Il private enforcement è nato e si è sviluppato nel solco della disciplina sulla concorrenza e non in quella del diritto privato, ma mentre la disciplina della concorrenza a livello comunitario costituisce una competenza esclusiva dell‟ UE in forza dell‟ art 3 del TFUE , qualche dubbio emerge proprio quanto al private enforcement, in quanto costituisce un meccanismo di tutela non strettamente correlato alla definizione di regole sulla concorrenza, bensì di regole sui criteri e modalità di tutela civilistica di un diritto soggettivo. La disciplina dell‟ istituto in
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esame dovrebbe appartenere alla categoria delle competenze concorrenti, elencate nell‟ art 4 TFUE, elenco che ricomprende materie quali “ mercato interno” e “protezione dei diritti dei consumatori” nelle quali si potrebbe collocare la disciplina del risarcimento del danno cagionato ad un privato da un‟ altra persona fisica o giuridica, privata. Trattandosi di una competenza concorrente si dovrà allora applicare il c.d principio di sussidiarietà in forza del quale la competenza a disciplinare il private enforcement spetta in prima battuta agli Stati membri, salvo che l‟UE non decida di intervenire, ma solo se dimostra che le sue misure possono avere un efficacia maggiore rispetto a quelle eventualmente adottate singolarmente dagli Stati membri. A rafforzare tale ricostruzione soccorre l‟ art 19 comma 2 TFUE, secondo il quale gli Stati membri sono tenuti a stabilire i rimedi necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell‟ UE. Inoltre, mancando allo stato attuale una organica disciplina comunitaria, è compito proprio degli Stati membri disciplinare la materia del risarcimento del danno da illecito antitrust, ovviamente nel rispetto delle regole dei Trattati, delle disposizioni di diritto derivato, dei principi generali dell‟ Unione e dei principi sanciti dalla Corte di giustizia europea.
L‟ Unione Europea, infatti, pur avendo dato per via giurisprudenziale un decisivo impulso alla risarcibilità del danno antitrust, fatica a trovare il consenso necessario per disciplinare normativamente l‟ istituto, e in assenza di una disciplina europea, come sopra ricordato, è competenza di ciascun ordinamento nazionale definire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell‟ effetto diretto del diritto comunitario106
. Ciò fa emergere il pericolo di tutta la varietà e la diversità dei singoli modelli nazionali di tutela risarcitoria, ne consegue una generale incertezza circa l‟ esito del procedimento che va anche a detrimento, sia dell‟ applicazione effettiva delle regole sulla concorrenza, sia di una loro applicazione uniforme e coerente. Pericolo sventato dal fatto che il tema è talmente delicato che gli Stati preferiscono attendere
106 Si vedano in seguito a tal proposito le sentenze CGUE Courage c. Crehan 20.09.01, C- 453/99
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indicazioni più precise dall‟ UE per evitare di adottare soluzioni che poi possano essere contrastate dai giudici di Lussemburgo107.
Alle scarne disposizioni normative in materia si contrappongono invece numerose fonti di soft law, che pur essendo prive di valore normativo e certamente non vincolanti, rappresentano importanti documenti che hanno come fine quello di far conoscere agli Stati e agli operatori i diritti e gli obblighi ad essi derivanti dal diritto dell‟ Unione. Esse richiamano i principi e gli orientamenti sulle migliori pratiche alla luce delle evoluzioni giurisprudenziali in materia di private enforcement108.
Si tratta, per lo più, di atti provenienti dalla Commissione come libri verdi; libri bianchi; comunicazioni; relazioni; ma anche risoluzioni del Parlamento. Tutto questo materiale, pur non avendo efficacia vincolante, è estremamente importante, perché oltre ad offrire ai legislatori e ai giudici un preciso indirizzo in materia di tutela privatistica, costituisce anche una cartina di tornasole per la Corte di giustizia quando è chiamata a valutare la conformità di una regola o di una prassi nazionale al diritto comunitario.
Il primo importante documento elaborato dalla Commissione europea in materia è stato il libro verde del 2005109, che invitava gli operatori ad esprimersi su una serie di questioni ritenute fondamentali per uno sviluppo efficace e armonizzato del private enforcement come ad esempio il requisito soggettivo dell‟ atto illecito, se questo deve presupporre la colpa del danneggiante, oppure si può prevedere una responsabilità oggettiva. Il libro verde è stato poi pienamente condiviso dalla risoluzione del Parlamento europeo del 2007110, che ha aggiunto importanti proposte allo scopo di rendere sempre più agevole avviare un‟ azione per il risarcimento del danno sul presupposto che le regole comunitarie sulla
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G. A. Benacchio, Il private enforcement del diritto antitrust, in Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, a cura di L. F. Pace, Napoli, 2013, p. 17.
108P. De Cesari, Aiuti illegali e incompatibili. Obbligo di recupero tra diritto dell‟ Unione Europea
e diritto interno, in Nuove sfide in tema di concorrenza e aiuti di stato nell‟ Unione Europea, A cura di M. Frigessi di Rattalma , Napoli, 2012, p.66.
109 Azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie, del 19
dicembre 2005, COM (2005) 672 def.
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concorrenza “ non avrebbero un effetto dissuasivo e la loro efficacia sarebbe compromessa se coloro che tengono comportamenti vietati potessero godere dell’immunità per violazioni commesse a causa di ostacoli al procedimento di risarcimento del danno” . Abbiamo poi il libro bianco del 2008111
, che dopo aver ribadito la valenza del private enforcement quale strumento che funge da deterrente nei confronti delle imprese che non rispettino le regole antitrust, si dedica quasi esclusivamente a formulare proposte per la soluzione dei principali problemi che si pongono nell‟ attuazione del diritto al risarcimento del danno, che tengano conto dei diversi modelli giuridici degli Stati membri. Infine, abbiamo poi una risoluzione del Parlamento europeo del 2009112 , che pone l‟ accento sul problema della tutela dei consumatori, proponendo di dare maggiore slancio e sviluppo non solo alle azioni collettive di consumatori o delle loro associazioni rappresentative, ma anche alle forme di composizione extragiudiziale delle controversie (ADR), come sistema che consente una maggiore soddisfazione del danneggiato a fronte di minori costi e tempi più contenuti. Quanto ai danni punitivi, il Parlamento li respinge fermamente, così come respinge l‟ idea che un Tribunale nazionale debba essere vincolato dalla decisione di un‟ autorità nazionale garante della concorrenza di un altro Stato membro. L‟ obiettivo della Commissione è quello di indirizzare, in assenza di una normativa europea, legislatori e giudici nazionali ad adottare soluzioni che permettano una più ampia convergenza possibile, in modo da giungere, se non ad un modello unico, ad un insieme di modelli che se pur diversificati siano il più possibile armonizzati, allo scopo di evitare eccessive disparità di trattamento, di garantire una più efficace tutela del danneggiato e soprattutto di assicurare una concorrenza effettiva all‟interno del mercato unico.
In ogni caso, come esamineremo meglio nel paragrafo successivo, la Corte di giustizia ha più volte affermato che, in assenza di una specifica disciplina comunitaria, spetta al giudice nazionale scegliere le regole procedurali e sostanziali da applicare al caso concreto, a condizione però, che le modalità interne di applicazione delle regole comunitarie non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza),
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Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie, del 2 aprile 2008, COM (2008) 165 def.
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ne tali da rendere praticamente impossibili o eccessivamente difficile l‟ esercizio dei diritti conferiti nell‟ ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività).