SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno I I I - V oi. X X X IV
F irenze, 6 S e tte n n e 1903
N . 1531
S o m m a r i o : Il progresso agricolo dell’ Italia — Agricoltura e colonizzazione nell’ Eritrea, _ III — La que stione del cambio in Spagna e i progetti del miuistro Villaverde (continua) — La Relazione della Com missione reale sull’ esercizio ferroviario, IV (continua) — L’ Esposizione di Milano nel 11 05. — Rivista bibliografica. Marcel Clément. Des variations du taux de l’escornpte - I. Mendes Martine. Sociologia cri minal - Ch. Fety de Thozée. Etude sur l'óvolution économique de l'Allemagne - Charles Booth. Life and Labour of thè people in London. — Rivista Economica. (Per l’ Ufficio del lavoro - Il programma dell’ Uf ficio del lavoro - Le latterìe cooperative in Ungheria - Commercio inglese). — I bilanci delle Provincie —
Cronaca delle Camere di commercio (Alessandria) — Mercato monetario e Banche di emissione — Rivista delle Borse. — Notizie commerciali. — Avvisi.
IL PROGRESSO AGRICOLO DELL’ ITALIA
Inauguravasi giorni sono in Aquila 1’ espo sizione agricola-zootecnica e in quella occasione il Ministro di agricoltura, industria e commercio, on. Baccelli, pronunziava un discorso nel quale rilevava i progressi compiuti dagli Abruzzi negli ultimi venti anni, e precisamente dopo che la inchiesta agraria del 1881 aveva messo in luce, per le tre provincie abruzzesi, non piccole, nè poche deficienze. E il discorso dell’ on. Baccelli è documento non privo di interesse, perchè dà notizie sulle condizioni economiche di provincie, che al pari di altre del Mezzogiorno sono poco conosciute dagli stessi italiani.
L ’inchiesta agraria aveva deplorato la scarsa ed incerta cultura agraria ; il lagrimevole ab bandono in cui erano lasciati i molti boschi abruzzesi ; i danni del pascolo abusivo, della scure e del fuoco ; finalmente, la mancanza di qualunque disciplina idraulica, che regolasse le copiose acque discendenti dall’Appennino a be neficio dell’ industria e particolarmente della agricoltura. In meno di venti anni, secondo quanto disse 1’ on. Baccelli, sono spariti quasi del tutto, insieme con le cause, gli effetti di tali deficienze. E ciò si dovrebbe alla diffusione dell’ insegnamento agrario, alla istituzione di campi sperimentali, di vivai, di viti americane e a simili altri mezzi, che si comprende fàcilmente potrebbero essere largamente adoperati in altre regioni d’ Italia. Le conseguenze della miglio rata istruzione agraria 1’ on. Baccelli le riscon trava nella statistica. Nel quinquennio 1890- 94 gli Abruzzi produssero in media ettolitri 1.795.000 di frumento, 908,000 di granturco, 970.000 di vino, 117,200 di olio all’ anno. Nel sessennio 1895-1900 la media è salita, pel fru mento a 2,870,000, pel granturco a 1,414,000, per il vino a 2,200,000, per l’ olio a 146,500. Sempre più floridi si presentano la produzione ed il commercio delle frutta e in ispecie delle
uve, i cui mercati sono sopratutto nell’ Alta Italia. Le nuove tariffe dei trasporti poi accre sceranno l ’ importanza di questo e degli altri prodotti del traffico abruzzese. Un solo prodotto è in penosa decrescenza, rispetto al commercio internazionale è lo zafferano. L ’Abruzzo ne pro duce circa 4000 chilogrammi all’ anno e non avrebbe per concorrenti che alcune provincie della Spagna. Nel 1895 l’ Italia ne importava per 76,000 lire e ne esportava per 126,000 lire; nel 1902 le importazioni salirono a L. 390,000 e le esportazioni discesero a 30,000.
Ma risulta adunque in modo sicuro, per le dichiarazioni stesse del Ministro, che la istruzione agraria, unita a un maggior rispetto e a una maggior cura per l’ ambiente fisico (boschi, ac- cque ecc.) è fattore efficacissimo del progresso agricolo ; e allora si presenta spontanea la do manda perchè non si dà maggiore e più efficace impulso a quella istruzione e si preferisce sper perare il danaro pubblico per tante vie inutili, in molteplici insegnamenti d’ altra specie che conducono soltanto a creare dei veri spostati? Perchè non si fa una politica scientifica, razio nale, illuminata, e in fin de’ conti utilitaria, anche nella istruzione e non si trasformano tante scuole o facoltà inutili in istituti agrari, che diano alla terra i coltivatori intelligenti, capaci, audaci an che, di cui essa ha tanto bisogno ? I progressi ottenuti nell’Abruzzo — e non è il caso di ri cercare la loro reale misura — sono possibili indubbiamente anche nelle altre regioni dell’Ita lia, dove maggiore è quella che possiamo dira la miseria agrìcola; ciò che occorre, adunque, è di agire e non già di aspettare dal cielo la benedizione del maggior raccolto in un’ annata buona, per trovarsi poi l’ anno dopo in condizioni peggiori di prima.
della popolazione. I progressi industriali del nostro paese hanno potuto rendere migliore la condizione delle masse operaie di alcuni centri, specie nell’Alta Italia, ma riguardano una mi noranza della popolazione italiana ; la staziona rietà della nostra produzione agricola si rispec chia invece nella emigrazione, costituita quasi tutta da contadini, e dalle infelici condizioni economiche in cui si trova gran parte della po polazione rurale. Il miglioramento delle condi zioni di vita di questa massa di gente, la mag giore facilità di impiego sui campi per i lavoratori della terra, una più grande potenzialità di consu mo e quindi anche il maggior sbocco all’ interno per i prodotti industriali sono tutti fatti che non possono raggiungersi senza l’ aumento della pro duzione agraria. E questa non potrà aversi senza la maggior istruzione agraria e il maggior impiego di capitali.
Ma quest’ultimo mezzo, al quale più spesso si pensa e che più di frequente si invoca, non servirebbe quando facesse difetto l’ altro; anzi, è cosa detta e ripetuta più volte, ma bisognerà dirla e ripeterla chi sa per quanto tempo an cora, l’ impiego del capitale senza istruzione agraria si risolverà senza fallo iu una pura perdita, che distoglierà sempre più il capitale dall’ an dare verso l’industria agraria. Prima d’ogni cosa occorre la istruzione, la quale darà il modo di conoscere ed apprezzare i sistemi progressivi di coltura, di diffondere la cognizione dei metodi scientifici di coltivazione della terra, metodi che devono condurre a quella che vien detta la industrializzazione dell’ agricoltura. Soltanto dopo acquistata una istruzione scientifica e dopo avere visto le sue applicazioni nei campi speri mentali, sparsi in ogni angolo del paese, l’agri coltore si deciderà a ricorrere al credito per la produzione agricola, correrà fiducioso i rischi relativi e potrà raccogliere il frutto meritato dei suoi lavori, delle sue iniziative, delle sue instancabili opere pel progresso della industria agricola.
La possibilità di tale progresso è vera mente grande, ma occorre di non lesinare sui mezzi per conseguirlo. In un suo studio intito lato « Per una politica scientifica e agraria in Italia », Italo Giglioli osserva che dopo oltre quarant’ anni dacché si è costituito il nuovo re gno d’ Italia vediamo ancora più di un terzo della nostra gioventù incapace di leggere e scrivere. Negli anni 1897 e 1898 si contavano tra maschi e femmine 42, 8 0[q di sposi anal fabeti e fra i giovani soldati, 37, 3 Cjq nelìa leva di terra e 50 0[o nella leva di mare erano pure analfabeti. La Marche, nel 1900 avevano 43, 17 per cento di coscritti analfabeti e 37, 22 ne aveva la civile Toscana. Da 52 a oltre 55 0[Q erano nel 1902 gli analfabeti fra i coscritti delle Pu glie, della Basilicata e delle Calabrie. E il Gi glioli, che prima aveva dichiarato essere la istru zione base di ogni progresso agrario e industriale, aggiunge: In un paese dove l’agricoltura costi tuisce la maggior fonte di benessere, dove una speciale inchiesta, fin dal 1885 rilevava le di sastrose condizioni di questa fondamentale in dustria, vediamo la istruzione agraria restare la più negletta e la più sviata delle istruzioni
professionali; e vieppiù resta negletta la spe rimentazione agraria. Mentre la istruzione agra ria inferiore dimentica o disfà i contadini, quella superiore è insufficiente allo scopo. In un paese dove, in molti luoghi, si deve addirittura for mare il terreno agrario, o salvarlo da imminente rovina, dove la condizione precipua di feracità e di salubrità sta in una economia sapiente ed un paziente governo delle acque fluenti sul suolo, o nascoste nel suolo, si persiste a negare ogni aiuto d’ insegnamenti speciali alla più alta e dif ficile forma di pratica agraria, alla ingegneria agraria, benché l’Italia sia il paese che di questa ingegneria abbia dato nel passato i più luminosi esempi.
E si potrebbe continuare — e il Giglioli continua — a enumerare le deficienze, le trascu- ranze, le imperdonabili lacune del nostro inse gnamento agrario. Si comprende quindi che in tali condizioni la produzione agraria rimanga nel suo complesso presso che stazionaria e che per il consumo del grano ci occorra importarne dall’estero una quantità non indifferente. Mentre, secondo le notizie raccolte dall’ufficio britannico di statistiche agrarie la produzione media frumen taria del 1902 tu per ettaro di ettolitri 34, 26 in Scozia, di 32, 58 iu Irlanda, di 30, 60 nel Belgio, di 29, 54 nella Gran Bretagna di 27, 30 in Ger mania, di 18, 32 iu Ungheria, di 18, 28 in Fran cia, in Italia è stata di 10, 10, cifra tra le più basse, che costituisce l ’indice sintomatico della condizione arretrata della nostra agricoltura. Soltanto quando avremo risollevato l’agricoltura, per tutto il paese, da quella condizione misera, potremo dire di avere compiuto il risorgimento economico d’Italia. Lo sviluppo industriale, che del resto è ottenuto non senza notevoli sacrifici, potrà dare la prosperità economica a qualche provincia, ma non sarà, ancora per tempo non breve, il mezzo per risollevare le sorti della po polazione italiana. Vi sono regioni italiane, nelle quali, fatta eccezione di qualche centro maggiore, la trasformazione e il passaggio dall’agricoltura alla industria manifatturiera moderna sarebbe forse inattuabile e in esse la via di salvezza non può essere se non quella di favorire lo svi luppo, il progresso continuo dell’agricoltura. Ma la prima condizione perchè questo avvenga è di portare la istruzione là dove oggi imperano ancora l’ ignoranza, la superstizione, il misonei smo, e per ciò stesso la miseria, nelle sue va rie manifestazioni.
AGRICOLTURA E COLONIZZAZIONE
NELL’ ERITREA *)III
Dopo le piante e gli animali, gli uomini. Nello stesso modo con cui si possono introdurre nell’ Eritrea nuove specie di vegetali e nuove razze di bestiami, è da studiarsi la via per ac- climarvi anche uomini nuovi, di stirpe diversa da quella degli indigeni, regolando la pacifica
convivenza degli uni e degli altri e predispo nendo il migliore impiego delle rispettive loro capacità e naturali attitudini. Su questo tema si aggira 1’ ultimo, ossia più recente, fra i lavori del dott. Gioii che andiamo esaminando, dal ti tolo La colonizzazione agricola dell’ Eritrea. Questa volta, dato l’ argomento, l’autore non parla più soltanto agli agronomi, ma anche agli amministratori, agli economisti, ai giuristi, agli uomini di Stato. Come trattare gli indigeni ? Come regolarsi di fronte a quelli che possono doversi considerare, riguardo ai terreni, loro di ritti acquisiti? In qual misura provocare l’ immi grazione italiana? A quale regime giuridico della proprietà, specie pei nuovi venuti, dare la pre ferenza ? Quale sistema tributario scegliere ? Quale regime doganale, nelle relazioni tra la Colonia e la madre patria?
Solo da pochi anni l’Eritrea è entrata in quello che nella vita delle colonie può chiamarsi il se condo periodo: periodo interessante e delicato, che, come quello dello sviluppo negli adoloscenti, richiede cure amorevoli e oculate. La sicurezza pubblica e il rispetto della proprietà non hanno ormai più nulla da invidiare agli Stati civili di Europa. Gli indigeni avvezzi per l ’addietro a con tinue razzie e a uno stato di guerra quasi per manente, hanno già imparato a trarre profitto dalla quiete di cui godono e apprezzano il vi gente regime giusto e liberale. Lo provano la cresciuta attività agricola e la progressiva af fluenza di nuove tribù dalle regioni confinanti. Circa la salubrità del clima, bisogna distinguere tra le regioni dell’ altipiano superiori ai 1800 metri, dove è perfetta (e ivi si trova tra altro l’Asmara, centro della nostra Colonia) e quelle più basse, che si avvicinano alla riva del mare, dapprima semitropicali, poi tropicali addirittura. Quivi è frequente la malaria, e mentre non ab bondano le malattie infettive e contagiose, la me dia della temperatura è di per sè stessa disa datta alla dimora stabile degli europei, alla esplicazione d’ una loro regolare e produttiva onergia. Contro la malaria si hanno oramai ri medi di sicuro effetto, e laggiù anche gli indi geni hanno già imparato a conoscerli e volen tieri ne fanno uso. Ma, stante la qualità dei due climi, uno temperato, l’ altro torrido, converrà riserhare alle zone alte la colonizzazione agricola degli immigranti italiani, a quelle basse lo sfrut tamento industriale, da condursi con capitali e direzione italiaua, ma con mano d’ opera in digena.
Il commercio è ancora gracile e stentato, mentre pei generi di prima necessità 1’ Eritrea basta già a sè stessa e la sua produttività po tenziale la renderebbe anche atta a una copiosa esportazione. Ciò che tuttora grandemente scar seggia sono le buone vie di comunicazione, seb bene, dopo ciò che finora è stato fatto, sarebbe troppo dire che del tutto manchino. Occorrerà a grado a grado una intera e ben delineata rete di strade rotabili, e frattanto un visibile im pulso alla facilità e convenienza dei trasporti sarà dato dalla ferrovia Massaua-Asmara, della quale già sono in esercizio alcuni tratti al cui compi mento si lavora con alacrità. Stabilite che siano comunicazioni terrestri, quelle marittime,
da Massaua ai porti d’ Europa e d’ Asia, non mettono pensiero. Il mare è una via aperta a tutti, sempre vi si eserciterà una larga concor renza, e per la esportazione dalla Colonia i tra sporti marittimi non faranno mai difetto. E tra i lavori pubblici, dopo le strade, quelli che più urgono sarebbero le opere idrauliche, per im pedire le devastazioni dei torrenti e per far tesoro dell’ acqua piovana là dove cade scarsa e in pochi periodi dell’ anno.
In quanto al regime doganale, che potente- mente agisce sull’ avviamento agricolo e com merciale delle colonie, ci piace riferire le se guenti osservazioni: « Il protezionismo, che ha ragione di esistere (?) quando si pensi alla lotta economica dei paesi civili fra loro, alla debo lezza di alcuni cespiti dì produzione e al deside rio che è in tutti di vedere questi consolidarsi; il protezionismo che è arma di buona guerra nella lotta economica odierna (?) e può ritenersi come difesa necessaria al primo risveglio indu striale di un paese nuovo, non è logica misura nè è plausibile si debba conservare nei rap porti vicendevoli fra Metropoli e Colonia, se, come ciascuno si augura, l’ Italia ha il fermo proposito d’ incanalare e proteggere una cor rente migratoria sugli altipiani dell’Africa orien tale. Per favorire le nostre colonie sorgenti, fa d ’ uopo prepararci sin d’ ora alla rinunzia dei nostri metodi di politica doganale. La ragione fiscale deve cedere dinanzi alla ragione politica e di pubblica economia ». E più sotto: « Appli cando fin d’ora il libero scambio fra l’ Italia e l’Eritrea, questa si troverà maggiormente sti molata a produrre quei generi dei quali l’Italia difetta in tutto o in parte ».
Tornando alla colonizzazione, nelle plaghe torride, come si è detto, l’Autore crede non con venga, causa il clima, far sì che prendano di mora molti italiani. Esse possono essere messe in valore con forti mezzi pecuniari. Sono le re gioni della grande cultura. Ivi i lavoratori do vrebbero essere indigeni ; italiani deve cercarsi che sieno il capitale e anche l’azione direttiva. Con questi due fattori di produzione agricola, molte sono le culture di cui è suscettibile l’Eri trea tropicale; perchè sarà bene si prosegua negli esperimenti, onde far conoscere al pub blico che cosa quella parte della Colonia offra di meglio da sfruttare.
« Il capitale affluirà nelle ragioni tropicali dei nostri possessi affricani, quando sia certo che il suo impiego nelle svariate produzioni sia garantito e protetto da norme legislative im mutabili ed eque, non vessate da eccessive fisca lità. Dovendosi riserbare ai bianchi la soprain- tendenza dei lavori di cultura, s’ intende come gli stipendi pei direttori di aziende e in gene rale per tutto il personale bianco abbiano da es sere notevolmente più elevati che non in altre parti della stessa Colonia ove il clima è tempe rato e la vita è più facile e di gran lunga più salubre ».
è tut.t’altro. Tra gli indigeni predomina il cristia nesimo (un cristianesimo sui generis, però, in sieme rozzo e annacquato) ma vige anche il maomettismo.
Questa prima divisione implica già molte diversità di tendenza, di costumi, di attitudini alla convivenza con gli europei. Oltre a ciò, le numerose tribù hanno fra loro notevoli differenze nella lingua, o dialetti che siano, nel grado di barbarie o di semi civiltà che dir si voglia, di indole individuale, domestica, sociale; differenze derivanti anche dalla giacitura dei rispettivi territori, dalle produzioni a cui le tribù stesse attendono, dalla vita nomade di alcune di esse, stabile di altre. Pur tuttavia, malgrado le molte varietà, gli indigeni formano un tutto relativa mente omogeneo, se considerati di fronte agli europei, specie nei rispetti della colonizzazione. Ed allora sorge il quesito: potrà l’ Eritrea di venire una vera colonia di popolamento, dove la razza bianca si diffonda nelle regioni alte che più le convengono, e la razza nera si riduca in quelle basse ?
Il Gioii lo esclude. Per quanto la densità della popolazione sia da per tutto scarsa (non più di tre abitanti, in media per chilometro qua drato) bisogna considerare come lo stato paci fico attragga continuamente nei confini della Colonia abitanti dei paesi limitrofi, i quali non godevano eguale benessere ove si trovavano. D ’ altronde popolazione rada, sì, ma non vi sono plaghe affatto deserte, o solo popolate di gente selvaggia, o dedita esclusivamente alla pastori zia, incapace insomma di diventare in pochi anni un popolo agricoltore. Perciò il Gioii af ferma che la colonizzazione dell’ altipiano non può essere che mista, come viene confermato dall’esempio del Cile, del Messico e dell’Algeria, dove fioriscono colonie miste. Ne verrà fuori una popolazione meticcia, forte e intelligente. Ciò in generale, ma non mancano le eccezioni. Alcune provinole, esclusivamente abitate da po polazioni pastorali assai scarse, sono tali da fornire località capaci di una copiosa immigra zione italiana.
Frattanto è necessario regolare saviamente la concessione dei terreni e l’ affitto di quelli demaniali. Devono rispettarsi con scrupolo i di ritti sulla terra, sia che appartengano a indivi dui, sia che costituiscano — come è in uso laggiù — una proprietà collettiva di alcune stirpi o gruppi di famiglie. Ma abbondano anche le terre vacanti, quelle che lo Stato nel 1893 avocò a sè, in quanto risultava che le colletti vità o gli enti o le persone vi avevano perduto ogni diritto. Gli indigeni coltivano a preferenza le terre vergini o quelle rimaste per molti anni incolte, perchè la fatica è minore e il raccolto più grasso. Ma siffatto sfruttamento, senza buone norme agrarie, impoverisce le terre e le renderebbe in avvenire disadatte alla coloniz zazione. Conviene perciò restringere la super ficie dei terreni demaniali da darsi in affitto agli indigeni sull’ altipiano e in quelle zone temperate ove possono coltivare gli agricoltori bianchi. A ll’ uopo si può crescere la tassa degli affitti.
« Allorché le migliori terre dell’ altipiano,
di proprietà demaniale, saranno occupate dai coloni bianchi, si penserà al modo più oppor tune per fornire nuove terre a nuovi coloni, e si porrà indubbiamente il quesito: se convenga o no di mutare l’ ordinamento della proprietà collettiva indigena per forza di disposizioni le gislative, nell’ intento di trasformare questa, per suo carattere fondamentale inalterabile, in pro prietà individuale secondo lo spirito del diritto romano. La Francia adottò il metodo, quan- t’ altro mai riprovevole, di procedere all’ espro priazione forzata delle terre appartenenti alle collettività per fornirne la colonizzazione uffi ciale; espropriazione alla quale tennero dietro sempre malumori, tumulti, rivolte sanguinose, che valsero a rinfocolare gli odi sopiti fra indi geni e europei, a produrre uno stato di malcon tento che ha molto contrariato e ritardato lo sviluppo dell’ Algeria. L ’ Olanda si astenne dal seguire metodi così lesivi, contentandosi di de limitare la proprietà indigena procedendo alla catastazione della terra. Il manomettere certi diritti consacrati dall’ uso, costituirebbe atto in giusto ed impolitico; quindi lo Stato italiano non può altro che riconoscere le forme vigenti della proprietà indigena e continuare a devol vere al demanio quelle terre comunali le cui stirpi si estinsero, o sulle quali perdettero ogni diritto per causa d’ infedeltà. »
L ’ autore d’ altronde prevede che « 1’ esem pio d' una cultura più intensiva e quindi più ri munerativa, quale verrebbe ai nativi con lo sta bilirsi sull’ altipiano di una forte colonizzazione agricola italiana, non potrà che convincere le popolazioni maggiormente portate al progresso agricolo, dell’ incompatibilità fra un regime di proprietà antiquato, non suscettibile di intro durre i progressi agricoli, ed il regime della proprietà individuale aperto a qualsiasi miglio ria vantaggiosa per l’ agricoltore intraprendente. La promiscuità di sistemi agricoli progrediti e di procedimenti primitivi non potrà, a lungo andare, che agire potentemente sul disgrega mento delle molecole collettive ; disgregamento fatale del quale la colonizzazione italiana si gioverà, potendo allora con l’ alienabilità della proprietà indigena acquistare nuova terra ed allargare il suo campo d’ azione. »
Restano ora da vedere — e sarà per un altro giorno — i migliori modi per attirare l’ immigrazione italiana, per indirizzarla a una razionale coltivazione delle terre, per discipli nare la concessione di queste, in genere per esplicare la parte principale che, nell’ opera co loniale, spetta ai privati, quella puramente sus sidiaria che spetta allo Stato.
L i QUESTIONE DEL CAMBIO IN SPAGNA
circolazione della Banca di Spagna e il ministro Villaverde si propone appunto di tentare ogni mezzo per attenuare il cambio, ossia il disaggio della carta e mira in pari tempo a introdurre stabilmente nella Spagna il monometallismo aureo.
Nella memoria eh’ egli ha unito al progetto testé pubblicato per il miglioramento del cambio dichiara che lo studio del difficile problema del cambio costituisce uno dei più imperiosi doveri delle Cortes, il primo, senza dubbio, nell’ordine economico, perchè la soluzione di questo pro blema precede necessariamente quella delle altre questioni de'lo stesso ordine e perchè il deprez zamento della peseta oppone un ostacolo ogni giorno più difficile a vincere allo sviluppo della ricchezza generale del paese, come pure al suo progresso nelle varie sfere della vita. Per rime diare allo stato attuale di cose s’impone la ne cessità di una moneta sana come espressione certa, come misura fissa, per quanto è possibile, e come rappresentativo assolutamente stabile di tutti gli altri valori. Il deprezzamento della mo neta, il corso sfavorevole e incerto del cambio, cagionano un danno considerevole al paese col moltiplicare le crisi economiche. Questa situa zione in verità può bene offrire certe occasioni di utili a interessi particolari, essa può d’altra parte offrire uno stimolo aleatorio e passeggero per la industria e per la esportazione del paese, ma in generale reca danno agli affari, gettando l’incertezza nelle transazioni commerciali: para lizza il credito e coll’elevare il costo della pro duzione, come pure il prezzo della maggior parte degli oggetti necessari alla esistenza, turba profondamente lo sviluppo economico del paese.
Il premio del cambio, come dice il Villaver de, è « una specie d’ imposta pagata all’ estero », un tributo alla superiorità della circolazione me tallica degli altri paesi; come l’ imposta, esso obbedisce a leggi d’ incidenza, esso grava al- 1’ origine sul prezzo delle merci importate, per ripercuotersi bentosto sui prezzi del mercato interno, provocando il rincaro di tutti i prodotti in generale.
Or bene, il Villaverde ha cercato di togliere di mezzo questa causa di danni. Ma anzitutto quale la causa dell’ aumento del cambio? Gli uni attribuiscono la crise del cambio esclusiva- mente al disavanzo della bilancia generale dei pagamenti; altri pretendono eh’ essa abbia per causa unica la condizione monetaria imbaraz zata e la eccessiva espansione della circolazione fiduciaria. Pel ministro Villaverde queste due opinioni non sono contraddittorie, nè inconcilia bili, ma presentano aspetti differenti e incom pleti della questione e sono suscettibili di com binarsi in una sintesi pratica che fornirà la regola della politica finanziaria che conviene di seguire. Tuttavia, il presidente del Consiglio considera che il carattere dominante della crisi del cambio spagnuolo è quello n onetario. Que sta verità così evidente, ancora pochi anni fu negata o disconosciuta, ma finalmente si è fatta strada nella opinione generale.
Perchè le oscillazioni del cambio dipen dano esclusivamente, come alcuni hanno preteso,
dalla bilancia commerciale, o piuttosto dalla bi lancia dei pagamenti; perchè l’abbondanza o la rarità degli ¡strumenti di credito e di paga mento, perchè 1’ aumento o la diminuizione del premio sugli chiques e sulle cambiali siano uni camente subordinati alla bilancia delle obbliga zioni e dei crediti della Spagna di fronte ad al tri paesi, bisognerebbe che queste partite di debito e di credito potessero esprimersi in una moneta comune; bisognerebbe che, malgrado le differenze tra le monet > di denominazione e di unità di conto esistesse una parità certa, fissa, tra le specie circolanti in Spagna e nei vari paesi, cioè che la moneta fosse apprezzata per un valore intrinseco uniforme all’estero e all’in terno.
Questa condizione, dice il Villaverde, l’ oro solo può oggi adempierla; solo questo metal'o può servire di base a una circolazione sana, sta bile, perchè è lo strumento attuale dei paga menti internazionali.
L ’ operazione commerciale del cambio con siste nell’ acquistare una moneta di un paese mediante la moneta di un altro paese.
Non è quindi evidente che la diversità del valore effettivo delle monete, il deprezzamento della moneta d’ argento, da un lato, l’ aumento di valore di quella d’oro, dall’altro, costituiscono un elemento essenz ale del premio del cambio? É tanto vero che la cosa avviene così, che quando esiste nella circolazione di un paese una moneta sana, una moneta di pagamento internazionale coll’ aiuto della quale, in mancanza di cambiali, si possono effettuare dei pagamenti all’ estero, il premio del cambio non eccede mai il per cento assai basso che rappresenta il costo del trasporto effettivo della moneta d’ oro di questo paese in un altro.
Reciprocamente, quando il premio del cam bio raggiunge, come in Spagna, delle altezze cri tiche il difetto di equilibrio della bilancia dei pagamenti non basta per spiegare questo stato di cose anormale ; il premio è imputabile al si stema vizioso, al disordine della circolazione mo netaria interna, alla penuria od anche alla as senza totale di moneta sana che possegga forza liberatrice all’estero, se non per sè stessa almeuo pel metallo di cui è formata.
Un errore di frequente commesso dagli eco nomisti stranieri è di considerare la Spagna come un .paese soggetto al regime della carta monetata, cioè al corso forzoso del biglietto di banca inconvertibile in valuta metallica. Questo errore si spiega col fatto che il biglietto di banca spagnuolo non si cambia contro oro, ma contro argento ; questo metallo circola bensì in Spagna con piena forza liberatoria, ma non è ugualmente accettato all’ estero, dove non lo si prende che pel suo valore intrinseco, il cui enorme ribasso ha fatto perdere in tanti paesi, al metallo bianco, l’ ufficio e il rango di mo neta.
rispetto al valore dell’ oro viene ancora a com plicare il problema, già così difficile a risolvere, del miglioramento del cambio.
Secondo il Villaverde la questione mone taria è più complessa in Spagna e di soluzione forse meno costosa, ma più oscura e più ardua che non lo sia nel Brasile e nella Repubblica Argentina, e che non lo sia stato in Italia e in Austria-Ungheria, e ciò per queste tre ragioni: 1" perchè la circolazione attuale non è soltanto costituita da moneta di carta, ma perchè accanto a questa esiste una circolazione metallica di argento, senza sbocco in quanto è moneta, ed estremamente deprezzata come merce ; 2" per chè legalmente il biglietto di banca non è in convertibile e non ha nè corso forzato, nè corso legale ; 3° perchè in ragione di quei due motivi il ritiro dei biglietti, e come conseguenza la ri duzione della circolazione fiduciaria, non è nelle mani dello Stato e d’ altra parte la questione della demonetazione dell’ argento costituisce un altro problema di grave importanza.
Qual’ è adunque la condizione odierna della circolazione monetaria della Spagna? Sopra
1,103,600,000 pesetas coniate in oro non se ne trova una per così dire, in circolazione. Di questa massa considerevole di monete d’ oro, la maggior parte emigrò all’ estero e il rimanente è tesaurizzato nelle casse private, oppure figura negli stocks metallici della Banca di Spagna. L ’ argento e i biglietti della Banca formano adunque l’ unico strumento di scambio del paese. La coniazione delle monete d’ argento di 5 pe setas ha raggiunto la cifra di 1,047,154,200 pesetas.
Il Villaverde calcola approssimativamente a 513 milioni di pesetas la quantità d’argento in circolazione e a 484 milioni quella che si trova nelle casse della Banca per far fronte al rimborso dei biglietti. La circolazione fiduciaria era al 16 maggio di quest’ anno di 1,637,074,900 p e setas. A questa somma bisogna aggiungere l’ emissione in potenza, per così dire, che im plicano i 609,720,000 pesetas di conti correnti e i 33,673,000 pesetas di depositi in numerario. La Banca ha facoltà, a seconda delle domande del mercato, di aumentare la circolazione fidu ciaria per quelle cifre. L ’ argento circola dun que solo in Spagna come moneta metallica e come mezzo di acquistare cambiali pagabili in oro. Il suo valore rappresentativo, nominale, cor risponde all’ interno a più di GO p enee per oncia standard, mentre all’ estero non gli si riconosce che il suo valore reale, intrinseco, come merce, ossia meno di 25 pence l’ oncia. Il premio del cambio internazionale consistendo nella ecce denza del prezzo che costa la moneta d’ oro necessaria per i pagamenti all’ estero, e la Spa gna effettuando i suoi acquisti in argento, il de prezzamento del metallo bianco e il maggior valore del metallo giallo sono, secondo il Villa verde, un elemento essenziale, un elemento do minante del premio.
( Continua)
— — „ J a ; . .
---La relazione della Commissione reale
sull’ esercizio ferroviario4)
IV.
Principali risultati delle convenzioni del 1885.
La Commissione prima di addentrarsi nel la voro risolutivo della sua missione e cioè di con cludere per l’ esercizio di Stato o l’ esercizio pri vato, ha creduto di dovere studiare minutamente se le convenzioni vigenti fossero o no suscet tibili di emendamento o se il tipo dei contratti at tuali avesse dovuto essere totalmente abbando nato e avesse reso inutile quindi lo studio per emendarli. Ma prima ancora di formulare il tipo delle eventuali convenzioni future era d’ uopo che essa enumerasse e stabilisse gli inconve nienti che si sono verificati nelle vigenti e ne ricercasse le cause.Si riassumono quindi in un capitolo le la gnanze che dal 1885 ad oggi sono state solle vate nel servizio ferroviario e cercasi di scoprirne quanta parte in esse abbia avuta la imperfezione dei contratti, si sorvola sui miglioramenti che il servizio ferroviario ha avuto specialmente nel l’ ultimo quindicennio e si rileva dalla Commis sione come troppo limitati le siano stati i mezzi concedutile per fare una indagine completa al riguardo.
Il giudizio della Commissione relativamente ai contratti vigenti non è stato tale da esclu dere le possibilità della loro correzione, seb - bene di notevole gravità sia stato il fatto che l’ adempimento degli obblighi avuti dai conces sionari riguardo all’ esercizio ed alla comparte cipazione dello Stato agli utili, è venuto a di pendere del beneplacito degli stessi concessionari e ciò principalmente per la imperfezione dei patti contrattuali e la insufficienza dei mezzi da quelli offerti alla sorveglianza governativa.
Ma egualmente mancante è stata ogni pre visione sul funzionamento dei fondi speciali e sui loro risultati finanziari ; infatti il primo fondo, rispetto agli obblighi della manuten zione ordinaria e straordinaria a carico del l’ esercente, al 30 giugno 1899, per oneri mag giori che esso ha dovuto sopportare, presentava una deficienza di circa 10 milioni ; il secondo fondo destinato alla rinnovazione delle rotaie ed accessori metallici alla stessa data in luogo di una attività di cassa di 30 milioni, quale dove va presentare, ne aveva soltanto 12 ; il terzo fondo per il rinnovamento del materiale rota bile alla stessa data aveva una deficienza di circa 66 milioni in confronto a quanto avrebbe dovuto possedere ; infine le casse per gli aumenti patrimoniali, ossia per i nuovi impianti e mi glioramenti alle linee e al materiale mobile
e
di esercizio, nonostante le notevoli anticipazioni del Tesoro, diminuzioni di oneri, liberazioni di attribuzioni che furono deferite al 2J e 3 fondo, e nel 1900 1’ esonero dall’ acquisto del mate riale mobile, il Tesoro dovè sopportare speseingenti, mentre secondo le previsioni degli au tori delle convenzioni 1885 si sarebbe dovuto provvedere integralmente colle quote dei pro dotti ferroviari assegnate alla Cassa stessa.
Altri inconvenienti hanno le disposizioni sui correspettivi dell’ esercizio, poiché l’ esercente a causa della minore percentuale assegnatali sul prodotto delle linee complementari è stato spinto a istradare il traffico sulle linee principali; inol tre, rilevò la Commissione, raccogliendo le tante lagnanze sollevate, la elevatezza delle tariffe generali, specie per le lunghe percorrenze e la poca estensione delle tariffe speciali ; la troppo complessità delle tariffe delle merci non avendo la Società voluto estendere al servizio interno le disposizioni della Convenzione di Berna; la de ficienza di materiale rotabile; il rifiuto di intro durre alcuni treni, adducendo le Società di aver soperato le percorrenze contrattuali; e per ul timo la mancanza di assetto delle Casse di pre videnza e di soccorso del personale, casse che mentre al momento della approvazione della convenzione nel 1885 aveva un deficAt di pa recchi milioni di lire, oggi oltrepassano forse i due milioni.
Ma a tutti questi mali la Commissione trova una corrispondente causa nei patti contrattuali, pur riputando che la loro struttura organica non possa dirsi nè irrazionale, nè disadatta, talché ritiene che un migliore assetto nei riguardi allo Ispettorato Governativo, sia nel modo di retri buire le Società per le linee complementari e principali, un più accurato studio delle tariffe e degli orari, un minore abbandono da parte dello Stato nelle questioni concernenti il personale, potrebbero generare patti nuovi e tali da cor rispondere meglio a tutte le esigenze dell’eser cizio ferroviario, sia in riguardo alle Società, sia in rispetto allo Stato, sia nei rapporti delle esigenze del pubblico.
E d’ altra parte rileva la Relazione che le convenzioni del 1885 hanno recato il notevole beneficio di avere stabilito un determinato in dirizzo per l’ esercizio delle ferrovie e di altre acquistate coi riscatti; hanno inoltre provveduto in modo organico alla conservazione, amplia mento e miglioramento delle linee e a riguardo del servizio un sensibile aumento della percor renza, miglioramento dei tipi del materiale ro tabile, aumento di comodità per i viaggiatori, di celerità dei treni, di ammissione della terza classe nei treni diretti, riduzione dei prezzi di trasporto ecc.
E terminata così questa indagine retrospet tiva la Commissione passa allo studio del tipo delle eventuali convenzioni, rimettendo al defi nitivo la risoluzione della questione pregiudi ziale sull’esercizio di Stato e privato, volendo prima considerare, se i patti vigenti siano su scettibili di adatte e rispondenti modificazioni.
(Continua).
L’ ESPOSIZIONE DI MILANO NEL 1905
ed il suo programma
A Milano si sta preparando, per il 1905, — allor quando stira, come tutto biscia sperare, inaugurato il valico ferrovit.no del Sempione, — una grandiosa Esposizione Internazionale. Per quanto manchino qua-i due anni ancoia a tale awen mento, che de ste» à larga eco nella vii a economica del paese, pure ovunque se ne pai la già collii massima simpatia, bene auspicando al suo completo successo. A que sto voto noi pure ci uniamo, sinceramente augu rando alla Esposizione di Milano de! 1905, il pieno e completo successo che ebbe nello scorso anno l’ Esposizione industriale german ca tenutasi a Dus seldorf. Fu quello un successo dal lato mo al“, poiché da ogi i pai te d’ Europa accorsero a v sitar a gli in dustriali desiderosi di imparare, e rimasero ben con tenti di esservi andati: successo dal lato finanziario, poiché dalle più recenti risultanze contabi i pare assicurato il rimborso iota le dei fondi redimibili.
Non mancavano invero a Dusseldorf i coeffi cienti di un simile risultato. L 1 alto significato pa- tr.ottico assunto dal a Mostra, l ’ entusiasmo insolito che essa aveva saput.. de-tare, l1 emulazione negli industriali tutti di fare opera che rivelasse al mondo intiero la potenza del paes» ed i progressi fatti in tempo relativamente bieve, fur no tutte circostanze che influirono in mo io favorevole. La Germania non aveva potuto em* rgere alla Ksposizio e mondiale di Patigi come avrebbe desiderato e volle una livin- cita di carattere nazionale; rivincita che fu sincera e convincente.
Simili elementi di successo non mancano per fare riuscire P Esposizione di Milano del 1905 una degna manifestazione della nostra vita economica ed artistica. Il traforo del Sempione che e-sa deve solennizzare, rapi resenta una delie più ardite opere che il genio, l’ attività e la tei a< ia degli uomini pos sano tentare ; la sua inaligli)azione una delle più splendide vittorie dell’ umanità sul a materia bruta. Mi ano ha contribuito con molta efficacia nella pro paganda per la sua costruzione, Milano ha versato per l’ attuazione della gigantesca impresa somme non indifferenti, e cioè buona parte del contributo che era fissato all’ Italia; Milano ha dunque ben di ritto di festeggiare il compimento di questa op'-ra che faciliterà gli scambi internazionali, eh“ porterà nuovo incremento al primo porto nazionale, che le daià una posizione ancora più eminente nel com mi rcio europeo. Ed anche il modo di tale festeg giamento è in relazione perfetta alla importanza economica di Milano ed al carattere dei 1 ’ avveni mento festeggiato. Essa chiama infatti tra le sue mura gli industriali di tutti i paesi, per mostmre loro i propri progressi e per apprende) e da essi quanto possa s rvirle ad ottener degli altri, e li chiama non in un campo ristretto di att vità, ma nelle industrie dei trasporti che cento altre ne ab bracciano, nell’ arte applicala che quasi tuite le in dustrie ha invaso, nelle belle arti e nella previ denza.
Il Comitato Esecutivo, formulando i programmi p«r la Esposizione del 1905 ed invitando gli inven tori, gli industriali e gli ai tis: i di tutto il mondo a concorrervi, affermò il proposito che ogni iamo di essa debba avere una schietta impronta di specia lità e di elezione. — La grande impresa che si sta preparando intende ad affermai e i sommi caratteri dell’ arto moderna, a rivelarci i multiformi progressi dell’ industria e a segnalare le attitudini diverse dei diversi p< poli che concorrono, alla Mostra di Mi lano, a rendere solenne una delle più gloriose e fe conde vittorie del lavoro.
L ’ idea di una Esposizione, tanto speciale come quella dei trasporti terrestri, è suggerita dallo stesso traforo del Sempione: è come il coronamento di tutto le ansie, di tutte le speranze, che la grandiosa opera ha suscitato, di tutto l’ immane lavoro che ha ri chiesto all’ energia dell’ uomo.
La gara pacifica, a cui tutto il mondo è chia mato, segnerà poi una data memorabile della scienza dei trasporti, in quanto metterà di fronte le più perfette e potenti locomotive a vapore e le silenziose locomotive elettriche. Le prime hanno percorso trion falmente tutta la terra apportatrici di civiltà ai po poli, le seconde, animate da misteriosa energia, che esalta ed atterrisce il pensiero, entrano oggi in lizza, snelle e leggiadre per forma nuova, e bellamente sfidano gli sbuffanti colossi a vapore.
_ Ed altre utili Mostre speciali illustreranno l’ Espo sizione: ad esempio quella che si riferisce ai rapidi e potenti meccanismi, che la tecnica ha creato por il carico o lo scarico delle merci nelle stazioni fer roviarie, nei porti, nei magazzini, nei cantieri di co struzione, dappertutto ove il lavoro muscolare cede il posto più intellettuale dell’ uomo. L’ automobili smo ed il ciclismo porteranno pure una nota essen zialmente modi-ma e simpatica framezzo al severo macchinario della trazione ordinaria; o la Mostra aeronautica, bambina in mezzo al rigoglioso pro gredire della scienza dei trasporti, sarà un indice interossantissim di quanto ha ottenuto l’ intelligenza dell’ uomo, anche sulle forze indomabili dell’ aria. E infine la Mostra offrirà ai visitatori un raffronto fra il rapido ed audace progredire dei mezzi di trasporto moderni sugli antichi. La Mostra retrospettiva col l’ interessante spettacolo del passato, mentre darà vanto al lavoro moderno, sarà stimolo a nuove prove della nostra attività.
La Mostra dei Trasporti marittimi — parte co spicua della Esposizione milanese del 1905 — è un solenne invito al mondo marittimo ad esporre il frutto del suo lavoro; e nel pensiero del Comitato dovrebbe eccitare 1’ attività italiana a rivolgersi con intensità d’ affetto ai gravi problemi marittimi; do vrebbero diffondere nella cittadinanza di terra ferma l’ alto e vasto c ricetto della Marina.
Che la vita economica delle grandi nazioni non possa espandersi senza una marina florida e potente, che ii maro sia strada maestra ai paesi vergini e vuoti, unico rimedio a quelli carichi d’ uomini e di storia, è oramai risaputo da ognuno. Da ciò, ovun que un amore tutto speciale per la marina; ovun que un rapido fiorire de la industria navale, per la uale sono accresciute la ricchezza all’ interno, i ’ in- uenza al!’ esterno. L ’ Italia nostra fece negli ultimi anni grandi progressi industriali ed economici; ma la loro efficacia sarà incompleta senza un risveglio marittimo che ne integri e diffonda il risultato.
Questa la finalità ideale della Mostra marittima, la quale riuscirà certo interessante, dilettevole ed istruttiva. Il programma di questa Sezione è diviso in due parti, la prima riguarda i trasporti marittimi la seconda i fluviali.
Una Esposizione, che come quella di Milano, sarà rassegna e palestra di tutte le conquiste della umana attività, non poteva negligere la previdenza che tanta parte rappresenta nelle manifestazioni della vita moderna; accanto ai miracoli della scienza e del lavoro una Mostra di previdenza sottopone al l’ attenzione generale anche i presidi coi quali deve essere circondata ed elevata l’ esistenza fisica, eco nomica ed intellettuale di chi lavora ; una Mostra di previdenza vuole essere un campo di studi e di emulazione nella ricerca di tutte le previdenze e di tutte le garanzie che valgano a tutelare insieme la personalità dei lavoratori e le energie produttive del consorzio civile.
Il programma divide la Mostra della previdenza in divisione nazionale ed internazionale: la prima comprende tutte le manifestazioni della previdenza riparatrice o preventiva che si svolgono nel nostro paese : la seconda è circoscritta ad alcune furme speciali, non ancora generalizzate, per le quali una gara internazionale può offrire materia di studi e di fecondo iniziative, e cioè alle istituzioni di pre videnza, di assicurazione e di patrocinio adottate dalle imprese dei trasporti, da chi vi ricorre e se ne serve e da chi vi è addetto ed ai mezzi di assi curazione degli operai contro la disoccupazione.
Era i prodotti dell’ arte — destinati a muovere pensieri e sentimenti — e quelli delle industrie — destinati a soddisfare nella loro sempre crescente varietà i bisogni della vita quotidiana —- un terzo prodotto dell’ attivila umana si è venuto svolgendo dalle antichissime origini, nel quale il desiderio del bello, il piacere estetico e la so Idisfazione pratica di un bisogno materiale si armonizzano e si bilan ciano ; l’ opera dell’ arte decorativa. Essa appartiene in pari tempo alla attività artistica ed alla indu striale. L’ arte crea il modello e l’ industria tende a moltiplicarlo, riproducendolo con la maggiore esat tezza, e a diffonderlo in tutti gli Stati della compa gine sociale. Se nonché la Commissione che fissò il programma d-i questa Mostra di fronte alla sovrab bondante produzione delle industrie artistiche asser vite alla semplice imitazione di modelli dei/~passato, ha stimato opportuno di adottare un criterio rigo roso di selezione. In tutti i rami delle industrie, ai quali l’ arte, nelle sue svariate forme si può appli care, non saranno omesse che por le opere originali e saranno escluse le servili imitazioni di stili del passato.
Senonchè appunto perchè anche nell’ arte deco rativa moderna entrano numerosi ed abbondanti ele menti di stili del passato, un raffronto fra il passato ed il presente deve tornare utilissimo al pubblico e agli artisti.
Perciò la Commissione allestirà, accanto alla moderna, una Esposizione retrospettiva dell’ arte industriale italiana, ordinata in modo da mostrare, mediante schietti modelli, lo svolgersi attraverso i secoli delle forme artistiche applicato a certi rami della produzione industriale, come sarebbe la storia del piatto, del bicchiere, della seggiola, della inve triata e via dicendo.
Inoltre la tendenza dell’Arte Decorativa moderna a subordinare tutte le opere ad un criterio indu striale unico, raccogliendole in un insieme caratte ristico, ha reso necessarie le Mostre di ambienti completi. E perchè di questo gli stranieri ci hanno dato primi l’ insegnamento e l'esempio, così tale ramo della Mostra sarà internazionale.
L ’ Esposione di Milano sarà completata da una Mostra nazionale di Belle Arti che intende mettere in piena evidenza l’attività artistica contemporanea di ogni parte di Italia, senza preferenza di scuole e di maniere e da una galleria internazionale del la voro per le arti, industriali, nella quale troveranno degna sede i nuovi procedimenti originali ed ignoti ai più di cui le industrie artistiche fanno largo uso.
Comprenderà le seguenti lavorazioni :
Nuovi progressi dell’arte grafica, lavorazione delle carte artistiche, lavorazione artistica del me tallo e del legno, l ’arte della ceramica, lavorazione del vetro, tessuti artistici e cuoi decorativi, carte e stoffe per parati, lavorazione artistico industriale in genere.
<§ivista <§ibliografica
Marcel Clément. — Dea variationa du taux de l’escom- pte. — Nimes, imp. coop. “ La Laborieuse ” , 1902 pag. 203.
Il sig. Clément comincia con una introdu zione nella quale ricorda le teorie economiche degli scambi, del credito, della moneta, delle Banche e dello sconto; ricerca nella prima parte le cause e gii effetti teorici delle variazioni del saggio dello sconto, sopratutto distinguendo lo sconto dall’ interesse, applicando la legge della domanda e dell’ offerta, vedendo gli effetti delle crisi e della produzione dei metalli preziosi, sia sul mercato dei capitali che su quello speciale dello sconto.
Nella seconda parte l’Autore si propone di analizzare il mercato monetario e le funzioni dei suoi organi, cercando come si comportino in Francia, in Inghilterra ed in Germania, e traendo argomenti da queste sue osservazioni per di stinguere il mercato di banca dal mercato libero rispetto allo sconto.
Finalmente nella terza parte l’Autore com pleta le sue ricerche, collo studio della politica dello sconto delle grandi Banche, secondo la teoria degli scambi internazionali, osservando il modo di comportarsi della carta a lunga ed a breve scadenza, ed accennando al fatto del punto d’ oro.
Esamina quindi quale sia stata la politica delle tre Banche di Francia, Inghilterra e Ger mania sul saggio dello sconto, e viene quindi alle conclusioni a cui abbiamo accennato.
Non crediamo che l’Autore nel suo lavoro abbia esaurito 1’ argomento, nè sorpassato i la vori magistrali che si hanno in proposito ; tutta via ha portato il contributo di molta diligenza e di qualche idea originale.
I. Mendes Martins. — Sociologia criminal. — Li sboa, Tavares Cardoso et Irmào, 18y3, pag. 140, (Beis 600).
L ’Autore appartiene alla scuola materialista, la quale anche nel diritto penale vuol arrivare alle ultime conseguenze impugnando la effettiva responsabilità e restringendo quindi l’ azione della giustizia ad una semplice difesa sociale, col minor danno possibile dei rei. Perciò dopo una breve introduzione, l’ Autore riepiloga il contemporaneo movimento scientifico riguardo al diritto penale e lo fa con largo corredo di stu dio dei principali scrittori e con vivace parola ; consacra quindi un capitolo a spiegare la meto dologia che egli segue basata sulle statistiche criminali del Bodio del Tagantzeff e del Von Liszt. Entra quindi nel cuore della questione con un capitolo sulla responsabilità criminale, allargando la teoria sui delinquenti alienati, se mialienati e paranoici. In quanto alla repres sione del crimine, accenna alla bancarotta del sistema penitenziario ed ai tentativi di atte nuarne i difetti colla libertà condizionata dei criminali e col patronato esercitato su di essi.
E come il libro del sig. Mendes Martins ha suscitato polemiche e discussioni, l’ Autore in un opuscolo Justa defèsa, pubblicato presso lo stesso editore, difende vivacemente e vibrata- mente le proprie idee.
Certo solo il progresso delle scienze biolo giche varrà a sciogliere, almeno in parte, le questioni trattate dall’Autore, ma non è meno bene che il pubblico si apparecchi alla evolu
zione che anche in questo ramo vanno assumendo le vecchie idee.
Oh. Pety de Thozée. — Etude sur V évolution éco- nomique de V Allemagne. — Bruxelles, A Lesigue 1903 ap. pag. 22.
Lo slancio economico preso in questi ultimi anni dalla Germania è un pruno negli occhi per i francesi, che sentono non tanto una inferiorità attuale, quanto il pericolo di essere sopraffatti nell’ avvenire. Abbiamo visto, accennando bre vemente al dotto volume del Dr. Francke come egli, tedesco, giudichi le cause della stazionarietà economica della Francia ; il sig. Pety de Thozée più precisamente, ma non meno dottamente esamina le cause dallo sviluppo così rapido della Germania, e viene quasi alle stesse conclusioni ; la iniziativa dei commercianti e produttori te deschi, la applicazione all’ industria di ogni pro gresso scientifico, la ferma azione dei poteri amministrativi e politici ; la saggia organizza zione del credito, ma sopratutto l’aumento della popolazione sono le cause principali del pro gresso della Germania.
Charles Booth. — Life and Labour o f thè people in London. — London, Macmillan and C. 1902, p. 451. (So. 5).
Abbiamo già data qualche notizia della im portante opera intrapresa dal sig. Booth assistito da zelanti cooperatori, nel fascicolo num. 1518 dell’ Economista. Ora riceviamo il volume finale che riassume il grande lavoro e trae le conclu sioni dalle copiose notizie raccolte. Il volume è diviso in quattro parti ; la prima, sotto il titolo di « qualche confronto » dà le proporzioni della popolazione di Londra rispetto alla estensione delle abitazioni e rileva quindi i rapporti tra la povertà e l ’ affollamento, tra la natalità e ia mortalità. La seconda parte rivolta a dar conto dei costumi del popolo, prima offre i dati sta tistici dei matrimoni e della moralità, quindi esamina le occupazioni della domenica e dei giorni festivi ed i relativi divertimenti; le scom messe, il bere, i c l u b ecc. in- relazione alle condizioni economiche della vita.
La parte terza « note sulla amministrazione » parla delle case pubbliche e godenti della li cenza; della prostituzione, della polizia e dei de litti ; della organizzazione della carità, degli ospi tali e brefotrofi, ecc.
L ’ ultima parte intitolata « conclusione » consta di tre capitoli « Le cose come sono e come si modificano; necessità di migliorare; in qual modo e con quali difficoltà. »
Terminano il volume appendici, note, indici per materia ed alfabetici, ed una grande pianta di Londra nella quale sono segnate in modo distinto le chiese, le scuole e gli spacci di vini e bevande alcooliche. Uno sguardo su quella pianta significativa mostra la enorme prevalenza dell’ alcool sulle preghiere e sull’ istruzione.
La quantità delle notizie gregge ed elabo rate che sono fornite da questo volume dell’opera non permette un riassunto, ma soltanto di indi care la importante estensione delle ricerche.
1891, 630 mila e rappresentano oltre 2,3 mi lioni di persone; di queste abitano una perso na per stanza 60 mila; — due individui per stanza, 55,000; — tre individui in una sola stanza 29,000; — quattro individui, 16,000; — cinque, 7,400: — sei persone, 2,800; fino a che si arriva a trovare undici persone in una sola stanza. Confrontando però questi ed altri dati con quelli del censimento 1891 si riscontra un considere vole miglioramento, poiché la popolazione che occupa appartamenti da una a quattro stanze è aumentata del 7,3 per cento; ma il numero de gli appartamenti è cresciuto dell’ 8,7 per cento. La intera popolazione di Londra viene clas sificata in quattro categorie: moltopoveri, 654,000 cioè l’ 8,4 per cento del totale: — poveri 938,000 cioè il 22,3 per cento, classe dei lavoratori com prese tutte le persone di servizio 2,1 milioni cioè il 51,5 per cento; — le altre classi, sotto la media, media e sopra la media, 749,000, cioè il 17,8 per cento.
Sopra questa numerosa falange di poveri o quasi poveri e di lavoratori si è specialmente ri volta la inchiesta e ne ha raccolte le notizie sulle varie manifestazioni economiche e morali, dipin gendo maestrevolmente la vita ed i costumi del popolo di Londra in base a dati di fatto.
E questa opera una preziosa miniera dalla quale si potranno ricavare larghi elementi per lo studio della vita della grande metropoli ed in genere della vita dei grandi centri.
J.
<§ivista Economica
Per V Ufficio del lavoro — Il programma dell’ Ufficio del lavoro Le latterie cooperative in Ungheria -Commercio inglese.
Per l ’ ufficio del lavoro. — L ’ on. Baccelli
ha diretto alle Associazioni agrarie, operaie, indu striali una circolare per annunciare loro l’ istitu zione dell’Ufficio del lavoro.
La circolare dice :
« I lavoratori organizzati devono riconoscere nell’ Ufficio del lavoro 1’ organismo più potente, si curo e legale per far valere i loro diritti nel campo del*a pubblica amministrazione; per essi il nuovo Istituto deve costituire il modo più adatto per otte nere la espressione e l'indice dei loro bisogni ; deve da essi essere considerato 1’ officina migliore per il raggiungimento di condizioni più elevate: deve rap presentare la maggio» e garanzia per la retta e rigo rosa applicazione della legislazione sul lavoro.
La conoscenza dei dati di fatto che concernono la classe lavoratrice, deve anche derivare dai lavo ratori stessi, i quali sono interessati a portare nello studio e nel'a rilevazione delle condizioni loro e dell* ambiente in cui vivono, l’ espressione sentita della realtà ed il loro speciale punto di vista.
Le rilevazioni statistiche non sono mai tanto attendibili quanto nel momento in cui sono fatte sotto la spinta dell’interesse immediato. Le organiz zazioni dei lavoratori, nello sforzo che esse fanno per diffondere la loro forza associativa sì da riu scire ad unità concorrenti sempre più larghe, de vono sentire lo stimolo vivo di conoscere lo stato della, domanda e dell’ offerta di mano d’opera sui di versi mercati, conoscenza imprescindibile per il con trollo disciplinato della merce-lavoro.
Le organizzazioni delle classi lavoratrici devono anche comprendere che l ’Ufficio del Lavoro può di ventare per esse il mezzo più conveniente per
ele-vare la partecipazione del lavoratore alla vita pub blica, mettendolo m grado d’intèrven re efficace mente nella risoluzione dei problemi che incombono alle diverse classi sociali e che concernono l’ inter vento dello Stato, siaa scopo protettivo che a scopo difensivo.
Ed una volta raggiunte condizioni iniziali più favorevoli, con cretan ti in disposizioni giuridiche riconosciute, le organizzazioni dei lavoratori avranno nell’ Ufficio del Lavoro l’organo adatto per l’applica• zione della legislazione sul lavoro che andrà man mano attuandosi. Complemento questo delle fun zioni del nuovo organismo, che deve integrare la forza d’ iniziativa colla forza esecutiva.
Se le organizzazioni dei lavoratori capiranno il beneficio che esse possono trarre dal nuovo organi smo, io sono sicuro che non mancherà la loro coo perazione assidua alla vita dell’ Ufficio, e che questo verrà fortemente affermandosi nell’ attuazione degli alti scopi per i quali è stato istituto ».
II programma dell’ Ufficio del Lavoro. — A ll’ ordine del giorno della prima seduta, che terrà il Consiglio del Lavoro il 14 settembre, vi è il programma dei lavori da compiersi dall’ Ufficio del Lavoro nell’ anno di esercizio 1903. Sopra questo argomento, il professor Montemartini, direttore dell’ Ufficio stesso, ha preparato una relazione di cui ecco un sunto.
Il prof. Montemartini premette che egli non sottopone al Consiglio un piano organico di lavori, ma piuttosto una serie di brevi considerazioni che potranno fornire mater ale alla discussione che il Consiglio tarà sull’ argomento.
Accennando quindi ai mezzi finanziari messi a disposizione dell’ Ufficio del Lavoro, il relatore osserva che l’ Ufficio deve scegliere, tra i lavori, le ricerche e gli studi assegnatigli, quelli più urgenti ed importanti. E questi sarebbero di due categorie: la prima data dai progetti di legge d’iniziativa par lamentare o governativa che si trovano già innanzi alla Camera e al Senato, la seconda da scegliersi tra le questioni economiche e sociali del nostro Paese.
I seguenti progetti si trovano già innanzi alle Camere legislative ed è certo, dice il relatore, che l’Ufficio potrebbe in breve tempo preparare mate riale per la loro discussione;
a) i progetti sul contratto di lavoro e sui con tratti agrari :
b) il progetto per la modificazione alla legge dei probiviri ;
c) i progetti per l’ estensione dell’ Istituto dei probiviri dell’agricoltura e prevenire e comporre gli scioperi agrari ;
di il progetto per il riposo festivo.
II materiale che si dovrebbe raccogliere pre senta difficoltà grandi ad essere rilevato, perchè si incontrano difficoltà tecniche e difficoltà dovute alla resistenza dell’ambiente in cui le ricerche dovranno essere latte.
Compito quindi dell’ Uffficio del Lavoro sarebbe di presentare al Consiglio tutte quelle condizioni nelle quali devono nascere e devono svilupparsi i nuovi Istituti.
Per il contratto di lavoro, l’ Ufficio già si è messo all’ opera, attendendo presso tutti i collegi probivi- rali ad una raccolta di tutte le sentenze, non con tumaciali, per formare un massimario che rispecchi lo stato della giurisprudenza in tema di contratto di lavoro. Iuoltre per mezzo delle Camere di Lavoro e delle Prefetture, attende ad una raccolta di tutti i regolamenti di fabbrica e di tutti i concordati che si sono venuti facendo in seguito a contese fra ca pitale e lavoro.
Passando a parlare della seconda categoria di lavori, il prof. Montemartini dice che lo scopo ul timo e più alto assegnato all’ Ufficio del Lavoro si concreta nella periodica e sistematica pubblicazione di quelle notizie di fatto che più interessano i rap porti vivi intercedenti tra capitale e lavoro.
A tale scopo servirà il Bollettino dell9 Ufficio del Lavoro.
Per questa pubblicazione è necessario impiantare tutto un sistema di organismi raccoglitori.