Il private enforcement ha un‟origine di carattere giurisprudenziale. È stata infatti la Corte di Lussemburgo a permettere l‟affermazione del risarcimento del danno per condotta anticoncorrenziale, sancendo il principio in base al quale il diritto delle vittime al risarcimento del danno antitrust è un diritto garantito nell‟ordinamento comunitario. Le decisioni della Corte di giustizia hanno contribuito alla formazione di una pur embrionale forma di armonizzazione e soprattutto hanno permesso di affermare oggi che, nonostante la mancanza di una legislazione uniforme in materia, il risarcimento del danno da condotta anticoncorrenziale è riconosciuto in tutti gli Stati membri113. Ciò è avvenuto in particolare attraverso due sentenze aventi un importanza fondamentale per l‟istituto oggetto del presente lavoro di tesi. Si tratta delle sentenze Courage (2001)114 e Manfredi (2006)115.
Nella sentenza Courage la Corte di giustizia afferma che “il diritto al risarcimento del danno rafforza il carattere operativo delle regole di concorrenza ed è tale da scoraggiare gli accordi o le pratiche spesso dissimulate, che possono restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato comune. In quest’ottica le azioni di danno incardinate dinanzi ai giudici nazionali possono contribuire sostanzialmente al mantenimento di un’ effettiva concorrenza nella Comunità”116
. Dopo questa significativa affermazione la Corte precisa che, in
113G. A. Benacchio, Il private enforcement del diritto antitrust, in Dizionario sistematico del diritto
della concorrenza, a cura di L. F. Pace, Napoli, 2013, p. 19.
114 C. giust C, 20 sett. 2001, C- 453/99, Courage c. Crehan.
115 C. gius. CE, 13 luglio 2006, cause riunite da C-295/04 a C 298/04, Manfredi c.
Lloyd adriatico.
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mancanza di una eventuale disciplina comunitaria, spetta comunque all‟ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro stabilire le condizioni e le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell‟effetto diretto del diritto comunitario, “ purché dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna, né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile conseguire il risarcimento per il danno sofferto”, sancendo in questo modo due corollari fondamentali del diritto al risarcimento del danno per violazione del diritto comunitario, rispettivamente il principio di equivalenza e il principio di effettività.
Quanto invece alla sentenza Manfredi, qui il giudice europeo ribadisce che, in mancanza di una disciplina comunitaria in materia, “spetta all’ordinamento giuridico interno stabilire le modalità di esercizio del diritto al risarcimento del danno, purché i principi di equivalenza ed effettività siano rispettati”.
Ciò che ha reso possibile l‟intervento della giurisprudenza comunitaria e che costituisce il perno della forma di tutela in esame è il principio dell’ effetto diretto (dell‟ art 108 par. 3 TFUE) , in virtù del quale i singoli hanno diritto ad invocare direttamente norme europee chiare, precise ed incondizionate davanti alla giurisdizione nazionale che attribuiscono loro determinati diritti. Quanto agli aiuti di Stato, l‟ effetto diretto fa il suo ingresso nel diritto comunitario per la prima volta con la sentenza Costa/Enel117, attraverso la quale la Corte ha riconosciuto la diretta efficacia dell‟ ultima frase dell‟art 108 par. 3 TFUE “Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto ad una decisione finale” c.d clausola di stand still. La giurisprudenza ha esteso poi l‟efficacia diretta anche all‟ obbligo di notifica118
. La norma in questione è infatti incondizionata in quanto non lascia alcun margine di discrezionalità in capo agli Stati membri ed è completa, in quanto non richiede per sua attuazione ulteriori interventi normativi o integrativi. La disposizione è altresì redatta in maniera sufficientemente chiara e precisa. È chiaramente desumibile,
117 Corte di giustizia sentenza 15 luglio 1964, F. Costa c. Enel, in racc. p. 1129.
118 Corte di giustizia, sent 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz GmbH c. Germania, in racc. p.
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infatti, il titolare dell‟obbligo (lo Stato), il titolare del diritto (il privato) e il contenuto dell‟obbligo (la previa notificazione alla Commissione di un progetto di aiuto nuovo). Ecco che a partire dalla sentenza Lorenz, si è parlato di efficacia diretta dell‟ intero paragrafo 3 dell‟art 108 TFUE. Dunque, la violazione da parte dello Stato membro, del duplice obbligo disposto dall‟art 108 par. 3 TFUE, di notifica e di stand still, può essere invocato davanti al giudice nazionale da parte dei soggetti privati che ne subiscano gli effetti pregiudizievoli.
I concorrenti potranno, quindi, rivolgersi alla giurisdizione nazionale qualora un aiuto non sia stato notificato, oppure quando benché correttamente notificato, esso sia stato comunque erogato prima della decisione della Commissione o per qualsiasi violazione degli obblighi procedurali.
La dottrina si è preoccupata di riassumere precisamente le condizioni in presenza delle quali un privato può invocare l‟efficacia diretta di tale disposizione davanti alle giurisdizioni nazionali119:
l‟aiuto non è stato notificato;
l‟aiuto benché notificato, è stato accordato prima che la Commissione si sia pronunciata su di esso;
l‟aiuto benché notificato, è stato istituito dopo che la Commissione ha deciso di attivare la procedura ex art 108 par 2. TFUE;
l‟aiuto è stato concesso nonostante la Commissione avesse ordinato allo Stato membro di sospenderlo e di farle pervenire le informazioni necessarie per valutarne la compatibilità;
lo Stato ha elargito l‟aiuto in mancanza di una pronuncia della Commissione nei due mesi successivi alla notifica, senza averla previamente informata;
lo Stato ha erogato l‟aiuto nonostante la decisione di autorizzazione della Commissione sia stata annullata.
I giudici nazionali saranno in questi casi vincolati a tutelare i diritti dei concorrenti che siano stati lesi da un‟erogazione illegale. A tal fine, la Corte europea di giustizia sancisce che è compito dei giudici nazionali pronunciare le misure
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idonee a porre rimedio all‟illegittimità dell‟esecuzione degli aiuti, affinché il beneficiario non conservi la libera disponibilità di quest‟ultimi per il tempo rimanente fino alla decisione della Commissione.
L‟efficacia diretta è stata invece negata all‟ art 107 del TFUE, che sancisce l‟obbligo di non accordare aiuti a carico degli Stati membri. Detto obbligo non è infatti assoluto, ma condizionato all‟ operatività di alcune deroghe le quali sono applicate dalla Commissione de iure ( ex art 107, par 2 TFUE), nell‟ esercizio del suo potere discrezionale (ex art 107, par 3 TFUE) oppure decise dal Consiglio (ex art 108, par 2, comma 3 TFUE). Pertanto, il privato non potrà adire il giudice nazionale per contestare la compatibilità di un aiuto con il mercato comune in forza del solo art 107, par 1, TFUE. L‟ effetto diretto potrà al massimo essere “riflesso” ed applicarsi allorché tale disposizione venga attuata in regolamenti emanati dal Consiglio in conformità all‟ art 109 TFUE, oppure in decisioni adottate dalla Commissione al termine della procedura precontenziosa120.
Una volta adito, il giudice chiamato a sancire l‟ effetto diretto delle disposizioni sugli aiuti, dovrà risolvere una questione spinosa, consistente nell‟appurare la rispondenza dell‟intervento pubblico contestato ai parametri comunitari dell‟aiuto visti nel capitolo primo. È questo un accertamento indispensabile per stabilire se lo Stato membro in questione fosse soggetto agli obblighi di notifica e di stand still, la cui violazione legittima l‟ intervento del giudice nazionale in materia. In questo contesto, egli dovrà interpretare la misura e vedere se questa rientra nell‟ambito dell‟ art 107 par.1 TFUE121
. A tal fine, sarà necessario verificare se la misura sia stata concessa dalla Stato o mediante risorse statali, se favorisce talune imprese o talune produzioni, se incide sugli scambi tra gli stati membri e se sia in grado di falsare la concorrenza. Una volta appurato che si tratta di un aiuto di Stato, il giudice dovrà valutare se si tratta di un aiuto nuovo o di un aiuto esistente
120 Per quanto concerne le decisioni della Commissione che dichiarano un aiuto incompatibile con
il mercato comune il loro effetto diretto è stato affermato per la prima volta nel 1973 nel caso Capolongo ( corte di giustizia sent 19.06.73, causa 77/ 72, Capolongo c. azienda Maya). La decisione negativa della Commissione o condizionale della Commissione produce come effetto giuridico nell‟ ordinamento statale l‟ obbligo per le autorità nazionali di eseguire il provvedimento e revocare la misura che attribuiva il beneficio.
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successivamente modificato e verificare che siano stati correttamente adempiuti gli obblighi procedurali di notifica e di sospensione.
Riassumendo, al giudice nazionale è conferito il compito di verificare la sussistenza della fattispecie-base, ossia il ricorrere delle condizioni che riconducono la fattispecie concreta al concetto astratto di aiuto di Stato. La fattispecie base può presentare elementi che la pongono in contrasto con il diritto comunitario, essendo incompatibile o illegittima. Nella prima situazione il giudizio sulla fattispecie appartiene esclusivamente all‟ organo comunitario. Nella seconda ipotesi alla fattispecie-base si aggiunge la fattispecie - susseguente122 dell‟ effetto diretto, che autorizza il giudice nazionale ad adottare tutti i provvedimenti necessari atti ad impedire che il beneficiario dell‟ aiuto realizzi un vantaggio nel mercato comune derogando alle regole sulla concorrenza.
In caso di ricorso al giudice nazionale e in presenza di un ricorso parallelo alla Commissione, quando questa non si sia ancora pronunciata sul carattere di aiuto della misura contestata, potrebbe sorgere il rischio di una divergente qualificazione giuridica dell‟intervento pubblico controverso, con conseguenze deleterie sul piano della certezza del diritto. Tale questione è stata affrontata e risolta dalla Corte di giustizia nel caso SFEI123, un‟associazione di imprese di corriere espresso, la quale nel 1990 aveva presentato alla Commissione una denuncia contro lo Stato francese fondata sull‟ art 87 del Trattato (oggi 107 TFUE). L‟associazione riteneva che l‟assistenza logistica e commerciale, fornita senza seria contropartita dall‟amministrazione francese delle poste alle sue filiali private attive nel settore del corriere espresso, costituisse un aiuto di Stato incompatibile con il mercato comune. Poiché la Commissione non si era ancora pronunziata, lo SFEI nel 1993 si rivolse al giudice nazionale affinché dichiarasse che l‟assistenza concessa da la poste alle sue filiali costituiva un aiuto di Stato illegittimo in quanto non preventivamente notificato alla Commissione, in conformità all‟ art 88 par. 3 (oggi 108 TFUE). Gli attori chiedevano che il giudice francese ingiungesse a la poste l‟ immediata revoca degli aiuti illegittimi, ordinasse a SFMI l‟integrale restituzione delle agevolazioni illegittimamente
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L‟ espressione “fattispecie-base / fattispecie-susseguente” E. Fontana, Aiuti di stato e diretta efficacia, Napoli, 2006 p. 68.
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percepite e condannasse in solido le convenute al risarcimento dei danni loro arrecati. Il Tribunal de commerce di Parigi decise di fare rinvio pregiudiziale ex art 267 TFUE alla Corte di giustizia, per capire quale atteggiamento dovesse assumere un giudice nazionale adito per trarre le conseguenze da una violazione dell‟ art 108 par. 3 TFUE, qualora la Commissione non avesse ancora adottato una decisione sul punto e la misura impugnata costituisse un aiuto di Stato. In questa occasione la Corte rispose che “in presenza di un ricorso parallelo alla Commissione, il giudice nazionale non è tenuto né a declinare la propria competenza né a sospendere il procedimento fino alla decisione della Commissione sul carattere di tali misure”. Quanto al possibile conflitto tra giudice nazionale e Commissione sulla natura di aiuto di Stato della misura contestata, la Corte ritenne che il problema non sussiste, dato che il giudice nazionale ha sia la facoltà di rivolgersi per chiarimenti alla Commissione sia il potere di chiedere in via pregiudiziale l‟ interpretazione dell‟ art 107 TFUE. Conclusivamente, il ruolo del giudice nazionale, che in materia di aiuti di Stato consiste nel salvaguardare le posizioni giuridiche soggettive che la norma del Trattato direttamente efficacie attribuisce ai privati, non viene scalfito dall‟eventualità in cui penda nel contempo un ricorso di fronte alla Commissione non ancora pronunciatasi sulla natura della misura statale contestata. Anche in tale evenienza, quindi, se appura che l‟ aiuto è stato istituito in spregio agli obblighi procedurali prescritti, il giudice dovrà adottare tutti i rimedi possibili per eliminare gli effetti di tale violazione.
Parte della dottrina ha ritenuto che la soluzione delineata nella sentenza SFEI non sia in realtà soddisfacente, in quanto non risolve la problematica del conflitto di decisioni. La Commissione può, infatti, fornire alle Corti interne soltanto informazioni assai limitate, dal momento che non può divulgare notizie commerciali o industriali rilevanti o coperte da segreto professionale. Inoltre, anche per quanto riguarda il rinvio pregiudiziale, la Corte di giustizia può solo pronunciarsi sull‟ interpretazione del diritto comunitario e non sulla sua applicazione al caso concreto che appartiene alla competenza del giudice nazionale. Non è pertanto detto che quest‟ ultimo riesca sempre a trarre dalla decisione del rinvio pregiudiziale un‟ indicazione utile per stabilire, se nella fattispecie si tratti di un aiuto di Stato. Sarebbe quindi opportuno che il giudice
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nazionale, adito sulla base dell‟ art 108, par. 3 TFUE, in pendenza di un ricorso parallelo alla Commissione, sospendesse il procedimento fino allo scioglimento della riserva da parte dell‟ istituzione comunitaria124
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