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LA NUOVA DISCIPLINA DELLA CONFERENZA DI SERVIZI: LE NOVITA' INTRODOTTE DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 127/2016

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

La conferenza di servizi : le novità introdotte dal

Decreto Legislativo n. 127/ 2016

Relatore Candidato

Professore Alfredo Fioritto

Marco De Filippi

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LA CONFERENZA DI SERVIZI : LE NOVITÀ INTRODOTTE

DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 127/ 2016

I.

INTRODUZIONE ………p. 6

1.1 La Conferenza dei Servizi: nascita di un istituto nell’ottica di una

migliore efficienza dell’azione amministrativa ………... p. 8

1.2 L’evoluzione dell’istituto nell’Ordinamento Italiano dal 1962 al

2012 ……….………. p. 10

1.3 I criteri di delega della l. 124/2015 e il Parere del Consiglio di

Stato 890/2016 ………...p. 23

1.4 Introduzione al d. lgs. 127/2016: le modifiche generali alla

Conferenza di Servizi ………...p. 38

II.

LA CONFERENZA DI SERVIZI DECISORIA

2.1

La conferenza semplificata (senza riunione)

2.1.1 Confronto con la normativa precedente, le modalità

telematiche e le determinazioni delle amministrazioni coinvolte

……….. p. 47

2.1.2 Il parere n. 1640 del 2016 del Consiglio di Stato: la soluzione

dei dubbi interpretativi sullo strumento del silenzio-assenso …. p. 53

2.1.3 Indizione, termini di svolgimento e conclusione: positiva o

negativa ………... p. 69

2.2 La conferenza simultanea (con riunione)

2.2.1 Introduzione ai casi di indizione; il Rappresentante Unico

……….... p. 72

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2.2.2 Il parere n. 1127 del 2018 del Consiglio di Stato sulla figura del

Rappresentante Unico: poteri e limiti della figura ………p. 80

2.2.3 Disciplina processuale dei casi d’indizione e confronto con la

normativa precedente; rilievi critici ………. p. 87

2.2.4 La sentenza n. 5044 del 2016 del Consiglio di Stato: il

perimetro della conferenza di servizi come modulo procedimentale

di semplificazione; criticità sistematiche ………... p. 93

2.2.5 La decisione della conferenza di servizi e i suoi effetti;

intervento in autotutela ……… p. 97

2.2.6 I rimedi per le amministrazioni dissenzienti; rilievi critici

……… p. 104

III.

LE MODIFICHE PER LE ALTRE MODALITA’ DI CONFERENZA

3.1 La Conferenza Istruttoria ……….. p. 115

3.2 La Conferenza Preliminare ………p. 121

3.3. La Conferenza per la VIA Regionale; le modifiche oltre la Riforma

……… p. 125

IV

. NORME DI COORDINAMENTO E DISCIPLINA DI SETTORE:

NOTE ………. p. 139

V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: L’EVOLUZIONE DELLA

FUNZIONE CONSULTIVA DEL CONSIGLIO DI STATO;

UNA PROSPETTIVA FUTURA PER LA CONFERENZA DI SERVIZI.

……… p. 152

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6

I.

INTRODUZIONE

La presente Tesi segue l'obiettivo di un'analisi critica circa la nuova disciplina della Conferenza di Servizi, introdotta dal decreto legislativo n. 127 del 2016, in attuazione della legge n. 124 del 2015, c.d. Riforma Madia, nell'ambito della riorganizzazione generale della Pubblica Amministrazione, prendendo in considerazione sia la dottrina più recente sul tema sia le pronunce consultive del Consiglio di Stato, le cui osservazioni sono state cruciali ai fini della corretta interpretazione della novella legislativa.

La Tesi si sviluppa in cinque capitoli: il primo introduce l’istituto e la Riforma, tenendo conto di un approccio sia giuridico che storico – evolutivo, descrivendo le problematiche originarie dell’azione amministrativa nel nostro ordinamento, già post-unitarie, e le permanenti perplessità in merito all’efficacia dell’agire amministrativo, guardando poi alla potenziale soluzione trovata nella prima elaborazione dell’istituto conferenziale; vengono analizzate le principali innovazioni introdotte, di volta in volta, dagli interventi legislativi, fino a quello in esame, cui viene accorpata l’analisi dei suggerimenti resi dal Consiglio di Stato nel parere n. 890 del 2016.

Nel secondo capitolo si descrive il principale modello di conferenza di servizi, la conferenza decisoria, la quale è ora strutturata in due modelli procedimentali, potenzialmente consequenziali: il modello semplificato e il modello simultaneo.

Particolare attenzione viene data anche al parere del Consiglio di Stato n. 1640 del 2016 sul meccanismo del silenzio-assenso, il quale, a seguito di tale intervento chiarificatore, costituisce un nuovo paradigma generale dei rapporti tra le amministrazioni coinvolte, in sede procedimentale.

Si rileva come il modello simultaneo, rappresentante quello “tradizionale” dell’istituto, abbia adesso mutato la sua posizione sistemica, diventando strumento di semplificazione ad indizione eventuale; nella trattazione rilevano pertanto i paradossi di questa nuova struttura, frammentata e consequenziale, che ha così operato una sorta di “fagocitosi” dell’intero

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procedimento amministrativo, confondendo i limiti del modello di semplificazione procedimentale e addivenendo a modello procedimentale vero e proprio.

Si illustrano i rilievi del Consiglio di Stato con i pareri n. 5044 del 2016 e n. 1127 del 2018, tramite l’istituzione di Commissioni speciali ad hoc, riguardanti, rispettivamente: l’uno la configurazione dell’istituto come modello procedimentale a contestualità necessaria; l’altro i limiti operativi della nuova figura del Rappresentante Unico.

Nel terzo capitolo vengono analizzati i restanti modelli di Conferenza di Servizi, guardando ai punti in cui questi sono stati ritoccati dall’intervento riformatore, seppur con minor intensità rispetto al modello decisorio.

Nel quarto capitolo si espongono i restanti articoli, componenti il Titolo II del decreto in esame, che contiene norme di raccordo della novella legislativa sulla conferenza di servizi con la disciplina speciale.

Con il quinto capitolo, infine, si osserva come il decreto in esame sia stato occasione per implementare un’evoluzione delle funzioni giuridico consultive del Consiglio di Stato, tramite il duplice meccanismo di quesiti e pareri, che ha accompagnato l’intera riforma.

La trattazione si conclude con una valutazione personale circa il futuro dell’istituto della Conferenza di Servizi; si auspicano le possibili soluzioni in merito alla migliore applicazione del meccanismo in tempi moderni, facendo leva non tanto su futuri interventi, quanto più su una rivoluzione culturale degli operatori del diritto e, di conseguenza, sulla prassi, da sempre ostacolo quasi insuperabile nel successo di qualsiasi riforma.

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1.

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LA CONFERENZA DI SERVIZI: NASCITA DI UN ISTITUTO

NELL’OTTICA DI UNA MIGLIORE EFFICIENZA DELL’AZIONE

AMMINISTRATIVA

L’agire amministrativo di un apparato che voglia definirsi moderno opera nell’ottica del miglior perseguimento degli interessi pubblici, nel tentativo della migliore composizione degli stessi, tale da non intralciare l’attività dei privati.

La realizzazione di tali obiettivi può essere ostacolata dalla complessità insita nella valutazione della pluralità di interessi coinvolti, spesso di competenza di diverse amministrazioni cui, con altrettanta frequenza, possono cumularsi le disfunzioni di un agire lento e inefficace, e pertanto dispendioso, che comporta lunghissimi tempi di realizzazione, contrari ai canoni fondamentali di economicità ed efficienza desumibili dall’art. 97 Cost. , garante del principio di buon andamento della pubblica amministrazione.1

Tali disfunzioni erano già state percepite nei primi anni successivi all’unificazione dell’Italia, periodo in cui lo Stato, configurando l’amministrazione secondo quella struttura piramidale di chiara matrice Napoleonica, perseguiva un’accezione perlopiù impositiva dell’agire amministrativo.

Soltanto nel primo quindicennio del Novecento le istituzioni, coerentemente alle nuove tendenze del diritto moderno, accettarono un maggior ruolo di mediazione tra gli interessi dei vari gruppi sociali ed economici.

Tale ruolo venne recepito non senza qualche difficoltà: l’adozione di un nuovo

modus operandi determinò difatti un forte rallentamento dell’apparato

amministrativo e una complicazione nel coordinamento tra gli uffici; conseguenze certamente negative, che non trovarono immediata soluzione. La situazione rimase sostanzialmente immutata fino al secondo dopoguerra.

1 Così M. BERTOLISSI - V. ITALIA, in La semplificazione delle leggi e dei procedimenti amministrativi, Napoli, 2015, p.118, «la semplificazione normativa ed amministrativa è un’esigenza del nostro tempo e la legislazione di principio e la semplificazione dei procedimenti amministrativi costituiscono il mezzo più adatto per raggiungere la certezza» .

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Bisognerà aspettare gli anni ‘60 affinché il legislatore, costretto da eventi di natura straordinaria, adotti i primi interventi a favore di una maggiore operatività dell’apparato amministrativo, seppur attraverso limitate normative di settore.

Tali normative, pur adempiendo alle particolarissime esigenze per cui erano formulati, non potevano colmare le ben più ampie carenze strutturali, già presenti nel sistema.

D’altra parte, seppur in via embrionale, questi interventi favorirono la formazione dei primi modelli per la composizione degli interessi, garantendo un certo grado di operatività e incidenza.

È sulla scia di questi interventi che si prende atto della necessità di un ripensamento dell’intero procedimento amministrativo, nell’ottica di un recupero dell’efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione.

Fino a quel momento, tale dichiarazione era rimasta parzialmente relegata nella Carta Costituzionale: veniva trascurata, infatti -ancor prima delle esigenze settoriali- la dimensione ordinaria dell’intervento pubblico.

Il principale strumento di realizzazione di tale obiettivo, «rispondente alle criticità già rilevate sugli studi delle commissioni promosse dal Ministero del Tesoro tra gli anni 60 e 70» 2 è la Conferenza di Servizi.

Tale istituto assume particolare pregio al fine di accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte e, di conseguenza, garantire la semplificazione del procedimento amministrativo in generale.

Disciplinato per la prima volta dagli artt. 14 a 14-quinquies della legge n. 241 del 1990, l’istituto è stato oggetto di ben 9 rivisitazioni, dal 1990 al 2012 3.

2 Come rilevano A. FIORITTO, G. CIAGLIA, in Lezioni sul Procedimento Amministrativo, AA. VV. , Plus, 2005

3 In particolare: l. 24 dicembre 1993, n. 537; D.L. 12 maggio 1995, n. 163; l. 15 maggio 1997, n. 127 che ha introdotto gli artt. Da 14-bis a 14-quater; l. 16 giugno 1998, n. 191; l. 24 novembre 2000, n. 340; l. 11 febbraio 2005, n. 15; l. 18 giugno 2009, n. 69; D.L. 31 maggio 2010, n. 78; D.L. 18 ottobre 2012, n. 179.

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E’ pur evidente come, soltanto negli ultimi anni della Prima Repubblica, il legislatore sia passato da timidi tentativi di revisione ad interventi che, potremmo dire, di “apprensione” giuridica e revisione normativa costante, sollecitati anche da numerose pronunce della Consulta che si sono rivelati fondamentali nell’orientare l’operato dello stesso.

Nonostante ciò, la ricerca di un punto di equilibrio tra complessità sociale e semplificazione procedurale in merito alla qualità dell’agire amministrativo ha portato, quasi inevitabilmente, a un processo di stratificazione normativa definito da più parti come “elefantiaco”, e non sempre condotto secondo soluzioni di continuità.

1. 2

L’EVOLUZIONE DELL’ISTITUTO NELL’ORDINAMENTO

ITALIANO DAL 1962 AL 2012

L’istituto della conferenza compare per la prima volta, pur senza una funzione compositiva, nella legge istitutiva dell'ENEL (legge n. 1643 del 1962), ove all’articolo 3 si disponeva la realizzazione di “periodiche conferenze

per la consultazione di rappresentanze locali ed economiche ed in particolare delle regioni, degli enti locali, delle organizzazioni sindacali e dei corpi scientifici”.

La formulazione venne poi ripresa in varie discipline di settore (si veda, tra tutte la legge n. 441 del 1987, in materia di impianti di smaltimento dei rifiuti) per scopi meramente consultivi e non decisionali.

La configurazione dell’istituto inizia a definirsi con una certa precisione solo nel 1989, con l’emanazione della legge 29 Maggio, n. 205, la quale costituisce un provvedimento eccezionale atto a dettare, in via d’urgenza, norme in grado di agevolare la realizzazione delle opere destinate ad ospitare i campionati mondiali di calcio in Italia.

Tale normativa configura una conferenza dai tratti marcamenti decisori, riconosciuta come diretta fonte di ispirazione della successiva formulazione

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dell’art. 14 della legge 7 agosto 1990 n. 241: solo con l’entrata in vigore della novella viene prevista una disciplina generale dell’istituto, inserita al capo IV della stessa, dedicato agli strumenti di “Semplificazione dell’azione

amministrativa”.

La legge n. 241 del 1990 contemplava difatti alcuni strumenti di semplificazione preposti alla valutazione e all’aggregazione della pluralità degli interessi coinvolti in un determinato procedimento, coordinando l’attività delle amministrazioni in vista di un risultato finale unitario.

E’ il primo tentativo che, rispetto al passato, tenta di favorire ad un livello globale più che settoriale i principi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, rispondenti al già citato principio del buon andamento ex art. 97 Cost. 4

L’originalità del modello veniva peraltro segnalata da alcuni studiosi già all'indomani dell'approvazione della legge 241 del 1990. 5

Il modello di Conferenza di Servizi prescelto - che la dottrina ha in più occasioni definito come “puro” 6 - era racchiuso in quattro commi di un unico

articolo che delineavano un procedimento di collaborazione tra amministrazioni facoltativo, in cui la decisione, esposta al potere di veto di ogni ente partecipante, poteva essere adottata esclusivamente all’unanimità.

4 V. CERULLI IRELLI - F. LUCIANI, in La semplificazione dell'azione amministrativa in Dir.

amm., fasc.3-4, 2000, p. 617 dove si afferma che «La stessa legittimità amministrativa, tradizionalmente retta sui due precetti della conformità alla legge e della ragionevolezza dell'agire, finisce per acquisire come termine di riferimento, anche quello della conformità dell'azione ai valori e ai precetti dell'efficacia; in altri termini, l'esigenza di produrre risultati in asse con gli obiettivi individuati, diventa ulteriore e più ricca articolazione del principio di ragionevolezza».

5 G. PALMA (a cura di), in Conferenza di servizi e accordo di programma, Napoli, 1994. E ancora, la conferenza di servizi ha «valore rivoluzionario», da F.G. SCOCA, in Analisi giuridica della conferenza di servizi,in Dir. amm., 1999, p. 255.; inoltre secondo CASSESE essa è «il simbolo della modificazione dei paradigmi consueti del diritto amministrativo» da S. CASSESE, in L’arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. Pubbl., 2001, pp. 601 ss..

6 In questo senso, D. D’ORSOGNA, in quanto: il modello originario della l. 241 del 1990 non contemplava alcun meccanismo di superamento del dissenso e si configurava sul principio del consenso unanime.

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A ciò si aggiungeva la previsione, assolutamente sfavorevole, secondo cui l’assenza delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale e della salute portava inevitabilmente all’esito negativo della riunione.

Inoltre, in base alla formulazione originaria dell’art 14 7, la conferenza di

servizi poteva essere indetta in due casi: laddove fosse opportuno effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo (c.d. conferenza istruttoria) e qualora l’amministrazione procedente dovesse acquisire intese, concerti, nulla osta, assensi comunque denominati di altre p.a (c.d. conferenza decisoria).

E’ da rilevare come l’istituto, almeno inizialmente, non ebbe un’ampia diffusione: la non obbligatorietà delle conferenze, l’iniziale reticenza delle amministrazioni competenti nei riguardi di un nuovo strumento di cooperazione e la necessità di adottare le determinazioni secondo il criterio dell’unanimità, costituivano profili problematici che ostacolavano i contatti tra gli uffici amministrativi; in ultimo luogo ciò negava, sul piano pratico, un’efficiente composizione degli interessi pubblici.

7 Art. 14, l. 241 del 1990, prima formulazione: “1. Qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, l’amministrazione procedente indice di regola una conferenza di servizi.

2.La conferenza stessa può essere indetta anche quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche. In tal caso le determinazioni concordate nella conferenza tra tutte le amministrazioni intervenute tengono luogo degli atti predetti.

3.Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza o vi abbia partecipato tramite rappresentanti privi della competenza ad esprimere definitivamente la volontà, salvo che essa non comunichi all’amministrazione procedente il proprio motivato dissenso entro venti giorni dalla conferenza stessa ovvero dalla data di ricevimento della comunicazione delle determinazioni adottate, qualora queste ultime abbiano contenuto sostanzialmente diverso da quello originariamente previsto.

4.Le disposizioni di cui al 3 comma non si applicano alle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico -territoriale e alla salute dei cittadini ”.

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Il legislatore, d’altra parte, contribuiva ad incrementare il disordine normativo operando contemporaneamente, nella redazione di nuovi leggi di settore, su due distinti fronti.

Se per alcune ipotesi, infatti, questi continuava ad ispirarsi al modello di conferenza previsto nella precedente disposizione sui mondiali di calcio (modello strettamente decisorio; talvolta richiamandolo esplicitamente) per altre, e contestualmente, si limitava ad operare con un semplice rinvio all’art. 14 della legge n. 241 del 1990.

Nondimeno, sull’importanza di tale istituto speciale si era pronunciata anche la Corte Costituzionale 8 che, se da una parte ne escludeva la natura di organo

collegiale e negava le denunciate lesioni della sfera di competenza degli enti locali, dall’altra avallava la regola della decisione ad unanimità.

Non solo: la Consulta aveva assicurato un rigoroso fondamento costituzionale all’istituto, indicandolo come mezzo di semplificazione e snellimento dell’azione amministrativa e, in quanto tale, rispondente al principio del buon andamento ex art. 97 Cost. .

Nello stesso anno 9, rilevandone il coordinamento con le autonomie

territoriali, definiva la conferenza come uno «strumento collaborativo utilmente inserito nel sistema pluralistico dei livelli di governo».

Stante queste considerazioni, si riteneva comunque necessario un tentativo di miglioramento di alcuni aspetti della disciplina, cui il legislatore pervenne per mezzo dell’art. 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

La riforma del 1993 aveva innanzitutto il merito di inserire una prima deroga al criterio dell’unanimità, ritenuto la principale ragione di inefficienza dell’istituto da parte del legislatore.

Sulla base di tale indirizzo la novella introduceva il comma 2-bis, che prevedeva, in caso di mancato raggiungimento del consenso unanime 10,

8 Sent. Corte Cost., 14 febbraio 1993, n. 62 9 Sent. Corte Cost., 28 luglio 1993, n. 348

10 Art. 14, comma 2-bis, l. n. 241 del 1990, come modificata da l. n. 537 del 1993: “Qualora nella conferenza sia prevista l’unanimità per la decisione e questa non venga raggiunta, le

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l’assunzione delle determinazioni tramite l’esercizio di un potere sostitutivo statale da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

A soli due anni di distanza, con il d.l. 12 maggio 1995, n. 163, il legislatore interveniva nuovamente, apportando, questa volta, modifiche più limitate. Queste erano date dall’introduzione di un nuovo comma all’art. 2 11, che

introduceva la possibilità di attivazione della conferenza anche da parte dei privati.

Nondimeno, permanevano i problemi legati alla disciplina.

Tali riguardavano: da una parte, l’incompatibilità dell’intervento statale con il necessario rispetto delle autonomie locali; dall’altro, il difficile coordinamento delle norme generali con quelle settoriali, la cui stratificazione non favoriva l’applicazione dello strumento.

Ciò aveva reso necessario un ripensamento complessivo e sistematico dell’istituto, che venne attuato mediante due interventi: il primo dato dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, il secondo dalla legge 24 novembre 2000, n. 340.

L’intervento del 1997 adottava, con i nuovi commi 2-bis e 3-bis, un sistema diversificato di superamento del dissenso, che prevedeva la possibilità da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di sospendere la

determinazione della conferenza, in caso di dissenso espresso

dall’amministrazione procedente o da un’amministrazione statale.

Tale sospensione era invece disposta dal Presidente della Regione e dai sindaci, nei casi in cui il dissenso fosse stato espresso da un’amministrazione diversa da quella statale.

relative determinazioni possono essere assunte dal Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Tali determinazioni hanno il medesimo effetto giuridico dell’approvazione all’unanimità in sede di conferenza di servizi”.

11 Art. 14, comma 2-ter :“le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-bis si applicano anche quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di amministrazioni pubbliche diverse.

In questo caso, la conferenza è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione preposta alla tutela dell’interesse pubblico prevalente”.

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La legge trasformava quindi il potere di intervento statale (o regionale) in un potere sospensivo , rafforzando anche la necessità di un coordinamento a livello delle autonomie regionali in tema di dissenso.

Differentemente, nel caso in cui il motivato dissenso fosse stato espresso da un'amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, del patrimonio storico-artistico e della salute, veniva riconosciuto al Presidente del Consiglio il potere di assumere la determinazione di conclusione del procedimento.

La novella legislativa introduce inoltre gli articoli 14-bis, 14-ter e 14-quater, specificamente dedicati al settore dei lavori pubblici.

D’altra parte, la dottrina più autorevole 12, paventava i rischi dei continui

aggiustamenti della disciplina normativa, che avrebbero potuto disincentivare il ricorso alla conferenza, aumentandone i problemi interpretativi.

Si auspicava che i chiarimenti per l’applicazione dell’istituto avvenissero grazie alla prassi e alla giurisprudenza, la quale però non riuscì nell’intento di razionalizzare l’inorganicità di un dettato normativo ormai definito, da più parti, come “ipertrofico”.

Ciò condusse il legislatore ad un’integrale riorganizzazione della materia, più che mai necessaria, attraverso una riscrittura ed una modifica delle disposizioni principali, operata con la già citata legge 24 novembre 2000, n. 340.

Numerose le novità: il secondo comma del nuovo art. 14 prevede che la conferenza sia obbligatoria (“sempre indetta”) quando l’amministrazione procedente debba acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi, comunque denominati (mentre la normativa previgente attribuiva una semplice facoltà). Più cauta rimaneva invece la formulazione con riferimento alla conferenza c.d. “istruttoria”, che doveva essere indetta “di regola” (e, quindi, non

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obbligatoriamente), qualora fosse opportuno un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo

.

L’art 14-bis introduceva poi la figura della conferenza di servizi c.d.

preliminare, disposta per agevolare la realizzazione di opere di particolare

complessità ed incentrata sull’esame del progetto definitivo delle medesime; lo scopo evidente di tale strumento era quello della prevenzione rispetto agli ostacoli che possono emergere nella fase avanzata del procedimento.

Veniva finalmente regolata nel dettaglio anche l’organizzazione dei lavori, per il tramite di una serie di specifiche disposizioni procedurali, contenute nel nuovo art. 14-ter, che stabilivano termini, quorum funzionali e meccanismi di assenso implicito in caso di mancata partecipazione delle amministrazioni alle riunioni o di silenzio.

In ultimo luogo, la riforma del 2000 apportava le più consistenti modifiche sul versante delle decisioni conferenziali, dal momento che l’art. 14-quater, al comma 2, autorizzava l’amministrazione procedente ad adottare la determinazione di conclusione del procedimento in forza di un criterio puramente maggioritario, in quanto fondato “sulla base della maggioranza

delle posizioni espresse”.

Parte della dottrina 13 si era però immediatamente opposta, ridimensionando

la portata novativa della previsione: se infatti il criterio unanimistico si mostrava essenzialmente antitetico alla ratio sottesa all’istituto, parimenti inadeguato deve essere considerato il sistema maggioritario adottato dalla novella che, secondo quanto afferma D. D’Orsogna: «risulterebbe del tutto priva di ragionevolezza: in essa sarebbe affermato un principio inaccettabile, quello della composizione procedimentale degli interessi pubblici da compiersi sull’unica base di un arido criterio quantitativo, anzi di un mero

13 Numerose le prese di posizione antitetiche a quella riportata, fra tutte: G. CIAGLIA, in La nuova disciplina della conferenza di servizi, su www.Lexitalia.it.

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computo numerico dei dissensi e dei consensi espressi in conferenza di servizi.

L’applicazione del principio (tecnicamente) maggioritario verrebbe non solo ad alterare l’ordine legale delle competenze, ma ad eliminare quella pari dignità degli interessi pubblici coinvolti che costituisce l’essenza della conferenza stessa». 14

Recependo le numerose incertezze sollevate, è lo stesso legislatore, con l’emanazione della legge 11 febbraio 2005 n. 15, a ricostruire in senso qualitativo e non più meramente matematico-quantitativo la disposizione regolante il meccanismo di adozione delle decisioni in conferenza, addivenendo ad una maggiore tutela dei profili della multilevel governance, specialmente con riguardo alle competenze costituzionalmente garantite delle autonomie territoriali e, in particolare, delle regioni.

Il nuovo testo difatti, con una decisiva quanto auspicata inversione di tendenza, dispone che, all’esito dei lavori della conferenza, l’amministrazione procedente adotti “la determinazione motivata di conclusione del

procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede”.

Il criterio della prevalenza così introdotto tiene ragionevolmente conto del tipo e dell’importanza delle attribuzioni di ciascuna amministrazione, con riferimento alle questioni in oggetto, nel segno della massima semplificazione ed efficienza amministrativa.

Detta previsione, però, non tracciava un’effettiva modalità di calcolo delle maggioranze, che diventava particolarmente difficoltosa quando a partecipare erano enti di diversa natura e dimensione, dotati di differente rappresentatività: non era chiaro, infatti, se si dovesse assegnare un voto per teste, ovvero, che tenesse conto della popolazione rappresentata dagli enti.

14 D. D’ORSOGNA, in Conferenza di servizi e amministrazione della complessità, Giappichelli, Torino, 2002

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Ma è sotto il profilo dei dissensi qualificati, regolato dal nuovo art 14-quater, che si ebbero le più consistenti modifiche e le più accese, quanto tempestive, critiche dottrinali.

Il legislatore, tentando una soluzione per la migliore composizione dei dissensi nel procedimento decisorio, prevede una duplice tipologia di meccanismi di superamento, a seconda che il dissenso sia espresso: da un’amministrazione preposta alla tutela di interessi sensibili, oppure, da una Regione o una Provincia autonoma in una materia di propria competenza. Il dissenso doveva essere risolto per il tramite del macchinoso sistema delle Conferenze Stato-Regioni (nel caso in cui il disaccordo si fosse verificato tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali) e Unificata (nel caso in cui si fosse verificato tra una regione o provincia autonoma ed un ente locale).

Questa importante modifica, ritenuta necessaria a seguito della riforma del 2001 del Titolo V della Costituzione, realizza uno stabile orientamento della Consulta 15 secondo cui l’intervento dello Stato, in materie a competenza non

esclusiva, era da ritenersi ammissibile solo in qualità di extrema ratio: in altri termini, laddove fosse già fallito ogni tentativo di “leale collaborazione” con l’ente territoriale. 16

Anche se rispettoso delle indicazioni discendenti da tale orientamento, tale meccanismo si rivelò confuso e poco funzionale 17 , venendo esposto, come

anticipato, al giudizio sfavorevole di gran parte della dottrina. 18

15 Sent. Corte Cost., 20 gennaio 2004, n. 27.

16 Ivi: «L’illegittimità della condotta dello stato (…) che esige, laddove occorra, lo svolgimento di reiterate trattative volte a superare, nel rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, le divergenze che ostacolino il raggiungimento di un accordo (…)».

17 In tal senso G. GARDINI, in La conferenza di servizi, in Gior. Dir. Amm., 2005 : «la mediazione avviene sempre e solo grazie all’assenso manifestato da un gruppo di autonomie rappresentate in Conferenza, e non necessariamente dall’ente direttamente interessato alla decisione (…)».

18 C. TUBERTINI, in La nuova disciplina della conferenza di servizi: la prima applicazione, in Gior. Dir. Amm., 2007. L’autrice rileva che: « (…) evidenti problemi, in particolare, si sono riscontrati in relazione alla rimessione della decisione alle sedi nazionali di concertazione, tanto che si può parlare di sostanziale inattuazione del meccanismo».

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19

Il legislatore tornerà sui meccanismi di espressione del dissenso, come si vedrà, sia nel 2010 che nel 2012, superando, pur con l’ausilio determinante delle pronunce della Corte Costituzionale, le numerose incertezze già sollevate dalla dottrina.

In ultimo luogo è degno di nota l’inserimento un nuovo articolo (il

14-quinquies), che introduce una speciale fattispecie di conferenza di servizi in

materia di finanza di progetto.

A seguito dell’intensa stagione di riforme strutturali nel quinquennio tra il 2000 e il 2005, il legislatore interviene per il tramite della legge 18 giugno 2009 n. 69, limitandosi ad alcune aggiunte di ritocco.

Si prevede principalmente che, pur senza diritto di voto, debbano essere convocati anche i proponenti il progetto dedotto in conferenza; si prevede anche la possibilità di partecipazione, sempre senza diritto di voto, dei concessionari e dei gestori di pubblici servizi nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti, ovvero, abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Si disciplina, inoltre, lo svolgimento della conferenza per via telematica.

A differenza dell’anno precedente, il decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 opera in maniera incisiva su molteplici aspetti della Conferenza di Servizi, talvolta integrando altre volte modificando quella che è una struttura che, dopo ben 20 anni di riforme, sembra essere ben più stabile e consolidata.

L’articolo 14 viene parzialmente modificato ed integrato con un’importante novità riguardante la conferenza c.d. istruttoria: l’espressione “indice di

regola” al comma 1, viene sostituita dalla formula “può indire”, trasformando

Su tutte le determinazioni sostitutive di conferenze di servizi sinora poste all’ordine del giorno delle Conferenze Stato-Regioni ed Unificata, i rappresentanti regionali e locali hanno chiesto il rinvio, rifiutandosi di procedere all’esame delle questioni e creando, di fatto, le condizioni per l’applicazione degli ulteriori meccanismi sostitutivi previsti dalle citate norme(…)».

(20)

20

quello che parte della dottrina aveva qualificato come obbligo in una mera facoltà.

Inoltre, al comma 2, veniva adesso prevista una nuova ipotesi di indizione facoltativa della conferenza decisoria, ammessa anche “nei casi in cui è

consentito all’amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza di determinazioni delle amministrazioni competenti”.

Significativa è anche la modifica circa gli effetti del provvedimento finale della conferenza.

Veniva infatti abrogato il comma 9 dell’art. 14-ter, che dichiarava l’effetto sostitutivo del provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva, rispetto ad ogni atto di “autorizzazione, concessione, nulla osta o

di assenso comunque denominato”: così operando il legislatore imputa adesso

l’effetto sostitutivo direttamente alla determinazione conferenziale.

Il legislatore era altresì intervenuto sul silenzio-assenso, ampliandone il perimetro di efficacia: deve infatti, secondo la novella, considerarsi acquisito il benestare dell’ente del quale il rappresentante non abbia definitivamente espresso la volontà; ciò anche nelle ipotesi di amministrazioni preposte alla tutela della salute, della pubblica incolumità, paesaggistico -territoriale e dell’ambiente, esclusi i provvedimenti in materia di VIA, VAS e AIA.

In ultima istanza è necessario chiarire le modifiche apportate alla disciplina dei dissensi qualificati che, a seguito del fallimento del meccanismo di rinvio alle Conferenze autonomi della legge del 2005, venne riformata con opportuni interventi sia con la legge n. 78 del 2010, che con il successivo decreto legge n. 179 del 2012.

Con il decreto legge n. 78 del 2010, la complessa procedura di rinvio venne sostituita da un unico comma che faceva ancora salva la distinzione tra il dissenso espresso da un’amministrazione portatrice di un interesse sensibile ed il dissenso espresso da una Regione o da una Provincia autonomia in una materia di sua competenza.

(21)

21

Nella prima ipotesi, l’amministrazione procedente era tenuta a rimettere la questione al Consiglio dei Ministri, che si sarebbe dovuto pronunciare, entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni interessate (in caso di dissenso tra un’amministrazione statale ed una regionale o tra più amministrazioni regionali), ovvero, previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati (in caso di dissidio tra un’amministrazione statale o regionale ed uno o più enti locali).

Qualora tale intesa non fosse stata raggiunta nell’arco temporale di trenta giorni, il Consiglio dei Ministri avrebbe comunque potuto, in ultima istanza, decidere autonomamente.

Nella seconda ipotesi, invece, l’articolo si limitava a prevedere l’esercizio di un potere sostitutivo in capo al Consiglio dei Ministri, con la generica indicazione di una “partecipazione” dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

Con sentenza n. 179, dell’11 luglio 2012 , la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità della seconda parte di tale disciplina per contrasto con gli articoli 117 e 118 della Costituzione e in particolare contraria al principio di leale collaborazione, affermando che, la previsione di un intervento dello Stato in via unilaterale, come configurato nell’ipotesi suddetta quale «mera conseguenza automatica del mancato raggiungimento dell’intesa» porta inevitabilmente al «sacrificio delle sfere di competenza regionale».

Si sarebbe, inoltre, avuta un’evidente violazione della regola già espressa dalla Consulta, secondo la quale si renderebbero sempre necessarie adeguate «procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» tra le posizioni in conflitto. 19

19 La Consulta rimarca che, la previsione secondo cui il Consiglio dei ministri deliberi con la semplice partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate, non possa «essere considerata valida sostituzione dell’intesa, giacché trasferisce nell’ambito interno di uno organo costituzionale dello stato un confronto tra Stato e Regione, che deve necessariamente avvenire all’esterno, in sede di trattative ed accordi, rispetto ai quali le parti siano poste su un piano di parità» (Sent. n. 165/2011, come richiamata da Sent. n. 179/2012).

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22

In conseguenza di tali indicazioni il legislatore intervenne nuovamente sulla materia con il decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, con il quale (art

33-octies) introdusse specificamente quelle misure giudicate necessarie in tema

di dissenso.

Giacché, secondo la novella, se il dissenso fosse stato espresso da una regione o da una provincia autonoma nelle materie di propria competenza, ciò avrebbe portato all’indizione di una riunione, entro trenta giorni dalla rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, con la partecipazione delle amministrazioni territoriali interessate, tramite la nomina di un unico rappresentante per ente, legittimato dall’organo competente ad esprimere la volontà di tale amministrazione.

Qualora in tal sede l’intesa non fosse stata raggiunta nel termine ulteriore di trenta giorni, sarebbe stato obbligatorio indire una seconda riunione, con le medesime modalità della prima, per concordare interventi di mediazione tesi al superamento o quantomeno all’individuazione dei punti del dissenso, o ancora, valutando soluzioni progettuali alternative all’originaria.

Solo a questo punto, in caso di permanenza del dissidio, sarebbe stato attribuito al Consiglio dei Ministri il potere di adottare la deliberazione conclusiva, sempre con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.

(23)

23

1.

3

CRITERI DI DELEGA DELLA LEGGE 124 DEL 2015 E IL

PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO N. 890 DEL 2016

La travagliata evoluzione della conferenza di servizi pone il legislatore di fronte ad un istituto che, nonostante una “frenesia” normativa di durata ventennale, presenta perduranti disfunzionalità su molteplici aspetti, tra i quali, a titolo esemplificativo, ricordiamo: l’appesantimento della procedura

20, una non puntuale definizione del calcolo delle maggioranze e una certa

vaghezza nelle tempistiche.

La delega all'Esecutivo contenuta nell’art. 2 della legge 124 del 2015 risponde alla volontà di ovviare a tali mancanze 21, prevedendo l'adozione di un decreto

20 Diffusa in dottrina è la critica circa il frequente formarsi di «un procedimento dentro il procedimento», ovvero, con formula equivalente, di più procedure «a compartimenti stagni» (espressione di LUCIFREDI), dovuto a una conferenza di servizi troppo ingombrante e dai tempi indefiniti.

CASSESE in particolare preciserà, all’indomani del primo decennio di fibrillazione legislativa, che la finalità della conferenza di servizi viene intesa usualmente come semplificatoria, «ma erroneamente, perché la sostituzione della decisione contestuale a quelle in sequenza ha implicazioni ben maggiori» da S. CASSESE, in L’arena pubblica…op.cit.

21Art. 2, comma 1, l. n. 124/2015: “Il Governo è delegato ad adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) ridefinizione e riduzione dei casi in cui la convocazione della conferenza di servizi è obbligatoria,anche in base alla complessità del procedimento;

b) ridefinizione dei tipi di conferenza, anche al fine di introdurre modelli di istruttoria pubblica per garantire la partecipazione anche telematica degli interessati al procedimento, limitatamente alle ipotesi di adozione di provvedimenti di interesse generale, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto dei principi di economicità, proporzionalità e speditezza dell'azione amministrativa; c) riduzione dei termini per la convocazione, per l'acquisizione degli atti di assenso previsti, per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento;

d) certezza dei tempi della conferenza, ovvero necessità che qualsiasi tipo di conferenza di servizi abbia una durata certa, anche con l'imposizione a tutti i partecipanti di un onere di chiarezza e in equivocità delle conclusioni espresse;

e) disciplina della partecipazione alla conferenza di servizi finalizzata a:

1) garantire forme di coordinamento o di rappresentanza unitaria delle amministrazioni interessate;

2)prevedere la partecipazione alla conferenza di un unico rappresentante delle amministrazioni statali,designato, per gli uffici periferici, dal dirigente dell'Ufficio territoriale dello Stato di cui all'articolo 8, comma 1, lettera e); […]”

Si nota, già soltanto da queste prime lettere del primo comma, l’intervento su aspetti fondanti dell’istituto, oltre che l’ampiezza dello stesso.

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legislativo (ad un anno dall'entrata in vigore della suddetta) per il riordino della disciplina, al fine di valutare e superare gli aspetti dell’istituto che, nondimeno, impediscono di rispondere a quelle esigenze di semplificazione e snellimento dell'attività della Pubblica Amministrazione per le quali esso è stato configurato.

Le modifiche da apportare, allo scopo di ridurre la frequente stagnazione della tempistica procedimentale, riguardano:

I) la riduzione dei termini di convocazione della conferenza; II) la definizione di una durata certa della procedura istruttoria;

III) la previsione di meccanismi di calcolo delle maggioranze e della modalità di acquisizione degli assensi che favoriscano la celerità del procedimento; IV) la necessità di porre termini tassativi per la richiesta di integrazioni documentali o chiarimenti necessari all'adozione della determinazione finale. La legge delega, in aggiunta, stimola il Governo alla revisione degli strumenti di

rappresentazione degli interessi, siano essi pubblici o privati, che consentano di incrementare la qualità del coinvolgimento dei portatori degli stessi nella conferenza di servizi.

Muovendo da questi indirizzi, il Governo è chiamato, in primo luogo, a ridefinire le tipologie dell’istituto: introducendo modelli di conferenza istruttoria pubblica che garantiscano, al più alto livello, la totale partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo; non dimenticando, inoltre, di operare coordinando la disciplina generale agli artt. 14 ss. della legge n. 241 del 1990 con le specifiche normative di settore che disciplinano lo svolgimento del procedimento.

In secondo luogo, si rinnova la volontà di attuare un’ulteriore semplificazione dei lavori interni: a tale risultato si perviene favorendo il ricorso agli strumenti informatici, limitando i casi di convocazione obbligatoria e prevedendo la possibilità di indizione di riunioni “in presenza”, vincolata ai procedimenti più complessi.

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In terzo luogo, è prevista una drastica riduzione delle ipotesi di conferenza obbligatoria, sulla base della natura del procedimento e del numero dei partecipanti ed inoltre, una riduzione dei termini per la convocazione della stessa; in ugual modo è stata avvertita la necessità di rivedere le ipotesi di conferenza decisoria e istruttoria, mediante un vero e proprio revirement delle fattispecie rientranti nell’una e nell’altra species. 22

In quarto luogo, l'Esecutivo si impegna a garantire “forme di coordinamento” o di “rappresentanza unitaria” delle amministrazioni interessate e di revisionare i meccanismi per l’adozione della determinazione finale di conclusione del procedimento secondo il criterio della prevalenza delle posizioni espresse; in aggiunta, è stata sottolineata l’esigenza di un ripensamento dei poteri dell’amministrazione procedente, soprattutto nelle ipotesi di mancato assenso e dissenso.

In quinto luogo, si vuole garantire la possibilità per le amministrazioni di assumere determinazioni in via di autotutela: indi per cui dovranno essere definiti sia i meccanismi, sia i termini per la valutazione tecnica e per la composizione degli interessi pubblici sensibili 23, anche attraverso la

previsione (soprattutto per gli interessi attinenti alla pubblica incolumità) della possibilità di attivare le procedure di riesame.24

22 Anche se con la legge n. 15 del 2005 ed il d. l. 78 del 2008 il legislatore aveva già provveduto a mitigare l'obbligatorietà della convocazione della conferenza decisoria. 23 S’intendono quelli di cui sono portatrici le amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità.

24 [Segue] Art. 2, comma 1, l. n 124 del 2015 : “ […] f) disciplina del calcolo delle presenze e delle maggioranze volta ad assicurare la celerità dei lavori della conferenza; g) previsione che si consideri comunque acquisito l'assenso delle amministrazioni, ivi comprese quelle preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e dell'ambiente che, entro il termine dei lavori della conferenza, non si siano espresse

Nelle forme di legge;

h) semplificazione dei lavori della conferenza di servizi, anche attraverso la previsione dell'obbligo di convocazione e di svolgimento della stessa con strumenti informatici e la possibilità, per l'amministrazione procedente, di acquisire ed esaminare gli interessi coinvolti in modalità telematica asincrona;

i) differenziazione delle modalità di svolgimento dei lavori della conferenza, secondo il principio di proporzionalità, prevedendo per i soli casi di procedimenti complessi la convocazione di riunioni in presenza;

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In ultimo luogo, l’aspetto giuridicamente più rilevante della nuova normativa della conferenza di servizi, indicato nell’art. 3 della legge 124 del 2015, è il collegamento con il silenzio assenso tra le amministrazioni, che introduce il nuovo art. 17-bis.25

l) revisione dei meccanismi decisionali, con la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse in sede di conferenza per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento nei casi di conferenze decisorie; precisazione dei poteri dell'amministrazione procedente, in particolare nei casi di mancata espressione degli atti di assenso ovvero di dissenso da parte delle amministrazioni competenti; m) possibilità per le amministrazioni di chiedere all'amministrazione procedente di assumere determinazioni in via di autotutela ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, purché abbiano partecipato alla conferenza di servizio si siano espresse nei termini;

n) definizione, nel rispetto dei principi di ragionevolezza, economicità e leale collaborazione, di meccanismi e termini per la valutazione tecnica e per la necessaria composizione degli interessi pubblici nei casi in cui la legge preveda la partecipazione al procedimento delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, in modo da pervenire in ogni caso alla conclusione del procedimento entro i termini previsti; previsione per le amministrazioni citate della possibilità di attivare procedure di riesame;

o) coordinamento delle disposizioni di carattere generale di cui agli articoli 14, bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, con la normativa di settore che disciplina lo svolgimento della conferenza di servizi;

p) coordinamento delle disposizioni in materia di conferenza di servizi con quelle dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, introdotto dall'articolo 3 della presente legge;

q) definizione di limiti e termini tassativi per le richieste di integrazioni documentali o chiarimenti prevedendo che oltre il termine tali richieste non possano essere evase, ne' possano in alcun modo essere prese in considerazione al fine della definizione del provvedimento finale.

25 Art. 3, l. n 124 del 2015 : “1. Alla legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo l'articolo 17 è inserito il seguente:

“Art. 17-bis. Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici

1. Nei casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell'amministrazione procedente. Il termine è interrotto qualora l'amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigenze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo puntuale nel termine stesso.

In tal caso, l'assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.

2. Decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. In caso di mancato accordo tra le amministrazioni

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La nuova disposizione vuole ovviare alla lentezza e alla complessità insita nelle procedure di acquisizione di concerti, assensi e nulla osta: il legislatore, pertanto, introduce il silenzio assenso nell’acquisizione dei predetti atti di concerto, indipendentemente se questi abbiano natura amministrativa, ovvero, normativa.

Nello specifico, il nuovo art. 17-bis prevede che gli assensi e i nulla osta devono essere acquisiti nel termine perentorio di trenta giorni, che inizia a decorrere dalla data di instaurazione della conferenza di servizi e possono essere interrotti una sola volta, per ulteriori trenta giorni, qualora l’amministrazione che deve comunicare il suo assenso necessiti di ulteriore attività istruttoria.

Decorso il suindicato termine, è previsto che l’assenso stesso debba intendersi acquisito.

Considerato quanto illustrato, la delega vuole certamente rispondere all’esigenza di adeguare l’istituto alla proliferazione di interessi, conseguente ai cambiamenti sociali; di adattare i processi decisori ad una complessità amministrativa che vuole divenire sempre più operativa, abbandonando i caratteri meramente procedimentali.

In questo senso non ci si può certo esimere dal richiamare il parere del Consiglio di Stato, n. 890 del 7 aprile 2016, il quale, nell'approvare lo schema

statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico - territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini, per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche.

In tali casi, ove disposizioni di legge o i provvedimenti di cui all'articolo 2 non prevedano un termine diverso, il termine entro il quale le amministrazioni competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell'amministrazione procedente.

Decorsi i suddetti termini senza che sia stato comunicato l'assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

4. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi in cui disposizioni del diritto dell'Unione europea richiedano l'adozione di provvedimenti espressi.”

(28)

28

della legge n. 124 del 2015 rileva comeil Ministero, nel realizzare il suindicato schema, abbia operato perseguendo in particolare tre obiettivi principali, ovvero:

a) lo snellimento dell'azione amministrativa attraverso il contingentamento dei tempi, la riduzione dei casi di convocazione obbligatoria e l’utilizzo degli strumenti informatici;

b) l’aumento della partecipazione procedimentale tramite l’ampliamento dei casi di conferenza semplificata “asincrona”, anche con l’ausilio di strumenti telematici, e la limitazione dei casi di conferenza “sincrona” alle sole ipotesi in cui il procedimento sia particolarmente complesso, ovvero nei casi in cui l’amministrazione procedente ritenga opportuno e possibile superare dei dissensi espressi 26 ;

c) la semplificazione normativa e la certezza del modello decisionale, laddove partecipino anche amministrazioni non statali, per mezzo della nomina di rappresentanti unici ad ogni livello territoriale, che permettano l’espressione in modo univoco e vincolante delle rispettive posizioni. 27

Tali obiettivi, più volte ribaditi, rappresentano i presupposti per un notevole risparmio di tempo e di costi per i cittadini e per le imprese che interagiscono con le pubbliche amministrazioni.

E’ interessante però rilevare come il Consiglio di Stato voglia assicurarsi che i vantaggi auspicati dalla riforma, a differenza di quanto avvenuto in passato, siano tangibili e che non si cristallizzino in una dimensione puramente

programmatico - procedimentale, come puntualmente manifestatasi (con

maggiore o minore intensità) nel percorso di evoluzione legislativa dell’istituto.

26 Senza dimenticare, come indica il Consiglio di Stato, che a tale obiettivo contribuisce la previsione di «un termine perentorio entro il quale le stesse devono rendere le proprie determinazioni, nonché della regola secondo cui il silenzio equivale ad assenso senza condizioni» da Cons. St., Comm. Spec, 7 Aprile 2016 n. 890.

27 Deve, comunque, restare in capo alle singole amministrazioni statali la possibilità «di intervenire comunque ai lavori della conferenza con funzione di supporto al rappresentante unico», ivi.

(29)

29

A tal proposito la Commissione Speciale rileva che: «la disciplina della conferenza di servizi è stata modificata in tutte le legislature e da quasi tutti i Governi dal 1990 ad oggi; auspica che il futuro decreto legislativo si riveli più efficace dei molteplici interventi legislativi precedenti, ma ritiene altresì necessario chiedersi la soluzione non possa risiedere anche in interventi ulteriori e di tipo diverso rispetto a quello della novella della legge n. 241». E su tale aspetto propriamente insiste, affermando che: «oltre alla semplificazione procedimentale conseguibile con il nuovo testo, si debba perseguire una semplificazione sostanziale, che si concretizzi in politiche pubbliche capaci di regolare e graduare i diversi interessi, allo scopo di rendere più agevole la loro composizione».

Da queste indicazioni emerge quindi, con tutta evidenza, la consapevolezza che l’ennesima novella non possa, da sola, realizzare quella riforma operativa della conferenza dei servizi, tanto auspicata dal legislatore, poiché finirebbe certamente per riproporre un’altra stratificazione normativa, secondo un’agire legislativo inutilmente reiterato e ormai obsoleto, oltre che improduttivo di effetti durevoli.

A ragion di ciò, la Commissione Speciale, prendendo atto di tale ciclicità, raccomanda la direzione da seguire, ponendosi in soluzione di discontinuità con il passato e rappresentando la necessità di «adottare misure ‘non normative’ di sostegno alla riforma»28, in particolare:

«a) la prima riguarda il “fattore umano”, che ricopre un ruolo fondamentale per il successo

della riforma.

Occorrono amministratori professionalmente ‘capaci’ e in grado di condurre il processo decisionale verso decisioni corrette, tempestive e non incentrate solo

28 In questo senso anche N. RANGONE, in La semplificazione delle regole e delle procedure amministrative, in Enciclopedia Treccani, Approfondimenti di attualità, diritto amministrativo, quando afferma che, in passato: «questi interventi non sono stati collegati sistematicamente ad altri strumenti essenziali per conseguire obiettivi di semplificazione, quali l’innovazione organizzativa e tecnologica, la formazione del personale, la comunicazione, la valutazione delle performances e ciò in ragione delle permanenti difficoltà sul fronte della finanza pubblica, da un lato, e delle resistenze culturali delle pubbliche amministrazioni a questi temi, dall’altro».

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su profili giuridico - amministrativi: appare dunque indispensabile un programma formativo ad hoc, che ben potrebbe essere affidato alla supervisione della riformata Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA); b) occorre altresì che il Governo si impegni in un’opera di comunicazione istituzionale delle potenzialità dei nuovi strumenti e di diffusione della cultura del cambiamento, rivolta agli amministratori,ma anche agli operatori privati;

c) è necessario, infine, che la fase di implementazione della riforma in atto venga accompagnata da adeguate misure di monitoraggio delle prassi applicative, ricorrendo allo strumento della verifica di impatto della regolamentazione (VIR)». 29

In sintesi: nel primo punto si presenta la necessità di un’adeguata formazione del personale amministrativo; nel secondo punto si suggerisce al Governo di predisporre un’adeguata comunicazione che garantisca il recepimento delle nuove modalità operative; infine, con il terzo punto, si raccomanda di vigilare sulla prassi applicativa tramite lo strumento della verifica di impatto della regolamentazione, potendo così stimare il raggiungimento o meno della finalità della riforma, nonché gli effetti della stessa. 30

Su questo ultimo punto è opportuno specificare come il nostro ordinamento preveda anche un altro strumento, rappresentato da un sistema di analisi di impatto della regolamentazione, detto anche AIR (articolo 14, comma 6, legge n. 246 del 2005; Dpcm 16 gennaio 2013) 31.

29 Da I punti principali del parere del Consiglio di Stato sulla conferenza dei servizi,

https://www.giustizia-amministrativa.it/cdsintra/cdsintra/Notiziasingola/index.html?p=NSIGA_4074486

30 «La finalità della VIR è, dunque, di fornire, a distanza di un certo periodo di tempo all’introduzione di una norma, informazioni sulla sua efficacia, nonché sull’impatto concretamente prodotto sui destinatari, anche al fine di valutare possibili revisioni della regolazione in vigore» da http://presidenza.governo.it/DAGL/uff_studi/VIR.html

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31

Secondo quanto indicato da Luigi Carbone, tale strumento è forse più decisivo della suddetta Vir, in quanto permette una misurazione ex ante degli effetti attesi dall’intervento normativo, c.d. impatto della regolamentazione.

Questa disciplina stabilisce, opportunamente, la necessità: «di procedere alla definizione del problema da risolvere, degli obiettivi perseguiti con l’intervento normativo e degli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi stessi; di effettuare un’adeguata consultazione; di individuare varie opzioni, anche non normative, di intervento (inclusa sempre “l’opzione zero”); di motivare l’opzione proposta individuandone vantaggi e svantaggi, costi e benefici; di considerare gli effetti sul mercato, le modalità attuative (…)».32

D’altra parte l’Autore continua rilevando come «tale compiuto (nelle norme) sistema di analisi» sia in realtà troppo spesso incompiuto nella pratica, in quanto «si rileva una scarsa capacità degli uffici legislativi italiani di considerare aspetti diversi dal testo della norma in sé, di lavorare con i dati quantitativi, insomma di misurare, laddove invece la misurazione è l’unico strumento per rendere l’autorità normativa consapevole dei possibili effetti delle sue scelte».

Ciò considerato, si rileva che le suindicate posizioni di carattere non normativo, ritenute di essenziale sostegno per la riforma, sono ovviamente - e in più larga misura - accompagnate da indicazioni di carattere tecnico sulle singole norme.

Il parere in esame si configura quindi come una pronuncia dal tono eterogeneo, in cui sono presenti sia ulteriori raccomandazioni che incertezze, e d’altra parte, ampie espressioni di favor su certe novità e sullo spirito generale che sottende all’intervento di riforma.

32 L. CARBONE, in I pareri del Consiglio di Stato sulla Riforma Madia: verso un’evoluzione delle funzioni consultive?, 2017

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32

Passando all’articolato, le rilevazioni del Consiglio di Stato vengono sviluppate per come segue:

I) con riguardo alla partecipazione del privato alla conferenza di servizi, il parere rileva l’opportunità di reintrodurre, in quanto già prevista dall’art.

14-ter comma 2-bis della legge n. 241 del 1990, una partecipazione attiva di

questi ai lavori della conferenza con pieno accesso ai relativi atti (non esplicitamente confermata dallo schema di decreto); 33

II) con attenzione alla disciplina speciale, si suggerisce di operare un più adeguato accordo con la normativa generale della conferenza di servizi, in particolare con il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di

concessione”, che mira ad eliminare la vecchia figura del “progetto

preliminare” a favore del c.d. “progetto di fattibilità tecnica ed economica”; si raccomanda quindi, in sede di formulazione finale, di non fare riferimento a istituti che non saranno più operativi all’entrata in vigore della riforma medesima;

III) nell’ambito dei rapporti tra la nuova conferenza e le valutazioni ambientali, il Consiglio di Stato invita ad operare un più adeguato raccordo tra le discipline, in particolare estendendo le previsioni di cui al nuovo art. 14, in un’ottica di concentrazione procedimentale, anche alle ipotesi di progetti sottoposti a VIA statale;

IV) per quanto concerne l’attività prodromica alle decisioni conferenziali, il parere ritiene utile riproporre la previsione di cui all’attuale art. 14-ter, secondo cui l’amministrazione procedente può far eseguire l’attività istruttoria (preparatoria alle decisioni della conferenza) anche da altri organi della P.A. o da istituti universitari, ponendo però i relativi oneri economici a esclusivo carico del privato richiedente che vi consenta.

Inoltre, si ritiene utile non rinunciare al principio secondo cui, una volta scaduto il termine per la procedura di VIA, questa possa essere ricompresa

33 Dal relativo parere: «(…)salvo che vi ostino particolari ragioni connesse, ad esempio, a specifici divieti di divulgazione del materiale documentale scrutinato in conferenza».

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