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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.30 (1903) n.1534, 27 settembre

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SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno I I I - Voi. I I I I V

Firenze, 21 Settembre 1903

S o m m a r i o : Il Consiglio del Lavoro — Avanzi e disavanzi dei bilanci europei, (Continua) — A. J. Du Jo­

h a n n i s. Tra le generose utopie — Il risanamento di Napoli, II — Imperialismo e protezionismo, V —

Note e appunti — Rivista bibliografica. Prof. Achille Loria. Il movimento operaio - Prof. Costantino Ot- tolenghi. La scienza statistica il suo compito e i suoi rapporti colle altre scienze sociali - Dott. Augusto Setti. Mannaie per il Giurato - Testi unici di registro e bollo - Legislator. The Corning Reaction — a Brief survery and criticismi o f thè vices of our economie System - Dott. Traugott Geering. Die Handelspo­ litik der Schweiz am Ausgang des X IX Jahrhunderts — Rivista Economica. (Le relazioni economiche degli Stati Uniti con V Italia - I l movimento della popolazione d ’Italia - Le provinole che immigrano ■■ Congresso per la protezione dei lavoratori), — La situazione del Tesoro al 31 Agosto 1903 — Le ^Colonie Ita­

liane negli Stati Uniti — Movimento del commercio e della navigazione dell’ Impero di Russia per 1’ anno 1902 con qualche cenno sul commercio italiano — La comparabilità dei valori nel commercio —t Cronaca delle Camere di commercio (Firenze, Camera di commercio italiana in Cina), — Mercato monetario e Banche di emissione — Rivista delle Borse - Società commerciali ed industriali (Rendiconti di Assem­ blee e Nuove Società) — Notizie commerciali — Avvisi.

di grande conforto. Ed è una dimostrazione que­ sta eloquente del torto che hanno avuto alcuni partiti rimanendo chiusi e non ammettendo franca­ mente alla trattazione della cosa pubblica anche gli avversari. I fatti dimostrano che alcuni passi fatti in senso opposto dagli uni e dagli altri ba­ stano a render possibile una cooperazione co­ mune che qualche tempo fa poteva sembrare as­ surda.

L ’ on. Pulci che, come si disse, inaugurò i lavori così indicò lo scopo del Consiglio :

« Voi, signori, avete un alto compito, da voi di­ pende tutta la virtù operativa della nuova istitu­ zione, la quale deve essere mi osservatorio politico, sociologico e giuridico.

« Un osservatorio politico perchè con intenti ele­ vati possano studiarsii movimenti,! bisogni, le aspi­ razioni delle masse popolari. Un osservatorio socio- logico perchè lo studioso possa seguire le evoluzioni dei fenomeni economici, le lotte, le aspirazioni, i bi sogni dei nuovi tempi.

« Un osservatorio giuridico, perchè, come bene notava in uno dei suoi eloquenti discorsi Millerand, l’ odio è sentimento ispirato dall’ ignoranza, e la violenza è il metodo dell’ incosciente. Al lavoro ope­ roso della classe lavoratrice che sostituisce all’ odio l’ entusiasmo pel conseguimento di alte idealità, alla violenza l’ organizzazione feconda, deve rispondere la missione dello Stato, missione moderatrice nelle lotte per la vita.

« Noi italiani, eredi di quella Roma che ebbe dalla storia l ’ alta missione di creare il diritto, ab­ biamo il dovere di seguire, con la sapienza di quei dotti giureconsulti, le nuove evoluzioni giuridiche, e creare il nuovo diritto che sorge dai nuovi bisogni della vita sociale.

« Voi, che venite dalle diverse parti d’ Italia rap­ presentanti industrie, mestieri e interessi diversi, voi con sapiente sintesi potrete fornirci gli studi per una completa e sapiente legislazione sociale.

« Una legislazione sociale, che è nel pensiero di tutti coloro che, ad una lotta scapigliata, vogliono sostituire l’ organizzazione cosciente ohe colla pace potrà condurci alla vittoria economica ».

Dopo Fon. Fulci parlò il oons. operaio

Reina in nome delle organizzazioni operaie,

esprimendo il loro compiacimento, perchè il mi­ nistro s’ è rivolto alle organizzazioni operaie per la scelta dei membri, specie di nomina regia. Concluse manifestando la viva fiducia degli ope­

II Consiglio del Lavoro

La prima riunione del Consiglio del lavoro, tenutasi a Roma nella settimana decorsa, può considerarsi come un importante avvenimento per una ragione principalmente : i diversi mem­ bri di quel Consiglio parvero decisi di abban­ donare quei convincimenti astratti nei quali si sapevano discordi, per discutere quelle questioni nelle quali avevano fondata speranza di trovarsi concordi. E non furono soltanto le intenzioni che trovarono posto in quelle riunioni; i più spiccati membri di quel consesso, cominciando dall’ on. Fulci che ne inaugurava i lavori e poi gli on. Turati e Luzzatti, fecero dichiarazioni cosi temperate e sagge da far nascere le mag­ giori speranze sulla utilità pratica della istitu­ zione.

Certo gli uni e gli altri fecero delle ampie riserve sulle mete finali e sul lontano avvenire, ma l’ averle fatte con franca e calma parola e l’ averne reciprocamente preso atto, non può che accrescere valore alle speranze concepite, poiché ciascuno, pur rimanendo nei propri convinci­ menti a tutti noti, si sentiva più libero nel la­ vorare in quel campo comune, che è tanto esteso da non esservi pericolo di uscirne per averlo esaurito.

Ed è bene, benissimo, noi crediamo, che si cominci a comprendere che, pur riservando i così detti ideali e le lontane aspirazioni, gli uo­ mini competenti di parte divsrsa, trovino modo di unire la loro opera per procurare, intanto che si discute sull’ avvenire, di migliorare il pre­ sente.

Siamo tanto abituati nel campo politico e parlamentare a sentire sempre il disprezzo verso l ’ avversario, il considerarlo empre o quasi in malafede, il vedere un nemico in chiunque ab­ bia opinioni diverse, che il vedere dei parla­ mentari di partito opposto discutere tranquilla­ mente per la ricerca del bene immediato, pro­ duce un effetto, non diremo di meraviglia, ma

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rai nell’ opera del consiglio e degli Uffici del Lavoro.

L’ on. Turati (rappresentante per la Camera) dichiarò di aderire pienamente allo spirito del discorso Fulci ed a quello della circolare Bac­ celli del 18 agosto, per notificare l’ istituzione dell’ Ufficio del Lavoro. Dichiarò quindi a nome dei suoi amici che essi non intendono rinunciare ai loro specifici punti di vista, pur riconoscendo 6 sperando che sarà possibile l’ accordo e Fin- tesa delle varie parti nella formulazione dei problemi del lavoro.

Concluse osservando che sebbene ciascuno dei consiglieri abbia il suo specifico punto di vista, tutti sentono che la resultante delle forze divergenti si formerà con reciproco vantaggio, perchè ormai nessuno intende più ostacolare la elevazione delle classi lavoratrici e tutti vogliono far sì che essa avvenga gradualmente, senza

esplosioni violente.

Prese poscia la parola l’ on. Luzzatti, il quale aderì pienamente a queste dichiarazioni del collega Turati, però osservò che ciò che ci unisce è molto più di ciò che ci divide. Il dis­ senso nascerà sul modo di soluzione del pro­ blema, ma è molto che tutti siano d’ accordo nel riconoscere che gli organi costituiti servono e bastano alla soluzione dei problemi del lavoro ed è consolante che tutti mettano il loro cuore, più ancora che la buona volontà, nel cercare l’ac­ cordo pel miglioramento delle condizioni dei la­ voratori e che tutti riconoscano la necessità ur­ gente di studiare le basi reali di quelle condi­ zioni finora da noi sconosciute.

Nelle adunanze successive il Consiglio ap­ provò alcuni ordini, del giorno che si possono chia­ mare preliminari, sia per migliorare la rappresen­ tanza nel Consiglio delle diverse categorie, sia per chiedere che sieno accresciuti i fondi per 1’ uf­ ficio. Finalmente decise di nominare nel proprio seno alcune sotto-commissioni perchè studino i diversi problemi sui quali il Consiglio discu­ terà nel prossimo dicembre.

Naturalmente non si può pretendere di giu­ dicare sin d’ ora l’ opera del Consiglio che ha appena cominciato i suoi lavori, ma è giusto notare subito che ha bene cominciato e che lascia ritenere che non sia una delle solite com­ missioni nominate per non fare.

La legislazione sociale italiana, sopratutto per la scarsezza di coltura delle masse, è ancora in embrione e si è visto alla prova per la legge sugli infortuni e per quella sul lavoro delle donne e dei fanciulli, come proceda in Parlamento con una lentezza deplorevole.

È sperabile che il Consiglio del lavoro ot­ tenga, se perdurerà nella concordia e nella ala­ crità, due fini importanti : i suoi studi agevole­ ranno, preparandola, l’ opera legislativa, che molte volte si arena per la incertezza delle co­ gnizioni e dei convincimenti; la sua azione sulla pubblica opinione renderà il Parlamento più sollecito nel condurre a termine le leggi che gli saranno presentate.

Dal lato igienico e dal lato economico i bisogni urgenti non mancano certo, nè il paese è impreparato a soluzioni anche audaci; i re­ centi movimenti delle moltitudini, specialmente

agricole, hanno messo a nudo delle piaghe, delle ingiustizie, delle enormità che pochi conoscevano ed ha mostrato che il più delle volte le aspi­ razioni dei sofferenti non sono esagerate.

Noi non abbiamo gran fede nell’ effetto di­ retto della legge, ma crediamo invece che gli studi imparziali, le analisi pazienti dei fatti, la divulgazione delle ingiustizie, varranno a ren­ dere meno forti quelle resistenze le quali, avranno forse ragione nell’ egoistico sentimento di alcuni interessi individuali od anche di classe, ma non possono che essere vinte dalla illuminata co ­ scienza del bene generale e della giustizia.

Speriamo quindi che la nuova istituzione conduca alacremente i propri lavori ed ottenga efficaci risultati.

AVANZI E DISAVANZI

d e i b i l a n c i e u r o p e i

Il peggioramento avvenuto in questi ultimi anni nelle condizioni finanziarie di alcuni Stati d ’ Europa è veramente uno dei fatti più istrut­ tivi che presenti la finanza contemporanea. Stati che avevano una riputazione finanziaria solidissi­ ma, il cui credito era tenuto in gran conto hanno visto il loro bilancio, chiudersi con un disavanzo persistente, i loro titoli di rendita deprezzati e non trovano ancora la via che li conduca alla sal­ vazione finanziaria, Dice bene R. G. Lévy in un articolo su questo argomento (Revue des Deux

Mondes, I o settembre) che il principio del X X

secolo ci fa assistere a dei fenomeni singolari. Mentre il credito di alcuni Stati, quali l’ Italia, la Spagna, si eleva in una notevole proporzione, si vede quello della Francia, dell’ Inghilterra, della Germania, non certo periclitare, ma subire una eclissi. Quando alcuni bilanci che per lunghi anni ebbero a lottare contro difficoltà d’ ogni sorta sono oggi in equilibrio o presentano un avanzo, quelli di nazioni, la cui potenza finanziaria era consi­ derata di prim’ ordine, danno il triste spettacolo di spese incessantemente aumentate, di spese fatte senza contare, di sacrifici sempre maggiori imposti ai contribuenti, di maggiori aggravi che finiscono per stancare la loro pazienza e col­ l ’ avere un contraccolpo sulla situazione econo­ mica generale. Ed egli ha preso in esame alcuni paesi come tipi di questa recente evolu­ zione per misurare il cammino percorso negli ul­ timi anni, mostrare il progresso degli uni e il regresso degli altri.

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ohe si è tradotta nell’ aumento in capitale di 69 milioni di franchi. Il disavanzo del 1901 è calcolato dal relatore generale del Senato, ono­ revole Dubost, in 261 milioni e quello del 1902 in 279, milioni ossia in totale 540 milioni. Questa somma è stata fornita dal prestito in consolidato sino alla concorrenza di 218 milioni e dai pre­ stiti di tesoreria a breve termine per 322 mi­ lioni. Queste cifre sono state contestate e pare con qualche fondamento, perchè anche la conta­ bilità pubblica della Erancia non brilla per sover­ chia chiarezza : basti dire che il relatore generale del bilancio 1903 alla Camera, on. Berteaux, calco­ lava pel 1902 un disavanzo di soli 115 milioni e ricordava che si dovettero emettere nel corso dell’ esercizio 64 milioni di obbligazioni a breve termine per far fronte a vari bisogni e fare il servizio delle garanzie d’ interesse alle compa­ gnie ferroviarie.

Il Dubost non risparmiava gli avvertimenti al proprio paese ; le spese, egli diceva al Senato, sono eccessive; il loro incremento medio di 60 mi­ lioni l’ anno è più del doppio di quello delle en­ trate. Il servizio del debito vitalizio (pensioni civili e militari) raggiunge la somma formidabile di 256 milioni, contro i quali non figurano in bi­ lancio che 36 milioni di ritenute, ed egli vedeva la urgente necessità di cambiar sistema per le pensioni. L ’ analisi del bilancio della guerra ha fatto persuaso il Dubost che le spese sono male regolate e che da un savio riordinamento dei ser­ vizi si potrebbero avere economie per un centi­ naio di milioni. Intanto anche il bilancio pel cor­ rente esercizio presenta il disavanzo di 40 milioni circa: le imposte e i redditi pubblici, i prodotti del demanio, dei monopoli e dei servizi di Stato procurano 3488 milioni, mentre le spese sono pre­ viste in 3528 milioni.

Ecco un’ analisi sommaria del bilancio : Spese

M ilioni

Debito pu bblico... 1180

Poteri pu bblici... 13

Guerra e M arina... 1000

Servizi generali degli altri Ministeri... 856

Spese di regia, di riscossione d’ esercizio, delle imposte e dei redditi pubblici... 438

Rimborsi e restituzione, non-valori e premi. . 41

Totale. .. 3528

Entrate Milioni Contribuzioni dirette e tasse assimilate... 540

R egistro... 570

Bollo e operazioni di b orsa... 183

Imposta del 4 OjO sul reddito dei valori mo­ biliari ... 82

D ogane... 411

Contribuzioni indirette... 600

Zuccheri... 134

Tabacchi, fiammiferi, polveri... 474

Poste, telegrafi, telefoni... 273

Altri servizi... 21

Demanio... 55

Altre entrate varie... 145

Emissione di obbligazioni a breve termine... 40

Totale... 3528

Questo bilancio non comprende altro ammor­ tamento che il rimborso di una serie della ren­ dita 3 0[0 ammortizzabile. E ’ vero che nel servizio del debito sono compresi alcuni rimborsi e annua­ lità regolarmente pagate, specie a Compagnie di strade ferrate, e che i 40 milioni attinti al credito rappresentano a un dipresso il prestito fatto dallo Stato alle Compagnie ferroviarie sotto forma di garanzia d’ interesse ; ma la data del rimborso di queste anticipazioni è incerta ; per alcune Compagnie è certo assai lontana. Era stata una delle riforme più fortunate dei prece­ denti bilanci francesi quella di inscrivere nelle spese ordinarie le garanzie d’ interesse, che se prelevate sulle entrate normali costituivano una riserva latente per 1’ avvenire. Ora invece si fa fronte a quella spesa con nuovi debiti.

Questo stato di cose ha suscitato gravi preoccupazioni negli uomini più competenti nella finanza che conti la Francia ; il Rouvier, il R i- bot, il Leroy-Beaulieu e altri hanno fatto dichia­ razioni o esposte osservazioni molto importanti, con le quali mirarono a richiamare 1’ attenzione dei loro connazionali sui pericoli di un indirizzo politico che pretende di dare grande impulso alla politica militare, navale, coloniale, dei lavori pub­ blici, della istruzione, eco., mentre le condizioni finanziarie sono cosi precarie e nuove imposte sono quasi impossibili. Anche in Francia è sulle spese che bisogna agire e con vigore ; ammesso anche che alcune riforme (sull’ alcool, sugli zuc­ cheri, eco.) migliorino le condizioni del Tesoro, coll’ eliminare privilegi e beneficii fiscali incon­ sultamente mantenuti finora, è certo che il pareg­ gio del bilancio francese, la sua elasticità, non potranno essere riconquistati se non sarà messo un freno efficace alle spese. E su questo punto 1’ esempio italiano, non veramente d’ ora, ma di qualche anno fa, potrà riuscire istruttivo per la Francia.

Del resto, se mal comune è mezzo gaudio, la Francia può consolarsi, osservando ciò che è successo in Inghilterra, la cui situazione finan­ ziaria ed economica ha subito un cambiamento assai sensibile. La guerra del Transvaal ha se­ gnato l’ apogeo di ciò che si potrebbe chiamare l’ imperialismo acuto degli inglesi. La guerra co­ minciata nell’ ottobre 1899 contro i Boeri e ter­ minata tre anni dopo, con la pace conclusa il 31 maggio 1902, ha messo alla prova la energia anglo-sassone e la potenzialità finanziaria della Gran Brettagna. E stato quello il maggior sforzo militare e finanziario degli inglesi dopo le guerre della fine del secolo X V III e del principio del secolo X IX . Il costo della spedizione di Crimea non sorpassò i 2 miliardi per il Tesoro britan­ nico e fu coperto metà, col prestito e metà con la imposta. Gladstone, che era allora al potere, insistette affinchè la maggior parte di quelle spese fossero caricate senza indugio sui contri­ buenti; i sacrifici che esige la guerra sono un freno — egli diceva — che la Provvidenza ha messo all’ ambizione dei popoli, la quale senza di ciò sarebbe insaziabile.

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inferiore a 21 miliardi e mezzo (21,420 milioni) mentre nel 1898 era di 17 miliardi e nel 1875 di 19,300 milioni. Per la prima volta negli ul­ timi 25 anni, i consolidati inglesi scendono al disotto di 90. È vero che l’interesse che era del 2 3[4 dal 1888 è sceso col 1° aprile u, s. al 1 1[2; ma il ribasso non è per questo meno sintoma­ tico e sensibile. Nell’ ottobre 1899 al momento della dichiarazione di guerra col Transvaal, i consolidati erano quotati ancora intorno a 103. E il ribasso attuale è tanto più significativo che il mercato di Londra non dimostra la forza ne­ cessaria per arrestarlo e la massa dei titoli flut­ tuanti indica che i capitalisti, non ostante la di­ scesa del prezzo, non hanno alcuna premura di acquistare il titolo nazionale di rendita a un saggio che da un pezzo non si conosceva.

Egli è che Governo e corpi locali hanno attinto largamente al credito negli ultimi tempi e si preparano ad attingervi ancora I corpi lo­ cali specialmente ricorrono ai prestiti per le loro imprese; si è calcolato, ad esempio, che da ora alla metà del 1904 il Consiglio della Contea di Londra prenderà a prestito 460 milioni di fran­ chi. Il così detto socialismo municipale che di­ laga per tutta l’ Inghilterra impone alle città spese crescenti per assicurare l’ esecuzione di servizi sinora affidati a compagnie private. Il fondo del prestito locale (Locai loan stock) creato dal Goschen per sovvenire in parte ai bi­ sogni delle autorità provinciali e comunali è pure in aumento costante e ha dato luogo alla crea­ zione di titoli per più di 1400 milioni di franchi. Un’ altra causa della situazione finanziaria diffi­ cile, nella quale si trova in questo momento il mercato di Londra è la diminuzione del porta­ foglio estero degli inglesi : essi non hanno ces­ sato da qualche tempo a questa parte di vendere i fondi russi, austriaci, ungheresi, italiani, spa- gnuoli, portoghesi, americani, che, in altre epo­

che avevano assorbito in quantità considerevoli. Nè può prevedersi che gli investimenti in valori esteri riprendano fra poco la importanza che avevano in passato, perchè i bisogni interni mol­ tiplicano i ricorsi al credito. 11 riscatto delle terre in Irlanda, secondo la nuova legge del Wyndham, darà luogo alla creazione di un ti­ tolo 2 3[4 per cento il cui totale potrà salire sino a 2 miliardi e mezzo di franchi e altri bi­ sogni sono pure alle viste anche per l’ Africa del Sud.

Dice giustamente il Lévy che l’ Inghilterra rassomiglia in questo momento a un uomo che si risveglia dopo una notte di orgie. Per tre anni al di là della Manica non si è parlato che d’ impero e di imperialismo ; le voci che prote­ stavano erano soffocate sotto il rumore dei can­ noni e i canti patriottici di Rudyard Kipling. Oggi si fanno i conti di ciò che la guerra ha costato e le amarezze a questo riguardo non sono poche. Ma il Parlamento attuale, che ha spinto innanzi con ardore la politica di conquista, non potrebbe bruciare ciò che ha fin qui adorato. Resta a vedere se le prossime elezioni daranno gli stessi risultati delle ultime elezioni parziali che hanno dimostrato il malcontento per la politica del­ l’ attuale ministero.

Intanto il bilancio della marina inglese am­

monta pel 1903-9C4 a 870 milioni di franchi in aumento di oltre 80 milioni sull’ anno precedente; e il personale della flotta sale a 127,100 uomini, ossia 4600 in più. Il bilancio della guerra è quasi eguale a quello della marina, e ammonta a 862 milioni; insieme formano il totale di 1732 milioni. Le entrate non crescono per il loro in­ cremento naturale, ma perchè sono state intro­ dotte nuove imposte; anzi esse dimostrano la tendenza a diminuire. Il bilancio complessivo è passato da 2300 milioni nel 1893-94 a 3500 mi­ lioni nel 1903-904. E il paese che ha raggiunto ormai il limite delle imposte che può pagare di­ mostra il suo malcontento; esso vede perduto in tre anni il frutto della saggezza semi-seco­ lare e per rimediare a questa difficile situazione non sente che proposte di nuove spese e di una politica fiscale pericolosa e dannosa, qual’ è quella

del Chamberlain.

(Continua).

f r a le p o r o s e utopie

L ’ articolo dell’ on. Luzzatti, pubblicato nel- T ultimo numero della Nuova Antologia, è senza dubbio una buona azione, poiché in questo mo­ mento di deplorevole incertezza doganale, nel quale gli Stati principali sembrano pencolanti tra le esigenze dei produttori che domandano inasprimenti al protezionismo e la coscienza del danno e del pericolo che presentano tutti gli eccessi, una voce così autorevole e stimata come quella del Luzzatti, che fa un caldo appello al vero utile ed al buon senso, non può che essere ascoltata con compiacenza.

Non sappiamo se dopo averla ascoltata i Governi piegheranno a quella equità che 1’ on. Luzzatti invoca, non sappiamo se perseverando gli Stati Uniti in una politica doganale così feroce, gli Stati europei, essi pure così inol­ trati nella via del protezionismo, sapranno unirsi per una collettiva resistenza ; non pos­ siamo nemmeno concepire qualche speranza che, di fronte al pericolo americano, ed a quello, più remoto, ma pure minacciante dell’ Inghil­ terra, gli Stati del continente europeo sapranno arrestarsi nella curva ascendente degli aspri dazi doganali, ma riconosciamo essere necessa­ rio che tutte le forze dei liberali, vecchi e nuovi, si colìeghino per tentare di debellare questa pazza orgia di protezionismo che ormai invade tutti.

Basta pensare c h e .le dogane dei diversi più importanti Stati incassano annualmente più di quattro miliardi e mezzo di dazi, per com­ prendere quanti e quali spostamenti di prezzi, di interessi, di attività, quali e quante ingiusti­ zie, quali e quante assurdità sieno accumulate in quei quattro miliardi e mezzo di lire, con cui il protezionismo aggrava il prezzo di tanti pro­ dotti e specialmente di quelli alimentari.

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protezione, poiché lo scopo è di rincarare la merce all’ interno, denota uno spostamento di prezzi per un valore di prodotti che è difficile determinare, ma che certo supera cento volte quello del dazio.

E ’ la follìa che domina.

L ’ on. Luzzatti invoca un concilio ecume­ nico in occassione della Esposizione mondiale di Saint Louis per regolare questo formidabile manicomio.

Il senso comune dovrebbe suggerire che in nessun caso il dazio su una merce dovesse oltrepassare il 10 per cento, ad esempio, del suo valore. Una protezione del dieci per cento è più che generosa verso i produttori che intrapren­ dono industrie non adatte a sostenere la con­ correnza estera.

Ma chi può mai sperare in un simile rinsa­ vì mento ?

Oh ! se l’ Italia avesse un uomo di Stato che volesse esser grande davvero e proponesse ed ottenesse la abolizione delle dogane e fare di questa stupenda penisola il punto franco dei- fi Europa, che torrente di attività si risveglie­ rebbe in Italia, che enorme lavoro nei suoi porti, che fiorito compenso avrebbe in pari tempo il bilancio per il sacrifizio fatto !

Chi scrive ricorda di avere espresso questo concetto nel 1884 agli onorevoli Magliani e De- pretis ; ed il vecchio Depretis esclamava : — Se avessi venti anni di meno !

Ma quale risposta darebbe ora al sorgere del Chamberlainismo, a un Luzzattismo che pro­ pugnasse la abolizione dei dazi di confine ?... La sparizione del doganiere, la logica trionfante tra le contraddizioni dello sviluppo delle vie di comunicazione ed il dazio che arresta il mo­ vimento dei prodotti !....

Invece a questo sogno si contrappone la realtà; l’ Europa intera che gira intorno alla terribile clausola dei vini tra fi Italia e 1 Au- stria-Ungheria, niente altro che mezzo milione di ettolitri di mosto !

Germania, Francia, Svizzera stanno a vedere come sarà risolta questa grandiosa questione, che rappresenta un ottantesimo del prodotto vinicolo italiano, ma da cui si fa dipendere un movimento di centinaia di milioni.

Quanto sono giganti gli uomini di fronte a queste piccole questioni !

A. J. Db Johannis.

IL RISANAMENTO D I NAPOLI

IL

L ’ultima convenzione stipulata fra il Muni­ cipio di Napoli e la Società pel Risanamento *) prolunga di altri otto anni il termine concesso per il compimento dell’ opera, dividendolo in quattro bienni, secondo le diverse categorie di lavori da eseguire, che vengono, com’ è naturale, partitamente indicati. Essa ha poi cura di pre­ cisare i fondi destinati alle espiopriazioni,

di-i Veddi-i di-il numero precedente dell’ Economdi-ista.

stinguendoli da quelli che devono servire ai la­ vori. Stabilisce inoltre come e in qual misura saranno fatti alla Società i versamenti a ma.no a mano che i lavori sono eseguiti, verificati e collaudati. Provvede poscia per la cauzione che la Società deve prestare e per il componimento di alcune vecchie vertenze. Uno speciale arti­ colo in deroga ai precedenti contratti, esonera la Società dall’obbligo delle edificazioni sui suoli che per fatto delle demolizioni, resteranno vuoti. Viene però provveduto per lo sgombro dei ma­ teriali di rifiuto e per la decorosa sistemazione dei suoli stessi.

La convenzione in discorso, ove si tenga conto della situazione, è ciò che poteva farsi di meno peggio. Non soddisfa certo a ogni desi­ derio, ma presenta dei vantaggi, primo fra tutti quello di impedire che il rinnovamento edilizio e igienico della città resti incompiuto, o in­ definitamente interrotto. Nondimeno e stata ac­ canitamente combattuta dal partito socialista, che nel Consiglio comunale di Napoli ha una rappresentanza non molto numerosa, ma assai battagliera.

Esercitare la critica è, in ogni Assemblea, insieme un diritto e un dovere dei partiti che non si trovano ad avere la direzione delle cose. Quella dei socialisti napoletani, pur giovandosi, non senza abilità, degli aspetti meno felici della soluzione proposta, secondo il nostro parere, veniva a conclusioni molto storte. In ogni modo vediamo i motivi del loro contegno e ascoltiamo le loro ragioni.

Alcune, per dire il vero, non meritano nean­ che questo nome. Sono piuttosto frasi fatte, di quelle che trascinano il pensiero invece d es­ serne il prodotto. Per esempio, l’ intromissione della Banca d’ Italia è stata chiamata perfiuo una truffa ! Oh, diamine !... e perchè mai ? Non ci indugiamo ad aspettare una risposta. I punti ammirativi, non han mai sentito l’ onesto biso­ gno di una motivazione. Nel linguaggio più mite è stata qualificata losca speculazione, effetto di

loschi interessi.... Losca ? Loschi ? Rinunziamo

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zioni dai suoi creditori. Del resto, nel caso con­ creto, i danari occorrenti da chi si sarebbero potuti avere ? Eorse da qualche modesta Società di mutuo soccorso ? Da qualche cucina econo­ mica ? 0 dalle leghe operaie di resistenza ?

No, di certo. Ma i socialisti napoletani che, per condurre a termine 1’ opera del Risanamento non hanno mai accolto l’ idea d’ un nuovo ap­ palto, sostenevano invece che l’obbligo ne spet­ tava allo Stato, sia direttamente, sia delegan­ done la esecuzione al Comune. In verità, non si riesce a scorgere come esista questo asserito

obbligo nello Stato, che dispone del danaro di

tutti i contribuenti italiani, che a suo tempo dette già di bei milioni e che ora consente a darne alcuni altri. Ma in ogni caso la soluzione era delle più sciagurate. La esecuzione della opera residua, nelle mani dello Stato o in quelle del Comune, sarebbe poi venuta a costare mólto, ma molto di più. Sono cose risapute, che i so­ cialisti fingono di non sapere, e questa volta i criteri in proposito non mancano. Nè lo Stato nè il Comune hanno saputo esercitare molto bene la loro parte di vigilanza e di sindacato sui la­ vori della Società pel Risanamento. Figuriamoci^ come sarebbero bravi, capaci, pratici, se doves­ sero eseguirli loro !...

E i mezzi pecuniari ? 0 se con fatica sono riusciti a raccapezzare il puro necessario, met­ tendoci del proprio, ma anche ottenendo il con­ tributo della Banca !

Ma dicevano i socialisti napoletani — e qui si viene a qualche loro tesi confutabile, si, ma meno assurda — anche senza gravare il bilancio passivo dello Stato e del Comune, si può sod­ disfare alla necessità di integrare l ’ opera di ri­ sanamento di Napoli, seguendo la via opposta della mobilizzazione e del riscatto del patrimo­ nio del Risanamento dalle mani della Banca di Italia, mediante l’ emissione di un nuovo titolo.

Questa soluzione era già stata ventilata dalla Commissione d’ Inchiesta presieduta dal compianto senatore Saredo, la quale nella sua Relazione (pag. 772, 773) si esprimeva così : « Potrebbesi ancora presentare, come mezzo ti­ pico, quello di una grande e ben definita opera­ zione di mobilizzazione, autorizzata con prov­ vedimento legislativo ed intesa a costituire, mediante l’ emissione di un nuovo titolo, tutto il capitale richiesto per coprire quell’ ammanco e per affrancare il patrimonio del Risanamento dagli Istituti creditori, restando le obbligazioni garantite dal patrimonio stesso. Tenuto conto delle difficoltà grandissime a fronte delle quali si troverebbero gli Istituti di emissione, entrando nel definitivo possesso di quel patrimonio, è con fondamento a ritenersi che, in caso di liquida­ zione, essi consentirebbero un largo sconto sul­ l’attuale loro credito ; per modo che il complessivo capitale richiesto, ridotto per alcune agevolazioni che eventualmente fossero concesse dal Governo, potrebbe ancora trovare nel reddito patrimoniale un sufficiente interesse ».

Se non che la Relazione aggiunge subito : « Ma non sono pur troppo a nascondersi le dif­ ficoltà immense che si incontrerebbero in pra­ tica — per la grande diffidenza che ancora regna sui mercati in materia di speculazione — a

col-I locare i nuovi titoli ; e ciò senza tener conto del lungo tempo e delle spese fortissime che all’uopo indubbiamente occorrerebbero. Accennata dunque tale soluzione come il mezzo ideale che, potendo essere attuato malgrado ogni difficoltà, verrebbe a garantire il completamento dell’opera, evitando ogni altro danno o grave conseguenza, la Com­ missione ha ritenuto di dover studiare e pre­ sentare un’ altra soluzione, meno perfetta, ma di attuazione più pratica. La Commissione ha perciò considerato che, dati i vincoli che legano gli Istituti creditori alla Società del Risanamento ed all’opera, e l ’ interesse eh’ essi non possono a meno di avere ad evitare possibilmente la de­ cadenza della Società e l’arresto dell’opera, essi pur avendo già sostenuto non lievi sacrifici a favore dell’ una e dell’ altra, non dovrebbero pre­ sumibilmente opporre difficoltà a venir loro, in una certa misura, nuovamente in aiuto ».

Un altro argomento fu acclamato dagli op­ positori. E ’ una vera pazzia affidare ancora la esecuzione d’ una grand’ opera pubblica a una Società fallita, a una Società che più d’ una volta si è addimostrata incapace di arrivare in fondo, di adempiere agli impegni presi. L ’ argomento, bisogna convenirne, fa impressione, e non è af­ fatto privo di contenuto.

Ma c’ è risposta. Fallita è inesatto; non tanto perchè manca la dichiarazione ufficiale e legale dello stato di fallimento, quanto perchè se in un sistema vascolare povero di globuli rossi si inietta un flusso di sangue nuovo e fre­ sco, non si può più dire che il corpo sia esan­ gue ; in altri termini, se si forniscono alla So­ cietà, per 1’ uso pel quale esse le occorrono, nuovi e bastevoli capitali, essa non si può più considerare fallita. Errori ne ha commessi, ma li ha scontati con la perdita del proprio capitale. Fino dal principio peccò d’ inesperienza, ma di questa, oramai, a spese anche proprie, dev’ es­ sere guarita. Del resto non sono senza pecca neppure i suoi sorveglianti (Stato e Comune) i quali da ora in poi dovranno esercitare una sor­ veglianza ben altrimenti assidua, oculata, com­ petente, rigida, che pel passato.

Alle modalità pel versamento dei fondi, provvede, come si è detto, la convenzione con disposizioni precise e minute. Per quelli che ven gono forniti dai due Istituti di emissione, det­ terà le opportune norme un Decreto Reale.

Senza dubbio sono da tenersi in gran conto i ponderati giudizi della Commissione d’ Inchie­ sta, che disse a ognuno il fatto suo, e che fu accusata piuttosto di troppa severità che di troppa indulgenza. « Se una parte della perdita sostenuta dalla Società nell’ esecuzione dell’opera di risanamento a tutt’ oggi compiuta, può attri buirsi a cause indipendenti dalla sua volontà, o eh’ essa non seppe prevenire, un’ altra notevo­ lissima parte è esclusivamente da riguardarsi come conseguenza di sbagliata organizzazione, di imprevidenza e di numerosi errori che la So­ cietà commise, sopratutto nei primi anni della sua gestione, ma che, a onor del vero, essa stessa pagò in grandissima parte, sagrificando nell’ im­ presa 1’ intero suo capitale.

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dei gravi errori, che ha del resto scontati in gran parte col suo stesso capitale, ha finito per acquistare nell’ esecuzione dell’ opera tale espe­ rienza, che dovrebbe, in caso di proseguimento della sua gestione, preservarla ornai dal cadere in nuovi errori, e metterla in una posizione no­ tevolmente superiore a quella di qualunque nuova Società, per quanto bene costituita e organiz­ zata ».

La considerazione contenuta in queste ul­ time righe a noi pare di gran valore. Dopo la ricerca dei mezzi pecuniari, è forse questo in tutta la questione il punto di maggiore rilievo.

Un’ altra accusa mossa alla convenzione è questa: con le ultime espropriazioni da farsi si costringono a sloggiare dalle loro dimore sette­ mila persone e più, appartenenti alle classi po­ vere. Dove anderanno ?

In Consiglio comunale il Sindaco rettificò un poco questa cifra, ma specialmente osservò ohe tutti gli abitanti delle case da demolire vengono ritenuti poveri perchè abitano quartie- rini modesti e vecchi, che le espropriazioni e le demolizioni non saranno istantanee ma gra­ duali, e che lo spostamento ragguaglierà circa 800 persone l’ anno, calcolando il sessennio oc­ corrente per i lavori.

Si, replicavano gli oppositori, ma non si faranno mica con la stessa graduale proporzione edificazioni nuove! Secondo il progetto che vo­ lete farci inghiottire, prima vengono le espro­ priazioni e le demolizioni poi le colmate, poi le sistemazioni stradali, ma costruzioni nuove zero, perchè la Società ne resta esentata. Costringetela almeno a fabbricare un certo numero di case veramente economiche. Oppure fatevi cedere gratuitamente dalla Società una certa quantità di terreni, e le case economiche costruitele voi Municipio. Questo è il momento : profittate del- 1’ occasione, che altrimenti non tornerà più.

Ma anche qui rispose il Sindaco. Non tutte le occasioni sono egualmente buone. Se si fos­ sero volute includere nel progetto anche le case economiche, la spesa sarebbe stata maggiore; e invece i mezzi pecuniari che ci siamo assicurati sono tutto ciò che si è potuto, e non senza dif­ ficoltà, mettere assieme. Le cose vanno fatte una alla volta. Mentre corre il periodo di pro­ roga accordato alla Società per compiere l’opera, concreteremo anche il concetto della costruzione di case economiche. Credete sia cosa facilissima? La Società ne ha costruite su 90 mila metri di terreno, e ha fatto un cattivo affare, ha molte abitazioni vuote, non può darle per una pigione minore di 7 a 12 liro, e ne ricava meno del 2 Ij2 per cento. Se si vogliono avere case veramente economiche, dove le pigioni non siano maggiori di 5 a 7 lire per vano, converrà creare, come si è fatto altrove, un apposito e autonomo Isti­ tuto, del tipo suggerito dall’ on. Luzzatti. La Giunta farà in proposito le opportune proposte, ma non prima che venga dinanzi al Consiglio la Relazione della Commissione Reale per l’ in­ cremento industriale di Napoli, giacché le case operaie sarà provvido sorgano in zone industriali libere da dazi sui consumi popolari e sui mate­ riali da costruzione, Tale questione non può dunque trattarsi in rapporto col Risanamento.

Guardiamoci perciò dal confondere e amalga­ mare progetti diversi e dal trascurare il bene per impazienza del meglio.

E i suoli che rimarranno vuoti in seguito alle demolizioni ? Di questo punto ci occuperemo in un prossimo e ultimo articolo. Frattanto è da aggiungere che dalla maggioranza del Con­ siglio, la convenzione fu approvata in massima, chiudendosi la discussione generale e comin­ ciando quella degli articoli, mentre avendo la Giunta dichiarato di poter disporre di suoli edi­ ficatori per m. q. 20 mila, era stato approvato a unanimità questo ordine del giorno:

« Il Consiglio, preso atto con soddisfazione delle dichiarazioni del Sindaco, circa gl’ intenti dell’Amministrazione relativi alle abitazioni delle classi non abbienti, delibera:

1. Che il Comune promuova la completa e pronta costituzione di ud ente speciale, a norma

della legge Luzzatti, il quale abbia per ¡scopo la edificazione e la gestione di case operaie e di alberghi popolari.

2. Che il Comune concorra alla detta isti­ tuzione : a) con la cessione gratuita all’ ente suddetto di almeno 20 mila metri quadrati di suoli edificatorii ; 6) Con un primo sussidio di lire 500 mila.

3. Che si provveda alla formazione di tale fondo: a) destinandovi il ribasso, che sarà con­ seguito dall’ asta per le opere d’ isolamento del Maschio Angioino; b) Stanziando la rimanente somma, in rate uguali, nei bilanci dei futuri esercizi, a cominciare dal prossimo ».

IMPERIALISMO E PROTEZIONISMO

v.

Il libero scambio insulare.

Gli avvenimenti si sono venuti svolgendo con rapidità maggiore di quella che in generale prevedevasi. Il grande e tenace campione dell’ im­ perialismo, il Ohamberlain, si è dimesso e con lui hanno abbandonato il ministero, tra gli altri, il Ritchie cancelliere dello scacchiere e lord Hamil­ ton segretario per l’ India. Ciò devesi al fatto che l’ idea del Ohamberlain di ricorrere cioè alle

tariffe preferenziali per viemmeglio stringere le

relazioni commerciali tra la metropoli e le colonie è stata bensì respinta, almeno per ora, del Gabi­ netto inglese ; ma questo si è schierato in maggio­ ranza dalla parte del premier, Mr. Arthur Bal- four, ossia in favore di una politica commerciale fondata teoricamente sulla reciprocità, pratica- mente sui dazi differenziali, mediante i quali sarà possibile di esercitare rappresaglie e in­ sieme di applicare, quando si voglia, il prote­ zionismo.

Il Balfour ha fatto conoscere le sue idee con un opuscolo che porta appunto il titolo : « Economie Notes on Insular Free Trade » e che è come la introduzione a un discorso ch’ egli deve tenere a Sheffield il I o ottobre. Sono note preparate e fatte circolare per uso dei suoi

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636 L ’ E C O N O M IS T A 27 settembre 1903

leghi del Gabinetto, ma poi rese pubbliche per j meglio preparare l ’ opinione pubblica al nuovo orientamento della politica commerciale e fiscale. In esse egli esordisce col dichiararsi libero scam­ bista, ma non del tipo che di consueto si intende con quella denominazione. E ’ utile fermarsi un momento su questo punto, poiché le sue dichiara­ zioni rivelano lo stato d’ animo del primo ministro nel considerare così importante questione : « Il libero scambio — egli scrive — non è sempre, forse, quello che passa per ortodosso nella Camera dei Comuni o sulla piattaforma elettorale. C’ è in­ fatti il pericolo effettivo che la controversia dege­ neri in una vana battaglia di formule (watchwords) dietro le quali non c’ è niente che meriti d’essere considerato come un pensiero indipendente. La discussione popolare s’ appoggia alle formule e ama le sue vecchie formule. Così divide il mondo, per gl’ intenti della controversia, fiscale in prote­ zionisti e liberi scambista Coloro che sono pro­ tezionisti si crede lo sieno alla maniera di lord Giorgio Bentinck e coloro che sono liberi scam­ bisti si crede che lo sieno alla maniera del Cob- den. Taluno mette in dubbio il dogma, secondo il quale le imposte debbono essere sempre appli­ cate per avere una entrata? Allora egli evidente­ mente agogna di riavere il sistema fiscale del 1841 e un dazio di 20 scellini sul grano. Taluno ammira la riforma di sessant’ anni fa ? Allora evidente­ mente egli considera la dottrina semplice e as­ soluta (unqualified) del libero scambio così fon­ damentale nel suo carattere, così universale nella sua applicazione, così capace di esatta espressione, che qualsiasi conclusione alla quale essa logica­ mente conduca debba essere accettata senza esi­ tazione e riserva. Io sono un libero scambista, ma, bisogna riconoscerlo, non precisamente se­ condo questo modello. »

Di ciò non era possibile dubitare ; il Balfour com’ è bimetallista così è anche protezionista, o se meglio piace un libero scambista opportuni­ sta. Mente filosofica, e ne ha dato varie prove, il Balfour oscilla continuamente fra le dottrine economiche più antagoniste e cerca spesso la loro conciliazione. Ma nella questione odierna, evidentemente la 'cosa è un po’ difficile, poiché o si è o non si è pel regime economico fiscale attuale, o si è o non si è col Chamberlain per le tariffe preferenziali. Tuttavia, il Balfour muo­ vendo dal concetto che le altre potenze non hanno adottato il libero scambio, anzi general­ mente si sono abbandonate alla corrente prote­ zionista, pensa che l’ Inghilterra non possa con­ tinuare nel suo libero scambio insulare, ma debba cercare di ottenere dagli altri Stati mi­ gliori condizioni, ricorrendo se occorre ai dazi differenziali, alle rappresaglie, insomma alla guerra di tariffe.

Nella lotta che, per ciò che riguarda l’ In­ ghilterra, ebbe termine nel 1846, il Balfour non vede soltanto una disputa intorno a una teoria economica, ma una lotta tra due opposti ideali sostenenti due interessi rivali. L ’ Inghilterra — tale era allora la questione — doveva diventare sempre più un paese manifatturiero, oppure 1’ agricoltura doveva essere mantenuta nel suo antico predominio a qualsiasi costo ? Egli pensa che il paese decise giustamente in favore della

prima di quelle due alternative. E l ’ argomento più concludente in favore di questa opinione è, a suo avviso, che una Britannia prevalentemente agricola non avrebbe potuto mai nè sostentare gli uomini, nè fornire il danaro necessario per la sua missione Imperiale. Ma l’ ideale manifattu­ riero gli pare tuttavia tollerabile e realizzabile soltanto se sono soddisfatte due condizioni : la prima è che siccome molte delle cose necessarie e di lusso devono essere importate, un largo traffico di esportazione è necessario affinchè quelle cose importate possano essere pagate ; e la seconda è che un capitale sufficiente sia sempre dispo­ nibile per gl’ investimenti all’ interno, così che questo fine possa raggiungersi e sia provveduto all’ impiego della crescente popolazione urbana. Nessuna preoccupazione o inquietudine sugge­ rita da questi corollari provarono coloro che la­ vorarono per la causa della riforma fiscale mezzo secolo fa, ma il Balfour indica due errori da parte loro, nessuno dei quali forse avrebbe avuto grande importanza senza T altro.

« Essi n.on previdero — egli dice — che il mondo avrebbe respinto il libero scambio e non tennero conto completamente delle probabilità commerciali dell’ Impero britannico. Se essi non avessero avuto torto sul primo punto, se il li­ bero scambio fosse davvero diventato un credo universale, nessuna controversia avrebbe potuto sorgere intorno alle nostre relazioni commer­ ciali con qualsiasi collettività fiscalmente indi- pendente ; se, d’ altra parte, essi fossero riusciti a darci il libero scambio imperiale le tendenze protezioniste delle nazioni straniere sarebbero state, a lungo andare, di importanza secondaria. Il duplice errore ha condotto al libero scambio

insulare, colle sue inevitabili limitazioni, e ci ha

fatto portare tutto il peso, lasciandoci godere solo la metà dei vantaggi che derivano dal- l’ Impero. » Da queste considerazioni egli è condotto ad affrontare la questione se un si­ stema fiscale adatto per una nazione libero­ scambista in un mondo di libero-scambisti ri­ manga adatto, in ogni sua parte, per una nazione libero-scambista in un mondo di protezionisti. Ripete che ha esaminato la questione come un libero scambista, col desiderio di promuovere il libero scambio, per quanto le circostanze presenti lo permettano, e non mette in dubbio la teoria del libero scambio quandq sia esposta colle de­ bite limitazioni. Questo, naturalmente, non g l’irn- pedisce poi di venire a conclusioni contrarie alla presente politica commerciale inglese, e di do­ mandare che l’ Inghilterra riacquisti la sua com­ pleta libertà di fronte ai paesi protezionisti. Ma cerchiamo, per ora, di riassumere tutto il suo pensiero.

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Unito. Di più, ciò che va considerato non è già la condizione del commercio in questo momento, ma la sua tendenza. In cifre assolute il com­ mercio inglese può essere aumentato, ma il sag­ gio del suo aumento nel complesso è seriamente scemato e in qualche ramo importante del traf­ fico non si scorge alcun aumento, mentre in al­ tri si notano sintomi di decadimento. Se la cor­ rente del commercio internazionale non si svolge in proporzione allo sviluppo della ricchezza e della popolazione, ciò devesi forse all’ azione di qualche legge inevitabile ? II Balfour non lo crede, e pensa invece che ciò sia reso impossi­ bile dall’ azione delle tariffe ostili. Egli sostiene

che 1’ esame profondo delle statistiche della esportazione non attenua punto l’ ansietà che ispirano le considerazioni teoriche; se si esclude il carbone dalle esportazioni, e ancor più se si escludono le macchine, si possono notare segni di diminuzione non soltanto in confronto alla popolazione, ma anche nelle cifre assolute.

Vi è forse qualche motivo per ritenere pro­ babile un miglioramento in questo stato di cose? Il Balfour dichiara di non vedere alcun sintomo soddisfacente. La Germania, l ’ America e la Fran­ cia non offrono alcun conforto a questo propo­ sito; mentre i paesi che ancora non hanno ap­ plicato largamente il protezionismo, come la Russia e alcune delle colonie autonome inglesi, sono attivamente occupate nel far sorgere in­ dustrie protette, procedimento questo indubbia­ mente costoso per quei paesi, ma non pertanto meno dannoso per l’ Inghilterra. E il danno tende a diventare duplice, perchè l’ effetto di qualsiasi stimolo artificiale all’ industria in paesi quali gli Stati Uniti, il Canadà, o la Russia è di anticipare il momento in cui le loro provviste alimentari saranno richieste pel consumo in­ terno, anziché essere in parte disponibili per la esportazione.

Nè questo è tutto, perchè altri danni pos­ sono derivare dalle tariffe estere quando agi­ scono in unione ai metodi di coalizione Indu­ striale (Kartells e Trusts) oggidì in voga. Me­ diante il beneficio della protezione doganale, chi gode un quasi monopolio può vendere all’ estero a prezzo inferiore a quello praticato all’ interno, ed anche, occorrendo, al disotto del costo di produzione. Ciò disorganizza la industria del paese dove tali vendite a prezzi bassi sono fatte, costringe l’ industriale non protetto a ridurre il suo impianto o a lasciarlo in tempi ordinari parzialmente inattivo, insomma la concorrenza in tali condizioni diventa ingiusta. Per tutte queste ragioni il Balfour dissente dagli ottimisti commerciali, come egli li chiama, e prevedendo il peggio per l’avvenire crede fermamente che l’ In­ ghilterra sia obbligata a difendersi. La fonte di tutte le difficoltà essendo le tariffe protettive imposte dagli altri paesi, gli par chiaro che 1 In­ ghilterra non può ottenere alcuna concessione per un traffico più libero, se non coi negoziati e che i suoi negoziatori non possano far appello che all’ interesse del proprio paese e nel caso delle colonie all’ interesse e insieme al senti­ mento. Ora, per la teoria del libero scambio l’ interesse proprio degli Stati avrebbe dovuto impedire che quelle tariffe fossero stabilite, ma

ciò non avvenne e se l’ argomento non ebbe efficacia prima che fossero creati potenti inte­ ressi materiali, molto difficilmente ora potrebbe averla.

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L ’ E C O N O M IS T A 27 settembre 1903 638

inglese, al quale giustamente le tendenze prote­ zioniste e imperialiste obe si vanno affermando appaiono una grave minaccia al suo crescente benessere.

R . Da l l a Vo l t a.

NOTE ED A P P U N T I

Il Congresso dei socialisti tedeschi. — Di scarsa importanza è riuscito il Congresso di Dresda, perchè nessuna questione veramente fondamentale vi è stata discussa. Molti furono i discorsi sulla questione della collaborazione dei socialisti nei gior­ nali borghesi, su quella della partecipazione del par­ tito alla vice presidenza dei E-eichstag ; ma in fondo tutto il dibattito s’ aggira intorno alle due tendenze’ quella intransigente e l’ altra revisionista, come la dicono in Germania, o riformista. Il Bebel fulminò i revisionisti e respinse qualsiasi transazione, il Voll- mar invece difese le idee più transigenti; natural­ mente la vittoria rimase al primo sopra ogni questione nella quale le due tendenze si trovavano l’ una di fronte all’ altra. Ciò non impedirà alla tendenza pos­ sibilista, opportunista o riformista, che si voglia dire, di continuare il suo cammino, ma essa resterà ancora per un pezzo l’ aspirazione di una minoranza, perchè è evidente che in Germania, come in Italia e in Francia, delle due anime per così dire che conta il socialismo, quella intransigente, rivoluzionaria, è la più comune fra i socialisti.

La democrazia sociale germanica in seguito alle ultime elezioni ha una forte rappresentanza nel Reichstag: 81 deputati, e i tre milioni di voti che ha raccolto il partito socialista assieme alle vittorie elet­ torali son fatti che inorgogliscono il partito. Tutta­ via la forza politica di cui esso dispone, anziché spingerlo sulla via della transigenza e delle riforme, lo terrebbe sempre più stretto, secondo quanto emerse dal Congresso di Dresda, alla tendenza rivoluziona­ ria. Forse è questione di tempo: scomparsi gli uo­ mini che hanno condotto il partito ai trionfi di questi ultimi vent’ anni; dileguatosi il loro grande ascendente sulla massa dei partigiani, lo stesso posto che il partito occupa nella vita politica del paese lo spingerà a un’ azione pratica continua, anzi che restare chiuso nei dogmi della dottrina col­ lettivista. Rimane a vedere se sarà più pericoloso un partilo socialista riformista che uno dottrinario, as­ solutista e intransigente.

La « serrata >> nel porto di Genova. — La co­

stituzione del consorzio autonomo del porto di Ge­ nova (vedi VEconomista del 16 agosto u. s.) non ha valso finora a dare un po’ di tranquillità all’ anda­ mento del lavoro in quel grande centro di intensa vita industriale. L’ ultimo episodio è la nuova ser­ rata dei ne gozianti di carbone, i quali si rifiutarono all’ ordine dato loro dal Consorzio di scegliere gli operai ricevitori nel ruolo formato da esso, perchè desiderano porli di loro fiducia.

Senza entrare nel dibattito, è lecito osservare che la costituzione del Consorzio avrebbe dovuto precisamente toglier di mezzo le serrate e gli scio­ peri perchè e negozianti e lavoratori hanno ora la legittima loro rappresentanza nell’ assemblea del Consorzio. Questo ha adottato delle disposizioni col consenso dei rappresentanti dei negozianti; par­ rebbe quindi che in ogni caso, senza bisogno di

serrate, coloro che si credono danneggiati dalle nor­ me adottate dal Consorzio dovessero sporgere i loro reclami o farli discutere dando nn buon esempio di legalità, di ordine, di equanimità. Se al più piccolo dissenso si corre subito ai mezzi poco conciliativi delle serrate e degli scioperi le probabilità sono per 1’ agitazione in permanenza. Occorre applicare alle relazioni tra capitale e lavoro la diplomazia indu­ striale ; discutere, trattare, far la luce su ogni questione, e tentare sempre la conciliazione degli interessi in causa. Questa dev’ essere la nuova linea di condotta nelle controversie industriali.

Auguriamo che a Genova le due parti finiscano per trovare, col tramite del Consorzio, un ordina­ mento ohe abbia continua, normale e tranquilla

ap-plicazione; l’ avvenire del porto lo esige, e la co­ stituzione del Consorzio deve essere appunto un coefficiente sicuro di pace e insieme di prosperità per tutti coloro che nel porto svolgono la propria operosità economica.

Rivista (Bibliografica

Prof. Achille Loria. — Il movimento operaio. — Pa­ lermo, R. Sandron, 1903, pag. 320. (L. 2). È inutile dirlo per ehi conosce il valore del­ l’Autore, è questo un volume che accresce pregio alla B iblioteca di scienze sociali e politich e, di cui fa parte e ohe è edita dalla solerte Casa editrice Remo Sandron di Palermo.

L ’Autore, lo avverte egli stesso, non ha in­ teso di fare un’ opera scientifica, ma piuttosto la volgarizzazione delle questioni molteplici, solle- vantisi attorno al movimento operaio. Ed in questo scopo nessuno poteva riuscir meglio del Prof. Loria che alla lucida e suggestiva forma,

aggiunge tanta dottrina. f

Il lavoro è diviso in tre parti : —• l’ Unio­ nismo; e tratta delle origini, dei fini, dei metodi e della efficacia del movimento unionista ; — la cooperazione nei fatti e nella sua efficacia ; — il socialismo messo di fronte agli operai e de­ lineando il valore sociale del movimento operaio. Come è noto il prof. Loria professa idee economiche così radicali che qualcuno lo giu­ dica persino socialista ; — il libro è impron­ tato ad una larga simpatia per il movimento operaio, simpatia che non deriva soltanto dal sentimento, ma è affidata a giuste ragioni e ad una analisi magistrale dei fatti. Non diremo che tutto quanto è affermato dall’Autore sia accet­ tabile senza discussione; a noi pare, ad esempio, che, se è geniale la concezione che il socialismo sorga dopo 1’ unionismo, quando cioè i profitti sono ridotti al minimo e quindi non vi è altro mezzo per migliorare la condizione dei lavoratori se non mutare in un altro il regime capitali­ sta, non si possa da ciò solo concludere la pos­ sibilità di una società- socialista, come l’ Autore, se non afferma, lascia ritenere di credere. Scien­ tificamente, anche data per vera la teoria del Loria sugli effetti della proprietà della terra nei rapporti economici delle classi sociali, crediamo elie non si possa ora prevedere quale svolgimento avranno i problemi odierni, che, del resto, il socialismo non ha ancora, nemmeno nelle linee generali risolti.

Noi vorremmo tuttavia che questo libro del Loria, così accessibile anche ai profani, fosse largamente diffuso specie tra coloro che non sanno rendersi conto della possibilità di molte e radicali riforme nella pubblica economia.

Prof. Costantino Ottolenghi. — La scienza statistica il suo compito e i suoi rapporti colle altre scienze sociali. Torino, C. Glausen, 1903, op. pag. 29, (L. 1.50)

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Ferraris e del Yirgilii, indica una concezione della statistica stessa e ne fa la partizione.

E ’ un argomento interessantissimo quello che tratta il prof. Ottolenghi e lo tratta con pa­ rola concettosa e con senno: noi vorremmo però rivolgergli qualche questione pregiudiziale ; — la statistica è proprio una scienza:' Se sì, quale il suo campo esclusivo ? E perchè confonderla colla demografia e colla sociologia, e non colla meteorologia ? Non è meglio ammettere che ogni scienza ha la sua parte statistica, quando possa esaminare l’ aspetto numerico dei fatti che la concernono ? E che per fare questo esame oc­ corre seguire certe regole, che studiate a sè, pos­ sono costituire la statistica ?

Dott. Augusto Setti. — Manuale per il Giurato. — Seconda edizione. — Milano, U. Hoepli, 1903,

pag. 246 (L. 2,50).

L ’ Autore osservando che i giurati sono giudicati con tanta cortesia nelle Aule delle Assise e con tanta severità fuori dal pubblico, e considerando che una riforma della legge sui giurati non può facilmente ottenersi, si doman­ da se non sia miglior cosa far opera per faci­ litare ai cittadini questo ufficio, evidentemente non grato.

Con questo intendimento l’Autore ha dettato questo lavoro che il solerte Editore Commen­ datore Hoepli ha accolto nella sua collezione di Manuali : e fu avveduto, poiché in poco tempo è già alla seconda edizione.

L ’Autore ha diviso in quattro parti il suo lavoro : una generale che contiene un cenno storico sobrio, ma sufficiente, della giurìa; delle altre tre, la prima tratta delle condizioni per essere giurato e della composizione della giurìa : le altre due, che sono le migliori e le più di­ rette allo scopo del Manuale, spiegano i diritti e i doveri del giurato secondo il Codice di pro­ cedura penale, ed il congegno delle questioni nei riguardi del diritto e della procedura penale.

Queste due parti del Manuale costituiscono un trattatello semplice e chiaro sul diritto e sulla procedura penale, così che il giurato può trarre da esso quei principi direttivi che abbiano a guidarlo nel suo ufficio.

Testi unici di registro e bollo. — Asti, G. Brignolo 1902, pag. 622.

I signori Giuseppe e Gino Avezza, diret­ tori dell’ottima pubblicazione M assim e del regi­ stro, mandano alla luce i testi unici delle leggi

e regolamenti sulle tasse di Registro e Bollo, coordinati colla legge modificativa 23 gennaio 1902, n. 25 all. G, colle disposizioni speciali di esenzioni e privilegi e coi relativi regolamenti ed istruzioni.

II lavoro intercalato da opportuni schiari­ menti e di indici non può riuscire che utile a chi deve orizzontarsi nella intricata materia di quelle tasse.

Legislator. — The Corning Reac'ìona B rief survey and criticism o f thè vices o f our economie System.

London, John Milne, 1903, pag. 320. (Se. 7.6). Il formidabile sviluppo della industria degli Stati Uniti e di altri paesi e la minaccia che ne sia sopraffatta quella inglese conducono l’Autore

a cercare le cause del fatto; ma si sente subito che, infatuato dalle dottrine protezioniste, l’Au­ tore troverà le ragioni della prosperità americana nelle alte tariffe e del minore sviluppo inglese nel libero commercio.

A dimostrare pertanto il suo asserto l’Au­ tore tratta prima dalla teoria del fondo dei sa­ lari in rapporto colle Trades Vnions inglesi; — quindi della teoria Malthusiana e dei neo malthu- siani; viene poi ad esaminare la teoria di Ri­ cardo sul valore e sulla rendita, e la contrap­ pone ai socialisti. Così preparata la parte teorica, l’Autore affronta la questione principale cioè il problema del libero commercio, teoria questa con cui i dottrinari — dice l’Autore — hanno avvelenato l’ economia inglese, rovinandone lo svolgimento, mentre gli altri paesi col protezio­ nismo si arricchivano.

Non occorre che diciamo come tutte le con­ clusioni e le osservazioni nel senso protezioni­ sta, sieno già state da tempo esaurientemente confutate; l’Autore nulla aggiunge di nuovo a ciò che altri protezionisti sull’ argomento hanno esposto. Ma se si prescinde da tale preconcetto, il lavoro presenta alcune osservazioni sul salario, sulla teoria della popolazione, e su quella della rendita degna di particolare attenzione e che dimostrano la vasta coltura dell’Autore.

D ott. Traugott Geering. — Vie Handelspolitilc der Schweiz am Ausgang dea X I X Jahrhunderts. — Ber­ lin, G. Guttentag, 1902, pag. 2.11.

Ci duole che lo spazio non ci permetta di dar conto largamente di questo importante la­ voro del Segretario della Camera di Commercio di Basilea, giacché nel momento presente, non solo interessa il nostro commercio l’ argomento che vi è trattato, ma l’Autore mostra una tale indipendenza di giudizi, da poter ritenere il suo scritto come sufficientemente imparziale.

L ’Autore, dopo avere esposti i concetti delle tariffe svizzere del 1891, 1892 e 1894 accenna alla guerra di tariffe tra la Svizzera e la Francia dal 1893 al 1895; ed al conseguente movimento delle relazioni di commercio, tra la Svizzera e la Francia, l’ Italia, la Spagna, il Portogallo, l’Austria-Ungheria, i paesi Danubiani, la Russia, l ’Asia orientale, la Gran Brettagna e sue colo­ nie, e Germania, trae mano a mano giudizi per rilevare il danno avvenuto allo stesso popolo svizzero dall’ inaprirsi della politica doganale di protezione.

Molti elementi esamina l’ Autore, che si di­ mostra molto pratico di simili questioni e ad­ dentro nei complessi fenomeni del commercio internazionale.

Riferimenti

Documenti correlati

delle Società ferroviarie, soltanto perchè sono im po­ polari, e quelli sperano di ottenere più facilmente il rigetto della detta legge, che come si è detto,

è il complemento di altra recente, compilata dalla stessa Camera di commercio, limitatamente alla città di Palermo. Lo studio è diviso in tre parti: I nella prima si

in cui era caduto « l’ esercizio per conto dello Stato » della rete dell’ Alta Italia; se il concetto dell’ on. Carmine fosse mai accettato — e fac­ ciamo

Le variazioni nei risultati del commercio esterno sono dovute spesso anche a spostamenti addirittura minimi degli scambi. La differenza nelle categorie di merci,

riaffermando il deìibeaato del Congresso interna- z'onale di Stoccarda, che stabiliva : « l'attività del Par- tito dover esercitarsi sopratutto nel dominio della lotta politica

Milano anche in questa, come in molte altre cose, ha precorso colla propria iniziativa quella delle città sorelle e il Museo commerciale sorge sotto gli auspici

che in questa materia come in molte altre, se le leggi sono f espressione dei costumi sono peraltro sempre in ritardo su questi, o non li trasformano in

importa loro sono i trionfi elettorali, e questi nel momento politico attuale non sono difficili, quando si sappia far intravedere un'èra di be- nessere, di prosperità e di pace a