GRUPPI DI PRESSIONE E ALLEANZE NAZIONAL
Prospetto 6.1 Le misure del PS tra I e II pilastro
6.5 La transizione verso le nuove regole di etichettatura
6.5.2 Gli aspetti cognit
Il sistema di presentazione del vino nei paesi latini, a partire da Italia e Francia, è stato tradizionalmente ispirato all’immagine proposta da Fregoni (1995) a seguito del varo della legge 164/92 della piramide della qualità. Questa immagine raffigurava l’offerta del vino italiano come una piramide, la cui larga base era rappresentata dai vini da tavola senza qualificazione, sui qua- li si appoggia la fascia più ristretta dei vini da tavola con indicazione geografica (IGT in Italia) che rappresenta a sua volta la base per una fascia ancora più ristretta, rappresentata dai vini a deno- minazione, a loro volta ripartiti in denominazioni di minore e maggiore pregio, costituendo que- ste ultime il vertice della piramide, rappresentato in Italia dai vini DOCG.
A tutt’oggi, al concetto della piramide si fa spesso riferimento anche in documenti ufficiali ma, a ben vedere, la realtà dell’evoluzione dell’offerta dei vini italiani ha portato alla ripartizione della produzione nazionale in parti più o meno eguali tra vini da tavola semplici, vini IGT e vini a denominazione (INEA, anni vari). Probabilmente il concetto della piramide della qualità, quan- do fu coniato all’inizio degli anni ’90, voleva dare una direzione alla politica vitivinicola nazio- nale delle denominazioni e delle indicazioni geografiche, che avrebbe dovuto riservare le deno- minazioni alle produzioni più pregiate e quindi meritevoli di prezzi più elevati, convogliando i vini di livello qualitativo intermedio, di più ampia produzione, nella categoria delle indicazioni geogra- fiche, lasciando infine la massa dei vini più ordinari nella categoria dei vini da tavola.
Come già osservato, però, le cose sono andate diversamente sotto il profilo della riparti- zione dei volumi e, anche, per via delle scelte effettuate dai produttori, in termini di associazio- ne da parte del pubblico delle categorie di vino con i diversi livelli di pregio. Di conseguenza, sugli scaffali delle enoteche i vini a indicazione geografica hanno spesso prezzi più elevati dei vini a denominazione; nella grande distribuzione, invece, i prezzi medi dei vini a denominazio- ne sono solo di poco più elevati di quelli dei vini a indicazione geografica e per il pubblico le diverse sigle da sole non implicano uno specifico livello di pregio del prodotto. Di fatto, ciò che è avvenuto è che i produttori hanno approfittato della maggiore elasticità delle norme per la pro- duzione dei vini IGT, sia per realizzare vini economici, in linea con la gerarchia prefigurata dal- la piramide, sia vini di grande e grandissimo pregio fuori dalle denominazioni, come molti dei Super Tuscan (Tignanello e Massetto, per esempio, sono presentati come IGT Toscana).
Nel tempo, quindi, la qualificazione progressiva dell’offerta italiana non si è incanalata in un sistema caratterizzato da un uso realmente gerarchico dei segni di qualità, determinando una situazione che certamente non aiuta le scelte dei consumatori e impoverisce il valore di segnala- tore di qualità delle denominazioni; il passaggio alla nuova regolamentazione comunitaria potreb- be però essere l’occasione per ripensare l’uso dei segni di qualità, al fine di realizzare un siste- ma caratterizzato da una logica interna che contribuisca realmente a rendere più facile l’orienta- mento dei consumatori durante l’acquisto del vino, una volta che sia condiviso, accettato come guida delle prassi e comunicato al pubblico.
filiera e che guidi la riforma della legge 164/92 e la riscrittura dei disciplinari necessaria per ave- re il riconoscimento definitivo da parte degli organi comunitari delle denominazioni e delle indi- cazioni geografiche oggi in essere.
La riflessione dovrebbe concentrasi sul significato che si vuole assumano per il pubblico i diversi termini con i quali il vino viene presentato (DOC-DOCG/DOP, IGT/IGP e vini varietali), in termini di pregio, arrivando a compiere una scelta esplicita. Da un lato, si può scegliere di fare delle diverse categorie dei semplici segnali di differenti filosofie di produzione, cui non è possibi- le associare un livello di pregio particolare, perseguendo sulla strada che si è, di fatto, percorsa già da molti anni in Italia. Dall’altro, si può tentare di ristabilire in modo almeno parziale un’as- sociazione tra categoria e pregio. Un obiettivo ragionevole, che tiene conto del ruolo cruciale che i vini non a denominazione di altissimo pregio hanno assunto nella costruzione della gamma del- le imprese vitivinicole, potrebbe essere quello di operare perché i vini a denominazione siano imme- diatamente associati dal pubblico con un livello di pregio elevato, soprattutto nel caso delle deno- minazioni controllate e garantite. Questo risultato si potrebbe ottenere con una idonea riscrittura dei disciplinari e un’applicazione severa del sistema dei controlli nelle DOP. In questo modo si potrebbe garantire, attraverso un’idonea attività di comunicazione, un accesso facilitato al merca- to per i produttori che scelgono di operare nell’ambito dello schema della DOP. Nella percezione del pubblico, invece, i vini appartenenti alla categoria IGP sarebbero percepiti come vini che pos- sono esprimersi a livelli di pregio diversi, sebbene sempre dignitosi, e richiedere quindi prezzi diver- si. Dovrà essere in questo caso la forza del marchio a garantire presso il pubblico il pregio dei prodotti che richiedono i prezzi maggiori, piuttosto che la sola origine geografica (Pomarici, 2005).
La nuova regolamentazione, di fatto, prefigura una utilizzazione più flessibile della cate- goria IGP anche se, come osservato da molti esperti, le definizioni sui vini DOP e IGP rendono queste due categorie potenzialmente molto simili. Certo, se l’articolo 35 del regolamento (CE) n. 479/2008 definisce un’unica struttura di disciplinare per i vini DOP e IGP, il regolamento appli- cativo30che definisce le norme sui controlli non rende obbligatorio l’esame organolettico dei vini IGP (obbligatorio invece per i DOP). Inoltre, come già accennato, lasciando una notevole libertà di organizzazione dei controlli, è anche possibile prevedere controlli meno severi per gli IGP. Esistono quindi le condizioni per un’utilizzazione della categoria IGP tale da approssimare il sistema che ha funzionato fino ad oggi per le IGT, tranne che per la necessità di localizzare tutte le fasi di produzione nella stessa zona (cfr. par. 6.5.1).
In questo modo, si finirebbe per affermare nella coscienza del pubblico una differenzia- zione tra DOP e IGP in termini di qualità segnalata: eccellenza organolettica, la prima, rispetto di requisiti qualitativi di base, magari ragionevolmente elevati, la seconda. Si affermerebbe, dun- que, nell’ambito del vino, una diversità di significati dei termini IGP e DOP che non ha corri- spettivi negli altri prodotti alimentari. Questa eventualità, evidentemente, non ha preoccupato la Commissione, considerate le modalità con le quali sono state redatte le norme.
Concludendo, si deve sottolineare che le tematiche tratteggiate sono certamente comples- se, ma non devono essere trascurate nel momento in cui si sta affrontando la transizione, proprio perché questa, come osservato, può diventare l’occasione per migliorare l’efficacia dell’uso dei segni di qualità nel sistema del vino. Una riflessione su questi temi appare urgente anche per affrontare la discussione che certamente verrà messa in moto nei prossimi mesi, come conseguen- za della comunicazione della Commissione sui prodotti di qualità (COM(2009) 234). Il documen- to, infatti, prefigura un’apertura della Commissione a considerare molte ipotesi diverse, compre- sa la riunificazione delle categorie DOP e IGP. È evidente, quindi, che per affrontare questo con-
fronto si dovrà avere chiaro in che misura può essere utile l’esistenza di queste due categorie e a quale scopo. Si deve anche ricordare, infine, che la riflessione sul significato che si vuole assu- mano nel futuro i segni di qualità del vino per il pubblico dovrebbe essere svolta a livello euro- peo, con un confronto tra le filiere vitivinicole di tutti gli Stati membri31. In questo modo, sarà possibile elaborare posizioni condivise e quindi più forti in vista del confronto con la Commis- sione, con l’obiettivo di riuscire a sviluppare strumenti efficaci per il rafforzamento della com- petitività dei vini dell’Unione europea, dando così valore operativo agli obiettivi enunciati con la complessa riforma dell’OCM, varata nel 2008.
31 Il confronto tra gli Stati membri perché possa sfociare in un’azione concreta volta a affermare presso il pubblico una visione chiara dei segni di qualità per i prodotti vitivinicoli dovrà affrontare l’armonizzazione delle regole che portano ai riconoscimen- ti delle denominazioni e delle indicazioni geografiche e dell’uso delle gerarchie interne alle categorie principali (es. il sistema dei cru in Francia e la distinzione tra DOC e DOCG in Italia).