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L’Agenda Europea per l’Immigrazione

In conseguenza della pressione migratoria degli anni 2014 e 2015, si decide per l’adozione di varie misure volte ad affrontare e regolare tale fenomeno, per cui la Commissione europea pubblica, nel maggio 2015, l’Agenda Europea per l’Immigrazione. La finalità di questo documento consiste nell’elaborazione di una strategia per gestire la “crisi migratoria”26, dotando

l’Unione di nuovi strumenti, soprattutto in relazione alla migrazione irregolare, alle frontiere e in materia d’asilo (Commissione europea, 2015).

Tra le novità dell’Agenda, alcune risultano di particolare interesse per il presente lavoro. Sebbene, infatti, la politica d’immigrazione europea si basi perlopiù sul concetto di esternalizzazione delle frontiere27, nell’Agenda si afferma che “la lotta decisa all’immigrazione

irregolare, alla tratta e al traffico di migranti e il potenziamento della sicurezza delle frontiere

25 Tale elenco viene specificato nella presente direttiva, al suo articolo 21.

26 Le numerose morti in seguito a naufragi avvenuti presso le coste di Lampedusa durante il 2013

(Calandra, 2013), unitamente al naufragio avvenuto presso le coste della Libia durante la notte tra il 18 e il 19 aprile 2015 (“Naufragio Canale di Sicilia”, 2015) costituiscono solo due dei molti eventi critici di tal tipo che evidenziarono quella che, successivamente, verrà spesso definita come una crisi migratoria. Tale concetto è utilizzato per designare la situazione che si è delineata nel Mediterraneo negli ultimi anni, caratterizzata da un elevato numero di morti in mare di quanti ne hanno tentato l’attraversamento pagando organizzazioni criminali e trafficanti di esseri umani per poter usufruire di barconi di dubbia resistenza e, così, arrivare alle coste italiane, greche o spagnole, prevalentemente.

27 L’Unione affronta il tema della migrazione anche in sede di partenariati con paesi terzi finalizzati alla

cooperazione esterna, soprattutto alla cooperazione allo sviluppo: mediante finanziamenti e la creazione di sedi distaccate in Paesi terzi, ove lavorano funzionari di collegamento europei specializzati, l’UE cerca di portare avanti una politica estera attiva. Per il periodo 2014-2020, gli stanziamenti previsti ammontano a 96,8 miliardi di euro, desinati alle regioni africane, asiatiche e dell’Europa orientale, da cui proviene l maggior parte dei migranti che entra in Europa (Commissione europea, 2015).

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esterne dell’Unione devono andare di pari passo con una forte politica comune di asilo e una nuova politica europea di migrazione legale” (Commissione europea, 2015: 8): ciò implica anche la creazione di sistemi che applichino con coerenza le norme sull’accoglienza ed il miglioramento dei sistemi già esistenti.

In primo luogo, si decide per l’istituzione di una nuova modalità di supporto per gli Stati membri direttamente interessati dai flussi migratori in virtù del sistema Dublino, ovvero Italia, Spagna e Grecia. Sulla base di questa nuova strategia, focalizzata sui suddetti “punti di crisi” (Commissione europea, 2015: 7), si stabilisce che l’Ufficio Europeo di Sostegno per l’Asilo (EASO), l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (la “vecchia” Frontex) e l’Europol collaboreranno alle frontiere esterne per portare rapidamente a termine i processi di identificazione, rilevazione delle impronte digitali e, successivamente, di registrazione, dei migranti appena entrati in territorio europeo. Di conseguenza, “chi presenterà domanda di asilo sarà immediatamente immesso in una procedura di asilo cui contribuiranno le squadre di sostegno dell’EASO trattando le domande quanto più rapidamente possibile. Per chi invece non necessita di protezione, è previsto che Frontex aiuti gli Stati membri coordinando il rimpatrio dei migranti irregolari” (Commissione europea, 2015: 7).

Questo approccio è finalizzato anche ad attuare una politica di ricollocazione dei richiedenti asilo ammissibili28 nei territori di altri Stati membri, competenti per l’esame di domanda

internazionale, così da realizzare il principio europeo di solidarietà e di equa ripartizione enunciato all’articolo 80 TFUE: ad oggi, la Commissione considera che il processo di ricollocazione si stia concludendo, con quasi 34.000 persone ricollocate da Italia e Grecia verso i restanti Stati membri (Commissione europea, 2018).

Un secondo importante punto dell’Agenda riguarda i finanziamenti economici dei progetti nazionali di accoglienza, in considerazione del fatto che le politiche in materia di immigrazione devono essere seguite da una politica di integrazione efficace: nonostante questa sia di competenza dei governi nazionali, secondo le modalità da loro prescelte, l’Unione europea si ripropone di sostenere economicamente le iniziative dei governi, delle autorità locali e della società civile (Commissione europea, 2015). In virtù di questo, si stabilisce che i finanziamenti ai progetti di integrazione proverranno dal Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione29, dal Fondo

28 “Sono ammissibili alla ricollocazione i cittadini dei paesi per cui il tasso complessivo di concessione

dell’asilo negli Stati membri dell’UE è pari o superiore al 75%. Si tratta attualmente di: Eritrea, Siria, Yemen, Bahamas, Bahrein, Bhutan, Qatar ed Emirati Arabi Uniti” (Commissione europea, 2017: 1).

29 Il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (FAMI) costituisce il principale strumento economico europeo

nel settore dell’asilo: per il periodo 2014 – 2020 è stata prevista una dotazione di circa sei miliardi e mezzo di euro (Parlamento Europeo, 2018a).

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europeo di sviluppo regionale e dal Fondo sociale europeo30, e forniranno la base economica di

attività volte all’inclusione sociale, in particolare a “iniziative mirate volte a migliorare le competenze linguistiche e professionali, l’accesso ai servizi e l’accesso al mercato del lavoro, favorire un’istruzione inclusiva e scambi interculturali, e promuovere campagne di sensibilizzazione rivolte sia alle comunità di accoglienza che ai migranti” (Commissione europea, 2015: 18).

Un terzo punto rilevante dell’Agenda consiste nella prospettiva per il futuro, basata sulla volontà di realizzare un dibattito sul CEAS finalizzato ad una sua riforma. Infatti, molti suoi punti deboli sono già ben in vista: in primis, come già detto in precedenza, il sovraccarico di lavoro per gli Stati membri in prima linea in virtù delle regole impose dal sistema Dublino, ma si fa riferimento anche alla disomogeneità delle condizioni di accoglienza e alla (talvolta) farraginosa procedura d’asilo.

2.3.1 Dopo l’Agenda Europea sull’Immigrazione: l’attualità

Nel marzo 2018 la Commissione pubblica una comunicazione in cui fa il punto della situazione per quanto riguarda l’attuazione degli obiettivi e dei punti chiave dell’Agenda, in considerazione del fatto che gli sbarchi sulle coste meridionali europee hanno osservato un trend in diminuzione durante tutto il 2017 e si sono confermati tali anche per il 2018, presentando, tuttavia, numerosi cambiamenti per quanto riguarda le rotte migratorie: quest’ultima questione in particolare verrà analizzata nei prossimi capitoli in virtù del suo collegamento diretto con gli Stati oggetto del presente lavoro.

Gli attraversamenti irregolari delle frontiere durante il 2017 ammontano, infatti, a circa 205.000, indice di una diminuzione del 28% rispetto al 2014, ovvero l’anno che ha preceduto la crisi migratoria (Commissione europea, 2018). La comunicazione della Commissione, tuttavia, si concentra prevalentemente nell’illustrare l’impegno e gli sforzi attuati dall’UE e dai partner al di fuori del territorio europeo o lungo le sue frontiere, trattando, per esempio, i meccanismi di controllo rafforzato delle frontiere o i sistemi di gestione dei flussi migratori nei paesi di origine o di transito nel continente africano.

Per quanto riguarda, invece, il dibattito circa i miglioramenti da apportare nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, attualmente è in corso di discussione una proposta di modifica del CEAS presso il Parlamento europeo: questa, tuttavia, si trova in una fase di stallo

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per la difficoltà nel trovare un accordo, soprattutto in conseguenza dell’opposizione di molti Stati membri nei confronti dell’accoglienza dei migranti (Parlamento europeo, 2018c), soprattutto in considerazione della profonda eterogeneità dei flussi migratori e della presenza mista di potenziali richiedenti asilo e migranti economici.

In particolare, la discussione mira alla ricerca di soluzioni per le criticità del sistema di Dublino III, emerse fin dal 2015, dovute soprattutto alla mancanza di equità ed efficienza per la sproporzionata responsabilità dei Paesi di frontiera nella gestione delle richieste di asilo nei confronti degli Stati membri, la scarsa volontà di collaborazione di questi ultimi nella gestione dei trasferimenti e delle ricollocazioni. Inoltre, le procedure di esame delle richieste di asilo non sono realizzate in maniera uniforme negli Stati membri, dunque non vi è garanzia di parità di trattamento nei confronti dei richiedenti (Corella, 2016a).

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