• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.160, 27 maggio

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.160, 27 maggio"

Copied!
32
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FIN A N ZA , COMMERCIO, BANCHI, FE R R O V IE, IN TER ESSI PR IV A TI

Anno IY - Yol. VII

Domenica 27 maggio 1877

N. 160

L’AUMENTO DI DAZIO SUOLI ZUCCHERI

Nella tornata del 27 marzo 1877 l’onor. ministro delle finanze presentava alla Camera un progetto di legge, che riproduciamo più sotto riguardante una tassa di fabbricazione e consumo sugli zuccheri in­ digeni e portante delle variazioni ad alcuni articoli della tariffa doganale, e precisamente un aumento a questa tariffa sulla importazione del caffè e degli olii minerali.

Si tratta in sostanza di aumentare di 18 milioni l’entrata dello Stato, e questo scopo si intende rag­ giungere coll’elevare di L 21 15 al quintale la tassa di introduzione sugli zuccheri esteri, imponendo in eguale misura una tassa di fabbricazione sugli zuc­ cheri indigeni e sui raffinati nelle officine nazionali, e aumentando di L. 20 al quintale il dazio sul caffè e di L, 3 quello sugli olii minerali.

1 trattati di commercio lasciavano 1 ibertà intorno ad alcuni articoli, e il Governo italiano chiese au­ menti replicati ad alcuni prodotti di largo consumo. Infatti esso dal 1864 al 1872 chiese ben quattro volte alle tariffe doganali un sussidio per le stret­ tezze finanziarie, ponendo a contributo tutte le merci di qualche importanza, non comprese nei patti in­ ternazionali.

Per non parlare che dei coloniali e del petrolio, veggasi quali furono le variazioni di tariffa avvenute :

Caffè. — Tariffa sarda . . . L. 31 50 Tariffa del 1859 (aggiunta del decimo

di g u e r r a ) ... » 34 651p e r 100 ch ilo g .

Legge del 24 novembre 1864 . . )) 46 20, lordopeso

Legge del 28 giugno 1866 . . . )) 57 75'

Legge del 19 aprile 1872 . . . » 60 »

Pepe — Tariffa sarda . . . » 26 25 Tariffa del 1859 ... » 28 87 p >r 100 c h ilo g .

Legge del 24 novembre 1864 . . » 54 65 peso

lo rd o

Legge del 28 giugno 1866. . . )) 46 20

Cannella fine. — Tariffa sarda . )) 103 ))

Tariffa del 1859 ... )) 115 G 0 > p e r 100

Legge dal 24 novembre 1864 . . » 138 60 c h ilo g .

Cannella comune. — Tariffa sarda » 42 »

Tariffa de! 1859 ... )) 46 20p e r 100

Legge del 24 novembre 1864 . . )) 57 75 ch ilo g .

Chiodi da garofano. — Ta ri ffa sa rda » 52

Tariffa del 1859 ...» 57

Legge del 24 novembre 1864 . . » 115

Un altro notevole esempio di aumenti di dazio 10 abbiamo negli olii minerali. La loro prima tas­ sazione fu stabilita dal regio decreto 25 luglio 1864; 11 quale conservando la esenzione per i petrolii grezzi, assoggettò i depurati o raffinati al dazio del­ l’olio di trementina L. 2 per 100 chilogrammi).

Successivamente ebbero luogo le seguenti modi­ ficazioni di gabella : Legge 2 aprile 1866 : Petrolii g r e z z i...Esenti 50) 7 5 } p e r 100 so r iios-Petrolii raffinati . . . . L. 6 » Legge 16 giugno 1871 : Petrolii g r e z z i ... 5 77 Petrolii raffinati... . » 10 39 Legge 19 aprile 1872: / Petrolii g r e z z i ... 19 » I

Petrolii ralimati i . pp . \ in casse . , ... . » 24 »

in bardi . . » 25 »

Quanto allo zucchero compreso nelle tariffe unite ai nostri trattati di commercio, non potè elevarsi il dazio. Onde esso paga sempre L. 28 85 se è raffi­ nato, L. 20 80 se non lo è. Esso è tassato meno che nei principali Stati d’Europa, come apparisce dalla tabella seguente, la quale addita i dazii d’ en­ trata sopra gli zuccheri raffinati riferiti ad un quintale.

(2)

626 L’ ECONOM ISTA

1870. Zucchero raffinata . .

Id. non raffinato .

Quint. 537,978

» 146,211

Totale Quiut. 684,189

1871. Zucchero raffinato . .

Id. non raffinato .

Quint. 569,720

» 141,457

Totale Quint. 711,177

1872. Zucchero raffinato . .

Id. non raffinato .

Quint. 538,174

» 164,011

Totale

1873. Zucchero raffinato . .

Id. non raffinato .

Totale

1874. Zucchero raffinato . .

Id. non raffinato .

Totale

1875. Zucchero raffinato . .

Id. non raffinato .

Totale Quint. 702,185 Quint. 510,140 » 297,523 Quint. 807,663 Quint. 450,922 » 343,021 Quint. 793,943 Quint. 481,285 » 378,515 Quint. 859,800 1876. Zucchero raffinato . .

Id. non raffinato .

Totale

Quint. 423,838

»> 373,395

Quint. 797,233 È evidente secondo il ministro che, come non ebbero notevole azione sopra il consumo le varia­ zioni di prezzo, non potrà averne maggiore un ac­ crescimento di diritto il quale di poco ecceda 20 centesimi per chilogrammi. Come risolvere la que­ stione?

Mancato il tempo di stipulare nuovi trattati di commercio, non resta altro partito all’ infuori di quello di stabilire una . tassa sulla fabbricazione e sulla raffineria, alla quale corrisponderà un’ equi­ valente sopratassa di confine giovandosi del disposto dell’articolo 6° del trattato con la Francia :

« Si I’ une des hautes parties contractantes juge nécessaire d’établir un droit nouveau d’accise ou de consommation, ou un supplément do droit sur un article de production ou de fabrication nationale compris dans les tarifs annexés au présent traité, l’article similaire étranger pourra être immédiate­ ment grevé à l’importation d’nn droit égal. >

Gli altri trattati contengono analoghe stipulazioni. La relazione trova che in tal modo si preparano relazioni più corrette tra l’erario e la fabbricazione dello zucchero indigeno, la quale, qualora si au­ mentasse notevolmente il dazio di confine, senza sottoporla a lassa speciale, avrebbe una protezione veramente esorbitante. Ora, sebbene il Governo non abbia gran fede nell’ avvenire della barbabietola o dei suoi succedanei in Italia, tuttavia non deve obliare

27 maggio 1877 che in altri paesi questa industria, dopò avere per lunghi anni tratto un’ esistenza miserissima, non ostante i favori moltiplici onde fruiva, sorse poi a tale grandezza da minacciare gravemente la produ- dello zucchero coloniale. E ad ogni modo è giusto che questo zucchero di fabbricazione indigena, per quanto poco esso sia, contribuisca ai bisogni del Tesoro.

Anche riguardo alla raffineria il disegno della tassa è quello che meglio risponde ai voti manife­ stati recentemente dal Consiglio del commercio, il quale suggerì che in una riforma della tariffa degli zuccheri si lasciassero inalterate le condizioni nelle quali si trova la raffineria rispetto all’applicazione dei dazi.

In conseguenza le fabbriche di zucchero di bar­ babietola pagheranno lire 21, 15 per ogni quintale di zucchero greggio che produrranno, e le raffine­ rie, ricevendo lo zucchero dall’estero col dazio di lire 20 80, pagheranno esse pure lire 21 15 di tassa sullo zucchero raffinato che uscirà da esse per entrare in consumo.

Lo zucchero raffinato e il non raffinato intro­ dotti dall’estero, essendo soggetti alla sopratassa di lire 21 15, pagheranno rispettivamente 50 lire e 41 95, restando fra queste due somme la stessa differenza di lire 8 03 che è presentemente tra i due dazi.

Nè le fabbriche di zucchero indigeno, nè le raf­ finerie avranno cagione di lagnarsi di questi prov­ vedimenti che lasciano inalterate le loro condizioni. In fatto lo zucchero indigeno pagherà sempre lire 20 80 di meno dei diritti a’ quali è sottoposto lo zucchero estero non raffinato.

La raffineria è costituita rispetto ai dazi di con­ fine nella seguente situazione. Se prendiamo per base del calcolo gli zuccheri greggi che offrono un rendimento di 88 (1), che è il titolo al disotto del quale il commercio disdegna abitualmente gli zuc­ cheri da raffinarsi e attribuisce loro prezzi non più proporzionali alla ricchezza, ma in riduzione pro­ gressiva, noi ricaveremo il dazio che il raffinatore nazionale deve pagare per ottenere un quintale di zucchero raffinato, il quale si suppone contenga 100 parti di zucchero, dalla seguente proporzione:

88 : 100 : : 20 80 : x

dalla quale si ha x = 23 63. Siccome un quintale di zucchero estero paga 28 83, così la raffineria nazionale, gode ora di un vantaggio di 28 85 — 23 63 = 5 22. In avvenire saranno immutate le cose riguardo ai dazi sullo zucchero greggio onde si provvedono le raffinerie salvo che queste, oltre

(3)

27 m astio 1877 L’ ECONOMISTA

6 27

le lire 23 63 di dazio che pagheranno sulla mate­ ria prima necessaria a costituire un quintale, do­ vranno soddisfare la tassa di fabbricazione di lire 21 13, cioè 23 63 X 21 lo = 44 78. Siccome lo | zucchero raffinato estero pagherà tra dazio e sopra­ tassa lire SO avremmo : SO — 41 78 = S 22.

Con questo il ministro crede di avere provata la

equità della tassa, e viene quindi a parlare dei me-

j

todi coi quali intende di applicarla.

La Giunta ha approvato il sistema proposto dal Governo e noi riferiamo quella parte della relazione di essa, in cui più succintamente tratta del metodo di tassazione, intorno al quale la relazione ministe­ riale si estende più lungamente.

« L ordinamento delle tasse sugli zuccheri fu in tutti i paesi sempre grandemente difficile e labo­ rioso.

Collegato dapprima agli interessi del sistema co­ loniale. subì nuove e maggiori difficoltà quando alla produzione coloniale venne a fare concorrenza la produzione indigena.

Quando era ignota la produzione degli zuccheri indigeni, sorse una gara fra tutti gli Stati per atti­ rare nei propri porti la maggior quantità dei pro­ dotti coloniali, che, raffinati, diventavano poi un im­

portante articolo di esportazione. Pensavano che le

J

grandi perdite, alle quali soggiacevano per effetto di un esagerato protezionismo, fossero compensate dall’aumento del lavoro nazionale e dallo sviluppo della navigazione, che procurava al proprio commercio un’estesa clientela sui mercati stranieri.

La estrazione dello zucchero dalla barbabietola, scoperta nel 1747 in Germania, rimase nelle infan­ zia, e quasi ignorata fino al principio di questo se­ colo. È stato detto che quella gigantesca violenza econornico-politica, che fu il blocco continentale, può considerarsi come l’atto di nascita della indu­ stria degli zuccheri indigeni. Essa ottenne favori straordinari, e tali, che, ristabilita la libertà della navigazione, la produzione coloniale minacciava di isterilire affatto, non potendo sostenere la concor­ renza della indigena, e fu allora che per stabilire l’equilibrio fra le due produzioni si introdussero grado a grado le tasse interne.

Ma l’antica lotta tra gli Stati durava ostinata. Se il sistema della protezione faceva fare rapidi e straor­ dinari progressi all’industria degli zuccheri, sottopo­ neva però le finanze degli Stati combattenti a perdite assai gravi. I danni divennero intollerabili. I Governi che rappresentavano gli interessi maggiori nelja pro­ duzione, e nel commercio degli zuccheri, avvisarono al modo di evitarli per l’avvenire, e dopo lunghi negoziati, nel fine di rendere impossibili i premi diretti o indiretti alla esportazione; pervennero a con­ cordarsi sopra un metodo uniforme di tassazione, che fu sancito dalla Convention Internationale re­

gioni le régime des d r o itf des sucres, sottoscritta a

Parigi nel giorno 8 novembre 1861 dai plenipoten­ ziari dei Governi del Belgio, della Francia, dell’In- ghilterra e dell’Olanda.

Il metodo era questo:

Si fe’ base dei venti tipi che servivano a classifi­ care gli zuccheri del commercio olandese e si di­ visero in quattro gruppi, distinti fra loro dal colore; nei tipi inleriori più fosco, nei superiori più chiaro. Per ciascun gruppo dei tipi si determinò il rende»

ment, ossia la quantità di zucchero raffinato che si

presumeva poter contenere un quintale di zucchero greggio. Sulla differenza tra la quantità greggia e la raffinata dovevano essere ragguagliati i drawbacks (rimborsi dei dazi pei prodotti esportati) e gli ab­ buoni di tassa concessi dai Governi contraenti, e doveva anche dedursene la precisa correlazione fra i rendime ti, convenzionalmente adottati, e le im­ poste vigenti nei rispettivi paesi.

Quale sia stato il risultato pratico della conven­ zione non è qui il luogo di narrare. A noi basta il dire che ben tosto si riconobbe la fallacia del si­ stema dei tipi: inesattezza per la complessività dei molti numeri in un sol gruppo; frodi, delle quali diremo la mamnore.

Nei tipi bassi, minore essendo il rendimento, mag­ giore ne risultava la differenza tra la quantità greggia, e' la raffinata, sulla qual differenza si ragguagliava poi il rimborso delle tasse. Più il tipo aveva fosco il colore, più pagava lo Stato per rimborso, e meno riscuoteva per tasse interne. Si trovò subito Io ma­ niera di dare il colore più fosco ai tipi più ricchi di zucchero ed a tale uopo una fabbrica (a Arras) produsse il caramel pour la coloration des sucres. Inutile a dire che contemporaneamente si scopriva il modo per ridare poi la perduta bianchezza, e fu chiamato un tour de main.

Così dagli industriali venne risoluto il problema di dare l’apparenza dei tipi bassi a quelli che ave­ vano più ricchezza di zucchero, con grande loro profitto, e con grandissimo danno delle finanze. Tali dovevano essere, e furono i resultati di un sistema che aveva per base la tinta {mance} dello zucchero.

Sfatati i tipi, gli studi si rivolsero alla saccari­ metria. Ecco in che consiste.

(4)

628 L’ ECONOM ISTA 27 maggio 1877

nando la restituzione dei dazi per tutti quei prò gradi. Un ingegnoso ¡strumento, che chiamasi p o ­

larimetro, serve a misurare queste deviazioni.

Ma queste delicate operazioni non bastano, oc­ corre ancora eliminare parecchie materie estranee, che hanno la proprietà d’impedire la cristallizzazione di una parte dello zucchero, e a tal fine molti sono i mezzi proposti. Sventuratamente però espertissimi professori francesi, dopo ripetuti ed accurati espe­ rimenti, riuscirono a risultati diversi. Nè altrimenti è avvenuto in Italia; imperocché i saggi saccarime- trici, fatti per incarico del Ministero di agricoltura, industria e commercio dagli egregi professori Bechi Sestini e Cossa presentano tali differenze di risul­ tati tra loro da sconsigliare, ameno nello stato at­ tuale degli studi, l’applicazione della saccarimetria, nelle operazioni doganali, comunque essa si vada accreditando nel commercio tra compratori e ven- | ditori.

Nulla diremo del sistema misto, tipi e saccarime­ tria insieme, che ha bisogno ancora di maggiori e di migliori studi, bastando a noi, per concludere, osservare che scaduta la convenzione internazionale del 1864, altra ne stipularono nel 1875, la Francia l’Inghilterra, e l’Olanda, la quale vincola gli Stati contraenti all’ applicazione del metodo dell’esercizio, ossia della sorveglianza diretta. Questo fatto è una riprova recente ed autorevole dei difetti degli altri sistemi. Il Belgio soltanto volle rimanere fedele a! sistema dei tipi, diminuendo però l’imposta, e rial­ zando il rendimento.

Per tali considerazioni, la Giunta vi propone di adottare il sistema deW esercizio, come dal Governo è stato proposto, sistema che più facilmente può essere applicato in Italia, dove pel piccolo numero delle fabbriche riesce più agevole la sorveglianza diretta. »

Il Governo propone poi, come abbiamo detto un aumento del dezio d’ importazione sopra il caffè e gli olii minerali, pei quali i trattati di commercio ci lasciano piena libertà, e crede che esso non eser­ citerà un’azione deprimente sul consumo, e che i consumatori non ne risentiranno gli effetti imperocché l’accresciuta imposta è compensata dal diminuito prezzo degli olii minerali e del caffè.

I trattati di commercio stabiliscono il dazio sul cioccolatte, e quindi non si può aumentarlo. Era giusto di compensare i produttori italiani, i quali, per l’aumentata tassa sugli zuccheri, non potrebbero sostenere la concorrenza straniera. A tale uopo il Governo propone di diminuire il dazio sul cacao, ed il compenso sembra adeguato.

Rispetto all’industria dei canditi, il Governo crede che l’attuale dazio di lire 46 20 sull’ entrata dei prodotti esteri similari, sia esuberantemente com­ pensatore anche della nuova tassa; ma bisognava provvedere agl’interessi della esportazione,

delermi-dotti nei quali in proporzione maggiore o minor si adopera lo zucchero. A questo fine sfi è introdotto nella legge Fari. 6. Riguardo al quale (sia detto per incidenza) ci sembra un po’troppo lata la fa­ coltà rilasciata al Governo di determinare le

resti-Noi ci riserbiamo di discutere più largamente la questione. Sembra ormai assicurata l’approvazione della Camera, ma ad ogni modo gioverà sempre il trattare l’argomento, quando ci saranno pervenuti i resoconti officiali della discussione parlamentare che ormai volge al suo termine.

L’onorevole ministro delle finanze aveva presen­ tata questa proposta nell’atto in cui si proponeva di preparare l’abolizione del corso forzoso. Quindi ci sarebbe sembrato logico il non scindere i prov­ vedimenti proposti a quel fine.

Se essi fossero sembrati alla Camera, come parvero a noi, impari allo scopo vagheggiato, la imposizione della nuova tassa non avrebbe avuto più ragione d’essere, ammenoché in realtà la si voglia mettere perchè iì pareggio del bilancio, come pare abbia dichiarato l’onorevole Depretis, in una riunione della maggioranza, sia nominale e non effettivo.

La ragione addotta dall’onorevole Mezzanotte della precedenza che si è data alla proposta sugli altri provvedimenti non ci pare davvero accettabile. Egli dice che all’annunzio della nuova tassa il commer­ cio importò una gran quantità di zucchero con danno dell’erario e dei fabbricanti nazionali, i quali si dovranno trovare poi a sostenere la concorrenza di cotesta merce che non fu colpita dall’aumento del dazio. In verità che anche lasciando da parte che la industria indigena è bene scarsa, crediamo che da qui a che la legge venga promulgata il commercio avrà in ogni modo il tempo di far ve­ nire quanto zucchero voglia, e se si è voluto anti­ cipare di qualche giorno la discussione per questo, non ci pare che si sia fatta cosa molto seria.

La tassa del resto, si dice, non è di protezione, e ne conveniamo agevolmente e non la combattiamo a nome dei principii del libero scambio. Solo ci permettiamo di osservare che per render buona una tassa non basta che essa sia tale che non violi nes­ suno di questi principii. Una nuova tassa è sempre un aggravio pei consumatori, e quando questi sono soverchiamente tassati, conviene andare adagio ad imporre nuovi pesi.

(5)

27 mastio 1877 L’ ECONOMISTA 629

Le case economiche a Roma

in essi un aumento non lieve, come sempre l’espe­ rienza dimostra.

C’ è poi un’altra cosa da osservare quanto agli zuccheri. Noi vediamo che la Francia, l’Austria e la Prussia, hanno aspettato un gran pezzo a colpire questa industria, che dapprima era meschina e poi andò largamente estendendosi.

Il Governo stesso sebbene « non abbia gran fede nell’avvenire della barbabietola e dei suoi succedanei in Italia, tuttavia non deve obliare che in altri paesi questa industria, dopo avere per lunghi anni tratto un’esistenza miserissima, nonostante i favori molte- pìi i onde fruiva, sorse poi a tale grandezza da mi­ nacciare gravemente la produzione coloniale. » Ed allora è ben fatto « che questo zucchero di fabbri­ cazione indigena, per quanto poco essa sia, contri­ buisca ai bisogni del Tesoro?»

Non è egli probabile che la stessa industria dav­ vero cosi meschiua da noi, ma che pure potrebbe avere un avvenire davanti a sè, sia soffocata in sul nascere? Non è probabile che le vessazioni insepa­ rabili dal sistema di tassazione prescelto non vi contribuiscano?

Noi non sappiamo se il dubbio da altri sollevato circa alla possibilità che, sparita l’industria e quindi la tassa, gli Stati coi quali siamo legati dai trattati ci chiedano di stabilire un’altra tassa di consumo, non sappiamo, diciamo, se questo dubbio sia esatto. Comunque sia, non ci pare che sia provvida cosa quella tassa, tanto più che finché il sistema dello esercizio per le raffinerie non sia applicato in Fran­ cia ed in Austria, i loro prodotti esportati godranno un premio che accrescerà le difficoltà per la nostra industria. Per la quale non vuoisi chiedere la pro­ tezione, ma alla quale altresi non conviene imporre pesi e creare condizioni tali da renderla incapace di sostenere la concorrenza.

Quanto poi alla opinione che ci pare taluni ab­ biano manifestato alla Camera che cioè si dovrebbe accettare i nuovi pesi diminuendo di altrettanto quelli già esistenti, diciamo subito che non ci persuade uè punto nè poco. 0 una nuova entrata è assoluta- mente necessaaia, e allora chiniamo il capo e pas­ siamo sotto le forche caudine. 0 non lo è, e allora si respinga senza accrescere le mutazioni che sono state anche troppe, tanto più che non è dato calco­ lare se alle previsioni risponderanno i fatti, il che avviene sempre di ogni nuova imposta (1).

(1) Progetto d i legge. — A rt. 1. È sta b ilita una tassa di lire 21 15 per ogni q u in ta le m etrico di zucchero g reg g io o raffinato, che sia prodotto nelle fabbriche di zuccheri indigeni o n e lle raffinerie na­ zionali per il consumo nello Stato.

A rt. 2. La tassa sa rà p a g a ta alle finanze dello S tato dagli esercen ti le fabbriche e le raffinerie di zucchero.

Di questi giorni è stata presa a Roma una bella iniziativa. Se ne deve il merito all’egregio senatore Alessandro Rossi che l’ha creata e se ne fa esecu­ tore, ed al Municipio di Roma che l’ha grandemente favorita.

Le fabbriche e raffinerie di zucchero saranno so t­ toposte a lla v ig ilan za perm anente degli ag en ti della finanza, i quali risco n treran n o tu t te le operazioni in d u striali eseguite in ogni stabilim ento, per ac- [ c ertare le q u a n tità di zucchero soggette a lla tassa

su d d etta.

A rt. 3. Ai d ir itti doganali su lla im portazione dello zucchero, tanto raffinato quanto non raffinato, de­ stin ato al consum o, sarà a g g iu n ta una sopratassa di lire 21 15 per ogni q u in tale m etrico.

Q uesta sopratassa sarà eziandio riscossa sugli zu c­ cheri in tro d o tti n ella c ittà franca di M essina, a meno che si t r a tt i di sem plice tran sito .

À rt. 4. N ell'applicazione della m u lta al co n tra b ­ bando per illegale im portazione di zuccheri si te rrà anche conto della d e tta sopratassa.

A rt. 5. Con regolam ento approvato per regio de­ creto saranno sta b iliti gli obblighi dei fa b b ric a n ti e dei raffinatori, e si determ ineranno p a rtic o la r­ m ente :

a) Le disposizioni necessarie p er rim uovere il

pericolo di frodi a lla finanza;

b) I locali da fornirsi g ra tu ita m e n te ag li agenti

della finanza;

c) La formazione d ell’ inventario in ogni sta b i­ lim ento, nel giorno in cui e n tre rà in vigore la p re ­ sente legge, non che le norm e per g li in v en tari successivi ;

d) Le s c r ittu re da tenersi per liquidazione della

ta s sa ;

e) Le g u a re n tig ie p er il pagamento dei d ir itti

dovuti a lla finanza, che p o trà farsi anche m ediante cam biali ;

f ) Le pene da ap p licarsi ai co n trav v en to ri, entro

i lim iti s ta b iliti dalle leggi in vigore, rig u ard o alle a ltre tasse di fabbricazione.

A rt. 0. Il Governo del Re, udito il Consiglio di Stato, determ inerà le restitu zio n i di dazio da accor­ darsi all'esportazione dei can d iti, dei confetti, del cioccolato e di a ltri prodotti contenenti zucchero, ten u to conto della tassa sta b ilita nella presente legge.

A rt. 7. I dazi d 'e n tra ta della tariffa doganale sono m odificati come appresso:

(6)

630 L’ ECONOMISTA 27 maggio 1877

Si tratta della costruzione di piccole case econo­ miche adattate ai bisogni delle classi meno favorite dalla fortuna, da affittarsi ad un saggio non troppo elevato ma tale che contenga anche l’ammortamento del capitale in modo che dopo un certo numero di anni l’inquilino rimanga proprietario del fondo.

È ciò possibile? — In massima sì. Trattasi di stabilire il fitto in modo che rappresenti l’interesse del capitale speso nella costruzione, più quel tanto che occorre per ammortizzare il capitale stesso nel tempo che si fissa per l’affrancamento. In pratica dunque la cosa sarà possibile ogni volta che il fitto così fissato non superi quel limite di spesa che in media le classi inferiori possono dedicare all’alloggio in relazione coi loro guadagni. Ed in ultima analisi si tratterà di veliere se la costruzione possa essere così economica da contenere i fitti entro quei limiti e gli edifici che ne vengono olir,ino almeno gli stessi comodi che lo abitazioni di speculazione pre­ sentano a quelle classi.

Che la cosa sia in fatto possibile in molti luoghi lo dimostrano i non pochi tentativi felicemente riu­ sciti in diversi paesi all’estero; ed ora anche in Italia dove questa prova è già stata fatta special- mente a Schio dallo stesso cn. senatore Rossi.

L’iniziativa evidentemente è un opera di benefi­ cenza, quando la si fa col capitale privato; perchè esso che, per effetto di un intelligente impiego, po­ trebbe legittimamente godere di un interesse supe­ riore all’ordinario, si contenta dell’interesse ordinario e quando si è ricostituito regala la ricchezza che ha creata. È insomma una beneficenza d’intelligenza e d’opera che fanno quei generosi che sanno, che possono e che hanno alto intelletto di bene, di che non saranno mai lodati abbastanza. — La cosa è anche migliore quando le classi inferiori riescono a non aver bisogno nè anche di questa beneficenza e tutto questo è fatto per mezzo della cooperazione ma pur troppo allora alla difficoltà di trovare chi sappia fare si aggiunge la difficoltà di accumulare il capitale necessario; e l’attuazione di queste ini­ ziative diventa difficilissimo.

Posta dunque anche la buona volontà di chi vo­ glia far questo bene, rimane la questione tecnica dell economia della costruzione. A Roma questa era una questione gravissima.

Nelle grandi città il prezzo delle aree fabbricabili è sempre assai elevato. Roma dentro la cinta delle sue mura ha ancora più area tenuta ad orti e vigne che non caseggiato. Quella non costa molto; ma l'altra nella quale sono strade, fogne, illuminazione acqua e tutti gli altri servizi pubblici, quella in­ somma destinata all’edificazione costa molto; costa più che in ogni altra città d’Italia. Il Municipio di Roma possiede all’estremità dell’abitato, di fianco alla stazione sull’esquilino, 230 mila metri quadrati di

[ terreno fabbricabile. Tenuto conto di ciò che vi ha ; speso per l’espropriazione e pei lavori che finora vi ha fatto, quei terreni gli costano ragguagliatamente trenta lire il metro quadralo. Ed in Roma ora non j si trova a comprare area fabbricabile a meno di

questo prezzo.

Ciò fa si che nasce il bisogno di moltiplicare i piani delle case, perchè più sono i piani e più la area è utilizzata. Ma ciò fa pure si che bisogna co­ struire solidamente, con mura grosse e ben fondate. Ora fondar bene a Roma è costosissimo. Da venti­ cinque secoli che si rimaneggia quel suolo, esso fino ad una grande profondità è composto di materie di­ sgregate ed inegualmente compresse. Ond’è che per fondare sul sodo bisogna spingersi molto dentro il lerreno. È comune a Roma -veder fondare le case a 15 e 20 metri di profondità. Mirando que’grandi casamenti della capitale non è punto una esagerazione pensare che ne è tanto sotterra quanto è quello che si vede sopratterra. Ciò richiede il seppellimento .di un enorme capitale; e per questo il costruire a Roma è costosissimo ed economicamente poco pro­ ficuo, non ostante l’alto saggio delle pigioni.

Si potrebbe domandare: ma è proprio necessario J andare fino al terreno vergine per costruire edifici che abbiano la solidità conveniente? Gli architetti | romani rispondono di sì. Tuttavia è permesso di dubitarne. Da una parte si trovano in Roma non poche case le quali sono fondate poco profondamente e che pure sono in piedi da qualche secolo. Dalla altra con tutto il rispetto ai loro antenati, ì Romani odierni trascurano la costruzione, ed abbondano in dimensione piuttostochè in accuratezza di esecuzione. Noi non osiamo dire che a Roma si potrebbe co­ struire economicamente e leggermente come si co­ struisce a Firenze se gli artefici romani fossero così accurati come i fiorentini ; ma abbiamo ragione di credere che allora l’edificazione anche in Roma di­ venterebbe assai più economica. In ogni modo questa è una questione tecnica della quale non possiamo qui occuparci. Lo stato di fatto è quello che ab­ biamo esposto.

Così stando le cose, l’idea del senatore Rossi di costruire delle case economiche per le ultime classi non poteva diventar pratica se non potendo avere l’area fabbricabile a poco prezzo. Allora forse po­ trebbe riuscire. Anzi vi è già una prova riuscita.

(7)

fon-L’ ECONOMISTA 631

damenti alla Toscana, pulite sebbene non abbiano l’eleganza ed il buon gusto fiorentino. Si dice che ne ricavi il 15 per cento del capitale impiegato. Sono case alle quali si può dare tutt’ al più un secolo di vita. Ma molto prima di quel tempo il proprietario si sarà rimborsato del capitale che gli costano.

Il senatori Rossi ha pensato che anch’egli po­ trebbe fare qualche cosa di simile per le case eco­ nomiche, — sebbene dovendo fare case isolate cia­ scuna per una sola famiglia, dovrebbe spingerne molto più avanti l’economia, — se ne avesse potuto avere l’area a buone condizioni.

Allora si è rivolto al Municipio e gli ha chiesto una porzione delle aree che esso possiede all’esqui- lino. Egli ha dichiarato e si è obbligato a non fare una speculazione ma un’ opera filantropica; gli ha detto che non intende di guadagnarci, ma possibil­ mente non vorrebbe rimetterci; gli ha domandato la sua cooperazione colla cessione delle aree: non gliele ha chieste gratis ma gli ha promesso che se ci sarà guadagno gli saranno pagate così : se nel primo quindicennio gl’incassi giungeranno al 7 0|0 del ca­ pitale le aree saranno pagate in ragione di 3 lire al metro quadrato; se giungeranno al 9 0|0 in ra­ gione di o lire al metro quadrato.

Come si vede, da parte del Municipio, se la cosa non va bene le aree le regala ; se va bene, quasi le regala, perchè non realizza che una ben piccola parte di ciò che gli costano. Però non è un affare che gli si proponeva, ma una buona iniziativa; tanto più buona a Roma, dove specialmente i piccoli quar­ tieri sono quelli che mancano.

Ed è in questo senso che il Municipio Romano ha accolta la proposta del Rossi. Ultimamente è stata approvata dal Consiglio Comunale la conven­ zione stipulata fra il senatore Rossi ed il Sindaco. Con questa il Comune di Roma gli cede 23 mila metri quadrati d’area fabbricabile da impiegarsi nel­ l’uso che abbiamo detto.

Ci auguriamo che la bella iniziativa dell’illustre industriale di Schio possa avere a Roma un esito felice, onde poterne sperare una larga imitazione, affinchè meglio si provveda al progresso delle classi inferiori, rassodando in esse i sentimenti della fa­ miglia, e nobilitandole coll’amore della proprietà.

27 maggio 1877

Società di Economia pofitìcm di Parigi

R iu n io n e del 5 maggio

Sotto la presidenza del signor de P arieu

Il presidente ringrazia prima di tutto la Società dell’onore clic gli ha fatto nominandolo, nell’ ultima

adunanza, a far parte della presidenza: nessuno più di lui è persuaso della grande missione dell’econo­ mia politica. L’ influenza che può esercitare è note­ volissima ; insegnando la libertà del commercio essa ha migliorato il diritto delle genti facendo nascere quel sentimento di internazionalità che è 1’ onore del nostro secolo.

La coincidenza dei progressi dell’ economia poli­ tica con quelli del Governo rappresentativo colpisce anche maggiormente ed è molto salutare perchè le discussioni nelle aule legislative si giovano assai di una scienza precisa che studia gli interessi materiali delle nazioni e che serve di freno alle passioni po­ litiche. — Il presidente termina il suo discorso con qualche parola di elogio a Walter Bagehot l’ emi­ nente direttore dell ’Economist inglese morto, alcune settimane fà in Inghilterra.

Il segretario perpetuo annunzia la morte di un altro scrittore il sig. Cournot al quale I’ economia politica deve alcuni scritti notevoli.

11 sig. Fredericksen professore di economia poli­ tica all’Università di Copenhagen, ex deputato, è in­ vitato a prender la parola intorno al movimento economico della Danimarca. — Egli dice che or sono tre anni fu fondata a Copenhagen una Società di Economia Politica, prendendo a modello quella di Parigi. Questa Società che conta 200 membri fra i negozianti più distinti di Copenhagen, direttori di banche, molti alti funzionari, giornalisti, ecc., tiene delle sedute mensili da settembre a maggio, discute le principali questioni di economia politica e di finanza e combatte le teorie del Socialismo della

Cattedra, che qualche giovane economista ha tentato

di introdurre anche in Danimarca.

La nostra Società, dice il signor Fredericksen è in buonissimi rapporti col nostro giornale degli Eco­ nomisti, il National Economisti Tidschrift e credo che siamo riusciti a diffondere gli studi economici, di cui è ancora grande il bisogno nel nostro paese. — Come in tutti i paesi che escono da un Governo assoluto ci manca troppo lo spirito di libertà. — In generale si attribuisce alla Danimarca una maggiore civiltà che alla Svezia, ma invece noi vediamo mag­ giore spirito di libertà in Svezia.

Non è soltanto la nostra burocrazia ma la stessa democrazia che vuole i regolamenti. — A dire il vero però la legislazione recente della Danimarca è liberissima, sono state fatte leggi liberali per l’agri­ coltura, sono state abolite le corporazioni e si sono fatti grandi passi verso il libero scambio. La nostra statistica constata immensi progressi avvenuti sotto il regime della libertà.

(8)

632 L’ ECONOM ISTA

27 maggio 1877

Nord. — La seconda Camera ha votato diverse volte non solo l’ imposta sulla rendita ma anche quella sul capitale e si è fatto di quest’ ultima una condizione per il voto delle grandi spese militari domandate dal Governo. Ma la Camera alta ed il Governo non vogliono rinunziare a tante imposte indirette nè accettare la nuova imposta diretta. — Su di un punto sono tutti d’ accordo cioè che bi­ sogna fare delle riforme liberali nei dazi doganali. — E se non sono state fatte ancora ne è colpa la si­ tuazione politica interna che da parecchi anni im­ pedisce ogni progresso nella legislazione del paese.

Il signor Brelay domanda ai senatori e deputati presenti alcuni schiarimenti sull’ applicazione della legge che introduce l’economia politica nelle scuole di diritto. Non gli sembra che il Governo si affretti punto a nominare i professori.

(«li risponde il sig. Giuseppe Garnier che pur troppo le cose non vanno bene per molte e diverse ragioni e fino ad ora furono coperte soltanto le cat­ tedre di Parigi, Lione, Bordeaux e Tolosa. — Dopo alcune spiegazioni dei signori Pascal Duprat e Fe­ derico Passy si resta intesi che i signori senatori e deputati presenti alla riunione insisteranno nuova­ mente presso il ministro.

Il signor Rondelet professore all’Università Catto­ lica di Parigi, dice che i vescovi che ne furono i fondatori hanno avuto cura di istituirvi fino da prin­ cipio l’ insegnamento dell’Economia Politica affidan­ done l’incarico al signor Claudio Jannet. — 11 corso del signor Jannet è frequentatissimo non solo dagli scolari dell’Università Cattolica ma anche da quelli della scuola di diritto govervativa.

La facoltà cattolica di Lione non è rimasta indietro a quella di Parigi: ha ugualmente inaugurato un corso di Economia Politica. - A Lione come a Parigi la sala è pienissima e bisogna contare gli udi­ tori dal numero dei posti da occuparsi.

Alla fine della seduta si incomincia a discutere la questione del rinnovamento dei trattati di com­ mercio. Alla quale discussione prendono parte molti dei presenti, i quali manifestano i! desiderio che la discussione continui anche nella prossima seduta.

LETTERA DI MICHELE CHEVALIER

A D

ALBERTO COURANT, NEGOZIANTE ALL’ HAVRE

Signore,

Ho conosciuto tardi una vostra lettera, pubblicata il 10 marzo nel giornale Le Havre, nella quale,

prendendo occasione dal l'innovamento dei trattati di commercio, dite che io mi adopero a distrug­ gere le parti più feconde e le forze più vive del nostro lavoro nazionale. Mi fate davvero un onore grande, credendo che io valga tanto da dettare i modi del nuovo trattato commerciale. Io non sono j nè deputato, nè senatore, epperò non mi- è dato salire alcune delle grandi tribune dove si agita la questione, e neppure sono più membro del Consi­ glio superiore del commercio, dal quale i protezio­

nisti, amici vostri, mi licenziarono nel 1871. Quel

ch’io potrei fare, si restringe a scrivere alcuni ar­ ticoli da giornale o da rivista che andrebbero di­ spersi fra la massa di ciò che si stampa intorno a tale argomento. Vedete dunque che io non sono un avversario da impaurire i manifattori fautori della protezione e specialmente i filatori di cotone, fra i quali voi sedete in posti elevato.

Comunque sia, voi vi apponete al vero pensando che io se potessi qua lcosa, metterei l’opera e le forze mie ad ottenere a poco a poco l’abolizione dei privilegi che il sistema doganale francese ha concesso ai manifattori protetti, per questo che siffatti privilegi non trovano più alcuna giustificazione, sono con­ trari ai principii fondamentali delle società moderne e vanno messi a paro coi diritti feudali, dei quali i popoli inciviliti si liberarono seguendo la Francia, che, nel 1789, ne dette la prima l’esempio.

Voi lo sapete meglio di me che i dazi doganali aumentano il prezzo non solo delle mercanzie stra­ niere che entrano nel nostro paese, ma di quelle pure che provengono dalla fabbricazione indigena. Ed è per questo che voialtri manifattori privilegiati li chiamate dazi protettori, mentre essi sono tali solo per voi, ed oppressori per il pubblico, il quale è infatto costretto a pagarvi un canone più o meno considerevole che per nessuna ragione vi deve. E noi tutti, che componiamo questo pubblico consu­ matore, siamo vostri tributari ora proprio che si sa da ognuno che, fra i popoli civili, non ad altri, che non siano Io Stato, la Provincia e il Comune, si debbono pagare imposte o tributi.

Con quale diritto può il consumatore essere co­ stretto di pagare a voi, piuttosto che voi a lui, un

canone? Con quale diritto, per esempio, i si-

gnsri filatori formeranno eglino nello Stato un or­ dine privilegiato riscuotendo per silfatto titolo una tassa sopra gli altri cittadini, quando all’agricoltura, che è la più grande fra tutte le industrie nazionali, ai fabbricatori di seta, alle professioni liberali, e a tutte le industrie, che così si hanno proprio a chia­ mare, e nelle quali la concorrenza interna ha pro­ dotto l’effetto di annientare il potere che la tariffa detta protettrice esercita sul prezzo, non è concesso alcun vantaggio somigliante?

(9)

27 maggio 1877 L’ ECONOMISTA 633

tenere in esercizio i vostri laboratori e per assi­ curarvi ragionevoli guadagni. Cotesta asserzione è una ipotesi senza fondamento, che somiglia a quelle che l’utile privato ispira tanto facilmente. Come ve­ drete, si può anche provare che essa è recisamente contradetta da testimonianze disinteressate ed auten­ tiche. La vostra industria della filatura in specie, e la industria del cotone in genere, sono finalmente libere ed in condizione da resistere alla distretta della concorrenza straniera. Il Consiglio superiore del commercio, che nessuno certo sospetta tenero del libero scambio, aveva commesso a due dei suoi membri, i signori Balsan e Ferdinando Duval, en­ trambi uomini dotti e non d’altro curanti che della verità, di andare in Inghilterra per esaminare a fondo le spese di produzione delle industrie tessili, a capo delle quali è la industria del cotone, in compara­ zione delle industrie consimili della Francia. La re­ lazione di quei due onorevoli delegati conclude, che, tenendo conto delle spese di trasporto dall’ Inghil­ terra in Francia, fra le industrie tessili di questa, compresa la vostra, e le industrie di quella, che è la vostra principale concorrente, vi ha eguaglianza di rendita.

Per quello che riguarda lo assicurarvi un guada­ gno ragionevole, vi diranno, com’ io vi dico, tutti gli uomini di proposito e disinteressati, che un capo d’ industria debbe cavare l’utile dalla sua capacità personale, dalla sua intelligenza e dalla sua econo­ mia, e che volersi procacciare degli utili aggravando con un canone il consumatore è cosa che lede il diritto dei vostri concittadini.

Se fosse vero, come asserite, che la industria della filatura non sta ritta che per l’aiuto che le viene dalla conservazione dei dazi doganali, oserei farvi notare che un sussidio porto a un’ industria per farla vivere equivarrebbe proprio alla tassa dei poveri.

Quando uno è ridotto a tanto estremo, bisogna che sia umile e dimesso e che si astenga da quel fare burbanzoso e canzonatorio, che si rivela in alcuni passi delia vostra lettera inserita nel giornale Le

Havre del IO marzo.

Spero che mi scuserete se vi faccio osservare che quando una industria non può vivere se non riceve la tassa dei poveri, non vi ha diritto a dire, come voi fate della vostra, che essa « è una delle parti più feconde e delle forze più vive del nostro lavoro nazionale. » Una industria in cosiffatta con­ dizione non può spacciarsi per feconda; essa è un aggravio per il paese. E molto meno è una forza viva, da che non si regge da sè. E aggiungo che ora parlo in via di ipotesi e solo per seguirvi là ove volete condurre il vostro ragionamento, per questo che, nonostante quello che asserite, è cosa accertata che la industria della filatura del cotone

! segnatamente, non ha bisogno di alcun sussidio, e che essa resterebbe ritta sul suolo francese se il nuovo trattato di commercio concedesse libera affatto l’entrata dall’estero a tutte le specie dei cotoni filati.

Fra pochi anni dunque cesserà questo sussidio, non solo perchè è contrario al diritto, ma ancora perchè gravosissimo.

E su questo argomento sottopongo al vostro giu­ dizio un calcolo, dal quale consegue che l’annuo sussidio, levato sul consumatore dallo insieme delle parti della industria del cotone, è oggi per lo meno

di cento milioni di franchi; somma stragrande,

della quale una parte è data alla filatura, che è il ramo nel quale siete maestro.

In Francia la produzione della industria cotonifera, in complesso, ha un valore che nel 1850 giungeva a 800 milioni e che oggi supera di certo un mi­ liardo. Si vede facilmente che il canone pagato alla industria cotonifera, in complesso, dal pubblico con­ sumatore, per mezzo dell’aumento dei prezzi pro­ dotto dai dazi doganali, è più del 10 per cento sopra la detta somma.

La causa principale per cui il canone è veramente pagato consiste nella insufficienza dei filatoi fran­ cesi, ove il numero delle caldaie è stato, a cagione della perdita dell’Alsazia, diminuito almeno di 1700 mila, di cui un decimo è stato a mala pena sur­ rogato o dai- nuovi stabilimenti, o dallo ingrandi­ mento dei vecchi. Essendo per questo diventati rari in paese i filati in cotone, il prezzo di cotesta mer­ canzia è giunto fino a quel limite permesso dai dazi doganali.

Per la stessa ragione tutti i capi in cotone, la cui materia prima sono i filati, hanno tanto rinca­ rato, quanto comportano i dazi doganali. E questi sono specialmente del 10 per cento sui tessuti bian­ chi e greggi, e del do per cento sugli stampati e sulle tele dipinte. I dazi sopra i filati non sono ad

valorem, ma specifici, e in media rappresentano al­

meno il 10 per cento del valore. Dunque niente si magnifica, anzi si dice meno del vero quando si afferma che la industria del cotone riceve in media, per opera della tariffa detta di protezione, un canone per lo meno del 10 per cento sul valore dei suoi prodotti. E sopra un miliardo, il 10 per cento pro­ duce cento milioni. Eccolo dunque il bilancio della industria del cotone ri in putto al pubblicò consuma­ tore. Il quale paga uu tributo per lo meno di cento milioni all’anno, e la filatura è in una condizione, che le concede di non farsi sfuggire neppure una centesima parte di cotesta grave imposta.

(10)

634 L’ ECONOMISTA 27 maggio 18?7 » 671,380 » 201,310 » 1,182,250 » 37,360 » 845,230 » 228,270 » 817,720 » 361,980

Totale, Lire Turche 19,725,545

Spesa

Imposte dirotte. . . Tassa d’esonerazione mi

l i t a r e ... D e c im e ... Tassa sui montoni. . Tassa sui tabacchi. . Tassa sulle bevande .

Lire Turche 3,348,915 » 931,115 » 6,500,000 » 1,967,490 » 1,107,325 » 226,980 1 Tassa di catasto Tassa di bollo . Dogane . . . Tassa sulle sete Tassa sui sali . Miniere . . .

Tributi . . .

Diversi . . .

Lista civ ile... Ministero dell’ interno Ministero degli aff. esteri. Ministero della guerra. . Ministero dell’artiglieria . Ministero della marina . Ministero della istruzione pubblica . . . . , Ministero dei lav. pubblici Ministero della polizia Ministero delle finanze . Per il ritiro della carta

m o n e t a ... Interessi e Commissioni

alla Banca . . . .

Servizio del Debito pub­ blico e P restiti. . . D i v e r s i ... Lire Turche 1,075,543 » 2,869,720 » 165,537 » 4,500,000 » 1,031,850 » 900,000 » 1 8,270 » 40,890 » 171,355 » 512,265 * 500,000 » 689,000 )) 15,516,815 1» 3,644,798

L’ Inghilterra ha dato loro di frego abolendo tutti i dazi di dogana, che gravavano tanto gli oggetti la­ vorati, quanto le materie prime.

La Germania, l’Olanda, il Belgio, la Svizzera, gli Stati Scandinavi li diminuiscono a grado a grado e alla lesta. E noi dobbiamo fare lo stesso, seppure non vogliamo sottometterci a un isolamento, che renderebbe deplorevole la nostra condizione nel bel mezzo delle nazioni incivilite.

E per amore di questa mia convinzione che io, negli scritti che intendo pubblicare in occasione del rinnovamento dei trattati, domanderò che si adotti in Francia, per quello che riguarda i filati in cotone, la tariffa vigente in Germania da lungo tempo, come pure quella della stessa nazione sui tessuti in cotone.

La tariffa germanica sopra i filati in cotone è semplicissima : 15 centesimi ogni chilogrammo su tutti i filati greggi di uno o di due capi, qualunque sia il grado di finezza ; il doppio, cioè 30 centesimi sopra i medesimi, se sono bianchi o tinti; e il triplo, cioè 43 centesimi, se sono di tre capi, quando anche sieuo bianchi o tinti.

Mi duole, signore, di contradirvi tanto recisamente. Ma alla questione del rinnovamento dei trattali è connesso un grande e pubblico interesse, e per quanto alta sia la stima che vi è dovuta, io debbo, essendo da voi provocato, sostenere ciò che io credo essere la verità. Lasciate, di grazia, a noi genti oscure del pubblico consumatore, i cento milioni all’anno che pretendete da noi, e vedrete che io sarò il più premuroso fra i vostri servitori.

Mi c h e l e Ch e v a l i e k

(Dal Journal des Economistes).

Il Bilancio ìlella Turchia per l’ anno 1293

Costantinopoli, 14 maggio.

L’esercizio 1293 è entrato in attività dal dì 13 marzo 1877, ma il .bilancio di prima previsione è stato deposto solamente da alcuni giorni sul banco della presidenza dal ministro delle finanze, Yussuf pascià. Da questo bilancio che ancora non è passato allo esame formale degli uffici ricaviamo le se­ guenti note:

Entrata

Totale spese, L. Turche 31,754,045 Pertanto il bilancio ordinario presenta:

P a s s iv o ... Lire Turche 31,754,045

Attivo... » 19,725,345

D e f i c i t ...Lire Turche 12,028,700

A questo deficit ordinario bisogna aggiungerne un secondo proveniente dal debito fluttuante consi­ stente in:

Avanzi cpntrattati sulla

piazza di Gelata . . Lire Turche 13,838,342

Arretrati del servizio del Debito pubblico e dei

prestiti dal 1875 . . » 18,158,577

Debito da pagarsi sulle

ordinazioni di armi,

munizioni e corazzate fatte in Europa ed in

A m e ric a ... » 1,248,536

(11)

27 maggio 1877

Per l’armata di terra . Per l’artiglieria. .... . Per la marina . . . IV ECONOMISTA 633 Lire Turche 11,678,603 » 2,264,105 » 586,485

Totale, Lire Turche 14,529,195 Il vero deficit si deve dunque fissare come segue :

Deficit ordinario . . . Lire Turche 12,028,700

Debito fluttuante . . . » 33,223,455

Spese straordinarie . . » 14,529,195

Deficit totale, Lire Turche 59,783,350

ossia un deficit di franchi 1,375,017,050 sopra un attivo di franchi 453,682,475.

Il rapporto che accompagna il bilancio osserva che viste le circostanze attuali, per coprire il deficit constatato come sopra, non vi è altra via che di tenere sospeso il pagamento degli interessi sul De­ bito pubblico e sui prestiti, ad eccezione del prestito garantito dall’ Inghilterra e dalla Francia e di quelli garantiti dal tributo egiziano che si rimette diretta- mente alla Banca d’Inghilterra. Defalcando la somma intiera e segnata più su per il servizio del Debito pubblico dalle spese ordinarie e comparando col de­

ficit del bilancio ordinario si avrà come segue:

Passivo per il Debito pubbl. L. Turche 15,516,815 Dedotto il deficit del bilan­

cio ordinario . . . . » 12,028,700

Avanzo attivo... L. Turche 3,488,115 Deducendo pure il ricavo

del tributo d’Egitto consa­ crato agli interessi dei ci­

tati prestiti privilegiati . . L. Turche 1,048,700

Avanzo n e tto ... > 2,439,415

che sarà erogato per le spese straordinarie della guerra attuale.

È stata questione di liberare il tributo dell’ Egitto dall’impegno di andare alla Banca d’ Inghilterra e così fonderlo nella massa delle spese ordinarie e delle somme distolte dalle loro rispettive destina­ zioni. Viste però le difficoltà avanzate sia per parte della detta Banca, sia per parte dei detentori e dei garanti dei titoli, si è pensato meglio a ridurre il vincolo del tributo di Egitto liberando così una parte della rendita disponibile, per garantire un nuovo avanzo o prestito che si tratterebbe di già. Crediamo sapere che una tale operazione è appog­ giata da capitalisti inglesi di primo ordine e che sarà fatta senza emissione di titoli, ma trattata in privato tra il Governo ed i concessionari. La cifra che si potrebbe avere arriverebbe fino a tre o quat­ tro milioni di lire turche, che si avrebbero senza aggiungere nuovi aggravi al Tesoro. In primo luogo si domanda il consenso della casa Dent, Palmer e

Comp. che sono i concessionari dei prestiti del 1854 e del 1871 garantiti col tributo egiziano.

Per condurre a termine questa operazione è par­ tito coll’ultimo corriere, via Brindisi, Zuhdi effendi sotto-segretario di Stato per le finanze, vecchio fun­ zionario versatissimo nelle materie finanziarie. Le istruzioni che ha avuto sono basate sulla proposta dei signori Randolph Stewart e M. Ewen, avanzata alla Porta l’estate scorso.

Circa poi la discussione del bilancio i deputati hanno domandati i dettagli di tutti i capitoli ad eccezione, visto le circostanze attuali, dei capitoli j della guerra, dell’artiglieria e della marina.

I deputati sono generalmente d’accordo che si possa operare una grandissima economia riducendo i grossi stipendi dei ministri, governatori generali ed altri alti funzionari. Ma questa è una idea poco esatta ed eccone la ragione.

I grossi stipendi dell’amministrazione turca e che sono una anomalìa di prim’ordine, intanto durano inquantochò gli impiegati minori hanno stipendio misero ed in parte non ne hanno e vivono alle spalle del grosso funzionario e del pubblico che ricorre ai loro servizi. I funzionari di grosso sti­ pendio fanno intanto camminare la macchina. Ma se si venisse a ridurre i trattamenti per fare cammi­ nare la baracca bisognerebbe aumentare e regolare gli stipendi minori, perchè ogni funzionario abbia i mezzi di adempiere alle proprie incombenze.

I grossi stipendi possono e debbono sparire ma per dar luogo alla regolarizzazione di tutti gli sti­ pendi, il che assorbirà l’economia fatta.

L’ affare degli stipendi bisogna che sia trattata e regolata, ma è falsa speranza aspettare che questo capitolo possa recare un utile reale ed effettivo al bilancio dell’ impero che si trova in tale condizione che col suo deficit attuale assorbe l’attivo di tre annate complete.

L. T.

LA QUESTIONE POLITICA E COMMERCIALE

AGLI STATI UNITI

New York 9 maggio 1877

Dopo tre mesi dell’andata al potere del Presidente Hayes si può con una certa sicurezza giudicare della serietà della sua politica e dei vantaggi che essa potrà portare al paese. Tre sono i punti principali

j

del politica che il nuovo presidente ha in animo di

(12)

L’ ECONOM ISTA 636

riforma della amministrazione interna o come la chiamano gli americani del servizio, civile. Come vedete sono tre questioni d’ordine differente, essendo la prima politica la seconda finanziaria, l’ultima am­ ministrativa, ma tutte e tre sono vitali pel paese,, e se egli riescirà ad ottenere questo splendido risul­ tato nel breve termine di quattro anni, potrà a tutto diritto essere chiamato un nuovo Padre della P a­

tria.

Intanto bisogna rendergli questa giustizia che nella questione del ritiro delle truppe dagli Stati Houses della Carolina del Sud, e della Luisiana egli mo­ strò la più grande energia per resistere ai capo­ rioni del partito radicale che non potevano in pace vedersi sfuggire di mano la preda. Alcuni di essi non si sono fatti ritegno alcuno di disapprovare apertamente la polilica di conciliazione iniziata da Hayes perchè a loro più che il benessere e la tran­ quillità dell’intero paese premeva di mantenere negli Stati del Sud i loro sicari, i politicanti di mestiere i carpet bagge-s, come spiritosamente li hanno chia­ mati i democratici del Sud. Questi repubblicani so­ stengono l’impossibilità di un buon accordo fra i bianchi del Sud e quelli del Nord, perchè sono troppe èssi dicono le collisioni d’ interessi fra loro troppo vivo il ricordo della guerra e delle sue ter­ ribili conseguenze, e troppo radicato il sentimento d'odio e di vendetta per supporre che essi vogliano con soddisfazione e in buona fede accettare un Go­ verno che li ha ridotti al silenzio ed alla impotenza. Bisogna dunque, essi concludono tenere il Sud come un paese ili conquista. Oltracciò il senatore Wade dell’Oliio e più di tutti il senatore Blaine del Mainò un uomo atrabiliare che poco mancò non riescisse candidato alla presidenza nella convenzione repubblicana di Cincinnati e che il New Y ork He-

rald definiva l'altro giorno il Don Chisciotte della

politica americana, non si sono peritati di dire che una tale polica è l’apostasia del presidente del par­ tito repubblicano, il gran partito che salvò il paese dalla disunione e dalla vergogna della schiavitù. L’ultimo inoltre soggiunse che il presidende aveva mancato di gratitudine e di coerenza politica, sa­ crificando i governatori repubblicani dei due Stati del South Carolina e Luisiana e riconoscendo i due avversari perchè in tal modo si veniva a invalidare l’elezione stessa presidenziale ottenuta col loro ap­ poggio.

Quest’ultima ragione ha certamente un fondo di verità, perchè la nomina di Hayes a Presidente con un voto di maggioranza su quella di Tilden si ottenne perchè la Commissione arbitrale con voti 8 contro 7 accettò per buoni e senza nemmeno vo­ lerli discutere i certificati dei returning boards, solo perchè erano firmati dai rispettivi governatori re- pubblicani.

27 maggio 1877 Ma il presidente Hayes non appartiene alla cate­ goria di quegli uomini politici che hanno succhiato il latte della guerra civile e delle conseguenze da lei generate ed egli era fortunatamente scevro da ogni prevenzione odiosa verso i suoi avversari po­ litici, e una volta invest to della suprema magistra­ tura della nazione ha saputo svincolarsi da ogni partigianismo di partito e solo dar ascolto ai veri interessi della giustizia e del diritto.

Oggi l’eleziene di Hayes è un fatto compiuto che il paese intero col suo patriottismo e il suo genio pratico rispetta come l’ha sempre rispettata fin dal momento in cui essa venne dichiarata ed oggi la gran maggioranza del paese apppoggia colla sua piena simpatia la politica di conciliazione da lui adot­ tala, perchè spera che ristabilita la calma in tutti gli stati dell’Unione, risorgerà la fiducia, riprende­ ranno gli affari e cesserà la crisi tremenda che ha tenuto por questi ultimi anni il paese, senza distin­ zione ili Nord e di Sud, in uno stato di abbattimento e di marasmo.

In quanto alla seconda questione del ritorno cioè alla circolazione metallica, la cosa dipende in molta parte dalla condizione dei mercati europei e dalle com­ plicazioni che la guerra scoppiata in Oriente potrà sviluppare. Egli è certo che si può affermare che questo paese sarà il solo che potrà guadagnare materialmente nella lotta fra Russia e Turchia.

Chiusi i porti del Mar Nero e del Bosforo e la guerra guerreggiata sulle rive del Danubio che po­ teva dirsi il granaio dell’occidente europeo, le pia­ nure americane saranno chiamate a diventarlo, e se quest’anno il raccolto sarà copioso come se n’ha speranza, non v’ha dubbio che gli Stati Uniti ritrar­ ranno da questo solo cespite d’esportazione un im­ menso guadagno, e imponendo per questa specie di monopolio rialzi straordinari sui prezzi. Per tal modo si vedrà forse accelerare il momento della ripresa dei pagamenti in contanti per la grande massa d’oro che passerà l’Atlantico. Ma la guerra che potrà re­ care grandi vantaggi è pure la causa principale se attualmente le borse americane si trovano in uno stato di grande prostrazione, e ciò perchè moltissimi europei detentori di azioni e di obbligazioni delle tante Società di strade ferrate americane, oggi ten­ tati di collocare altrove i loro capitali, gettano a piene mani nei mercati principali degli Stati Uniti enormi quantità di questi valori, i quali deprezzandosi rapidamente mettono i capitalisti americani in seri imbarazzi finanziari e in pericolo di fallire.

La terza questione quella cioè della riforma del servizio civile sarà il punto nero, la pierre d'achop-

pement dell’attuale amministrazione. Non già che il

(13)

L’ E C O N O M ISTA 637 27 moggio 1877

ficile si è die essi dovranno lottare con una specie di camorra, insediata nelle diverse cariche dell’Am­ ministrazione del Governo ed è a prevedersi che tutti gli interessali useranno per mantersi al loro posto d’ogni mezzo e d’ogni influenza presso quei membri del Congresso o del Senato di quei gene rali di terra e di mare, i quali con impudente si­ monia avevano loro venduto gl’impieghi in contanti durante specialmente l’ultimo periodo dell’Ammini­ strazione del gen. Grani. Intanto bisogna rallegrarsi col Presidente Haycs che l'epoca del nepotismo presi­ denziale è finita, perchè egli ha rifiutato formalmente di dare il benché minimo impiego ad alcuno della sua famiglia la quale nei primi giorni della sua entrata alla Casa Bianca s’ era fatta tanto nume­ rosa quanto poteva esserlo quella di Noè o di Mel- disedec. Oltrecciò egli ha dichiarato che nel caso di posti vacanti non accorderà l’impiego che a chi se ne renderà degno ed a condizioni pari di abilità e di buona condotta lo concederà ad un richiedente dimorante nello Stalo.

Passata in breve rivista le tre grandi questioni che preoccupano principalmente l’attuale Ammini­ strazione degli Stati Uniti, mi resta a parlarvi della, questione politica economica sotto il rapporto delle tariffe daziarie la quale formava e forma anche tut­ tora oggetto di dissensione fra le popolazioni del Sud e quelle del Nord. Gli Stati del Sud essendo un paese specialmente agricolo erano costretti di ricorrere ai manifatturieri del Nord i quali con alte tariffe fatte votare dalla Camera e dal Senato pro­ teggevano le loro industrie dalla concorrenza delle merci europee, ed avevano fatto della questione del libero scambio una delle basi principali del loro programma politico nell’ultima elezione. I manifat­ turieri del Nord, che sono anzitutto uomini d’affari temendo colla riescita del partito democratico e per la maggioranza che questi ultimi hanno al Congresso che potessero venir votato delle leggi dannose ai loro interessi hanno con molta scaltrezza cercato di interessare alla loro causa le popolazioni meridio­ nali andando a fondare negli Stati del Sud impor­ tanti stabilimenti industriali, sviluppando per tal modo la ricchezza di quel paese cui la fatale guerra di secessione per la ferocia vandalica delle armato federali aveva ridotto alla rovina.

Ritornando alla questione delle tariffe daziarie io temo che passerà molto tempo prima che s’ottenga qualche risultato in senso liberale. Quantunque agli Stati Uniti non manchino i sostenitori della scuola liberista gli americani hanno creduto di adottare anche in commercio la dottrina di Monroe, che può defi­ nirsi, l’America farà da se. Gli americani sanno che aprendo i loro porti alla concorrenza dei prodotti europei, taluna fra le loro merci sarebbe condannata a perire, stante il caro della mano d’opera. D’altronde

essi dicono se l’operaio che viene d’Europa non sapesse di trovar qui un salario assai superiore a quello che guadagna a casa propria, egli non si da­ rebbe la pena di traversare l’Atlantico e tentare la fortuna in lontano paese. Tolta la speranza del guadagno cesserebbe l’immigrazione agli Stati Uniti fonte precipua di ricchezza e indispensabile allo sviluppo delle immense risorse del paese. Del resto se per queste cagioni la vita è cara, tutti contribui­ scono a renderla tale e per conseguenza ognuno vi trova la sua parte di guadagno. Queste e molti altre cose dicono i protezionisti americani, ma sotto queste ragioni di verità apparente nascondesi un sofisma economico troppo facile a comprendersi.

Anzutto l’immensa estensione territoriale della Unione ricchissima di giacimenti minerari sia di marmi che di metalli, cotn’è fertilissima di prodotti agricoli dai polari a quelli del tropico, offrirebbe un vastissimo campo a molti milioni d’agricoltori europei che avessero e pazienza e volontà di sfrut­ tare i tesori nascosti nelle immense vallate del Mis- sisipi, del Rio Grande, del Colorado, del Missouri, del Nehrask e dell’Oregon ecc. Ma il male si è che una gran parte degli emigrati europei sedotti dalle attrattive delle grandi città e pel desiderio di un subito guadagno preferiscono stolidamente la vita me­ fitica di un officina a quella salutare del campo; la disciplina e la fatica giornaliera alla libertà dei la- lavori di campagna ; la soggezione di un principale all’indipendenzi dei fariner. — Gli onesti comitati di emigrazione all’estero, come.quelli stabiliti a New York non faranno mai abbastanza persuadendo gli immigranti di recarsi o nell’Ovest u nel Sud, anzi­ ché trattenersi nei grandi centri per aumentare il numero dei disgraziati esposti sempre alle continue altalene delle crisi finanziarie e commerciali.

Ma combattendo le esagerazioni la mania dello impianto di stabilimenti industriali che fu una delle cause della crisi attuale, non voglio concludere che gli Stati Uniti non avessero a coltivare la grande industria. Ma come in qualunque altra cosa al mondo anche in questo campo deve venirsi ad un giusto equilibrio che deve sempre produrre il maggior benefizio dei consumatori. — I paesi debbono spe­ cialmente produrre quegli articoli che sono più adatti alle materie prime, di cui natura li ha for­ niti. Per mo’ d’esempio quando gli americani hanno colpito le siete di Francia e d’Italia del 70 0[o e introducono gratuitamente il bozzolo che qui non si alleva per dar campo ai fabbricatori di sete ame­ ricane di competere con quelli di Lione o di Como è proprio un voler far subire una solenne ingiu­ stizia alla massa dei compratori a vantaggio dei quali solo dovrebbero essere fatte le leggi.

Riferimenti

Documenti correlati

Gli è perchè si può moltiplicare arbitrariamente la circolazione cartacea, che il biglietto a corso for- zoso dello Stato o di un banco si deprezza forte- mente ed improvvisamente

pubblicate per cura della Camera di Commercio Ci è stato gentilmente trasmesso dalla Camera di commercio di Pavia un fascicolo col quale essa inizia la pubblicazione delle

I nostri lettori si ricordano corno fini alcuni mesi or sono la discussione al Parlamento francese nella quale, in occasione della proposta di alcune

quali ebbero altresì un aumento dell'I 0,0 in se- guito alla smentita data alla vittoria che dicevasi ri- portata dai turchi a Biela. Anche i Fondi Egiziani e Ungheresi dettero luogo

(1' Pai is," Gèrnier, Baillière. a spiegare l'azione compensatrice dei duo metalli. Solo egli fa un'assai buona analisi delle funzioni della moneta che spiega molte cose. Si

Altra innovazione importante che si conterrebbe in germe nel progetto ministeriale sarebbe quella per cui il Governo dovrebbe entro l’anno 1880, proce­ dere

Siccome questo avviene nella maggior parte dei paesi civili dobbiamo rivolgere i nostri sforzi alla riduzione delle imposte ed al loro miglioramento.. Poco importa

Attesoché la Società anonima, nel cui novero è quella del Credito degli armatori, siccome quella che è formata da semplice riunione di capitali, non esiste