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Muoversi sulla linea dei numeri durante l'apprendimento della matematica: l'esperienza del MathPro Test.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in Matematica

Tesi di Laurea Magistrale

Muoversi sulla linea dei numeri

durante l'apprendimento della

matematica: l'esperienza del

MathPro Test

Candidato: Relatore:

Tommaso Cuviello

Prof.ssa Anna Baccaglini-Frank

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Sommario

In questa tesi esaminiamo le strategie e i processi coinvolti nei modi in cui gli studenti stimano delle grandezze numeriche sulla linea dei numeri, attra-verso uno studio qualitativo e un'ampia selezione della letteratura. A partire dal 1880, con gli studi di Sir Francis Galton sulle number form, le associa-zioni numerico-spaziali hanno rivestito un importante ruolo per la ricerca nei campi della psicologia cognitiva, delle neuroscienze e della didattica del-la matematica. Più recentemente, grazie agli studi di Stanisdel-las Dehaene e dei suoi collaboratori sull'eetto SNARC (Spatial-Numerical Association of Response Codes, associazione numerico-spaziale dei codici di risposta), si è aermato in letteratura il costrutto della linea dei numeri mentale (MNL, Mental Number Line). Nel primo capitolo di questa tesi esaminiamo tale co-strutto, soermandoci sui suoi legami con la linea dei numeri esterna, con le associazioni numerico-spaziali, con la cognizione numerica, con il conitto tra proprietà cardinali ed ordinali dei numeri naturali e sulla sua natura di pro-dotto culturale. In un secondo capitolo introduciamo invece il MathPro Test, un sistema di prolazione per competenze e dicoltà nell'apprendimento del-la matematica ideato da Giannis Karagiannakis, Anna Baccaglini-Frank e i loro collaboratori, riservando un'attenzione particolare alle consegne del test dedicate alle linee dei numeri. Nel terzo capitolo, inne, illustriamo i risulta-ti di uno studio qualitarisulta-tivo, confrontando le prestazioni nel MathPro Test e in un'intervista clinica per alcuni studenti italiani. I risultati di questo con-fronto suggeriscono una grande inuenza del conitto cardinalità-ordinalità nella capacità di collocare dei numeri sulla linea.

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Ringraziamenti

Il primo ringraziamento per la realizzazione di questa tesi va alla mia re-latrice, Prof.ssa Anna Baccaglini-Frank, per avermi permesso di lavorare su un argomento assai aascinante, orendomi consigli preziosi nel reperi-mento della letteratura, nella progettazione dello studio e nella stesura del documento nale, ma lasciandomi allo stesso tempo una grande libertà nel-l'approcciarmi a questo lavoro in modo personale. La sua esperienza e la sua disponibilità sono stati fattori estremamente importanti nel determinare la mia serenità e il mio entusiasmo nell'arontare questo compito.

La natura sperimentale di questa tesi ha fatto sì che molte persone fos-sero coinvolte tanto nelle somministrazioni del MathPro Test, quanto nelle interviste dello studio qualitativo. Ringrazio perciò gli insegnanti e i dirigen-ti scolasdirigen-tici che hanno coordinato il lavoro negli isdirigen-titudirigen-ti dove ci siamo recadirigen-ti, così come gli studenti intervistati e le loro famiglie.

Una tesi magistrale non è soltanto un atto formale, ma anche la ne di un lungo percorso di formazione universitaria. I ringraziamenti vanno quindi a chi più di tutti mi ha permesso di arrivare a questo punto, e cioè alla mia famiglia: i miei genitori, mio fratello, i miei nonni.

Tra questi ringraziamenti non può mancarne uno a Margherita, la mia compagna per la vita. Non conosco una persona che come lei sia in grado di cambiarmi, sempre per il meglio.

Inne, ringrazio tutti i compagni e gli amici che mi sono stati accanto in questi anni. Mi hanno distratto, e per questo hanno tutta la mia gratitudine.

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Indice

1 Introduzione 1

1.1 La cognizione numerica e la linea dei numeri mentale . . . 1

1.1.1 Numeri e spazio . . . 1

1.1.2 Il senso del numero . . . 6

1.1.3 La MNL e le number form . . . 10

1.1.4 Scale di misura per la MNL . . . 12

1.1.5 Operazioni aritmetiche sulla MNL . . . 17

1.2 Cardinalità e ordinalità . . . 22

1.2.1 L'approccio delle neuroscienze . . . 23

1.2.2 Studi comportamentali e implicazioni didattiche . . . . 25

1.3 Inuenze interculturali sulla linea dei numeri . . . 27

1.3.1 Il ruolo del linguaggio . . . 29

1.3.2 MNL: innata o solo utile? . . . 34

2 Il MathPro Test 39 2.1 Dicoltà in matematica . . . 39

2.1.1 Denizioni, quadro normativo, criticità diagnostiche . 39 2.1.2 Tentativi di categorizzazione . . . 43

2.2 Il modello su quattro dominî . . . 47

2.2.1 Il modello . . . 47

2.2.2 Uno studio preliminare . . . 50

2.3 Il test . . . 55

2.3.1 Introduzione al MathPro Test . . . 55

2.3.2 Le consegne sulle linee dei numeri . . . 58

2.3.3 Il MathPro in Belgio . . . 59

2.3.4 Il MathPro in Italia . . . 63

3 Numeri sulla linea: uno studio qualitativo di strategie usate da studenti di 78 anni 67 3.1 Premesse . . . 67

3.1.1 Le indicazioni della letteratura . . . 67

3.1.2 Il quadro del MathPro Test . . . 69

3.2 Lo studio . . . 70 vii

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3.2.1 Domande di ricerca . . . 70 3.2.2 Popolazione . . . 71 3.2.3 Metodologia . . . 71 3.3 Risultati . . . 75 3.3.1 Niccolò . . . 76 3.3.2 Matteo . . . 78 3.3.3 Chiara . . . 80 3.3.4 Mattia . . . 82 3.3.5 Andrea . . . 84 3.3.6 Emiliano . . . 86 3.3.7 Alessandra . . . 88 3.4 Conclusioni . . . 90

3.4.1 Un'ipotesi su cardinalità e ordinalità . . . 90

3.4.2 Considerazioni supplementari . . . 93

3.4.3 Limiti e possibili sviluppi . . . 94

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Capitolo 1

Introduzione

In questo capitolo introduciamo il costrutto di linea dei numeri mentale, a partire dall'elaborazione di Dehaene e dei suoi collaboratori.

In una prima sezione, arontiamo i temi delle associazioni numerico-spaziali e della cognizione numerica di base, il collegamento tra i quali trova una sintesi nella linea dei numeri mentale. La sezione si chiude con un focus su questo costrutto, sulle sue scale di rappresentazione e su come il modello rende conto delle operazioni aritmetiche elementari.

All'interno della seconda sezione, esaminiamo il conitto tra proprietà cardinali ed ordinali dei numeri naturali alla luce della letteratura e dei modelli basati sulla linea dei numeri mentale, soermandoci sugli ambiti delle neuroscienze e della didattica della matematica.

La terza e ultima sezione prende piede dal modo in cui i fattori intercul-turali  in particolare linguistici  inuenzano la linea dei numeri menta-le, per poi discutere tanto la natura non innata di questa rappresentazione quanto la sua valenza dal punto di vista didattico.

1.1 La cognizione numerica e la linea dei numeri

mentale

1.1.1 Numeri e spazio

Il legame tra numeri e spazio nasce con la matematica stessa: dalla nozione di misura ai sistemi di coordinate, dalla retta reale al piano cartesiano, la storia della matematica è costellata di analogie in cui rappresentazioni spaziali e numeriche si scambiano, ragurandosi l'un l'altra.

Il costrutto di linea dei numeri mentale (Mental Number Line, MNL) na-sce da un'ingegnosa tecnica sperimentale ideata dal neuroscienziato francese Stanislas Dehaene, attraverso la quale si è potuta dimostrare la presenza in-conscia di una linea mentale sulla quale sono sistemati i numeri, da sinistra

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verso destra (Dehaene, Dupoux e Mehler 1990; Dehaene, Bossini e Giraux 1993).

Tale tecnica prevede semplicemente di far eettuare a un soggetto dei giudizi di parità, cioè di decidere premendo un pulsante se un dato numero, che viene presentato sullo schermo, è pari o dispari. Dehaene, Bossini e Giraux (1993) si sono accorti che le risposte prodotte premendo il tasto con la mano sinistra risultavano più veloci per numeri piccoli, e viceversa la mano destra era più veloce nel dare giudizi su numeri grandi (almeno per quel che riguarda la cultura occidentale, vedi sezione 1.3.1). Questo sorprendente fenomeno suggerisce una forte associazione numerico-spaziale, e va sotto il nome di eetto SNARC (Spatial-Numerical Association of Response Codes, associazione numerico-spaziale dei codici di risposta), in onore al poemetto La caccia allo Snark di Lewis Carroll (1876).

Ad oggi, l'eetto SNARC può essere considerato a tutti gli eetti co-me il punto di svolta nella ricerca sulle associazioni tra nuco-meri e spazio (e quindi nella denizione della MNL); ciononostante, è andato a collocarsi al-l'interno di un quadro di associazioni tra numeri e spazio che già da una trentina d'anni si andava ampliando. L'esempio principale è dato da Moyer e Landauer (1967), che hanno proposto ad alcuni soggetti un semplice test di classicazione delle grandezze: data una coppia di cifre (arabe) scegliere la più grande. Sono emersi, principalmente, due eetti.

Distance eect Ad una maggiore dierenza tra le cifre corrisponde un minor tempo di risposta.

Size eect (o magnitude eect) A parità di distanza tra le cifre, i tempi di risposta crescono con il crescere delle cifre.

Ovvero, le dierenze sono più semplici da notare quando sono più grandi o quando sussistono tra numerosità più grandi (Nieder e Miller 2003; Mechner 1958; van Oeelen e Vos 1982; Brannon e Terrace 2000). I due fenomeni descritti da Moyer e Landauer (1967) sembrano oltretutto essere indipendenti da fattori culturali, quali i sistemi di scrittura o di enumerazione (Geary 1996).

Altre prove a supporto dell'associazione numerico-spaziale sono emerse anche successivamente alla scoperta dell'eetto SNARC. Un esempio più recente è dato dall'eetto della grandezza numerica sulle prove di bisezione di segmenti. Generalmente, infatti, gli adulti sono piuttosto precisi in questo compito, ma quando è richiesto di bisecare un segmento rappresentato da una stringa del tipo cifracifracifra si riscontrano errori sistematici verso sinistra nel caso di cifre piccole (come in dueduedue), e viceversa a destra per cifre grandi (novenovenove) (Calabria e Rossetti 2005; Fischer 2001).

Allo stesso modo, Fischer, Castel et al. (2003) hanno chiesto ad alcuni soggetti di localizzare un oggetto su uno schermo, mostrando però una irri-levante cifra araba prima dell'inizio della prova (questa tecnica sperimentale

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 3 prende il nome di priming): nel caso di cifre piccole (come 1 o 2) i par-tecipanti si sono mostrati signicativamente più veloci nell'individuare un obiettivo posizionato nel semispazio visivo sinistro, e viceversa cifre grandi (come 8 o 9) hanno inuenzato positivamente la velocità di reazione per il ritrovamento di oggetti situati a destra.

Il legame concettuale tra l'aspetto numerico e quello spaziale è dato an-che dalla provata forte correlazione tra le buone prestazioni nei due ambiti relativi (Hermelin e O'Connor 1986). Viceversa, molteplici risultati conver-gono nel ritenere che decit visuo-spaziali si accompagnino spesso a decit numerici (Geary 1994).

Inoltre, le aree cerebrali impegnate nella rappresentazione spaziale e nel-la cognizione numerica coinvolgono convoluzioni adiacenti (Dehaene 1997), tutte situate all'interno della corteccia parietale inferiore.

Ad esempio, un individuo con lesioni situate in questa zona del cervello può sviluppare la sindrome di Gerstmann (1940), che comporta dicoltà:

• aritmetiche (acalculia);

• nel distinguere destra e sinistra;

• nel rappresentare le dita delle mani;

• nello scrivere.

La corteccia parietale inferiore sembra dunque essere la sede di circuiti neurali che sono alla base della geograa del corpo, della linea dei numeri e delle mappature spaziali (Cohen e Dehaene 1996). La compresenza di disabilità nel moto e nel calcolo non è certo una sorpresa. Per il neurologo britannico MacDonald Critchley (1953) il calcolo comporta la motilità, si può agire un calcolo (acting calculation).

L'attivazione di determinate reti neurali resta comunque legata al con-testo in cui avvengono i processi cognitivi scatenanti. Ad esempio, Cohen e Dehaene riferiscono il caso di un paziente aetto dalla sindrome di Gerst-mann, e quindi portatore di enormi dicoltà nell'aritmetica di base, al punto di non riuscire a dividere 4 per 2. Lo stesso paziente, con una MNL evidente-mente compromessa, si mostrava però allo stesso tempo del tutto a suo agio nel muoversi lungo la più concreta linea temporale, riuscendo a dire quanto tempo passa dalle 9 alle 11 (l'equivalente di una sottrazione, operazione per lui molto ardua) o a convertire orari dal formato a 12 ore (AM-PM) a quello a 24 ore e viceversa (operazione equivalente alla somma o alla sottrazione di 12, anche qui con un successo assai inferiore in un contesto astratto).

Alcuni studi (Zorzi, Priftis e Umiltà 2002; Vuilleumier, Ortigue e Brug-ger 2004) su pazienti soerenti una negligenza spaziale unilaterale (cioè una sistematica tendenza ad ignorare la porzione spaziale sinistra) hanno mo-strato ulteriori elementi a supporto dei legami numerico-spaziali. Uno dei tradizionali test per la negligenza consiste nel richiedere di bisecare una li-nea: i pazienti aetti da questa patologia posizionano il punto di mezzo nella

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porzione destra del segmento. Gli studi qui citati hanno richiesto invece, a pazienti a cui è già diagnosticato questo disturbo, di fornire il valore mediano di un dato intervallo numerico (ad esempio, il numero a metà tra 3 e 12), confermando anche in questo caso più astratto la tendenza a spostarsi sulla porzione destra dell'intervallo. Questi studi stabiliscono dunque chiaramente che la bisezione numerica coinvolge uno stadio interno di rappresentazione su di una linea numerica spazialmente orientata.

Combinando tecniche e confrontando studi siologici per la cognizione spaziale nei primati, e di neuroimaging per la cognizione numerica umana, Hubbard, Arman et al. (2005) sono riusciti a provare che le stesse trasfor-mazioni neurali che supportano la cognizione spaziale vengono utilizzate nel corso delle operazioni aritmetiche, creando spostamenti lungo la MNL.

L'importanza dei processi visuo-spaziali per l'aritmetica mentale è pro-vata anche dalle sovrapposizioni anatomiche e funzionali tra i processi di calcolo e i movimenti oculari saccadici (Hubbard, Diester et al. 2008). Que-sti risultati confermano l'ipotesi per cui le abilità numeriche umane sono frutto di una conservazione, a livello evoluzionistico, delle regioni parietale e frontale, raorzando così il costrutto di MLN.

Dopo aver passato in rassegna vari studi comportamentali relativi alle relazioni tra numeri e spazio, Hubbard, Piazza et al. (2005) commentano:

In sintesi, vari esperimenti indicano che i numeri suscitano automa-ticamente delle rappresentazioni spaziali indipendenti dalla consegna, dalla metodologia e dall'eettore, anche quando queste rappresentazio-ni spaziali non sono strettamente rilevanti per la consegna. Nonostante fattori cognitivi e culturali abbiano chiaramente parte nell'orientamen-to di questi eetti, l'esistenza di un'interferenza numerico-spaziale è robusta.

(Hubbard, Piazza et al. 2005)1

Le connessioni tra spazialità e cognizione numerica si manifestano anche nell'atto del contare. Opfer e Thompson (2006) hanno studiato bambini (35 anni) e adulti statunitensi trovando che, messi di fronte ad una la di oggetti, il 98% dei bambini e il 100% degli adulti li ha contati da sinistra verso destra, mostrando così una chiara inuenza sulla direzione sinistra-destra persino in soggetti non ancora capaci di leggere e scrivere.

Dati i risultati sugli automatismi delle associazioni numerico-spaziali, quella di una linea dei numeri rappresenta in maniera immediata una potente metafora per la rappresentazione mentale delle quantità numeriche. Infatti, ogni parte della linea è associata ad una certa quantità, ed inoltre si ha un eetto di orientazione nello spazio, partendo da zero all'estrema sinistra ed estendosi verso destra man mano che i numeri crescono.

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 5 Che l'orientamento vada da sinistra verso destra (almeno per quel che ri-guarda le popolazioni occidentali; vedi sezione 1.3) è una conseguenza imme-diata dell'eetto SNARC, ma anche altri studi  ad esempio alcuni (Göbel, Walsh e Rushworth 2001) che coinvolgono l'uso della stimolazione magne-tica transcranica (rTMS, repetitive Transcranial Magnetic Stimulation)  confermano questa ipotesi.

Poiché dunque la MNL risulta monodimensionale, orientata da sinistra verso destra, l'analogia con la linea numerica esterna è immediata e supe-riore a qualsiasi altro diagramma che rappresenti in maniera analogica delle grandezze. Per questo motivo, la grande maggioranza degli studi (in varie categorie di letteratura accademica: dalla psicologia cognitiva alla didattica della matematica, dalla neurologia riabilitativa agli studi comportamenta-li sugcomportamenta-li animacomportamenta-li) che indagano i moltepcomportamenta-lici aspetti della MNL si basano su consegne centrate sulla linea dei numeri esterna, come la stima della posi-zione relativa a un numero o, viceversa, del numero relativo a una posiposi-zione. Oltretutto, consegne come queste presentano molti vantaggi: forniscono un insieme di dati sostanzialmente compatto e adeguato ad un'analisi per mez-zi statistici, non richiedono prerequisiti particolari, e si appoggiano su un metodo di rappresentazione assai diuso.

Un esempio più elaborato viene da Siegler e Booth (2004).

L'esperimento prevedeva anzitutto di chiedere ai bambini di localizza-re 10 numeri equispaziati su una singola linea dei numeri; dopodiché di pensare a queste stime iniziali e, se desiderato, di rivedere le stime sulla linea dei numeri orginale; e quindi di generare stime nali delle posizioni di tutti i numeri su di una nuova linea dei numeri. Ci si atten-deva che questa procedura aumentasse la precisione e la dipendenza su rappresentazioni lineari poiché i bambini capaci di generare rappresen-tazioni lineari, ma che non vi si appoggiavano in questa prova di stima, avrebbero notato che numeri che sarebbero dovuti essere equispaziati non lo erano.

(Siegler e Booth 2004) Negli anni successivi alla scoperta dell'eetto SNARC, la MNL è stata inserita all'interno di un modello numerico più generale, e molto inuente, noto come triplo codice (Dehaene, Piazza et al. 2003). In questo modello, il concetto di numero è letto come:

1. un codice visuale (numero arabo) in cui la rappresentazione è data da una sequenza di cifre;

2. un codice di grandezza (quantità analogica);

3. un codice verbale in cui i numeri sono rappresentati come una sequenza di parole.

Le tre modalità di rappresentazione poggiano, probabilmente, su die-renti substrati neurali: le strutture ventrali occipito-temporali per il codice

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visuale, la corteccia parietale per il codice di grandezza e le aree del linguaggio sinistra frontale e temporale per il codice verbale.

1.1.2 Il senso del numero

La quantità analogica viene stimata da un accumulatore approssimato (De-haene 1997) che, a livello cerebrale, condividiamo con molti animali, dai ratti (Mechner 1958; Mechner e Guevrekian 1962) ai piccioni. Questo codice rap-presenta i numeri come distribuzioni di attivazioni su una linea dei numeri orientata e fornisce una conoscenza approssimativa delle quantità numerica, come le relazioni più grande-più piccolo (7 è maggiore di 5) o di prossimità (15 è vicino a 16).

L'esistenza dell'accumulatore dipende dunque dalla nostra capacità di stimare, un processo che attuiamo continuamente durante le nostre vite. Quanto è largo questo armadio? Quanto pesa quel masso? Quanto costerà il contenuto del mio carrello al supermercato? Quanto tempo ci metterò per arrivare a lavoro? Domande di questo tipo sono onnipresenti nelle nostre routine quotidiane, e richiedono tutte l'attivazione di processi cognitivi atti a stimare qualche tipo di grandezza.

I processi di stima possono essere visti come conversioni da un sistema di rappresentazione di quantità a un altro. Sebbene gli esempi più naturali siano costituiti da traduzioni da un linguaggio non numerico a uno numerico (prendere un peso, o una lunghezza, un tempo ecc. e trasformarlo in un numero) esistono anche esempi di conversione da non numerico a numerico: prendere un numero e trasformarlo in una posizione su un segmento rientra in questa categoria (Siegler e Booth 2004).

Quando ci troviamo a dover valutare la numerosità di un insieme, la co-gnizione numerica è un caso speciale del riconoscimento di oggetti. Dato che quello visivo è il canale di estrazione di informazioni più frequentemente usato dagli umani, è importante esaminare come la percezione visiva contri-buisce al modo in cui le nostre menti lavorano con i numeri (Göbel, Shaki e Fischer 2011).

Il subitizing è l'abilità di riconoscere in modo preciso e automatico la numerosità di insiemi piccoli, contenenti no a 4 elementi (Mandler e Shebo 1982; Kaufman et al. 1949). L'ampia letteratura su questo fenomeno è generalmente concorde nel ritenere che sia innato ed universale tra gli esseri umani, dato che si verica in tutte le popolazioni, indipendentemente dai vari fattori culturali, anche in neonati in fase preverbale, e persino in molte specie animali (Desoete et al. 2009; Nieder 2005).

Insiemi più grandi non possono essere automaticamente enumerati con precisione massima, ma la loro dimensione può essere stimata con un'accura-tezza che dipende dalla legge di Weber: la nostra sensibilità a cambiamenti in uno stimolo dipende dalla grandezza di tale stimolo. Dunque, per esem-pio, se ci serve che 5 oggetti vengano aggiunti ad un insieme di 25 per notare

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 7 un cambiamento, allo stesso modo abbiamo bisogno di 10 oggetti in più per accorgerci di una modica per un insieme di 50: si ottiene così un rapporto di discriminabilità  la frazione di Weber  che rimane costante (Göbel, Shaki e Fischer 2011). Non sembra che la frazione di Weber sia inuenzata da fattori culturali, e rimane pressoché inalterata in adulti, bambini, e altre specie animali (Merten e Nieder 2009; Halberda e Feigenson 2008). Notiamo che la legge di Weber è compatibile con il distance e il size eect. Attraver-so un'espressione piuttosto azzeccata, Dehaene (1997) ha chiamato questa struttura mentale fuzzy counting, contare sfocato.

Per capire da dove proviene questa fonte di errore dobbiamo allora in-terrogarci su come riusciamo ad estrarre la numerosità dall'ambiente che percepiamo.

Per il modello di W. H. Meck e Church (1983) la percezione di ciascun singolo oggetto produce uno stimolo che viene registrato ed aggiunto ad un accumulatore. Alla ne di questo processo, la dimensione dell'accumulatore viene letta all'interno della memoria, e si forma così una rappresentazione della numerosità dell'insieme.

Nel modello proposto da Dehaene e Changeux (1993), invece, ogni stimo-lo è codicato come una distribuzione gaussiana di attivazioni organizzate topogracamente. Quindi, dopo una normalizzazione che rende le attivazioni indipendenti dalla dimensione dei relativi stimoli, si procede con una somma che produce su una mappa posizionale il cluster neuronale corrispondente alla numerosità percepita.

Entrambi i modelli prevedono un rumore (un'approssimazione), rispet-tano la legge di Weber e richiedono una qualche sorta di accumulatore che sommi i vari stimoli prima di passare alla fase di rappresentazione interna. Il modello di W. H. Meck e Church (1983), però, si comporta in modo seriale ed assume una scala lineare, a dierenza del modello di Dehaene e Changeux (1993), che prevede una scala logaritmica e una codica in parallelo.

Il sistema elementare di stime approssimate e subitizing in certa lettera-tura va sotto la sigla ANS (Approximate Number System, sistema numerico approssimato; Lourenco et al. 2012) ed ha una certa importanza dal punto di vista didattico, dato che la precisione dell'ANS è risultata essere un preditto-re statisticamente signicativo per le ppreditto-restazioni in matematica (Halberda, Mazzocco e Feigenson 2008; Gilmore, McCarthy e Spelke 2010; Mazzocco, Feigenson e Halberda 2011).

Halberda, Mazzocco e Feigenson (2008) avanzano l'ambiziosa ipotesi che questo sistema di quanticazione non verbale costituisca la fondazione lo-genetica ed ontolo-genetica di ogni abilità numerica, anche quelle più avanzate ed elaborate. Sebbene questa ipotesi sia piuttosto aascinante, la ricerca successiva l'ha accolta solo parzialmente, invitando ad una maggiore cautela. Ad esempio, Lourenco et al. (2012) hanno chiesto a studenti del college di stimare (senza contare) quale tra due vettori di punti fosse maggiore in numerosità o in area cumulativa, rilevando una signicativa correlazione

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sta-tistica tra la precisione in entrambe le mansioni e i risultati in aritmetica e geometria (all'interno di un test standardizzato). Tuttavia, per entrambe le precisioni non si è riscontrata correlazione con le prestazioni in altri campi del test (scioltezza in matematica, concetti quantitativi, problemi applicati). Sebbene dunque vari studi siano riusciti a mettere in relazione l'ANS con l'aritmetica mentale e la geometria di base, e questi risultati avanzino persi-no l'ipotesi più azzardata per cui anche concetti aritmetici e geometrici più avanzati dipendano dalle rappresentazioni non simboliche delle grandezze, si evidenziano comunque dei chiari limiti all'inuenza che tali rappresentazioni possono avere su altri campi della matematica.

La ricerca nel campo delle neuroscienze, almeno per quel che riguarda gli ultimi vent'anni, è unanime nel ritenere improbabile l'esistenza di una unità aritmetica, cioè di una zona del cervello umano addetta alle competenze numeriche. Tuttavia, pur non disponendo di un luogo sico ben delimitato dedicato a questi compiti, i nostri circuiti neurali sono in grado di adattarsi in modi alternativi e rendere così possibile il pensiero matematico.

Simulazioni algoritmiche delle reti neurali (Dehaene e Changeux 1993) hanno suggerito l'esistenza di neuroni approssimativamente dedicati a certi numeri. Per esempio, un'unità all'interno della rete rispondeva ottimamente alla percezione del numero 4 (che arrivasse sotto forma di quattro stimoli visivi, di quattro stimoli sonori, o di due stimoli visivi e due sonori), mentre la stessa unità rispondeva raramente ai numeri 3 e 5 e mai agli altri numeri. Per l'intera linea dei numeri è stato possibile rintracciare tali recettori, con un'ampiezza di precisione via via più larga tanto più che i numeri in questione crescevano.

Neuroni in grado di selezionare le numerosità sono stati scoperti anche all'interno del cervello di alcuni primati (Nieder, Freedman e Miller 2002): tali neuroni risultavano come sintonizzati su un certo numero, mostrando un'attività massima in risposta ad una determinata quantità di oggetti rap-presentati su uno schermo. Questa regione di neuroni dotati di una nu-merosità preferita formava un insieme di ltri di nunu-merosità sovrapposti, sistemati in sequenza così da collegare cardinalità e ordinalità.

Per le linee di ricerca odierne è comune supporre, visti i risultati co-me questo, che il codice neurale intraparietale dei primati sia il precursore evoluzionistico sulla base del quale gli umani sono poi riusciti a fondare l'a-ritmetica. La vasta letteratura (riassunta in Hubbard, Diester et al. 2008) sulla cognizione numerica nei neonati, nei bambini, negli adulti, nelle varie culture e negli animali non umani supporta l'ipotesi che le nostre abilità numeriche dipendano da circuiti neurali logeneticamente conservati, che si sono evoluti dai processi base di stima e di manipolazione elementare delle quantità numeriche.

La principale motivazione a supporto di questa assunzione risiede nelle analogie, a livello neurologico, tra umani e macachi (Nieder e Merten 2007; Dehaene 1993; Merten e Nieder 2009; van Oeelen e Vos 1982; Piazza, Izard

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 9 et al. 2004; Piazza, Pinel, Le Bihan et al. 2007), che suggeriscono che i loro meccanismi di codica su una linea graduata per la rappresentazione delle numerosità siano comparabili.

Un tema che rimane tuttora dibattuto è se sia possibile o meno includere i meccanismi di stima e riconoscimento delle numerosità sotto un più ampio sistema di cognizione delle grandezze (per esempio estensione di aree, volume di suoni, intensità di luminosità). Infatti, se da un lato sono palesi certe somiglianze tra i modelli percettivi, dall'altro è evidente che il concetto di numero sia più astratto di quello di grandezza sica: la caratteristica di un oggetto di essere chiaro, o ruvido, è puramente sensoriale; la caratteristica di un insieme di essere composto da due elementi è invece assai più elaborata. Un modello unico per tutti i tipi di grandezza (ATOM, A Theory Of Ma-gnitude) è stato elaborato dal cognitivista Vincent Walsh (2003). Basandosi su reinterpretazioni di studi di imaging e di misure neuronali single-unit, su risultati comportamentali e su studi di stimolazione magnetica transcranica, ATOM propone l'esistenza di un unico meccanismo metrico pre-linguistico comune al modo in cui percepiamo il tempo, lo spazio, il peso, i numeri e ogni altra grandezza protetica2.

Appoggiandosi ad ATOM, Hurewitz, Gelman e Schnitzer (2006) hanno

notato che l'ammontare di roba3 interferisce sul giudizio sulla numerosità

più di quanto la numerosità interferisca sul giudizio sulla quantità di roba. A corollario di questi risultati, gli autori propongono la possibilità di una gerarchia di grandezze, dalle variabili continue a quelle discrete.

A supporto del modello unico per la rappresentazione interna delle gran-dezze percepite troviamo alcuni studi di neuroimaging, che hanno scoperto una forte sovrapposizione di attivazioni neuronali per numeri ed estensioni (Pinel et al. 2004) e per numeri e posizioni (Zago et al. 2008). Allo stesso modo, uno studio (Tudusciuc e Nieder 2007) sulle attività cerebrali in pri-mati addestrati a riconoscere sia lunghezze di linee che numerosità di insiemi di punti ha mostrato che alcuni neuroni codicavano solo la cardinalità, altri solo la lunghezza, e altri ancora entrambe le grandezze.

Cohen Kadosh, Lammertyn e Izard (2008), al termine di una rassegna delle varie prove a sostegno di un meccanismo di codica comune per le dimensioni siche e i numeri, suggeriscono la possibile convivenza di rappre-sentazioni congiunte e separate.

Cosa si intenda, comunque, per number sense, per ANS, per unità arit-metica, o per ATOM è decisamente ambiguo: Berch (2005) ha elencato 30 diverse caratteristiche usate in letteratura per descrivere o denire il senso 2Una grandezza è protetica se permette giudizi del tipo di più o di meno. Ad

esempio, la lunghezza è protetica: questo oggetto è più lungo di quello, questo meno lungo di quello. Il tono acustico (pitch) invece non lo è.

3Anche nell'articolo originale si usa il termine informale stu, data l'assenza di un

altro termine in grado di indicare tanto una lunghezza, quanto un peso, un tempo, una supercie, una numerosità. . .

(18)

Figura 1.1: La linea dei numeri di Cathy, una discalculica molto intelligente, ben istruita, quasi trentenne. Cathy ha pensato ai numeri in questa forma sin dalla sua infanzia (Butterworth 1999).

del numero. Non solo, nei 13 anni trascorsi dalla pubblicazione dell'articolo di Berch alla stesura di questa tesi tale numero è verosimilmente aumentato!

1.1.3 La MNL e le number form

Tornando alle associazioni numerico-spaziali, l'esempio più datato in lettera-tura è costituito dallo studio delle number form, ovvero il modo in cui parte della popolazione  secondo alcune stime (Seron et al. 1992) circa il 14%  visualizza in termini spaziali i numeri, che è di interesse per le neuroscienze sin dal XIX secolo (Galton 1880).

Butterworth (1999) riporta il caso di Cathy, una studentessa di psicologia tra i 25 e i 30 anni aetta da discalculia evolutiva. Una possibile spiegazione per l'insorgere di tale disturbo è data dalla number form adottata da Cathy (gura 1.1).

Dunque quando pensava al 5, lo pensava come la metà della linea 1 10, e 3 come la metà della linea 15. Ma qual era la metà della linea 510? Era 7 o 8? Le decine erano rappresentate due volte, una volta all'inizio di una linea e una volta alla ne. Questo schema non sarebbe sopravvissuto a un semplice test di conteggio: Uno, due, tre, quattro, cinque, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, dieci, undici. Non sembrava essere riuscita a connettere la numerosità con il contare, e nessuno di questi con il calcolo.

(Butterworth 1999, p. 309) Benché le number form e le MNL siano concetti distinti  le prime sono manifestazioni sinestetiche, le seconde sono costrutti elaborati nel campo

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 11

Figura 1.2: Esempi di number form disegnate da alcuni partecipanti di J. Tang, Ward e Butterworth (2008). Le number form sono state disegnate in due occasioni distinte (prima occasione a sinistra, seconda occasione suc-cessiva mediamente di 13 mesi). Tutti percepivano i numeri 110 in una direzione generale sinistra-destra.

delle neuroscienze  sono rintracciabili alcune analogie. Un esempio è dato dalle number form raccolte e analizzate da Seron et al. (1992): nella maggior parte dei casi i numeri andavano da sinistra a destra o verso l'alto. Per J. Tang, Ward e Butterworth (2008) il legame tra MNL e number form è assai saldo, tanto che queste ultime vengono denite la linea dei numeri mentale cosciente.

I nostri risultati supportano l'ipotesi che le NF4  la linea dei

nu-meri mentale cosciente  siano di natura ordinale e rappresentino la sequenza dei numerali per come sono stati imparati da questi soggetti numericamente istruiti. Questo non vuol dire che le NF siano pura-mente fenomeni appresi. La tendenza ad associare numeri e spazio è probabilmente non appresa, nonostante la particolare sequenza dei nu-meri trovata in un dato linguaggio sia appresa, così come la direzione di lettura.

(J. Tang, Ward e Butterworth 2008) D'altra parte, le sinestesie numerico-spaziali in generale contraddicono la nozione di MNL lineare, prendendo spesso una struttura diversa (ovale, rettangolare, a scale, a spirale, oppure sempre lineare ma verticale, o a zig zag).

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È stato provato (Hubbard, Piazza et al. 2005) che number form in con-traddizione con la classica MNL orizzontale possono impedire il vericarsi dell'eetto SNARC, e quindi per alcuni sinesteti è impossibile parlare di MNL.

Ricorrere alla propria number form sembra essere un processo automatico per i sinesteti che si trovano ad arontare una mansione numerica, dato che se i numeri sono mostrati in un formato spazialmente incompatibile con la number form decidere quale è il maggiore e quale il minore richiede più tempo (Piazza, Pinel e Dehaene 2006; Sagiv et al. 2006). Una conferma di questa tendenza è data anche da Cohen Kadosh e Henik (2006a), che hanno mostrato che il size eect si conserva anche quando, per un sinesteta di tipo cifra-colore, le cifre nel test sono state sostituite dal colore corrispondente. Questo fenomeno non si verica invece tra i non-sinesteti (J. Tang, Ward e Butterworth 2008), il che suggerisce che l'automatismo nel ricorrere alle number form sia ancor più forte rispetto a quello nel far uso della MNL.

Il caso delle number form è stato successivamente inglobato sotto il più ampio termine di sinestesia sequenza-spazio (Jonas e Jarick 2013; vedi anche Ward e Mattingley 2006). Con questo si intende ogni fenomeno per cui una qualsiasi sequenza ordinata (ad esempio, appunto, quella numerica) induce una percezione di tipo spaziale. La tendenza nella ricerca più recente (Cohen Kadosh e Henik 2006b; Gevers, Imbo et al. 2010) su sinestesie di questo tipo è di non considerarle esclusivamente come esperienze sensoriali, ma di dare rilievo anche alle componenti cognitive di questi fenomeni (ad esempio, i collegamenti tra colori e le grandezze numeriche).

1.1.4 Scale di misura per la MNL

Una signicativa parte del dibattito accademico riguardo la MNL si articola sul modo in cui i numeri su di questa sono spaziati. Ad esempio, lo stesso Dehaene (1997) sostiene un modello logaritmico valido universalmente, per umani di tutte le età e per altri animali (vedi anche Banks e Hill 1974).

Il righello mentale con cui misuriamo i numeri non è graduato con contrassegni spaziati regolarmente. Tende a comprimere numeri più grandi in spazi più piccoli. Il nostro cervello rappresenta le quantità in maniera non dissimile dalla scala logaritmica su di un regolo calcolato-re, dove spazi eguali sono allocati per gli intervalli tra 1 e 2, tra 2 e 4, tra 4 e 8. Come risultato, la precisione e la velocità con le quali posso-no essere svolti i calcoli diminuiscoposso-no necessariamente con il crescere dei numeri.

(Dehaene 1997, p. 76) Coerentemente con questa ipotesi, la precisione e la velocità nel con-frontare grandezze numeriche decresce logaritmicamente con il tendere del rapporto tra i due numeri a 1 (distance eect) tanto per adulti quanto per

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 13

Figura 1.3: Una number form esposta nell'inuente articolo di Galton (1880). bambini in età prescolare (Dehaene, Dupoux e Mehler 1990; Sekuler e Mier-kiewicz 1977). Fenomeni paragonabili a questi sono stati inoltre osservati nei risultati di test designati per stabilire stime numeriche parallele in neo-nati e in animali non umani (Washburn e Rumbaugh 1991; Xu e Spelke 2000). Similmente, le prestazioni di adulti e bambini nel confrontare nume-ri a una distanza ssata decrescono loganume-ritmicamente con la loro grandezza (size eect; Moyer e Landauer 1967; Sekuler e Mierkiewicz 1977). Di nuovo, tendenze analoghe sono state osservate in altri animali e in neonati (Dehaene, Dehaene-Lambertz e Cohen 1998; Starkey e Cooper 1980).

L'ipotesi logaritmica è supportata anche dagli studi sui primati di Nieder (2005): infatti, si riescono a ottenere delle frequenze gaussiane simmetriche solo a meno di una trasformazione logaritmica della scala (Nieder e Miller 2003). Questa ipotesi è inoltre consistente con la legge di Fechner (1860), secondo la quale la grandezza percepita è (a meno di un coeciente scalare) una funzione logaritmica dell'intensità dello stimolo.

In accordo con il modello logaritmico, molti individui provvisti di number form dichiarano (Galton 1880) che questa diventa sempre più sfocata con l'aumentare dei numeri.

I numeri sembrano avvicinarsi sempre più mentre salgo da 10 a 20, 30, 40, ecc. Anche le linee che comprendono le centinaia di numeri sembrano avvicinarsi mentre proseguo da 400, 500, no a 1000. Oltre 1000 ho soltanto la sensazione di una linea innita nella direzione della freccia, che si perde nel buio in direzione dei milioni.

(Galton 1880; gura 1.3) Dehaene, Izard et al. (2008; vedi sezione 1.3) sostengono che la prima intuizione del senso del numero sia universalmente logaritmica.

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Figura 1.4: Risultati dei tting logaritmico (linea tratteggiata) e due-lineare per le stime medie fra i bambini austriaci (Helmreich et al. 2011).

Siegler e Booth (2004), però, avanzano il dubbio che alcune rappresen-tazioni viste come logaritmiche possano in realtà essere costituite da due rappresentazioni lineari interlacciate, una per i numeri più piccoli, una per quelli più grandi. Anche Helmreich et al. (2011; vedi sezione 1.3) supportano l'ipotesi di un modello lineare doppio (gura 1.4) per la linea dei numeri.

Complessivamente, i nostri risultati raorzano l'assunzione di due rap-presentazioni separate ma lineari per i numeri a una e due cifre, dato che sia le stime dei bambini austriaci che italiani sulla scala 0100 sono rese meglio con un modello due-lineare con break point assunto a 10 [. . .]Questo implica inoltre che le rappresentazioni di numeri a due cifre possa essere un'integrazione delle due singole cifre che costituiscono il numero.

(Helmreich et al. 2011) Il modello dell'accumulatore di Gibbon e Church (1981) rende invece conto del distance e del size eect in modo diverso: le grandezze numeriche sono collocate sulla retta con scala lineare; tuttavia, ciascuna grandezza è dotata di una varianza, un'ampiezza di errore che cresce linearmente con la grandezza considerata.

Il dibattito resta aperto anche sulla possibilità che ogni persona di-sponga di più rappresentazioni. Brannon, Wustho et al. (2001) scartano questa ipotesi, che ritengono un'interpretazione troppo liberale dei dati a disposizione.

Case, Okamoto et al. (1996) concordano nel dire che due rappresentazioni non possono convivere contemporaneamente, ma ammettono la possibilità di

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 15 passare da una rappresentazione a un'altra con il progredire dell'età. In que-sto modello, i bambini di 4-5 anni dispongono solo di valutazioni numeriche qualitative (questi sono pochi-questi sono tanti); mentre dai 6 anni in poi si riesce ad appoggiarsi su una struttura di tipo lineare. Prima dell'acquisizione di questa struttura lineare, l'approssimazione è ritenuta impossibile (Case e Sowder 1990).

Siegler (1996; vedi anche Siegler e Booth 2004) ritiene invece che più rappresentazioni possano coesistere in un individuo, anche contemporanea-mente, e che l'uso di una piuttosto che un'altra dipenda da quale sia più adatta al contesto. Questo modello rende conto del cambio di paradigma da logaritmico a lineare osservato nella crescita dei bambini: una rappre-sentazione logaritmica sarebbe più comune nei primi stadi di apprendimento di una fascia numerica. Ad esempio, quando si apprendono per la prima volta i numeri da 0 a 100, una tale rappresentazione attribuisce maggiore importanza ai numeri più piccoli (cioè quelli a una cifra), che sono d'altra parte quelli più usati per le operazioni aritmetiche (anche per gli algoritmi adoperati nei casi a più cifre) e nelle prime attività numeriche conosciute (Ashcraft e Christy 1995; Hamann e Ashcraft 1986).

Del resto, in molti altri dominî è stata riscontrata la convivenza di strate-gie e rappresentazioni multiple durante lunghi periodi di sviluppo concettuale

(Goldin-Meadow 2001; Keil 1992; Siegler 1996)5.

Il modello delle rappresentazioni multiple è supportato dai risultati di Siegler e Opfer (2003), che hanno testato studenti di varie età (dai 7 ai 12 anni) e adulti sulla prova di stima sulla linea dei numeri, per le fasce 0100 e 01000. Circa la metà dei bambini di seconda elementare, ad esempio, ha mostrato l'uso di una scala lineare nel contesto 0100 e di una logaritmi-ca nel contesto 01000. Tuttavia, a un esame più attento l'uso della slogaritmi-cala lineare non sembrava totalmente escluso dalla fascia 01000: nonostante, infatti, ben il 91% degli studenti di seconda sia ricorso a un approccio loga-ritmico quando veniva loro richiesto di fornire un segno sulla linea 01000 dato un numero, questa percentuale scendeva drasticamente, no al 50%, per il compito inverso (dato un segno sulla linea 01000, fornire un numero). Studiando attraverso questo modello i risultati di un proprio studio, Siegler e Booth (2004) hanno proposto una sequenza di sviluppo della cognizione numerico-spaziale che parte da un appoggio predominante sulla scala loga-ritmica, si evolve in un approccio misto tra rappresentazione logaritmica ed una lineare, e giunge quindi ad un uso predominante della scala lineare.

Coerentemente con questi risultati, Mitchell e Horne (2008) hanno notato che alcuni studenti possono dapprima contare alcuni intervalli irregolari sulla linea dei numeri, interpretando così le distanze come unità numerabile non 5Ad esempio, è noto (Fuson 1987) che le strategie per l'addizione evolvano nel corso

dell'apprendimento dal contare tutto (5 + 3: metto 5 dita e altre 3 e le conto tutte e 8) al contare da (5 + 3: parto già da da 5 e conto le altre 3 dita per arrivare a 8).

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Figura 1.5: Linea dei numeri vs. Corsa tra animali (Saxe et al. 2013). metrica. In questo modo, i numeri sulla retta vengono visti come prodotto di un processo di conteggio, solo successivamente si arriva ad identicarli

immediatamente come grandezze convertibili in termini spaziali6. Questo

approccio riette i risultati di Piaget, Inhelder e Szeminska (1960), che han-no indicato che i bambini concepiscohan-no le distanze dapprima secondo un approccio topologico non metrico, e solo dopo in modo metrico euclideo.

Un altro gruppo di studiosi che ha appoggiato l'idea che le rappresenta-zioni numerico-spaziali siano dipendenti dal contesto è composto da J. Tang, Ward e Butterworth (2008) che, al termine di uno studio su individui dota-ti di sinestesia numerico-spaziale suggeriscono che rappresentazioni diverse possano essere di supporto ad aspetti diversi della cognizione numerica, e che le number form possano costituire un particolare esempio di rappresentazione alternativa a (ma non concorrente con) la MNL.

Il contesto in cui viene posta una determinata consegna sembra non in-uenzare soltanto l'attivazione di certe sequenze neurali o rappresentazioni interne, ma anche il modo in cui i soggetti si muovono  e le loro prestazioni  sulla linea dei numeri esterna. A tale proposito, Saxe et al. (2013) hanno rilevato migliori prestazioni nel porre con la corretta distanza numeri non consecutivi su una linea dei numeri quando questa richiesta veniva presen-tata come una corsa tra animali (gura 1.5) piuttosto che nel tradizionale

contesto astratto7. In questo studio gli autori producono anche un ampio

catalogo di strategie adottate nel porre i numeri sulla retta:

• sistemare numeri consecutivi in sequenza;

• sistemare due numeri estremi, quindi il terzo come metà del segmento

individuato;

• sistemare i numeri a occhio (senza un ragionamento palese);

• usare ripetizioni di unità di misura;

6Non sempre l'uso di strumenti di misura riesce ad agevolare questa evoluzione (vedi

Petitto 1990; Koehler e Lehrer 1999; Inhelder, H. Sinclair e Bovet 1974).

7Le prestazioni sono però state molto simili tra loro quando il compito riguardava

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 17

Figura 1.6: Pur adottando la stessa strategia, solo il primo dei due esempi ha completato la consegna con successo (Saxe et al. 2013).

• usare strumenti immateriali (gesti, procedure mentali dichiarate) per

produrre unità di misura;

• prendere in considerazione altre distanze già presenti sulla retta;

• partizionare intervalli.

Secondo gli autori, il contesto ha inuenzato anche la scelta della strategia da adottare.

Tuttavia, alcuni studi più recenti (Ebersbach et al. 2008; Moeller et al. 2009) avanzano l'ipotesi che miglioramenti nelle prestazioni di stima di nu-meri su una linea siano dovuti a un cambiamento di paradigma da bilineare a lineare. Anche Butterworth, Reeve e Reynolds (2011; vedi sezione 1.3) parlano di un modello potenzialmente multidimensionale.

1.1.5 Operazioni aritmetiche sulla MNL

L'idea di una linea numerica come sistema analogico di rappresentazione in-terna delle cardinalità era già stata avanzata dallo psicologo cognitivo Frank Restle (1970).

Se un problema tipo è della forma A+B vs. C8, dove A < B, l'ipotesi è

che S9posizioni A, B, e C sulla linea dei numeri, facendo corrispondere

la distanza dall'origine (OA) con la grandezza di A, ecc. 8Decidere quali delle due quantità e minore, NdR

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Figura 1.7: Latenza media di risposte corrette e proporzione di errori, tracciate come una funzione del fractional split degli addendi (Restle 1970).

Deve quindi trasportare la distanza più piccola OA e concatenarla a OB, individuando dunque un punto X corrispondente alla somma. La decisione quindi richiede che il punto X sia confrontato con il numero da paragonare (C); il raronto può essere eseguito rispetto alle loro posizioni sulla linea dei numeri.

(Restle 1970) La linea del modello di Restle, inoltre, non era pensata come innita-mente divisibile, ma come costituita da regioni: se due punti cadevano nella stessa regione, le loro grandezze venivano considerate pari e il soggetto ne-cessitava di operare ulteriore lavoro per esaminare più da vicino la regione e distinguere i due punti.

Il modello era stato creato per inquadrare i risultati di una domanda sperimentale: il soggetto giudichi se una somma (di numeri A e B) è mag-giore o minore di un terzo numero (C). Questa rappresentazione riusciva infatti a spiegare i cali di velocità e precisione associati alla crescita della somma. Lo stesso Restle notava un caso particolare per C = 100, che veni-va quindi inquadrato come un segno prominente sulla linea dei numeri: in queste situazioni si assisteva a un minor numero di errori e ad una maggiore velocità di risposta. Ricorrere alla linea dei numeri dava anche una spiega-zione all'eetto dato dal fractional split mostrato in gura 1.7. Quando A (che nell'esperimento era sempre maggiore degli addendi) superava di molto B, l'intervallo da trasportare era corto e più facile da giudicare. Inoltre, per A = B(cioè per un fractional split di 50 : 50) il trasporto non era necessario: bastava giudicare se il punto medio della somma (cioè A, o B) fosse maggiore o minore della metà di C. Inne, più la somma A + B cadeva vicina a C, più era probabile che i due numeri stessero nella stessa regione, motivando la lentezza e l'imprecisione riscontrati per dierenze relativamente piccole.

Un altro modello per le più semplici operazioni di calcolo, che da un certo punto di vista può sembrare la più naturale evoluzione della MNL, è

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 19 costituito dal modello della matrice completa (Ashcraft e Battaglia 1978). Secondo tale modello, nel caso di un'addizione (tra numeri a una singola cifra) le possibili somme sono organizzate in una matrice mentale. Due puntatori si muovono a partire dall'origine, 0, no alla riga e alla colonna corrispondenti agli addendi. Ad esempio, per 5 + 7, il risultato 12 sarà dato dall'intersezione tra la colonna 5 e la riga 7.

Ci sarebbe però la stessa quantità di informazione se i numeri non fossero codicati come primo e secondo addendo, ma come addendo maggiore e addendo minore.

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moltipli-cazioni per 1 o per 0. Invece di cercare di ricordare ottantun moltiplimoltipli-cazioni (come è richiesto dalla scuola ai bambini italiani) è suciente ricordarne trentasei. 8 × 7 si ottiene con un procedimento analogo ai precedenti.

Adottando il modello della matrice completa riusciamo a dare una giusti-cazione al fatto (sperimentalmente riconosciuto) che gli errori in addizioni e sottrazioni tra singole cifre siano quasi sempre entro un margine di 1, o al massimo 2. Si tratterebbe infatti, in tal caso, di aver mosso il puntatore in una riga o in una colonna (o entrambe!) adiacente a quella eettivamente richiesta.

Il modello elaborato da Dehaene e Cohen (1995) per le operazioni arit-metiche semplici (a una cifra) prevede che le moltiplicazioni si appoggino soprattutto a meccanismi meccanico-mnemonici, mentre le sottrazioni ten-dono ad essere calcolate come movimenti sulla MNL. Per quanto riguarda le addizioni, si assume che entrambe le strategie contribuiscano all'operazione (vedi anche Lee e Kang 2002).

Tra gli studi a supporto di questo modello, citiamo quello di Dehaene e Cohen (1997), che hanno confrontato le prestazioni in alcuni test matematici dei pazienti MAR (uomo, 68 anni, aetto da tutti i sintomi della sindrome di Gerstmann) e BOO (donna, 60 anni, aetta da vari sintomi tra cui acal-culia e problemi di memoria). È interessante soermarsi sui risultati dei due soggetti, entrambi con compromissioni cerebrali (ma in zone diverse del cer-vello), riguardo uno dei test in particolare, il test del termometro.

Ai pazienti viene mostrata una linea verticale, con segnati 1 al fondo e 100 alla cima. Tale linea viene descritta come, appunto, un termometro. Vengono quindi presentati due esercizi:

• nel primo, vengono letti dei numeri al paziente, al quale è richiesto di

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1.1. COGNIZIONE NUMERICA E MNL 21

• nel secondo, viceversa, il paziente deve scrivere i numeri appropriati

per dei dati punti sulla linea.

Il paziente MAR ha prodotto dei risultati soddisfacentemente precisi per la prima mansione, ma ha dimostrato grandi limiti durante la seconda: per esempio, ha risposto 90, correggendosi poi a 30, per un punto corrispondente circa a 5. In totale, circa il 50% delle risposte fornite nel secondo esercizio sono risultate inappropriate.

La paziente BOO, invece, non ha mostrato dicoltà in nessuno dei due compiti, riuscendo a produrre risposte adeguate a ciascuna domanda.

I risultati di questo e di altri test hanno evidenziato come, malgrado la comune diagnosi di acalculia, i problemi aritmetici di base dei pazienti MAR e BOO presentassero caratteristiche assai diverse.

I due pazienti hanno mostrato risultati notevolmente contrastanti in questi tre insiemi di compiti, coerentemente con l'ipotesi di una doppia dissociazione tra conoscenza meccanico-verbale e semantica dei nume-ri. Il paziente MAR ha mostrato dicoltà nei compiti più quantitativi: valutazioni più grande-più piccolo, valutazioni di vicinanza tra numeri, scrittura di numeri dal termometro e, soprattutto, bisezione di inter-valli numerici. In contrasto, è stato perfetto in test non-numerici di memoria meccanico-verbale. Inne, ha avuto diverse dicoltà nel ri-solvere vari tipi di problemi di calcolo. Anche i più semplici problemi di sottrazione sono stati gravemente alterati, mentre la moltiplicazione si è preservata molto meglio. La paziente BOO ha mostrato esatta-mente l'opposto pattern di decit. Ha compreso in maniera eccellente le quantità numeriche. In contrasto, la sua conoscenza del materiale meccanico-verbale è stata compromessa, anche per compiti di ordinaria amministrazione semplici e familiari come recitare l'alfabeto. Inne, la tabella delle moltiplicazioni era la più compromessa, mentre quelle di addizione si erano preservate meglio.

(Dehaene e Cohen 1997) Questi risultati supportano, sostanzialmente, l'ipotesi dell'esistenza di due percorsi cognitivi diversi per l'aritmetica mentale:

1. immagazzinare e recuperare la conoscenza meccanico-verbale delle ta-belle aritmetiche (abilità compromessa nella paziente BOO);

2. elaborare quantitativamente i numeri (abilità compromessa nel pazien-te MAR).

Ward, Sagiv e Butterworth (2009) hanno messo ulteriormente alla prova questo modello testando sia individui provvisti di number form che un grup-po di controllo su una batteria di operazioni aritmetiche semplici, provando per la prima volta un'inuenza della sinestesia numerico-spaziale nelle pre-stazioni aritmetiche. I sinesteti sono risultati infatti signicativamente più lenti dei non sinesteti nelle addizioni e nelle moltiplicazioni, ma non nelle

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sottrazioni. Coerentemente con il modello di Dehaene e Cohen, la causa di questi dati proviene, secondo gli autori, da un uso più pronunciato, per quanto riguarda gli individui dotati di number form, di rappresentazioni visuo-spaziali, a fronte di un appoggio ridotto sulla memoria meccanica.

Tuttavia, è da scartare l'ipotesi che le moltiplicazioni si basino esclusi-vamente sul recupero di fatti verbali, dato che prodotti più grandi vengono forniti più lentamente (Ashcraft, Donley et al. 1992; LeFevre, Sadesky e Bi-sanz 1996; Manly e Spoehr 1999; Penner-Wilger, Leth-Steensen e LeFevre 2002).

1.2 Cardinalità e ordinalità

Uno degli eetti della ricerca sulla cognizione numerica e sulle associazio-ni numerico-spaziali è stato quello di riaprire il dibattito su cardinalità, ordinalità, e i loro reciproci ruoli.

I numeri (o perlomeno, i numeri naturali) possono assumere due signi-cati: indicare una quantità (signicato cardinale) oppure una posizione all'interno di una sequenza (signicato ordinale). Tuttavia, la ricerca nel campo della cognizione numerica e della didattica della matematica, se non addirittura la matematica stessa, sembrano essere orientate ad un approc-cio prettamente, o quantomeno principalmente, cardinale. Tra le cause del grande successo di un approccio prettamente cardinale, citiamo l'enorme in-uenza delle scuole piagetiana  Brainerd (1979) sostiene che Piaget non conoscesse le distinzioni logiche tra i due concetti  e di Gelman (Gelman e E. Meck 1983).

Coles e N. Sinclair (2018), in un recente articolo di critica verso il prima-to della cardinalità, suggeriscono anche motivi appartenenti al campo della storia della matematica.

Fino a non molto tempo fa, comunque, il dibattito sul primato della cardinalità rispetto a un approccio più ordinale era vivace tra i ma-tematici, i loso della matematica e gli psicologi. [. . .]sia Peano che Dedekind favorivano il primato degli ordinali, mentre Russell sosteneva i cardinali. [. . .]Non ci è chiaro perché l'ordinalità giochi un ruolo re-lativamente scarso negli studi attuali riguardo il primo apprendimento dei numeri.

(Coles e N. Sinclair 2018) Sempre da un punto di vista storico, vale la pena riportare anche la teoria dell'origine rituale dei processi di conteggio elaborata da Seidenberg (1962), secondo il quale la pratica di usare una sequenza ssata di nomi per i numeri precede cronologicamente l'uso degli stessi per valutare le quantità.

È interessante notare che, in molte lingue, gli ordinali per primo o se-condo hanno etimologie piuttosto diverse dai corrispondenti cardinali uno

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1.2. CARDINALITÀ E ORDINALITÀ 23 e due. Le traduzioni di primo in italiano, inglese, francese, gotico e gre-co derivano tutte (tramite talvolta vari processi fonetici) dalla preposizione indo-europea pro-, prima. Secondo in italiano ed inglese proviene dal latino secundus, seguente; mentre la parola in gotico deriva dal latino al-ter, altro. Fenomeni analoghi sono presenti nelle lingue nlandese e basca, che non sono di origine indo-europea. Alcuni autori (Menninger 1969) sugge-riscono che queste dierenze etimologiche siano indizi di una diversa origine concettuale per i processi di ordinamento e di conteggio o valutazione della numerosità.

Alcune elementari competenze ordinali, come imparare liste no a sette oggetti, sono state ritrovate nei macachi rhesus (Swartz, Chen e Terrace 1991) e, in misura minore, nei piccioni (Straub et al. 1979).

1.2.1 L'approccio delle neuroscienze

La cardinalità risulta prevalente anche nel campo delle neuroscienze, a partire dall'inuente lavoro di Dehaene, Piazza et al. (2003). Il modello del triplo codice, infatti, prevede due processi di transcodica: da verbale a visuale (asemantico), e da visuale ad analogico a verbale (semantico). Per Coles e N. Sinclair (2018) questa distinzione incorpora il preconcetto per cui solo il codice di grandezza (e quindi la cardinalità) è portatore di signicato. Molti altri importanti studi in questo settore (Butterworth 2005) si focalizzano esclusivamente o principalmente sul campo della cardinalità (Vogel, Remark e Ansari 2015).

Si è comunque sviluppato un dibattito su quale grado di connessione esista o meno tra le rappresentazioni dei numeri e delle sequenze ordinate (non-numeriche).

Il confronto fra numeri (che coinvolge chiaramente anche nozioni cardi-nali) e il confronto tra lettere (che si basa esclusivamente sul ragionamento ordinale) mostrano attivazioni sovrapponibili nell'aria parieto-frontale del cervello umano (Fias et al. 2007); inoltre durante i confronti ordinali l'area intraparietale sinistra mostra un distance eect (minore attivazione per og-getti più distanti) analogo a quello noto per i confronti cardinali (Marshuetz et al. 2006). Una parziale conferma di stampo più comportamentale arriva da Lyons e Beilock (2011; vedi sezione 1.2.2). Nieder (2005) sostiene che le elaborazioni di ordinamenti seriali e quantità cardinali condividono lo stesso sistema neurale (vedi anche Chiao, Bordeaux e Ambady 2004).

Gli studi di Turconi (Turconi e Seron 2002; Turconi, Jemel et al. 2004; Turconi, Campbell e Seron 2006) invece suggeriscono che i sistemi alla base del senso di ordinalità e del senso di cardinalità siano parzialmente disso-ciabili, che giudicare se 7 segue 5 sia diverso da giudicare se 7 è più grande di 5 (vedi anche van Opstal, Gevers et al. 2008). A quest'ultimo lone si aggiungono i risultati di J. Tang, Ward e Butterworth (2008), che al ter-mine di uno studio di imaging funzionale sulle sinestesie numerico-spaziali

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Figura 1.8: In giallo le regioni con attività maggiori rispetto al controllo per l'ordinamento simbolico numerico (NumOrd), e in rosso le regioni con attivi-tà maggiori rispetto al controllo per l'ordinamento numerico non-simbolico (DotOrd). Corteccia dorso-laterale prefrontale (da Lyons e Beilock 2013). concludono che i circuiti neurali coinvolti nelle rappresentazioni cardinali ed ordinali sono almeno parzialmente separabili.

In uno studio più recente, Lyons e Beilock (2013) hanno fatto uso del-la risonanza magnetica funzionale (fMRI, functional Magnetic Resonance Imaging) per trovare connessioni tra:

• elaborazione cardinale dei numerali;

• elaborazione ordinale dei punti;

• elaborazione cardinale dei punti;

mentre anche in questo caso l'elaborazione ordinale dei numerali è risultata seguire dei processi diversi.

Complessivamente, questi dati sono coerenti con la nozione per cui valutare l'ordinalità in numeri simbolici e non-simbolici si appoggia su processi qualitativamente diversi. Delle sovrapposizioni sono sta-te osservasta-te esclusivamensta-te in un'area prefrontale non canonicamensta-te associata con la rappresentazione numerica di base.

(Lyons e Beilock 2013) Alcuni studi suggeriscono persino che non sussista la necessità di aree cerebrali dedicate all'immagazzinamento o alla elaborazione di sequenze or-dinate (Verguts e Fias 2004; Verguts, Fias e Stevens 2005), oppure che tali

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1.2. CARDINALITÀ E ORDINALITÀ 25 aree non siano una sola, ma più diverse a seconda del tipo di oggetti che for-mano la sequenza (Fias et al. 2007; Thioux et al. 2005; van Opstal, Verguts et al. 2008).

1.2.2 Studi comportamentali e implicazioni didattiche

Dehaene (1997) nota che, sebbene alcuni studi (Wynn 1995) confermino l'e-sistenza di abilità di stima della cardinalità (seppure approssimata) persino nei neonati, nessuna evidente competenza ordinale è trovata prima del-l'età di circa quindici mesi. D'altra parte, Lyons e Beilock (2013) hanno parzialmente smentito la correlazione tra le elaborazioni di rappresentazioni numeriche simboliche e non simboliche nel caso di un setting ordinale anziché cardinale.

In un esperimento ideato da Lyons e Beilock (2011), i partecipanti devono decidere se i numerali (o gli insiemi di punti) all'interno di una data sequen-za sono nel giusto ordine, che può essere sia ascendente che discendente. Ad esempio, la sequenza [5, 7, 6] non è considerata essere nel giusto ordine, mentre [7, 6, 5] o [5, 6, 7] lo sono. Per studenti sucientemente grandi (dai sette anni in poi) le prestazioni in questo compito sono risultate fortemente correlate al successo in matematica (Lyons, Price et al. 2014), suggerendo l'importanza del lato ordinale per la cognizione numerica.

In questo esperimento, Lyons e Beilock (2011) hanno anche cercato trac-cia di un qualche tipo di distance eect, riscontrando la sua presenza quando i termini erano dati come punti, e trovando invece un distance eect inverso per le sequenze di numerali. Poiché dunque i partecipanti si sono dimostra-ti tanto più veloci nel decidere se tre numerali fossero o meno nel corretto ordine quanto più questi erano vicini, gli autori suggeriscono che il cervello esegua operazioni diverse a seconda che debba compiere valutazioni di car-dinalità o di orcar-dinalità. Una plausibile giusticazione per questo distance eect inverso potrebbe essere data dall'uso della sequenza memorizzata del-la del-lastrocca dei numeri, ipotesi questa che sarebbe coerente con quanto teorizzato da Seidenberg (1962) riguardo l'origine rituale del contare.

In linea con questi risultati, Gevers, Reynvoet e Fias (2003) hanno osser-vato un eetto SNARC anche per quel che riguarda le liste dei mesi dell'anno o delle lettere dell'alfabeto, suggerendo che una codica spaziale analoga a quella dei numeri possa essere presente anche per qualsiasi sequenza ordinata venga interiorizzata da un individuo.

Lo stesso esperimento di Lyons e Beilock (2011) è stato ripetuto da Ru-binsten e Sury (2011) su adulti aetti o meno da discalculia evolutiva. Le prestazioni dei due gruppi si sono rilevate sovrapponibili per le sequenze con i numerali, mentre nel caso dei punti gli individui discalculici hanno prodotto risultati peggiori. Per questi risultati, gli autori avanzano come giusticazione l'idea che nel caso dei numerali i soggetti di entrambi i gruppi abbiano fatto ampio uso della lastrocca dei numeri. Questo approccio,

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Figura 1.9: Mettere `5' sullo scaale (Coles e N. Sinclair 2018). consistente con l'ipotesi di Seidenberg (1962), rivelerebbe anche la dicoltà nel distinguere le componenti cardinale e ordinale della cognizione numerica umana.

Coles e N. Sinclair (2018) hanno fatto contare una classe d'asilo (5-6 anni) no a 200 attraverso l'uso della app per iPad TouchCounts (www. touchcounts.ca; N. Sinclair e Coles 2017). Il setting dell'esperimento pre-vedeva che i bambini sfruttassero le potenzialità della app (e l'aiuto dell'in-segnante) per contare di 5 in 5, alternando i tap di quattro dita sotto lo scaale e di un dito sopra e impiegando quindi la forza di gravità simulata da una delle modalità di TouchCounts (gura 1.9).

Arrivati a 200 assistiamo al seguente scambio tra uno studente (Cam) e l'insegnante:

Cam: Pensavo che duecento fosse subito dopo cento, ma non lo è. Insegnante: No, quanto è lontano da cento?

C: È, è, è un altro cento oltre.

(Coles e N. Sinclair 2018) La relazione che Cam nota tra 100 e 200, in questo caso, non è legata alla cardinalità. La relazione è piuttosto di tipo temporale: lo stesso proce-dimento fatto per giungere a 100 deve essere ripetuto (con lo stesso impiego di tempo e di energie) per arrivare da 100 a 200.

Nello stesso studio è presentata un'altra attività elaborata con l'ausilio di TouchCounts: ai bambini (sempre in età prescolare) è stato richiesto di fare 10 in modi diversi. Il compito è simile a quello, classico, di partizionare una collezione di 10 oggetti; tuttavia, l'utilizzo della app ha fornito un contesto in cui i processi mentali possono essere più di tipo ordinale, focalizzandosi meno sulla grandezza e maggiormente sui nomi dei numeri e sulle relazioni tra di essi.

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1.3. INFLUENZE INTERCULTURALI SULLA LINEA DEI NUMERI 27 Come ultimo esempio dall'articolo di Coles e N. Sinclair (2018) riportia-mo uno studio condotto in una scuola primaria. Ai bambini (7-8 anni) è stata presentata una tabella delle decine di Gattegno (tabella 1.1).

0.001 0.002 0.003 0.004 0.005 0.006 0.007 0.008 0.009 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 200 300 400 500 600 700 800 900

Tabella 1.1: Un esempio di tabella delle decine

Agli studenti è stato quindi richiesto di scegliere un numero sulla tabella, e di inventarsi un percorso moltiplicando e dividendo per 10, 100 per poi tornare al punto di partenza. La risposta più sorprendente è risultata essere quella di una studentessa che, dopo aver moltiplicato quattro volte per 10, è tornata indietro in un passo (gura 1.10) dividendo per 10000.

Figura 1.10: Una studentessa estende alla divisione per 10000: sono tornata indietro in un passo (Coles e N. Sinclair 2018).

Di questi risultati, gli autori sottolineano come i bambini sembrino riu-scire ad utilizzare numeri (centinaia a 5-6 anni, decine di migliaia a 7-8) e concetti (operazione inversa) al di sopra delle tradizionali aspettative per le rispettive fasce d'età, suggerendo così che un approccio più ordinale al-la prima didattica delal-la matematica possa essere utile al raggiungimento di obiettivi più avanzati e di una più completa cognizione numerica.

1.3 Inuenze interculturali sulla linea dei numeri

Gran parte della letteratura supporta l'assunzione che l'abilità di valutare con esattezza un certo numero (digital numeracy) richieda strumenti cul-turali (Dehaene 1997; Feigenson, Dehaene e Spelke 2004) e nello specico un sistema di numerazione che serva come base per contare (Wiese 2003; Wiese 2007). In particolare, la linea dei numeri mentale è tanto una risorsa

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di base, innata (secondo gran parte della letteratura, ma vedi Núñez 2011 in Sezione 1.3.2), dell'intelligenza umana, quanto un prodotto culturale dato dall'interazione tra individui (Giaquinto 2007)). Nasce dunque la necessità di analizzare le rappresentazioni numeriche attraverso strumenti antropologici e linguistici.

Come primo esempio consideriamo le sinestesie numerico-spaziali nella loro dimensione storica e culturale: la maggior parte dei sinesteti riporta che le proprie number form sono linee diritte orientate da sinistra verso destra (Sagiv et al. 2006). Inoltre, nelle società occidentali contemporanee si manifesta una tendenza ad avere un salto, una piegatura, o una qualche altra caratteristica saliente in occorrenza del numero 10 (Jarick et al. 2009; Sagiv et al. 2006), mentre nell'Inghilterra vittoriana descritta da Galton (1880) la maggior parte delle peculiarità si collocavano a 12: questa dierenza è probabilmente dovuta alla diversità del sistema di numerazione prevalente (duodecimale in passato, decimale attualmente; Jonas, Taylor et al. 2011; Piazza, Pinel e Dehaene 2006).

Hubbard, Piazza et al. (2005) riassumono i risultati della ricerca sugli eetti culturali sulla linea dei numeri parlando delle associazioni spazio-numeriche come automatiche ma progressivamente trasformate dalle con-venzioni culturali. In supporto di questa lettura troviamo anche i risultati di Berch et al. (1999), che hanno stabilito che l'eetto SNARC non si verica prima dell'età di nove anni.

Riguardo l'età di prima produzione delle rappresentazioni lineari c'è mol-to dibattimol-to, Huntley-Fenner (2001) ad esempio la colloca inmol-torno a cinque anni. Tuttavia, Opfer, Thompson e Furlong (2010) hanno riscontrato altri tipi di associazioni spazio-numeriche in bambini di età prescolare. Per farlo, hanno presentato a dei bambini due scatole (la scatola esempio e la sca-tola corrispondente), ciascuna delle quali composta da sette compartimenti numerati verbalmente, a volte da destra a sinistra e a volte da sinistra a de-stra. Ai bambini veniva quindi mostrata la locazione di un oggetto nascosto all'interno della scatola esempio, e veniva richiesto di cercare l'oggetto nel compartimento con numerazione analoga all'interno della scatola corrispon-dente. Per numerazioni da sinistra a destra, i bambini si sono dimostrati più veloci e più precisi che per numerazioni da destra a sinistra.

Rimane una questione aperta l'identicazione del tramite attraverso cui i sistemi di lettura trasferiscono la loro inuenza sulle relative modalità di associazione numerico-spaziale. Se da un lato, infatti, è naturale pensare che queste tendenze si sviluppino tramite l'apprendimento della lettura o l'edu-cazione formale, dall'altro Opfer e Furlong (2011) sembrano essere riusciti a smentire questa ipotesi mostrando la presenza del bias direzionale cultural-mente indotto anche in bambini in età prescolare e che ancora non avevano cominciato l'apprendimento della lettura.

Dal punto di vista delle neuroscienze, il grado d'inuenza culturale sui circuiti neurali attivati durante i processi aritmetici è tuttora dibattuto. Y.

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