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I sistemi di accoglienza in Italia e in Spagna: una proposta di confronto.

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di laurea magistrale in STUDI INTERNAZIONALI

Curriculum in Governance delle Migrazioni

Tesi di Laurea Magistrale:

“I sistemi di accoglienza in Italia e in Spagna:

una proposta di confronto”

Candidata Relatore

Laura Biagini Prof. Tomei Gabriele

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1

INDICE

INTRODUZIONE ... 4

CAPITOLO PRIMO ... 8

LA MIGRAZIONE FORZATA FRA SOCIOLOGIA E DIRITTO ... 8

1.1 Introduzione ... 8

1.2 Le teorie migratorie in sociologia: differenti prospettive e focus d’analisi ... 9

1.2.1 Una prima categorizzazione della figura del migrante ... 12

1.3 La sociologia delle migrazioni forzate ... 14

1.4 Il diritto d’asilo: una panoramica del fenomeno nel mondo e in Europa ... 17

1.4.1 Due figure giuridiche differenti: il richiedente asilo e il rifugiato ... 17

1.4.2 Un quadro dei flussi migratori ... 19

CAPITOLO SECONDO ... 25

IL DIRITTO D’ASILO NELL’UNIONE EUROPEA ... 25

2.1 Introduzione ... 25

2.2 Il Sistema Europeo Comune d’Asilo ... 27

2.2.1 Direttiva 2011/95/UE riguardo le norme di attribuzione della qualifica di beneficiario di protezione internazionale ... 30

2.2.2 Direttiva 2013/32/UE sulle procedure per il riconoscimento o la revoca della protezione internazionale... 32

2.2.3 Regolamento (UE) n. 604/2013 su criteri e meccanismi di determinazione dello Stato competente per l’esame di domanda di protezione internazionale ... 33

2.2.4 Regolamento (UE) n. 603/2013 che istituisce il sistema Eurodac per il confronto delle impronte digitali ... 35

2.2.5 Direttiva 2013/33/UE sulle norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale ... 36

2.3 L’Agenda Europea per l’Immigrazione ... 38

2.4 Il Patto mondiale per una migrazione sicura, ordinata e regolare ... 41

2.5 Riflessioni conclusive ... 42

CAPITOLO TERZO ... 45

INTRODUZIONE ALL’ANALISI DEI CASI: UNA PREMESSA METODOLOGICA ... 45

3.1 Introduzione alla metodologia ... 45

3.2 Le politiche migratorie ... 48

3.2.1 Un modello mediterraneo di politica migratoria? ... 50

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2

3.3.1 Una prima classificazione dei modelli di integrazione ... 55

3.3.2 Una classificazione più recente dei modelli di integrazione ... 56

3.4 La costruzione concettuale della griglia di confronto ... 59

3.4.1 Il concetto di accoglienza nella società di destinazione ... 59

3.4.2 La griglia di confronto ... 60

CAPITOLO QUARTO ... 64

IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE SPAGNOLO ... 64

4.1 Introduzione ... 64

4.2 Le frontiere spagnole: rotte migratorie e destinazioni ... 65

4.2.1 La rotta migratoria del Mediterraneo occidentale... 66

4.2.2 L’aeroporto di Madrid – Barajas ... 70

4.3 La normativa in materia d’asilo: status e procedura per il riconoscimento ... 71

4.3.1 Le tipologie di protezione ... 75

4.3.2 La procedura di presentazione e valutazione della domanda d’asilo ... 78

4.3.2.1 La presentazione della domanda d’asilo sul territorio ... 79

4.3.2.2 La presentazione della domanda d’asilo alla frontiera ... 80

4.3.2.3 La decisione in merito alla domanda d’asilo ... 81

4.4 La prima accoglienza alla frontiera ... 82

4.4.1 I Centros De Estancia Temporal para Inmigrantes di Ceuta e Melilla (CETI)... 85

4.4.2 I Centros de Atención Temporal de Extranjeros (CATE) ... 90

4.4.3 I Centros de Internamiento de Extranjeros (CIE) ... 93

4.4.4 Conclusione... 99

4.5 Il sistema di seconda accoglienza e integrazione ... 100

4.5.1 La prima fase della seconda accoglienza ... 101

4.5.2 I Centros de Acogida a Refugiados (CAR) ... 104

4.5.3 Il ruolo dell’associazionismo spagnolo nel processo di accoglienza ... 106

4.5.4 Le fasi di integrazione ed autonomia: verso l’inserimento nella società ... 107

4.6 Conclusione ... 108

CAPITOLO QUINTO ... 110

IL SISTEMA DI ACCOGLIENZA ITALIANO ... 110

5.1 Introduzione ... 110

5.2 I flussi migratori verso l’Italia: composizione e tendenze ... 111

5.2.1 L’inversione di tendenza nel numero degli sbarchi ... 113

(4)

3

5.3 La normativa italiana in materia di immigrazione e asilo ... 118

5.3.1 Gli albori della normativa italiana ... 119

5.3.2 I cambiamenti della normativa d’asilo dopo la trasposizione dei contenuti del Sistema Europeo Comune d’Asilo ... 123

5.3.3 Il decreto-legge 113/2018 e l’attuale normativa in materia di diritto d’asilo ... 125

5.3.4 La procedura di richiesta d’asilo ed il ruolo della Commissione territoriale ... 130

5.3.5 Conclusione... 133

5.4 Il sistema di prima accoglienza ... 135

5.4.1 L’approccio Hotspot... 137

5.4.2 I centri di prima accoglienza: gli hub regionali ... 141

5.4.3 I Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) ... 143

5.4.4 Conclusioni sulla prima accoglienza ... 147

5.5 La seconda accoglienza ... 148

5.5.1 I Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS)... 149

5.5.2 Dal Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) al Sistema di Protezione per Titolari di Protezione Internazionale e per Minori Stranieri non Accompagnati (SIPROIMI) ... 154

5.6 Considerazioni conclusive ... 160

CAPITOLO SESTO ... 162

UNA SINTESI CONCLUSIVA ... 162

6.1 Introduzione ... 162

6.2 L’asilo nelle normative nazionali ... 163

6.3 Gli arrivi e la prima accoglienza alla frontiera ... 165

6.4 La seconda accoglienza ... 168

6.4.1 I Centri di Accoglienza Straordinaria e i Centros de Acogida a Refugiados... 168

6.4.2 L’importanza delle reti sociali nel processo di integrazione ... 171

6.4.3 Modelli di accoglienza diffusa in Spagna e in Italia ... 173

CONCLUSIONE ... 181

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INTRODUZIONE

La scelta di redigere una tesi di laurea magistrale incentrata sui sistemi di accoglienza per richiedenti asilo e beneficiari di protezione nasce dalla consapevolezza dell’attualità del tema, unitamente alla volontà di analizzare i recenti cambiamenti in merito alla loro struttura.

La prospettiva di comparazione coinvolge due Stati, ovvero la Spagna e l’Italia, in quanto nasce dall’opportunità che ho avuto di conoscere, seppur limitatamente, entrambi i sistemi di accoglienza, motivo per cui posso affermare di aver personalmente assistito e sperimentato il loro reale funzionamento, nonché di essere entrata in contatto con gli operatori degli stessi, scambiando opinioni e punti di vista.

In Spagna, infatti, ho avuto la possibilità di conoscere alcuni operatori ed operatrici di una delle più importanti Organizzazioni Non Governative spagnole che operano nel settore dei migranti, con progetti che coinvolgono specificatamente i richiedenti asilo e i beneficiari di protezione internazionale, ovvero la Comisión Española de Ayuda al Refugiado.

In Italia, invece, ho svolto il tirocinio curriculare previsto dal piano di studi all’interno di una cooperativa sociale locale che gestiva sia Centri di Accoglienza Straordinaria, sia alcuni progetti facenti capo al Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR).

La scelta di tali Paesi permette, inoltre, di inserire l’analisi dei sistemi di accoglienza in un quadro più ampio, in quanto entrambi gli Stati sono non solo firmatari di Trattati internazionali circa l’esercizio del diritto d’asilo, ma anche Stati membri dell’Unione europea. Ciò comporta che, in considerazione del fatto che l’immigrazione costituisce una competenza concorrente fra l’Unione europea ed i suoi Stati membri, dalla normativa europea discendano atti giuridicamente vincolanti, quali direttive e regolamenti, finalizzati ad armonizzare l’organizzazione del sistema d’asilo e ad elencare le garanzie da riconoscere a quanti manifestino la volontà di esercitare il diritto d’asilo. In virtù di quanto appena esposto, occorre dunque inserire i sistemi di accoglienza per richiedenti asilo e beneficiari di protezione di Spagna e Italia non solo in un contesto di regolamentazione internazionale, ma anche europeo, oltre che nazionale: vedremo, dunque, come si intersecano e, talvolta, sovrappongono due differenti piani, ovvero quello nazionale e quello europeo.

In considerazione di quanto esposto sinora, ho scelto di organizzare il presente lavoro secondo la seguente suddivisione.

Considerando la matrice sociologica dell’elaborato, il primo capitolo è incentrato sul settore di studio della sociologia delle migrazioni, del quale saranno messe in evidenza le principali teorie

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focalizzate sulle cause delle migrazioni; particolare riguardo verrà dimostrato verso il concetto di “migrazione forzata” in quanto costituisce una tematica direttamente collegata al tema del presente lavoro. A tal proposito, una importante questione che verrà evidenziata, qui anticipata per la sua importanza cruciale, consiste nel fatto che i flussi migratori che interessano le frontiere esterne europee da qualche anno a questa parte, e dunque anche i confini di Spagna e Italia, sono costituiti da flussi misti di migranti: in altre parole, si mescolano tra di loro potenziali beneficiari di protezione, che dovrebbero aver rapidamente accesso alle procedure di riconoscimento di tale status, e migranti economici, in quanto la richiesta d’asilo costituisce l’unica modalità di regolarizzare il proprio status dopo aver effettuato un ingresso irregolare in territorio europeo. All’interno del primo capitolo verrà esposta tale questione, sottolineando anche come, tuttavia, risulti spesso difficile scindere le motivazioni di stampo economico da quelle di carattere umanitario.

Il secondo capitolo sarà incentrato sulla normativa europea in materia d’asilo, in considerazione del profondo legame che sussiste fra un sistema d’accoglienza e le relative previsioni normative. Di conseguenza, sarà tracciato un breve percorso della storia dell’asilo nella normativa europea e, successivamente, saranno delineate le principali caratteristiche del Sistema Europeo Comune d’Asilo. Si illustreranno, dunque, le direttive e i regolamenti sul diritto d’asilo e il concetto di accoglienza e integrazione dei richiedenti asilo e dei beneficiari di protezione, che gli Stati membri hanno provveduto a trasporre nelle singole normative nazionali.

Il terzo capitolo è dedicato all’esposizione della metodologia adottata nella stesura del presente lavoro, considerando che si tratta di un elaborato di matrice comparativa: al suo interno, dunque, saranno illustrate nel dettaglio le scelte circa il metro di confronto utilizzato nella descrizione di ambedue i sistemi di accoglienza; inoltre, verranno ulteriormente esposte le esperienze dirette che mi hanno permesso di entrare personalmente in contatto con operatori di entrambi i sistemi.

Il quarto capitolo sarà specificatamente dedicato al sistema di accoglienza spagnolo: verranno analizzati i flussi migratori in entrata nel territorio spagnolo, che interessano sia le frontiere terrestri, sia quelle costiere, e la normativa in materia di asilo attualmente in vigore. Successivamente, saranno trattate le tipologie di centri adibite all’accoglienza, suddivise a seconda che si tratti di strutture di prima accoglienza, ovvero quella successiva all’entrata nel territorio e alla presentazione della richiesta d’asilo, e centri di seconda accoglienza, orientati invece all’integrazione dei beneficiari di protezione nella società ricevente.

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In maniera analoga al quarto capitolo, il quinto è dedicato alla trattazione del sistema di accoglienza italiano e seguirà, dunque, lo stesso schema del precedente. Di conseguenza, una prima sezione esporrà la composizione dei flussi migratori che interessano le coste meridionali italiane, evidenziando i recenti cambiamenti di tendenza; successivamente, sarà esposta la normativa attualmente in vigore circa il diritto d’asilo, modificata recentemente dal decreto legge 113/2018, poi convertito in legge, “recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell'interno e l'organizzazione e il funzionamento dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata”. Solo dopo queste premesse di cornice, si potrà passare all’esposizione circa i centri adibiti all’accoglienza e all’integrazione in Italia, anch’essi suddivisi sulla base del loro ruolo all’interno della prima o della seconda accoglienza.

Il sesto capitolo, conclusivo del presente lavoro, è funzionale ad una sintesi riepilogativa di quanto esposto all’interno dell’elaborato: verranno altresì inseriti alcuni grafici, elaborati personalmente, così da fornire i dati sull’esercizio d’asilo da una prospettiva visuale e facilitarne la lettura e l’interpretazione. All’interno di questo capitolo, infine, saranno anche esposte determinate questioni sul tema dell’accoglienza, trattate anche durante la stesura dell’elaborato, in virtù della loro importanza centrale.

A conclusione di questa breve introduzione, si vuole qui segnalare due questioni cruciali. Innanzitutto, si vuole mettere in evidenza il fatto che la ricerca di dati e di una documentazione ufficiale, provenienti da fonti istituzionali, circa il funzionamento delle strutture di accoglienza non è sempre stata facile. In particolare, è talvolta risultato difficoltoso il processo di recupero di informazioni precise e veritiere riguardo il reale funzionamento dei centri, in considerazione del fatto che, purtroppo, spesso quelle che sono le previsioni normative teoriche differiscono dalla loro concreta attuazione. In ogni caso, nell’intento di fornire dati corrispondenti alla realtà dei fatti, sono state ricercate fonti di carattere secondario, dunque elaborate da enti non istituzionali ma, ovviamente, sempre attendibili ed affidabili.

In secondo luogo, si vuole qui rimarcare il carattere di profonda attualità che contraddistingue il tema del presente lavoro, protagonista di dibattiti politici sia in seno alle istituzioni dell’Unione europea, sia nazionali. Considerando ciò, si vuole qui sottolineare che non è possibile escludere che, proprio in virtù dell’attualità della questione, le previsioni normative e la strutturazione dei meccanismi di entrata in territorio europeo e di accoglienza sui territori nazionali possano

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cambiare in un futuro prossimo (anzi, è molto probabile che ciò avvenga, come più volte verrà affermato nel presente lavoro, in special modo nei capitoli relativi ai due sistemi di accoglienza). Tuttavia, si vuole qui sottolineare che, durante la stesura del presente lavoro, si è cercato di attenersi a fonti quanto più recenti possibile, così da proporre un quadro dei sistemi di accoglienza aggiornato, e corrispondente alla realtà, nella misura del possibile.

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CAPITOLO PRIMO

LA MIGRAZIONE FORZATA FRA SOCIOLOGIA E DIRITTO

1.1 Introduzione

La migrazione costituisce un fenomeno di mobilitazione territoriale naturale, da sempre proprio del genere umano: l’uomo migra per natura fin dai tempi più remoti, per cui si può sostenere che gli umani costituiscano una vera e propria specie migratoria (Massey et al., 1998, citato in Ambrosini, 2011: 1). Con il trascorrere dei secoli, le società del mondo hanno seguito ciascuna il proprio percorso di evoluzione: di pari passo, sono andati cambiando (e aumentando) i bisogni dell’uomo, si è modificato l’ambiente naturale e le relazioni internazionali fra Stati hanno determinato periodi di pace, guerra o conflitti interni.

In altre parole, esattamente come cambiano il mondo, le società e le dinamiche sociopolitiche fra Stati, allo stesso modo mutano gli individui e la loro capacità di adattamento all’ambiente che li circonda. Insieme a questi cambiamenti, si diversificano anche le motivazioni che spingono l’uomo a migrare: per questo motivo, ad oggi, vengono distinte differenti categorie di migranti, ciascuna eventualmente sottoposta ad una specifica normativa e che ogni Stato, in quanto sovrano sul proprio territorio, può in parte decidere come gestire. Si parla, infatti, di migration

management alludendo a quelle

funzioni governative di un sistema nazionale per la corretta gestione umanitaria della migrazione transfrontaliera, in particolare riguardo l’entrata e la permanenza di stranieri nelle zone di confine di uno Stato e la protezione di rifugiati e di altri bisognosi di protezione. Si riferisce ad un approccio pianificato per lo sviluppo di una politica di intervento e di risposte di carattere legislativo e amministrativo agli aspetti fondamentali della migrazione1 (traduzione della scrivente, International

Organization of Migration, 2011: 63).

In ogni caso, la sostanza della riflessione permane uguale: la migrazione è un fenomeno naturale e complesso, risultato dell’intreccio di fattori di natura eterogenea e in costante cambiamento,

1 Testo originale: governmental functions within a national system for the orderly and humane

management for cross-border migration, particularly managing the entry and presence of foreigners within the borders of the State and the protection of refugees and others in need of protection. It refers to a planned approach to the development of policy, legislative and administrative responses to key migration issues.

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che può essere complicato ricomporre in uno schema organico e stabilito. Raramente, inoltre, la migrazione costituisce un atto individuale per quanto riguarda il processo di pianificazione e realizzazione: si tratta, piuttosto, di una scelta sociale, collettiva, nella misura in cui coinvolge e cambia la società di origine, in primis, e quella di destinazione (Castles, De Haas, Miller, 2014). Per questi motivi, all’interno di questo primo capitolo verrà illustrato il concetto di migrazione internazionale ed i suoi attori da una prospettiva esclusivamente sociologica: a tal fine, verranno innanzitutto esposte le principali teorie nell’ambito della sociologia relative al processo migratorio, ciascuna delle quali si focalizza in uno o più aspetti della migrazione, da intendersi dunque in quanto somma di vari fattori di carattere politico, economico, sociale, ambientale, demografico e culturale.

Nella sezione successiva, verrà esposta la più recente teoria delle migrazioni forzate, in considerazione della sua primaria importanza relazionata con l’oggetto di studio del presente lavoro, ovvero l’accoglienza che coinvolge la specifica categoria di quanti vogliano esercitare il diritto d’asilo. A tal fine, verranno anche esposte le principali suddivisioni dei protagonisti dei movimenti migratori, così da far luce su determinate questioni che, spesso, risultano confuse, come ad esempio la differenziazione fra migrante, richiedente asilo e beneficiario di protezione, sia essa internazionale o non.

Infine, nell’ultima sezione di questo primo capitolo, verrà offerto un quadro generale dei flussi migratori attuali, evidenziando alcune aree particolarmente calde per quanto riguarda il proprio contesto sociopolitico e che, in virtù di questo, costituiscono il punto di partenza di forme di mobilità territoriale importanti; un particolare riguardo, ovviamente, sarà rivolto ai flussi migratori che coinvolgono specificatamente gli Stati oggetto del presente lavoro, ovvero Spagna e Italia.

1.2 Le teorie migratorie in sociologia: differenti prospettive e focus d’analisi

L’obiettivo di questa sezione del presente lavoro è quello di illustrare le principali teorie elaborate dalla sociologia delle migrazioni in merito ai fenomeni migratori e alle decisioni che sottostanno alla scelta di elaborare ed attuare il proprio progetto migratorio.

A tal fine risultano sicuramente utili ed efficaci il quadro fornito da Ambrosini (2011) e, soprattutto, il panorama offerto da Castles, De Haas e Miller nell’opera The Age of Migration (2014): in questa pietra miliare degli studi sulla migrazione, infatti, si sottolinea un aspetto essenziale delle migrazioni odierne, che deve costituire la chiave di lettura di ogni teoria che verrà di seguito elencata. Si tratta della consapevolezza della complessità dei flussi migratori:

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essi, infatti, risultato essere difficili da inquadrare e sintetizzare in virtù delle numerose variabili interconnesse tra loro. In altre parole, non si tratta solo di fuga da povertà e guerre: occorre andare più a fondo nell’analisi delle dinamiche. Si rende, dunque, necessario considerare la migrazione come un fenomeno inserito nella moderna cornice di mondo caratterizzato dalla globalizzazione, sia economica che politica, e dall’interdipendenza fra Stati.

Partendo da questo presupposto, vediamo ora le principali teoria sulle migrazioni, ciascuna delle quali ha il merito di mettere in evidenza determinati aspetti delle stesse, concorrendo nel loro insieme a creare una cornice complessa e completa di tale fenomeno.

In primo luogo, si citano qui le teorie che inquadrano il processo di migrazione a livello macro, ovvero inserendolo nel contesto globale e considerandolo come influenzato da fattori e problematiche strutturali nell’assetto del mondo attuale: il loro merito principale costituisce nell’individuare certe cause di sfondo alle migrazioni, sebbene una lettura macro di tale fenomeno sia ormai considerata troppo limitata (Ambrosini, 2011).

Una prima teoria che si inserisce in questa prospettiva è la teoria sistemica delle migrazioni, la quale elabora il concetto di sistema migratorio alludendo al presupposto che ogni forma di spostamento territoriale debba essere inserita in un intreccio di relazioni economiche e politiche fra Stati ed aree geografiche: in altre parole, la singola scelta di migrare si deve inserire in un contesto di macro relazioni fra entità più grandi del singolo individuo, ed è la qualità e la tipologia di queste relazioni che possono favorire o scoraggiare la mobilità (Ambrosini, 2011).

Una ulteriore teoria di carattere macrosociologico, profondamente correlata alla precedente, è quella basata sui modelli di spinta-attrazione (push-pull models): l’obiettivo di tale posizione teorica è l’individuazione di elementi concreti che possano contribuire ed influenzare la scelta di migrare. Ad esempio, tra i push factors (i fattori di spinta, ovvero quegli elementi che spingono il migrante fuori dal paese d’origine) rientrano “la crescita e la densità di popolazione, la mancanza di opportunità economiche e la repressione politica”2 (traduzione della scrivente,

Castles et al., 2014: 28), ovvero fattori di ordine economico, ambientale e demografico. Al contrario, tra i pull factors (fattori di attrazione, ovvero quegli elementi che attraggono il migrante verso il paese di destinazione) rientrano “la domanda di lavoro, la disponibilità di terra, opportunità economiche e la libertà politica”3 (traduzione della scrivente, Castles et al., 2014:

28).

2 Testo originale: “population growth and population density, lack of economic opportunities and political

repression”.

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Ovviamente, a seconda del contesto specifico, molti altri fattori possono essere aggiunti a questo breve elenco: in ogni caso, questa teoria ha il merito di evidenziare il fatto che il migrante costituisca una figura attiva e consapevole, capace di prendere decisioni sulla base del proprio progetto migratorio. Secondo Ambrosini (2011), ad oggi vi sarebbe una netta prevalenza dei fattori di spinta, dunque i migranti si spostano più in conseguenza di eventi nel paese di origine e, magari, senza sapere realmente cosa li aspetta nel paese di destinazione.

Una terza teoria macrosociologica è di ordine economico, e fonda la propria visione il concetto di domanda di lavoro non professionalizzato da parte dei Paesi più sviluppati. In questa branca teorica si inserisce, ad esempio, il contributo di Piore con la teoria dualistica del mercato del lavoro, “che ha collegato esemplarmente il fabbisogno di manodopera immigrata con il funzionamento dei sistemi economici occidentali” (Ambrosini, 2011: 40). In parte parole, la necessità di manodopera sprovvista di elevata professionalità da parte di Paesi più sviluppati determina l’esistenza di una domanda di lavoro particolarmente attrattiva per molti. Nei prossimi capitoli, vedremo come effettivamente tale dinamica si riproponga in alcuni Paesi dell’area mediterranea, compresi gli Stati oggetto del presente lavoro.

Le teorie sinora illustrate propongono una prospettiva di ordine macro, che inserisce la scelta dell’individuo di migrare all’interno di dinamiche di ordine globale: a questo contributo, importante ma parziale, occorre sommare quello delle teorie di ordine microsociologico, le quali si basano sul fattore di scelta individuale in quanto motore della migrazione. In conseguenza di questa visione, il flusso migratorio nel suo complesso sarebbe costituito dalla somma di tante scelte individuali, e questo ragionamento contribuisce a spostare l’ottica sul migrante da attore passivo delle dinamiche mondiale a protagonista attivo e razionale della propria mobilità. Approfondendo la prospettiva micro di tale filone sociologico, Ambrosini evidenzia che

la possibilità che il trasferimento all’estero aumenti la redditività del capitale umano posseduto, inteso come capacità di lavoro derivante dall’età, dalla salute, dall’istruzione è dunque il fattore fondamentale che produce i processi migratori. Ma la scelta di partire comporta anche costi, tangibili e intangibili, che vanno confrontati con i vantaggi ottenibili. Questo spiega perché alcuni partano ed altri preferiscano rimanere nel paese di origine. Soltanto chi ha ragionevoli chances di ottenere sostanziali vantaggi economici dal trasferimento all’estero è disposto ad attivarsi e ad affrontare i costi dello spostamento (Ambrosini, 2011: 44).

In questo senso, le singole famiglie costituirebbero un elemento essenziale del processo decisionale in merito alla scelta individuale di migrare, poiché è in esse che vengono analizzate e prese le decisioni in merito alla migrazione di uno dei componenti familiari. A tal proposito, un

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importante limite di tale teoria evidenziato dallo stesso Ambrosini (2011) è il non tener di conto della differenziazione, in seno alle famiglie, del potere decisionale di ciascun membro delle stesse. In altre parole, non è necessariamente vero che la scelta di migrare rappresenti un tema di dibattito e confronto all’interno della famiglia, in quanto può semplicemente costituire la volontà dell’individuo basata sulle sue aspirazioni, sui progetti di vita e su eventuali legami con altri Paesi, ovvero sulla base del progetto migratorio individuale.

Di conseguenza, vi è un’altra teoria particolarmente importanza e direttamente correlata a quest’ultimo discorso, ovvero la teoria dei network: nella sua analisi, Castles (2014) mette in evidenza il fatto che ogni potenziale migrante può avere la propria rete sociale di contatti su cui fare affidamento (e la cui esistenza è oggi sicuramente facilitata dall’impiego di strumenti tecnologici), la quale contribuisce a delineare il progetto migratorio. Si tratta di veri e propri legami che il migrante crea sia con componenti della società di provenienza, sia con connazionali (e non) nel Paese di destinazione: queste reti di contatti sono fondamentali perché contribuiscono, da una parte, al mantenimento dei legami transazionali con il contesto di origine (facilitando, per esempio, le rimesse e contribuendo ad alleviare il senso di straniamento identitario), dall’altra alla creazione di un gruppo di riferimento nella società di destinazione con il quale si condivide un’identità comune, che facilita lo scambio di informazioni riguardo la gestione burocratica della loro presenza e, infine, che apre la strada a future immigrazioni (Castles et al., 2014).

La scelta delle teorie esposte sinora, lungi dal voler offrire un quadro esaustivo e completo delle riflessioni sociologiche in merito alle cause delle migrazioni, ha come obiettivo primario quello di evidenziare la difficoltà di racchiudere un mondo complesso, come quella della migrazione, all’interno di un’elaborazione teorica che ne riesca a cogliere ogni aspetto. Come già anticipato, ognuna di queste teorie ha il merito di aver evidenziato un aspetto specifico delle migrazioni: tuttavia, è necessario unire ogni contributo delle stesse per (forse) poter ottenere un quadro completo delle motivazioni che concorrono a determinare le attuali forme di mobilità.

1.2.1 Una prima categorizzazione della figura del migrante

Sulla base delle teorie sovraesposte, si vuole qui fornire un preliminare elenco delle principali categorie di migranti riconosciute in dottrina. Tale processo di categorizzazione può risultare utile non solo ai fini di una piena comprensione delle dinamiche interne ai flussi migratori, ma anche perché è alla base di posizioni politiche e scelte specifiche in tema di migration policy da parte di governi e/o organismi sovranazionali (come, per esempio, l’Unione europea). Infatti,

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capire la composizione sociale e la dinamica di un flusso migratorio dovrebbe determinare l’adozione, da parte dello Stato ricevente, di una politica migratoria capace di gestire il fenomeno efficacemente.

In virtù, dunque, del “superamento dell’identificazione dell’immigrato con una sola figura sociale: quella di un lavoratore manuale, poco qualificato, generalmente maschio, inizialmente solo” (Ambrosini, 2011: 21), si ripropone qui una iniziale classificazione elaborata da Ambrosini (2011):

- Migranti per lavoro: altresì detti “migranti economici”, si tratta di una categoria eterogenea, costituita da lavoratori e lavoratrici con istruzione, talvolta esperienza professionale, ma che, spesso, trovano lavori poco ambiti (perché meno remunerati e tutelati) nel paese di destinazione. Essendo quasi assente una regolamentazione a loro favorevole, in termini di riconoscimento di titoli di studio e di possibilità di entrata e permanenza regolari, spesso finiscono nelle maglie del lavoro precario o irregolare. In considerazione del fatto che, negli ultimi decenni, l’Europa ha limitato gli ingressi per lavoro, i migranti che aspirano ad entrare in territorio europeo fanno ricorso ad altre motivazioni per l’ingresso (tra le quali anche l’immigrazione irregolare: questa questione verrà affrontata nello specifico nel prossimo capitolo).

- Migranti stagionali: differiscono dalla prima categoria perché diversa è la normativa a loro applicata. Essendo stagionali, si permette loro l’ingresso e la permanenza durante uno specifico periodo di tempo, pattuito prima che avvenga l’entrata.

- Migranti qualificati e imprenditori: si tratta di figure professionali per le quali si prevede una specifica normativa che faciliti il loro ingresso nel paese; è un fenomeno che, tuttavia, interessa perlopiù l’Europa centrale e settentrionale.

- Familiari: trattasi dei familiari di un immigrato già in possesso di regolare permesso, ai quali si permette l’entrata in virtù del ricongiungimento familiare;

- Rifugiati e richiedenti asilo: si tratta di un particolare tipo di migrante, spesso soggetto a migrazione forzata (trattata nel prossimo paragrafo), con una normativa a parte.

La distinzione fra queste categorie risulta particolarmente importante ed è premessa necessaria al presente lavoro per capire esattamente dove si inseriscano i soggetti in esso trattati, ovvero la specifica categoria dei richiedenti asilo, rifugiati e dei beneficiari di altre forme di protezione (internazionale e non), in un’analisi complessiva della loro presenza nelle società spagnola e italiana.

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In questo contesto geografico, infatti, e come d’altronde in tutto il territorio europeo, tali figure costituiscono un’importante presenza del tempo presente e futuro, con le nuove generazioni. Con questa finalità, nella prossima sezione del presente lavoro verrà trattata approfonditamente la branca della sociologia delle migrazioni forzate, in quanto costituisce una prospettiva teorica di maggior importanza, rispetto alle teorie precedentemente esposte, secondo le finalità del presente lavoro.

1.3 La sociologia delle migrazioni forzate

La migrazione forzata – che include i flussi di rifugiati, richiedenti asilo, sfollati interni, spostamenti dovuti a progetti di sviluppo – è notevolmente aumentata in termini di volume e di rilevanza politica fin dalla fine della Guerra Fredda. È diventata una parte integrante delle relazioni Nord-Sud ed è fortemente relazionata con gli attuali processi di trasformazioni sociali globali. È importante per i sociologi portare avanti ricerche empiriche e analisi sulle migrazioni forzate così da includerle nelle loro interpretazioni teoriche della società contemporanea4 (traduzione della scrivente, Castles, 2013:

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Le figure di migrante citate in conclusione del precedente paragrafo, ovvero quelle del richiedente asilo, rifugiato e beneficiario di protezione fanno parte di una branca specifica della sociologia delle migrazioni, in virtù del fatto che non sempre la migrazione consiste in un atto volontario e conseguente ad un calcolo di costi-benefici: tale scelta, infatti, può essere la conseguenza obbligata e dettata da una serie di eventi indipendenti dalla volontà dell’individuo. A tal proposito, Castles (2013) supporta la elaborazione dello specifico settore di studio della sociologia delle migrazioni forzate in quanto particolarmente rilevante sin dalla fine della Guerra Fredda e capace di spiegare le dinamiche intrinseche a buona parte dei flussi migratori attuali. In questo paragrafo, dunque, verrà illustrata la teoria della migrazione forzata in virtù della sua rilevanza nel presente lavoro; a tal fine, sarà anche proposta una classificazione specifica delle tipologie di migranti forzati per facilitare la comprensione di tale fenomeno, considerando anche che questo, in anni recenti, sta particolarmente interessando l’Europa e gli Stati oggetto del presente lavoro.

4 Testo originale: Forced migration – including refugee flows, asylum seekers, internal displacement,

development-induced displacement – has increased considerable in volume and political significance since the end of the Cold War. It is has become an integral part of North-South relationships, and is closely linked to current processes of global social transformation. This makes it important for sociologists to develop empirical research and analysis on forced migration as to include it in their theoretical understandings of contemporary society.

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L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (IOM) definisce la migrazione forzata come:

un movimento migratorio in cui esiste un elemento coercitivo, compresa la minaccia alla vita e alla sopravvivenza, provocato sia da cause naturali che originate dall’uomo (come, per esempio, i movimenti di persone rifugiate e gli sfollati interni, o come persone sfollate a causa di disastri naturali o catastrofi ecologiche, chimiche o nucleari, carestie o progetti di sviluppo)5 (Traduzione della

scrivente, IOM, 2011: 39).

La sociologia delle migrazioni risulta, dunque, elaborata come settore di studi interdisciplinare in virtù della molteplicità e varietà dei fattori che sottostanno ad ogni processo migratorio. Una seconda questione che è qui necessario riportare per questioni di completezza ed esaustività dell’esposizione è la seguente: come sottolinea Castles (2013), la distinzione fra migrante economico e migrante forzato si sta assottigliando in virtù del fatto che spesso un’economia statale fallita genera disordini e conflitti interni, determinando l’assenza della presenza statale ed eventualmente situazioni di violenza generalizzata: “la maggior parte dei migranti e dei richiedenti asilo hanno molteplici ragioni per spostarsi, ed è impossibile separare completamente le motivazioni di ordine economico e quelle relative ai diritti umani – il che costituisce una sfida alla rigida categorizzazione che gli enti burocratici cercano di imporre”6

(traduzione della scrivente, Castles, 2013: 4).

In altre parole, è evidente che individui quali, per esempio, vittime di tratta di esseri umani o minoranze perseguitate costituiscano migranti forzati: cosa pensare, però, di coloro che si spostano in conseguenza di eventi eccezionali, quali catastrofi naturali o contaminazione ambientale, talvolta causati da progetti di sviluppo finanziati da élite locali o multinazionali? Tecnicamente, queste persone non rientrano nelle categorie di rifugiati, non essendovi persecuzione individuale nei loro confronti: tuttavia, la migrazione costituisce per loro un obbligo per la sopravvivenza ed è dunque presente quell’elemento di coercizione che non può determinare la loro inclusione nella categoria di migrante economico.

5 Testo originale: a migratory movement in which an element of coercion exists, including threats to life

and livelihood, whether arising from natural or man-made causes (e.g. movements of refugees and internally displaced persons as well as people displaced by natural or environmental disasters, chemical or nuclear disasters, famine, or development projects).

6 Testo originale: “many migrants and asylum seekers have multiple reasons for mobility, and it is

impossible to completely separate economic and human rights motivations – which is a challenge to the neat categories that bureaucracies seek to impose”

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Per capire meglio le sottili distinzioni dei migranti soggetti a migrazione forzata, si fornisce di seguito l’opera di categorizzazione di tale gruppo in virtù dello specifico elemento di coercizione che obbliga allo spostamento (Castles, 2014):

- Reinsediamento (resettlement): si tratta del trasferimento del migrante, impossibilitato a rientrare nel proprio Paese per timore di persecuzione, dal Paese di prima richiesta di asilo ad un paese terzo nel quale gli sia concessa protezione e residenza a lungo termine. Secondo l’UNHCR (2018a), il numero degli Stati partecipanti ai programmi di reinsediamento sta aumento: l’Italia, in particolare, ne fa parte dal 2015.

- Sfollati interni (Internally displaced persons): con tale espressione si definisce un gruppo di persone obbligate a lasciare la propria residenza abituale in conseguenza di conflitti armati, violenza generalizzata, violazioni dei diritti umani o disastri naturali o conseguenti ad attività antropiche, in quali non hanno tuttavia oltrepassato un confine internazionale, a differenza del rifugiato (UNHCR, 2018a).

- Development displacees: si tratta di persone costrette a migrare in conseguenza di

programmi di sviluppo su vasta scala come, per esempio, la creazione di installazioni militari o industriali.

- Migranti ambientali (environmental and disaster displacees): quest’ultima categoria è ancora largamente discussa in sociologia. Si tratta di persone costrette allo sfollamento in conseguenza di disastri naturali (inondazioni o terremoti), cambiamenti dell’ambiente (deforestazione, desertificazione) o per calamità dovute all’impatto antropico. Non è chiaro se questa categoria possa considerarsi autonoma o se il concetto di disastro ambientale costituisca un’appendice di altre problematiche di matrice sociopolitica (debolezza intrinseca della Stato, povertà diffusa).

In conclusione, risulta evidente che la sociologia delle migrazioni forzate costituisca un settore di ricerca caratterizzato da un approccio interdisciplinare, una volontà comparativa ed un focus di ricerca transnazionale. Questo avviene poiché le sue dinamiche e gli attori sinora illustrati si inseriscono nella macro-cornice di un contesto globalizzato politicamente ed economicamente (da intendersi come fenomeno potenzialmente generatore di iniquità) e delle relazioni fra Nord e Sud del mondo dominate da logiche di potere ed interessi politico-economici.

In virtù di quanto scritto sinora, occorre dunque considerare il fenomeno della migrazione forzata non solo come una conseguenza di un contesto di emergenza umanitaria, bensì anche come una componente stabile delle relazioni Nord-Sud: in questo senso, deve essere studiata e

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gestita dalle autorità in quanto fenomeno ormai assodato, nei confronti del quale non si avvia una battaglia istituzionale, bensì si ricerca una soluzione a lungo termine in grado di gestirlo. Solo così si può costruire le solide fondamenta delle politiche di immigrazione e di accoglienza e, allo stesso tempo, contrastare fenomeni di “migration industry” (Castles, 2013: 24), illegale e lesiva dei diritti umani, creatasi con lo scopo di favorire l’immigrazione irregolare in territorio europeo.

Sulla base di quanto esposto finora, che ha la funzione di cornice del fenomeno delle migrazioni, nella prossima sezione si provvederà ad esporre in modo specifico le figure di interesse di questo elaborato, ovvero gli individui ai quali, in considerazione di determinati elementi del singolo processo migratorio, deve essere garantito il diritto d’asilo e l’accoglienza come fase conclusiva della propria mobilità.

1.4 Il diritto d’asilo: una panoramica del fenomeno nel mondo e in Europa

All’interno di questa sezione del presente lavoro verrà esposta una cornice generale della normativa internazionale in tema di diritto d’asilo e della relativa terminologia, così da permettere la piena comprensione delle tematiche affrontate nei prossimi capitoli.

Inoltre, verrà anche esposto un quadro generale della composizione dei flussi migratori che interessano il territorio europeo, in particolare gli Stati membri oggetto della presente analisi, ovvero Spagna e Italia, in considerazione della loro evidente importanza ai fini del presente lavoro.

1.4.1 Due figure giuridiche differenti: il richiedente asilo e il rifugiato

Il primo documento internazionale che riconosce l’asilo quale diritto umano fondamentale è la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo: l’articolo 14.1, infatti, afferma che “qualunque persona ha il diritto di richiedere e di beneficiare in altri Stati di asilo dalla persecuzione”7

(traduzione della scrivente, Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, art. 14.1).

Come si evince dal nome, si tratta tecnicamente di una dichiarazione, dunque è priva di forza giuridica vincolante: tuttavia, verrà successivamente utilizzata come fondamenta per futuri trattati internazionali più specifici, relativi ai diritti umani affermati in essa.

7 Testo originale: “everyone has the right to seek and to enjoy in other countries asylum from

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Nello specifico, esistono due tipologie di asilo, ovvero l’asilo diplomatico e quello territoriale, il quale costituisce l’oggetto di interesse del presente lavoro. Consiste in una concessione fatta dallo Stato di destinazione, o ospitante, in quanto forma di esercizio della sovranità territoriale e si concretizza mediante l’ammissione di cittadini terzi nel proprio territorio a scopo protettivo, secondo modalità decise in base alla ratifica di convenzioni internazionali e alla propria legislazione nazionale (Ferrari, 2005: 3). In conseguenza di ciò, gli Stati firmatari della Convenzione di Ginevra del 1951 e del relativo Protocollo di New York saranno obbligati, essendo entrambi i testi atti vincolanti, a riconoscere lo status di rifugiato a quanti ne soddisfino i requisiti, o a fornire loro altre tipologie di protezione, previste in altri testi, a seconda del singolo caso; quanto al resto, in linea generale ogni Stato decide chi e come ammettere all’interno del proprio territorio, coerentemente con le proprie politiche di immigrazione (Ferrari, 2005).

Tenendo in considerazione quanto esposto, si definisce, dunque, il richiedente asilo come

una persona che ricerca protezione dalla persecuzione o da un danno grave in un Paese differente dal proprio e attendere una decisione in merito alla domanda d’asilo nel rispetto degli strumenti internazionali e nazionali. In caso di decisione negativa, la persona deve abbandonare il Paese e potrebbe esser espulsa, esattamente come ogni altro individuo di altra nazionalità in situazione irregolare o illegale, a meno che non venga concessa un’autorizzazione di residenza su basi umanitarie o affini8 (traduzione della scrivente, IOM, 2011: 12).

Dal punto di vista giuridico, si tratta di uno status temporaneo concesso all’individuo in seguito alla sua manifestazione di volontà di richiedere asilo: tale status perdura fino al riconoscimento (o alla denegazione) dell’asilo da parte delle autorità competenti. Si sottolinea qui che, spesso, tale procedura presenta un’estrema dilatazione dei tempi in virtù della complessità dell’analisi della stessa: in ogni caso, il solo fatto di richiedere protezione internazionale attribuisce all’individuo una serie di diritti (che devono essergli garantiti dalle autorità preposte) e un livello minimo di protezione che si concretizza nel principio di non refoulement, sancito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 19519.

8 Testo originale: a person who seeks safety from persecution or serious harm in a country other than his

or her own and awaits a decision on the application for refugee status under relevant international and national instruments. In case of a negative decision, the person must leave the country and may be expelled, as may any non-national in an irregular or unlawful situation, unless permission to stay is provided on humanitarian or other related grounds.

9 1. Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di

territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.

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La Convenzione costituisce il primo strumento convenzionale di cui si è dotata la comunità internazionale in tema di asilo, con il fine di elaborare un approccio comune per gestire un fenomeno globale e generalizzato, ovvero quello dei rifugiati nel periodo immediatamente successivo alla Seconda Guerra Mondiale. La sua importanza ai fini del presente lavoro è evidente, dato che costituisce la base della normativa europea in materia d’asilo.

Ai sensi dell’articolo 1A della Convenzione, si definisce rifugiato colui che

per causa di avvenimenti anteriori al primo gennaio 1951 e nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato (Convenzione di Ginevra, art. 1).

È evidente che il testo è profondamente legato al periodo storico di cui è figlio: nonostante questo, successive interpretazioni ne determineranno cambiamenti sostanziali, per esempio l’eliminazione del limite temporale dell’anno 1951 operata dal Protocollo di New York (1967). La Convenzione impone, dunque, l’obbligo per gli Stati firmatari di concedere l’asilo a quanti affermino di aver subito una forma di persecuzione individuale per i motivi sopraelencati, senza fornire ulteriori dettagli: questo si deve alla volontà di offrire ampi spazi di manovra agli Stati firmatari, ma non si può negare che il testo sia diretto ad una categoria con specifiche vulnerabilità.

In considerazione del fatto che l’assenza dell’elemento di persecuzione personale determina la non concessione dello status di rifugiato, si è reso necessario elaborare differenti forme di protezione, con differenti requisiti, affinché un numero di persone (che è risultato essere molto più elevato di quanti ricevono l’asilo) non fosse privato di protezione e costretto a tornare al paese di origine, rischiando di subire violazioni dei propri diritti umani. Nel paragrafo relativo alla normativa europea e nei capitoli successivi, vedremo nel dettaglio come l’Unione europea e gli Stati oggetto del presente lavoro hanno deciso di articolare il loro sistema normativo e sociale di protezione di richiedenti asilo e rifugiati, prendendo come base i criteri ginevrini ed ampliandoli.

1.4.2 Un quadro dei flussi migratori

All’interno di questa sezione conclusiva del presente lavoro, verrà offerta una panoramica dei principali flussi migratori che interessano il mondo attualmente, con particolare riguardo per le

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categorie oggetto dell’analisi del presente lavoro e per i flussi che interessano direttamente lo Stato spagnolo e italiano. A tal fine, verranno qui esposti dati numerici relativizzati, così da fornire una cornice del fenomeno a livello mondiale ed europeo.

Nel corso degli ultimi anni si è andata creando la narrazione dei flussi migratori come fenomeno incontrollato, i cui attori sono le masse (povere), una sorta di “invasione” dovuta ad eventi catastrofici (come, per esempio, una guerra): quest’immagine viene riproposta soprattutto da mass-media e classi politiche, trattata in un’ottica emergenziale, da gestire con rapidità. Come afferma De Haas:

questa percezione va a sommarsi alla diffusa idea che il mondo stia affrontando un’ondata in arrivo di persone che abbandonano Paesi devastati dalla guerra e che stia minacciando di scapparci dalle mani, e che per questo richieda un’azione urgente […] Come spesso accade con il tema delle migrazioni, la realtà è molto più variegata. Infatti, il numero totale di rifugiati in percentuale rispetto a tutti i migranti nel mondo è piuttosto limitato, ed è rimasto decisamente stabile se osserviamo le tendenze a lungo termine”10 (traduzione della scrivente, De Haas, 2016).

Secondo il World Migration Report, pubblicato dall’International Organization for Migration (2018), le stime relative all’anno 2015 indicano un numero di migranti internazionali che ammonta a circa 244 milioni di individui, ovvero il 3,3% della popolazione mondiale: questo dato indica, in primo luogo, che la tendenza alla permanenza nel proprio paese di origine continua ad essere la norma.

Approfondendo la questione e basandosi sui dati resi disponibili dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, scopriamo che, all’interno del precedente dato, i soggetti a migrazione forzata nell’anno 2017 ammontano a circa 68,5 milioni di persone: questo è indice di una tendenza in aumento di tre milioni di individui rispetto al 2016 (UNHCR, 2018a). Di questi, circa 40 milioni sono sfollati interni, mentre il numero di rifugiati11 ammonta a circa 25,5 milioni

10 Testo originale: this perception adds to the widespread idea that the world is facing a swelling tide of

people leaving war-torn countries that is threatening to run out of hand, and that therefore requires urgent action […] As so often with migration, the reality is more nuanced. In fact, the total number of refugees as a share of all migrants in the world is rather limited, and has remained remarkably stable if we look at long term trends.

11 La categoria “rifugiati” include quelli il cui status è stato riconosciuto ai sensi della Convenzione di

Ginevra, del Protocollo di New York e della Convenzione che regola gli aspetti specifici dei problemi dei rifugiati in Africa (1969); include, inoltre, quelli riconosciuti dallo Statuto dell’UNHCR, i titolari di protezione temporanea o altre forme complementari di protezione (UNHCR, 2018a). In questo caso, si comprende anche persone provenienti dalla Palestina e stanno sotto il mandato specifico della UNRWA.

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di persone e i richiedenti asilo a poco più di tre milioni, la metà dei quali si trova in “zone in via di sviluppo”12 (United Nations Statistics Division, n.d.).

Procedendo da questi dati, è importante però evidenziare una questione interessante, ovvero il fatto che la maggior parte degli sfollati (85%) viene accolta in Paesi in via di sviluppo, i quali, generalmente, costituiscono anche gli Stati limitrofi (o in posizione geografica prossima) al Paese d’origine dei flussi: questo può costituire un problema, considerando che “molti di questi Paesi stanno già fronteggiando ostacoli notevoli verso lo sviluppo sostenibile, i quali rendono particolarmente arduo mobilitare risorse sufficienti per rispondere ai consistenti afflussi di rifugiati”13 (traduzione della scrivente, UNHCR, 2018a: 15 - 17).

Si pensi che solo nella zona dell’Africa subsahariana si colloca un numero di rifugiati quantificabile in poco più di sei milioni di persone, mentre gli Stati che ospitano il più alto numero di rifugiati sono la Turchia (tre milioni e mezzo), il Pakistan e l’Uganda (con circa un milione e mezzo di rifugiati ciascuno) e il Libano (quasi un milione): quest’ultimo, inoltre, costituisce lo Stato che, al mondo, presenta il più alto tasso di rifugiati in relazione alla popolazione nazionale (UNHCR, 2018a).

Passiamo ora ad analizzare i dati riguardanti il territorio dell’Unione europea, in particolare degli Stati oggetto del presente lavoro: a tal fine, la banca dati europea Eurostat fornisce numerose statistiche ed infografiche per dare un’idea della dimensione del fenomeno.

La cosiddetta “crisi dei rifugiati” in Europa e le immagini onnipresenti di barche sovraffollate in arrivo sulle coste del Mediterraneo trasmettono l’impressione che le migrazioni minaccino di andare fuori controllo e che sia necessaria una reazione radicale per arginare gli incontrollabili afflussi di migranti […] L’idea di una “crisi dei rifugiati” globale non ha una base reale […] le società occidentali, al contrario, ricevono in comparazione un numero inferiore di rifugiati, ed i numeri attuali sono tutt’altro che senza precedenti. Attualmente, circa lo 0.4% della popolazione totale in Europa è rifugiata. Tale cifra è rimasta sospesa intorno allo 0.5% fra il 1992 e il 199514 (traduzione della scrivente, De Haas,

2017).

12 La United Nations Statistics Division identifica le developing regions mediante un codice utilizzato a fini

statistici, senza finalità di giudizio. Ciò è illustrato al seguente link, che fornisce un elenco degli Stati considerati appartenenti a dette regioni: https://unstats.un.org/unsd/methodology/m49/

13 Testo originale: “many of these countries are already dealing with substantial barriers to sustainable

development, making it particularly challenging for them to mobilize sufficient resources to respond to large refugee influxes”.

14 Testo originale: The so-called "refugee crisis" in Europe and the omnipresent images of overfilled boats

arriving on Mediterranean shores give the impression that migration is threatening to spin out of control and that radical action is needed to curtail the uncontrollable influx of migrants […] The idea of a global "refugee crisis" likewise has no basis in fact. […] Western societies, by contrast, receive a comparatively

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Come De Haas puntualizza, i numeri di individui che arrivano in Europa e richiedono asilo costituiscono cifre esigue, se comparate con quelle precedentemente analizzate a livello mondiale. In particolare, durante tutto l’anno 2017, circa 650.000 individui hanno fatto formalmente richiesta d’asilo, per la prima volta, in uno degli Stati membri: nel complesso, si è trattato perlopiù di persone provenienti da Siria, Iraq, Afghanistan, Nigeria e Pakistan (Eurostat, 2018a). De Haas (2017), inoltre, ha stimato anche che nel territorio dell’Unione europea arrivi, ogni anno, un numero di persone che oscilla fra il milione e mezzo e i due milioni e mezzo, il che corrisponderebbe ad una percentuale esigua della popolazione totale degli Stati membri (che oscilla fra lo 0.3% e lo 0.5%).

Per quanto riguarda i dati relativi agli Stati oggetto del presente lavoro, ovvero la Spagna e l’Italia, preme innanzitutto sottolineare che quanto esposto di seguito ha il solo scopo di fornire una cornice di base: infatti, entrambe le situazioni nazionali per quanto riguarda la composizione dei flussi migratori verranno poi riprese e trattate approfonditamente nei capitoli singolarmente dedicati ai due Stati.

Nel caso della Spagna, il 2017 è stato l’anno che ha registrato il maggior numero di richieste di protezione internazionale dal 1984, anno di approvazione della prima Legge sull’Asilo (CEAR, 2018). Infatti, durante il 2017 si è assistito ad un incremento delle entrate irregolari attraverso la rotta del Mediterraneo occidentale, recentemente riaperta in seguito alla parziale chiusura della rotta del Mediterraneo centrale: Amnesty International (2018) stima che, nel periodo che va da gennaio a settembre 2017, le entrate irregolari in Spagna ammontino a 21.663, ovvero più del doppio rispetto alle cifre dell’anno precedente.

Anche il numero dei richiedenti asilo ha visto un aumento in termini relativi rispetto al 2016: si è trattato, in concreto, di circa 31.000 persone, ovvero poco più del doppio dei circa 15.000 richiedenti asilo dell’anno precedente. Queste cifre record hanno, però, determinato il collasso dell’Ufficio di Asilo e Rifugio, uno degli enti del Ministero dell’Interno che si occupa della gestione delle domande d’asilo, per cui circa 40.000 richiedenti son ancora in attesa di veder finalizzato il processo di richiesta asilo (CEAR, 2018).

Per quanto riguarda i Paesi di origine dei richiedenti asilo e, dunque, la composizione di tali flussi migratori, per il secondo anno consecutivo il Venezuela è il paese da cui proviene la maggior

low number of refugees, and current numbers are anything but unprecedented. Currently, about 0.4 percent of the total EU population is a refugee. That figure hovered around 0.5 percent between 1992 and 1995.

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parte dei richiedenti asilo in Spagna: è seguito dalla Siria, dalla Colombia, dall’Ucraina e, infine, dall’Algeria (Eurostat 2018b)

Il caso italiano è profondamente differente da quello spagnolo. Durante il 2017, quasi 120.000 persone sono sbarcate sulle nostre coste, in diminuzione rispetto alle cifre del 2016, anno in cui si registrarono poco più di 180.000 individui (Amnesty International, 2018). Questa diminuzione è dovuta a molti fattori, che verranno trattati più approfonditamente nel capitolo relativo al sistema di accoglienza italiano: per il momento, si può citare, per esempio, la cooperazione con le autorità libiche attraverso un memorandum d’intesa volto a diminuire le partenze dalla costa libica, oppure i limiti imposti all’operato delle ONG che operavano nel Mediterraneo per recuperare i barconi alla deriva.

Al contrario, il numero di richiedenti asilo è leggermente aumentato: dalle 122.000 richieste registrate durante il 2016, si passa alle 130.000 del 2017 (Amnesty International, 2018).

Per quanto concerne il Paese d’origine dei richiedenti asilo, nel 2017 lo Stato da cui ne proviene la maggioranza è la Nigeria, seguita da Bangladesh, Pakistan, Gambia e Costa d’Avorio (Eurostat, 2018b).

Negli anni precedenti, i dati riguardo la composizione sociale dei flussi migratori non variano molto. Secondo i dati disponibili dal sito Eurostat (2017), nel 2016, in Spagna, la situazione è praticamente immutata rispetto all’anno precedente: il Venezuela è sempre lo Stato da cui proviene la maggior parte dei richiedenti asilo, seguito dagli stessi Paesi già menzionati. Anche in Italia i dati sono molto simili a quelli dell’anno precedente, ad eccezione del Senegal, che nella classifica occupa il posto del Bangladesh.

Nel 2015, invece, in Spagna la maggior parte dei richiedenti asilo proveniva dalla Siria, in conseguenza del drammatico esacerbarsi del conflitto; l’immigrazione venezuelana, invece, non era ancora così numericamente rilevante (Eurostat, 2016). Quanto al resto, le due classifiche sono praticamente identiche a quelle del 2016.

L’analisi dei componenti dei flussi migratori, mediante una prospettiva che si focalizza sul Paese di origine, è importante perché “le migrazioni sono un fenomeno sociale totale, che include gli aspetti cultural, ideologici, economici e politici […] ci arrivano società, culture, visioni del mondo e questo ci dovrebbe obbligare ad accettare una volta per tutte che dobbiamo riformulare le nostre risposte alle questioni chiave del vincolo sociale e del contratto politico”15 (traduzione

della scrivente, De Lucas, 2016: 34).

15 Testo originale: “las migraciones son un fenómeno social total, que incluye los aspectos culturales,

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In altre parole, è necessario conoscere quali identità culturali ogni migrante porta con sé, poiché la costruzione di società inclusive dipende anche e principalmente dalla conoscenza e dall’accettazione dell’alterità, ovvero di ciò che, a prima vista, può sembrarci “diverso ed altro” dalla cultura in cui nasciamo e cresciamo.

debería obligar a aceptar de una vez que tenemos que reformular nuestras respuestas a las cuestiones clave del vínculo social y del contrato político”

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CAPITOLO SECONDO

IL DIRITTO D’ASILO NELL’UNIONE EUROPEA

2.1 Introduzione

La regolazione degli ingressi da parte degli Stati riceventi è cresciuta d’importanza. Specialmente in Europa, da più di trent’anni essa ha pressoché bloccato, almeno ufficialmente, gli arrivi di lavoratori manuali con contratti di lunga durata, provocando per contro l’aumento imprevisto del ricorso a varie altre motivazioni per l’ingresso: dai ricongiungimenti familiari al rifugio politico e umanitario, senza contare l’immigrazione irregolare (Ambrosini, 2011: 21).

La regolazione dei flussi migratori costituisce un tema decisamente attuale in Europa: sono in atto, infatti, numerosi dibattiti sia a livello europeo, finalizzati a riforme del sistema d’asilo, sia in seno ai vari Stati membri riguardo le rispettive normative. Trattandosi di un argomento in fieri, può essere complicato seguirne ogni sviluppo, onde evitare di fornire notizie obsolete: nonostante ciò, nella stesura del presente lavoro si cercherà di basare il presente lavoro su fonti quanto più attuali possibile. Non si esclude, tuttavia, che la normativa in materia (specie per quanto riguarda il caso italiano) possa cambiare in un futuro prossimo.

Innanzitutto, occorre mettere in evidenza una questione di primaria importanza, ovvero la problematica costituita dalla confusione che spesso viene fatta anche dai mezzi di comunicazione fra concetti quali immigrazione e diritto d’asilo.

Si tratta di due situazioni profondamente differenti sotto il profilo giuridico e, in conseguenza di ciò, devono essere regolate da normative distinte. Nello specifico:

con la finalità dell’accesso ad uno status giuridico differente, conviene distinguere fra immigrazione, nel caso in cui si faccia riferimento al processo per cui i non cittadini di uno Stato entrano nello stesso con il proposito di risiedervi, ed asilo, intendendo come tale la protezione concessa da uno Stato ad uno straniero sul suo territorio contro l’esercizio della giurisdizione da parte dello Stato di origine16

(traduzione della scrivente, Morgades, 2016, citato in Corella, 2016a: 152).

16 Testo originale: a efectos del acceso a un estatuto jurídico diferente, conviene distinguir entre

inmigración, cuando se hace referencia al proceso por el cual los no nacionales de un Estado entran en él con el propósito de instalarse, y asilo entendiendo por tal la protección concedida por un Estado a un extranjero en su territorio contra el ejercicio de la jurisdicción por el Estado de origen.

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Fatta questa dovuta premessa a scopo chiarificatore, si può passare ad esporre il tema del presente capitolo: in esso, infatti, verranno illustrate a grandi linee le politiche dell’Unione europea in materia di immigrazione, dando particolare risalto a quelle specificatamente dedicate al tema dell’asilo; queste, infatti, hanno assistito a recenti sviluppi in risposta alle ondate migratorie del nuovo millennio.

Complessivamente, si potrebbe affermare che queste oscillino tra due poli principali i quali, ad oggi, risultano essere particolarmente in conflitto tra di loro in virtù del fatto che le migrazioni costituiscono un tema caldo e, soprattutto, perché non è facile trovare un punto di accordo fra di essi. Nello specifico, si tratta, da una parte, dell’osservanza del diritto internazionale d’asilo e dell’adempimento degli obblighi che ne discernono, dall’altra del rispetto delle volontà e degli interessi dei singoli Stati membri e del principio di sovranità statale.

Analizzando a fondo la questione, il primo polo, dunque, è costituito dal rispetto e dall’attuazione del diritto internazionale d’asilo, dei diritti umani e dei principi ispiratori dell’azione dell’Unione. Nello specifico, si allude ai Trattati internazionali in materia (previamente elencati), al Trattato di Lisbona del 200917, alla Carta dei Diritti Fondamentali

dell’Unione Europea18 e alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e

delle Libertà Fondamentali, firmata dai 47 Stati membri del Consiglio d’Europa, ma non dall’Unione europea in quanto tale.

Il secondo polo d’attrazione riguarda, invece, gli interessi economici che sempre sottostanno a qualsiasi decisione politica: in questo caso, la volontà degli Stati membri di elaborare una qualche forma di controllo della circolazione delle persone da uno Stato all’altro. In altre parole,

17 In particolare, si fa riferimento ai seguenti articoli, contenuti nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione

Europea (TFUE):

Art. 67: 2. Essa garantisce che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppa una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi. Ai fini del presente titolo gli apolidi sono equiparati ai cittadini dei paesi terzi.

Art. 80: Le politiche dell'Unione di cui al presente capo e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale principio.

E, infine, all’articolo 78, che verrà in seguito citato integralmente.

18 In particolare, si fa riferimento al contenuto del Preambolo e ai seguenti articoli:

Art. 18: il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dal protocollo del 31 gennaio 1967, relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Art. 19: 1. Le espulsioni collettive sono vietate.

2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

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l’obiettivo è sempre stato quello di evitare che la creazione dell’area Schengen (e, dunque, la libera circolazione di merci e persone, capitali e servizi) avesse come diretta conseguenza l’impossibilità di controllare gli spostamenti degli individui in territorio europeo. In quest’ottica, la gestione dei movimenti delle persone si converte in un problema da governare e di difficile soluzione, considerando che non tutti gli Stati membri sono propensi a favorire la libera circolazione anche ai cittadini di Paesi terzi (Stege, 2017). Tenendo in considerazione questa premessa, non sorprende dunque che, sebbene gli sforzi si dirigano verso una politica comune europea in materia d’asilo, continuino a permanere sostanziali differenze nei modus operandi degli Stati membri.

Questa idea soggiacente alle politiche migratorie, unita alla carenza di canali d’accesso regolari per l’ingresso in territorio europeo con motivazioni differenti dalla richiesta d’asilo, ha determinato la creazione di flussi migratori misti, composti sia da potenziali rifugiati e/o beneficiari di protezione, sia da migranti economici, e questi si sono ritrovati ammassati alle frontiere esterne dell’UE (Corella, 2016a). In questa situazione si complica, evidentemente, il riconoscimento del giusto status giuridico che spetta ad ogni migrante in virtù della propria situazione personale e si determina il malfunzionamento dei sistemi di accoglienza degli Stati di frontiera, che si trovano a dover gestire numeri elevati di persone in contesti drammatici come quegli degli sbarchi: questa questione verrà a più riprese citata nel presente lavoro.

Fatta questa premessa, all’interno del presente capitolo verrà dunque esposta l’impalcatura della normativa europea in materia d’asilo, analizzando nello specifico il percorso di formazione del Sistema Europeo Comune d’Asilo e le sue articolazioni in direttive e regolamenti: si tratta di un mosaico normativo finalizzato ad elaborare una politica uniforme in Europa in materia di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporale, così da armonizzare le politiche di gestione dei richiedenti asilo degli Stati membri mediante la trasposizione degli atti europei nelle proprie normative nazionali.

Nella successiva sezione del presente lavoro verranno, invece, brevemente illustrate le ultime decisioni e i più recenti dibattiti in merito ad una riforma del sistema d’asilo tuttora in corso di discussione, in considerazione del malfunzionamento del meccanismo nel suo complesso e nel rispetto di certe volontà di alcuni Stati membri emerse recentemente.

2.2 Il Sistema Europeo Comune d’Asilo

Sebbene già il Trattato di Maastricht del 1993 avesse introdotto una forma di cooperazione intergovernativa in materia d’asilo, le istituzioni europee acquisiscono la competenza in tale

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