e se il contribuente ripara alla omissione facendo la denunzia entro veuti giorni dal tempo prescritto, ed abbia accettato entro venti giorni la iscrizione d’ufficio, o l’aumento della Commissione tassatrice, avrà la sovraitassa ridotta a metà. (Art. 109). Di queste sovrattasse vi saranno appositi ruoli contro i quali il contribuente colpito può ricorrere in via giudiziaria (art. 110 e 111).

I ruoli possono non essere rinnovati che solo ad ogni 5 anni, durante il quinquennio ogni anno le operazioni di revisione possono essere ristrette alle sole variazioni avvevute sulle persone dei contri­ buenti e nell’ imponibile (art. 120) in apposita ap- j pendice (art. 122); quando sono prescritte le de­ nunce se il contribuente non le fa entro il termine prescritto si intenderà che abbia accettato l’accerta­ mento dell’anno antecedente, salvo che ricorra entro 90 giorni alla Commissione tassatrice (art. 121). Decorsi 5 anni e ad ogni quinquennio sarà rinno­ vata la matricola (art. 123).

Queste sono le principali disposizioni che con­ templa il progetto di legge in quanto alle otto im­ poste dirette comunali dalla Commissione man­ tenute.

II capo X tratta delle sovraimposte sui terreni e fabbricati ed esso comprende delle notevoli modifica­ zioni alle leggi attuali: limita al 60 per cento del principale la facoltà di sovrimporre quando non sieno applicati i dazi comunali, ed una delle tre tasse sulle pigioni, di famiglia o sul bestiame (art. 121) ed al 100 per cento quando non si valgono i Co­ muni, dei dazi comunali e dei centesimi addizionali

al dazio governativo, della tassa sulle pigioni o di quella di famiglia, e della tassa sugli esercizi e sulle rivendite o di quella sulle insegne; delle tasse sul bestiame, sulle vetture private, sui domestici e sui cani (art. 125); — lascia facoltà alla deputazione provinciale di modificare il bilancio comunale, quando le sia domandato di sovraimporre oltre il 100 per cento sul principale, « riducendo l’ammontare delle spese obbligatorie che stimasse eccessive, e soppri­ mendo anche totalmente le spese facoltative; tale facoltà le viene pure lasciata anche per l’eccedenza del 60 per cento sul principale quando siavi re­ clamo per parte di contribuenti che paghino insieme il ventesimo dei tributi fondiari (art. 126).

I Comuni possono ricorrere al Governo del Re contro le decisioni delle deputazioni provinciali (ar­ ticolo 127); ed i Prefetti possono inviare sul luogo commissari a spese dei Comuni e colle facoltà ed incarichi deferiti al consiglio comunale ed alla Giunta ed al Sindaco per attivare d’ufficio le tasse che si rendessero obbligatorie coll’eccedenza della sovraim- posta (art. 130).

Finalmente il capo XI dispone che il ministro dell’ interno possa autorizzare, sulla domanda dei consigli comunali e dietro avviso favorevole della deputazione provinciale, i Comuni a oltrepassare il limite massimo di ciascuna delle 8 tasse dirette co­ munali.

Arriviamo così al titolo II che consta di 7 articoli nei quali è contenuta « l’ardita innovazione » della Commissione cioè la sopressione della sovraimposta provinciale e la istituzione delle quote di concorso a favore delle Provincie.

II lettore ci permetta di trascrivere per intero questi articoli.

Art. 133. È tolta alle Provincie la facoltà di so- vraimporre centesimi addizionali ai tributi fondiari. Le provincie, in caso d’ insufficenza delle rendite patrimoniali, potranno provvedere alle loro spese mediante quote di concoso a carico dei Comuni.

Art. 134. Le quote di concorso verranno stabilite in proporzione alle entrate comunali ordinarie ri­ sultanti dal conto consecutivo dell’ anno precedente, esclnse tanto le partite di giro quanto le somme corrispondènti agli interessi e all’estinzione dei debiti.

Ove il detto conto non sia ancora approvato, tali entrate si desumeranno dall’ultimo bilancio preven­ tivo divenuto esecutorio; nel qual caso avranno poi luogo i dovuti compensi secondo le risultanze del conto medesimo, quando sarà approvato.

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42

I Comuni che si crederanno gravati potranno ri- 1

correre al ministro dell’ interno. Questi ricorsi non avranno effetto sospensivo.

Art. 136. I Comuni, semprechè siano in numero non inferiore a dieci o al decimo dei Comuni della Provincia, o insieme paghino non meno del vente­ simo delle quote di concorso potranno reclamare al Prefetto contro le deliberazioni del consiglio provin­ ciali riguardanti spese facoltative, o anche spese ob­ bligatorie che vincolino i bilanci provinciali per più di cinque esercizi. Il Prefetto provvederà; sentito il consiglio di prefettura. Contro le decisioni del Pre­ fetto, è ammesso il ricorso al ministro dell’ interno. I ricorsi non avranno effetto sospensivo per lo stan­ ziamento delle spese, ma soltanto per la loro ese­ cuzione.

Art. 137. Il Prefetto ripartirà le quote di concorso in sei rate, e ne fisserà le scadenze in modo che corrispondano a quelle della sovraimposta fondiaria o delle tasse dirette comunali. Il pagamento nè do­ vrà esser fatto a preferenza col prodotto delle dette sovraimposte e tasse dirette.

Art. 138. Ove il pagamento abbia luogo con le sovraimposte o con le tasse dirette, nel decreto del prefetto, che rende esecutori i ruoli relativi, sarà indicato l’ammontare di ciascuna rata, che dovrà es­ sere versata direttamente dagli esattori nella cassa provinciale. Nel caso che si debba provvedere al pagamento con altre entrate comunali, il Prefetto, alla scadenza di ciascuna rata, spedirà gli occorrenti mandati sul cassiere comunale in capo al cassiere provinciale.

Art. 139. Per la riscossione delle somme che gli esattori o i cassieri comunali debbono versare a termini dell’articolo precedente, la provincia rimane surrogata in tutti i diritti spettanti al comune verso gli esattori e cassieri stessi.

Rimettiamo all’altro capitolo le nostre osservazioni sopra questo progetto di legge.

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

L a vita e le opere d i L . Wolowski per E. Levas-

s e u k — Journal des Economistes. — Dicem­

bre, 1876.

Sotto questo titolo il Journal des Economistes del dicembre ultimo passato contiene un discorso di aper­ tura al corso di economia politica e di legislazione industriale al conservatorio delle arti e mestieri del signor E. Levasseur, membro dell’istituto.

Regnante Luigi Filippo, Cunin-Gridaine in allora ministro ed uno dei principali manifatturieri di Francia, creò quella cattedra, alla quale nel 1839

14 gennaio 1877 venne chiamato il Wolowski, in età a quell'epoca di 29 anni. Se si considerano gli ostacoli, che s’in­ contrano sempre per via, si deve concludere che il Wolowski nato in terra straniera, rovinato da una rivoluzione, proscritto dal suo paese natale e isolato in Francia dovette a qualità veramente singolari il suo rapido successo. È per ciò che la sua vita, dice il Levasseur, merita di essere rammentata.

Egli era nato a Varsavia il 31 agosto 1810 ed era cresciuto in mezzo alle idee che la Francia avea portatè sulle rive della Vistola, suo padre era un giureconsulto eminente.

A 12 anni fu mandato agli studi a Parigi all’i ­ stituto Gasc che seguiva i corsi del collegio En­ rico IV, ed egli fu veramente un brillante scolaro. A 18 anni, terminati gli studi classici, tornò in Po­ lonia per prendere a Varsavia i gradi universitari. Pieno delle idee liberali che animavano allora l’Uni­ versità francese fu ardente di patriottismo fra i nuovi suoi condiscepoli, e venne rinchiuso in prigione, donde una sentenza di morte poteva trarlo da un momento all’altro.

Liberato dalla rivoluzione, prese le armi e fu ca­ pitano di stato maggiore. Richiamato a Varsavia presso il Consiglio di Stato, fu poi mandato a Pa­ rigi come primo segretario di legazione. Sbolliti i primi ardori, si era compreso che la Polonia aveva bisogno di aiuto. Abbandonata a sè stessa dovè soc- combere.

Gli esuli vennero accolti amorosamente in Fran­ cia. Nondimeno i principii sono aspri, e Wolowski a 21 anno senza fortuna si trovò in grandi difficoltà. Licenziato alla scuola di diritto, fu per qualche anno segretario del signor Dalloz avvocato al Consiglio di Stato. Allora concepì il piano della sua R ivista di legislazione e d i giurisprudenza, la quale benché diretta da un giovane di 24 anni acquistò ben presto una meritata influenza che durò per più di 18 anni, cioè fino al 1858, epoca in cui si fuse con altra rivista per diventare la R ivista critica d i legisla­ zione e d i giurisprudenza.

In quei 18 anni egli lavorò molto per la rivista, senza mancare alle cure dovute alla famiglia che si era formata e senza trascurare le relazioni del mondo. Era povero, ma pieno di gioventù e di speranza.

Lodato per lavori riguardanti specialmente la le­ gislazione industriale e commerciale, apprezzato da Ippolito Passy ministro delle finanze nel 1838, no­ minato poi professore al Conservatorio delle arti e mestieri il suo ingegno ebbe un più largo campo in cui svolgersi.

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14 gennaio 1877 L’ E C O N O M I S T A 43 quella scienza che insegna come si formano, si di­

stribuiscono e si consumano le ricchezze. È essa che è chiamata a regolarizzare il libero esercizio delle<D facoltà produttive per mezzo di istituzioni diverse, che sono il complemento obbligato dell’affrancamento del lavoro. » Tale era lo scopo umano e notilissimo che egli si proponeva. Morto il Blanqui nel 1854, non ebbe successore nella cattedra di economia po­ litica. Solo nel 1864 il Governo imperiale la rista­ bilì e l’affidò al Wolowski che non avea mai ces­ sato di propagarne le dottrine, riunendola all’ inse­ gnamento della legislazione industriale.

Egli veniva ascoltato con attenzione o con affetto perchè sotto la severità del linguaggio traspariva la bontà del cuore. Senza essere oratore elegante aveva quello slancio e quel movimento che si cat­ tivano gli animi, e si proponeva sempre uno scopo pratico.

Per 32 anni fu infaticabile nell’adempimento del suo ufficio. Nel 1848 dalla cattedra mostrò che era una in­ trapresa pericolosa e chimerica quella che il Governo dei socialisti si proponeva, e ciò richiedeva coraggio. Nell’assemblea costituente e nell’assemblea legislativa si tenne fedele ai sani principii della scienza eco- conomica. Durante l’impero si tenne al di fuori della vita politica e fu solo nel luglio 1871 che tornò deputato di Parigi.

Gli scritti da lui pubblicati in quei 19 anni atte­ stano la sua fecondità; nel tempo stesso era molto attivo ed assisteva con grande autorità a molti con­ sigli. Amava pure i viaggi a fine di osservare gli uomini e le cose.

Nel 1855 divenne membro dell’istituto. Nel 1857 pubblicò la traduzione dei principii di economia po­ litica del Roscher con una introduzione e con nu­ merose note, e fu il principale monumento della sua dottrina economica.

L’opera si ispira al metodo storico, e il Wolowski era portato a occuparsi più degli uomini che delle cose, delle forze produttive che dei prodotti. Di qui il suo amore per la storia economica, come mo­ strano varie sue letture e le opere sbozzate della storia della legislazione industriale in Francia e delle relazioni commerciali della Francia coll’ Inghilterra.

Si occupò con molto zelo delle questioni del cre­ dito fondiario, della moneta, delle banche o della libertà commerciale.

Creò e diresse il credito fondiario di Francia, che sorse nel 1852. Riguardo alla moneta fu partigiano | del doppio tipo, ma ad ogni modo giovò coi suoi j lavori a illustrare l’indole e la natura della moneta. Fu pure partigiano della Banca unica; per la mo­ neta fiduciaria voleva la garanzia dello Stato, men­ tre acclamava piena libertà per le Banche di sconto di deposito e di speculazione. Difensore, coi suoi amici della Società di Economia politica, della libertà

commerciale, approvò il trattato de! 1860 e nel 1868 e nel 1872 difese i principii su cui si fondava e che vedeva posti in contestazione.

Fu largo dei suoi consigli e dei suoi soccorsi ai suoi concittadini, alla gioventù studiosa, ai poveri ai quali in gran numero facilitò l’ istruzione. Aveva simpatia non solo per la sventura, ma anche pel merito.

Alla fine del 1875 fu eletto senatore inamovibile, dopo avere nell’Assemblea difesa col centro sinistro la repubblica moderata. Egli è morto il 14 agosto 1876 nella campagna di Girors in età di quasi sossantasei anni.

R ivista economica della Sardegna. —■ Roma, 1876. Abbiamo ricevuto il numero di saggio di questa nuova pubblicazione in data del dì l o dicembre ul­ timo scorso.

Utilissimo ci sembra lo scopo che i fondatori di questo periodico si sono proposti. Finché la Sarde­ gna rimarrà materialmente per mancanza di vie iér­ rate interne e di un rapido e regolare servizio di battelli fra essa e il continente separata dal resto d’ Italia, giova ravvicinarla moralmente alla patria comune e fornire agli studiosi i dati per discutere i molti problemi economici che T isola presenta.

Il programma accenna opportunamente ai princi­ pali fra questi problemi o primo a quello della po­ polazione. « È egli possibile pervenire ad un rapido aumento della popolazione in Sardegna, indipendente dal lentissimo incremento naturale attuale, provo­ cando nell’ isola una immigrazione energica e dura­ tura? » Converrebbe che vi fosse per gli immigranti la speranza di un lucro sufficiente per indurli ad esporsi agli inconvenienti della malaria non parago­ nabili del resto a quelli a cui vanno incontro molti degli emigranti ohe passano al di là dell’Atlantico.

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