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La decisione della conferenza di servizi e i suoi effetti; intervento in autotutela

2 2 LA CONFERENZA SIMULTANEA (CON RIUNIONE)

2.2.5 La decisione della conferenza di servizi e i suoi effetti; intervento in autotutela

Una volta esaminato lo sviluppo procedurale delle nuove configurazione dei due principali modelli, di cui agli artt. 14-bis e 14-ter, proposti dalla Riforma Madia, è d’uopo guardare all’adozione e ai relativi effetti della decisione conclusiva della conferenza, fissati dal successivo art. 14-quater.

La Riforma elabora, con particolare attenzione, un articolo a sé stante per definire valore ed eventualità procedurali correlati alla determinazione conclusiva, in quanto rappresenta quel momento della conferenza in cui, in

171 E d’altra parte ciò impone di prendere in considerazione, a ragione di stretta consequenzialità, F. SCALIA, in Prospettive e profili problematici della nuova conferenza di servizi…op.cit., pp.625 e ss. quando afferma che: «E’ necessaria, infine, da parte del Governo un'attenta valutazione della prassi applicativa dei nuovi strumenti — e tra questi, della rinnovata conferenza di servizi — e dei relativi effetti. Ciò sia per selezionare le best practices da diffondere tra le varie amministrazioni, al fine di elevare e rendere omogeneo il livello delle loro prestazioni, sia per predisporre mirati interventi normativi correttivi». E in questo senso anche D. D’ORSOGNA che in Semplificazione e conferenza di servizi, Relazione al Convegno AIPDA…op.cit. indica, sullo stesso tenore, un doverosa quanto necessaria vigilanza sulle amministrazioni -auspicando un opportuno mutamento “culturale”- nel momento applicativo dell’istituto.

172 Purtroppo, le analisi riportate dall’help-desk del Dipartimento della funzione pubblica, sembrano fornire un riscontro diverso, registrando difatti «una netta prevalenza delle conferenze semplificate rispetto a quelle simultanee, mentre sono residuali i casi nei quali a quella semplificata segue la conferenza simultanea».

Come riportato anche da G. VESPERINI, La prima applicazione della nuova conferenza di servizi, in Giorn. dir. amm., n. 6/2017, p. 697

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passato, si sono verificati i più aspri contrasti nella prassi amministrativa (in particolare tra livelli regionali e statali).

L’obiettivo è quindi quello, ormai “ossessivo” e mai totalmente ovviato dalle formulazioni precedenti, di un più agile superamento dei dissidi che possono sorgere tra le amministrazioni coinvolte (specialmente nel momento finale del procedimento), pur sempre nel rispetto del principio di leale collaborazione fissato secondo le prescrizioni della Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 2012.

Con la previsione di cui all’art. 14-quater il legislatore vuole, altresì, garantire l’attuazione di quei principi di chiarezza, trasparenza e necessaria inequivocità indicati dalla legge delega, che sono principi tanto più importanti quanto ancorati ad un provvedimento eso-procedimentale quale è la dichiarazione conclusiva, e non soltanto alle dichiarazioni interne alla conferenza.

L’applicazione di tali principi si propaga anche sulla modalità di espressione del dissenso delle amministrazioni partecipanti: a queste infatti il dato normativo collega la possibilità di esperire, entro tempi prestabiliti, l’opposizione di fronte alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Sembrano pertanto essere chiari, in ultimo luogo, gli obiettivi procedurali perseguiti dalla riforma: certezza circa l’adozione del provvedimento finale della conferenza e termini perentori per la sua efficacia.

Il rispetto di tali direttive non è utile soltanto a tutelare gli interessi dei privati eventualmente coinvolti, ma anche l’utile partecipazione delle amministrazioni presenti, a garanzia delle istanze di dissenso da queste espresse, benché motivate (e non più 173 delle sole istanze presentate su

discrezione della sola amministrazione procedente174).

173 In base alla precedente formulazione dell’art. 14-quater.

174 Cons. St., Sez. V, 3 ottobre 2012 n. 5199, da cui si traduceva la vecchia massima: «(…)Il potere di autotutela si esercita discrezionalmente d’ufficio, essendo rimesso alla più ampia valutazione di merito dell’Amministrazione, e non su istanza di parte e, pertanto, sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere».

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Passando al dato normativo, è stabilito che la conclusione motivata della conferenza, adottata dall’amministrazione procedente “sostituisce a ogni

effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati”.175

E’ interessante proporre quanto rilevato da Lorenzo Carbonara, secondo cui: «La norma, non operando distinzioni terminologiche, sembra superare la tradizionale dicotomia tra determinazione conclusiva (verbale della seduta collegiale della conferenza, a valenza endo-procedimentale) e successivo provvedimento finale (atto dell’amministrazione procedente, a valenza eso- procedimentale)». 176

Difatti, seconda parte della dottrina, il verbale redatto in sede di conferenza può eventualmente sostituire la determinazione motivata di conclusione della stessa, ma alla sola condizione che contenga tutti gli elementi del provvedimento finale. 177

Inoltre, si statuisce che in caso di approvazione unanime (o in presenza di soli dissensi “non qualificati”), la decisione è immediatamente efficace.

L’efficacia della determinazione, in caso di approvazione sulla base delle posizioni prevalenti, è invece sospesa quando sono stati espressi dissensi qualificati per il periodo utile alla presentazione dell’opposizione (dieci giorni

175 Nel caso in cui le disposizioni vigenti prevedono che il pagamento di oneri, diritti etc. avvenga contestualmente al rilascio degli atti di assenso, il rilascio della determinazione che li sostituisce avverrà contestualmente al pagamento degli stessi.

176 Da L. CARBONARA , in La nuova conferenza di servizi…op.cit.

177 T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 22 gennaio 2015, n. 69; dal commento di R. MUSONE: «Il T.A.R. Latina valuta che, nell’attuale assetto normativo della Conferenza di Servizi, la determinazione finale della Conferenza rappresenta sia il momento terminale di questa, sia il provvedimento conclusivo del procedimento: quindi, la determinazione conclusiva, avendo valore provvedimentale e non più di atto endoprocedimentale, è dotata di immediata lesività e, come tale, è immediatamente impugnabile».

Sembra quindi che il legislatore abbia accolto le determinazioni giurisprudenziali (in conformità con quanto rilevato da L. CARBONARA) secondo cui non è necessaria la distinzione tra: una fase che si concludeva con la determinazione della Conferenza, dotata di mera valenza endo-procedimentale e non impugnabile, ed un’ulteriore fase che si concludeva con il provvedimento finale unico atto impugnabile, in quanto provvisto di valenza eso-procedimentale, effettivamente determinativa della fattispecie ed incidente sulle situazioni degli interessati.

A questo orientamento è conforme anche: T.A.R. Lazio, Latina, Sez. I, 20 ottobre 2013, n. 810

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dalla sua comunicazione) per l’ “eventualità” dell’esperimento, da parte delle sole amministrazioni dissenzienti “qualificate”, della procedura di opposizione di cui al successivo art. 14-quinquies. 178

In ogni caso, i termini di efficacia degli atti di assenso acquisiti nell’ambito della conferenza decorrono dalla data della comunicazione della

determinazione motivata di conclusione della conferenza.

Una precisazione, per quanto riguarda l’amministrazione competente ad adottare l’atto finale, è inoltre opportuna: la nuova disciplina, nelle conferenze relative a operazioni complesse, non contempla più alcun criterio di identificazione preventiva.

In passato si faceva difatti ricorso a nozioni vaghe: amministrazione titolare

“dell'interesse pubblico prevalente”, amministrazione “competente per l'adozione del provvedimento finale”.

Adesso invece l’amministrazione deputata all’adozione del provvedimento finale è semplicemente l’ “amministrazione procedente”, ovvero quella che convoca la conferenza di servizi.

L’individuazione dell’amministrazione competente per il tramite di un criterio totalmente neutro, come il suindicato, rende non soltanto più agevole l’interpretazione del dato normativo ma orienta verso una maggiore semplificazione procedimentale anche il momento finale (ovvero, decisorio) della conferenza dei servizi.

E’ interessante notare come, secondo le opinioni dottrinali di alcuni tra i primi commentatori della l. n. 241 del 1990, sempre con riguardo agli effetti dell’atto finale, la conferenza di servizi avrebbe dato vita ad un accordo che si poteva definire «sostitutivo di un intero sub-procedimento e riassuntivo in sé dell’atto finale stesso». 179

178 V. infra pag. 59 ss.

179 Da G. COMPORTI, in Il coordinamento infrastrutturale. Tecniche e garanzie, Milano, 1996, pp.200 ss.

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Tale affermazione poteva anche rivelarsi corretta se rapportata alle prime elaborazioni dell’istituto, ma in realtà non lo è in relazione al dato normativo vigente, il quale, in modo formalmente esplicito, nega che la conferenza di servizi sia finalizzata alla conclusione di un negozio giuridico e che le determinazioni concordate abbiano natura di accordi.

Dottrina autorevole, tra cui giova citare la trattazione di Raffaele Montefusco, indica come la natura puramente negoziale della conferenza sia confutata dal fatto che, tramite l’applicazione del c.d. principio di semplificazione, la conferenza può concludersi positivamente anche in assenza della partecipazione delle amministrazioni ritualmente convocate, ovvero in presenza di uno o più dissensi manifestati da quelle partecipanti 180.

Sulla base di questi apporti la dottrina tende di conseguenza a valorizzare non tanto la natura consensuale dell’atto, quanto più l’attività funzionalizzata che si riflette sulla natura del provvedimento conclusivo.

Pare corretto quindi affermare la rilevanza esclusivamente procedimentale della conferenza: intesa quale figura organizzativa di raccordo tra amministrazioni e di coordinamento-collaborazione tra le stesse per il raggiungimento di un risultato concreto unitario.

Ciò, d’altra parte, era già pacificamente stabilito dalla Suprema Corte, in sent. 11 luglio 2012, n. 179 e dal Consiglio di Stato che, recentemente, ma pur sempre prima della formulazione della legge delega, rilevava come «la conferenza di servizi rappresenta un modulo procedimentale che conduce all’adozione di un provvedimento che assorbe gli atti riconducibili alle amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza o che, regolarmente invitate, avrebbero dovuto prendervi parte». 181

Tanto che, in coerenza con tale affermazione, il novellato art. 14-quater della legge n. 241 del 1990 (già illustrato) precisa che la determinazione finale opportunamente motivata “sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso,

180 R. MONTEFUSCO, La Conferenza di servizi in AA.VV. Istituzioni di diritto amministrativo, Giappichelli, 2017, p. 243;

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comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati.”

La coerenza sistemica del nuovo art. 14-quater è quindi, tutt’ora, incontestata.

Per quanto riguarda invece l’autotutela delle amministrazioni, queste sono regolate tramite il rinvio operato dallo stesso art. 14-quater agli artt. 21-

quinquies e 21-nonies della legge sul procedimento.

Il Consiglio di Stato ha previamente affermato che le regole sull’autotutela «si innestano nel caso della conferenza di servizi su di una decisione c.d. pluristrutturata, che per la sua natura necessariamente contamina la disciplina giuridica del potere di autotutela, ispirata al principio del c.d.

contarius actus» 182.

Secondo tale giurisprudenza, peraltro pacifica, «le amministrazioni che hanno adottato atti endoprocedimentali in seno alla conferenza non possono operare in autotutela per far venir meno l’assenso espresso».

Ciò risponde certamente ad un principio di ragionevolezza in quanto, in caso contrario, ne deriverebbe la vanificazione della disciplina dettata in tema di dissenso o di mancata partecipazione all’interno della conferenza di servizi. Nella decisione si precisa, inoltre, che i pareri espressi in seno alla conferenza di servizi non hanno «autonoma valenza esoprocedimentale e, pertanto, non sono immediatamente e autonomamente lesivi della sfera giuridica degli amministrati, cosicché le doglianze non possono che essere portate contro l’atto conclusivo della conferenza di servizi attivata in sede di autotutela».

Spetta dunque alla sola amministrazione procedente, eventualmente a seguito di apposita istanza di altro partecipante, valutare l’opportunità di indire una nuova conferenza di servizi avente ad oggetto il riesame dell’atto adottato,

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secondo le modalità già seguite in occasione dell’adozione del provvedimento di primo grado. 183

Tale condivisibile principio è oggi espressamente sancito dalla legge.

La riforma introduce infatti, all’art. 14-quater comma 2, la previsione secondo cui le amministrazioni i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza possono “sollecitare”, con congrua motivazione, l’amministrazione procedente ad adottare in via di autotutela, previa indizione di una nuova conferenza, un provvedimento di annullamento ai sensi dell’art. 21-nonies (c.d. annullamento d’ufficio) della legge sul procedimento amministrativo.

Il potere sollecitatorio in questo caso è riconosciuto anche

all’amministrazione inerte, non trattandosi di un semplice “ripensamento” fondato su ragioni di opportunità, bensì del superiore interesse al ripristino della legalità.

Inoltre, sempre secondo il comma suindicato, possono sollecitare l’intervento in autotutela ai sensi dell’art. 21-quinques (revoca) le amministrazioni che abbiano partecipato (anche per il tramite di un rappresentante unico) alla conferenza o si siano espresse nei termini con atto motivato. 184

183 Recentemente esplicato da T.A.R. Umbria, Sez. I, 14 febbraio 2018, n. 106 : «Qualora un provvedimento sia stato emanato a seguito di conferenza di servizi, l'eventuale esercizio del potere di riesame in autotutela deve seguire il medesimo procedimento di emanazione degli atti che si intende rimuovere o modificare, dovendosi pertanto convocare nuovamente la conferenza, alla quale dovranno partecipare tutte le Amministrazioni precedentemente intervenute, in base al principio del “contrarius actus” (ex multis: T.A.R. Abruzzo, L’Aquila 14 maggio 2015, n. 388; T.A.R. Campania, Napoli Sez. VII, 15 maggio 2013, n. 2518)».

184 Rimane comunque fermo quanto illustrato in tema di rapporti tra autotutela e silenzio- assenso nell’ambito del parere Cons. St., Comm. Spec., n. 1640 del 2016, v. infra p. 53 ss.; il parere, d’altra parte, contiene affermazioni coerenti alle valutazioni circa il carattere endo- procedimentale delle valutazioni rese (e non) dalle amministrazioni partecipanti nell’ambito della conferenza.

Ne risulta pertanto una lettura coerente non solo tra le pronunce del Consiglio di Stato, ma anche sotto il profilo dei declamati obiettivi di certezza e perentorietà che sottendono l’intervento riformatore.

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