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Luci ed ombre del private enforcement in materia di aiuti di Stato

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

LUCI ED OMBRE DEL PRIVATE ENFORCEMENT IN MATERIA DI

AIUTI DI STATO

Il candidato

Greta STEFANELLI

Il relatore

Chiar.mo Prof. Avv. A.M. CALAMIA

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INDICE

PREMESSA ... 6

CAPITOLO I LA DISCIPLINA DEGLI AIUTI DI STATO NELL‟ UNIONE EUROPEA ... 9

1.1 La nascita del diritto della concorrenza in Europa ... 9

1.2 Inquadramento sistematico della disciplina degli aiuti di Stato all‟interno del sistema UE della concorrenza e le relative fonti ... 14

1.3 Evoluzione storica della disciplina degli aiuti di Stato ... 16

1.4 Nozioni preliminari: il concetto di aiuto di Stato ... 22

1.4.1 Origine statale della misura ... 24

1.4.2 Vantaggio economico procurato dalla misura ... 28

1.4.3 Carattere selettivo della misura... 29

1.4.4 Incidenza della misura sugli scambi tra gli Stati membri e idoneità della stessa a distorcere la concorrenza ... 30

1.5 Ancora sulla nozione di aiuto di Stato: forma e beneficiario dell' aiuto ... 32

CAPITOLO 2 LA PROCEDURA DI CONTROLLO DEGLI AIUTI DI STATO. IL PUBLIC ENFORCEMENT ... 36

2.1 Principio d' incompatibilità e relative deroghe ... 36

2.1.1 Aiuti automaticamente compatibili ... 37

2.1.2 Aiuti potenzialmente compatibili... 37

2.2 L' obbligo di notifica e di stand still all‟ interno della procedura di controllo degli aiuti di Stato ... 43

2.3 Aiuti nuovi ... 45

2.3.1 Fase di indagine preliminare ... 45

2.3.2 Fase di indagine formale ... 47

2.3.3 Aiuti illegali ... 50

2.3.4 Aiuti abusivi ... 52

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CAPITOLO 3

LA CRESCENTE AFFERMAZIONE DEL PRIVATE ENFORCEMENT COME STRUMENTO PER GARANTIRE IL RISPETTO DELLE REGOLE

ANTITRUST EUROPEE SUGLI AIUTI DI STATO. ... 56

3.1 Nozione e considerazioni di carattere generale ... 56

3.2 La problematica questione della disciplina del private enforcement ... 58

3.3 Origini e presupposti del private enforcement ... 62

3.4 Collaborazione tra Commissione e giudici nazionali ... 68

3.5 L‟ annullamento del provvedimento statale che istituisce l‟ aiuto in violazione dell‟ art 108, par. 3, TFUE ... 77

3.6 Il recupero dell‟ aiuto illegale o incompatibile... 78

3.7 La concessione di misure provvisorie da parte del giudice nazionale... 89

3.8 Il risarcimento del danno cagionato dall‟ aiuto illegale ... 91

CAPITOLO 4 ATTUAZIONE DEL PRIVATE ENFORCEMENT NELL‟ORDINAMENTO ITALIANO. UN BILANCIAMENTO COMPLESSIVO DELL‟ ISTITUTO ... 102

4.1 Il preliminare problema della qualificazione delle posizioni giuridiche soggettive attribuite ai singoli dalle norme UE in materia di aiuti di Stato all‟interno dell‟ ordinamento italiano ... 102

4.2 L‟ azione di annullamento contro l‟ atto amministrativo istitutivo dell‟ aiuto di Stato che il concorrente può promuovere dinanzi al giudice italiano ... 104

4.3 L‟ adozione di misure provvisorie nell‟ ordinamento italiano ... 106

4.4 L‟ esecuzione dell‟ obbligo di recupero nell‟ ordinamento interno ... 107

4.5 L‟ azione risarcitoria interna per danni cagionati al concorrente dalla violazione dell‟ art 108 par. 3 TFUE nei confronti del beneficiario ... 111

4.6 Problemi, difficoltà attuative e soluzioni del private enforcement con riferimento alle azioni risarcitorie e alle decisioni di recupero ... 114

CONCLUSIONI ... 126

BIBLIOGRAFIA ... 130

ATTI NORMATIVI ... 134

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PREMESSA

Il presente lavoro di tesi si prefigge di analizzare, tanto da un punto di vista normativo quanto dottrinale e giurisprudenziale, la complessa disciplina del private enforcement, quale strumento di tutela utilizzabile dai concorrenti lesi a causa della violazione delle norme antitrust europee in materia di aiuti di Stato. Come in seguito saremo in grado di constatare in modo approfondito, esso costituisce un meccanismo che consente ad imprese o a privati cittadini di esperire una tutela in sede civilistica nei confronti di una situazione giuridica soggettiva che si ritiene lesa a seguito di un comportamento anticoncorrenziale nei confronti di quelle imprese che abbiano violato le regole anitrust europee.

Nella fattispecie, nel primo capitolo, dopo aver introduttivamente proceduto in modo generale a ripercorrere storicamente quali sono i fattori che hanno generato il diritto della concorrenza in Europa, e aver, quindi, inquadrato sistematicamente la disciplina degli aiuti di Stato nella politica dell‟ Unione con uno sguardo alla loro relativa evoluzione nel contesto comunitario, si porrà in risalto la problematica concernente la loro definizione, giacché l‟art 107 TFUE, sebbene li regolamenti, non provvede ad una loro delimitazione.

Si continuerà, nel secondo capitolo, attraverso un‟ attenta disamina del public enforcement, vale a dire, la procedura di controllo degli aiuti di Stato espletata della Commissione, analizzando, dapprima il principio d‟incompatibilità e successivamente, le relative ipotesi derogatorie, ravvisabili in deroghe de iure e deroghe discrezionali, sulla base di quanto stabilito dall‟ art 107, par. 2, lett. a) - c) e 107, par. 3, lett. a) – e) , TFUE.

Successivamente, nel terzo capitolo, si entrerà nel cuore del problema oggetto della nostra valutazione, focalizzandoci sul private enforcement in materia di aiuti di Stato, mediante uno studio circa la problematica questione della relativa disciplina, proseguendo attraverso un‟analisi circa le origini e i presupposti di tale strumento di tutela privatistico, e le modalità di cooperazione instaurate tra giudici nazionali e Commissione, conseguentemente all‟ intervento promozionale

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esercitato da quest‟ ultima a favore dell‟ istituto in esame, essendo, l‟ istituzione comunitaria consapevole del fatto che tale strumento di tutela privatistico rappresenti un importante baluardo capace di garantire la conservazione di una concorrenza non falsata all‟interno dell‟ Unione Europea. Quindi, si focalizzerà l‟attenzione sui rimedi di private enforcement concretamente esperibili dal terzo concorrente leso dalla violazione della normativa europea in materia di aiuti di Stato, ravvisabili nella concessione di misure provvisorie cautelari; nella possibilità di ottenere un risarcimento del danno e nel recupero dell‟ aiuto illegale, soffermandoci, quanto a quest‟ ultimo rimedio, sull‟ art 14, par. 3 Reg. n. 659/99, ai sensi del quale “il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione”.

Infine, nel quarto ed ultimo capitolo, l‟attenzione sarà rivolta alle modalità in base alle quali i rimedi di private enforcement precedentemente menzionati vengono espletati nell‟ordinamento italiano, soffermandoci sul peculiare problema della qualificazione delle posizioni giuridiche soggettive attribuite dalla normativa comunitaria al terzo concorrente leso dall‟ aiuto illegale. Sempre all‟interno del corpo del presente capitolo le considerazioni di chiusura verranno poste in essere attraverso un bilanciamento complessivo dei pro e dei contro dello strumento di tutela indagato, mettendone in luce punti di forza e carenze.

I primi, come vedremo dettagliatamente in seguito, sono rappresentati dal fatto che esso rappresenta sia un‟ opportunità, per imprese e terzi consociati, lesi dall‟erogazione di un aiuto di Stato illegale, di esercitare presso i propri giudici nazionali, un diritto soggettivo che l‟ordinamento comunitario si è imposto di salvaguardare in modo consono; sia un rimedio in grado di far rispettare agli operatori economici esercenti in territorio europeo le norme comunitarie a tutela della libera concorrenza, in maniera nettamente superiore rispetto alla sanzione pecuniaria amministrativa erogata a seguito di un procedimento di public enforcement.

Per quanto riguarda invece le carenze ed i limiti di cui soffre l‟ istituto e che destano maggiore preoccupazione, questi sono imputabili ad una serie di ragioni,

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quali la scarsa chiarezza sulle autorità nazionali competenti a dare esecuzione alle procedure di recupero nonché sulle imprese tenute alla restituzione delle somme e sul loro esatto ammontare; la difficoltà nell‟ individuazione del diritto applicabile, causata dalla mancanza di uniformità e armonizzazione della disciplina in questione; la difficoltà dell‟onere probatorio gravante sull‟attore che si ritiene leso da una violazione della disciplina in tema di aiuti di Stato, e che conseguentemente chiede di essere risarcito per la perdita subita; ed infine, il conflitto di interesse dello Stato membro, dispensatore dell‟ aiuto ma al tempo stesso soggetto preposto al suo recupero.

Tutti fattori che, come analizzeremo, rendono eccessivamente lente le procedure risarcitorie e di recupero. Conseguentemente, nonostante l‟azione promozionale avviata dalla Commissione, al fine di diffondere maggiormente il private enforcement, come strumento di tutela esperibile dai privati in seguito alla violazione di norme antitrust europee, si ravvisa uno scarso interesse da parte di quest‟ultimi nei confronti di queste procedure incapaci, ad oggi, di garantire un vantaggio effettivo nell‟immediato.

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CAPITOLO I

LA DISCIPLINA DEGLI AIUTI DI STATO NELL’ UNIONE

EUROPEA

1.1 La nascita del diritto della concorrenza in Europa

L‟ esigenza di creare una disciplina giuridica per il fenomeno degli aiuti di Stato è emersa nella seconda metà del secolo scorso, in un momento in cui lo sviluppo degli scambi internazionali e la maggiore relazione tra le economie dei diversi Paesi membri, portarono a toccare con mano gli effetti distorsivi sulla concorrenza cagionati dalle sovvenzioni pubbliche statali.

In particolare, storicamente parlando, il passaggio da un‟economia cartellizzata, che caratterizzava la prima metà del XX secolo, al principio della tutela della concorrenza, verrà introdotto attraverso la redazione dei divieti di cui agli art 85 CEE (divieto di intese), 86 CEE (divieto di abuso della posizione dominante sul mercato) e 92 CEE (divieto di aiuti di Stato); nonché dalla redazione del primo Regolamento di attuazione delle suddette norme antitrust, Reg. CEE. n° 17/ 19621.

La grande sfida delle norme appena menzionate era quella di creare una “cultura del diritto della concorrenza” in Europa2

, in quanto le regole in materia di concorrenza rivestono un enorme rilievo per il raggiungimento dei fini dell‟ Unione Europea. L‟ integrazione del mercato comune, infatti, ha rappresentato e rappresenta tutt‟oggi un aspetto fondamentale dell‟ attività posta in essere dagli organi comunitari, così come la politica della concorrenza rappresenta una condizione essenziale per perseguire tale integrazione. La politica della concorrenza, quale risultante della costruzione comunitaria, si

1 Reg. n. 17 del 6 febbraio 1962, pubblicato in GUCE, il 21 febbraio 1962, recante norme di

attuazione degli art 85 e 86 CEE.

2 F. L. Pace, La nascita del diritto della concorrenza in Europa, in Dizionario sistematico del diritto

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basa sul riconoscimento della libertà d‟ iniziativa, cioè sulla possibilità, per gli operatori, di operare in tutti i settori del processo economico, dalla produzione alla distribuzione3.

Negli anni „50 nessun paese che sarebbe poi diventato membro, prima della CECA (1951) e poi della CEE (1957), disponeva di una normativa a tutela della concorrenza come attualmente la intendiamo, cioè che individui il divieto di intese, di abuso della posizione dominante, e di erogazione di aiuti di Stato, quale comportamento a detrimento della concorrenza.

La posizione economico-giuridica europea dell‟epoca risentiva, infatti, dell‟ impostazione che vedeva i cartelli tra le imprese come una normale modalità di esercizio del diritto all‟iniziativa economica privata. Impostazione, questa, conseguente del peculiare sviluppo europeo di cartellizzazione delle economie nazionali, che si ebbe a partire dal 1870 , e che ha avuto nel periodo della seconda guerra mondiale l‟apice del suo sviluppo4

.

Per quanto concerne, invece, la problematica oggetto della nostra riflessione, gli aiuti di Stato venivano visti come necessari al fine risollevare l‟economia nazionale devastata dalla seconda guerra mondiale appena terminata.

Come accennato sopra, fu grazie al Regolamento n. 17/1962 CEE, il quale dava attuazione alle norme antitrust del Trattato CEE, che fu possibile intraprendere questo cambiamento culturale incentrato sulla concorrenza, al centro del quale vi era una nuova e rivoluzionaria modalità di intendere e regolare i rapporti tra imprese, e tra imprese e Stato, che di lì a poco sarebbe stata individuata come il principio base di commercio tra gli Stati dello spazio economico europeo.

Il primo e fondamentale passo verso questa rivoluzione cultuale che interessò l‟economia europea, si ebbe nel 1950 da parte del presidente dell‟Alta Autorità della Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio, Jean Monnet, il quale avvertì i capi delle delegazioni che se non fossero stati inseriti nel Trattato dei

3 A. M. Calamia, Il diritto comunitario delle imprese e la concorrenza, Pisa, 1999, p. 10, 11.

4 Per un‟ attenta analisi e per una lista dei cartelli attivi nel 1932 si veda Lorenzo F. Pace,

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chiari divieti relativi ai cartelli industriali, il governo americano non avrebbe fornito il proprio contributo finanziario allo sviluppo del progetto del Trattato. La pressione politica degli Stati Uniti d‟America fu quindi alla base del diritto della concorrenza del Trattato CECA5.

Nello step successivo, consistente nella redazione del Trattato CEE, la pressione politica degli USA non fu più necessaria, in quanto ormai le stesse parti contrenti valutarono il diritto della concorrenza come una necessità per la realizzazione del mercato comune.

A livello teorico la concorrenza può essere definita come quella condizione di lotta tra imprenditori per conquistare un determinato mercato. Tale definizione ha trovato attuazione nello strumento che ha rappresentato per un lungo periodo la legge antitrust per antonomasia: lo Sherman Act statunitense del 1890. L‟ impostazione classica contenuta in tale strumento normativo ha subito nel tempo modificazioni determinate dall‟ uso e dall‟ influenza di teorie economiche che hanno finito per spostare l‟ attenzione dagli aspetti più strettamente statici, quali quelli relativi alle quote di mercato ed alla presenza o meno di barriere all‟ ingresso nei mercati, a quelli più dinamici. Si è così spostata l‟ attenzione dalla “concorrenza pura” alla “concorrenza perfetta”6

Le teorie economiche che hanno finito per influenzare i legislatori nazionali sono molteplici: dalla scuola di Chicago e l‟ applicazione della teoria dei prezzi, alla scuola di Harward ed alla teoria della concorrenza imperfetta e della concorrenza monopolistica, sino alla teoria dei mercati contendibili. In particolare alla luce di tale ultima teoria i mercati sono contendibili, indipendentemente dal numero delle imprese che vi operano effettivamente, purché in essi sia possibile per ciascuna impresa di entrare e uscire liberamente. Perché ciò avvenga è tuttavia necessario che i costi fissi sostenuti per l‟ entrata siano pienamente recuperabili quando si desidera uscire7

.

5 V. Brigitte Leucht ,Transatlantic policy networks and the formation of core euorope, 2008.

6

A. M. Calamia, Il diritto comunitario delle imprese e la concorrenza, Pisa, 1999, p. 12.

7 Una precisa definizione della teoria è in W.J. Baumol- J. Panzar- R.D. Willig, Contestable

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In un regime di concorrenza nessuno degli operatori è in grado di influenzare l‟andamento del mercato con le proprie decisioni. In una tale situazione viene raggiunto quello che gli economisti chiamano il “first best”8, vale a dire una situazione di efficienza allocativa ottimale. In tale circostanza vi sono vantaggi per tutti gli operatori del mercato. Infatti, l‟ effetto ultimo dell‟ esistenza di regole sulla concorrenza dovrebbe essere quello che dal conflitto tra imprenditori per la conquista di un determinato mercato si producano, o dovrebbero prodursi:

a) un miglioramento delle condizioni di produzione di un determinato bene;

b) una maggiore competitività a favore del destinatario di quel bene, in quanto, a parità di condizioni di produzione, miglioreranno gli aspetti inerenti alla qualità del prodotto o del servizio.

In altri termini, quando si realizza un miglioramento delle condizioni di produzione di un determinato bene e quindi di smercio ed una maggiore competitività presso l‟utilizzatore finale, ne discende che a parità di condizioni di produzione, dovranno necessariamente trovare una più puntuale realizzazione altri aspetti collaterali, quali la qualità del prodotto o del servizio. Questa concezione classica della teoria economica della concorrenza comporta il conseguimento di risultati benefici per tutta la società e la concorrenza viene valutata come elemento di notevole importanza sociale9. Si è venuto, inoltre, sempre più affermando il valore sociale della concorrenza, che viene espresso nell‟ innovazione, nell‟ apprendimento attraverso la competizione, nella responsabilità verso il contraente individualmente considerato, e verso la società nel suo insieme. La concorrenza rappresenta, quindi un fattore essenziale di crescita, poiché, stimolando l‟ innovazione, facilitando una migliore allocazione delle risorse, e consentendo un più efficiente uso delle

8 Giocoli N., Impresa, concorrenza, regole. Elementi per un‟ analisi economica, Torino, 2009, p.

62.

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tecnologie esistenti, determina un incremento della produttività, motore essenziale dello sviluppo economico.

Focalizzandoci sulla nostra analisi, un necessario componente della disciplina sulla concorrenza all‟ interno del diritto comunitario delle imprese, è rappresentato dalla regolamentazione degli aiuti di Stato. Essi costituiscono, infatti, un significativo ostacolo alla piena realizzazione dei precetti comunitari in materia di concorrenza10.

è chiaro, invero, che in una situazione di perfetta concorrenza le imprese, beneficiarie di aiuti di Stato, si trovino in una situazione di vantaggio rispetto a quelle che operano esclusivamente attraverso le leggi di mercato, in tal modo si potrebbero infatti perfino mantenere “artificialmente” in vita imprese e settori poco efficienti, che se operanti con regimi concorrenziali, uscirebbero sicuramente dal mercato.

Alla luce di quanto detto, le attuali norme contenute negli art 107 TFUE; 108 TFUE e 109 TFUE in materia di aiuti di Stato, sono indirizzate a far si che la concorrenza non venga falsata all‟ interno del mercato comune, evitando che l‟intervento pubblico dello Stato nell‟economia, sotto forma di aiuto di Stato, possa rafforzare la competitività delle imprese nazionali sul mercato interno, rendendo più difficile e onerosa la penetrazione delle concorrenti di altri paesi membri, impedendo, quindi, alle stesse di operare con armi pari. Ulteriore obiettivo che la normativa in tema di aiuti di Stato si prefigge, è evitare che gli Stati erogando aiuti a favore di proprie imprese creino regimi protezionistici, con la conseguenza che si vadano ad ostacolare le norme sulla libera circolazione delle merci.

In linea di principio l‟intervento pubblico dello Stato in economia non è vietato a priori, in quanto le politiche economiche sono competenza degli Stati membri, ma è anche vero che tali politiche non possono contrastare con il diritto dell‟ Unione Europea. L‟ intervento statale nell‟economia ha una natura ambivalente, se da un lato produce effetti anticoncorrenziali negativi, dall‟altro

10 A. M. Calamia, op cit, p. 23.

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costituisce uno strumento capace di correggere i fallimenti del mercato11. Il rapporto tra le regole di concorrenza comunitaria e l‟ intervento pubblico in economia posto in essere dagli Stati membri risulta, quindi, particolarmente problematico in quanto si confrontano l‟interesse comunitario, affinché non sia falsata la concorrenza, neppure da parte delle imprese pubbliche o dello Stato imprenditore, e l‟ interesse statale rivolto al mantenimento di settori riservati, anche a carattere monopolistico per garantire, ad esempio, dei servizi pubblici essenziali. Tale confronto deve trovare un necessario e opportuno bilanciamento, facendo si che alcune volte sia prioritario l‟ interesse statale ( in casi eccezionali e comunque limitati nel tempo), ed altre volte sia prioritario l‟interesse comunitario, volto ad evitare che la riserva riconosciuta a favore dell‟ interesse statale si tramuti in una distorsione del mercato, ovvero in una ripartizione artificiosa dello stesso12.

1.2 Inquadramento sistematico della disciplina degli aiuti di Stato all’interno del sistema UE della concorrenza e le relative fonti

La disciplina in tema di aiuti di Stato all‟interno del Trattato sul funzionamento dell‟Unione Europea è parte integrante della normativa sulle politiche della concorrenza, che può essere concettualmente e sistematicamente divisa in due gruppi di regole, da una parte quelle indirizzate alle imprese, dall‟altra quelle indirizzate agli Stati.

Per quanto riguarda le prime, si fa riferimento alle fattispecie disciplinate all‟interno degli art 101 TFUE e 102 TFUE, che rispettivamente contengono il divieto di concludere intese tra imprese e il divieto di sfruttamento abusivo della posizione dominante, nel caso in cui siano tali da falsare e pregiudicare la concorrenza.

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A. Pisapia, Aiuti di Stato: profili sostanziali e rimedi giurisdizionali, Padova, 2012, p.3.

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Dall‟ altra parte quelle dedicate agli Stati sono le norme contenute negli art 107 TFUE, 108 TFUE e 109 TFUE . L‟art 107 TFUE sancisce un divieto generale di adozione di aiuti di Stato, fondato sul principio di incompatibilità degli aiuti con il mercato comune. Tale divieto non è però assoluto, in quanto troviamo nella stessa disposizione dei casi derogatori, ritenuti meritevoli di un regime alternativo, all‟interno dei quali gli aiuti sono ammessi. Si tratta di due diverse categorie di aiuti consentiti, da una parte l‟art 107 TFUE secondo paragrafo, che si occupa degli aiuti automaticamente compatibili, cioè considerati compatibili a priori, e dall‟altra l‟art 107 TFUE terzo paragrafo, che si occupa degli aiuti potenzialmente compatibili, a seguito di una valutazione ampiamente discrezionale da parte della Commissione. L‟art 108 TFUE attribuisce alla Commissione la competenza generale con riferimento al controllo e approvazione di tali misure, infine, l‟art 109 TFUE tratta la competenza regolamentare del Consiglio all‟interno della materia concernente gli aiuti di Stato, potendo esso adottare regolamenti per specificare più nel dettaglio la procedura ex art 108 TFUE e adottare regolamenti generali di esenzione, attraverso i quali si individuano determinate categorie di aiuti, che per certi motivi e per certi obiettivi, non sono sottoposti alla procedura di controllo ordinaria e all‟ onere di notifica della Commissione.

Oltre alle norme del Trattato, la disciplina in tema di aiuti di Stato è data anche dal Regolamento n° 659/ 1999 13 (di recente modificato con Regolamento n° 734/ 2013 nell‟ ambito del processo di modernizzazione delle norme in materia di aiuti di Stato).

Infine, completano il quadro normativo della disciplina in tema di aiuti di Stato le c.d fonti di soft law, date soprattutto dalle Comunicazioni della Commissione europea, che sono atti amministrativi che seppur privi di efficacia vincolante sono fondamentali punti di riferimento sia per legislatori e giurisdizioni nazionali, sia per la Corte di giustizia, che, molto spesso quando è chiamata a valutare la conformità di una regola o di una prassi nazionale al diritto comunitario, si avvale proprio delle comunicazioni della

13 Regolamento 22 marzo 1999,recante le modalità di applicazione dell‟ art 93 TCE, pubblicato in

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Commissione14. Le comunicazioni sono atti atipici non previsti dal Trattato, che vengono adottati dalla Commissione quando essa vuole rendere noto agli Stati membri e agli organi dell‟ UE quale sarà il suo punto di vista in un determinato settore, e i parametri che verranno seguiti nel momento in cui le verranno sottoposti dei casi. Esse “codificano” quella che è la prassi amministrativa e giurisprudenziale attualmente seguita nell‟ordinamento europeo, pertanto pur non essendo vincolanti, gli Stati sono indotti a seguirle e a comportarsi di conseguenza, avendo in questo modo una presunzione di legittimità del proprio comportamento.

1.3 Evoluzione storica della disciplina degli aiuti di Stato

Con riferimento all‟ evoluzione storica della disciplina in tema di aiuti di Stato si possono identificare quattro diverse fasi:

1. Prima fase: si sviluppa dalle origini del Trattato di Roma che istituisce la CEE nel 1957 sino alla fine degli anni ‟70.

In questa prima fase si producono pochi risultati, in quanto inizialmente, come in tutti i settori, anche in quello degli aiuti di Stato, l‟ applicazione del diritto comunitario si è caratterizzata per la gradualità, inoltre le ristrettezze sugli aiuti di Stato erano sconosciute sino a quel momento. Quindi, da un lato gli Stati non erano ancora entrati nell‟ ottica dell‟ obbligatoria notificazione alla Commissione per gli eventuali aiuti erogati, e dall‟atro la stessa Commissione non aveva ancora consolidato la propria prassi applicativa. Inoltre, all‟interno dei vari Stati membri esistevano regimi di aiuti di Stato ormai consolidati da anni, per cui si rendeva ardua l‟operazione di scalfire i medesimi. Dunque, nei primi anni di applicazione del mercato comune, gli aiuti di Stato erano talmente diffusi che la loro

14 G.A. Benacchio, Il private enforcement del diritto antitrust, in Dizionario sistematico del diritto

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esistenza era considerata quasi come un male inevitabile e la Commissione poco faceva per combatterli15.

2. Seconda fase: a partire dagli anni ‟80 e fino alla metà degli anni ‟90, abbiamo una decisiva inversione di rotta in quanto si è svelato l‟effetto dirompente che gli aiuti di Stato potevano avere sulla concorrenza. Inoltre, con l‟ avvio delle privatizzazioni e lo smantellamento dei servizi pubblici gestiti dallo Stato, è aumentato il numero dei soggetti economici, sia beneficiari di aiuti sia, per contro, danneggiati dall‟ aiuto erogato da un loro concorrente16. A seguito di questa presa di coscienza sul carattere deleterio delle misure statali sul gioco della concorrenza, da un lato la Commissione è maggiormente consapevole del proprio ruolo di controllo, e gli Stati, dal canto loro, si “abituano” a notificare alla Commissione i regimi di aiuti che intendono erogare. In questa fase l‟intervento della Commissione nelle politiche industriali è significativo e di conseguenza si sviluppa una prassi applicativa in materia.

Aumentando l‟attività amministrativa della Commissione aumentano anche i ricorsi degli Stati membri avverso le sue decisioni, e, grazie a questo incremento di contenzioso, la Corte di giustizia europea comincia a sviluppare una giurisprudenza in materia, fondamentale per gli ulteriori sviluppi della normativa.

3. terza fase: si estende dalla metà degli anni ‟90 fino all‟inizio della crisi economica del 2008.

In questa fase la disciplina degli aiuti di Stato risente di una progressiva attenzione per gli sviluppi sociali dell‟ integrazione economica17. Un pieno sviluppo verso un‟ economia sociale di mercato si è avuto con il Trattato di Lisbona del 2007, che in modo

15 Elisa Fontana, Aiuti di stato e diretta efficacia, Napoli, 2006, P. 43.

16 E. Fontana, op cit, p. 44.

17 Tale ampliamento di orizzonti si ebbe già con il Trattato di Maastricht del 1992 con il quale si

era tolto l‟ aggettivo economico alla CEE, che quindi diventa ora CE (comunità europea) per sottolineare che gli obiettivi dell‟ UE non sono più soltanto economici.

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significativo modifica l‟art 3 TUE, il quale indica quelli che sono gli obiettivi di fondo dell‟ UE. Con la riforma operata nel Trattato, oggi si legge che obiettivo dell‟ Unione Europea è quello di creare un‟ economia sociale di mercato18. Tenendo conto della presente finalità, la Commissione nell‟esercizio della sua discrezionalità in ordine alla possibilità di autorizzare o meno un regime di aiuti di Stato valuta non soltanto obiettivi meramente economici, ma anche sociali19.

4. Quarta fase: può essere definita come la modernizzazione degli aiuti di Stato e va dal 2008, a seguito del fallimento della società finanziaria statunitense Lehman Brothers, da cui è scaturita una crisi economica globale che ha investito anche i mercati europei, sino ai giorni nostri. La crisi finanziaria ha colto le economie dei Paesi membri impreparate, ed ha richiesto il ricorso a strumenti di emergenza e interventi di ampiezza eccezionale, per questo motivo la disciplina europea sugli aiuti di Stato ha rivestito un ruolo decisivo per la salvaguardia del mercato unico. La crisi ha generato una forte pressione da parte degli Stati membri verso la Commissione per invitarla temporaneamente ad accantonare e ad attenuare temporaneamente le regole sulla concorrenza, per far si che essa non rappresenti un ostacolo rispetto alle esigenze cui gli Stati devono far fronte, evitando in questo modo un tracollo finanziario20. Il carattere eccezionale della crisi ha giustificato un‟ applicazione delle regole sugli aiuti di Stato sulla base dell‟ art 107 paragrafo 3, lettera B, del TFUE, in base al quale gli aiuti destinati a porre rimedio a gravi turbamenti dell‟ economia di uno Stato membro possono essere considerati compatibili con il mercato interno. Su questa premessa, gli

18 Per un‟ attenta analisi si veda G. L. Tosato, Appunti in tema di economia sociale di mercato, in

Nuove sfide in tema di concorrenza e aiuti di stato nell‟ Unione Europea, cura di M. Frigessi di Rattalma, P. de Cesari, Napoli, 2012, pp 1 e ss.

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Ad esempio obiettivi relativi al mantenimento di un certo livello occupazionale, esigenze di tutela ambientale, ricerca e sviluppo tecnologico.

20 Per una mirata analisi si veda Merola M., La politica degli aiuti di Stato nel contesto della crisi

economico finanziaria: ruolo e prospettive di riforma, in Mercati e banche nella crisi: regole di concorrenza e aiuti di stato, a cura di G. Colombini, M. Passalacqua, Napoli, 2012.

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Stati membri, hanno fatto un ricorso massiccio agli aiuti di Stato, con un utilizzo in larga parte destinato al salvataggio delle banche21. Infatti, in situazioni eccezionali come in quella odierna, occorre da una parte assicurare la stabilità finanziaria, dall‟altra la necessità di evitare distorsioni della concorrenza all‟interno del mercato interno. Per questo motivo la Commissione europea ha adottato una strategia che permettesse di rispettare le regole in materia di concorrenza utilizzando, però, allo stesso tempo strumenti in grado di superare la crisi economica.

Tale strategia si basa su una maggiore flessibilità, per adeguare le regole e le procedure alla specificità della crisi, al fine di assicurare la stabilità finanziaria, e su una maggiore incisività delle regole e della loro applicazione per prevenire distorsioni della concorrenza. Tali obiettivi sono stati raggiunti istituendo, appunto, regole più flessibili quanto all‟accesso ai finanziamenti e rendendo più incisiva la capacità d‟ indagine, soprattutto per quanto concerne le misure con maggiori potenzialità distorsive. La Commissione, a tal proposito, ha introdotto regole che consentissero interventi finalizzati al salvataggio di imprese, in particolare di banche. Sono state, quindi, adottate una Comunicazione sulle ricapitalizzazioni bancarie 22 e un quadro temporaneo per aiuti all‟ economia reale entro la fine del 200823, allo scopo di permettere agli Stati membri di adottare misure di aiuto supplementari a quelle normalmente disponibili, onde agevolare l‟accesso delle imprese ai finanziamenti, nonché incoraggiare le stesse a proseguire gli investimenti nel medio e lungo termine.

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Rapporto al pe 2011 Da ottobre 2008 a dicembre 2010, l‟ammontare di aiuti di Stato erogati al settore finanziario stato di 1240 miliardi di euro, per la maggior parte erogati sotto forma di garanzie (757 miliardi), ricapitalizzazioni (303 miliardi) o rimozione di attività compromesse (104 miliardi) .

22

Comunicazione della Commissione di ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie nell'attuale crisi finanziaria: limitazione dell' aiuto al minimo necessario e garanzia contro indebiti distorsioni della concorrenza. Adottata il 5 dicembre 2008 in gazzetta ufficiale C 10, 15.1.2009.

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Comunicazione della commissione - quadro temporaneo per misure di aiuti di Stato a sostegno dell'accesso al finanziamento nell'attuale crisi economica e finanziaria, adottata il 17 maggio 2008.

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Sul versante della crisi bancaria la Commissione si è messa all‟opera al fine di elaborare regole volte alla loro ristrutturazione per favorire il ritorno a un normale funzionamento di mercato. la Commissione ha adottato per questo motivo la Comunicazione sulle attività compromesse24 e la Comunicazione sulle ristrutturazioni bancarie25. Nonostante il ruolo del quadro temporaneo sia stato fondamentale nel momento di apice della crisi economico- finanziaria, la Commissione ha però ritenuto che occorresse ritornare a misure di aiuto di Stato meno distorsive e più orientate alla crescita. A seguito della crisi finanziaria, generata dalla crisi del debito sovrano, gli aiuti di Stato costituiscono infatti un ulteriore peso per il bilancio pubblico, e per tale motivo, un loro controllo risulta ancora più cruciale in queste circostanze. La scarsità di risorse pubbliche ha quindi costretto gli Stati membri e le istituzioni europee a individuare strategie innovative: la nuova filosofia adottata è stata quella improntata all‟ efficienza e all‟effettività degli aiuti: meno aiuti, ma più mirati, muovendo da politiche di stimolo a breve termine a politiche di consolidamento e di crescita sostenibile orientate ad obiettivi a lungo termine 26 . Parallelamente, è tuttavia necessario, che vi sia una governance economica europea che provveda ad eliminare le distorsioni alla concorrenza che possono manifestarsi tra Stati membri rafforzando il più possibile il mercato unico, orientando le proprie politiche ai bisogni sociali, in linea con la strategia Europa 202027.

24 Comunicazione della commissione sul trattamento delle attività deteriorate nel settore bancario

comunitario, adottata il 25 febbraio 2009, in gazzetta ufficiale C 7, 26.03.2009.

25 Comunicazione della commissione sul ritorno alla redditività e l'esame delle misure di

ristrutturazione nel settore finanziario nell'attuale crisi in applicazione delle norme sugli aiuti di Stato, adottata il 23 luglio 2009, in gazzetta ufficiale C195 del 19.8.2009.

26 L‟ obiettivo principale è quello di favorire i c.d aiuti “buoni” ( p.e quelli alla ricerca o all‟

ambiente), e reprimere con maggiore determinazione gli aiuti “cattivi” ( p.e gli aiuti per le imprese in difficoltà senza effetto incentivo) che sottraggono risorse pubbliche senza portare ad una crescita sostanziale.

27

Il rapporto Monti ( a new strategy for the single market at the service of Europe’s economy and society) ha sottolineato come una piena realizzazione del mercato unico garantirebbe una maggiore competitività nei confronti dei partners economici internazionali, una risorsa fondamentale di cui non sfruttiamo ancora i benefici. (Monti M., A new strategy for the single market at the service of

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Nel quadro della strategia Europa 2020 il controllo degli aiuti di Stato contribuisce a rimuovere le distorsioni della concorrenza e le barriere tra i mercati nazionali, assicurando allo stesso tempo parità di trattamento tra imprese e Stati con diverse disponibilità finanziarie e sostegno alla ripresa e alla crescita sostenibile.

Al fine di garantire la modernizzazione degli aiuti di Stato, il Vice presidente Alumnia, ha annunciato un piano di riforma della relativa disciplina con l‟adozione di nuove misure inerenti le norme procedurali, regolamentari e istituzionali. Tale programma di modernizzazione presenta tre obiettivi fondamentali:

1. Il primo obiettivo è quello di stimolare la crescita di un mercato interno consolidato, dinamico e competitivo, promuovendo gli aiuti “buoni”.

2. Un secondo obiettivo è quello di concentrare l‟ applicazione delle norme sui casi aventi un maggior impatto sul mercato interno. Occorre, quindi, stabilire delle priorità nell‟ attività di enforcement della Commissione, la quale è invece oggi obbligata a trattare tutti i casi di aiuti di Stato che siano superiori alla soglia de minimis e che non siano già dispensati dall‟ obbligo di notifica ai sensi del regolamento di esenzione. Questo porta sovente la Commissione ad occuparsi di questioni minimali, di scarsa importanza, prive di un effettivo impatto sul mercato interno.

3. Infine, il terzo obiettivo è orientato alla razionalizzazione della normativa e ad un‟ accelerazione dei tempi di decisione. Gli interventi ai fini del conseguimento del suddetto obiettivo, consistono nell‟ adozione di una Comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato, in passato oggetto di numerosi e accesi dibattiti, e sui principi comuni di compatibilità, in una revisione delle linee

Europe‟s economy and society, Report to the Presient of the European Commission Josè Manuel Baroso, 09.05.2010).

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direttrici e del regolamento di esenzione e nella modernizzazione del regolamento di procedura.28

Il problema maggiore da risolvere sta, quindi, nel fatto che la Commissione viene investita di un numero eccessivamente elevato di casi, e dovendo occuparsi di tutti questi, il rischio è che i suoi tempi di reazione si allunghino e non siano adeguati a tener conto delle esigenze collegate alla crisi economica. Ed ecco che per far fronte a questo tipo di problema, la soluzione più adeguata sembra essere il decentramento nell' applicazione della normativa in materia di aiuti di Stato, favorendo in questo modo lo smaltimento del carico di lavoro pendente sulla Commissione, rendendo così l'iter procedimentale maggiormente snello e celere. Al fine di risolvere il problema relativo all' alleggerimento del carico di lavoro gravante sulla Commissione, si sente inoltre l'esigenza di valorizzare anche una forma di tutela "privata", che nel gergo giuridico prende il nome di "private enforcement"; sul quale sarà incentrata l' analisi del presente lavoro di tesi, e che verrà analizzato più nel dettaglio nei seguenti capitoli. Attraverso tale istituto si permette alle imprese concorrenti, rispetto all' impresa beneficiaria dell' aiuto di Stato, di rivolgersi direttamente ai giudici nazionali per far valere l'incompatibilità del regime di aiuto statale, ottenendo in questo modo il risarcimento dei danni subiti a seguito dell' erogazione di un aiuto illegittimo ad un' altra impresa.

1.4 Nozioni preliminari: il concetto di aiuto di Stato

Prima di analizzare le regole in tema di aiuti dobbiamo soffermarci sulla nozione stessa di aiuto di Stato, podromica rispetto alla comprensione di ogni e qualsivoglia regola relativa al tema trattato.

28 N. Pesaresi, La tenuta della disciplina Europea sugli aiuti di stato e l‟ impatto con la crisi: una

verifica ex post, in Nuove sfide in tema di concorrenza e aiuti di stato nell‟ Unione Europea, a cura di M. Frigessi di Rattalma, P. de Cesari, Napoli, 2012, p. 60, 61.

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il Trattato sul funzionamento dell‟Unione Europea, nonostante regolamenti la materia, non ci da una nozione di aiuto di Stato, per cui, per ricavarne una, dobbiamo attenerci alla prassi applicativa che ci viene dettata dalle istituzioni dell'Unione Europea, nello specifico la Commissione UE e la Corte di Giustizia dell' UE. In particolare la stessa Commissione, nel gennaio 2014, ha elaborato e pubblicato un progetto di linee guida dedicate alla nozione di aiuto di Stato. All‟interno di tale progetto, la Commissione ha ripreso alcuni casi di cui si è occupata personalmente o di cui si è occupata la Corte di Giustizia e sulla base della prassi applicativa è andata ad individuare quali sono gli elementi costitutivi della fattispecie aiuti di Stato. Si tratta, comunque, ad oggi ancora di un progetto e dopo che è stato elaborato la Commissione ha aperto una discussione pubblica in proposito, dando a tutti i potenziali interessati ( istituzioni pubbliche, istituzioni private e singoli privati) un termine entro cui presentare le proprie osservazioni. La discussione pubblica è stata chiusa, ma ad oggi non è ancora stata approvata la versione definitiva del progetto di linee guida sulla nozione di aiuto di Stato. Ad ogni modo, tale progetto, seppur non approvato definitivamente, è comunque assai significativo, in quanto al suo interno sono stati confermati e codificati elementi già ricavabili dalla prassi esistente.

Nello specifico, se andiamo ad analizzare l' art 107 (1) TFUE, esso statuisce espressamente che "sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza".

Come possiamo notare, la disposizione non fornisce alcuna definizione di aiuto, ne indica un elenco a titolo esemplificativo delle misure vietate. Nonostante questo, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che affinché si realizzi la fattispecie di "aiuto di Stato" è necessario che siano integrati in via cumulativa i seguenti presupposti:

a. origine statale della misura;

b. necessità che l'intervento in questione procuri un vantaggio economico a favore dell' impresa o delle imprese beneficiarie dell' aiuto medesimo;

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c. carattere selettivo della misura;

d. incidenza della misura sugli scambi tra gli Stati membri e idoneità della stessa a distorcere la concorrenza.

1.4.1 Origine statale della misura

L'elemento relativo all' origine statale, è integrato quando la misura è imputabile allo Stato ovvero quando viene effettuata mediante risorse statali. Vi sono quindi due aspetti rilevanti che balsano all' occhio nell' analisi di questo primo elemento costitutivo: l'imputabilità allo Stato e impiego di risorse statali.

Per quanto riguarda l' imputabilità allo Stato, il termine deve essere interpretato estensivamente, considerandovi comprese le autorità centrali e periferiche dello Stato nonché gli enti territoriali, quali regioni, province e comuni; dunque qualsiasi organo statale sia centrale che decentrato. La Commissione e la Corte di giustizia hanno precisato che l'aiuto può essere conferito sia in via diretta, attraverso l' erogazione di un organo dell' apparato statale ( mediante un intervento a carattere legislativo, regolamentare o con strumenti di carattere privatistico), oppure in via indiretta, conferendo l' aiuto tramite l' intermediazione di altri enti, pubblici o privati che pur rimanendo distinti dallo Stato, agiscono sotto l'influenza predominante del potere pubblico29, in questo caso, infatti, lo Stato eroga l‟ aiuto

avvalendosi di un ente da esso formalmente distinto30.

Ai fini di una migliore comprensione del problema affrontato nel presente paragrafo, è possibile richiamare un caso giurisprudenziale che si è verificato nel panorama italiano e che è stato oggetto di decisione da parte della Corte di giustizia, si tratta del caso Alfa romeo I 31. In estrema sintesi, l' Alfa romeo aveva

beneficiato nel corso degli anni '80 di una serie di interventi statali, qualificati dalla Commissione come aiuti di Stato incompatibili con la normativa europea. La decisione della Commissione venne però impugnata di fronte alla Corte di giustizia, e una delle principali difese avanzate dallo Stato italiano, fu quella di

29 Tale controllo risulta evidente laddove lo stato detenga la maggioranza del capitale sociale o

disponga della maggioranza dei diritti di voto in cda.

30 A. M. Calamia, Il diritto comunitario delle imprese e la concorrenza, Pisa, 1999. P. 145.

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affermare che tali interventi non dovevano essere etichettati come aiuti di Stato, in quanto non era stata integrata la condizione relativa all' origine statale della misura, poiché, detti finanziamenti vennero erogati non direttamente dallo Stato italiano, bensì mediante due società finanziarie, quali IRI e Finmeccanica, per cui le misure non erano imputabili allo Stato italiano ma alle due società sopra citate. Nonostante questo, tre anni dopo la vendita di Alfa Romeo alla FIAT, la Corte emise una sentenza di condanna, in quanto decise che gli aumenti di capitale dell' Alfa per un ammontare pari a seicento miliardi di lire, sottoscritti dal suo principale azionista pubblico Finmeccanica, per coprire le perdite intervenute prima della vendita a FIAT, erano aiuti di Stato che violavano le regole della concorrenza. In particolare la difesa dello Stato italiano venne respinta dalla Corte di giustizia dopo che questa andò a valutare le caratteristiche delle due società finanziarie. Per quanto riguarda l' IRI, i suoi membri del consiglio d'amministrazione erano di nomina governativa, in più lo Stato italiano metteva a disposizione un fondo dal quale l' IRI poteva attingere, e ancora, le delibere prese dall' IRI dovevano previamente essere approvate dal CIPE ( comitato interministeriale di programmazione economica). Per quanto riguarda invece Finmeccanica , il capitale della stessa era in gran parte detenuto dall' IRI, conseguentemente se l'IRI era collegato allo Stato italiano, allora anche Finmeccanica indirettamente lo era. Ecco che la Corte di giustizia, sulla base di queste considerazioni, concluse che queste erogazioni seppur poste in essere da soggetti diversi dallo Stato, indirettamente erano comunque imputabili allo Stato stesso.

Il giudice comunitario ha quindi ritenuto che fossero imputabili ad uno Stato membro anche gli aiuti accordati attraverso un ente istituito quale ente speciale con legge di uno Stato, posto sotto la vigilanza e la garanzia dell' autorità legislativa, i cui compiti erano disciplinati da disposizioni normative e il cui direttore generale e gli altri dirigenti erano di nomina governativa, a nulla rilevando l' esistenza di norme che garantiscono l' autonomia di questo ente rispetto ad altri organi pubblici32. Ciononostante la Corte di giustizia nella sentenza Stardust Marine, soffermandosi sulla dimostrazione del controllo statale

32 P. Nebbia, Il concetto di aiuto di stato, in Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, a

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26

ai fini dell' imputabilità di una misura adottata da un ente privato controllato dallo Stato al potere pubblico, ha affermato che " anche nel caso in cui lo Stato sia in grado di controllare un' impresa pubblica e di esercitare un' influenza dominante su quest' ultima, l' esercizio effettivo di tale controllo nel caso concreto non può essere automaticamente presunto. Un' impresa pubblica può agire con maggiore o minore indipendenza, a seconda del grado di autonomia ad essa concesso dallo Stato. Pertanto il solo fatto che un' impresa pubblica si trovi sotto il controllo dello Stato non è sufficiente per imputare a quest' ultimo misure adottate da tale impresa. Resterebbe pertanto ancora da verificare se le autorità pubbliche debbano ritenersi aver avuto un qualche ruolo nell' adozione di tali misure.33 Anche l'impiego di risorse statali è stato oggetto di chiarimenti da parte della giurisprudenza comunitaria e della Commissione. Tale requisito sussiste laddove l'aiuto abbia un impatto negativo sulle voci di bilancio dello Stato, o mediante la concessione di proprie risorse o mediante la rinuncia a riscuotere quanto gli è dovuto; dunque o un esborso di capitale statale o una mancanza di entrate.

Infine, è necessario interrogarsi sull' interpretazione della disgiunzione ovvero, se quindi questa debba intendersi in senso alternativo o cumulativo dei requisiti ivi presentati. La questione ha un' importante ricaduta pragmatica, poiché il controllo effettuato dalla Commissione è destinato ad ampliarsi o restringersi considerevolmente. Se i due requisiti vengono considerati come alternativi, allora la nozione di aiuto di Stato è molto più ampia, e l'indagine da parte della Commissione si estende notevolmente, se invece, i due requisiti vengono considerati cumulativamente, la nozione è più ristretta e lo spazio d‟ intervento della Commissione si restringe. Con riferimento a tale tematica abbiamo un orientamento discordante tra Commissione e Corte di giustizia, la prima sostiene che si tratti di elementi alternativi, mentre la seconda li ha ritenuti cumulativi. Dagli anni '90 la giurisprudenza europea maggioritaria ha stabilito, infatti, che il sacrificio finanziario dello Stato fosse una caratteristica assolutamente necessaria a qualificare una misura come aiuto di Stato ex art 107 TFUE 34. Tale interpretazione, introdotta per mitigare la posizione tradizionale della

33 C. gius. UE, 16.05.2002, causa C- 482/99 Francia c. Commissione (stardust marine), in racc.

2002, p. I-4397, cit. punto 52.

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27

Commissione, limitava notevolmente la portata applicativa della disciplina europea in materia di aiuti, escludendo le c.d misure regolatorie, sebbene anch'esse produttive di effetti distorsivi della concorrenza. La giurisprudenza europea ha scelto quindi di percorrere la strada dell' interpretazione restrittiva confermata nel 2001 con la sent PrussenElektra, la quale aveva come oggetto una misura statale imposta dallo Stato tedesco che obbligava i distributori di energia elettrica ad acquistarla solo da produttori di energia rinnovabile ad un prezzo minimo decisamente superiore a quello di mercato, conferendo un evidente vantaggio alle imprese produttrici di energia elettrica rinnovabile. Tuttavia, essendo il vantaggio finanziato dagli acquirenti e non con risorse statali, la misura non venne qualificata come aiuto di Stato ex art 107 TFUE. Da tale massima pronunziata dalla Corte di giustizia risulta, quindi, che solo i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali vanno considerati aiuti, e nel caso di specie l' obbligo, imposto a imprese private di fornitura di energia elettrica, di acquistare a prezzi minimi prefissati, l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili non determina alcun trasferimento diretto o indiretto di risorse statali alle imprese produttrici di energia elettrica rinnovabile. Di conseguenza, il fatto che l' obbligo di acquisto sia imposto dalla legge e che esso conferisca un incontestabile vantaggio ad alcune imprese, non è idoneo ad attribuirgli il carattere di aiuto statale35. La soluzione interpretativa adottata dalla Corte, secondo la quale l'imputabilità allo Stato della misura ed il suo finanziamento con capitale pubblico, siano da considerarsi requisiti cumulativi per la qualificazione della misura come aiuto di Stato, non manca di sollevare perplessità in dottrina. Infatti, proprio l'ampiezza della perifrasi “aiuti sotto qualsiasi forma” utilizzata dall' art 107 (1) TFUE, sembrerebbe volta a far concentrare l' interprete sugli effetti distorsivi della concorrenza prodotti dalla misura, e pertanto non si comprende come possa rilevare l' origine delle risorse che finanzino la misura stessa36. Come sottolineato dall' avvocato generale Jacobs, “l' approccio adottato dalla Corte, limita il potere di controllo della Commissione e appare più rispettoso

35 Corte di giustizia, sentenza 13 marzo 2001, causa C- 379/98, PrussenElektra, in racc. 1-2099,

punti 58-61.

36

Rubini L., Brevi note a margine del caso PrussenElektra, ovvero come "prendere seriamente" le norme sugli aiuti di stato e la tutela dell' ambiente nel diritto comunitario, in Dir. com. e scambi internaz., 2001.

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dell' autonomia e del margine discrezionale degli Stati membri, evitando il rischio che lo strumento del controllo possa divenire strumento di apprezzamento delle politiche statali di regolamentazione economico sociali37”.

1.4.2 Vantaggio economico procurato dalla misura

La dottrina appare concorde nel ritenere che sia da considerarsi aiuto ogni vantaggio economicamente apprezzabile, accordato attraverso un intervento pubblico che non sarebbe stato ottenuto in condizioni di mercato normali, dunque un vantaggio economico “artificiale”. Costante giurisprudenza europea ha ribadito che, al fine di definire aiuto di Stato un intervento pubblico, è essenziale valutare l' effetto della misura sul mercato, rimanendo irrilevanti gli scopi politico-sociali e le cause dell' adozione di tale misura.

Allo scopo di definire il vantaggio economico prodotto dall' intervento statale ed escludere, quindi, che esso possa essere ricondotto alle normali dinamiche del mercato, la Commissione ha sancito nel 1984 un criterio oggettivo, quello del c.d investitore privato (market economy investor principle) 38,alla luce di tale criterio,

si ha un aiuto, nel caso in cui, in circostanze analoghe, un investitore privato, operante in normali condizioni di mercato e secondo principi di redditività dell‟ investimento, non avrebbe proceduto al conferimento in questione39. Il principio muove dal presupposto che, perseguendo l'investitore privato una logica di redditività immediata, egli avrebbe concluso la medesima operazione alle stesse condizioni solo seguendo la logica del mercato in libera concorrenza. Il market investor test si basa sulla virtuale premessa che l' investitore pubblico e quello privato siano uguali e agiscano spinti dalle medesime considerazioni. Tale premessa è però stata criticata, perché è innegabile che lo Stato sia un soggetto diverso dal privato investitore, poiché dispone di differenti risorse di capitali e può essere guidato da prospettive di rendita dell' investimento a lungo termine40.

37 Conclusioni AG Jacobs, 26 ottobre 2000, causa C- 379/98, cit., punti 112-133.

38

Il criterio compare per la prima volta nel bollettino della commissione CEE n.9/1984.

39 A. M. Calamia, Il diritto comunitario delle imprese e la concorrenza, Pisa, 1999, p. 145, 146.

40

Corte di giustizia, sentenza 14.02.1990, causa 301/87, Francia c. commissione p.307 punto 20) ( esempio della distorsione della realtà è il c.d owner effet che troviamo esplicato nella sentenza West LB " un investitore privato preferirebbe un investimento rispetto ad un altro solo qualora avesse come ritorno un elevato vantaggio economico o un basso rischio di perdita; certamente non

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29

Tuttavia, la Corte di giustizia ha riconosciuto in diverse decisioni la legittimità di tale criterio, precisando che “ il comportamento dell’ investitore privato, cui deve essere raffrontato l’ intervento dell’ investitore pubblico che persegue obiettivi di politica economica, anche se non è necessariamente quello del comune investitore che colloca capitali in funzione della loro capacità di produrre reddito a termine più o meno breve, deve quantomeno corrispondere a quello di una holding privata o di un gruppo imprenditoriale privato che persegue una politica strutturale, globale o settoriale, guidato da prospettive di redditività a più lungo termine41”

1.4.3 Carattere selettivo della misura

La misura per essere qualificata come aiuto di Stato deve avere carattere selettivo, nel senso che, occorre verificare se la misura in questione abbia favorito soltanto talune imprese o taluni settori di produzione. Sotto questo profilo “una misura statale può essere considerata selettiva sia quando il provvedimento identifichi le imprese beneficiarie singolarmente (indicandone il nome), sia quando il provvedimento indichi come beneficiari un' intera categoria di appartenenza ( p.e le imprese siderurgiche di una determinata regione)42” . restano pertanto escluse dalla nozione di aiuto di Stato, le misure di politica economica aventi una portata generale, volte cioè non a sostenere un‟ impresa o un settore produttivo, ma rivolte allo sviluppo e all‟ equilibrio dell‟ intero sistema. Così, una riforma del sistema previdenziale che ponga in essere una riduzione degli oneri sociali non è configurabile quale aiuto43. Tuttavia, un elemento di aiuto di Stato può essere presente anche nel caso in cui i provvedimenti siano applicabili a tutte le imprese, ma le autorità incaricate di gestirli godano di facoltà discrezionali circa la loro applicazione44.

sceglierebbe di destinare i suoi capitali ad una società con aspettative di rendita inferiori a quelle prodotte da altre società con un profilo di rischio comparabile"

41 CGUE 21 marzo 1991, Repubblica Italiana c. Commissione, causa c- 305/89, cit., specie par 21

e ss.

42 Corte di giustizia, sent 8.11.2001, causa C- 143/99, Adria-Wien Pipeline, in racc p. 1-8365,

punto 48.

43

A. M. Calamia, Il diritto comunitario delle imprese e la concorrenza, Pisa, 1999, p. 147.

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1.4.4 Incidenza della misura sugli scambi tra gli Stati membri e idoneità della stessa a distorcere la concorrenza

Altro elemento che concorre alla qualifica della misura come aiuto di Stato, è il suo effetto distorsivo, attuale o potenziale, sul mercato comune europeo. La misura, quindi, deve incidere falsando o minacciando di falsare gli scambi comunitari, rafforzando la posizione di un impresa rispetto alle concorrenti. Precedentemente la giurisprudenza della Corte di giustizia, riteneva che, gli effetti distorsivi sul mercato e, quindi il pregiudizio alla concorrenza, fosse presunto una volta provata la sussistenza degli altri elementi costitutivi della nozione di aiuto, senza doverlo concretamente dimostrare. Il pregiudizio alla concorrenza era pertanto considerato una conseguenza necessaria e costante45. Successivamente, la Corte ha precisato che l' effetto distorsivo creato dalla misura non può essere presunto, ma deve essere dimostrato. A tal fine, sarà prima di tutto necessario, nell' analizzare gli effetti prodotti dalla misura di aiuto statale, determinare il mercato di riferimento 46 , costituito dalle caratteristiche geografiche e merceologiche di un determinato prodotto. sotto il profilo geografico il mercato di riferimento può essere definito come una zona all' interno della quale è possibile accertare condizioni di concorrenza sufficientemente omogenee, tenendo conto di tutta una serie di fattori (tipo di prodotto, spese di trasporto, caratteristiche del prodotto). Sotto il profilo merceologico, invece, il mercato di riferimento è costituito da tutti quei prodotti che rappresentano tra di loro un alto grado di interscambiabilità, sia dal punto di vista della domanda, sia dal punto di vista dell' offerta47.

Quanto all' incidenza degli aiuti sugli scambi nel mercato unico, la Corte ha affermato che “Può comportare un pregiudizio qualunque atto, intesa o comportamento, che sia in grado di influenzare in maniera diretta, o indiretta, effettivamente o potenzialmente, il commercio tra gli Stati membri”. Con particolare riferimento agli aiuti di Stato, quando uno Stato membro concede un

45

Corte di giustizia, sent 7.06.88, causa 57/86 Grecia c. Commissione, in racc. p. 2855.

46 Per un‟ attenta analisi circa le componenti del mercato di riferimento (mercato del prodotto e

mercato geografico) si veda: A.M. Calamia, La nuova disciplina della concorrenza nel diritto comunitario, Milano, 2004.

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aiuto ad un‟ impresa, la produzione interna può risultarne invariata o aumentare, con la conseguenza che le possibilità delle imprese, aventi sede in altri Stati membri, di esportare i loro prodotti sul mercato del primo Stato ne sono sensibilmente diminuite 48 . Tale orientamento è poi stato avallato dalla Commissione Europea con una comunicazione del 200449, aggiungendo, però, che l' influenza sul commercio degli Stati membri deve essere sensibile. A tal fine la Commissione ha previsto, quanto agli aiuti di Stato, che le misure inferiori alle soglie previste dal Regolamento de minimis50, avendo un impatto non percepibile (in applicazione del principio de minimis praetor non curat) non ricadono nell'ambito di applicazione dell' art 107 TFUE51. Non tutti gli aiuti hanno quindi un impatto sensibile sugli scambi e sulla concorrenza, pertanto, questi vengono chiamati nel gergo giuridico aiuti de minimis. Rientrano nell'ambito di applicazione del regolamento sopra citato gli aiuti concessi su un periodo di tre anni (calcolato in esercizi finanziari) che non superino la soglia dei 200.000 euro. Al di là di tale soglia l' effetto distorsivo dell' aiuto deve comunque essere dimostrato caso per caso. La tolleranza della soglia de minimis si giustifica per salvaguardare legittime forme di intervento statale riguardanti la politica economica.

Possiamo quindi affermare conclusivamente che, la fattispecie aiuto di Stato risulta integrata soltanto qualora questi quattro elementi costitutivi risultino contemporaneamente integrati. Ciononostante, secondo la Commissione, lo Stato sarebbe tenuto a notificare la misura adottata anche in caso di dubbio sulla sua configurabilità come aiuto statale. Del resto il principio di leale collaborazione, ex art 4, par 3 TUE, imporrebbe allo Stato di notificare anche una misura in relazione alla quale non si sia in grado di escludere con certezza la presenza delle caratteristiche indicate nell‟ art 107 par. 1 TFUE. Lo Stato membro erogatore deve essere infatti consapevole della possibilità che ogni intervento sul mercato

48 CGUE 21 marzo 1991, Italia c. Commissione, causa c- 303/88.

49 Comunicazione della Commissione, linee direttrici la nozione di pregiudizio al commercio tra

paesi dell‟ UE, di cui agli art 81 e 82 del Trattato, pubblicata in GUCE, C- 101 del 27 aprile 2004.

50 Reg CE. del 7 maggio n. 994/98 del Consiglio, sull‟ applicazione degli articoli 92 e 93 del

trattato CE.

51 Regolamento della Commissione n. 1998/2006/CE del 15.12.2006, in GUCE, L. 379del 28

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potrebbe, in linea teorica, falsare la concorrenza e che dunque, è obbligato a domandare una preventiva autorizzazione alla Commissione, che a sua volta dal canto suo è obbligata ad avviare la fase dell‟ indagine preliminare o la fase dell‟indagine formale, al fine di valutare la compatibilità di un aiuto con il mercato comune anche nei casi in cui la qualificazione della misura nazionale come aiuto statale sia dubbia52.

1.5 Ancora sulla nozione di aiuto di Stato: forma e beneficiario dell'aiuto

Con riferimento alla forma che deve assumere l'aiuto di Stato, consolidata giurisprudenza, ha ormai sancito da tempo, che l' intervento statale qualificato come aiuto è costituito da qualsiasi vantaggio concesso dalle autorità pubbliche a favore di un' impresa53, che può consistere o in interventi diretti di erogazione di fondi, quanto in interventi indiretti che allevino oneri che dovrebbero essere altrimenti sostenuti da imprese e che consentono quindi la realizzazione di un risparmio attraverso una mancata spesa 54. In base a tale interpretazione l' atto che dispone l' erogazione dell' aiuto statale può essere tanto una legge, quanto un atto amministrativo, talvolta, più raramente esso assume la forma di un contratto di diritto privato (come nel caso della tariffa preferenziale approvata dal governo per la fornitura di energia)55. È importante sottolineare che la forma attraverso cui l'aiuto viene erogato al fine della qualificazione della misura è irrilevante. Tale elemento assume invece importanza ai fini della determinazione dei poteri che il giudice nazionale può esercitare nell' ambito del private enforcement. Se, infatti,

52T. UE, 15 giugno 2005, causa T- 171/02, Sardegna c. Commissione, in racc. 2007, p.II- 2123; C.

giust. UE, 14 febbraio 1990 causa C-301/87, Francia c. Commissione (Boussac), in racc. 1992, p. I- 307 .

53 A titolo esemplificativo si veda Corte di giustizia, sent 23.02.1961, causa 30/59

Steenkolenmijnem.

54

A titolo esemplificativo alcune misure di intervento che, indipendentemente dalla forma possono alterare la concorrenza nel mercato unico sono costituite dalle sovvenzioni, agevolazioni fiscali, riduzione dei tassi d' interesse, applicazione di una tariffa preferenziale per la fornitura di beni o servizi, garanzia statale per ottenere finanziamenti, cessione di beni immobili di proprietà dello stato a prezzi preferenziali invece che a prezzi di mercato, ecc…

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