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CONFERENZA DI SERVIZI: UNA VISIONE D’INSIEME

3.1 La conferenza istruttoria

E’ ormai noto come l’allargamento delle dimensioni del settore pubblico sia in senso strutturale che di funzioni, abbia inevitabilmente contribuito a rendere assai articolati i processi decisionali delle amministrazioni; ciò naturalmente contribuisce a valorizzare adeguatamente il pluralismo amministrativo e a favorire, al contempo, la collaborazione del settore privato. 198

Il più ampio coinvolgimento di soggetti pubblici (in funzione consultiva) e di soggetti privati (in funzione collaborativa o difensiva) in un contesto giuridico e sociale sempre più complesso, dimostra la necessità di rafforzare l'attività istruttoria in seno alla conferenza di servizi: questo momento diviene indispensabile per le amministrazioni sia per incrementare la razionalità delle proprie scelte che per ridurre le frequenti situazioni di asimmetria informativa.

La legge n. 69 del 2009 è stato il primo intervento normativo che ha “aperto” la conferenza di servizi ai privati, con la previsione di un obbligo di convocazione di quest’ultimi, che possono sì partecipare, ma senza godere – ovviamente - del diritto di voto in seno alla medesima.

In particolare, l’obbligo di convocazione vige solo laddove detti privati siano proponenti del progetto dedotto in conferenza, o ancora, se concessionari o gestori di pubblici servizi, laddove il procedimento incida direttamente sulla loro attività.

La tendenza al rafforzamento dell'attività istruttoria -anche per il tramite di una partecipazione più diffusa alla conferenza, come indicato - appare altresì evidente in presenza di decisioni pubbliche riguardanti la tutela di interessi e

198 M. S. GIANNINI, in Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, il Mulino, Bologna, 1986, p. 79 ss., evidenzia come la moltiplicazione dei compiti pubblici ha favorito la disaggregazione amministrativa dello Stato e, al tempo stesso, ha determinato l'insorgere di una maggiore conflittualità non solo tra interessi pubblici e interessi privati ma anche tra i diversi interessi pubblici coinvolti nelle decisioni amministrative.

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diritti di rilevanza costituzionale, come la salute, l'ambiente, il paesaggio o la sicurezza.

Il modello di conferenza detta istruttoria (altrimenti "interna" o "referente") risponde a dette esigenze e costituisce, non a caso, la fattispecie più diffusa dell’istituto; questa può essere indetta facoltativamente dall’amministrazione procedente, coerentemente con quanto previsto dalla disciplina previgente. La novità della formulazione riguarda la possibilità di poter indire tale modello anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento 199, ovvero, in più procedimenti connessi, riguardanti medesime

attività o risultati. 200

Questo “potere di impulso”, concesso dal novello articolo sia ai privati che alle “altre” amministrazioni coinvolte, risponde a quell’ottica di maggiore partecipazione procedimentale tracciata dalle linee guida del relativo schema di decreto.

E’ d’uopo notare come, al pari della formulazione precedente, il nuovo art. 14 non disciplina espressamente la partecipazione dei soggetti privati all’istruttoria; partecipazione che d’altra parte non parrebbe di per sé esclusa, laddove tali soggetti siano portatori di un interesse pubblico.

E’ altresì previsto che tale conferenza si svolga sempre in forma semplificata (ossia secondo le modalità definite dal novello articolo 14-bis) o “con modalità

diverse, definite dall'amministrazione procedente".

Quest'ultima previsione suggerirebbe l’attribuzione di una discrezionalità organizzativa in capo all'amministrazione procedente medesima, quando

199 In questi casi, l’indizione della conferenza non è necessaria ai fini dell’adozione del provvedimento finale, ma può essere utile per consentire un confronto tra le amministrazioni portatrici di tali interessi.

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invece, nella disciplina generale dell’istituto 201 è la conferenza stessa, a

maggioranza, ad auto-determinare l'organizzazione dei propri lavori.

Come indicato dai relativi dossier della Camera dei Deputati:

«l'amministrazione procedente avrebbe discrezionalità riguardo non solo l'an (come è già, dopo la previsione introdotta dal decreto legge n. 78 del 2010) ma anche riguardo il quomodo della conferenza istruttoria». 202

La decisione rimane comunque «atto proprio dell’amministrazione

procedente, a prescindere dall’effettivo esercizio del potere di impulso di privati o altre amministrazioni coinvolte» e può dirsi pertanto “monostrutturata”.

Con l’ulteriore precisazione secondo cui «la complessità istruttoria potrà comunque evincersi sulla motivazione dell'atto, scrutinabile in sede di vaglio della ragionevolezza dell'agire amministrativo». 203

Inoltre, anche in sede istruttoria potranno essere assicurati dei meccanismi tesi a superare eventuali stalli procedurali, derivanti dalla mancata pronuncia di un determinato soggetto titolare di interessi sensibili, purché sia quantomeno preservata la possibilità di pronunciarsi ad un soggetto pubblico alternativo, sempre con riguardo all'interesse sensibile coinvolto. 204

Ciò detto, è importante richiamare l’attenzione su uno in particolare dei criteri direttivi della legge delega: la richiesta di “introduzione di modelli di

istruttoria pubblica” - con riferimento non certo limitato alla sola conferenza

istruttoria - al fine di garantire la partecipazione, anche telematica, degli interessati al procedimento. 205

201 Art. 14-ter, comma 1

202 Servizio Studi della Camera dei Deputati, Dipartimento Istituzioni, Dossier n. 323 203 Ivi.

204 Come indicato da A. MOLITERNI, in Semplificazione Amministrativa e Tutela…op. cit. ; v. infra p. 38

205 Art. 2 , comma 1, lettera b), l. n. 124/2015; alludendosi ovviamente alla partecipazione di soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento.

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Tali “modelli di istruttoria pubblica” dovevano, in particolare, essere alternativi agli strumenti di partecipazione di cui all’art. 10 della legge 241 del 1990, come indicato dall’art. 2 dello schema di decreto. 206

Pertanto, prima dell’introduzione della riforma, la possibilità di partecipazione di privati avveniva attraverso il raccordo tra le previsioni dell’art. 10, con la definizione del perimetro dell’esercizio di tale diritto attraverso il richiamato art. 24, legge 241 del 1990.207

Bisogna però accertare se il legislatore abbia dato o meno esecuzione al criterio di delega suddetto, superando il meccanismo indicato.

A tal fine può essere utile un rapido excursus circa la regolamentazione della trasparenza in ambito procedimentale (che viene realizzata anche per il tramite della partecipazione privata) per comprendere il tenore della regolamentazione odierna.

Il testo originario della l. n. 241 del 1990, all'art. 22, stabiliva una sorta di canone della trasparenza in relazione all'attività amministrativa (“Al fine di

assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale”) ed inoltre riconosceva un diritto di accesso ampio

(“chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente

rilevanti”).

Successivamente, la l. 11 febbraio 2005, n. 15 ha elevato l'accesso ai documenti a principio generale dell'attività amministrativa: “al fine di

favorire la partecipazione e di assicurare l'imparzialità e la trasparenza”.

Inoltre, essa ha ristretto la legittimazione soggettiva all'accesso ai soli “soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che

abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”, in luogo di “chiunque”.

206 Nello specifico, si indicava l’art. 10 come modello da “superare” o, quanto meno, da non riproporre.

207 Rubricato difatti come “Esclusione del diritto di accesso”, come sostituito dalla l. n. 15/2005.

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Il diritto di accesso documentale, così configurato, assumeva un collegamento debole con il

principio di trasparenza dell'attività amministrativa: lo elevava a strumento di partecipazione, ma al contempo ne restringeva l'applicazione ai pochi soggetti legittimati, con esito paradossale.

Solo con il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (c.d. decreto Brunetta) la trasparenza viene declinata come “[...] accessibilità totale, [anche]

attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, delle informazioni”, con la dichiarata finalità di

“[...] favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon

andamento e imparzialità”. 208

M. C. Cavallaro 209 ritiene che il D. Lgs. n. 150 del 2009, abbia perseguito

mediante la trasparenza due finalità: quella della partecipazione e quella di un buon andamento, in particolare: « […] la partecipazione, che deriva dalla conoscenza e dal potenziale utilizzo di tutte le informazioni di cui l'amministrazione è in possesso, è funzionale all'instaurazione di un processo virtuoso, tale per cui la trasparenza assicura un dialogo e un confronto costante tra il cittadino e l'amministrazione, in modo da consentire a quest'ultima di implementare pratiche di “buona amministrazione” » per cui, continua l'Autore, «La trasparenza, in ultima analisi, è in funzione della partecipazione e del buon andamento».

Trasparenza che possiamo confermare essere il fine ultimo anche del modello di conferenza istruttoria, che risponde proprio alla massima realizzazione dei suddetti principi di partecipazione e buon andamento.

Cosicché, viene riconosciuto in capo a ciascun cittadino il diritto di ottenere le informazioni

208 R. PEREZ (a cura di), Il « Piano Brunetta » e la riforma della pubblica amministrazione, Rimini, 2010, p. 15 ss.

209 In Garanzia della trasparenza amministrativa e tutela dei privati, in Dir. amm, 2015 n. 1, p. 121.

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pubbliche, con l'obiettivo dichiarato di favorire quel controllo generalizzato sull'operato delle pubbliche amministrazioni che è (e resta), invece, espressamente escluso dalla previsione ex art. 24, 3 comma, l. 241 del 1990.

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Ma se il suindicato articolo presenta tale divieto, che pur sembra essere gradualmente scardinato dall’evoluzione dell’attuale modello di conferenza istruttoria e da un sempre più generale diritto di accesso, è d’uopo allora guardare a quali effettivamente siano gli odierni strumenti di partecipazione, per come indicati dalla legge sul procedimento amministrativo, che non possono che interessare anche, e in maggior misura, il modello di conferenza istruttoria.

Meccanismi che, si ricorda, dovrebbero essere superati o quantomeno affiancati, secondo le indicazioni del relativo schema di decreto, da nuovi “modelli di istruttoria pubblica”; bisogna quindi analizzare se tali modelli siano stati realizzati o meno.

In particolare, secondo l’art. 10, i soggetti di cui all’art. 9 211 e quelli di cui

all’articolo 7 212 , hanno il diritto di prendere visione degli atti del

procedimento e di presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento.

L’art. 13, che chiude il capo delle norme sulla partecipazione al procedimento amministrativo, precisa che queste non si applicano in caso di emanazione di

atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di

programmazione.

210 Stabilisce espressamente che: “Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni”.

211 I soggetti portatori di interessi pubblici o privati o di interessi diffusi ai quali possa derivare un pregiudizio dal provvedimento in conferenza.

212 I soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti e quelli che per legge debbono intervenirvi.

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Proprio il suddetto sistema di partecipazione, avente il suo fulcro nell’art. 10, è ad oggi utilizzato in materia di conferenza di servizi ed è tutt’ora l’unico strumento disponibile in ambito di partecipazione privata.

In altri termini: il legislatore non ha rispettato quel criterio guida di cui all’art. 2 lettera b) 213, non “superando”, come espressamente richiesto, il

modello di partecipazione - già esistente - di cui all’art. 10.

Non si prevedono, difatti, “altre” forme di istruttoria pubblica per la conferenza di servizi.

In conclusione, non si comprende il perché di tale scelta e tanto meno la ragione per cui, in ultimo luogo, il legislatore abbia preferito riproporre lo strumento dell’art. 10 (per il cui tramite disciplina i diritti dei partecipanti al procedimento amministrativo) non realizzando nemmeno quel livello minimo richiesto dalla delega, che non imponeva certo la sostituzione ex-novo degli strumenti di partecipazione già esistenti, ma quanto meno la formulazione e l’inserimento di un “momento” di partecipazione alternativa.

Non possiamo sapere se ciò sia stato determinato da mancanza di tempo nella stesura finale del decreto legislativo o, ancora, da semplice dimenticanza; in definitiva non si ha ancora quello strumento altro (“forme di istruttoria

pubblica”) che possa garantire, nonostante l’espressa richiesta della

composizione consultiva del Consiglio di Stato, una migliore partecipazione dei privati al procedimento.

3.2 La conferenza preliminare

La conferenza su istanze o progetti preliminari, di cui all’art 14-bis, è stata istituita dalla già citata214 legge 340 del 2000 ed è un particolare tipo di

conferenza “preliminare”, convocata a discrezione (quindi, facoltativamente) dell’amministrazione procedente, per progetti di particolare complessità e di

213 V. infra p. 73