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Il risarcimento del danno cagionato dall‟ aiuto illegale

La forma più interessante di private enforcement è certamente costituita dalla possibilità per i terzi interessati lesi dall‟ aiuto illegale, che ritengono di aver subito un pregiudizio dalla violazione dell‟ art 108 par. 3 TFUE, di richiedere in sede civilistica il risarcimento del danno davanti al giudice nazionale. Un

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C.G.U.E, 21.02.91, cause riunite C-143/88 e C-92/89, Zuckerfabrick, in racc. 1991, p.I-415.

184 C.G.U.E, 9.11.95, causa C-465/93, Atlanta Fruchthandelgesellschaft mbH e altre, in racc.

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operatore economico (concorrente dell‟ impresa beneficiaria o un terzo) può, quindi, agire innanzi all‟ autorità giudiziaria nazionale, da un lato per ottenere che sia rilevato il vizio di un atto di concessione di un aiuto illegale e che sia ordinato al beneficiario di restituire l‟aiuto, dall‟ altro per richiedere il ristoro del danno patrimoniale cagionato dall‟ illegittima erogazione. Tuttavia, mentre il recupero mira a ripristinare la situazione concorrenziale preesistente sul mercato, il risarcimento del danno ha lo scopo di compensare la perdita patrimoniale subita da terzi per effetto dell‟ aiuto accordato al beneficiario. Con riferimento agli aiuti di Stato, l‟azione risarcitoria è esperibile sulla base della mera illegalità dell‟ aiuto, a prescindere dal fatto che l‟ aiuto sia già stato dichiarato incompatibile185. L‟ ipotesi principe è che tale azione sia intentata da un concorrente nei confronti dello Stato.

Introduttivamente, dobbiamo ricordare che il principio generale della responsabilità dello Stato per violazione degli obblighi comunitari, pur non trovando una specifica base giuridica nei Trattati, discende dall‟ opera creativa della Corte di giustizia che lo ha sancito all‟ interno della famosa sentenza Francovich186 , sancendo, al contempo, che tale principio è inerente al sistema del Trattato e che il rimedio dell‟ azione che il danneggiato può proporre contro uno Stato autore della violazione costituisce uno dei principali strumenti a disposizione del giudice nazionale per garantire la tutela delle situazioni giuridiche di vantaggio nascenti dal diritto dell‟ UE in capo ai singoli.

Oltre al concorrente, anche altri soggetti terzi potrebbero promuovere un‟azione risarcitoria contro lo Stato, pensiamo ai creditori di un‟ impresa che sia fallita a seguito del recupero dell‟ aiuto o viceversa, ai creditori dell‟impresa concorrente che abbia dovuto cessare la propria attività in ragione dell‟ indebito vantaggio concesso all‟ accipiens. Quanto ai presupposti in presenza dei quali sorge la responsabilità dello Stato, la sentenza brasserie du pecheur e Factortame187 li indicano nei seguenti:

185 C. giust UE, 12 febbr. 2008, CELF.

186 C. giust. UE, 19 novembre 1991, sent Francovic.

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 la norma comunitaria violata deve essere preordinata a conferire diritti ai singoli;

 la violazione deve essere grave e manifesta;

 deve esistere un nesso causale diretto tra la violazione dell‟ obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi.

I giudici dell‟ UE e la dottrina si sono espressi, in linea di principio, in senso favorevole alla possibilità che sussistano tali condizioni nel caso di infrazioni statali conseguenti alla violazione dell‟ art 108 par. 3 TFUE. In quanto, nonostante, il testo dell‟ articolo in questione non paia strettamente rivolto ai singoli come destinatari, essendo destinato principalmente a regolare le relazioni tra Commissione e Stati membri, la giurisprudenza comunitaria è chiaramente orientata a considerare che l‟ obbligo di sospensione e di notifica diano vita a diritti soggettivi degli individui che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare188.

in particolare i requisiti che possono fondare la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario in caso di erogazione di un aiuto illegittimo o illegale, possono ridursi ai seguenti189:

 istituzione di un aiuto in violazione dell‟ art 108 par. 3 TFUE;

 sussistenza di un danno;

 esistenza di un nesso causale diretto tra violazione e danno;

fermo restando che l‟ ulteriore requisito del carattere manifesto e grave della violazione è in re ipsa dal momento che gli obblighi di notifica e di stand still sanciti all‟ interno dell‟ art 108 par. 3 TFUE, hanno natura procedimentale e sono dotati di efficacia diretta. L‟assenza di qualsiasi margine di discrezionalità, nell‟ adempimento degli obblighi di carattere procedurale, oltre all‟ elevato grado di chiarezza dell‟ art 108 TFUE, induce, infatti, a ritenere che la loro violazione sia in quanto tale grave e manifesta.

188 C. giust ue, 11 dicembre 1973 “Lorenz”, in racc. 1973, p. 1471, punto 8.

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Quanto al nesso di causalità diretto tra violazione e danno, la scarsa fortuna dello strumento risarcitorio in materia di aiuti di Stato, può probabilmente essere imputata anche e soprattutto alle difficoltà che può porre in concreto la prova di tale requisito. La condizione ristrettiva di provare che il danno allegato derivi in modo diretto dalla condotta illegittima dello Stato, risponde all‟ esigenza di circoscrivere l‟ obbligo risarcitorio, negando pretese risarcitorie in ordine a qualsiasi danno che un soggetto possa lamentare a seguito dell‟erogazione illegale. Richiedere che il nesso causale sia “sufficientemente diretto” restringe, infatti, il novero delle persone che possono vantare un danno risarcibile, escludendo i danni che appaiono come lontane conseguenza della condotta statale190. Ad esempio, nell‟ ipotesi in cui l‟azione risarcitoria sia proposta da un operatore dello stesso settore del beneficiario, sull‟ attore incomberà l‟onere di provare che l‟ erogazione dell‟ aiuto illegale abbia comportato una distorsione della concorrenza con una conseguente lesione patrimoniale specificatamente nei suoi confronti.

Sebbene il carattere diretto del nesso causale sia oggetto di una autonoma valutazione rimessa al giudice nazionale, nel giudizio interno può assumere rilevanza una previa decisione della Commissione che si sia pronunciata sulla compatibilità della misura statale contestata. Nel caso, infatti, in cui la Commissione abbia emanato una decisione negativa nel merito, può essere più semplice per l‟ attore dimostrare che l‟ aiuto abbia avuto come effetto il verificarsi di una distorsione della concorrenza. L‟incompatibilità con il mercato interno accertata dall‟ istituzione comunitaria ai sensi dell‟ art 107 TFUE implica, infatti, una stima dell‟ attitudine della misura di aiuto analizzata ad alterare le condizioni della concorrenza nel mercato interno, e conseguentemente ad incidere negativamente sui concorrenti191. Anche nel diverso caso in cui la Commissione abbia emanato una decisione di compatibilità in ordine all‟ aiuto illegale, la Corte di giustizia ha considerato come prospettabile un‟azione risarcitoria da parte dei concorrenti192

. Infatti, anche se la decisione positiva della Commissione sta ad indicare che le misure

190 Cfr. Concl. Kokott, 24 marzo 2011, causa C-94/10, “Danfoss”.

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F. Bestagno, Il risarcimento dei danni in materia di aiuti di Stato, in Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, a cura di L. F. Pace, Napoli, 2013, p. 656.

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di aiuto non sono idonee a creare un pregiudizio alla concorrenza, tuttavia, il vizio procedurale della mancata notifica è di per sé atto a cagionare un danno ai concorrenti indipendentemente dalla successiva dichiarazione di compatibilità. In questa ipotesi, i danni per i concorrenti consistono nell‟ aver subito “prima del dovuto, gli effetti pregiudizievoli in termini di concorrenza di un aiuto incompatibile”.

Nonostante le considerazioni appena fatte, sarebbe erroneo considerare che la pretesa risarcitoria del concorrente derivi dalla previa decisione di merito della Commissione. Anche in queste ipotesi, infatti, incombe pur sempre sull‟attore l‟onere di dimostrare nel giudizio interno che la distorsione causata dall‟illegittimità della condotta statale ha direttamente comportato una lesione patrimoniale ai suoi danni di cui chiede il risarcimento.

Stabilito il principio generale che la protezione effettiva dei diritti individuali presuppone un risarcimento adeguato al danno subito, i giudici di Lussemburgo hanno aggiunto che, in mancanza di una disciplina comunitaria, i criteri ai quali attenersi per tale calcolo dovranno essere individuati all‟ interno degli ordinamenti giuridici nazionali, purché in osservanza del principio di non discriminazione, tali criteri non siano meno favorevoli rispetto a quelli applicabili in caso di violazione del diritto interno, rendendo il risarcimento praticamente impossibile o eccessivamente difficile da conseguire.

In definitiva, ciò che rileva per il diritto comunitario è che il risarcimento sia reale ed effettivo, dunque che venga ripristinata, almeno nel suo contenuto patrimoniale, la situazione che si sarebbe avuta in assenza di violazione e quindi che sia tale da ricomprendere il danno emergente e il lucro cessante (nonché gli interessi) direttamente causati dal mancato rispetto delle norme sugli aiuti 193. A questo riguardo risulta piuttosto complicato quantificare il danno arrecato al concorrente dai vantaggi accordati al beneficiario, dal momento che si devono valutare dati economici particolarmente complessi come la domanda e l‟ offerta nel mercato rilevante, i bilanci di esercizio, il rendimento precedente e successivo all‟ agevolazione statale e le rispettive quote di mercato. Per la questione attinente alla quantificazione del danno, si

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ritiene applicabile il c.d Oxera Report, uno studio preparato per la Commissione nel dicembre 2009 che illustra tecniche, metodi e modelli economici per la quantificazione dei danni subiti dai concorrenti in occasione della violazione di normative antitrust194.

La prova del danno sarà oggettivamente più facile, qualora l‟attore sostenga di aver perso un‟ opportunità economica per una maggiore competitività del beneficiario dovuta all‟ aiuto illegale, essendosi tradotto questo in una riduzione dei prezzi. Al centro della causa si porrà qui, la questione del nesso tra l‟aiuto ricevuto e la possibilità per il beneficiario di offrire delle condizioni contrattuali che non potevano essere praticate dagli altri operatori, i quali non avevano ricevuto un analogo sostegno pubblico195. Qualora il giudice nazionale ritenesse sufficientemente provato tale nesso con la perdita dell‟ affare, risulterebbe agevole dimostrare l‟ entità del danno risarcibile, che dipenderà dal valore dell‟ opportunità commerciale perduta. A questo scopo, i concorrenti sono messi nella condizione di fornire dati oggettivi relativi alla diminuzione delle loro entrate o alla generale caduta dei prezzi conseguente alla necessità di competere con quelli praticati dall‟ impresa agevolata dalle pubbliche autorità. In questo caso, quanto più bassi sono i prezzi reali adottati dal concorrente per tenere testa all‟ impresa aiutata rispetto a quelli previsti in assenza di aiuto, tanto maggiore è la perdita di profitto di cui si terrà conto nel calcolo del danno196.

Maggiori difficoltà probatorie presenta invece la prova del lucro cessante, cioè l‟ipotesi in cui l‟attore lamenti che il proprio svantaggio concorrenziale, rispetto a chi abbia ricevuto l‟ aiuto illegale, si sia tradotto in una perdita di quote di mercato, con una conseguente perdita del volume di affari e dei profitti rispetto ai risultati che ci si sarebbe potuti attendere in assenza dell‟aiuto. Il lucro cessante consiste, in questa ipotesi, nella variazione del reddito imputabile all‟ alterazione della concorrenza, dovuta all‟ indebito

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Oxera, quantifyng antistrust damages – towards non binding guidance for courts, study prepared for the european Commission, dicembre 2009. Disponibile al sito:

http://ec.europea.eu/competition/antitrust/actionsdamages/quantification_stady.pdf.

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Comunicazione commissione in G.U.C.E. C-85, 9 aprile 2009, punto 49.

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godimento dell‟ aiuto da parte di uno dei concorrenti. La prova del danno in tal caso si può rivelare particolarmente difficoltosa, poiché consiste nel ricostruire uno scenario controfattuale, in cui per ipotesi, l‟intervento statale sarebbe stato assente o ricondotto nell‟alveo della legittimità, valutando i comportamenti ipotetici che le varie imprese concorrenti avrebbero potuto adottare in assenza dell‟ aiuto, e nel verificare quale reddito le imprese avrebbero teoricamente potuto conseguire rispetto al reddito effettivo 197 . Inoltre, in sede di determinazione del danno il giudice deve tener conto della diligenza del concorrente che lamenta la violazione dei suoi diritti. Per dar prova della ragionevole diligenza si tratta di stabilire, se il concorrente abbia adito tempestivamente il giudice nazionale allo scopo di ottenere l‟ annullamento dell‟atto statale istitutivo dell‟ aiuto, il recupero di quest‟ ultimo e l‟adozione di misure provvisorie. A tal fine, dobbiamo tener conto, che le imprese danneggiate sono informate del fatto che un concorrente stia godendo di un aiuto illegale solo quando gli effetti distorsivi vengono percepiti sul mercato. Ufficialmente, quindi, esse vengono a conoscenza dell‟illegittima esecuzione di un aiuto, solo quando la Commissione aprendo la procedura di cui all‟ art 108 par.2 TFUE, richiede ai terzi interessati di presentare le proprie osservazioni entro un certo termine e la data di apertura di tale procedura sarà il momento a partire dal quale il concorrente leso potrà provare la propria “ragionevole diligenza” esperendo tutte azioni legali disponibili a tutela della sua situazione giuridica soggettiva.

La possibilità per i singoli di ottenere una tutela risarcitoria si può prospettare anche in ordine alla mancata o tardiva esecuzione di una decisione di recupero di un aiuto illegale. Il mancato rispetto di un decisione della Commissione che ordina di provvedere al recupero dell‟ aiuto (ex art 14 Reg. 659/99) rappresenta, infatti, un‟ infrazione del diritto dell‟UE. In tale ipotesi il carattere manifesto della violazione risulta dal fatto che lo Stato è privo di discrezionalità nel dare esecuzione all‟ obbligo di recupero, posto che l‟unica giustificazione ammessa per l‟inadempimento, consiste nell‟ impossibilità assoluta di eseguire correttamente la decisione. L‟ idoneità del mancato o

197 Per un‟ attenta analisi si veda P. Buccirossi, Il ruolo dell‟ analisi economica per il calcolo dell‟

aiuto da recuperare, in Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, a cura di L. F. Pace, Napoli, 2013, p. 672 e ss.

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tardivo recupero a cagionare un danno ai singoli, deriva dall‟impossibilità di ripristinare le condizioni anteriori all‟ illegittima erogazione dell‟ aiuto determinando in questo modo il mantenimento di una condizione di concorrenza alterata.

Per quanto concerne, invece, la possibilità per il beneficiario di esperire l‟azione risarcitoria, in quanto danneggiato dalla sospensione o dal recupero dell‟ aiuto illegale, tale eventualità, anche se in linea teorica non è impedita dal diritto dell‟ Unione, appare piuttosto limitata. Sarebbe, infatti, paradossale riconoscere un risarcimento del danno al beneficiario dell‟ aiuto illegale, poiché attraverso il risarcimento verrebbe vanificata l‟azione di recupero dell‟aiuto stesso, in quanto i soldi recuperati attraverso la decisione di recupero verrebbero nuovamente attribuiti, almeno in parte, al beneficiario a titolo risarcitorio.

A tal proposito, con riguardo al primo presupposto della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell‟ UE, si deve sottolineare che il venir meno del vantaggio ricercato con l‟aiuto restituito non comporta di per sé una lesione di un diritto riconosciuto dalla normativa comunitaria, in quanto l‟art 107 TFUE non è preordinato a porre in capo ai singoli un diritto ad ottenere aiuti dagli Stati membri, né l‟art 108 TFUE dispone alcun obbligo in capo agli Stati di informare il beneficiario del carattere di aiuto della misura e dell‟adempimento o meno degli obblighi di notifica e di sospensione.

In secondo luogo, in un‟ ipotesi del genere, peraltro, le difficoltà legate alla prova del nesso di causalità fra il danno subito e la condotta statale illegittima, sarebbero aggravate dal fatto che, in generale il beneficiario ha la possibilità di evitare le ripercussioni di tale condotta (per esempio non accettando gli aiuti illegali) utilizzando un‟ ordinaria diligenza nel verificare che lo Stato abbia correttamente notificato l‟aiuto e non lo abbia erogato prematuramente, con la conseguenza di poter esperire vittoriosamente l‟azione risarcitoria solo in ipotesi eccezionali. Da questo si capisce che la giurisprudenza dell‟ UE è molto ristrettiva nel riconoscere un affidamento meritevole di tutela in capo a colui che abbia ricevuto un aiuto in violazione del diritto comunitario198. La Corte

198 C. giust. UE, 23 febbraio 2006 “Atzeni”.

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considera, infatti, che rientra nella normale diligenza dell‟ imprenditore il compito di valutare la regolarità dell‟ aiuto che l‟ impresa può ricevere dallo Stato. In questa prospettiva, un legittimo affidamento sulla legittimità dell‟erogazione dell‟ aiuto può essere vantato solo una volta che la Commissione abbia emanato una decisione positiva. Inoltre, come la Corte UE ha precisato, rappresenta un rischio prevedibile per chi abbia beneficiato di un aiuto illegale quello di essere assoggettato ad un ordine di recupero, nonché di subire le conseguenze negative del recupero stesso sull‟ attività dell‟impresa199. In conclusione, dunque, va escluso in capo all‟ accipiens un diritto al risarcimento del danno in caso di violazione della normativa comunitaria in tema di aiuti di Stato, in quanto egli non sarebbe in una situazione meritevole di tutela, sia dal punto di vista dell‟ Unione Europea, che esclude che il beneficiario possa invocare un legittimo affidamento sulla legalità della misura erogata, sia dal punto di vista dell‟ ordinamento interno, poiché egli risulterebbe nella posizione di colui che si sia indebitamente arricchito.

Una volta accertato che il beneficiario non può, in linea generale, avere alcuna pretesa risarcitoria a seguito della violazione da parte dello Stato della normativa in materia di aiuti, occorre interrogarsi se questo possa, viceversa, essere considerato responsabile in ordine a tale violazione ed essere, quindi, condannato al risarcimento dei danni in quanto non abbia verificato il rispetto delle forme procedurali previste dall‟ art 108 par. 3 TFUE, nei confronti dei concorrenti lesi dalla misura statale illegale.

La questione della responsabilità del beneficiario di aiuti illegali nei confronti del concorrente è stata oggetto di analisi nel caso SFEI200 davanti alla Corte di giustizia nel 1996. All‟ epoca la Corte, partendo dalla considerazione che l‟ art 108 TFUE è rivolto esclusivamente agli Stati membri e non anche alle imprese, aveva considerato che non fosse possibile riconoscere un effetto diretto orizzontale all‟ art 108 (3) TFUE, cioè negò che lo stesso potesse essere invocato nelle controversie tra privati. La Corte, quindi, esclude che da tale

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C. giust. UE, 15 febbraio 2005, C- 148/04, Unicredito italiano spa c. Agenzia Delle Entrate ufficio Genova 1 – “Unicredito Italiano”, in racc.2005, p. I 11137, punti 109-110.

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disposizione derivino obblighi in capo al destinatario dell‟aiuto, così come esclude che il fatto di aver accettato di ricevere un aiuto illegale costituisca una violazione del diritto dell‟ UE. Tuttavia, i giudici di Lussemburgo aggiungono, sulla base del principio di non discriminazione tra ricorsi giudiziari di origine nazionale e ricorsi di origine comunitaria che, comunque, queste considerazioni non precludono l‟ affermazione della responsabilità civile del beneficiario sulla scorta dei principi in materia dell‟ ordinamento giuridico nazionale. In tale prospettiva sembra che si possa ravvisare una fattispecie di concorrenza sleale nella condotta del soggetto che non abbia verificato se l‟aiuto ricevuto sia stato debitamente notificato alla Commissione. Pertanto, sulla base di queste considerazioni, in linea teorica, sarebbe possibile esperire un‟azione risarcitoria contro il beneficiario sulla scorta della suddetta fattispecie.

Il problema della responsabilità civile del beneficiario è stato normalmente oggetto di esame nella limitata prospettiva della percezione di un aiuto illegale, sembra però opportuno prendere in considerazione anche la fattispecie dell‟aiuto abusivo. Sul piano interno, qualora l‟ abuso sia da attribuire strettamente al comportamento del beneficiario, sembra possibile che quest‟ultimo sia convenuto in giudizio in un azione risarcitoria intentata per “l‟utilizzo abusivo dell‟ aiuto” rispetto a quanto previsto nella decisione della Commissione che lo abbia dichiarato compatibile. Chiaramente, nel caso in esame, la pretesa risarcitoria può essere rivolta sia nei confronti del beneficiario che nei confronti dello Stato membro in qualità di co-responsabile, qualora l‟attore imputi a quest‟ultimo la mancata vigilanza in merito alle modalità di utilizzo dell‟aiuto previste dalla decisione della Commissione201

. Nonostante tale linea interpretativa restrittiva adottata dalla Corte di giustizia precluda la possibilità di riconoscere all‟ art 108 par.3 TFUE effetto diretto orizzontale, è auspicabile che la Corte di giustizia adotti una visione di apertura con riferimento a tale problematica, in considerazione della nuova policy della Commissione che è volta al promovimento delle azioni di private enforcement,

201 F. Bestagno, Il risarcimento danni in materia di aiuti di Stato, in Dizionario sistematico del

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affermando, un giorno, la possibilità per il concorrente di richiedere anche al beneficiario il risarcimento del danno per violazione dell‟ art 108 par.3 TFUE.