• Non ci sono risultati.

Posizione della Commissione rispetto alla necessità di revisione dell’OCM vino

GRUPPI DI PRESSIONE E ALLEANZE NAZIONAL

Prospetto 4.1 Posizione della Commissione rispetto alla necessità di revisione dell’OCM vino

Gli obiettivi strategici

Anni ’60 Anni ’80 Vecchia OCM Nuova OCM

Reg. (CE) n. 822/1987 Reg. (CE) n. 1493/1999 Reg. (CE) n. 479/2008

Sviluppo produttività Riduzione dell’offerta Controllo dell’offerta Orientamento al mercato Stabilità di mercato Riduzione della spesa Stabilità del budget Progressiva deregulation

Istituire meccanismi di mercato

Gli strumenti adottati

Sostegno al reddito Sostegno al mercato Accordi bilaterali I pilastro (PS, estirpazione) Sicurezza alimentare Misure strutturali Misure di mercato decrescenti II pilastro (SR)

Ristrutturazione

Terminata la fase di sviluppo con l’aumento della produttività e del tenore di vita della popo- lazione rurale, e la garanzia di un’autosufficienza alimentare, che caratterizzò la politica agrico- la comunitaria degli anni ’60, l’agricoltura europea si era sviluppata al punto di dover fronteg- giare il problema della sovrapproduzione.

Il mercato degli anni ’80 non solo non era più in grado di assorbire la produzione, anzi arre- trava gradualmente il passo rispetto a un’offerta incontrollata. Si comprese da subito la necessi- tà di formulare delle politiche che potessero sostenere un comparto economico troppo fragile per affrontare i possibili scenari globalizzati. Così con il varo del regolamento (CE) n. 822/1987 furo- no create delle misure strutturali di sostegno al reddito, tali da ridurre le tensioni commerciali che la sovraproduzione aveva creato.

Nacquero, poi, all’interno dell’OCM delineata con regolamento (CE) n. 1493/1999, le pri- me misure strutturali di controllo dell’offerta del mercato e del potenziale produttivo. Nonostan- te ciò, il nuovo regolamento non aveva tenuto conto della crescente inadeguatezza della struttu- ra dell’offerta e dei comparti produttivi europei in relazione al nuovo contesto di mercato che andava ormai consolidandosi.

La Commissione, quindi, ravvisando la non efficienza delle misure attuali di gestione del comparto, in rapporto agli obiettivi fissati e ai costi considerevoli che essi rappresentavano, riscon- trò la necessità di pianificare uno sviluppo della filiera attualizzato alle condizioni di mercato. Con queste premesse a luglio 2007 la Commissione Europea presentò una prima proposta per una vasta riforma dell’OCM vitivinicola, intesa a rafforzare la competitività dei produttori dell’Unione Euro- pea, introducendo, a suo avviso, norme più chiare, semplici ed efficaci per raggiungere un miglior equilibrio tra domanda e offerta, preservando le tradizioni vitivinicole.

Il ruolo terzo della Commissione rappresenta un tema centrale nel modello della teoria dei giochi cooperativi. Essa dovrebbe assumere una funzione diversa rispetto a quella degli altri atto- ri e in più essere considerata al di sopra delle parti. Come scindere l’interesse comunitario, mas- simizzato come benessere collettivo, dall’ottimizzazione dell’interesse nazionale, obiettivo dei Paesi membri? Qualora la Commissione si fosse allineata, in maniera esplicita, con le posizioni strategiche perseguite da uno o più Paesi, ne avrebbe rafforzato il potere con ripercussioni stra- tegiche sull’intero sistema.

4.4.2 Le organizzazioni dei produttori

Le organizzazioni dei produttori, specie quelle spagnole e francesi, hanno insistito per l’ac- cesso ad una riforma incentrata sulla competitività internazionale e sulle modalità di comunica- zione del vino al mercato (etichettatura); hanno pressato sulle istituzioni preposte insistendo, in particolare, su due aspetti che, a loro avviso, avrebbero dovuto essere contemplati già nel rego- lamento (CE) n. 1493/1999. La necessità di disporre di un nuovo sistema di comunicazione del vino europeo e di azioni di marketing, avrebbero potuto avere un ruolo decisivo nello stimolare la domanda e nel fronteggiare l’attacco più che organizzato dei vini dei paesi terzi.

Questa posizione non è stata perfettamente concorde all’interno delle organizzazioni rappre- sentanti la filiera viti-vinicola, mostrando già nelle fasi iniziali del dibattito della riforma, una serie di spaccature al suo interno, non nuove in realtà, costituite da almeno tre differenti gruppi di pres- sione, espressione di obiettivi e di politiche altrettanto diverse ed in parte molto distanti tra loro.

La prima lobby è rappresentata dall’anima più viticola, espressa a livello comunitario dal- l’organizzazione che riunisce i sindacati agricoli: il COPA. Esso rappresenta il Comitato delle organizzazioni professionali agricole dell’Unione europea. La seconda è costituita dalla coope- razione, espressa nell’organizzazione chiamata COGECA (Confederazione Generale delle Coo- perative Agricole dell’Unione europea) principale organismo di rappresentanza dell’intero setto- re cooperativo agricolo. L’Italia è rappresentata dalla Cia, Coldiretti e Confagricoltura all’inter- no del COPA e dalla Legacooperative e Fedagri-Coonfcooperative all’interno del COGECA. La

terza lobby è rappresentata dall’anima industriale e commerciale delle organizzazioni di filiera espressa nel Comitè Vins (CEEV - Comité Européen des Entreprises Vins), un organo sindacale con sede a Bruxelles che riunisce le organizzazioni delle grandi famiglie dell’industria e del commercio del settore vini, spumanti, vini aromatizzati e vini liquorosi. La rappresentanza ita- liana è affidata a Federvini e Unione italiana vini (UIV).

Il CEEV è orientato alla difesa dei mercati internazionali, dove prevalentemente operano i suoi associati. Al suo interno la direzione francese e quella spagnola sono tra le più attive e spes- so impongono la linea del dibattito e l’agenda dei lavori. Volendo stigmatizzare una posizione di interesse, si può definire quest’anima più innovatrice della precedente, anche se meno coesa al suo interno data la numerosità delle organizzazioni.

Il CEEV mostrò, fin da subito, un segnale positivo alla proposta di riformare il settore viti- vinicolo e si trovò in accordo con gli obiettivi della Commissione. Tuttavia ritenne che la propo- sta non fosse sufficientemente ambiziosa da assicurare una maggior competitività e uno svilup- po duraturo del settore europeo dei vini, in particolare per quanto riguardava il rinvio della data di annullamento della liberalizzazione degli impianti viticoli, l’assenza di un’effettiva strategia commerciale estera con risorse adeguate e la poca chiarezza in merito alle norme di etichettatu- ra. L’UIV manifestò una “moderata soddisfazione” per l’impianto della proposta di riforma, soprattutto per la capacità di intraprendere scelte coraggiose come l’eliminazione dell’uso del saccarosio. Al tempo stesso, però, l’UIV non condivideva l’idea di riportare l’indicazione di vitigno e annata sull’etichetta dei vini da tavola, richiamando l’attenzione sulla delicata questione della liberalizzazione degli impianti, che avrebbe sconvolto gli assetti del mercato.

I primi due gruppi di pressione, pur esprimendo interessi parzialmente divergenti da sem- pre, si presentano uniti nell’organizzazione COPA-COGECA e mediano al loro interno le istan- ze da ottenere. Tende, tuttavia, ad essere molto forte, se non determinante, la pressione svolta in questa compagine dalle imprese cooperative, specie francesi, che dispongono di un ampio ascol- to sia al proprio interno che presso la Direzione Agricoltura di Bruxelles. Delineando una posi- zione univoca, l’organizzazione del sindacato produttori viticoli e cantine sociali tende ad avere un’anima conservatrice, molto orientata alla difesa dei diritti acquisiti, tesa ad ottenere un aumen- to incondizionato del budget comunitario sul vino. Tuttavia senza rinunciare ad alcuni capisaldi della sua storica azione di lobby, come la difesa della distillazione e l’aiuto indiretto al viticolto- re sotto forma di diritti di impianto, estirpazione limitata, ristrutturazione e investimenti.

Il COPA-COGECA, già agli inizi della discussione sul nuovo regolamento, vista anche l’ete- rogeneità della viticoltura europea, propose due gruppi di misure su cui vertere le discussioni futu- re. Il primo composto da misure “omogenee” da applicate a tutto il territorio dell’Unione europea come: la creazione di un osservatorio europeo di raccolta e di diffusione dei dati economici sul set- tore; misure per consentire l’approvvigionamento dei mercati dell’alcol, dei mosti e dei succhi, con impatto positivo anche sul reddito dei produttori; misure di promozione e di informazione dei consumatori; interventi di sostegno alla ricerca, alla divulgazione, nonché all’innovazione; e misu- re di sostegno al consumo nei paesi terzi. Il secondo gruppo, corrispondente a misure comple- mentari, avrebbe considerato le esigenze specifiche del settore in ogni Stato membro o regione di produzione attraverso: provvedimenti di adeguamento del potenziale come l’estirpazione (defini- tiva o temporanea) e la ristrutturazione; misure di investimento per il miglioramento degli strumen- ti di trasformazione e di commercializzazione; misure di gestione dei quantitativi prodotti (stoc- caggio, vendemmia verde, rese, ecc.); individuazione delle modalità di eliminazione dei sottopro- dotti; e infine utilizzazione di appropriate misure di gestione delle crisi. Secondo il COPA-COGECA sarebbe stato, infatti, lo Stato membro a definire, in base alle proprie esigenze, le misure più ido- nee da adottare attraverso la creazione di una serie di programmi.

La nuova OCM vino, vista con gli occhi di questi due organi, si sarebbe presentata come una riforma più dinamica rispetto alla precedente. Le filiere di ogni Stato membro si sarebbero riorga- nizzate secondo un principio di sussidiarietà agendo in base ad un principio di corresponsabilità nell’adeguamento della produzione alle possibilità commerciali, inoltre avrebbe agito anche un meccanismo di condizionalità, visto il fatto di subordinare una parte degli aiuti dell’OCM a que- sto impegno. Nonostante ciò, tra le priorità individuate in sede di discussione la cooperazione ha insistito sul maggior ruolo e coinvolgimento gestionale da parte delle organizzazioni dei produt- tori vitivinicoli all’interno del regolamento, così come già era avvenuto per le precedenti OCM oggetto di riforma, alle quali affidare il controllo qualitativo delle produzioni, le azioni di infor- mazione e promozione nel mercato interno e nei paesi terzi e la gestione delle dotazioni naziona- li e dei piani di filiera. Secondo il COGECA, la cooperazione rappresenterebbe la giusta strada per- corribile per favorire una maggiore aggregazione della realtà produttiva, anche troppo frammen- tata. La reazione del COPA-COGECA all’approvazione definitiva della riforma è stata tutt’altro che positiva, preoccupata per il modello vitivinicolo che si sarebbe delineato.

In situazioni di risultati incerti e possibilisti, come nel caso della riforma OCM vino in cui al tavolo vi era un’ampia rappresentanza di Stati membri, e non tutti legati da una storicità vitivi- nicola, la possibilità di risultati cooperativi è stata affidata proprio al formarsi di gruppi di coope- ranti. Le dimensioni ristrette delle aggregazioni agricole che nel corso delle trattative si sono for- mate o modificate, sono in linea con il risultato delle ipotesi formulate da Taylor e Ward6, in cui al crescere del numero dei “giocatori” la possibilità soggettiva di cooperare che ciascun giocatore asse- gna ad un altro diminuisce, ma mostrano come la possibilità di cooperazione può alla fine cresce- re. Questo avviene perché cresce il numero di coalizioni nelle quali il singolo agente diventa deter- minante e ciò lo spinge alla cooperazione. Tuttavia, come evidenzia Olson, anche in questo grup- po di attori si verifica la naturale cooperazione tra un numero relativamente ampio di persone o associazioni, è meno probabile che tra un piccolo numero: soprattutto perché all’aumentare della dimensione del gruppo, diventa più difficile quell’azione di controllo sociale, anche informale, che è necessaria al fine di garantire l’attuazione di strategie di cooperazione condizionale.

4.4.3 Le Regioni e le politiche regionali

Le Regioni sono state la grande novità della riforma. Due in particolare i temi sui quali han- no agito con particolare interesse.

Il primo è stato quello di pretendere un ruolo attivo nella gestione della nuova OCM al fine di recuperare quel concetto di sussidiarietà, sinora poco utilizzato nella politica vitivinicola, che getta le premesse per un federalismo della spesa pubblica in agricoltura. La possibilità di regolare autonomamente la capacità di spesa, modulandola sulle esigenze locali, si è concentrata sulla richie- sta delle cosiddette dotazioni nazionali e dei relativi programmi regionali di sviluppo. Con essi le Regioni avrebbero ottenuto il duplice vantaggio di una programmazione del budget anticipata ad almeno cinque anni e la possibilità di spostare l’allocazione delle risorse da una misura all’altra a seconda delle esigenze contingenti del mercato e delle richieste della base produttiva.

La seconda azione sulla quale hanno intravisto una possibilità di alto interesse, in virtù del- la spendibilità politica potenziale che essa determina, è la già citata possibilità di finanziare il mar- keting del vino e più in generale la comunicazione istituzionale e collettiva, trovando in ciò un’in- tesa da tempo condivisa trasversalmente con le organizzazioni.

Non bisogna credere, tuttavia, che gli attori regionali si siano sempre espressi all’uniso- no. Ad esempio, una voce contraria emerse dalle Regioni Toscana, Aquitania (Francia), Hessen (Germania) e Rioja (Spagna), espressa da un documento comune7trasmesso poi alla Commis- saria all’agricoltura Fischer-Boel, al presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo Joseph Daul e ai due parlamentari Giuseppe Castiglione e Katerina Batzeli, relatori sulla proposta e sulla comunicazione della Commissione. Dalle quattro regioni arrivava l’invi- to a Bruxelles di ridurre il budget previsto per l’estirpazione volontaria, in modo da essere più efficacemente indirizzato ad altri obiettivi, come la ristrutturazione, la riconversione e la promo- zione. Le quattro Regioni, legate da una storicità vitivinicola e da una produzione di qualità, non potevano che opporsi alle proposte di modifica delle norme di etichettatura e delle pratiche eno- logiche. Esse chiedevano che venisse mantenuto il divieto della vinificazione dei mosti prove- nienti dai paesi terzi ed il taglio dei vini europei con vini extra-europei, al fine di garantire la tra- sparenza nei confronti del consumatore. Le regioni citate, invece, erano concordi con la Com- missione nell’abolizione gli aiuti alla distillazione.

Il ruolo di lobby svolto in questa fase delle regioni, ricorda le considerazioni di Putnam (1988) in cui si rileva l’importanza, per lo studio delle negoziazioni internazionali, di modelli a due livelli: uno che tenga in considerazione la sfera internazionale ed un secondo che consideri gli effetti interni ai singoli contesti nazionali. La diplomazia e le strategie politiche sono vinco- late simultaneamente da un meccanismo di interazione, ovvero cosa gli altri Paesi sono disposti ad accettare e cosa gli interessi nazionali sono favorevoli a riconoscere. Putnam sostiene che a “livello nazionale i gruppi di pressione perseguono i propri interessi facendo pressione sul gover- no affinché adotti politiche a essi favorevoli e i politici cercano il potere creando coalizioni tra questi gruppi a livello internazionale”.

Il ruolo strategico che le regioni avrebbero assunto con la nuova OCM, vista la possibilità di ripartizione delle risorse finanziare, ha contribuito affinché queste assumessero parte attiva, facendo azione di lobby sia all’interno del proprio governo, per i relativi budget da assegnare ad ogni misura di competenza regionale, sia nell’ambito di accordi internazionali, come nel caso del documento sopra citato.

4.4.4 La posizione ministeriale italiana: le sette priorità del ministro De Castro

Una posizione apparentemente separata e che merita un’attenzione specifica riguarda il ruo- lo giocato dall’allora ministro dell’Agricoltura Paolo De Castro. L’azione svolta dal ministro in prima persona è sintetizzata, negli obiettivi, richiamati nel prospetto 4.2. Le linee guida della sua azione, peraltro molto stimata all’interno dei partner comunitari, sono state condizionate prin- cipalmente dal consolidamento delle risorse finanziarie da destinare al nostro Paese, che ha ine- vitabilmente “compromesso” possibili margini di manovre alternative. Nello specifico, data l’esi- guità del bilancio finanziario destinato alla riforma, De Castro ha mirato ad ottenere la certezza di garantire le risorse per l’aiuto all’arricchimento con mosti concentrati, tema caro all’Italia ed in particolare al Meridione, fra l’altro suo bacino elettorale. La convinzione che la Francia si sareb- be opposta alle ipotesi iniziali della Commissaria all’agricoltura in merito all’abolizione dello zuc- cheraggio ha fatto sì che fosse più realistico ottenere un parziale successo nel consolidare una risorsa finanziaria certa, anziché puntare sull’incertezza di una lunga ed estenuante trattativa dagli esiti imprevedibili.

Il comportamento del ministro è il tipico campo di analisi della teoria delle Public choice, visto che un’ampia porzione della letteratura di politica economica è incentrata proprio sullo stu- dio dei fattori che determinano l’orientamento di voto da parte dei politici, influenzandone le deci- sioni (l’ideologia, l’interesse alla rielezione, la vicinanza del passaggio elettorale, ecc.).

Prospetto 4.2 - Le priorità dell’ex ministro De Castro dopo gli incontri “bilaterali” con i