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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.171, 12 agosto

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1/ECON OHISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FIN AN ZA, COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE, IN TER ESSI PR IV A TI

Anno IV - Voi. V ili

D om enica 12 a g o sto 1877

N.

LA QUESTIONE DEI BANCHI IN ITALIA

(C ontinuazione, vedi N. 168, 169 e 170),

V

Perchè i lettori nostri sieno interamente istruiti sullo stato attuale della questione, crediamo, per amore d’imparzialità, rammentare succintamente an­ che quegli altri progetti che da altri pensatori fu­ rono proposti, e che, ritornando ad essere agitata la tesi del riordinamento del credito, probabilmente saranno richiamali alla memoria del pubblico.

Anzitutto noteremo quello dell’onorevole Majorana- Galatabiano, non già perchè valga più degli altri, ma perchè, essendo il parto intellettuale di chi è adesso, per la cieca ventura del paese, ministro, assume un’importanza che altrimenti non avrebbe. Questo progetto mira all’ordinamento del credito ed alla cessazione del corso forzoso, e si allontana egual­ mente dall’uno e dall’altro intento per la meschina stranezza delle idee che lo informano. Ha il peccato originale di determinare a limite insuperabile la cir­ colazione del biglietto fiduciaria e di stabilire arbi­ trariamente la proporzione fra la emissione del bi­ glietto, il capitale e la riserva del banco; errore colossale, che si può perdonare a tutti, fuori che ad un professore di economia politica, ¡I quale ricono­ sca, com’egli ha sempre riconosciuto (a parole), il principio scientifico della libertà. Ha un altro difetto non meno scandaloso, quello di chiedere il paga­ mento delle imposte per metà del loro ammontare in biglietto inconvertibile e per metà in oro, espo­ nendo cosi di volta in volta i contribuenti ad un aumento indeterminato di contingente, secondo l’ag­ gio con cui si dovrebbe pagare la moneta metallica. E tutto ciò non basta: secondo il progetto dell’ono­ revole Majorana, sarebbero colpiti da una tassa del 6 per cento tutti i pagamenti si facessero dallo Stato agli impiegati ed ai creditori suoi, allo scopo di acquistare ed abbruciare per un valore corri­ spondente tanti biglietti a corso forzoso. Qui v’è briglia sciolta ai commenti, ma noi, pel rispetto in cui teniamo l’autorità del ministro, ci asteniamo

dal farne alcuno. Noteremo soltanto che l’illustre professore della Università di Catania si sente così soddisfatto ed orgoglioso della sua proposta, da esclamare in tuono profetico e lamentevole che verrà giorno in cui si apprezzeranno per quello che val­ gono i suoi concetti, ma che sarà tròppo tardi per la salvezza e per la felicità dell’ Italia. — Questo uomo è adesso ministro ed a lui incomberà in gran parte di riformare la legge del 50 aprile. Oli, po­ tenza del reggime' costituzionale ! oh, amara ironia del caso!

Un secondo progetto è quello del signor Alvisi il quale dobbiamo confessare ingenuamente di non avere compreso. Troppo parco l’onorevole deputato di svolgerlo e di spiegarlo, non siamo riusciti a stimarne tutta l’importanza.

Egli vuole il banco unico di emissione che distri­ buisca un biglietto fabbricato a tipo uniforme ai banchi di circolazione. Ma questo stabilimento unico

Ver conto dello Stato, l’onorevole Alvisi non con­

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191 L’ E C O N O M I S T A Lasciamo esaminare peculiarmente questo pro­

getto a chi ne abbia vaghezza. Noi, ripetiamo, non l’abbiamo compreso, e quel poco che ci riuscì suf­ ficientemente intelligibile, domanderebbe troppo lusso di polemica per un breve scritto d’occasione.

Y’ è il progetto del deputato Consiglio, e questo l’abbiamo troppo bene compreso. È un saggio d’eco­ nomia politica che avrebbe fatto la sua ottima fi­ gura ai bei tempi del sistema mercantile. L’onore­ vole Consiglio vorrebbe abolire il corso forzoso au­ mentando i dazi doganali; e cita in appoggio le leggi proibitive dell’America, la quale, con una saggezza a cui egli prodiga la sua ammirazione, « ha richia­ mato presso di sè l’oro, ha protetto il lavoro nazio­ nale, ha diminuito le importazioni emancipandosi dalle industrie straniere. » Del riordinamento del credito non si cura affatto: il credito si riordina da sè, il corso forzoso sparisce, tutto va egregiamente, appena si sappia imitare il protezionismo americano che procede sempre a gonfio vele per il bene, per il lustro, per la gloria di quei felicissimi paesi. Noi ci permettiamo umilmente di mandare l’onorevole Consiglio alle prime nozioni della scienza economica in generale ed agli scritti di Davide Wells in parti­ colare.

Dei progetti, se non stranissimi come quello del­ l’onorevole Consiglio, ma, come quello dell’onorevole Consiglio, sì poco rilevanti da non valere la pena di tenerne conto speciale, e da potersi soltanto con­ siderare come idee lanciate allo azzardo nel corso di una discussione, che incalorì gli uomini ili scienza e coscienza del nari che gli uomini di prima im­ pressione e di sentimento, ve ne sarebbero parecchi a rammentare. Per la fretta che abbiamo di uscire da quest’argomento, ci limiteremo a ricordare le due proposte che apnartengono, l’una al marchese Pepoli, l’altra al professore Ferrara.

L’onorevole Pepoli, facendo la prognosi alla legge del 30 aprile, disse delle grandi verità, che il Governo non volle ascoltare, come non ascoltò quelle dette dai pochi oratori della Camera che seppero ispirarsi ai principii della scienza e all’amore della patria. — 11 marchese Pepoli, accertando che le risorse territoriali del paese sono od esaurite o distrutte — che fu sospeso l’ammortamento del nostro de­ bito — che s’ impose una tassa per ritenuta sulla rendita pubblica, — che tutti gli Istituti adultera­ rono nella pratica la purezza dei principii a cui avrebbero dovuto obbedire o disconobbero lo scopo della loro fondazione, — che le casse di risparmio si tramutarono in stabilimenti di credito fondiario, — che le così dette Banche popolari altro non sono che banchi di sconto, — che le Società cooperative associarono i capitali, non le persone; volse il suo pensiero ad una piccola istituzione, che onestamente, modestamente, tacitamente cresce ai piedi delle

12 agosto 1877 j Alpi, nella culla del nostro ultimo risorgimento po­ litico, nel vecchio e venerato Piemonte, resistendo alle pressioni ed alle passioni della opinione pub­ blica, sdegnando i pregiudizi'! dell’egoismo regionale, che troppo spesso la offesero, la motteggiarono, le volsero contro il sarcasmo, la insinuazione malvagia e la calunnia. Questa istituzione è di sua natura e rimase sempre indipendente, ed ha per ¡scopo di riscattare la rendita italiana. Se lo entusiasmo, col quale, al suo nascere, fu accolta dal pubblico, avesse mantenuto lo slancio dei cittadini in suo favore, oggi forse non si avrebbero a lamentare in tutta la loro gravità le imperiose circostanze che provoca­ rono la deplorabile legge del 30 aprile. — A questa istituzione metteva capo il progetto dell’onorevole marchese.

Il Consorzio Nazionale di Torino avrebbe dovuto fondersi con un consorzio di Provincie e prendere il nome di Consorzio nazionale per Vammortamento

del debito d’Italia e pél ritiro della carta-moneta.

Questo Consorzio avrebbe dovuto dare a mutuo, coll’ interesse dell’ • per cento, 830 milioni in bi­ glietti, i quali avrebbero avuto corso forzoso a norma dell’articolo 3 del Regio decreto I o maggio 1866, e sarebbero stati guarentiti in solido da tutte le provincie del Regno e con essi il Go\erno avrebbe dovuto procedere alla estinzione del debito che aveva verso la Banca Nazionale, compresi i SO milioni in oro mutuati dalla Banca stessa per con­ venzione approvala col decreto I I agosto 1870. La

Banca Nazionale, pagata del suo credito, e ritirati

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giu-L’ E C O N O M IS T A 195 12 agosto 1877

dioare senza appello una Corte di cassazione. Il Go­ verno poi avrebbe dovuto, quasi immediatamente alla promulgazione della legge, presentare al Par­ lamento lo schema di un’altra legge sugli Istituti bancari informato alla piena ed intera libertà del credito. Al solo Consorzio sarebbe stato assoluta- mente proibito di emettere per conto proprio biglietti fiduciarii.

Il senatore Pepoli immagina le obbiezioni che si possono fare al suo progetto, e vi risponde antici­

patamente. Ma egli le restringe a troppo poche, a quattro, due delle quali costituirebbero una tesi puramente legale, la terza presenterebbe una que­ stione amministrativa, e soltanto la quarta potrebbe essergli mossa dalla scienza economica : TJ ammor-

tamento gruduale del biglietto a corso forzoso non creerà esso una crisi commerciale per deficienza di numerario?

L’on. Pepoli risponde:

« La crisi sarebbe inevitabile se il Governo per- « sistesse ad accordare il privilegio della emissione « e del corso legale a soli sei Istituti, se vincolasse, « se limitasse per legge la naturale espansione del « credito. — L’onorevole deputato Bastogi ha svolto « alla Società dei Georgolìli una sua proposta « tendente ad aumentare di 300 milioni il corso « forzoso per provvedere alle urgenze del commer- « ciò e dell’industria. Egli vorrebbe poscia affidare « al Governo la eventuale distribuzione dei nuovi « biglietti fra le diverse Banche. — Mi duole di * non dividere l’opinione dell’egregio finanziere. — « Opino invece che il Governo debba astenersi scru- « pelosamente dallo intervenire artificialmente negli « affari privati, se non vuol cadere, negli errori del « socialismo. — Creare una carta a corso forzoso « per gl’interessi dell’erario, è sempre un errore; « aumentarla per i bisogni privati dei cittadini, sa- « rebbe una colpa. — Noi non dobbiamo preoccu- « parci che di due fatti: abbassare l’aggio dell’oro e « far posto ad una circolazione fiduciaria, procu- « rando proporzionalmente di aumentare le riserve « metalliche immobilizzate. — Il pericolo non istà « nella quantità dei biglietti, sta nella qualità. — « I biglietti a cui fu imposta relativa e adeguata gua- « rentigia metallica, non hanno d’uopo di altri freni « legislativi olla loro emissione: essi non costitui- « scono, nè possono costituire un ambiente perico- « loso al credito di un paese, imperocché essi obbe- « discono a leggi imperscrittibili naturali, che non « hanno bisogno di alcuna sanzione legislativa per « funzionare hberamente. — La libertà delle banche « è oggi una necessità creata dal corso forzoso. —

« La circolazione legale dei biglietti proprii dei sei

« Istituti, limitata, circoscritta da una legge, oggi è « forse sufficiente ai bisogni del mercato; potrebbe « domani diventare soverchia o ristretta.

Determi-« name a priori la quantità necessaria, è spingere « fino all’assurdo la smania dei regolamenti, dap- « poiché i bisogni che la determinano sono elastici, « e variano a norma della operosità e della fre- « quenza dei cambi. — Condannare inesorabilmente « il paese ad 830 milioni di biglietti a corso forzoso « da un lato e a 600 milioni di biglietti a corso « legale dall’altro, equivale a chiuderlo in un cir- « colo fatale, da cui non potrà uscire che con una « misura radicale, o con una iattura alle norme dettate « dalla prudenza, inalzando col beneplacito del Go- « verno la circolazione privilegiata al di là dei ter-

« mini tracciati, senza una correspettiva garanzia.

« Il ritiro graduale dei biglietti a corso forzoso in « queste condizioni provocherebbe realmente una « crisi economica e commerciale e sconvolgerebbe « gl’interessi di tutto il paese, sottraendo parte del « numerario alla circolazione, senza lasciare alcun « mezzo legale di rimpiazzarlo. — La libertà invece, « restituendo alla coscienza pubblica la indipendenza « dei proprii criterii, ed agevolando il collocamento « dei nuovi biglietti fiduciarii, manterrà l’equilibrio « tra le forze distributive del credito, ed armonizzerà « la circolazione cartacea colla circolazione me- « tallica. »

Queste parole mantengono tutto il loro interesse d attualità, ora che il Governo della Sinistra parla­ mentare, attenendosi strettamente ai concetti econo­ mici del cessato Ministero, sembra voler procedere alla graduale estinzione del corso forzoso nelle con­ dizioni create dalla legge 30 aprile. A ([ueste parole facciamo plauso; mà l’ onor. Pepoli non ha detto tutto per difendere il suo progetto, nè lutto poteva dire, perchè esso presenta altri errori cardinali che non entra nel proposito di questo scritto rilevare nè conlutare. Tuttavia siamo lieti di trovare in un uomo di molta influenza e di così elevato ingegno un va­ lido appoggio al principio di libertà, appoggio su cui potrà sempre contare la nostra patria carissima.

Dulcís in fundo: eccoci al progetto dell’ illustre

Ferrara.

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196 L’ E C O N O M IS T A 12 agosto 1877O cagione di scapito ; e basti a provarlo, a parte le

tante prove di fatto che se ne potrebbero addurre, una sola considerazione. Ognuno comprende che un biglietto da 10 lire potrebbe svilirsi assai più che una massa di biglietti per un miliardo di lire, se si abbia la certezza che, contro quel biglietto minimo e solo, niuno consenta di cedere i cinquanta grammi d’argento che rappresenta, e se invece il miliardo consista in biglietti sicuri e facili ad essere cambiati in metallo. Nel primo caso, dieci lire in carta non avranno alcun valore; nel secondo, un miliardo in carta correrà il mercato a valore pari della moneta effettiva. Non è dunque, come il buon Luzzatti crede, e come molti sperimentalisti al pari di lui credono, che la carta obbligatoria svilisca in ragione della sua quantità assoluta ; essa perde in ragione riferibile al danaro, di cui dev’essere l’equivalente.

Adamo Smith errava nello insegnare clic la emis­ sione dei biglietti di banco cacci dalla circolazione una quantità corrispondente di moneta metallica, perchè confondeva la carta fiduciaria colla carta ob­ bligatoria. E le tre ipotesi fatte dallo Smith per so­ stenere il suo sofisma si verificano interamente quando, nella dimostrazione del celebre scozzese, si sostituisca al biglietto di banco propriamente detto, del quale egli intendeva parlare, il biglietto a corso forzoso, o biglietto governativo, al quale avrebbe dovuto alludere per rendere incensurabile la sua argomentazione.

Ma la carta, che la prepotenza legislativa impone all’ufficio di moneta, surroga o in tutto o in parte, il numerario contante, o secondo che l’una o l’altra cosa avvenga, le conseguenze saranno perniciose o tollerabili. Se la quantità di carta inconvertibile sia limitata, la circolazione necessariamente sarà mista, e tenue sarà l’ aggio, perchè nessuno metterà in dubbio il rimborso definitivo, lontano o vicino, del biglietto a corso forzoso. Se invece questo biglietto sia emesso in quantità eccessiva, il caso funesto, nel quale si trova attualmente l’ Italia, accadrà: si du­ biterà del rimborso, e quindi le oscillazioni dell’aggio si manterranno ristrette intorno ad un prezzo altis­ simo dell’oro, che in mille modi e per mille vie sarà scomparso dal mercato interno del paese; ed alcun provvedimento legislativo avrà mai forza di richia- marvelo artificialmente; ed ammesso che vi riuscisse, non avrebbe già 1’ effetto d’ iniettare, in certa guisa, nella massa del sangue debole della carta un ele­ mento rinvigoritore che richiami le forze dell’amma­ lato sistema economico, ma per effetto avrebbe di deprezzare maggiormente il biglietto obbligatorio, e di togliere per ciò ogni speranza nel pubblieo che un giorno o l’altro possa essere bene o male rim­ borsato ; avrebbe insomma per effetto di cementare anziché affievolire la frode del corso forzoso. Questa verità fu implicitamente dimostrata alla Camera dei

deputati nella discussione degli articoli 16, 17 e 18 del progetto di legge 27 novembre 1873.

Si noti ancora che il deprezzamento della carta inconvertibile, la quale sia emessa in quantità so­ verchia, ha presso di noi un’altra cagione, che l’ il­ lustre Ferrara spiega in poche ed eloquenti parole:

« Un pubblico, persuaso che i mezzi economici e

finanziarii del suo paese sieno molto larghi, un pub­ blico inglese, non si turba per i miliardi che vegga versati nella sua circolazione. Ma in nn paese ove l’ incapacità o la indolenza industriale, l’ ignoranza, la corruzione, facciano pompa di sé, sarà probabile che gli aumenti di quantità agiscano come timori sull’avvenire, sarà altamente diffìcile conservare negli animi la sicurezza che possa venire il giorno in cui siasi prodotto ed accumulato abbastanza per poter estinguere il debito elio lo Stato, emettendo moneta di carta, abbia contratto verso il paese.... Da pa­ recchi anni, un disavanzo più che imponente fu sempre il ritornello obbligato del bilancio italiano, e da parecchi anni una nuova emissione di carta fu il felice espediente trovatosi a ricolmarlo. Tutto ciò su cui contavamo per riuscire all' equilibrio : beni demaniali, asse eeclesiastico, imprestiti volontari e forzati, moltiplicità di tasse, attività industriale, eco ■ nomie sino all’ osso, tutto si è dileguato. I ministri si succedettero rassomigliandosi sempre. » E non soltanto tutti i ministri del partito che da sedici anni ebbe le redini dello Stato, ma i primi ministri di quel partito che da sedici anni fece opposizione al Governo, sono identicamente la stessa eosa ; e se v’ha differenza, per esempio, tra l’onor. Depretis e l’onor. Minghetti, essa consiste in ciò solo che l’onor. Minghetti de­ viando, come uomo di Stato dalle dottrine econo­ miche, di cui fu maestro come uomo di studio, sapeva dove sarebbe andato a finire colle conse­ guenze degli errori che accettava, e avrebbe potuto fermarsi a tempo sull’orlo dello abisso; mentre invece 1’ onor. Depretis, sprovveduto affatto di ogni guida scientifica, procede a tentoni, reggendosi sulle stam­ pelle dello storpio Luzzatti, nel buio dell’empirismo finanziario, che fu fatale alla Destra, che lo è alla Sinistra, che lo sarà al paese.

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12 agosto 1877 L’ E C O N O M IS T A 197 nessuno sinora ha dato l’importanza che ha. A ren­

dere esatto e chiaro il concetto dell’ insigne econo­ mista, non possiamo esimerci dal ricorrere alle sue stesse parole :

La circolazione fiduciaria, una volta che siasi bene introdotta in una Società qualsivoglia, vi si stabilisce e vi mette salda radice. I biglietti vanno e vengono, tra il pubblico che li ha ricevuti, ed il banco che li converte in danaro : una somma ne rientra nel- l’ Istituto emittente, un’altra ne rimane in giro. Que­ st’ ultima va soggetta a delle grandi oscillazioni. È come la marea dell’ Oceano : in alcuni momenti ascende sino a scavalcare le dune, in altri si ritira nei limiti del suo bacino, il quale però non può ri­ manere vuoto del tutto, se non si supponga un cataclisma geologico. Hanno essi pure, i biglietti di banco, la loro marea. Crescono e scemano; ma finché non si tratti d’ una catastrofe come quella di Law, non si è mai veduto che tutti corrano alla cassa del banco ; nei momenti delle crisi più rumorose, una certa somma ne continua a circolare, oppure si ri­ stagna nelle mani di accòrti speculatori, ma rimane inchiodata fuori dello sportello del cambio. Da questo fatto, sempre osservato, si è dedotto che la circola­ zione fiduciaria si può considerare come divisa in due parti : l’una costante, l’altra mutabile. Ciò posto, se un banco può indovinare qua.ita sia la parte costante della sua circolazione — e l'Horn ci ha dimostrato meglio d’ ogni altro scrittore che ogni banco lo può, — potrà essere sicuro che, sebbene tutta la massa dei suoi biglietti si dichiari converti­

bile a vista, la parte costante godrà un corso appa*

rentemente libero in riguardo al pubblico, ma in ­ trinsecamente forzato in riguardo al banco. In via teorica, questa bipartizione dei biglietti emessi non si è studiata che da pochi anni in qua, ma il pro­ fessore Ferrara dimostra come la sagacia del Governo inglese se ne fosse accorta da un pezzo, e l’ avesse messa a profitto sin dal 1814. Si comprende dunque che quando un paese abbia avuto la sventura di mettersi sotto il reggime della carta, non gli è pre­ clusa la via di farla divenire un fondo morto di circolazione bancaria, e di abolire così il vincolo del corso coatto, dichiarando pagabili a vista tutti indi­ stintamente i biglietti, colla sicurezza che, senza una catastrofe mondiale, il fondo morto non sarà mai intaccato dalle dimande di rimborso. L’Austria ha già profittato di questo principio: il fondo morto del banco di Vienna è di 200 milioni di fiorini. All’epoca di Roberto Peel, il fondo morto del banco d’Inghil­ terra era di 14 milioni di sterline. L’Italia potrebbe anch’essa trarre vantaggio dal fondo morto della sua circolazione cartacea. Il prof. Ferrara vorrebbe ri­ partirlo fra tutti i banchi, non escluse le così dette

Banche popolari, non escluse le così dette Società di credito ordinario, assegnandolo in proporzione

equivalente ai loro capitali costitutivi. Così si rior­ dinerebbe il credito sul suo vero principio scientifico, dappoiché la libertà sarebbe lasciata intera ad ogni Istituto di partecipare alla emissione, accorta bensì e guardinga, ma franca dalle pastoie d’una insensata tutela. Non misura legale a prescriversi per la riserva, non fantasmagoria del doppio dipartimento, che in­ namorò P onor. AI visi, non generi e modi di affari a vietare o ad imporre. Abolizione assoluta del corso legale, perchè accordarlo, come oggi si fa, ad alcuni banchi, negandolo agli altri, sarebbe sostituire il pri­ vilegio alla libera concorrenza; accordandolo a tutti, sai’ebhe usare violenza contro il pubblico, e diver­ rebbe nel caso concreto un controsenso pernicioso. Da questa combinazione risulterebbe la circolazione mista, e con essa finirebbe la speculazione sull’oro monetato, a riguardo del quale non vi sarebbe più aggio possibile. Potrebbe bensì durare l’esasperazione dei prezzi, ma il limite e le cagioni sarebbero indi­ pendenti da ogni arbitrio governativo. In fine o in somma, il corso forzoso sarebbe cessato il giorno stesso in cui codesto sistema fosse inaugurato. Rie­ pilogando in poche parole il progetto Ferrara, sa­ rebbe tolto con esso il privilegio ad ogni banco di emettere carta a corzo forzoso, sia per conto suo proprio, sia per conto dello Stato ; — sarebbe estinta mediante una operazione d’imprestilo, tanta parte della carta attualmente forzata, quanta ne occorra affinchè essa rimanga limitata al fondo morto, il quale sarebbe ripartito proporzionalmente ai loro capitali fra tutti i banchi che volessero partecipare al diritto di emissione; sarebbe abolito il corso for­ zoso, e i banchi sarebbero tenuti a pagare in moneta metallica, a vista e al latore, i biglietti da loro emessi; — sarebbe del pari abolito il corso legale; — gli Istituti di credito sarebbero liberi di emettere quanto loro convenga al di sopra del fondo morto, ed a loro non sarebbe prescritta nè vietata qualsiasi operazione, nò imposto alcun vincolo di riserva. — La ingerenza dello Stato si limiterebbe ad una efficace sorveglianza sulla loro condotta, assoggettandoli alle più strette regole di pubblicità.

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108 L’ E C O N O M IS T A 12 agosto 1877 fosse nato ed avesse vissuto fuori d’ Italia, avrebbe

risvegliato l’ammirazione ed il plauso dei dotti, il rispetto e la devozione dei potenti, l’amore e la ri- conoscenza dei concittadini.

Oggi, pur troppo, siamo rimessi alla mercè dei bagattellieri ; e le elette intelligenze, le menti supe­ riori, le alte e dignitose personalità, mai come adesso furono esposte alla ingiuria delle smisurate ambizioni, che vanno molto innanzi coll’astuzia e restano molto indietro colla capacità.

Tu l l i o Ma r t e l l o.

(Continua)

IL BILANCIO DEFINITIVO DI PREVISIONE

La spesa pel Ministero di Agricoltura industria e commercio è la seguente:

PARTE PRIMA

Spese d’amministrazione, proprie del Ministero di agricoltura, industria e commercio

Ti t o l o I . — Spesa ordinaria

Amministrazione centrale . . . L. 461,090 00 A g r ic o ltu r a ... » 2,298,840 00 Industria e commercio. . . . » 1,052,473 00 Insegnamento industriale e professio­

nale ... » 2,188,158 61 S ta tis tic a ... » 81,320 00 Spese comuni ai vari servizi. . » 225,426 58

Ministero di grazia e giustizia - Ministero d’agricoltura industria e commercio -

Risultati complessivi.

Continuiamo a riassumere brevemente le cifre dei nostri bilanci di definitiva previsione, cominciando da quello del Ministero di grazia e giustizia e dei culti. — Il complesso delle variazioni presentate con questo bilancio-per l’anno 1877, mostrava, in confronto del bilancio di prima previsione, il risul­ tato di un aumento in lire 88,000, e di una dimi­ nuzione di lire 400,877 50. Ove però si consideri che l’aumento di lire 22,000 al capitolo 1°, perso­

nale del Ministero, fu già approvato coll’articolo 4

della legge 30 dicembre 1876, N.° 3588, serie 2a, l’aumento totale ora votato si riduce a sole lire 66,000 ; la quale-somma, detratta dalla cifra totale delle diminuzioni, queste vengono ristrette alla somma di lire 334,887 50.

I capitoli che hanno subito variazioni, sono, oltre il capitolo 1°, appena sei: cioè capitoli 9, 13, 185ì's

por aumento; 15, 16, 19 per diminuzione. Nè vale la pena di tenerne parola, tanto è chiara la ragione delle modificazioni lievissime.

Ecco le cifre complessive :

Ti t o l o I. — Spesa ordinaria

Amministrazione centrale. . . L. 562,100 00 Amministrazione giudiziaria. . » 26,010,100 00 C u l t i ... » 200,578 00 Spese diverse e comuni. . . » 501,373 93 27,301,751 93

Tì t o l o II. Spesa straordinaria. » 329,400 00

Totale L. 27,634,151 93

6,307,310 19

Ti t o l o I I . — Spesa straordinaria

A gricoltura...L. 183,020 00 Industria e commercio . . . . » 132,295 00 Spese comuni ai vari servizi . . » 40,390 00 Capitoli aggiunti per residui 1876, e

r e t r o ... » » Totale L. 355,705 00 PARTE SECONDA

Economato generale

Ti t o l o I. — Spesa ordinaria L. 3,454,203 22 Ti t o l o II. — Spesa

straordina-l i f t ... » )> Capitoli aggiunti per residui 1876, e

retro ...» » Totale L. 3,454,203 22 RIASSUNTO GENERALE

Spesa ordinaria

Pa r t e I . — Spese d’amministrazione

proprie del Ministero di agricol­

tura, industria e commercio . » 6,307,310 19

Pa r t e II. — Economato generale » 3,454,203 2 2

Totale L. 9,761,513 41

Pa r t e I . — Spese d’amministrazione proprie del Ministero di agricoltura,

industria e commercio . . . » 355,705 00

Pa r t e II. — Economato generale » »

Spesa ttraordinaria

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12 agosto 1877 L’ E C O N O M I S T A 199 Insieme

Spesa ordinaria. . . . L. 9,761,513 41 Spesa straordinaria . . . . » 355,705 00 Totale L. 10,117,218 41 In occasione della discussione del bilancio del Ministero di agricoltura industria e commercio, l’ono­ revole M ussi membro della Commissione osservò che facendoci produttori del tabacco potremmo fare scaturire una larga fonte di guadagni per le nostre campagne oltremodo aggravate di tasse. Oggi la col­ tivazione del tabacco è proibita nella massima parte del nostro territorio e occorrerebbe una disposizione legislativa per mutare questo stato di cose. Però la Sicilia, Pontecorvo, Benevento e la Sardegna, hanno quel diritto; se non che quella illusoria facoltà è impedita da un improvvido regolamento. La nostra agricoltura attraversa un periodo molto critico, e il male non si scongiura collo inaridire le sorgenti della produzione. La coltivazione del tabacco è un privi­ legio, e i vincoli la rendono poi se non impossibile, almeno difficile e poco lucrativo. Chi coltiva deve dichiarare se il prodotto verrà destinato al proprio consumo oppure alla vendita in tutto o in parte. La Regìa è sempre in facoltà di acquistarlo per uso della manifattura, ogniqualvolta lo reputi conveniente 0 necessario, corrispondendone al proprietario il prezzo fissato nei manifesti dell’annata. E così mentre il tabacco d’Olanda vlen pagato 90 lire al quintale, quello del mezzodì d’Italia viene quotato una cin­ quantina di lire. Non basta dunque un sistema finan­ ziaria senza principii; conviene sopportare anche o le probizioni assolute o le concessioni illusorie.

L’on. ministro di agricoltura e commercio replica che sebbene come deputato non abbia approvate molte leggi vincoliste e fiscali, come ministro ha una diversa responsabilità. Nonostante tutta la sua buona volontà, vi sono ottacoli gravissimi coi quali deve contare. Egli doveva rispettare la legge e il contratto colla Regìa. Si preoccupò bensì di studiare 1 modi di migliorare la coltivazione del tabacco in Italia e invocò l’appoggio del ministro delle finanze per dare la più larga applicazione a tutte le facoltà, dalla legge e dai regolamenti in vigore sulla Regìa dei tabacchi, riservati al Governo. Interpose i suoi uffici per rimuovere parecchie difficoltà sollevate dalla Regìa, ma le opposizioni di questa avevano un lato ragionevole riguardo alla qualità dei tabacchi coltivati in Italia che lasciano a desiderare. Si sono promossi esperimenti, provvedendo semi diversi di tabacco dall’estero. Il ministro ha fatto assegnamento sugl'istituti che attendono alle cose agricole e invitato i direttori delle stazioni agrarie ad intendersi rispetto al modo onde procedre con metodi rezionali alla coltivazione del tabacco. Bisogna prima di tutto ri­

solvere il problema, del miglioramento della qualità; poi estendere la coltivazione. Il Ministero delle fi­ nanze studierà un progetto in questo senso. Ma non bisogna dimenticare il terreno su cui ci troviamo, dei lamenti per vincoli, forse al di là del regolamento, si terrà conto; quanto al problema della libera col­ tivazione dei tabacchi, è degno di studio per parte del paese, ma può farlo il Ministero di fronte all’in­ teresse delle finanze e di un terzo?

L’on. Mussi ringrazia il ministro. Osserva però che la convenzione 25 giugno 1868 colla Regìa dà a questa la manipolazione e la bendila dei prodotti della nicotina, ma non il diritto di creare ostacoli alla coltivazione. La detta convenzione all’art. 16 stabi­ lisce. « La Società della Regìa si obbliga di pro­ muovere e di appoggiare con norme direttive ed anche con premi lo sviluppo della coltivazione dei tabacchi all’interno, proponendo all’approvazione del Governo tutti quei mezzi che saranno riconosciuti più acconci. » Non si tratta dunque di andare contro la legge, che anche pessima va rispettata per tra­ sformarla e mutarla più tardi.

L’on. B ertani dice che la istituzione degli stalloni governativi è contraria alla scienza la quale c’insegna uon potersi ad arte e senza danno cambiare le leggi naturali della produzione degli animali. Persistendo in questo errore si devia ogni giorno più da quella retta strada che dovrebbe condurci a restaurare le nostre razze, provate capaci di tutti i servizi militari e industriali fin dall’antico La detta istituzione non ci ha dato che cavalli di lusso. I cavalli della nostra truppa sono per metà ungheresi, ed è da rimpian­ gersi che più non si abbiano quasi cavalli nati ed allevali in Italia. Accenna a strane difficoltà nello scegliere e reclutare i cavalli per l’esercito. Quanto alla ippicoltura governativa, si muta continuamente nel tipo che si sceglie, e con questo empirismo non si riesce che male. Si aggiungano gl’inconvenienti derivanti dall’essere la monta applicata al Ministero di Agricoltura e l’allevamento a quello della guerra onde la Commissione chiese che fossero riuniti in un solo Ministero. Il Governo dovrebbe limitarsi a distribuire gli stalloni che ha, con criterio scentifico. Se poi il Governo spendesse invece per incoraggiare i produttori intelligenti di cavalli-soldati con premi, raggiungerebbe meglio lo scopo.

L’on. G riffini consente nelle idee espresse dal preopinante, salvo nella parte in cui vorrebbe affi­ dare all'industria privata la produzione equina. Il Ministero deve cercare i mezzi per un migliore in­ cremento delle razze equine. Noi siamo in condizioni infelici per la quantità e la qualità. L’oratore si estende nella dimostrazione di questa sua afferma­ zione.

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200 L’ E C O N O M IS T A 12 asosto 1877

durre il sangue forestiero in Italia. — Eoli vorrebbe il cavallo pesante, il cavallo mezzano e quello leg­ gero. Consente coll’on. B ertani negli incoraggiamenti da darsi alla produzione.

L’on. A lvisi relatore, riassumendo le idee della Commissione, dice che si dovrebbe dare all’industria privata la riproduzione e l’allevamento.

L’on. M inistro esprime il concetto che nelle pre­ senti condizioni conviene conservare quello che c’è ma bisogna creare in ogni modo di utilizzare la spesa pubblica e di cercare le minime difficoltà al­ l’attività privata, senza dimenticare che per il bene del paese, in un avvenire non molto lontano, il Go­ verno dia maggior campo alla libertà ed alla re­ sponsabilità privata.

Sul capitolo Ispezioni alle Società industriali ed

agli Istituti di credito, l’onorevole Ministro, in

risposta all’onorevole Vollaro, pensa che non si possa diro che nelle condizioni presenti il credito fondiario funzioni veramente male. C’ è uno sviluppo lentissimo si, ma reale. Il Ministero lo ha incorag­ gilo, e ultimamente la Cassa ili risparmio di Milano potè assumere il credito fondiario anche per le pro­ vinole di Rovigo, Verona e Vicenza. Però tuttora in Italia cinque provincie del Veneto sono sprov­ viste di credito fondiario, del che il Governo si preoccupa. Crede che il servizio delle anticipazioni sia una facoltà degli Istituti e non un rigoroso do­ vere che debbano adempiere anche quando man­ chino i mezzi.

L’onorevole Coreani vorrebbe una legge colla quale fosse stabilito che i grani e le granaglie fos­ sero contrattali a peso e non a misura per ovviare gravi e rovinose contestazioni e liti e crede che potrebbe essere un primo passo verso un accordo internazionale in questo senso. Spera poi che nelle condizioni presenti il Ministero avrà presi dei prov­ vedimenti riguardo al nostro commercio dei grani coll’estero.

L’onorevole ministro risponde che quanto al primo inconveniente lamentato, non vi si può rime­ diare per legge, ma colla diffusione di alcune no­ tizie pratiche di economia e di commercio locale, che varranno a temperare il male lamentato. Quanto al secondo punto il Governo non può che lasciar

fare e passare. Replica all’onorevole Pissavini che

egli intende a preparare gli elementi per un pro­ getto di legge tendente a migliorare le condizioni degli insegnanti degli Istituti tecnici di marina mer­ cantile e delle scuole speciali.

L’onorevole Baccarini svolge alcune considera­ zioni a proposito della inchiesta agraria. Osserva specialmente che oltre 580 mila ettari di terreno sono in corso di bonificazione e ve ne sono 440 mila bonificabili ancora. — L’ Italia ha scapitato di fronte alle cadute signorie. Intanto la emigrazione

continua larga e miserabile. Se l’ Italia in 30 o 40 anni anticipasse un 100 milioni per le bonifiche, salvo a rimborsarsene poi sui prodotti, non farebbe opera altamente economica, politica, umanitaria? Non sfuggirebbe a seri pericoli che minacciano il suo avvenire?

L’onorevole Ministro replica che quanto a boni­ fiche il Ministero che egli regge non può entrarci che come uno studioso.

Seguono alcune osservazioni dell’onorevole Mer-

zario sul capitolo. Carta geologica d'Italia, a cui

rispondono l’onorevole Torrigiani e l’on. Ministro ed una breve discussione intorno al concorso dell’Italia alla Esposizione di Parigi, discussione a cui pren­ dono parte gli onorevoli Di Sanibuy, Pandolfi, Mor-

ptergo, Righi, Mussi e l’on. Ministro.

Il binario definitivo di previsione dell’entrata il seguente:

PARTE PRIMA

ENTRATA (esluso l ’Asse ecclesiastico)

Ti t o l o I. — Entrata ordinaria

Imposta fondaria... L. 180,433,636 09 Imposta sui redditi di ricchezza

m o b ile ... 182,325,636 09 Tassa sulla macinazione . . » 81,000,000 00 Imposte sul trapasso di proprietà

e sugli alfari : . . . . » 142,496,300 00 Tassa di fabbricazione . . . » 3,200,000 00 Dazi di confine . . . » 106,000,000 00 Dazi interni di consumo . . » 69,634,737 00 P r iv a tiv e ... 171,484,891 00 L o t t o ... 75,100,000 00 Proventi di servizi pubblici . » 89,258,924 10 Sendite del patrimono defilo Stato

e di quelli amministrati . » 74,749,435 25 Entrate eventuali . . . . » 7,127,477 80 Rimborsi e concorsi nelle spese » 87,963,955 08 1,270,777,013 41

Ti t o l o II. — Entrata

straordi-n a r i c i ... . » 94,222,585 40 Totale . L. 1,364,999,598 81 PARTE SECONDA

ENTRATA (dell’Asse ecclesiastico)

Ti t o l o I. — Entrata ordinaria L. 5,680,000 00 Ti t o l o II. :— E ntrata straordi­

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L’ E C O N O M I S T A

Bilancio definitivo di previsione dell’e n tra ta e della spesa per l ’anno 1877 Secondo le previsioni approvate pel bilancio definitive del corrente anno 1877, l’entrata resulta- ver la competenza del 1877:

Entrata ordinaria (compreso l’asse ecclesiastico)...L. 1 276 457 013 41 )

Entratrata straordinaria (compreso l’asse ecclosiastico) . . . . » ,121,952*585 40 ì 1*398,409,598 81 Residui 1876 e retro. • ...L. 237,635,372 80

Competenza e r e s i d u i ... 1,636,044,971 61 Incassi previsti...L. 1,495,056,735 27

Le previsioni per la spesa sono :

Ministero delle finanze:

12 agosto 1877 L’ E C O N O M IS T A 201 Spesa ordinaria . . L. Spesa straordinaria . » C om petenza 1877 8 Ì 1 897,403,190 35 Residui 1876 e retro 142,951,580 08

P agam enti previsti

1,011,072,702 IO

Ministero di grazia e giustizia :

Spesa ordinaria . . L.

Spesa straordinaria . » 27,304,751 93 ) 329,400 00 j 27,634,151 93 1,879,491 90 29,343,643 33

Minuterò degli affari esteri:

Spesa ordinaria . . L.

Spesa straordinaria . » 5,891,881 00 } 174,856 00 > 6,066,737 00 904,998 63 6,367,735 63

M in!stero dell’ istruzione pubblica:

Spesa ordinaria . . L.

Spesa straordinaria . » 21,271,937 36 ( 773,324 76 ( 22,045,262 1 2 4,151,465 75 23,901,727 87

Ministero dell’ interno :

Spesa ordinaria . .

Spesa straordinaria . » 52,754,360 50 ) 3,301,819 86 $ 56,056,180 36 8,723,094 00 60,573,274 33

Ministero dei lavori pubblici:

Spesa ordinaria . . L.

Spesa straordinaria . » 50,061,417 94 / 83,905,098 82 ( 133,966,516 76 54,420,237 01 177,844,253 77

Ministero della guerra :

Spesa ordinaria . . L.

Spesa straordinaria . » 170,246,167 47 ) 25,023,000 00 j 195,269,167 47 37,076,985 20 214,198,152 67

Ministero della m arina:

Spesa ordinaria . . L.

Spesa straordinaria . » 40,439,778 39 i 1,190,990 72 S 41,630,778 11 16,978,324 12 53,585,102 23

Ministero di agricoltura, industria e commercio:

Spesa ordinaria . . L. Spesa straordinaria . »

9,761,513 51 )

353,705 00 j 10,117,218 41 2,275,368 38 11,600,810 79

Totale della spesa : Spesa ordinaria . . L. Spesa straordinaria . »

1,253,572,134 51 )

156,61 ,068 00 ) 1,390,190,202 51 269,361,545 08 1,588,487,103 25

ANTB0P01BTRIA E LIBERO ARBITRIO

Come ape andai suggendo il mele d ai lavori a ltru i p er appiccicarlo al mio alveare.

Gli augurii, le profezie, i vaticinii della antichità erano forse la espressione di un rudimentale calcolo

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propo-202 L’ E C O N O M IS T A sizione enunciata la prima volta dall’ illustre Belga

Adolfo Quótelet nella sua fisica sociale, che, cioè, i

fa tti dipendenti dall’umana volontà si ripetono di anno in anno colla stessa costante ed inalteràbile uniform ità che si riscontra nei fenomeni fisici.

Quételet poteva bene enunciare questa verità, poiché le statistiche di tutti i tempi e paesi presentavano relativamente ad alcuni fenomeni dati annui cosi poco dissimili fra loro, da potersi trascurare le dif­ ferenze che nei medesimi si riscontrassero. Colla media poi di un gran numero di osservazioni si otteneva un dato, che se non rispondeva perfetta­ mente ad ogni singola cifra annua, se ne scostava però assai poco, o tanto meno quanto più il numero

dei casi osservati era grande.

Osservisi la seguente tabella ufficiale (citata dallo stesso Quételet) della statistica criminale in Francia durante gli anni 1826 -2 7 —28—2 9 -3 0 —31. I dati di questa tabella poco differiscono fra loro, e sono quasi identici a quelli degli anni successivi.

Anno 1826 1827 1828 1829 1830 1831 Assassinò ingene­ rale . . . . 211 234 227 230 205 266 Fucile e pistola . 56 64 60 61 57 88 Sciàbola, spada, pugnale. . . 15 7 8. 7 12 50 Coltello . . . 39 40 54 46 44 34

Bastone, canna ec. 23 28 31 24 12 21

Pietre . . . . 20 20 21 21 11 9 Strumenti pun­ genti, taglienti 35 40 42 45 46 43 Strangolamento . 2 5 2 2 2 4 Precipitando ed affogando . . 6 16 6 1 4 3 Calci e pugni. . 28 12 21 23 17 26 Fuoco. . . . » 1 » 1 » » Sconosciuti . . 17 4 2 » 2 2

Agevol cosa sarebbe riprodurre le tabelle ufficiali della criminalità in varie contrade, e mostrare che e stesse cifro si riproducono di anno in anno con regolarità meravigliosa. Quótelet perciò nella sua opera. Sur l’homme et le développement de ses fa -

cultés scriveva : che in tutto ciò che riguarda i

delitti gli stessi numeri si riproducono con tale co­ stanza che sembrerebbe impossibile misconoscerla anche per quei delitti che sembrerebbe dovessero sfuggire più degli altri all’ umana previsione, quali sarebbero gli assassinò, posciachè commettonsi gene­ ralmente nelle risse che nascono senza motivo, e nelle circostanze apparentemente più fortuite.

L’ esperienza poi dimostra che non solo i delitti sono annualmente in numero eguale a un dipresso, ma ancora che gli strumenti che servono a com­ metterli sono adoperati nelle medesime proporzioni. Pongasi osservazione al numero complessivo degli

•12 agosto 1877 omicidii in Italia dall’anno 1864 al 1873 indicato nella seguente tabella:

Anno Totale-om icidii Maschi Fem m ine

1864 2026 1771 255 1865 2359 2067 292 1866 3068 2708 360 1867 2626 2319 307 1868 2198 1924 274 1869 2209 1964 245 1870 2604 2315 289 1871 2024 1786 238 1872 1630 1399 231 1833 1491 1292 199 Media annua 2224 1955 269

Per quel che si riferisce in ¡specie al suicidio piacemi riportare alcune parole di Enrico Tommaso Buckle, togliendole dalla sua opera dell’ Incivili­

mento.

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in-12 agosto 1877 O L’ E C O N O M IS T A __________ ____203 dividuale manda soltanto ad effetto ciò che è una

conseguenza necessaria delle circostanze antecedenti. » Lo stesso Quételet nella Statistique Morale a tal proposito aggiungeva: Tout semble dépendre de eau- \

ses déterminés. Ainsi nous trouvons annuelment à \ peu près le même nombre de suicides, non seulement en général, mais encore en faisant la distinction des sexes, celle des âges ou même celle des instruments employés pour se détruire. Une année réproduit si j fidelment le chiffre de l’année qui a précédé, qu'on peut prévoir ce qui doit arriver l'année qui va à \

suivre.

Gioverà forse a schiarimento degli asserti di Buckle e di Quételet aggiungere qualche dato sta­ tistico.

La seguente tabella indica i suicidò e le morti violente iti generale fra noi ¡dall’anno 1861 al 1870.

Anno S u icid a M irti violente in generale 4 884 709 7316 I860 728 10367 1866 588 8948 1867 753 9194 1868 784 9115 1869 633 9255 1870 788 10434

Lo studio dell» cause dei suicidò convaliderebbe pur esso quanto fin qui si disse. Ma per amor di brevità passandoci di questa fatica, staremo paghi ad esporre i dati relativi ai suicidò per mesi durante gli anni 1872, 1873, 1874 in Italia.

Anno 1872 1873 1874 Gennaio 40 68 96 Febbraio 87 46 74 Marzo 70 88 88 Aprile 83 99 104 Maggio 80 103 105 Giugno 101 123 148 Luglio 95 114 129 Agosto 68 81 69 Settembre 63 64 62 Ottobre 74 61 57 Novembre 62 63 56 Dicembre 62 57 51

Nè i delitti, seguiterò con Gerolamo Bocoardo sue Prediche di un Laico, formano la sola serie di fatti sociali procedenti con tanta costanza e regolarità. Tra le umane azioni niuna ve n’ha per fermo alla qua'e a primo aspetto l’individuale arbi­ trio più direttamente intervenga che in quella del matrimonio. È l’atto più importante della vita e chi lo compie non vi si determini, se possiede fior di prudenza, che colla più grande circospezione e cau­ tela. Gli imprevidenti medesimi non credono

obbe-dire nella scelta ad altro influsso che a quello della volontà propria o dell’altrui. E nondimeno se voi consultate le tavole statistiche di un periodo suffi­ cientemente lungo, trovate che il numero dei ma­ trimonii, fatta ragione dell’aumento o dello scemare della popolazione resta annualmente identico ed è quasi eguale a quello delle morti nelle città. Nè solo il numero dei connubii rimane di anno in anno co­ stante; ma questa costanza medesima osservasi nelle cifre che esprimono i matrimonii fra celibi, quelli fra vedovi e zitelle, quelli fra vedove ed uomini nubili e quelli di vedovi dei due sessi. »

In Italia, ad esempio, la cifra annua dei matri­ monii è uguale, con poche variazioni, a 190,744.

Ecco la tabella dei matrimonii fra noi negli anni 1872-73--74 tra celibi e nubili, tra celibi e vedove, tra vedovii e nubili, tra vedovi e vedove.

T R A c e l i b i T R A V ED O V I

ANNO e e

Nubili Vedove Nubili Vedove

1872 169,383 7670 18,632 6676

1873 180,316 8203 19,209 7178

1874 173,153 7863 19,455 7526

La seguente tabella, fatta una proporzione a 100 matrimonii, indica prima nella Inghilterra e Galles, poi nell’Italia i matrimoni fra celibi e nubili, fra celibi e vedove, fra vedovi e nubili, fra vedovi e vedove durante gli anni che scorrono dal 1865 al 1873 per l’ Inghilterra e Galles al 1874 per l’Italia.

Inghilterra e Galles

fra celibi fra celibi fra vedovi fra vedovi

a n n o e e e e

n ubili vedove nubili vedove

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204 L’ E C O N O M I S T A

12 agosto 1877 Fino poi nelle aberrazioni della memoria, con­

cluderò col citato Buekle, ci si presentano una co­ stanza e regolarità di fenomeni meravigliosi. Gli uffici postali di Londra e di Parigi hanno pubblicato prospetti del numero delle lettere senza indirizzo per ¡smemorataggine degli scrittori, e, fatti i debiti calcoli di diversità di circostanze, i risultati di ciascun anno si rassomigliano. Ciascun anno la stessa proporzione di scrittori di lettere dimenticano questo semplice atto, cotalchè per ogni periodo successivo noi pos­ siamo fin d’ora predire il numero delle persone, cui la memoria farà difetto in questa lieve ed acciden­ tale occorrenza. — La costanza e generalità dei fe­ nomeni che rivelanti nell’uomo morale ed intellet­ tuale riscontratisi a maggior ragione nell’uomo fisico. Le nascite, la proporzione dei sessi nelle nascite, le morti, la statura, il peso del corpo, la forza mu­ scolare, il colore degli ocelli, dei capelli, le malattie apparenti, la durata delle malattie e simili, sono tutti fatti, i quali si ripetono con tale costanza e re­ golarità, da permetterci di precisare la legge del loro svolgimento.

Laonde pormi dimostrata appieno la proposizione di Quételet, vale a dire die gli stessi fenomeni di­ pendenti dal l’agir libero dell’uomo ponno essere sog­ getti ai medesimi principii d’osservazione die reggono gli altrui fenomeni dell’universo.

Se non che un’altra verità esiste, quella del libero arbitrio umano, poiché l’uomo ha la facoltà di de­ terminarsi a suo beneplacito, di volere o non volere, di volere in uno modo piuttosto che in un altro.

Sentii animus se moveri, quod dum sentii, illud simul sentii se vi sua non aliena moveri.

È la coscienza nostra che dall’intimo suo ci ri­ pete che siamo liberi, è l’attestazione di tutti i tempi e di tutti i luoghi; sono i linguaggi, lo religioni, le leggi coi premii, colle parole, colle pene; è l’inces­ sante progresso, il quale segue una tangente che si sprofonda nella notte dell’avvenire, è il regresso che ci differenzia dai bruti; è la smania incessante di nuovi beni e di nuove felicità, sono gli assurdi, con­ seguenti alla negazione dell’umana libertà che pro­ clamano indiscutibilmente la esistenza del libero ar­ bitrio dell’uomo. Se d’altra parte l’uomo ha nel­ l’anima la forza o potenza di comprendere le cose e le loro relazioni, cioè il generale mediante il par­ ticolare; se l’uomo intende, giudica, ragiona, egli è necessariamente dotato di libertà.

Ecco iinpertanto spiegato come agli statistici, i quali con asservazioni costanti e generali avean di­ mostrato che l’uomo morale presenta fenomeni co­ stanti ed uniformi fors’ anche più di quelli fisici, si rinfacciasse di ripristinare le antiche dottrine dei fatalisti, e di negare il nostro libero arbitrio.

Poiché, scriveva il chiarissimo E. Morpurgo nella sua bell’opera, La statistica e le scienze sociali i

fenomeni che hanno origine dalle intime manifesta- ; zioni della coscienza individuale affermansi ripetuti | con proporzioni numeriche costanti ; poiché essi cre- donsi subordinati al meccanismo di una legge pre­ stabilita, poiché se si vata nto oltre da affermare che ! sulle orme delle esperienze passate il calcolo delle I probabilità può metterci in grado di predire le ma­

nifestazioni del pensiero e del cuore dell’ uomo, la libertà dell’uomo è veramente distrutta. La colpa, il merito, la responsabilità, il dovere, il premio, la la pena diventano parole vuote di senso; tutte le istituzioni che rampollarono da esse cadono esautorate a guisa di culti e di riti, dei quali sia stato sbu­ giardato il nume. In una parola il fato e la necessità prendono il posto della responsabilità e della libera scelta. »

Nessuno statista però ebbe mai in animo di negare il libero arbitrio dell’uomo, tutti anzi nelle leggi della fìsica sociale curarono di leggere una conferma della nostra morale libertà.

Quételet per primo alla domanda: che avviene del libero arbitrio se i fenomeni del mondo umano sono governati da leggi generali e costanti, rispondeva distinguendo innanzi lutto l’individuo singolo dal complesso degli individui o società, perchè l’individuo potrebbe essere libero, ma non essere libera la so­ cietà nel suo svolgimento.

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12 agosto 1877 L’ E C O N O M I S T A 205 La teoria dell’immortale Quótelet raggiunge lo

scopo di conciliare le leggi antropometriche colla umana libertà? Siami lecito osservare che Quótelet comincia dal riconoscere la somma difficoltà, per non dire impossibilità, di stabilire fondate e sicure previsioni sulla condotta di ogni individuo singolo, perchè infinitamente varie, molteplici sono le con­ dizioni che costituiscono l’ambiente fisico-morale di ogni singolo individuo, diversa la tempra d.ell’or- ganismo, la istruzione intellettuale e morale, le abi­ tudini, le doti naturali od acquisite, cose tutte che ponno poi modificarsi col processo del tempo. Sem­ brerebbe adunque che Quótelet volesse inferirne la impossibilità di sottoporre al calcolo delle probabilità le masse degli individui. Ma ciò non è, essendo anzi ben diversa la conseguenza che ne trae. La società però è essenzialmente composta degli individui, e non è quindi lecito spogliare ogni uomo singolo della sua personalità ed individualità. La statistica tutt’al più non ia che osservare e classificare un fatto determinato sopra molti individui e per lungo spazio di tempo. Puossi adunque obbiettar sempre alla teoria di Quótelet che se la società nel suo complesso considerata obbedisce al meccanismo di leggi prestabi­ lite, anche gli individui singoli obbediscono a tali leggi, perchè la società è composta di individui; e d ie s a per contro gli individui singoli sono liberi, anche la società quale composto di individui deve neces­ sariamente essere libera. 0 si nega la libertà nel­ l’individuo, o la necessità delle azioni sulla società; nell’un caso e nell’altro le dottrine di Quótelet non raggiungono lo scopo di conciliare la esistenza delle leggi antropometriche coll’umano arbitrio. Le propor­ zioni numeriche secondo cui certi fenomeni si sue*- cedono non sono al postutto che un effetto degli stessi fenomeni; si che resta sempre ad indagarsi la causa della loro ripetizione costante ed uniforme. Le condizioni sociali, dice Quètelet, determinano i fatti della società, e l’attività umana nel modificare quelle condizioni dimostra l’umana libertà. Pure se l’uomo è determinato a certi atti dalle condizioni dominanti ad un momento dato in società, come af­ fermare che l’uomo può liberamente modificare quelle condizioni? Sempre puossi ripetere che alla libertà dell’individuo corrisponde la libertà della società, ed alla necessità delle azioni in quest’ultima la nega­ zione del libero arbitrio nell’individuo.

Herbert Spencer nei suoi Principles o f Psycology viene citato spesso dagli scrittori statistici per con­ ciliare le leggi antropometriche colla libertà umana. Che ognuno sia in libertà, dice egli, di fare ciò che desidera di fare (supponendo l'assenza di qua­ lunque ostacolo esteriore) tutti lo ammettono, benché alcuni aventi idee molto confuse suppongano che sia questa appunto la cosa da noi negata. Ma che ognuno sia in libertà di desiderare o di non desi­

derare — ed è questa la proposizione involta nel dogma del libero arbitrio — è ciò che risolutamente impugniamo. I desideri attuali di un uomo sono de­ terminati dai suoi desiderii, dai suoi atti, dalle sue abitudini anteriori, dalle condizioni fisiche, morali, intellettuali nella cui cerchia egli vive, sono i resul- tamenti della sua propria vita antecedente, sia (ciò che più monta qui di osservare) della vita di tutta la razza alla quale egli appartiene e dalla quale di­ scende, sia infine dall’ambiente morale e sociale in mezzo a cui egli esiste; e tutte queste cause sulle quali egli non ha realmente potere di sorta deter­ minano i suoi desiderii, che è quanto dire i motivi della volontà, in modo tale che parlare di un arbi­ trio assolutamente libero è effettivamente implicare la più assurda delle contraddizioni. Un uomo il quale dopo essere stato soggetto ad un impulso consistente in una moltiplicità di condizioni psichiche, reali ed ideali adempie una data azione, asserisce che egli ha determinato di operare quella azione, e par­ lando del suo consapevole lo come di qualche cosa distinta dalla moltitudine delle condizioni psi­ chiche costituenti l’impulso, è tratto nell’errore di supporre che non sia stato l’impulso solo, ma bensì il suo Io quello che ha determinato l’azione. Ma la intera moltitudine di psichiche condizioni che costi­ tuivano l’7o antecedente all’azione, costituivano \’Io stesso nel momento in cui l’azione si svolgeva, ed il separarli come due enti distinti è illusione ed in­ ganno. — Affermando però che i desiderii umani sono determinati dal complesso delle condizioni della società e delia razza cui l’individuo appartiene, non si salva l’umana libertà e non si raggiunge lo scopo di conciliarla colla esistenza delle leggi antropome­ triche. Ogni fatto umano anzi per quanto abbomi- nevole viene in tal guisa giustificato. Certo che l’uomo, essendo dotato di ragione, si determina al­ l’atto per un qualche motivo e per un qualche de­ siderio. Ma l’azione umana è buona o malvagia a seconda che risponde o no ad un tipo ideale ed assoluto. Or siccome l’uomo vuoi coll’istinto e col­ l’intuito, vuoi colla ragione e colla riflessione può accorgersi se l’atto che vuol compiere armonizza colle norme supreme del giusto e dell’onesto, così egli è colpevole dell’atto liberamente compiuto.

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esi-206 L ’ E C O N O M I S T A \ 2 agosto 1877 stenza. » Questa è la legge generale, e la questione

speciale relativamente agli individui che commette­ ranno il delitto dipende naturalmente dalle leggi speciali, che devono obbedire nondimeno nella loro azione completa alla grande legge sociale a cui sono subordinate. Il potere di questa grande legge è così irresistibile, che l’amore della vita, o il timore di un altro mondo sono completamente senza potere anche per equilibrare la sua operazione. Chi noti vede come il Laurent traesse da ciò ragionevole ar- gomento per gridare nella sua Philosnphie de la

histoire. Dov’ò il grido istintivo della coscienza contro

il fatalismo del delitto, se alcune migliaia di delin­ quenti son spinti in modo irresistibile verso i tri­ bunali e verso le condanne che li attendono? La libertà umana è una derisione, se vi Ita necessaria­ mente ogni anno un numero fatale di delinquenti. Quelli che commettono i delitti pagano il debito della società. Gli sventurati sono più da compiangere che da biasimare. Alcuni scrittori logici perciò pro­ clamano ad alta voce che i malfattori sono innocenti vale a dire che non vi sono più malfattori. Gli uo­ mini estraggono a sorte ogni anno per determinare chi fra essi sarà falsario, chi assassino, chi ladro come estraggono a sorte per sapere chi sarà sol­ dato. — L'umana libertà è per fermo distrutta, se una legge imperante alla società si rivela nell’agire di parte dei membri che la compongono. Le obbie­ zioni del resto già mosse alla dottrina di Quótelet contrappongonsi del pari alle affermazioni di Buckle.

Nell’insigne sua opera Sisttma di Logica, Stuart Miti ripete pur esso « che la dottrina della causalità delle azioni umane non afferma alcun nexus miste­ rioso, alcuna fatalità assoluta; afferma soltanto che le azioni degli uomini sono l’effetto combinato delle leggi generali, delle circostanze della natura umana e dei loro caratteri particolari, mentre dall’altro lato questi caratteri sono la conseguenza delle circostanze naturali ed artificiali che hanno costituito la loro educazione, fra le quali circostanze è d’uopo com­ prendere i loro proprii sforzi volontarii e consape­ voli. — Sembra quindi da ciò che Miti rimproveri ai sostenitori delle teorie metafisiche del libero arbitrio di credere che l’uomo agisca senza una causa. Ma poiché la ragionevolezza è un attributo essenziale della umana natura, non è possibile pur solo ideare atto umano senza una ragione dell’atto.

Negasi soltanto che l’uomo obbedisca all’iinpero delle circostanze generali, od a quello delle circo­ stanze speciali dell’individuo, essendo che una tale premessa distruggerebbe ciò che ci viene attestato dalla nostra coscienza e dalla esperienza quotidiana. — L’uomo con uno sforzo di energia proveniente dalla sua libera attività si sottrae bene spesso dalla pressione di quanto lo circonda.

Non mancano nella nostra Italia valenti scrittori

che si sieno occupati della concordanza delle leggi antropometriche col libero arbitrio. Cito i nomi di Fe­ dele Lampertico, Angelo Messedaglia, Luigi Bodio, Emilio Morpurgo, Girolamo Boccardo, i quali fanno onorata la patria nostra nel mondo della scienza.

Fedele Lampertico in una sua scrittura (della statistica come scienza in generale e di Melchiorre Gioja in particolare, inserita negli atti dell’Istituto Veneto afferma che le leggi osservate dalla statistica si verificano soltanto neH'insieme dei fatti, non già nei singoli fatti considerati a parte.

La statistica indica il corso dei fatti sociali ma senlesi impotente ai presagi individuali. La re­ golarità poi dei fenomeni morali non si verifica se non entro certi limiti tanto del tempo quanto del campo di osservazione, non si verifica, cioè, se non a pe­ riodi e solo per fatti sociali. Il che significa che mutano le condizioni sociali, cosicché se in un dato periodo, in cui le condizioni sociali sono le mede­ sime, riseontransi uniformi i sociali fenomeni, tale uniformità non si verifica punto nò poco in periodi diversi. Qui si manifesta l’azione potente dell’uomo, qui si appalesa il concetto di Romagnosi, che ri­ guardava l’incivilimento come una continua disposi­ zione delle cose e delle forze della natura, preordi­ nata dalla mente ed eseguita dalla energia dell’uomo, in quanto tale disposizione produce una colta e sod­ disfacente convivenza. L’uomo si rifà della influenza sopra lui esercitata dal mezzo fisico e sociale in cui vive col mutare essenzialmente il mezzo stesso. In tal modo la statistica coll’aver dimostrato la unifor­ mità dei fenomeni morali in un dato periodo e sempre ben inteso dei fenomeni sociali non indivi­ duali, ma col mostrare in pari tempo quella rego­ larità limitata appunto ad un dato periodo, non ha fornito per conto suo una nuova negazione del li­ bero arbitrio, ma bensì gli ha dato un posto più degno. — Dopo ciò il senatore Fedele Lampertico colla scorta di Wagner e di Mill parla delle cause generali della società e delle cause particolari, speciali a ciascun individuo, ripetendo che l’esperienza collet­ tiva separa esattamente l’effetto delle cause generali da quello dovuto alle cause speciali, e mostra il prodotto delle prime, essendoché le cause tutte, le cause morali diverse da quelle comuni a tutto il paese, sono state eliminate dal grande numero di casi presi in con­

siderazione, e quelle comuni a tutto il paese hanno poco variato nel breve spazio di tempo compreso nelle osservazioni. — Tuttavia pormi che l’egregio I senatore Lampertico non abbia tolto il grave di­

fetto di considerare la società come qualche cosa di diverso dagli individui che la compongono. Am­ messo inoltre che la società presenta fenomeni co­ stanti ed uniformi entro certi limiti di spazio e di tempo, sembrerebbe che entro quei limiti i fenomeni

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