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L'OCM vino : la difficile transizione verso una strategia di comparto

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Academic year: 2021

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I S T I T U TO N A Z I O N A L E D I E CO N O M I A AG R A R I A

a cura di

Eugenio Pomarici e Roberta Sardone

L’OCM VINO

La difficile transizione

verso una strategia di comparto

(3)

Il volume è il risultato di un’attività di ricerca dell’INEA svolta nell’ambito dell’Osservatorio sul-le Politiche Agricosul-le dell’UE. Il gruppo di lavoro è stato costituito da: Roberto Cagliero (INEA), Franca Ciccarelli (ISMEA), Davide Gaeta (Università degli Studi di Verona), Eugenio Pomarici (Università degli Studi di Napoli - Federico II), Roberta Sardone (INEA; coordinamento), Laura Viganò (INEA).

La segreteria del gruppo di lavoro è stata curata da: Paola Franzelli, Barbara Grisafi e Roberta Ioiò.

La stesura delle singole parti si deve a: Capitolo 1: Eugenio Pomarici

Capitolo 2: Eugenio Pomarici

Capitolo 3: Roberto Cagliero (3.4 e 3.5) e Roberta Sardone (3.1, 3.2 e 3.3)

Capitolo 4: Davide Gaeta; in particolare, il paragrafo 4.4 è stato redatto in collaborazione con Paola Corsinovi, che si ringrazia

Capitolo 5: Franca Ciccarelli

Capitolo 6: Roberto Cagliero (6.2), Eugenio Pomarici (6.1, 6.4 e 6.5), Roberta Sardone (6.1 e 6.2), Laura Viganò (6.3)

Gli Autori ringraziano Annalisa Zezza per la paziente e utile lettura critica dei testi; la responsabi-lità di quanto contenuto nel volume resta comunque degli Autori.

Coordinamento editoriale: Benedetto Venuto Grafica e impaginazione: Laura Fafone

Si ringrazia Giulio Viggiani per la rilettura finale dei testi Foto in copertina gentilmente concessa da Ornellaia

(4)

P

RESENTAZIONE

L’OCM vino, varata nel 2008 dopo due anni di ampio dibattito, si presenta con un carat-tere fortemente eccentrico nell’ambito delle politiche di sostegno ai comparti agricoli attuate dal-l’UE, generalmente caratterizzate, a partire dalla riforma Fischler del 2003, dalla progressiva concentrazione degli interventi del I pilastro della PAC all’interno di un sistema di pagamenti diretti disaccoppiati.

In ragione delle riconosciute particolarità del vino, ovvero per la sua specifica natura di prodotto trasformato, oltre che estremamente differenziato in termini di qualità, valore commer-ciale e mercato di riferimento, l’intento esplicito perseguito dalla riforma era quello di preser-vare alcune specificità settoriali. A ciò si aggiungeva la convinzione che in relazione ai prodotti vitivinicoli fosse necessario concentrare lo sforzo finanziario comunitario, non tanto sul sostegno del mercato, quanto piuttosto sullo sviluppo di misure di ristrutturazione e di consolidamento del comparto, tese a favorire l’ammodernamento di tutta la filiera. La sfida della competitività, posta come obiettivo prioritario della riforma, richiedeva quindi una politica specifica, com-plessa e differenziata.

La struttura dell’attuale OCM vino approfondisce, ampliandolo, il già avviato processo di integrazione all’interno del I pilastro di alcune misure tipiche dello sviluppo rurale (II pila-stro). A fianco del già previsto intervento per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti, ven-gono incluse all’interno dell’OCM anche misure per la promozione commerciale del vino e per la realizzazione di specifici investimenti. La PAC per il comparto del vino, quindi, sperimenta ancora una volta nuovi modelli di intervento, innovando in misura sostanziale l’impianto tradi-zionale delle politiche a sostegno dei mercati.

Sull’esito finale della struttura della nuova OCM un ruolo non trascurabile è stato rive-stito dal comportamento assunto dai principali gruppi di pressione che operano all’interno del comparto del vino. Il processo di riforma, infatti, è stato condotto mediante un processo parte-cipato, che ha visto coinvolti numerosi attori in gioco, ciascuno dei quali portatore di propri interessi. Per questa ragione, nello studio ampio spazio è stato dedicato alla ricostruzione del-le diverse posizioni assunte all’interno del lungo e, a tratti, teso dibattito che ha portato all’ac-cordo finale.

L’OCM riformata ha il suo centro nevralgico nel piano di sostegno nazionale, che rap-presenta lo strumento mediante il quale ciascun paese membro è chiamato a selezionare e a pro-grammare l’esecuzione delle undici misure di intervento previste. Ne discende un’OCM formal-mente collocata nel I pilastro, ma di fatto retta da un modello di gestione tipico del II pilastro. È quindi la presenza di uno strumento di programmazione nazionale che testimonia pienamente l’esistenza di un processo di transizione da una politica di mercato tradizionale – controllo del-la produzione e ritiri delle eccedenze – ad una più complessa e articodel-lata politica “integrata”, a sostegno dello sviluppo competitivo del comparto vitivinicolo europeo. Questo processo, per quanto apprezzabile, non è tuttavia scevro da complicazioni. Ciò dipende, principalmente, dal fatto che la sperimentazione dell’integrazione tra misure del I e del II pilastro e l’introduzione di un nuovo modello gestionale non siano avvenute all’interno di un quadro di riferimento ampio ed omogeneo per tutti i comparti interessati dalla PAC, ma si siano risolte all’interno dei margi-ni, forse troppo stretti, di quella che formalmente risulta ancora un’OCM settoriale.

Il volume realizzato dall’INEA, grazie al contributo di un gruppo di ricercatori interni e di esperti esterni, pone bene in luce, da un lato, tutte le potenzialità di un’OCM così strutturata;

(5)

dall’altro, i molti limiti, le complessità operative e le criticità applicative che la natura “mista” degli interventi del piano di sostegno impone. Nel caso dell’Italia, molti problemi appaiono anco-ra irrisolti, rendendo, a quasi due anni di distanza dall’avvio della riforma, del tutto attuale, se non urgente, il loro superamento. La posta in gioco è il rischio di non dare piena attuazione pro-prio agli elementi maggiormente qualificanti il processo di transizione da una mera politica di sostegno al riorientamento al mercato, alla realizzazione di una più complessa strategia di raf-forzamento della competitività all’interno del comparto vitivinicolo europeo.

Il Presidente dell’INEA (On. Lino Carlo Rava)

(6)

I

NDICE

CAPITOLO 1

E

LEMENTI INTRODUTTIVI

1.1 La riforma dell’OCM vino nel contesto generale della PAC 1

1.2 Brevi cenni sull’evoluzione storica dell’OCM vino 2

1.3 Le principali tappe del processo dell’ultima riforma 4

1.4 La nuova OCM in sintesi 5

1.5 Obiettivi e struttura del lavoro 6

CAPITOLO 2

R

AGIONI

,

OBIETTIVI E CRITICITÀ DELLA NUOVA

OCM

2.1 La critica alla vecchia OCM vino e gli obiettivi di riforma della Commissione 9 2.2 Evoluzione del mercato del vino e competitività delle imprese 13

2.3 Le sfide della competitività tra vecchia e nuova OCM 22

CAPITOLO 3

L

A NUOVA

OCM

VINO

3.1 Aspetti generali 25

3.2 Le misure di sostegno 27

3.2.1 I programmi di sostegno 27

3.2.2 Il trasferimento allo sviluppo rurale 33

3.3 Le misure regolamentari 35

3.3.1 Pratiche enologiche 36

3.3.2 Classificazione ed etichettatura 37

3.3.3 Organizzazioni dei produttori 41

3.4 Scambi con i paesi terzi 42

3.4.1 Titoli di importazione ed esportazione 43

3.4.2 Salvaguardia 43

3.4.3 Regole per le importazioni 44

3.5 Il potenziale produttivo 45

3.5.1 Gli impianti illegali 45

3.5.2 Il regime transitorio dei diritti di impianto 46

3.5.3 Il regime di estirpazione 47

3.5.4 L’eleggibilità delle superfici vitate al pagamento unico 48

CAPITOLO 4

E

VOLUZIONE DEL PROCESSO DI RIFORMA TRA MUTAMENTI DEL MERCATO

,

GRUPPI DI PRESSIONE E ALLEANZE NAZIONALI

4.1 Premessa: perché la riforma della riforma? 49

(7)

4.3 Le azioni collettive dei gruppi di pressione, gli interessi in gioco,

le alleanze nazionali 52

4.4 Gli Attori della riforma e le posizioni “ex ante-ex post” 53

4.4.1 La Commissione 53

4.4.2 Le organizzazioni dei produttori 54

4.4.3 Le Regioni e le politiche regionali 56

4.4.4 La posizione ministeriale italiana: le sette priorità del ministro De Castro 57

4.4.5 I giovani agricoltori 58

4.5 Il gioco di squadra: Italia, Francia, Spagna, Portogallo.

Una nuova “Banda dei Quattro”? 60

4.6 Le singole azioni di lobby 63

4.6.1 La liberalizzazione delle superfici vitate 63

4.6.2 La soppressione delle misure di mercato 64

4.6.3 Le nuove denominazioni e le politiche di qualità 66

4.6.4 La promozione sui mercati dei paesi terzi 68

4.7 Alcune considerazioni conclusive: il compromesso politico

e finanziario della riforma 69

CAPITOLO 5

I

PROGRAMMI DI SOSTEGNO

:

UN

ANALISI COMPARATIVA TRA PAESI

5.1 Il programma di sostegno dell’Italia: obiettivi, misure e contenuti 71

5.1.1 Promozione sui mercati dei paesi terzi 76

5.1.2 Ristrutturazione e riconversione dei vigneti 78

5.1.3 Vendemmia verde e distillazione di crisi 81

5.1.4 Investimenti 81

5.1.5 Distillazione dei sottoprodotti 81

5.1.6 Distillazione di alcol per usi commestibili 82

5.1.7 Uso di mosto di uve concentrato 84

5.2 Le scelte degli altri paesi produttori 84

5.2.1 Il regime di pagamento unico 85

5.2.2 Ristrutturazione e riconversione, investimenti e promozione 86

5.2.3 Le misure di mercato 87

5.2.4 Le misure finanziarie 89

5.3 Uno sguardo al futuro dei programmi di sviluppo 89

CAPITOLO 6

R

IFLESSIONI SULLA COMPLESSITÀ

,

SULLA NATURA

E SULLE PRINCIPALI QUESTIONI APERTE DELLA NUOVA

OCM

VINO

6.1 Tirando le somme 93

6.2 La complessità del sistema e la riclassificazione delle misure tra I e II pilastro 94 6.3 La demarcazione della misura “Investimenti”:

questioni operative e soluzioni possibili 98

(8)

6.4.1 La questione promozione 108

6.4.2 La questione investimenti 112

6.5 La transizione verso le nuove regole di etichettatura 115

6.5.1 I problemi tecnici immediati 116

6.5.2 Gli aspetti cognitivi 118

(9)

CAPITOLO 1

E

LEMENTI INTRODUTTIVI

1.1

La riforma dell’OCM vino nel contesto generale della PAC

La riforma dell’OCM vino, diventata operativa nell’aprile 2008 con la pubblicazione del regolamento (CE) n. 479/20081, rappresenta l’ultimo tassello del pacchetto di modifiche alle varie organizzazioni comuni di mercato (OCM), varate all’interno del processo di revisione della Poli-tica agricola comune (PAC), noto come riforma Fischler, che dal 2003, in più tappe progressive, ha determinato il rinnovamento della quasi totalità delle misure settoriali a sostegno dei mercati. Quella dell’OCM vino è stata anche l’ultima grande riforma prima dell’inizio del nuovo proces-so di revisione della PAC, avviato alla fine del 2007, con la presentazione del documento di rifles-sione della Commisrifles-sione sullo “stato di salute della PAC” (Health Check), che si è concluso solo nel dicembre 2008. La collocazione del processo di revisione di questa OCM a cavallo tra due importanti momenti di profondo ripensamento al sistema di sostegno assicurato dalla PAC ha determinato la configurazione di una nuova OCM con caratteristiche molto particolari, che per alcuni aspetti costituiscono una sorta di anticipazione di nuovi modelli di intervento, ai quali la Commissione dell’UE guarda con sempre maggiore interesse.

Il processo di riforma dell’OCM vino ha preso le mosse tra la fine del 2005 e l’inizio del 2006, per poi assumere un chiaro indirizzo nel giugno del 2006 con la comunicazione della Com-missione europea Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile (COM(2006) 319) con la qua-le veniva formalizzata l’intenzione di procedere ad una riforma radicaqua-le della politica comunita-ria del vino per motivi di carattere, sia generale, che specifico.

Sul piano generale la Commissione era mossa dall’esigenza di allineare anche il settore del vino, dopo che ciò era avvenuto per molti altri settori, ai nuovi indirizzi della politica europea, come la politica per lo sviluppo sostenibile adottata dal Consiglio europeo di Göteborg, la politica per il rafforzamento della competitività preconizzata dal rilancio della strategia di Lisbona e la politica per la semplificazione e la migliore regolamentazione per la politica agricola comune (PAC).

Su un piano più specifico, la Commissione intendeva reagire al deteriorarsi dell’equilibrio tra offerta e domanda nel mercato del vino che aveva dato luogo a un ricorso massiccio alle distil-lazioni e all’acuirsi delle sfide che le imprese vitivinicole europee dovevano sostenere sul mer-cato europeo e internazionale del vino, segnalato dalla crescita delle quote di mermer-cato dei con-correnti dei paesi terzi.

Nel dichiarare l’esigenza di una riforma la Commissione esprimeva però anche l’intenzio-ne di procedere in modo da conservare all’OCM vino una forte specificità settoriale, nonostante il processo in corso di uniformazione della PAC, focalizzandola sul rilancio della competitività del-la filiera europea del vino, dichiarando di voler “utilizzare il bidel-lancio settoriale come leva econo-mica anziché come rimedio sociale” per concentrare gli aiuti “sulla ristrutturazione del settore, con un effetto di leva ai fini dell’ammodernamento dell’intera filiera” (Commissione europea, 2006). La Commissione dunque mostrava di volere conservare alla OCM vino quel carattere spe-rimentale, nel suo tentativo di esercitare un’azione di sviluppo strutturale, e originale rispetto alle altre organizzazioni comuni, che la caratterizza ormai da alcuni anni nell’ambito generale

del-1 Successivamente, nel luglio 2009, il regolamento (CE) n. 491/2009 ha fatto confluire le disposizioni del regolamento quadro al-l’interno dell’OCM unica (reg. (CE) n. 1243/2007).

(10)

2 Questo paragrafo deriva dall’analisi condotta da diversi studi, cui si rimanda chi desidera approfondire il tema trattato: Scop-pola, Zezza, 1997; Petit, 2000; Pomarici, Sardone, 2001.

3 Furono introdotte la tariffa doganale comune, i sussidi alle esportazioni, un prezzo di riferimento, tasse compensative e, infine, i certificati di importazione ed esportazione.

4 Con il regolamento (CE) n. 816/70 vennero definite le aree A (Germania, Inghilterra, Francia settentrionale), B (Francia Cen-trale) e C (zone mediterranee). Nelle zone A e B era consentito l’arricchimento con il saccarosio, mentre nella zona C l’arricchi-mento era consentito solo mediante l’impiego di mosto.

la PAC (Pomarici, Sardone, 2001; Pomarici, Sardone, 2007). Questo in forza delle caratteristi-che peculiari del settore del vino. L’OCM vino, infatti, ha storicamente presentato un carattere eccentrico rispetto alla configurazione tradizionale delle altre OCM, in parte a causa dell’estre-ma complessità del mercato dei prodotti vitivinicoli, in parte a causa del fatto che al suo interno sono state tradizionalmente incluse anche disposizioni di tipo tecnico e regolamentare, come le norme sulle modalità di produzione, le disposizioni relative ai prodotti di particolare pregio (VQPRD), e le regole per l’etichettatura, che hanno dotato il settore del vino di una sorta di nor-mativa di riferimento “speciale”, in parte differenziata da quella di carattere generale, valida per la gran parte degli altri prodotti alimentari.

1.2

Brevi cenni sull’evoluzione storica dell’OCM vino

2

La Commissione intendeva quindi intervenire su un sistema di norme che si era evoluto nel tempo, a partire dal 1962, quando erano stati definiti i primi elementi fondativi dell’organizzazio-ne comudell’organizzazio-ne di mercato del vino.

Infatti, con il regolamento (CE) n. 24/62 venivano definiti gli elementi tecnici che dove-vano consentire il controllo del mercato – l’inventario viticolo, le dichiarazioni di raccolta e di giacenza che dovevano servire a stendere il bilancio previsionale del mercato, il comitato di gestio-ne e il controllo dell’attività vivaistica – e gettava le basi per una politica dei vini europei di qua-lità che si volevano associati all’origine geografica e per i quali, per l’esigenza di contemperare la tradizione latina con quella tedesca, fu coniato il termine di vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD).

La strutturazione completa dell’OCM vino arriverà però solo nel 1970.

In quell’anno, infatti, con il regolamento (CE) n. 816/70 si definiscono la politica del potenziale produttivo, di cui vengono fissati i principi generali di regolazione degli aiuti ai nuo-vi impianti di nuo-vigneti, la politica degli scambi con i paesi terzi3, la politica del controllo del mercato, con il sostegno allo stoccaggio privato, la politica delle pratiche enologiche e per la designazione e presentazione dei prodotti, suddividendo il territorio della Comunità in tre distin-te aree, rispetto alle quali venivano differenziadistin-te le pratiche enologiche ammesse e i parametri analitici del vino che dovevano essere rispettati4e definendo la categoria dei vini da tavola con indicazione geografica.

Sempre nel 1970, contemporaneamente al regolamento quadro, veniva pubblicato il rego-lamento (CE) n. 817/70, che fissava le regole operative relative ai vini di qualità prodotti in regio-ni determinate (VQPRD). Il regolamento defiregio-niva quindi una corregio-nice comune nell’ambito della quale dovevano poi inserirsi le legislazioni nazionali già esistenti in materia – in Francia e in Ger-mania – e quelle che fossero venute dopo. La separazione del regolamento quadro dell’OCM (816/70) da quello per i vini di qualità con origine geografica (817/70) era la conseguenza della convinzione della Commissione che il mercato del vino di pregio potesse essere qualcosa di com-pletamente indipendente da quello comune (Scoppola, Zezza, 1997).

(11)

Nel corso degli anni ’70, tuttavia, l’inasprirsi del problema delle eccedenze dovuto alla ridu-zione dei consumi interni impose numerose modifiche al regolamento base per rafforzare le misu-re di intervento sul mercato e indirizzamisu-re la politica del potenziale verso un contenimento del-l’offerta. A questo proposito, vennero vietati gli aiuti agli impianti e ai reimpianti dei vigneti e si giunse a una regolamentazione delle varietà di vite ammesse nella Comunità, per arrivare nel 1976 al primo divieto di realizzare nuovi impianti di vite.

In occasione dell’allargamento della Comunità a Portogallo, Grecia e Spagna, con il suo vastissimo potenziale produttivo, si pervenne, nel 1979, ad una prima riforma organica dell’OCM vino con l’emanazione di un nuovo regolamento quadro (337/79), che riformava gli aspetti gene-rali dell’OCM, e il regolamento che aggiornava la politica dei vini di qualità (338/79).

Il regolamento (CE) n. 337/79 ratifica l’indirizzo della politica del potenziale produttivo verso il contenimento dell’offerta, che verrà poi rafforzata nel 1980 introducendo i premi per l’espianto, e conferisce una migliore strutturazione a quella del controllo del mercato, affiancan-do al sostegno allo stoccaggio privato dei vini quello dei mosti, la distillazione facoltativa e intro-ducendo il supporto all’uso del mosto per l’arricchimento, in modo da stimolarne l’uso compen-sando lo svantaggio competitivo dovuto al maggiore costo dell’arricchimento con il mosto, subi-to dai produtsubi-tori non ausubi-torizzati ad utilizzare il saccarosio. Inoltre, nell’ambisubi-to delle pratiche enologiche, si introducono nuove regole sull’anidride solforosa e sull’acidità.

Nonostante le novità introdotte tra il 1979 e 1980, il problema delle eccedenze vinicole andò ulteriormente aggravandosi (in Italia nel 1983 la produzione raggiunse gli 84 milioni di ettolitri, di cui 75 di vino da tavola e 9 di vino di qualità) e, anche alla luce dell’accordo di Dublino del 1984, si cercò di fronteggiare la situazione procedendo alla seconda riforma organica dell’OCM vino, anche in questo caso con il varo di due regolamenti, uno quadro (reg. (CE) n. 822/87) e uno per i vini di qualità (reg. (CE) n. 823/87).

Il nuovo regolamento quadro conferma la politica di controllo del potenziale produttivo, riba-dendo il divieto di nuovi impianti5, e contemporaneamente rafforza in modo deciso la politica del controllo del mercato, innovando il sistema delle distillazioni che diventa estremamente articola-to6e comprensivo di distillazioni obbligatorie e non solo facoltative. Nell’ambito degli aspetti rego-latori, si procede ad una maggiore normazione delle pratiche enologiche e così anche per la desi-gnazione, presentazione e protezione, dove si giunge a una prima regolamentazione di dettaglio. Con il regolamento (CE) n. 823/87 si arriva invece ad una normazione organica dei VQPRD, in particolare specificando la struttura dei disciplinari di produzione7, l’uso dei nomi geografici e il controllo qualitativo, mediante test analitici e sensoriali.

Nel 1999 si arriva, infine, alla terza riforma organica dell’OCM vino con il regolamento (CE) n. 1493/99. All’inizio degli anni ’90 il perdurare delle eccedenze sul mercato aveva indot-to la Commissione a proporre una modifica dei regolamenti in vigore che rafforzasse gli strumen-ti di contenimento dell’offerta e, in parstrumen-ticolare, eliminasse ogni incenstrumen-tivo a produrre per la disstrumen-til- distil-lazione. Venne quindi avanzata nel 1994 una proposta organica di riforma, fortemente innovati-va, che però incontrò notevoli opposizioni. Intanto, lo scenario del mercato del vino evolveva verso una nuova situazione, caratterizzata, da un lato, da un maggiore equilibrio tra domanda e

5 Il programma di premi per l’espianto verrà rinnovato con il successivo regolamento (CE) n. 1442/88.

6 Il titolo III del regolamento (CE) n. 822/87 prevede sei tipi di distillazioni: i) distillazione dei sottoprodotti della distillazione e dei processi di trasformazione delle uve; ii) distillazione dei vini ottenuti da uve non da vino o da uve classificate come destina-te anche ad altri usi; iii) distillazione obbligatoria; iv) distillazione facoltativa preventiva; v) distillazione facoltativa di sosdestina-tegno; vi) la distillazione facoltativa di buon fine.

7 Il disciplinare deve specificare: la delimitazione dell’area di produzione, le prescrizioni sulle varietà, le prescrizioni sull’irriga-zione, le prescrizioni sulle pratiche colturali, le prescrizioni sulle pratiche enologiche, i principi sulla localizzazione delle aree di lavorazione uve, le rese massime.

(12)

offerta, grazie ad una crescita dei consumi nei paesi non produttori di vino, e, dall’altro, dal cre-scente attivismo dei paesi produttori non europei, facendo percepire la necessità della rimodula-zione di una politica comunitaria del vino nella direrimodula-zione dello sviluppo della competitività. Solo nel 1999, però, la Commissione riuscì a superare tutte le resistenze, agganciando la riforma del-l’OCM vino al pacchetto di riforme di Agenda 2000 deciso a Berlino nel marzo del 1999. Si era creata, infatti, una situazione nella quale un ulteriore ritardo della riforma avrebbe comportato notevoli svantaggi per il budget settoriale e, d’altro canto, la proposta della Commissione non ave-va contenuti tali da suscitare particolari opposizioni.

Il regolamento (CE) n. 1493/1999 presentava, comunque, numerose novità. La prima, for-male e sostanziale al tempo stesso, era l’inclusione nel regolamento generale dell’OCM anche delle norme sui VQPRD, sancendosi quindi il riconoscimento della non separazione del merca-to dei vini da tavola, peraltro ormai largamente rappresentamerca-to anche dai vini con indicazione geo-grafica, da quello dei vini a denominazione di origine. Inoltre, il nuovo regolamento: modifica-va le misure per il controllo del mercato, definendo uno schema più flessibile8che sembrava maggiormente in linea con le migliori condizioni del mercato degli anni in cui la riforma giun-geva in porto; portava un nuovo ordinamento delle norme sulle pratiche enologiche, che veni-vano riunite in un solo codice; ufficializzava il ruolo delle associazione produttori e degli orga-nismi di filiera nel settore vitivinicolo. Sotto il profilo strutturale, le estirpazioni, che nel perio-do di funzionamento della precedete OCM avevano rivestito un grande ruolo, diventano una misura opzionale per gli Stati membri; veniva prolungato il regime dei diritti di impianto, seb-bene reso anche questo più flessibile9; infine, veniva introdotta la misura della ristrutturazione e riconversione dei vigneti, destinata a favorire un miglioramento della qualità del potenziale europeo, al fine di rispondere alle nuove esigenze del mercato e aprendo, quindi, un percorso di trasformazione della natura dell’OCM stessa che giungerà a compimento proprio con la nuo-va riforma i cui contorni normativi sono fissati dal regolamento (CE) n. 479/2008.

1.3

Le principali tappe del processo dell’ultima riforma

La riforma entrata in vigore nel 2008 è stata il risultato di un processo piuttosto articolato, di seguito riassunto nelle sue fasi più salienti.

La politica agricola comune attuata nel comparto del vino mediante il regolamento (CE) n. 1493/1999 è stata – come di prassi – sottoposta ad un’attenta attività di valutazione esterna, docu-mentata nel Rapporto di valutazione affidato dalla Commissione alla società italiana INNOVA nel 2002 e presentato l’anno successivo (INNOVA, 2003).

In vista della revisione dell’OCM, nell’inverno del 2006 fu poi avviato un processo di con-sultazione delle parti interessate, che aveva come riferimento di partenza la pubblicazione di alcu-ni rapporti preparati dalla DG Agricoltura della Commissione europea.

Sulla base dei documenti preparatori e degli esiti delle consultazioni la Commissione ha poi aperto la fase politica della preparazione della riforma, con la già ricordata Comunicazione Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile presentata nel giugno 2006.

8 All’interno della nuova OCM permanevano tre distillazioni: la distillazione obbligatoria dei sottoprodotti; la distillazione volon-taria destinata alla produzione di alcol per uso alimentare (alcol da bocca), finalizzata a stabilizzare il mercato del vino e a ridur-re i costi dell’industria dei distillati e dei liquori; la nuova distillazione di crisi, che poteva esseridur-re attivata, secondo necessità, so-lo nelle aree che ne avessero avuto bisogno, compresi i vini VQPRD, e con partecipazione facoltativa da parte dei produttori. 9 Veniva istituita una riserva nazionale di diritti di impianto, che gli Stati membri potevano distribuire ai produttori che

(13)

In seguito alla pubblicazione della Comunicazione, un gruppo di ricerca internazionale diret-to dal MOISA di Montpellier presentò, su incarico del Parlamendiret-to europeo, un’analisi delle pro-blematiche del mercato internazionale del vino e, alla luce di questa, una valutazione piuttosto cri-tica delle linee di riforma delineate dalla Commissione (Montagne, Coelho, 2006).

Queste critiche furono, in parte, riprese dalla Relazione preparata dalla deputata europea Katerina Batzeli membro della Commissione Agricoltura, che proponeva numerose modifiche alle proposte contenute nella Comunicazione della Commissione.

Successivamente, nel luglio del 2007, è stata pubblicata la Proposta di regolamento del Consiglio, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo e recante modifica di alcu-ni regolamenti (COM(2007) 372 del 4.7.2007), che ha formalmente avviato la fase finale del nego-ziato, guidato per quanto riguarda il Parlamento europeo dal deputato Castiglione e caratterizza-to da uno scenario complesso e in parte mutevole di alleanze e antagonismi tra paesi, ossia tra governi, e tra gruppi di pressione10, terminato alla fine del 2007, con il compromesso politico rag-giunto nella riunione del Consiglio agricolo del dicembre 2007, che tuttavia comportava nume-rose e significative modifiche alla proposta originale della Commissione11, cui poi ha fatto segui-to la pubblicazione, nell’aprile del 2008, del regolamensegui-to base della nuova organizzazione di mer-cato, il già citato regolamento (CE) n. 479/2008 del Consiglio.

1.4

La nuova OCM in sintesi

Come già ricordato, l’organizzazione comune del mercato del vino si è sempre differen-ziata dalle altre OCM per un ruolo particolarmente rilevante rivestito dalle misure diverse da quel-le di mercato, come quelquel-le per il controllo del potenziaquel-le di produzione, oltre che per la riquel-levan- rilevan-za delle misure relative alle tecniche di produzione e alle categorie qualitative dei prodotti, con i conseguenti risvolti sull’etichettatura.

Il nuovo sistema di norme definito dal regolamento (CE) n. 479/2008 conserva all’OCM vino il suo carattere di originalità, ma rappresenta al tempo stesso una completa rottura con il pas-sato, laddove tutte le numerose precedenti riforme dell’OCM vino avevano apportato modifiche a una struttura che manteneva comunque le caratteristiche tradizionali delle organizzazioni comu-ni di mercato. Tuttavia, si deve subito osservare che la nuova OCM si presenta decisamente più conservativa rispetto a quella prefigurata della proposta originaria della Commissione, uscita pro-fondamente ridimensionata dal lunghissimo processo di trattativa.

La nuova OCM vino si caratterizza per una progressiva eliminazione delle tradizionali misu-re di sostegno del mercato, che andranno a scomparimisu-re nel giro di quattro anni, e per l’attivazio-ne, in varie forme, di interventi a diretto sostegno della competitività, attraverso l’attuazione di programmi nazionali di sostegno, da configurare nell’ambito di ogni Stato membro sulla base del-le esigenze locali e attraverso un rafforzamento dell’intervento a favore deldel-le aree vitivinicodel-le nel-l’ambito delle politiche di sviluppo rurale. Inoltre, la nuova OCM si caratterizza per un

impor-10 Un’analisi delle diverse posizioni in campo e delle dinamiche che hanno caratterizzato il processo di riforma è proposta nel ca-pitolo 4 di questo studio.

11 Tra gli elementi proposti dalla Commissione che non sono stati recepiti dall’accordo finale, si citano:

l’abolizione della pratica dello zuccheraggio in tutte le zone di produzione, che rimane consentita dove lo era già in prece-denza;

il drastico ridimensionamento dei limiti ai livelli di arricchimento consentiti, i cui limiti sono stati ridotti, infatti, di appena 0,5 gradi per ciascuna zona;

l’eliminazione del divieto a realizzare nuovi impianti vitati, sebbene l’attuale regime dei diritti di impianto resti prorogato fi-no al 2015, con possibilità di estensione fifi-no al 2018 da parte dei singoli paesi membri.

(14)

tante supporto agli espianti definitivi di vigneti fuori mercato, cui si accompagna un prolunga-mento del regime dei diritti d’impianto. A completare il quadro della riforma, interviene infine una radicale modifica delle norme sulle categorie qualitative dei prodotti vitivinicoli.

L’originalità del nuovo impianto dell’OCM ha determinato un notevole impegno anche sul piano dei regolamenti applicativi, che tradizionalmente definiscono tutti gli aspetti più stret-tamente operativi che non possono essere dettagliati nel testo base dell’OCM, la cui promulga-zione ha richiesto oltre un anno di tempo. Infatti, nel giugno del 2008 è stato pubblicato il rego-lamento (CE) n. 555/2008, inerente ai programmi di sostegno, gli scambi con i paesi terzi, il poten-ziale produttivo e i controlli nel settore vitivinicolo, che ha posto le condizioni per l’attivazione delle parti della nuova OCM la cui entrata in vigore era prevista per l’agosto del 2008. Gli altri regolamenti applicativi, relativi all’etichettatura, alle denominazioni e alle pratiche enologiche sono stati oggetto di un processo di definizione più lento e complesso, essendo stati approvati solo nella primavera del 2009.

Infine, va ricordato che nel gennaio del 2009 è stato pubblicato il regolamento (CE) n. 42/2009 della Commissione che ha chiarito i principi da rispettare per non creare conflitti tra misure finan-ziate nell’ambito dell’OCM e misure finanfinan-ziate nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale.

1.5

Obiettivi e struttura del lavoro

Complessivamente, quindi, si è delineata una nuova OCM molto diversa dalle precedenti, non solo nella struttura e nell’articolazione delle misure previste, ma soprattutto nell’articolazio-ne delle competenze, dal momento che al suo interno vengono trasferite notevoli responsabilità di progettazione e di attuazione degli interventi direttamente agli Stati membri.

Nelle pagine che seguono si cercherà di fornire ai lettori una documentazione accurata di questa nuova realtà che possa essere utile agli studiosi di politica agraria e agli operatori del set-tore, siano essi impegnati nella produzione e nella commercializzazione oppure nella gestione a livello nazionale o regionale di questa politica.

Obiettivo specifico del lavoro è il riuscire a fare comprendere la complessità di questa poli-tica, che deriva dalla complessità stessa di un settore vitivinicolo che include sia una fase pro-duttiva prettamente agricola, la produzione dell’uva, sia una fase di trasformazione che avviene in situazioni tecnologiche e organizzative estremamente diverse – per volumi di produzione, rego-le di produzione e forme di impresa – in situazioni sia agricorego-le sia industriali (Cesaretti et al., 2006; Mariani e Pomarici, 2008). Insieme alla complessità, si desidera farne comprendere anche le questioni critiche, delle quali si dovrà tenere conto nei prossimi anni (almeno fino al 2013) in tutte le circostanze nelle quali i paesi membri e i soggetti coinvolti nella gestione di questa poli-tica saranno chiamati a effettuare scelte operative. Molte delle criticità che verranno di seguito rilevate erano, almeno in parte, prevedibili fin dalla prima lettura del regolamento di base, altre si sono manifestate con chiarezza solo nel momento in cui si è concretamente proceduto a porre in essere le azioni previste dal nuovo impianto normativo.

Comprendere e analizzare le criticità di questa OCM riformata non è un puro esercizio intel-lettuale, ma una pratica necessità. La nuova normativa stessa dà infatti la possibilità di procede-re a periodiche procede-revisioni delle azioni pprocede-reviste nei programmi nazionali. Pertanto, occorprocede-re indivi-duare rapidamente i possibili problemi operativi discendenti dalla scelte fin qui effettuate, veri-ficare l’esistenza di nuovi e ulteriori fabbisogni di intervento, individuare i percorsi ottimali da seguire per rendere il più efficace possibile l’impatto delle azioni intraprese, anche alla luce del-le forze esterne all’OCM, derivanti in particolar modo daldel-le altre politiche che intervengono a

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sostegno del settore (misure di sviluppo rurale, politiche nazionali). Peraltro sarà forse necessa-rio intervenire anche su altri aspetti della normativa, diversi dai piani di sostegno, procedendo a ulteriori azioni di aggiustamento, che anche in passato sono state adottate sui regolamenti di rife-rimento, che dal 1970 in poi sono stati successivamente in vigore.

A questo capitolo introduttivo seguono altri cinque capitoli:

– il capitolo 2 illustra il contesto di mercato che ha fatto nascere l’esigenza di una nuova OCM vino e gli obiettivi specifici della riforma, valutandone la coerenza con l’evolu-zione del mercato;

– al capitolo 3 è affidata l’analisi approfondita generale della nuova OCM, chiarendo la natura, i meccanismi e le criticità dei nuovi strumenti da questa previsti;

– il capitolo 4 propone una ricostruzione del ruolo che i diversi gruppi di pressione attivi nel settore del vino e le alleanze nazionali hanno avuto del determinare l’esito del pro-cesso di riforma, consentendo di verificare quanto questi abbiamo contribuito a modi-ficare le proposte iniziali;

– il capitolo 5 illustra il programma nazionale di supporto elaborato in Italia e confronta le scelte nazionali con quelle degli altri principali paesi produttori dell’UE;

– il capitolo 6, infine, in linea con gli obiettivi di questo studio, propone una riflessione su come l’OCM riformata dovrebbe essere gestita in Italia, anche alla luce della neces-sità di una efficace integrazione con le altre politiche orizzontali e di un coordinamen-to tra amministrazione centrale e regioni.

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CAPITOLO 2

R

AGIONI

,

OBIETTIVI E CRITICITÀ DELLA NUOVA

OCM

2.1

La critica alla vecchia OCM vino e gli obiettivi di riforma della Commissione

Nella Comunicazione del giugno del 2006 la Commissione europea proponeva una diagno-si molto severa della podiagno-sizione nel mercato del comparto vitivinicolo comunitario. Si osservava, infatti, che la notevole diminuzione dei consumi di vino nell’UE, legata all’evoluzione degli sti-li di vita, aveva determinato gravi eccedenze strutturasti-li che, a loro volta, avevano imposto inter-venti di distillazione ricorrenti e importanti che però non erano stati in grado di evitare un aumen-to delle giacenze e una pressione al ribasso dei prezzi. Tutaumen-to quesaumen-to accompagnaaumen-to da una ridu-zione di competitività rispetto a competitor non europei che mostravano di essere in grado di trarre comparativamente un maggiore vantaggio dalla liberalizzazione degli scambi di quanto fossero in grado di fare i produttori europei (prospetto 2.1).

Prospetto 2.1 - Situazione del mercato nella visione della Commissione

– Il consumo di vino nell’UE sta scendendo di 750.000 hl all’anno, al tasso dello 0,65%.

– In linea generale, e in particolare per il vino, le abitudini di consumo stanno cambiando di pari passo con lo stile di vita.

– Le eccedenze strutturali sono stimate a 15 milioni di hl di vino, che equivalgono all’8,4% circa della produzione di vino dell’UE-27.

– È necessario un intervento sotto forma di distillazione per smaltire il 15% circa della produzione di vino ogni anno. – Le giacenze di vino, che superano l’equivalente della produzione di un anno, stanno aumentando, con poche pro-spettive di smaltimento. Questa situazione esercita una pressione al ribasso sui prezzi e sui redditi dei produttori. – Le importazioni crescono più rapidamente delle esportazioni: la differenza si sta assottigliando ed è probabile che

le importazioni superino ben presto le esportazioni. Gli scambi mondiali di vino sono già fortemente liberalizzati, con aliquote ridotte dei dazi applicati dall’UE sulle importazioni di vino.

– L’impennata registrata dalla produzione e dalle vendite di vini del Nuovo Mondo evidenzia la necessità che i pro-duttori di vino europei diventino più competitivi.

Fonte: adattato dalla Comunicazione della Commissione “Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile”.

Nel documento si ricordava che, a partire dalla campagna 1975/76, si era dovuto interve-nire con una politica di limitazione del potenziale di produzione e di incentivazione dell’abban-dono permanente della produzione, contribuendo a far scendere le superfici vitate dai 4,5 milio-ni di ettari del 1976, ai 3,2 miliomilio-ni di ettari del 2005. Si osservava inoltre che, dal 1996, la dra-stica riduzione della partecipazione ai programmi di estirpazione, attuati in base alla precedente organizzazione comune di mercato (OCM) dagli Stati membri su base facoltativa, congiuntamen-te all’assegnazione dei nuovi diritti di impianto (Pomarici, Sardone, 2001) avevano, di fatto, arre-stato il trend di riduzione del potenziale e della produzione. Per questo motivo, a fronte di un con-sumo di vino nell’UE che continuava a mostrare una costante flessione e in presenza di una cre-scita delle importazioni più rapida di quella delle esportazioni il problema delle eccedenze di produzione, che sembrava ormai superato alla metà degli anni ’90, si riproponeva all’inizio del nuovo secolo in modo prepotente (fig. 2.1).

(17)

Figura 2.1 - Evoluzione di produzione, consumo, import export nell’UE (1990/91-2005/06)

Nella Comunicazione, quindi, la Commissione riproponeva i risultati delle valutazioni pro-spettiche elaborate dalla DG Agricoltura che, nell’ipotesi in cui l’OCM del vino fosse rimasta inva-riata, indicavano nel medio termine (2010/11) una crescita delle eccedenze per il comparto vitivi-nicolo europeo, che sarebbero salite a 15 milioni di ettolitri, pari all’8,4% della produzione (fig. 2.2). Ciò nell’ipotesi in cui i quantitativi ritirati tramite lo strumento della distillazione a sostegno del-l’ottenimento di alcole destinato ad usi alimentari non fossero stati considerati eccedenze; il livel-lo delle eccedenze sarebbe salito, invece, a 27 milioni di ettolitri (ossia al 15% della produzione) nel caso contrario. Si sottolineava, inoltre, che se le eccedenze rappresentavano un problema par-ticolarmente grave per il vino da tavola, stavano peggiorando anche per i prodotti VQPRD.

Da tutti questi dati la Commissione traeva la conclusione che l’impianto di OCM tradizio-nale, modificato in modo non risolutivo dalla riforma realizzata mediante il regolamento (CE) n. 1493/1999, non era più in grado di fare fronte alle esigenze di riequilibrio tra offerta e sboc-chi di mercato delle imprese vitivinicole europee e che era necessario, piuttosto, un potenzia-mento sostanziale della loro competitività. La Commissione, peraltro, riconosceva che una delle ragioni della crescita della competitività dei paesi terzi risiedeva nella loro crescente forza com-merciale, determinata in parte dalla maggiore dimensione delle imprese operanti sul mercato inter-nazionale, in parte da una maggiore capacità di marketing legata anche all’efficacia dell’identifi-cazione varietale dei vini1.

200.000 160.000 120.000 80.000 40.000 0 (000 hl) 1990/91 1991/92 1992/93 1993/94 1994/95 1995/96 1996/97 1997/98 1998/99 1999/2000 2000/01 2001/02 2002/03 2003/04 2004/05 2005/06

Scorte Produzione Consumo Export Import

Fonte: Commissione europea, 2006.

1 La Commissione attribuiva, infatti, una notevole importanza all’orientamento nei paesi terzi di identificare i vini proposti al pub-blico principalmente con l’indicazione della varietà di uva utilizzata nella produzione del vino (varietal wine), diversamente da quanto avviene nell’UE dove più di frequente la caratterizzazione principale del vino avviene attraverso l’area di produzione cui corrisponde una denominazione di origine o un’indicazione geografica (in Italia, rispettivamente, vini DOC o DOCG e in vi-ni IGT).

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Figura 2.2 - Ipotesi di evoluzione delle eccedenze nell’UE-27

Inoltre la Commissione metteva sotto accusa il sistema dei meccanismi di controllo del mer-cato denunciandone la palese inefficacia. Nella Comunicazione si portava l’attenzione sull’altis-simo livello raggiunto delle giacenze di vino e sul ricorso molto frequente alla distillazione di cri-si anche per vini di qualità (VQPRD) e non solo per i vini da tavola, segnalando anche il para-dosso che ha caratterizzato la campagna viticola 2005/06, quando, nonostante una riduzione della produzione dell’11%, molti Stati membri hanno richiesto di farvi ricorso.

Partendo da queste posizioni, la Commissione proponeva di metter mano ad un processo di riforma che avesse come obiettivo la ricerca di un maggior livello di qualità e di competitività per il settore vitivinicolo europeo, spendendo più efficacemente le risorse destinate al comparto, per ottenere:

– la conquista di nuove quote di mercato, sia all’interno che all’esterno dell’UE;

– un regime di regole semplici, chiare ed efficaci, in grado di mantenere l’equilibrio tra domanda e offerta;

– un regime che, nel rispetto delle tradizioni vitivinicole europee, fosse in grado di con-solidare il ruolo socio-ambientale della viticoltura nelle zone rurali.

La Commissione nella Comunicazione prospettava tre diverse ipotesi di riforma, oltre al mantenimento dello status quo, ma esprimeva una chiara preferenza per una riforma radicale dell’organizzazione comune di mercato, e sceglieva di non appiattirsi sulle regole del disaccop-piamento, che stava caratterizzando tutte le altre OCM riformate (Pomarici, Sardone, 2007). La Commissione, infatti, riconosceva le caratteristiche peculiari del comparto e prefigurava la pos-sibilità di mettere in campo strumenti innovativi, in grado di contribuire al perseguimento degli obiettivi individuati.

Nella Comunicazione l’opzione di modifica della OCM vino preferita prevedeva di fare

40 35 30 25 20 15 10 5 0 1999/2003 (mio hl)

Surplus 1 = (prod. + import.) - (consumo + export + usi industriali) Surplus 2 = Surplus 1 - distillazione uso bocca

2003/2004 2004/2005 “Medio”

2010/2011

“Basso” “Alto”

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fronte al problema dell’equilibrio di mercato e del miglioramento della competitività mediante: – un rapido e massiccio intervento – obbligatorio per gli Stati membri – di estirpazione, fino ad arrivare ad una riduzione di 400.000 ettari del vigneto comunitario in cinque anni; – lo smantellamento immediato di tutte le misure di intervento sul mercato, compreso l’aiuto ai mosti concentrati, in quanto cessava anche la possibilità di arricchire con il saccarosio;

– la liberalizzazione di nuovi impianti, al fine di favorire un più rapido adeguamento del-l’offerta;

– un importante trasferimento di fondi allo sviluppo rurale, la cui destinazione non veni-va però vincolata a particolari tipi di investimento;

– un nuovo sistema regolamentare per la presentazione dei vini e una maggiore flessibi-lità nell’adeguamento delle regole in tema di pratiche enologiche.

In sostanza, si proponeva di ripulire il sistema di offerta da quella parte della produzione senza mercato, eliminando le misure che ne avevano consentito la sopravvivenza e di mettere i produttori con validi collegamenti con il mercato nella condizione di agire con meno vincoli, con il sostegno di maggiori risorse attraverso la creazioni di envelope finanziarie nazionali (dive-nute poi i programmi di sostegno; cfr. cap. 3) e tramite la disponibilità di risorse aggiuntive all’in-terno delle misure di sviluppo rurale, finanziate dalle risorse non più utilizzate per le misure di mercato, oltre che dotando il sistema di misure regolamentari più semplici ed efficaci in tema di produzione, denominazione ed etichettatura.

La visione delle Commissione e la sua strategia di modifica della struttura dell’organiz-zazione comune di mercato del vino hanno suscitato vive reazioni da parte delle organizzazio-ni dei produttori vitiviorganizzazio-nicoli europei. Articolate critiche sono venute anche dal gruppo di stu-dio coordinato dal MOISA, incaricato dal Parlamento europeo di valutare le proposte avanza-te (Montagne, Coelho, 2006)2.

Se per la Commissione l’analisi del mercato mostrava una debole performance competitiva dei vini dell’UE, cui si associava la presenza di un importante surplus strutturale, per il MOISA la prima appariva eterogenea, con casi di eccellenza e ampie possibilità di miglioramento, mentre il surplus veniva giudicato di natura prettamente congiunturale, dovendosi considerare legittima la distillazione dell’alcole da bocca3. Entrando nel merito dell’efficacia delle misure di mercato, poi, il rapporto MOISA considerava poco efficace l’intervento delle distillazioni di crisi perché veniva attivato in modo tardivo e poco interessante sotto il profilo dei pagamenti, risultando incapace di attrarre i produttori; il rapporto arrivava, pertanto, a sostenere che la distillazione di crisi avrebbe potuto rappresentare uno strumento efficace, se fosse stata resa obbligatoria. Il rapporto MOISA considerava inoltre poco efficace, rispetto alla riduzione del disequilibrio tra domanda e offerta, il massiccio intervento di estirpazione previsto; infatti, veniva osservato che in un mercato aperto, quale è diventato il mercato del vino, e con potenzialità di espansione rapida dell’offerta dei con-correnti nel Nuovo Mondo, un intervento di riduzione dell’offerta comunitaria non avrebbe porta-to necessariamente a un maggiore equilibrio del mercaporta-to. Pertanporta-to, l’investimenporta-to che la Commis-sione proponeva di fare nell’estirpazione appariva come uno spreco di risorse, che avrebbero potu-to essere più utilmente impiegate per un sostegno diretpotu-to al miglioramenpotu-to della competitività.

2 In proposito, si veda il capitolo 4 del presente studio.

3 Riguardo alla distillazione dell’alcole per uso alimentare, o alcole da bocca, nella Comunicazione della Commissione si ricor-da che, sotto il profilo della salute pubblica, sono state espresse perplessità sulla concessione di aiuti per questa distillazione; in quanto, la presenza di questo intervento avrebbe l’effetto finale di abbassare artificialmente il prezzo delle acquaviti di vino ad elevata gradazione alcolica.

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Parte di queste considerazioni sono state riprese anche dal Rapporto della deputata europea Katerina Batzeli, che criticava il piano di estirpazioni proposto, considerandolo complicato e ste-rile e individuando nella politica di contenimento delle rese la via maestra per un recupero del-l’equilibrio di mercato e della competitività capace anche di proteggere la stabilità socioecono-mica dei distretti vitivinicoli.

La distanza di posizioni, rispetto alla proposta della Commissione, probabilmente non tene-va conto che il massiccio sostegno finanziario all’estirpazione si qualificatene-va come un ammortiz-zatore delle conseguenze sociali dello smantellamento delle misure di mercato, piuttosto che come una misura di riequilibrio definitivo del mercato; comunque, tutte le altre parti interessate sono state concordi nel ritenere sovradimensionato e inopportuno un programma di espianti della por-tata prospetpor-tata. La Commissione quindi, come si vedrà meglio in seguito, ha ritenuto di dovere procedere a un suo ridimensionamento.

2.2

Evoluzione del mercato del vino e competitività delle imprese

Al fine di individuare quali sono le esigenze cui una nuova politica comunitaria del vino dovrebbe dare risposta, è opportuno focalizzare con un certo dettaglio gli elementi che hanno carat-terizzato la dinamica del mercato del vino e quelli che qualificano l’attuale situazione. Rispetto a questi elementi sarà poi possibile valutare l’adeguatezza del nuovo sistema normativo nei con-fronti del contesto competitivo e, più in particolare, individuare i possibili percorsi di gestione delle singole misure proposte per consentire il recupero di competitività del sistema di produzio-ne europeo. Nel dibattito che ha preceduto la riforma, infatti, molti hanno sottoliproduzio-neato che l’ana-lisi del mercato proposta dalla Commissione si è incentrata in modo eccessivo sul riproporsi su scala planetaria del problema dell’eccesso di offerta e sulle sue conseguenze in ambito comuni-tario (accrescimento degli stock e del ricorso alle distillazioni), senza approfondire l’analisi di altri importanti fenomeni, quali la dinamica quantitativa e qualitativa della domanda, l’evoluzione del-la distribuzione e del-la dinamica strutturale del settore nonché l’effettiva evoluzione dei rapporti com-petitivi nel mercato internazionale del vino.

È utile, quindi, tratteggiare questi fenomeni, partendo da un riepilogo di alcuni degli ele-menti quantitativi essenziali dell’evoluzione del mercato del vino.

Considerando congiuntamente l’evoluzione della produzione e dei consumi mondiali nel-l’ultimo ventennio, ossia le variabili essenziali di determinazione dell’equilibrio di mercato, è pos-sibile osservare una dinamica complessa. Dalla metà degli anni ’80 alla metà degli anni ’90 gli andamenti osservabili a livello globale sono stati direttamente determinati dalle vicende comu-nitarie. In questo periodo, la produzione mondiale ha subito una drastica riduzione per effetto del-la contrazione dell’offerta dell’area comunitaria, dovuta ad uscite spontanee dal mercato e alle già ricordate politiche di sovvenzionamento degli espianti. L’offerta rispondeva così, in parte in modo autonomo e in parte in modo guidato, all’altrettanto drastica caduta della domanda che aveva deter-minato notevoli problemi di eccedenza.

Questa contrazione dell’offerta ebbe, dunque, l’effetto di riequilibrare il mercato mondia-le, determinando quelle condizioni che fecero maturare la riforma del 1999. Come si può osser-vare nella figura 2.3, alla metà degli anni ’90 la differenza tra produzione e consumo era intorno a 30 milioni di ettolitri, valore che corrisponde alle utilizzazioni industriali del vino. Successiva-mente il ritrovato equilibrio e il nuovo interesse per il vino che aveva la sua manifestazione macro-scopica nella crescita dei consumi mondiali, riavviavano un processo accelerato di crescita del-l’offerta che, sia pure con notevoli oscillazioni congiunturali, è durato fino al 2004, quando la

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pro-duzione è giunta a quasi 300 milioni di ettolitri, riaprendo in modo deciso la forbice tra produ-zione e consumo e motivando l’allarme della Commissione Europea. Questa crescita dell’offer-ta aveva ragioni strutturali e congiunturali. Sotto il profilo strutturale, si facevano sentire sul mer-cato gli effetti dell’espansione della superficie vitata in alcuni paesi del Nuovo Mondo, soprat-tutto Australia e Argentina. Sotto il profilo congiunturale, invece, hanno pesato le rese piuttosto elevate, registrate nei tre principali produttori: Francia, Italia e Spagna. A partire dal 2005 si è avu-to però un nuovo riavvicinamenavu-to dell’offerta alla domanda; quest’ultima, peraltro, ha continua-to a crescere fino al 2007 per subire, infine, una modesta contrazione nel 2008, quando ha comin-ciato a farsi sentire la crisi economica internazionale che si è poi estesa al 2009.

Figura 2.3 - Produzione e consumo di vino nel mondo

L’evoluzione futura del rapporto tra produzione e consumo dipenderà naturalmente da diver-si fattori. Sul fronte dell’offerta, comunque, le analidiver-si dell’Organizzazione internazionale della vite e del vino (OIV) evidenziano che l’espansione del vigneto al di fuori dell’UE si è arrestata (fig. 2.4), mostrando, in particolare, segni di arretramento in Australia e Sud Africa. Sulla base di questi andamenti verrebbe a mancare, dunque, la spinta strutturale a una ulteriore crescita del-la produzione (OIV, 2009a). Intanto, le previsioni più recenti indicano per il 2009 uno scarto tra produzione e consumo compreso tra gli 11 e i 32 milioni di ettolitri, sostanzialmente non ecce-dente gli usi industriali (tab. 2.1). L’elemento più critico rispetto all’equilibrio di mercato è ora, insieme alla dinamica delle rese4, l’evoluzione del consumo, i cui andamenti dipenderanno essen-zialmente dalla pressione di marketing che il settore sarà in grado di esercitare sul pubblico, non sembrando più rilevanti gli elementi di carattere strutturale legati all’evoluzione degli stili di vita. Nei paesi tradizionali consumatori, quindi, l’obiettivo primario è quello di stabilizzare i consumi

320 300 280 260 240 220 1.000.000 Hl 86-90 91-95 96-00 01-05 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008* 245 269 Produzione (media) Produzione (anni) Consumi (media) Consumi (anni) * Dato provvisorio. Fonte: OIV, 2009b.

4 Sotto questo profilo, la prima proposta della Commissione su modalità e limiti dell’arricchimento avrebbe determinato un effet-to di contenimeneffet-to, che invece nel regolameneffet-to approvaeffet-to appare abbastanza attenuaeffet-to (cfr. cap. 3).

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attuali; nei nuovi mercati è, invece, legittimo puntare ad una loro crescita (Green et al., 2006; Poma-rici, 2008)5.

Figura 2.4 - Evoluzione della superficie investita a vite nel mondo

Tabella 2.1 - Dinamica dell’equilibrio globale del mercato del vino

Stime 2009

2003 2004 2005 2006 2007 Provvisorio Ipotesi Ipotesi

2008 Bassa Alta

Produzione vino 264,1 296,6 279,9 283,1 266,1 267,8 262,8 273,1 Consumi vino 237,4 238,1 237,3 242,4 247,2 244,9 241,0 251,5 Diff. Prod. - Cons. 26,7 58,5 42,5 40,7 18,9 22,9 11,3 32,1

Valori intermedi Produzione 268,0 della forchetta Consumi 246,3 di stima Differenza 21,7

Fonte: OIV, 2009a.

La dinamica di lungo periodo di offerta e domanda, sopra tratteggiata, è stata caratterizza-ta da un’evoluzione della geografia dell’offercaratterizza-ta e del consumo che ha determinato anche una note-volissima crescita del commercio internazionale, come illustrato nella figura 2.5. Infatti, il con-sumo si è spostato in modo significativo dai paesi tradizionali produttori a nuovi paesi, determi-nando una crescita della propensione alle esportazioni della maggior parte dei paesi produttori. Questi fenomeni sono avvenuti con ritmi diversi da paese a paese, portando a un significativo cambiamento del ruolo giocato dalle diverse aree geografiche, oltre che a una significativa

glo-5 La prospettiva di una stabilizzazione dei consumi nel mercato interno contrasta con le ultime proiezioni fornite dalla Commis-sione (2009) ma, invece, è coerente con opinioni di altri esperti (Borrelli e Raia, 2008).

9.000 8.800 8.600 8.400 8.200 8.000 7.800 7.600 7.400 7.200 7.000 1.000 ha 86-90 91-95 96-00 01-05 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008* Media Anni 7.742,4 * Dato provvisorio. Fonte: OIV, 2009b.

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balizzazione del mercato del vino. Come illustrato nella tabella 2.2, l’Europa (e al suo interno l’Unione Europea, che rappresenta la maggior parte dell’offerta e del consumo di vino) nell’arco di circa un ventennio ha visto una riduzione generale del suo peso – sulla superficie a vite, sulla produzione, sui consumi e sulle esportazioni – a vantaggio di altri continenti. Certamente la ridu-zione di quota più appariscente è quella sulle esportazioni, in relaridu-zione alla quale si passa da una situazione di quasi monopolio negli anni ’80 alla situazione attuale in cui circa un terzo delle espor-tazioni viene da paesi non europei. Meno appariscente appare la perdita di quota dell’Europa sui consumi; ciò deriva dal fatto che buona parte dei paesi nuovi consumatori di vino sono sempre europei, sebbene non produttori.

Figura 2.5 - Evoluzione delle esportazioni mondiali di vino

Tabella 2.2 - Partecipazione al mercato mondiale del vino dei 5 continenti (%)

Superficie Produzione Consumo Esportazioni

1986- 1997- 2006- 1986- 1997- 2006- 1986- 1997- 2006- 1986- 1997- 2006-1990 1999 2008 1990 1999 2008 1990 1999 2008 1990 1999 2008 Europa 69,3 64,7 58,4 78,0 71,6 66,7 74,1 69,1 66,0 94,6 84,7 68,9 Asia 15,7 18,4 21,1 1,5 5,0 5,0 1,9 6,6 7,3 0,8 0,6 0,5 America 9,9 11,3 12,8 16,0 17,0 18,5 20,2 19,7 21,5 2,5 9,3 16,9 Africa 4,3 4,2 5,0 3,0 3,4 4,4 2,2 2,7 2,8 1,5 2,1 4,8 Oceania 0,7 1,4 2,7 1,6 3,1 5,4 1,6 1,9 2,4 0,6 3,3 8,8 Fonte: OIV, 2009b.

Poiché un elemento cruciale nella discussione sul futuro della competitività del vino prodot-to dall’UE risiede nella sua prestazione sui mercati internazionali, è opportuno osservare che la riduzione delle quote avviene in presenza di una sostanziale crescita delle esportazioni da parte dei paesi comunitari, che ha determinato un sempre maggiore radicamento della presenza dei vini

95 85 75 65 55 45 35 1.000.000 Hl 86-90 91-95 96-00 01-05 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008* 89,0 Media Anni * Dato provvisorio. Fonte: OIV, 2009b.

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europei al di fuori dei paesi di produzione. In proposito, si deve anche osservare che, se nel corso dell’ultimo decennio del secolo scorso le esportazioni di Francia, Spagna e Italia crescevano con tassi a due cifre e quelle dei nuovi competitor crescevano con tassi a tre cifre (tab. 2.3), è tuttavia indubbio che il periodo successivo ha visto un notevole riequilibrio della capacità competitiva tra le aree geografiche (figg. 2.6 e 2.7). Nel nuovo secolo, infatti, tutti i più grandi esportatori hanno fortemente rallentato il ritmo di crescita delle proprie vendite all’estero, mentre tra i players con volumi minori che hanno continuato a crescere, ben figurano Portogallo e Germania.

Tabella 2.3 - Dinamica delle esportazioni di vino (1990-2002)*

Paese Esportazioni in quantità Esportazioni in valore

Peso % Δ Var. % Peso % Δ Var. %

2000-02 1990-2002 2000-02 1990-2002 Francia 23,6 -4,1 27,3 38,5 -12,2 20,9 Italia 23,4 -3,9 27,8 18,0 0,5 63,9 Spagna 13,4 -0,1 48,2 8,8 0,2 63,1 Portogallo 2,9 -1,5 -3,0 3,5 -1,9 3,5 Germania 3,7 -2,7 -13,0 2,8 -3,1 -24,7 Ungheria 1,2 -1,0 -20,2 0,5 -0,3 1,5 Romania 0,6 0,2 126,7 0,2 0,0 50,2 Moldavia 2,0 0,7 137,1 0,9 0,6 428,7 Usa 4,3 1,8 159,7 4,0 2,2 260,1 Argentina 1,6 0,6 143,7 1,1 0,8 473,1 Cile 6,4 5,0 578,3 4,6 3,6 615,7 Cina 0,0 0,0 66,3 0,0 0,0 121,9 Australia 6,0 4,7 583,6 8,0 6,3 655,4 Nuova Zelanda 0,4 0,3 400,1 0,8 0,6 572,9 Sudafrica 2,8 2,4 802,0 1,9 1,5 728,8

* Peso % medio sul totale mondiale nel triennio 2000-02; differenza (Δ) nel peso % rispetto al triennio 1990-92; variazione del peso nel periodo.

Fonte: elaborazioni su dati FAO, adattato da Mariani et al. (2006).

La questione della competitività internazionale dei vini europei si pone, quindi, in modo complesso, con situazioni molto differenziate da mercato a mercato e da tipologia di prodotto a tipologia di prodotto. Molto diversa, per esempio, è stata la performance negli anni più recenti dei paesi comunitari considerando i vini imbottigliati e quelli sfusi: piuttosto buona quella dei primi e con problemi sui volumi quella dei secondi (Mariani, Pomarici, 2008). È chiaro, quindi, che il rafforzamento della competitività internazionale dei vini europei deve passare necessariamente per la soluzione dei diversi problemi specifici che possono emergere in relazione alle differenti categorie di prodotto e agli specifici mercati di riferimento. Si tratta di comprendere, in modo approfondito, come nei diversi mercati si declinano in maniera specifica i grandi trend di evolu-zione della domanda e dei sistemi distributivi; quindi, rispetto a queste specificità, costruire il van-taggio competitivo delle diverse tipologie di impresa vitivinicola presenti all’interno dell’UE.

Negli ultimi venti anni, l’evoluzione della domanda del vino che, come si è visto, ha avu-to una dinamica di segno diverso da paese a paese, è stata caratterizzata da una crescita dell’in-teresse del pubblico per i vini di maggiore pregio, sebbene la quota dei consumi di vini econo-mici sia rimasta molto alta, essendo cresciuta, anzi, in valore assoluto, diventando negli anni più recenti uno dei segmenti chiave della competizione internazionale (Rabobank, 2003; Pomarici, Boccia, 2005; Cesaretti et al., 2006; Nomisma, 2008). Nel corso degli anni si è assistito, inoltre,

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ad una più distinta definizione delle esigenze della domanda nelle varie fasce di prezzo. Nella domanda per i vini più economici sono cresciute le attese in termini di rapporto qualità/prezzo, diversificazione dei profili sensoriali dei vini e qualificazione dei prodotti; mentre, nella

doman-5.000 4.500 4.000 3.500 3.000 2.500 2.000 1.500 1.000 500 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008* 1.000 Hl Argentina

USA Sudafrica Germania Portogallo Moldavia Macedonia

* Dato provvisorio. Fonte: OIV, 2009b.

Figura 2.7 - Dinamica recente delle esportazioni di vino: medi e piccoli esportatori Figura 2.6 - Dinamica recente delle esportazioni di vino: grandi esportatori

22.000 18.000 14.000 10.000 6.000 2.000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008* 1.000 Hl Spagna

Italia Francia Australia Cile

* Dato provvisorio. Fonte: OIV, 2009b.

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da dei vini di maggiore pregio e prezzo si è profilata una segmentazione del pubblico che deriva da una diversificazione sia dei modelli di preferenza sensoriale sia delle preferenze in termini di immagine e vissuto dei vini offerti. Si sono delineati, quindi, in modo sempre più netto, gruppi di consumatori sensibili al valore di marche esclusive associate a vini che rappresentano degli sta-tus symbol e gruppi sensibili, invece, al fascino della ricerca di tipicità legate al territorio e del-l’eccellenza sensoriale, frutto del lavoro di una comunità di produttori, che si possono ricono-scere in vini che si connotano come style symbol6(Codeluppi, 2000).

Gli ultimi venti anni sono stati caratterizzati anche da importanti mutamenti nella distri-buzione. Questi derivano da un’evoluzione della caratterizzazione strutturale delle imprese della distribuzione e della ripartizione dei flussi tra i diversi canali. Questi appaiono, però, fenomeni di difficile lettura, nei quali le differenze tra i paesi sono particolarmente spiccate, anche in for-za di diverse situazioni normative (Rabobank, 2003; Mariani, Pomarici, 2008). Certamente rile-vanti sono stati gli effetti dei processi di espansione e concentrazione che hanno investito la distri-buzione moderna; questa in tutti i paesi a economia sviluppata ha accresciuto il proprio ruolo nel-la vendita del vino per i consumi domestici, diventando leader in molti paesi, avendo acquisito un rilevante potere di condizionamento delle caratteristiche delle forniture che sempre più spesso vie-ne esercitato anche per imporre standard di etichettatura più restrittivi di quelli previsti dalle nor-me ufficiali7.

Al tempo stesso, l’aumento degli scambi in ambito nazionale e internazionale ha stimolato la ricerca di nuovi assetti organizzativi nel raccordo tra produzione e distribuzione commerciale, capaci di raggiungere più elevati livelli di efficacia ed efficienza sul piano logistico, dei servizi al cliente e della formazione della gamma di offerta. Ciò ha portato alla formazione di società di distri-buzione in grado di svolgere le funzioni logistiche e di relazione commerciale in condizioni di eco-nomicità, curando la commercializzazione della produzione di numerose aziende. Queste società di distribuzione non costituiscono, tuttavia, un gruppo omogeneo, diversificandosi per dimensio-ne8, per natura del rapporto con le imprese di produzione e per specializzazione; così, si osserva la presenza di società di distribuzione dedicate esclusivamente al vino (autonome o controllate da gruppi vinicoli) e di società operanti in più settori dell’industria delle bevande alcoliche.

Anche la distribuzione al dettaglio specializzata, ossia quella delle enoteche, è stata sottopo-sta a una pressione evolutiva. Da un lato, la necessità e l’opportunità di trovare soluzioni di eleva-ta efficienza per rispondere alla concorrenza della distribuzione moderna hanno stimolato fuori dal-l’Italia la nascita di nuovi soggetti imprenditoriali che gestiscono catene di enoteche di notevole ampiezza. Dall’altro, la segmentazione della domanda e la molteplicità dell’offerta hanno lascia-to uno spazio specifico per quelle enoteche indipendenti, collegate eventualmente a piccoli distri-butori specializzati, che sono state in grado di raggiungere specifiche nicchie di domanda.

Infine, va osservato che altri fenomeni di concentrazione hanno portato alla formazione di catene di alberghi e di ristoranti caratterizzate da volumi individuali di acquisto molto rilevanti e procedure di acquisto estremamente strutturate, che richiedono da parte dei fornitori specifiche professionalità e capacità di lettura dei processi di scelta e decisione.

I complessi mutamenti che hanno avuto luogo nel mercato del vino hanno senza dubbio generato un nuovo e articolato contesto competitivo, rispetto al quale è necessario chiedersi come,

6 La diade dei prodotti status symbol e style symbol trova nel mondo del vino una corrispondenza con quella formalizzata da Spaw-ton (2004) dei vini luxury e lifestyle, dove i primi rappresentano in genere degli status symbol e i secondi degli style symbol. 7 Il problema si pone spesso in relazione agli avvisi di tipo sanitario, sul contenuto in alcool e, in alcuni casi, sull’impatto

ambien-tale dei processi produttivi da cui proviene il prodotto.

8 In questo ambito si spazia, infatti, dai grossisti che hanno fatto evolvere il loro modello di business includendo tra le loro attivi-tà funzioni attive di marketing, sviluppando fatturati contenuti, alle socieattivi-tà internazionali di distribuzione con fatturati di oltre 1 miliardo di euro (ad. es. Maxxium).

Figura

Figura 2.1 - Evoluzione di produzione, consumo, import export nell’UE (1990/91-2005/06)
Figura 2.3 - Produzione e consumo di vino nel mondo
Figura 2.4 - Evoluzione della superficie investita a vite nel mondo
Figura 2.5 - Evoluzione delle esportazioni mondiali di vino
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