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I cambiamenti della normativa d’asilo dopo la trasposizione dei contenuti del

5.3 La normativa italiana in materia di immigrazione e asilo

5.3.2 I cambiamenti della normativa d’asilo dopo la trasposizione dei contenuti del

Tra il 2014 e il 2015, l’Italia ha operato la trasposizione delle direttive del Sistema Europeo Comune d’Asilo, precedentemente illustrate, all’interno della normativa nazionale, allineandola dunque agli standard europei mediante i decreti legislativi 18/2014 e 142/2015, di attuazione della direttiva “qualifiche” e della direttiva “accoglienza”. Oltre a questi due testi, il cui contenuto sarà analizzato contestualmente alla descrizione degli enti coinvolti nel sistema d’accoglienza, la legislazione italiana si è ampliata e modificata mediante due ulteriori decreti- legge, ovvero il decreto-legge 13/2017 ed il decreto-legge 113/2018, in risposta ai cambiamenti di entità dei flussi migratori a partire dal 2015.

Il decreto-legge 13/2017, conosciuto come decreto Minniti-Orlando (dai nomi degli allora Ministro dell’Interno e Ministro di Giustizia, rispettivamente), nasce con l’obiettivo di snellire la procedura di riconoscimento del diritto di asilo e altre forme di protezione, oltre che l’esame dei ricorsi: questo perché, esattamente come abbiamo visto nel caso spagnolo, la durata media di tali procedure supera di gran lunga le previsioni normative.

In tal senso, la Legge Minniti-Orlando introduce significative novità. Innanzitutto, si istituiscono all’interno dei tribunali ordinari delle sezioni specifiche i cui giudici abbiamo un particolare formazione in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea (artt. 1-2): ciò dovrebbe agevolare l’intera procedura, trattandosi di sezioni incaricate unicamente di gestire i casi relativi al riconoscimento del diritto d’asilo. La competenza dei tribunali rimane territoriale, nel senso che ogni tribunale potrà analizzare i provvedimenti emanati nella propria circoscrizione (Savio, 2017).

Una seconda misura introdotta dalla Legge Minniti-Orlando consiste nell’eliminazione del secondo grado di giudizio alla Corte d’appello per i richiedenti che abbiano ricevuto un diniego

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sia da parte della Commissione territoriale, sia durante il primo grado di giudizio, ed abbiano fatto ricorso contro di esso: di conseguenza, il caso passa direttamente alla Corte di Cassazione, la quale, come è noto, giudica solamente in merito alla legittimità della sentenza e non sui fatti concreti. Come si legge all’articolo 6, infatti, “entro quattro mesi dalla presentazione del ricorso, il Tribunale decide […] con decreto che rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria […] In caso di rigetto, la Corte di cassazione decide sull'impugnazione entro sei mesi dal deposito del ricorso (Testo del decreto-legge 13/2017, coordinato con la Legge di conversione 46/2017, art. 6, co. 13).

Questa misura in particolare è stata una tra le più criticate della Legge Minniti-Orlando in quanto, sebbene l’abolizione del secondo grado d’appello non costituisca in toto una scelta incostituzionale, non è chiaro il motivo per cui tale procedura speciale debba essere applicata in un sistema processuale che, di norma, prevede tre i gradi di giudizio, e soprattutto in un ambito così delicato come quello dell’accertamento di violazioni di diritti umani e di cui è necessario garantire il rispetto nel Paese di accoglienza (Savio, 2017).

Una terza novità della Legge Minniti-Orlando consiste nella videoregistrazione del colloquio personale di fronte alla Commissione territoriale e nella successiva trascrizione in lingua italiana, nel caso in cui il richiedente necessiti di sostenere tale colloquio nella sua lingua madre con l’ausilio di interpreti. Tale videoregistrazione può essere di ausilio nel caso in cui vi siano incomprensioni fra l’interprete, il richiedente e i funzionari della Commissione; tuttavia, si prevede anche che possa sostituire l’udienza di comparizione di fronte al tribunale ordinario, nel caso di impugnazione della decisione della Commissione: in altre parole, il ricorrente non dovrebbe affrontare udienze di fronte al tribunale ordinario, poiché questi usufruirebbe solo della videoregistrazione (Savio, 2017).

Questa modifica è stata criticata, innanzitutto, perché non sempre è stata garantita la videoregistrazione del colloquio presso la Commissione territoriale in mancanza della necessaria strumentazione; inoltre, è evidente che il giudice ordinario non potrà rivolgere domande all’interessato e/o interagire con la persona, ponendo le domande che ritenga opportune, ma dovrà limitarsi a visionare un video, e ciò può costituire dunque una limitazione procedurale. In conclusione, come si riassume all’interno di una scheda pratica elaborata dall’Associazione per gli Studi Giuridici sull'Immigrazione, “rito camerale, contraddittorio solo cartolare, abolizione del secondo grado: nessuna di queste previsioni è di per sé incostituzionale, ma il loro combinato disposto può consentire di ravvisare una violazione del principio di eguaglianza e di

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quello di difesa. Inoltre, la previsione di un’udienza in ogni caso mai pubblica parrebbe incidere pesantemente sul principio di pubblicità del giudizio” (Savio, 2017: 19).

Le novità sinora esposte riguardano prettamente la procedura amministrativa, di fronte alle Commissioni territoriali, e l’eventuale fase giurisdizionale della procedura di formalizzazione della domanda d’asilo e di valutazione della stessa. Tuttavia, la Legge Minniti-Orlando ha introdotto ulteriori modifiche riguardanti specialmente l’organizzazione del sistema di accoglienza italiano, e che dunque sono di particolare importanza nel presente lavoro.

In primo luogo, si modificano alcune parti del Testo Unico sull’Immigrazione, ad esempio la procedura di identificazione all’interno dei centri di prima accoglienza:

lo straniero rintracciato in occasione dell'attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare è condotto per le esigenze di soccorso e di prima assistenza presso appositi punti di crisi […] Presso i medesimi punti di crisi sono altresì effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico […] ed è assicurata l'informazione sulla procedura di protezione internazionale […] Il rifiuto reiterato dello straniero di sottoporsi ai rilievi […] configura rischio di fuga ai fini del trattenimento nei centri (Testo del decreto-legge 13/2017, coordinato con la legge di conversione 46/2017, art. 17.3).

In secondo luogo, si amplia la rete degli ex Centri di Identificazione ed Espulsione, rinominati Centri di Permanenza per i Rimpatri, e si realizzano alcune modifiche alla regolamentazione del loro impianto. Questi dettagli verranno approfonditi nella specifica sezione del presente lavoro dedicata a tali strutture: per il momento, occorre solo specificare che il numero dei CPR ammonterà a venti, dunque indicativamente uno per regione, e che la loro capienza sarà limitata per evitare grandi centri affollati e garantire il rispetto della dignità della persona (art. 19.3). Infine, la legge prevede anche la possibilità per i richiedenti di partecipare volontariamente ad attività socialmente utili organizzate mediante la collaborazione dei prefetti con i Comuni, le Regioni e le Province autonome e, infine, le organizzazioni del terzo settore (art. 22-bis).

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