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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: L’EVOLUZIONE DELLA FUNZIONE CONSULTIVA DEL CONSIGLIO DI STATO; UNA

CONFERENZA DI SERVIZI: UNA VISIONE D’INSIEME

V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE: L’EVOLUZIONE DELLA FUNZIONE CONSULTIVA DEL CONSIGLIO DI STATO; UNA

PROSPETTIVA FUTURA PER LA CONFERENZA DI SERVIZI.

Dall’illustrazione dell’istituto della Conferenza dei Servizi, a seguito della riforma, un primo dato di tipo “trasversale” sembra emergere con prepotenza, ovvero, il ruolo fondamentale svolto, in tutte le fasi della stessa, dal ricorso allo strumento dei quesiti e dall’esercizio del potere consultivo da parte del Consiglio di Stato, tramite l’istituzione di commissioni ad hoc.261

A seguito di questo complesso procedimento, tra legiferazione e pareri (con un meccanismo che potremmo dire “a staffetta”) le funzioni consultive del Consiglio di Stato sembrano essersi evolute secondo una dimensione extra ordinem e un approccio sempre più sistematico.

I pareri (in particolare, quelli resi in merito all’istituto della conferenza di servizi) hanno accompagnato l’intera riforma, contribuendo attraverso il suggerimento del ricorso a strumenti attuativi, anche non giuridici (ad esempio, la formazione professionale degli operatori o il ricorso allo strumento di verifica di impatto della regolamentazione262), fornendo indicazioni operative concrete ( la comunicazione

istituzionale e la diffusione culturale dei nuovi strumenti, sempre in sede del parere suindicato 263), sia favorendo, in modo cruciale, la formazione di nuovi

paradigmi interpretativi e applicativi di carattere generale (come quelli dedotti dall’interpretazione dell’art. 21-nonies, circa la definizione dei rapporti tra privati

261 «I pareri del Consiglio di Stato in questione sono stati resi quasi sempre a distanza ravvicinata dalla richiesta; molti si sono concentrati in due tranches temporali, corrispondenti all’invio da parte del Governo dei relativi pacchetti di schemi: la prima nei mesi da marzo a maggio, la seconda nel mese di ottobre del 2016» da L. CARBONE, in I pareri del Consiglio di Stato...op.cit.

262 Nell’ambito del già illustrato parere n. 890 del 2016. 263 Ivi.

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e p.a. , e dell’art. 17-bis, sui rapporti tra amministrazioni in ambito endo- procedimentale). 264

Secondo Luigi Carbone ci troviamo di fronte ad un momento che «sta segnando per certi versi, il passaggio da un diritto amministrativo del pubblico potere a un diritto amministrativo dei pubblici servizi» e rispetto al quale, secondo l’Autore «anche il Consiglio di Stato cerca di considerare le sue funzioni consultive in una prospettiva di servizio».265

Il ricorso alle funzioni consultive anche nella c.d. fase attuativa delle riforme è difatti in grado di ridurre, come già evidenziato nella trattazione, gli oneri di «comprensione, interpretazione, pratica applicazione, da parte di tutti i destinatari, con particolare riferimento ai cittadini e alle imprese” perseguendo, in tal modo “il meritorio risultato di prevenire il contenzioso». 266

Più nello specifico, le funzioni di consulenza svolgono «in via preventiva, il medesimo scopo di garanzia della legittimità dell’agire dell’amministrazione che poi il giudice persegue ex post, su istanza del cittadino che si dichiara leso da provvedimenti o comportamenti illegittimi.

Una funzione di prevenzione del contenzioso, quindi, che giova alla funzione giurisdizionale ed è ad essa strettamente connessa».267

264 In particolare: Cons. St., Comm. Spec, 20 marzo 2016, n. 839 (per l’art. 21-nonies), in cui si dichiara il paradigma generale della limitazione temporale dell’esercizio dell’autotutela da parte dell’amministrazione a 18 mesi, che si applica anche alla Scia ai sensi del nuovo articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990; e Cons. St., Comm. Spec., 13 luglio 2016, n. 1640 (per l’art. 17-bis).

265 L. CARBONE, in I pareri del Consiglio di Stato...op.cit. ; le funzioni consultive sull’attività normativa del Governo appaiono ormai costituire un’attribuzione che potremmo dire non solo primaria, ma anche “propria”, del Consiglio di Stato, che ne evidenzia fortemente il ruolo istituzionale.

Ne è una conferma anche l’istituzione, nel 1997, di una nuova Sezione permanente del Consiglio di Stato, con funzioni consultive dedicate esclusivamente all’esame degli schemi di atti normativi.

266 Parere n. 1640 del 2016, in merito all’istituto del silenzio-assenso.

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E’ evidente quindi la complementarietà tra le due funzioni, già stabilita ex art. 100 della Costituzione, laddove afferma che il Consiglio di Stato «è organo di consulenza giuridico - amministrativa». 268

Per ciò che interessa in questa sede, le problematiche affrontate dai pareri chiamano direttamente in causa l’operatività amministrativa, la quale è stata per molto tempo attraversata sia da problemi strutturali, accentuati dalla stratificazione normativa sull’istituto 269, sia da un non sempre puntuale

coordinamento tra le fonti, oltre che da un certo grado di incertezza applicativa derivante dalla difficile interpretazione normativa dei nuovi strumenti procedimentali (tra tutti, i nuovi istituti del silenzio-assenso e del rappresentante unico in ambito conferenziale). 270

La funzione consultiva sembra quindi essere chiamata, in tempi recenti, a risolvere le questioni che la pubblica amministrazione non è stata in grado di affrontare, negli anni, attraverso una prassi non sempre ordinata e un’applicazione del dettato normativo spesso non consapevole; prassi che d’altra parte è, in maniera evidente, momento di importanza cruciale per il successo di una riforma.

Non stupisce allora affermare che non solo è consono, ma coerente con la funzione giurisdizionale parlare di ricorso alle funzioni consultive anche nella c.d. fase attuativa delle riforme.

La prima applicazione di questo metodo si è avuta proprio con riguardo all’articolo 17-bis della legge n. 241, come introdotto dalla legge n. 124 del 2015. Fermo restando l’accoglimento di una funzione consultiva in evoluzione, il Consiglio di Stato, in sede di parere n. 515 del 2016 (sul c.d. decreto trasparenza), ha auspicato la possibilità di generalizzare tale prassi.

268 «Hanno natura comune, poiché l’attività consultiva è anch’essa un’attività neutrale di garanzia svolta, come quella giurisdizionale, dai magistrati del Consiglio di Stato secondo canoni di assoluta indipendenza, e possono contribuire – ma ex ante – alla interpretazione della legge, a fornire un indirizzo applicativo, a costruire un principio di diritto, a formare il diritto vivente (das lebende Recht)» da L. CARBONE, in I pareri del Consiglio di Stato…op.cit. 269 V. infra par. 1.1

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Nel parere suindicato ha infatti suggerito, per il futuro, la proposizione di “quesiti di massima” su questioni generali di maggior rilievo economico-sociale, al fine di «determinare indirizzi esegetici di carattere generale che possano servire come elemento di certezza del diritto e di indirizzo applicativo su questioni incerte», considerando anche i possibili effetti positivi circa una lettura in chiave deflattiva di contenziosi seriali.

Si auspica pertanto un sempre più frequente utilizzo di tale possibilità. 271

Considerata quindi l’irrinunciabilità dell’apporto chiarificatore operato dal Supremo Consesso di giustizia amministrativa, si possono, in conclusione, qui sintetizzare i vantaggi del riordino operato sull’istituto della Conferenza di servizi in attuazione della c.d. Riforma Madia.

Così come, d’altra parte, è opportuno evidenziare le disfonie da ciò risultanti, rispetto all’evoluzione e al modello originale dell’istituto medesimo.

Se da una parte il modulo di semplificazione ha giovato delle non poche novità introdotte, dall’altra l’intervento ha comunque generato un certo grado di confusione tra gli operatori del diritto (uffici, studiosi, dirigenti amministrativi) e sollevato diverse critiche in dottrina.

In particolare, si può affermare che i vantaggi della ristrutturazione sull’istituto riguardano le innovazioni più evidenti, cui: la figura del rappresentate unico, che permette l’espressione univoca della posizione delle amministrazioni che rappresenta (specie se nominato a livello statale), velocizzando le tempistiche procedimentali e riducendo le discrasie tra amministrazioni, fatte salve quelle – potenziali – tra livelli territoriali differenti.

271 E ciò verrà ribadito ancora in: Cons. St., comm. spec., 4 agosto 2016, n. 1784 (parere in ambito del d.lgs. 25 novembre 2016, n. 222, c.d. Scia 2) nel quale la commissione raccomanda al Governo strumenti per «evitare fughe dalla riforma e garantirne il successo a beneficio dei cittadini», tramite un’attenta azione di monitoraggio ad opera delle amministrazioni competenti.

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In secondo luogo, il nuovo paradigma del silenzio-assenso, che rende certe e inevitabili le definizioni dei rapporti tra privati e pubbliche amministrazioni entro un dato termine; oltre a costringere all’efficienza (nel senso di

necessaria attività) e alla stesura di determinazioni motivate gli uffici

amministrativi, pena l’assenso implicito. 272

Inevitabile anche il favor per l’inserimento, per la prima volta nell’evoluzione normativa dell’istituto, di termini perentori procedimentali che garantiscono l’ordinato svolgimento procedimentale, con effetti positivi sull’operatività amministrativa e sono, di conseguenza, una tutela in più per la posizione dei privati. 273

Inoltre, rileva l’accoglimento pressoché totale della digitalizzazione nei rapporti tra pubbliche amministrazioni anche in sede di conferenza di servizi

274, oltre che la riduzione dei casi di indizione in modo stabile. 275

Non passa inosservato tanto meno l’espresso riconoscimento da parte dei pareri e delle comunicazioni del Governo, a seguito della riforma, circa la necessità di una valutazione qualitativo - sostanziale degli interessi di competenza della conferenza 276, e in ultimo luogo, ma di certo non per

importanza, la sollecitazione all’utilizzo di strumenti concreti e una maggiore attenzione, da parte del Governo e degli operatori, alla prassi dell’istituto, di importanza cruciale per il successo della Riforma. 277

Ma se quanto rilevato costituisce vantaggi di portata generale per l’istituto, d’altra parte non mancano anche i paradossi di un’azione riformatrice

272 V. Cons. St., Comm. Spec., 13 luglio 2016, n. 1640 273V. infra par. 2.2.3, nota n. 162.

274 Tramite l’introduzione del modello di conferenza semplificata di cui all’art. 14-bis, l. 241/1990.

275V. infra ivi, nota n. 159.

276Metodo ponderale già introdotto all’indomani della l. 205 del 2005, ma qui confermato e chiarito su più fronti: sia giurisprudenziale, Cons. St., Sez. V, sent. 27 agosto 2014, n. 4374; che governativo, tramite la comunicazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri delle “Linee guida operative per la rimessione al Consiglio dei Ministri” ; v. infra par. 2.2.1.

277 Come quelli indicati dal già illustrato parere del Consiglio di Stato, n. 890 del 2016: v. infra par. 1.3

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sicuramente ambiziosa ma involontariamente fallace, i cui problemi possono riassumersi per come segue: innanzitutto la trasformazione della conferenza di servizi da “modello di semplificazione procedimentale” a “modello procedimentale” vero e proprio, tramite la distinzione tra modello semplificato e modello simultaneo e la loro potenziale consequenzialità, che arriva a inglobare l’intero procedimento amministrativo. 278

Dal punto suddetto segue anche, come notato da attenta dottrina 279, la

sovrapposizione del tutto paradossale della conferenza di servizi semplificata, e sua eventuale evoluzione in conferenza simultanea, al modello di procedimento antecedente all’introduzione della conferenza stessa, che configurava la comunicazione a distanza (in primo luogo) rispetto al confronto “de visu” 280, proprio della conferenza di servizi tradizionale (in

secondo luogo), e portava all’adozione della determinazione conclusiva del procedimento, nella maggior parte dei casi, “in solitaria”. 281

E’ inevitabile la mortificazione concettuale dell’istituto, il quale trovava il suo “nucleo” nella contestualità spazio-temporale, ora soltanto eventuale.

E ancora, la limitazione del modello tradizione suindicato, ovvero, l’odierna conferenza simultanea, ai casi più rilevanti e ad indizione quasi completamente discrezionale dell’amministrazione procedente; si parla quindi di un “eccesso di fiducia” 282 da parte del legislatore, che ha contribuito

ad un vero e proprio trasferimento di attribuzioni in capo agli uffici amministrativi.

Infine, l’ampio margine di autonomia del rappresentante unico che, in assenza di norma espressa, richiederebbe tutt’ora un ulteriore sforzo normativo per l’indicazione delle modalità con cui agire sulla risoluzione dei

278 In tal senso: S. BATTINI, in La nuova disciplina della conferenza …op.cit. 279 Fra tutti, D. D’ORSOGNA.

280 Secondo un’espressione di L. CARBONARA. 281 V. infra par. 2.2.3.

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contrasti tra le amministrazioni e il bilanciamento di contrapposti interessi (soprattutto in presenza di quelli di natura sensibile).

L’attuazione della Riforma Madia, nell’ambito della Conferenza di servizi, è quindi un riordino certamente elaborato sotto la direttiva del buon senso e della consapevolezza, ormai trentennale, di giurisprudenza e dottrina sui problemi dell’istituto, ma che, d’altra parte, ne sta affrontando soltanto adesso le mancanze con approccio sistematico ed extragiuridico (e non di pura “manutenzione” sull’istituto).

Certo è che seppur mosso da ottime intenzioni il legislatore, nel tentativo ambizioso di dare una stabilità duratura (prima difatti, solo apparente) ha reso d’altra parte più “contorta” la classificazione dei modelli, portando alla confusione dei confini di ciò che è procedimento e ciò che è conferenza; ciò favorito da quell’astratta classificazione di modelli (la quale, proprio perché astratta, forse classificazione non è) criticata da Domenico D’Orsogna; tali modelli, per come ristrutturati dalla riforma, si basano quasi esclusivamente sulla presenza (o assenza) dell’elemento della contestualità.

Della riforma rimangono quindi sì le importantissime novità, il cui utilizzo nella prassi è agevolato dalla funzione consultiva suindicata, ma al contempo anche le perplessità di un dettato normativo non incerto – si badi – , ma foriero di dubbi applicativi e discussioni teoriche, secondo quanto indicato in questa trattazione.

Come ogni riforma che in ambito amministrativo voglia operare un riordino sistematico e non particolare, quella sulla conferenza di servizi ha avuto bisogno più fra tutte di numerosi interventi chiarificatori da parte del Consiglio di Stato, attraverso l’esercizio dei poteri di consulenza giuridico - amministrativa che gli vengono riconosciuti in Costituzione. 283

Ciò come si è visto non è necessariamente un male, ma serve a meglio definire la funzione legislativa distinguendola da quella consultiva del Supremo Consesso di giustizia amministrativa, che in un’ottica evolutiva

283Art. 100 Cost.

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assurge, rispetto al Governo, quasi a “secondo” momento legislativo, ad un “surrogato” di formulazione normativa, per usare un’espressione ardita. La domanda allora sorge spontanea, seppur retorica: ci si potrebbe chiedere se, a fronte di quest’ultimo recentissimo intervento, potrebbe prospettarsene un altro, l’ennesimo, sull’istituto.

La risposta, se ciò che è stato illustrato è chiaro, non può che essere assolutamente negativa.

Non si vede la ragione di un intervento su un modello di semplificazione procedimentale che è stato già rivisitato per ben 10 volte 284, con una cadenza

di due anni di distanza tra i vari interventi dalla sua prima formulazione fino alla fine degli anni 90, per poi seguire una media più modesta, ovvero di quattro anni per intervento, ma pur sempre anomala.

E pur se tale posizione non fosse condivisa, non parrebbe certo facile prevedere dove una nuova fantomatica riformulazione normativa potrebbe condurre l’istituto: non ad un ritorno al passato, poiché si sfiorerebbe l’assurdo; ma neanche ad una nuova ed ulteriore elaborazione e distinzione di modelli procedimentali, in quanto il rischio sarebbe quello di una nuova stratificazione normativa 285, con tutte le problematiche che ne seguirebbero 286, al pari di quanto già avvenuto. 287

La situazione però non rappresenta, come potrebbe sembrare ad una prima analisi, un “vicolo cieco”.

Difatti, se vero è che il legislatore ha sentito negli anni il bisogno di tornare ad operare sempre sul medesimo istituto, modificandolo e ri-calibrandolo sulla base di esigenze diverse (critiche dottrinali, nuove elaborazioni, modernità) allora è altrettanto vero ed inequivocabile che l’ordinamento

284Nello specifico, v. infra par. 1.1. 285V. infra paragrafi 1.1. e 1.2.

286Tra cui: discrasie operative, mancati coordinamenti tra uffici, la necessità di elaborare nuovi e ulteriori interventi chiarificatori, per mezzo di circolari del Governo o pareri consultivi ad opera di commissioni speciali in seno al Consiglio di Stato.

287 Oltre che ad un appesantimento del lavoro del Consiglio di Stato, cui le richieste di parere non tarderebbero certo ad arrivare, essendo ormai pacifica l’evoluzione sistematica ed extra ordinem della sua funzione consultiva.

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amministrativo non ha bisogno di un nuovo istituto di semplificazione procedimentale onnipervadente, e tanto meno che questo venga continuamente riconfigurato.

La soluzione per l’efficacia dell’istituto non sembra quindi da cercare nell’intervento legislativo, ma altrove: di fronte a tale cadenza, che più che costante potremmo definire “ossessiva”, non sembra difatti avere alcun senso la presentazione di una novella legislativa ulteriore.

Detto in altri termini: la risposta ai problemi della Conferenza di Servizi non può essere trovata, almeno oggi e a distanza così ravvicinata dall’ultimo intervento (ancora oggetto a puntualizzazioni), nella dimensione legislativa dell’istituto, ma deve essere invece trovata nella dimensione culturale degli operatori del diritto nell’ambito amministrativo, ovunque essi operino.

Non possiamo chiedere al legislatore un “nuovo” istituto o una nuova elaborazione, ma possiamo auspicare una sorveglianza adeguata sulla dimensione che oggi è all’origine dei maggiori problemi dell’istituto medesimo, ovvero, come già individuato dal parere n.890 del 2016 e altri 288,

la dimensione della prassi.

Le difficoltà della conferenza di servizi, per i primi venti anni della sua evoluzione, hanno avuto carattere essenzialmente legislativo: il mancato raccordo tra le fonti, la poca chiarezza, l’inefficienza dell’elaborazione strutturale dell’istituto, i continui aggiustamenti e la stratificazione legislativa; tutto ciò è innegabile.

Ma tale prospetto non riguarda più le problematiche attuali dell’istituto che, almeno a seguito della legge 205 del 2005, ha raggiunto una “identità propria” e una relativa stabilità.

Il problema è invece quello del monitoraggio, della comunicazione, dell’indirizzo, e soprattutto della formazione degli operatori da parte delle amministrazioni competenti, di concerto e sotto la sorveglianza costante del Governo.

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Se ai nostri giorni i maggiori dilemmi dell’istituto della Conferenza nascono dalla prassi, e allora sulla prassi bisogna ritornare ad operare.

Ne è conferma anche il suggerimento di utilizzo di strumenti operativi concreti da parte del Supremo Consesso di giustizia amministrativa, tra cui figurano: la misurazione ex-ante degli effetti attesi da un intervento riformatore attraverso lo strumento l’Analisi di impatto per la regolamentazione (c.d. AIR), il monitoraggio delle prassi applicative per il tramite dello strumento della Verifica di impatto della regolamentazione (c.d. VIR), la comunicazione istituzionale da parte del Governo che garantisca il recepimento delle modalità operative, la formulazione di programmi di formazione ad hoc da affidare alla Scuola Nazionale dell’amministrazione (c.d. SNA); oltre a suggerire un utilizzo sempre più frequente e sistematico, tramite lo strumento dei quesiti, al ricorso alle funzioni di consulenza giuridico - amministrativa del Consiglio di Stato (rispondente anche con la formazione di Commissioni Speciali) sull’attività normativa di Governo.

La dimensione culturale degli uffici, tra cui il mancato coordinamento operativo, un diffuso rifiuto e la puntuale insofferenza per le novità, la mancanza di obiettivi chiari da monitorare, costituiscono il più grande problema oggi per l’istituto della Conferenza di Servizi.

Si auspica pertanto che il Governo operi, attraverso circolari specifiche sul tema, un’attività generale di comunicazione con gli uffici amministrativi, favorendo quegli obiettivi di costante vigilanza sull’utilizzo dell’istituto, aggiornamento e formazione alle novità degli operatori.

Non si vede pertanto il bisogno di una riforma normativa, né di un nuovo parere consultivo di portata generale, almeno per adesso.

In conclusione, se vero è che il diritto opera per la società e a questa deve ritornare, allora la riflessione di queste ultime pagine non è certo sociologica, ma strettamente giuridica, avendo il Diritto abbandonato da più di due secoli il dettato puramente “positivistico” che si aggancia al solo dato letterale della

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secondo una dimensione sì elastica ma sempre chiara ed attuale, pena l’inesistenza dello strumento giuridico.

E’ allora necessaria, pur tenendo conto delle problematiche e delle possibili soluzioni che si spera di aver illustrato chiaramente in questa trattazione, una riforma culturale, ma di Cultura del Diritto Amministrativo, che non si limiti alla continua riformulazione di una legge, in chiave statica ed evidentemente inutile, ma che sappia invece, specie in ambito di Conferenza di Servizi, trovare la strada di un diritto dinamico, vivente, che guarda alla realtà e alla prassi o, in una sola parola, alla Norma.

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