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I beni culturali nella pianificazione urbanistica

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Academic year: 2021

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Dipartimento di giurisprudenza

Corso di laurea magistrale in giurisprudenza

TESI DI LAUREA

I BENI CULTURALI NELLA PIANIFICAZIONE

URBANISTICA

CANDIDATO

RELATORE

Marina DUBOVSKAYA

Prof.Alfredo FIORITTO

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2

Nel XXI secolo l’urbanistica non è più una disciplina limitata all’edificazione delle città, ma la disciplina sulla pianificazione del territorio che si estende a tutto il territorio dello Stato. Non c’è più la distinzione netta tra città e campagna; grazie alla crescita della popolazione e agli sviluppi dei mezzi di trasporto e di comunicazione oggi parliamo della “città diffusa”. Il nostro ricco patrimonio culturale, materiale e immateriale, che beneficiamo e dobbiamo trasmettere alle generazioni future, viene visto oggi come inscindibile parte del paesaggio. E il paesaggio stesso, con i suoi elementi naturali, culturali, ambientali a sua volta è un elemento importante del territorio. Un altro elemento del territorio siamo noi e la nostra attività umana. Non è un segreto che oggi l’urbanistica deve sempre tenere conto della limitatezza delle risorse e dello sviluppo economico che deve essere ambientalmente sostenibile. La più importante risorsa è proprio il territorio stesso che concentra in se tutti gli interessi economici e sociali, quanto contraddittori tanto rilevanti. Da questa nuova visione dell’urbanistica e dallo sviluppo della disciplina sui beni culturali in quanto parte del patrimonio culturale, deriva la necessità di rivedere la disciplina. Nella seconda parte della tesi viene riportata la situazione attuale in Toscana, che è vista come uno spazio unitario, come una grande e articolata “città di città”, policentrica e con il suo valore culturale eccezionale.

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3 Indice

PREFAZIONE ... 6

INTRODUZIONE ... 8

LA PARTE I ... 13

1. Che cosa sono i beni culturali? ... 13

2. Che cosa è l'Urbanistica? ... 16

2.1. Le diverse configurazioni dell’urbanistica ... 16

2.2. Evoluzione della disciplina ... 19

3.Territorio e Governo del territorio ... 25

3.1. La definizione del Territorio ... 25

3.2. Il Paesaggio: la definizione ... 28

4.Distribuzione delle competenze e delle funzioni ... 29

4.1. Presupposti costituzionali ... 29

4.2. Tutela e valorizzazione dei beni culturali ... 29

4.3. Sistema delle fonti ... 31

4.4. Sistema delle funzioni ... 33

4.5. Soprintendenze per l'archeologia, le belle arti ed il paesaggio. ... 35

5. Strumenti urbanistici. Piani ... 38

5.1. Il piano territoriale di coordinamento ... 40

5.2. Il piano paesaggistico ... 41

5.3. La Carta dei Beni Culturali ... 44

5.4. Il piano regolatore generale comunale ... 45

5.5. Altri piani: ... 47

5.5.1. Piano particolareggiato di esecuzione, piani di lottizzazione e piani speciali di zona. ... 47

6. Conferenza di servizi e Valutazione di impatto ambientale ... 48

7. Vincoli ... 50

7.1. Il provvedimento dell’apposizione del vincolo per i soggetti pubblici, la verifica dell’interesse culturale. ... 51

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4

7.2. Il provvedimento della costituzione del vincolo per i proprietari privati . 53

7.3. Il ricorso avverso la dichiarazione. Catalogazione ... 55

7.4. La discrezionalità dell’istruttoria... 55

7.5. Vincoli indiretti ... 57

7.6. Sovrapposizione dei vincoli ... 59

7.7. La tutela dei monumenti e dell'ambiente monumentale da parte del Comune. ... 64

7.8. La giurisprudenza sui vincoli indiretti ... 66

7.9. Il programma “Vincoli in rete” ... 68

8. Misure di conservazione ... 69

8.1. Il principio della conservazione integrata ... 69

8.2. Il Restauro. ... 71

9.Tutela dell’architettura contemporanea. ... 74

10. Siti UNESCO ... 75

10.1. Natura giuridica del piano di gestione ... 79

11. Carta di Firenze. Carta dei Giardini storici ... 81

12. Il Paesaggio culturale. ... 84

12.1. Paesaggi Storici Urbani. Patrimonio culturale urbanistico ... 86

12.2. I centri storici ... 88

12.3. Le città d’identità ... 91

13. Le nuove politiche urbane per il Paesaggio Culturale. La centralità del Governo del Territorio ... 93

14. Problematiche e prospettive della disciplina urbanistica e dei beni culturali, una riflessione conclusiva ... 96

LA PARTE 2: IL CASO TOSCANA ... 102

15. Governo del Territorio e Pianificazione ... 102

15.1. Il significato del piano per il paesaggio toscano ... 102

15.2. I punti principali della legge regionale 65/2014 sul Governo del Territorio ... 105

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15.2.2. Informazione e partecipazione ... 108

15.2.3. Patrimonio territoriale ... 110

15.2.4. Pianificazione d'area vasta ... 111

16. Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico (PIT-PPR)111 16.1. Il percorso di redazione del piano ... 111

16.2. Il nuovo ruolo della pianificazione paesaggistica ... 113

16.2.1. Lo Statuto del PIT nelle sue componenti essenziali ... 114

16.2.2. La parte strategica del PIT... 119

16.3. Il piano paesaggistico come integrazione del PIT ... 122

16.4. Lo stato della pianificazione in Toscana ... 124

16.4.1. Attuazione del PIT-PPR ... 124

16.5. La Conferenza paesaggistica ... 127

16.6. Le problematiche dell’attuazione del Piano ... 128

16.7. L’efficacia del piano e le procedure di conformazione e adeguamento degli atti di pianificazione urbanistica e territoriale ... 130

16.8. Lo scenario della pianificazione provinciale ... 134

17. Il sistema informativo territoriale in Toscana ... 135

17.1. La Carta dei Vincoli ... 136

17.2. Cartografia digitale GIS (Geographical Information Systems)-oriented140 17.3. Note sul sistema Internet Map Server delle aree soggette al vincolo paesaggistico, archeologico e architettonico ... 142

18. Siti UNESCO in Toscana ... 143

CONCLUSIONI, CONSIDERAZIONI DI SINTESI ... 145

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PREFAZIONE

Alla base di questa tesi vi è uno studio degli aspetti principali della commistione tra disciplina urbanistica e normativa sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali.

Le motivazioni che mi hanno spinto ad approfondire questo tema hanno duplice natura.

Da un lato, l’interesse per il patrimonio storico-artistico italiano con i suoi numerosi secolari centri storici, le bellezze naturali e quelle create dall’uomo. Come noto, L’Italia possiede il più ampio patrimonio culturale a livello mondiale.

Però, dall’altro lato, questa ricchezza crea anche una maggiore difficoltà, rispetto agli altri paesi con il patrimonio culturale meno cospiquo, per la tutela e valorizzazione di questo patrimonio.

L’obiettivo di questa tesi è quella di fornire un’analisi sistematica di alcuni principali aspetti della disciplina urbanistica e di quella sui beni culturali, laddove essi conciliano.

Per l’elaborato ho usato come fonti i libri, gli articoli, i testi normativi. Il problema del lavoro svolto consiste nel fatto, che i materiali sono tanti ed è difficile scovare gli argomenti chiari e precisi senza allargare all’infinito il tema.

La tesi è articolata in due parti. Nella prima parte vengono forniti un’introduzione, le definizioni dei concetti principali, si pone l’attenzione al ruolo del Governo del territorio nella gestione dei beni culturali, la distribuzione delle competenze tra enti territoriali e organi centrali e periferici (ad esempio, Ministero dei Beni Culturali e

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Soprintendenze). Viene data la visione dei piani urbanistici e dei vincoli – gli strumenti principali nella gestione dei beni culturali. Alla fine della prima parte cerco di soffermarmi sulle nuove politiche urbane volte alla gestione attiva del paesaggio culturale.

Dedico un paragrafo ai beni architettonici contemporanei tutelati dal diritto d’autore.

La seconda parte è invece dedicata alla situazione in Toscana, come qui vengono gestiti i beni culturali con gli strumenti urbanistici.

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INTRODUZIONE

L'Italia è un paese con un cospicuo e importante patrimonio culturale la cui valenza è riconosciuta a livello mondiale: la lista dell'UNESCO del 2018 W.H.L. contiene ben 54 "patrimoni di umanità1, tra cui si

trovano i siti culturali e naturali e paesaggi culturali, e tanti beni ancora vorrebbero entrare. Il patrimonio rappresenta l’eredità del passato di cui oggi noi beneficiamo e che dobbiamo trasmettere alle generazioni future perchè è una fonte insostituibile di vita e di ispirazione. I luoghi culturali e naturali dell’Italia così diversi come la Piazza dei Miracoli a Pisa, le ville e i giardini medicei in Toscana, Venezia e la sua Laguna, il Centro Storico di Roma, il Monte Etna e tanti altri costituiscono il nostro patrimonio mondiale.

A partire dagli anni 2000, alla luce delle nuove indicazioni emanate dall’UNESCO relativamente al patrimonio iscritto nelle liste W.H.L. sono state introdotte in Italia importanti innovazioni legislative in materia:

- il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.L.n.42 del 22.01.2004);

- la legge n.77 del 20.02.2006 “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale””

La Costituzione italiana nell'art.9 delinea i principi a cui deve ispirarsi la Repubblica nella tutela, promozione e valorizzazione dei beni

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9

culturali e paesaggistici: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

Dall’altra parte, l'incremento della popolazione, la crescita delle città, la necessità di rendere comoda la vita in città pongono davanti alla società il problema di creare l'infrastruttura adeguata alle esigenze abitative e di trasporto, costruire le nuove opere pubbliche. A partire dal XX secolo si è manifestato, come nuovo obiettivo sociale quello della tutela del territorio nelle sue caratteristiche fisiche e culturali e nei suoi equilibri ecologici. Tutto il processo della conservazione del patrimonio culturale urbano deve muoversi nell’ottica di un processo di sviluppo sostenibile. Questo significa, che bisogna tenere conto della multidimensionalità degli aspetti da considerare. Un esempio significativo: il centro storico è un bene culturale o un bene paesaggistico? Si tratta di un tema di grande attualità non solo per l’importanza che il centro storico riveste sul piano urbanistico, ma anche con riguardo a quella molteplicità di interessi e valori primari che vi ruotano attorno: di tipo artistico, monumentale, storico, culturale, commerciale, socio-ambientale, igienico-sanitario. Il Codice dei beni culturale e del paesaggio ascrive i centri storici ai beni paesaggistici e non a quelli culturali. Tuttavia, nota M.V.Lumetti, la giurisprudenza più attenta (c.cost. 118/90), cogliendo il peculiare carattere dei centri storici, avvalorava la categoria dei “beni culturali urbanistici”, allo scopo di tramandare nella loro integrità interi complessi urbanistici-architettonici, in quanto prodotti irriperibili di un ciclo economico e sociale ormai chiuso. Si può dire che è probabile che la mancata formulazione di una specifica definizione di centro

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storico, vada dunque imputata anche alla indeterminatezza del concetto giuridico di centro storico2.

E’ fondamentale il ruolo della conservazione urbana attiva e integrata, che riguarda l’unicità e la peculiarità del contesto urbano, e non solo la conservazione passiva dei monumenti. I centri storici non devono perdere la loro vitalità, cioè le funzioni basilari come, ad esempio, la residenza. Da evitare anche che la fruizione turistica prevalga su tutte le altre funzioni nella progettazione della loro rigenerazione.

Grazie alle esperienze di diritto comparato è in atto una riconsiderazione del concetto di patrimonio culturale che non appare più limitato alla sua componente materiale (una statua, un dipinto, un parco archeologico ecc), ma contiene una componente immateriale (le tauromachie, l’arte del violino a Cremona, l’opera dei pupi ecc). Prestare attenzione all’immaterialità del patrimonio culturale porta con sè la necessità di rivedere alcune categorie che sono oggetto naturale della disciplina urbanistica. Per esempio, la stessa “città”, non viene vista più esclusivamente come espressione dei valori materiali quali la cattedrale, la fontana, le piazze, ma anche come valore immateriale. Infatti, la “città slow”, animata da individui dove l’uomo è ancora protagonista del lento, benefico succedersi delle stagioni, della genuinità dei prodotti e della cucina, di preziose opere d’arte, di botteghe, di ristoranti, vive in simbiosi tra i suoi aspetti

2 Maria Vittoria LUMETTI, Il centro storico tra bene culturale e paesaggistico,

p 378, in Paolo STELLA RICHTER, a cura di, Governo del territorio e

patrimonio culturale, Studi del XIX convegno nazionale Bari-Matera, 30

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materiali ed immateriali, come un tutt’uno. Analogo discorso può essere fatto per la “città d’arte”, in cui la componente immateriale è proprio data dall’immagine del proprio patrimonio culturale che la città ha nel mondo: Venezia e la sua laguna, comprese le gondole; Pisa che è sublimata nella sua torre. O ancora i siti Unesco, il cui successo è dato dal brand territoriale derivante dall’attribuzione di questo status internazionale3.

Anche la stessa progettazione urbana oggi è mutata rispetto al passato, e come scrisse Bernardo Secchi, oggi ogni oggetto architettonico non è disegnato solo rispetto alla sua forma e alla sua intrinseca funzione, compito dell’urbanistica moderna è inserire le singole parti che compongono la città all’interno di relazioni che appartengono al contesto più ampio, a valutazioni di fattibilità e materialità, alla storia che ha determinato il territorio attuale, alle ricadute nei processi di coesione e riproduzione sociale, alle regole costitutive della forma della città4. L’urbanistica di oggi tende a

superare la concezione classica che limita il campo materiale di questo settore del diritto amministrativo all’ordinato sviluppo del territorio nella sua componente edilizia. Anche qui ha contributo il diritto sovranazionale, quale la Convenzione del paesaggio. Il concetto di urbanistica non è solo limitato alla disciplina coordinata della edificazione dei suoli, ma per mezzo della disciplina dell’utilizzo

3 Antonio BARTOLINI, Patrimonio Culturale e Urbanistica; in Governo del

territorio e patrimonio culturale, Studi del XIX convegno nazionale Bari-Matera, 30 settembre – 1 ottobre 2016, a cura di Paolo Stella Richter, p .2-3,

Giuffrè Editore, Milano, 2017

4 Bernardo SECCHI. Le condizioni sono cambiate, Casabella, n 498-99,

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delle aree, realizza anche finalità economico-sociali della comunità locale. L’urbanistica mira allo sviluppo del territorio che “tenga conto sia delle potenzialità edificatorie dei suoli, (...) sia di valori ambientali e paesaggistici, sia di esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti, sia delle esigenze economico-sociali della comunità radicata sul territorio, sia, in definitiva, del modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi, in considerazione della loro storia, tradizione, ubicazione e di una riflessione de futuro sulla propria stessa essenza, svolta – per autorappresentazione ed autodeterminazione – dalla comunità medesima”.5

In passato l’urbanistica si è occupata essenzialmente di progettare le nuove espansioni della città, ma oggi, in un contesto consapevole della non riproducibilità di molte risorse, la disciplina comprende anche la sua programmazione e gestione nel tempo, perde i convenzionali confini urbani per traguardare alla “città diffusa” (dove il limite tra città e campagna perde senso). In questa ottica tematiche come la sostenibilità (usare le risorse presenti oggi sul territorio in modo da non pregiudicarne l’uso alle prossime generazioni), la pianificazione territoriale, la progettazione ambientale e quella delle infrastrutture e dei trasporti sono al centro dei progetti urbanistici a tutte le scale.

Meritano l’attenzione anche i siti culturali (le zone, compresi i siti archeologici, di valore universale dall’aspetto storico, estetico, etnologico o antropologico) e i beni di valore misto, culturale e naturale, che corispondono a entrambe le definizioni di patrimonio culturale e naturale.

5 Cons.St., IV, 10 maggio 2012, n.2710,

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LA PARTE I

1. Che cosa sono i beni culturali?

La Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, culturale e naturale, adottata dall’UNESCO nel 1972, stabilisce che nella lista W.H.L. come patrimonio culturale possono essere iscritti:

- monumenti, di cui per la pianificazione urbana ci interessano le opere architettoniche, plastiche o pittoriche monumentali, elementi o strutture di carattere archeologico, iscrizioni, grotte e gruppi di elementi di valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico;

- agglomerati: gruppi di costruzioni isolate o riunite che, per la loro architettura, unità o integrazione nel paesaggio hanno valore universale eccezionale dall’aspetto storico, artistico o scientifico;

- siti: opere dell’uomo o opere coniugate dell’uomo e della natura, come anche le zone, compresi i siti archeologici, di valore universale eccezionale dall’aspetto storico ed estetico, etnologico o antropologico.

La Convenzione definisce come patrimonio naturale le formazioni o i gruppi di formazioni fisiche o biologiche, i siti o le zone naturali di valore universale eccezionale dall’aspetto estetico o scientifico.

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Alcuni beni corrispondono a entrambe le definizioni di patrimonio culturale e naturale e rappresentano il Patrimonio Misto, come è definito dalle Linee guida per l’attuazione della Convenzione.

Nel 1992 relativamente al patrimonio misto nelle Linee guida è stato applicato il concetto dei paesaggi culturali.

Esempio: la costa Ligure tra le Cinque terre e Portovenere.

“La costa ligure tra le Cinque Terre è un paesaggio culturale di grande valore scenico e culturale. La configurazione e la disposizione delle piccole città e la forma del paesaggio circostante, superando gli svantaggi di un terreno ripido, accidentato, racchiudono la storia continua dell’insediamento umano in questa regione durante lo scorso millennio”6.

Il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004, che come è stato detto sopra, è stato emanato in conformità con le indicazioni dell’UNESCO, definisce il patrimonio culturale, che comprende i beni culturali e quelli paesaggistici (art 2 comma 1) e che è oggetto delle disposizioni comuni degli artt.1-7 del Codice, mentre i singoli istituti dei beni culturali sono disciplinati dalla parte II.

Per la mia tesi sono rilevanti i seguenti beni culturali indicati nell'art.10 del Codice:

- le cose immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonchè ad ogni altro ente ed istituto pubblico e persone giuridiche private senza fine di lucro, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (comma 1);

Tra gli immobili di valore sotto questo aspetto ci sono:

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- le ville, i parchi, i giardini che abbiano interesse artistico-storico; - le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;

- i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico;

- le architetture rurali aventi interesse storico o etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale.

I beni culturali possono appartenere anche ai privati, però il regime di protezione del patrimonio storico e artistico si differenzia a seconda che il bene culturale sia in mani pubbliche o private.

Nel primo caso la qualità di bene culturale si presume finché non intervenga la verifica ministeriale; nel secondo, viceversa, occorre una dichiarazione da parte del soprintendente al proprietario, circa l’interesse culturale di questo o di quel bene.

Per legge è costituito il catalogo nazionale dei beni culturali dove confluiscono le informazioni sui beni culturali.

Per le opere architettoniche contemporanee di particolare valore artistico di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre 50-70 anni è prevista l’azione di tutela ex art. 11 comma 1 lettera e del Codice su richiesta del proprietario.

Secondo M.Cammelli7 il diverso regime di tutela dei beni secondo

l’appartenenza impedisce una considerazione unitaria dei beni culturali dal punto di vista oggettivo.

"L'art.7 bis del Codice indica anche le "espressioni di identità culturale collettiva" (di cui alle Convenzioni UNESCO), qualora siano

7 M. CAMMELLI, a cura di, Il codice dei beni culturali e del paesaggio :

commento al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il Mulino, Bologna

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rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l'applicabilità dell'art.10 del Codice"8.

2. Che cosa è l'Urbanistica?

2.1. Le diverse configurazioni dell’urbanistica

L’urbanistica può essere intesa come scienza e come arte.

Come scienza studia il territorio destinato alle città e si occupa di progettazione dello spazio urbano e di pianificazione organica delle modificazioni del territorio incluso nella città e collegato con essa allo scopo di migliorare gli spazi urbani.

Secondo Thomas Adams come scienza l’urbanistica pretende di scoprire la verità della città sulle proprie condizioni economiche, sociali e fisiche. Come arte cerca di ottenere un compromesso, sia economico sia sociale, nelle vie di comunicazione, nell’uso del suolo, nelle costruzioni e nelle altre strutture9.

La Corte Costituzionale nella sentenza n. 141/1972 pronuncia che “l’urbanistica come “materia” è un'attività che concerne l'assetto e l'incremento edilizio dei centri abitati” riprendendo, quindi, il contenuto dell'art. 1 della Legge n. 1150/1942.

Dopo, nella sentenza 239/1982 la Corte Costituzionale torna sulla materia e conferma, che con la locuzione urbanistica si deve intendere tutto ciò che attiene l’uso dell’intero territorio non limitandosi solo agli aggregati urbani ai fini della localizzazione e

8 MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, Giuffrè, 2014, 526 9 Piano Strutturale dell’area Pisana

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tipizzazione degli insediamenti di ogni genere con le relative infrastrutture, ma coinvolgendo tutti gli istituti giuridici e norme positive che regolano le attività di uso e trasformazione del territorio, poste in essere sia da soggetti privati che pubblici.

L’urbanistica corrisponde ad un potere altamente discrezionale che consente alle pubbliche amministrazioni di limitare e funzionalizzare la proprietà privata assegnando destinazioni d’uso ai vari suoli definendo conseguentemente i rapporti tra spazi pubblici e privati10.

Tali ampi poteri derivano alle amministrazioni (in particolar modo ai comuni) dalla previsione costituzionale (l’art.42 Cost.), secondo cui la legge può determinare i limiti della proprietà privata al fine di garantirne la funzione sociale. Il prof.A.Fioritto fa ricordare però che il potere di pianificare il territorio era già previsto dalla legge sulle espropriazioni del 1865 ed in modo organico dalla legge urbanistica n.1150 del 1942, tuttora vigente, che rende obbligatorio un vero e proprio sistema di pianificazione territoriale. La Costituzione si limita a registrare un fenomeno già in atto, assegnandogli il rilievo di norma primaria. Resta il fatto che il potere di pianificare un territorio sia molto esteso e poco regolato (e regolabile): al di là di pochi criteri di riferimento, come la necessità di tener conto delle relazioni geologiche o di ancorare lo sviluppo urbanistico ai dati demografici, le scelte degli urbanisti sono discrezionali, se non addirittura arbitrarie. Anche la legge n.241 del 1990 esclude gli atti di pianificazione dall’obbligo della motivazione necessaria per tutti gli

10 G.BOBBIO-M.VALLERGA. Il governo del territorio tra legislazione

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altri atti amministrativi11. Nel Piano Strutturale dell’area Pisana

l’urbanistica è definita come una “volontà politica tecnicamente assistita”, soprattutto nei piani di maggiore scala, si esprime attraverso la produzione di progetti e programmi12.

L’attività edilizia può essere considerata il fine dell’urbanistica poichè dà attuazione alla disciplina contenuta nei piani urbanistici; inoltre la materia dell’ edilizia riguarda il potere delle amministrazioni di vigilare sull’attività di costruzione degli immobili che risulta essere una delle facoltà di esercizio del diritto di proprietà fondiaria.

Un urbanista, Loreto Colombo,13 fa riferimento alle diverse

definizioni di urbanistica, ma queste concordano più o meno tutte nel riconoscere in essa il complesso disciplinare finalizzato alla strumentazione tecnico-operativa per progettare o riqualificare il sistema insediativo14.

L’urbanistica moderna si è sviluppata a partire dallo studio delle città (modelli insediativi) e del loro “funzionamento” fino a comprendere tutto il territorio, per progettarne lo sviluppo in maniera organica e in modo da rendere “vivibile” lo spazio urbano.

I modi di vivere nelle grandi città stanno cambiando ed evolvendo molto più velocemente rispetto al passato, i movimenti non sono più legati solo a distanze spaziali ma anche temporali (luoghi

11 Alfredo FIORITTO. Introduzione al diritto delle costruzioni, p.3,

G.Giappichelli Editore-Torino, 2013

12 https://www.comune.pisa.it/uploads/2013_04_2_16_09_35.pdf 13 Loreto Colombo è architetto e professore ordinario di Tecnica e

pianificazione urbanistica all'Università degli Studi di Napoli Federico II, autore di tante pubblicazioni

14 L.COLOMBO, Urbanistica e beni culturali.

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spazialmente lontani tra loro, possono essere raggiungibili più velocemente) e la vita delle popolazioni si svolge in “reti” di città. Attraverso il coordinamento di discipline diverse ma correlate (architettura, ingegneria, ecologia, sociologia, diritto, economia), l'urbanistica moderna è chiamata a studiare, programmare e progettare scenari passati, presenti e futuri del territorio, definendo anche le politiche, le normative tecniche e legislative, con l’obiettivo di migliorare la qualità urbana e la vita della comunità. 15.

L'urbanistica, in senso lato, agisce su un territorio delineando le grandi opzioni di organizzazione dello spazio e indirizzando la localizzazione e la gestione delle attività sul territorio.

2.2. Evoluzione della disciplina

Le prime idee urbanistiche in età moderna si maturano nel Rinascimento in Italia a Ferrara, con la costruzione dell’Addizione Erculea (1492) di Biagio Rossetti che progetta la prima città moderna con ampi viali funzionali per i cittadini16.

Nell’Italia preunitaria quasi tutti gli Stati avevano emanato norme più o meno organiche sulla tutela delle antichità, delle opere d’arte e dei beni archeologici. Era però lo Stato della Chiesa che poteva vantare la più antica tradizione di norme volte ad impedire la distruzione e la dispersione dei capolavori e delle testimonianze che si raccoglievano a Roma, più che in ogni altro luogo: infatti fin dal XVII secolo erano

15 Piano strutturale dell’area Pisana

https://www.comune.pisa.it/uploads/2013_04_2_16_09_35.pdf

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stati emanati vari editti che prevedevano controlli di polizia sulla conservazione e sul commercio d’antichità e d’arte. Nell’ampia normativa dello Stato Pontificio si segnala in particolare l’editto del Cardinale Pacca del 1820, sotto il pontificato di Pio VII, che viene generalmente riconosciuto come il primo organico provvedimento legislativo di protezione dei beni artistici e storici, che ispirò anche provvedimenti analoghi nel Regno di Napoli, in Toscana e nel Lombardo-Veneto. In Piemonte, al contrario, mancano interventi legislativi importanti, con l’unica eccezione della Giunta di antichità e belle arti, nata nel 1832 con l’obiettivo di proporre provvedimenti per la conservazione degli oggetti d’antichità e d’arte. Quasi ovunque si segnala quindi la presa di coscienza dell’esistenza di un patrimonio artistico e storico ma, ad eccezione dello Stato della Chiesa e del Regno di Napoli - unici a elaborare una normativa disciplinante la conservazione, il restauro e gli scavi, negli altri Stati non si ritrova il concetto di ricchezza culturale della comunità e così gli atti legislativi mirano soprattutto ad evitare la fuoriuscita dei beni dai confini di ciascuno Stato. Con l’unificazione il Regno d’Italia si disinteressò quasi del tutto ai beni culturali. L’ideologia dominante, che sanciva con lo Statuto Albertino l’inviolabilità di tutte le proprietà, non favoriva infatti alcuna ingerenza pubblica in materia, che si sarebbe inevitabilmente tradotta nell’imposizione di limiti alle iniziative individuali e private17. Unica eccezione in questo quadro è la legge

2359/1865, (cosiddetta “Legge di Napoli”), che faceva fronte ad esigenze di intervento pubblico, originate dalle condizioni di degrado

17 Carta dei vincoli. La condivisione della

conoscenza.http://www.toscana.beniculturali.it/sites/default/files/carta_d ei_vincoli.pdf

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igienico – sanitario del centro storico di Napoli e ad una epidemia ad esso conseguente. La legge introduceva l’esproprio per pubblica utilità, strumento poi ampiamente utilizzato tra le due guerre per attuare le operazioni di “sventramento”18.

Tuttavia, a partire dal XVIII secolo si manifestano i fenomeni che richiedono un nuovo approccio al problema dell’organizzazione del territorio e creano le premesse per una modifica radicale degli insediamenti: il forte aumento della popolazione; il passaggio dall’economia agricola a quella industriale, e conseguentemente, progressivo spostamento delle popolazioni dalle campagne alle città19.

L’enorme crescita delle città rende necessario pianificare il loro sviluppo al fine di garantire un uso razionale degli spazi e la convivenza delle diverse funzioni che in esse si sovrappongono quali economiche, produttive, abitative, sociali e politiche.

Nel corso del XIX secolo le grandi città europee (Londra, Parigi, Vienna, Bruxelles) cambiano il loro aspetto, subendo “sventramenti”: furono abbattuti i vecchi quartieri medievali e sostituiti con imponenti palazzi e ampi viali alberati. E’ invece del 1864 il piano di sistemazione di Firenze (capitale d’Italia dal 1865 al 1870) si incentra sulla realizzazione dei “viali” (in sostituzione del circuito delle mura medievali) e su interventi di diradamento, con demolizione e ricostruzione di parti della città antica. Il concetto di “risanamento”

18 Piano strutturale dell’area Pisana

https://www.comune.pisa.it/uploads/2013_04_2_16_09_35.pdf

19 per approfondimento vedi: F.SALVIA Manuale di diritto urbanistico,

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come metodologia di intervento nei centri storici, con la demolizione di tessuti urbani antichi, è proseguita nei primi anni del ‘900 (eclatante la demolizione del “borgo” per l’apertura di via della Conciliazione e la demolizione di un intero quartiere per la realizzazione di via dei Fori Imperiali a Roma), con motivazioni di carattere sanitario, sociale, o per isolare edifici monumentali rispetto alle costruzioni circostanti, secondo la cultura del restauro propria dell’epoca.

In Italia la prima codifica del principio dell’interesse pubblico, dell’obbligo di conservazione e dei poteri strumentali della pubblica amministrazione, relativamente a beni di interesse artistico, storico e archeologico, risale all’inizio del XX secolo, con le leggi 185/1902 (Nasi) e 364/1909 (Rosaldi), che affermano per la prima volta la natura pubblica dei beni artistici e la necessità di tutela da parte dello Stato.

L’urbanistica diventa una disciplina riconosciuta ufficialmente in Italia negli anni trenta del XX secolo. Nel 1939, con le leggi 1089 e 1497, si registra il primo ed importante tentativo di dare struttura organica e sistematica alla normativa sul patrimonio culturale e paesaggistico italiano, con l’istituzione di un unico Consiglio dell’educazione, della scienza e delle arti e con il riordino delle Soprintendenze.

Queste norme si prefiggevano non solo di tutelare, ma anche di valorizzare i beni e le attività culturali, soprattutto grazie a sovvenzioni e all’uso del credito agevolato, anche se ancora le disposizioni volte a garantire la fruizione e la valorizzazione di detti beni restano in secondo piano rispetto a quelle, ancora predominanti,

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volte ad assicurare la conservazione, la tutela e l’imposizione di limiti alla circolazione.

Nel 1942 viene emanata la prima legge generale di coordinamento urbanistico territoriale che prevede l’istituzione di un Piano Regolatore Generale attraverso il quale si può controllare e gestire lo sviluppo urbano.

Il dopoguerra in Italia è contraddistinto dal boom edilizio, che con le sue aberrazioni e la speculazione edilizia, generò, anche se in ritardo e insufficientemente, la cultura della salvaguardia dei centri storici e del territorio, con lo sviluppo di una legislazione di tutela.

Solo con la Costituzione Repubblicana l’azione dello Stato, volta a tutelare e a promuovere la cultura, assurge a principio fondamentale della Repubblica: l’art. 9 non si limita a contemplare la “tutela” dei beni culturali, ma sancisce la “funzione culturale” dello Stato e la salvaguardia degli “interessi” inerenti i beni culturali. Ma l’espressione “bene culturale” entra nel nostro ordinamento solo in tempi più recenti, in seguito alla ratifica delle convenzioni internazionali del secondo dopoguerra: l’espressione fa la sua prima apparizione solo nella convenzione de L’Aja del 1954. Dieci anni dopo sarà la Commissione Franceschini a dare un contributo importante alla definizione del concetto di bene culturale, intendendo, con tale termine “ogni bene destinato alla fruizione collettiva - indipendentemente dalla proprietà pubblica o privata - quale testimonianza materiale avente valore di civiltà”. La grande novità della legislazione più recente è segnata però dal passaggio da una normativa sostanzialmente vincolistica (come era quella del 1939), alla configurazione di un ruolo dinamico della politica dei beni culturali, che vuole assicurare la più ampia fruibilità del valore

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culturale di cui il bene è testimonianza. Per la prima volta il legislatore accolla allo Stato le spese di restauro, qualora il proprietario del bene non sia in condizione di sostenerle (legge 1552/1961); viene introdotto il termine “valorizzazione” (utilizzato per la prima volta nel d.p.r. 805 del 1970).

La prima legge che tutela l’ambiente è la legge n°183 del 18 maggio 1989 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo".

Successivamente, il legislatore è intervenuto con un nuovo importante provvedimento introducendo il Testo Unico in materia di beni culturali e ambientali (decreto legislativo 490/99), che inserisce, nei procedimenti di costituzione del vincolo, i meccanismi di garanzia e le procedure previste dalla legge 241/90. Il Decreto riconosce un più ampio ruolo gestionale alle autonomie locali e amplia l’ambito della tutela ai beni che, seppur non elencati, costituiscano “testimonianza avente valore di civiltà”.

Con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, entrato in vigore il 1 maggio 2004, che sostituisce il Testo Unico D.L.490/90, si vengono ad attuare importanti innovazioni in un’ottica di revisione di tutta la materia legislativa sui beni culturali disciplinando in maniera organica e sistematica la tutela del patrimonio culturale, patrimonio costituito dall’insieme dei beni aventi caratteristiche storico artistiche e di quelli costituenti espressione dei valori di pregio del paesaggio italiano. Tali innovazioni prevedono tra l’altro l’estensione del concetto di Bene Culturale a nuove categorie, tra queste anche alle tipologie dell’architettura rurale. Il Codice apporta anche una semplificazione al regime di protezione come nel caso delle autorizzazioni agli interventi sui beni culturali e innovazioni sulle

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misure conservative, quest’ultime non incentrate sul solo intervento di restauro ma che ricomprendono la prevenzione e la manutenzione, con una nuova attenzione anche al nuovo regime dei contributi. Un’altra importante novità riguarda i beni paesaggistici la cui tutela e valorizzazione è assegnata di concerto al Ministero e alle regioni, mentre nel campo della pianificazione paesaggistica (art.135) il Codice assegna alle regioni l’approvazione dei piani paesaggistici, ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernenti l’intero territorio regionale20.

3.Territorio e Governo del territorio

3.1. La definizione del Territorio

Il territorio nel contesto significa non solo la terra intesa come suolo, ma, secondo A.Fioritto, il concetto sociologo inteso sia come luogo in cui vive una comunità sia come ambito di riferimento della competenza delle amministrazioni pubbliche sia, ancora, come riferimento spaziale della regolazione di alcune attività umane (la pianificazione territoriale). La Costituzione recentemente ha introdotto la nozione di "governo del territorio" per raggruppare materie prima diversamente denominate21.

20 per approfondimento vedi: Carta dei vincoli. La condivisione della

conoscenza.

http://www.toscana.beniculturali.it/sites/default/files/carta_dei_vincoli.pdf

21 A.FIORITTO Diritto delle costruzioni, 2013, G.Giappichelli Editori. Torino,

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Anche Ugo Carughi nota nel suo saggio “Maledetti vincoli” che, nel bene e nel male, paesaggi, architetture, prospettive, memorie, modi e ritmi d’uso e di trasformazione sono componenti connesse di ciò che chiamiamo l’identità di un territorio. Un’architettura non è mai avulsa da ciò che le sta attorno, e tali condizioni comportano inevitabilmente “l’impossibilità di separare, come invece fa la legge italiana, l’urbanistica dalla tutela e, all’interno di quest’ultima, i beni paesaggistici dai beni culturali; e, nell’ambito dei secondi, la tutela di un edificio da quella del suo contesto; e, infine, per un singolo edificio, i valori derivanti dalla singolarità dei suoi caratteri architettonici da quelli legati a fattori eteronomi, di carattere storico-culturale, che generalmente non sono un’alternativa ai primi, ma con essi convivono, spesso in stretta relazione”22.

Nel 1999 si ha la legge delega al Governo per il riordino negli ambiti della Tutela dell’ambiente e dell’Urbanistica-Espropriazione. Nel 2001 vengono emanati il TU sull’Edilizia e TU sull’Espropriazione. Nello stesso anno, 2001, arriva la riforma del titolo V della Costituzione che cambia il riparto delle competenze.

Nell’art. 117 alla competenza concorrente Stato-Regione si attribuisce la materia del governo del territorio, così scompare qualsiasi riferimento espresso alla materia urbanistica. Però la Corte Costituzionale nella sentenza 303/2003 conferma che la materia urbanistica fa parte del Governo del territorio.

22 U.CARUGHI. Maledetti vincoli. La tutela dell’architettura contemporanea.

Umberto Allemandi & C. Torino-Londra-Venezia-New York. 2013, p.12.

https://www.academia.edu/7540376/Maledetti_vincoli._La_tutela_dellarch itettura_contemporanea?auto=download

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Secondo Cerulli Irelli la distinzione dell’Urbanistica dal Governo del territorio è la seguente: “la prima si occupa della disciplina dell’assetto e dello sviluppo della città e dei centri abitati, mentre la seconda attiene alla gestione di molteplici interessi che in parte limitano l’urbanistica in parte se ne differenziano”. Questi molteplici interessi riguardano la politica dell’infrastrutture, dello sviluppo economico, dell’agricoltura23.

Sebbene si rivolga all’intero territorio di riferimento, la pianificazione urbanistica è solo una parte della complessiva attività di governo del territorio. Qui bisogna precisare, che i piani regolatori non riguardano più, come fino al dopoguerra, solamente il centro urbano e le sue espansioni (da cui trae origine il termine “urbanistica”), perciò oggi è più appropriato riferirsi alla “pianificazione del territorio”.

La sentenza della Corte Costituzionale 307/2003 afferma che il Governo del Territorio concerne tutto ciò che attiene all’uso del territorio e alla localizzazione di impianti o attività, quindi all’insieme delle norme che consentono di intensificare e graduare gli interessi in base ai quali possono essere regolati gli usi ammissibili del territorio. Quindi, Governo del Territorio è una locuzione che va intesa innanzitutto come politica di coordinamento di ciò che sul territorio si fa e come l’insieme delle attività coordinate aventi incidenza sullo stato e sull’equilibrio del territorio con il fine di promuovere lo sviluppo del sistema locale, regionale, nazionale, come uno sviluppo non solo economico, ma anche sociale e civile.

23 CERULLI IRELLI, Il governo del territorio nel nuovo assetto costituzionale

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28

3.2. Il Paesaggio: la definizione

Con la Convenzione Europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 è stata affermata l’unitarietà del rapporto fra paesaggio e territorio superando in tal modo ogni ambiguità in merito al tema del paesaggio inteso esclusivamente come bellezza da tutelare o come vista e panorama da mantenere. La Convenzione Europea ce ne ha fornito una chiara definizione: il paesaggio designa una parte di territorio, per come è percepito dalle popolazioni, le cui caratteristiche sono il risultato delle azioni e delle interazioni dei fattori naturali e/o umani, ovvero ogni lembo di territorio è definibile attraverso il suo particolare e specifico paesaggio. Si ha così una convergenza sulla stessa area delle azioni di pianificazione urbanistica e paesistica che non possono essere disgiunte. In questi ambiti vanno perseguite azioni che tendano sia alla conservazione dei luoghi di pregio, sia alla modifica dei paesaggi degradati e quindi rivolte alla valorizzazione di ogni luogo in relazione alla sua storia ed alle sue caratteristiche peculiari. Paesaggio e popolazione, paesaggio e trasformazioni, paesaggio e storia, ma soprattutto paesaggio e patrimonio culturale come è stato sancito dal Codice dei Beni Culturali, nel quale fin dall’art.2 comma 1, si dichiara che il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e da quelli paesaggistici24.

24 Carta dei vincoli. La condivisione della conoscenza. Presentazione. Prof.

arch. Mariella Zoppi Assessore regionale alla Cultura www.toscana.beni.culturali.it

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29

4.Distribuzione delle competenze e delle

funzioni

4.1. Presupposti costituzionali

L'Italia si trova in una via di mezzo tra centralismo e federalismo. Tuttavia la Corte Costituzionale nella sentenza 214/2006 conferma la necessità dell’intesa Stato-Regione come presupposto per il rispetto del principio della leale collaborazione e del riparto delle competenze.

La regione appare come un vero e proprio ente di governo del territorio nei limiti dell’art. 117,3 con ampi poteri legislativi e amministrativi di pianificazione territoriale e paesaggistica e di controllo sulla pianificazione sottordinata dagli enti locali territoriali.

4.2. Tutela e valorizzazione dei beni culturali

È a partire dagli anni Sessanta che la politica dei beni culturali viene definita nella legislazione italiana con il ricorso ai termini “tutela” e “valorizzazione”. Assume cioè anche una connotazione "attiva e promozionale", in quanto rivolta a migliorare lo stato fisico dei beni o la loro fruibilità25.

L’art. 117, comma 2, lettera s della Costituzione attribuisce alla potestà esclusiva dello Stato la tutela dei beni culturali; e nel comma

25 Girolamo SCIULLO. I beni culturali quali risorsa collettiva da tutelare – una

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30

3 - alla potestà legislativa concorrente delle regioni il governo sul territorio e la valorizzazione dei beni culturali.

La sentenza 9/2004 della Corte Costituzionale26 afferma che la

definizione della tutela e della valorizzazione dei beni culturali sono desumibili dagli artt. 148 ss del d.lgs 112/98.

La tutela è "diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale", mentre "la valorizzazione è diretta sopratutto alla fruizione del bene culturale, sicchè anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa"27.

Secondo D.D’Amico il Codice “pone la valorizzazione in un ruolo chiaramente subordinato rispetto alla tutela, nel senso che essa va comunque realizzata in forme compatibili con la conservazione del bene culturale. In questo senso, tutela e valorizzazione incrociano il concetto di “gestione” dei beni culturali, a cui il Codice ha riservato un limitato spazio normativo nell’ambito della valorizzazione dei beni culturali”28.

Gli organi preposti a tutela e valorizzazione sono tradizionalmente le direzioni generali e le soprintendenze di cui si veda più avanti.

26 www.cortecostituzionale.it

27 Per approfondimento: R. ROLLI e D. SICLARI, (a cura di), Management e

valorizzazione del patrimonio culturale locale. Dimensione assiologica, giuridica e relazionale, Milano, Giuffrè Editore, 2012.

28 Diego D’AMICO. Beni culturali tra contesto globale e esigenze glocali.

Diritto amministrativo, Dottrina. 12.02.2012

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31

Il Codice nell’art.29, comma 2 definisce l’oggetto di tutela, cioè la prevenzione, come “il complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto” e la tutela indiretta che, ex art.45, consiste nella facoltà per il ministero di “prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce e ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro”. L’oggetto di tutela può estendersi quindi alla cosidetta “cornice ambientale” affinchè sia preservata, “la cura e l’integrità del bene culturale”29.

Il contesto territoriale viene inoltre preso in considerazione dagli accordi di valorizzazione ex art.112, comma 4 del Codice, nell’ambito della funzione di valorizzazione, che ha il preciso obiettivo “di stimolare le potenzialità del bene culturale, realizzando la mise en valeur di tutto ciò che lo circonda, in termini di promozione, organizzazione, gestione e fruizione”30,31.

4.3. Sistema delle fonti

L'urbanistica è l'espressione di un vasto potere discrezionale dell'amministrazione che le consente di limitare e funzionalizzare la

29 Cons. St., VI, 27 luglio 2015, n. 3669

30 S. GIARDINI, La valorizzazione integrata dei beni culturali,

in Riv. trim. dir. pubbl., 2016, 2, pag. 403.

31 vedi anche: Paola CAPRIOTTI, Toward an integrated approach to cultural

heritage, in "Aedon, Rivista di arti e diritto on line" 1/2017, doi:

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32

proprietà privata assegnando destinazioni d'uso ai suoli, localizzare le opere di urbanizzazione. La legge urbanistica n.1150 del 1942, tuttora vigente, rende obbligatorio un vero e proprio sistema di pianificazione territoriale.

Il livello sottordinato discende cronologicamente e concettualmente da quello sovraordinato.

Il livello di pianificazione più praticato, quello comunale, è regolato dalle leggi regionali, ma la sua approvazione, in genere di competenza provinciale, presuppone la preventiva verifica di conformità ai vari piani di settore.

Leggi statali e leggi regionali, norme, regolamenti e "linee guida" disegnano procedimenti burocratici, e (secondo l'opinione di Loreto Colombo, "come rotaie con scambi continui, che talvolta portano sul binario morto. Gli iter formali, più che finalizzati al risultato, appaiono spesso come fini a se stessi"32). Anche il prof.A.Fioritto nel

suo libro nota: "La contraddizione tra unicità del territorio e molteplicità delle norme è, probabilmente, insanabile; resta, però, la possibilità di rendere le norme più omogenee e razionali, di semplificare il quadro dei soggetti competenti e degli strumenti previsti per regolare lo stesso spazio".33

Una logica spartitoria della Costituzione concepisce la pianificazione come attività essenzialmente locale e attribuisce allo Stato la tutela dei beni culturali e del paesaggio. La complessità consiste nel fatto,

32 L.COLOMBO. Urbanistica e beni culturali. Una riflessione a partire da La

Cecla, Moroni e Montanari.

http://www.casadellacultura.it/319/urbanistica-e-beni-culturali

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33

che il territorio italiano è costellato di centri storici il cui rapporto con montagne, colline, fiumi e laghi è tale da non consentire di separarli da ciò che li circonda. E, come è stato detto sopra, ogni centro storico non è una somma di edifici singolarmente considerati ma qualcosa di più e di diverso da essa.

"L'urbanistica inevitabilmente fa conti con la rappresentazione fisica della società, dei suoi modi di vita, delle sue leggi evolutive"34

4.4. Sistema delle funzioni

Le funzioni amministrative in materia di tutela dei beni culturali competono al Ministero per i Beni e le Attività Culturali che le esercita direttamente o tramite forme di intesa e coordinamento con le Regioni, ai sensi dell'art.5 del Codice.

Le funzioni in materia di valorizzazione sono ripartite tra Ministero, le Regioni (che esercitano la propria potestà legislativa nel rispetto dei principi fissati dal Codice) e gli altri enti pubblici territoriali. Loro si preoccupano del coordinamento, dell'armonizzazione e dell'integrazione dell'attività di valorizzazione dei beni pubblici. Per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa Cattolica o di altre confessioni religiose, stabilisce che il Ministero e, per quanto di loro competenza, le Regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d'accordo con le rispettive autorità (l'art.9 del Codice). Si applicano anche le

34 L.COLOMBO. Urbanistica e beni culturali. Una riflessione a partire da La

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disposizioni del Concordato Lateranense, ovvero delle leggi emanate in base alle intese sottoscritte con le altre confessioni religiose35.

La Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici è un ufficio dirigenziale generale periferico del Ministero creato allo scopo di coordinare l’attività delle soprintendenze di settore esistenti sul territorio regionale. Questi uffici rappresentano un punto di riferimento istituzionale per i rapporti fra il Ministero e gli enti pubblici territoriali. A livello centrale, afferiscono al Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici.

Secondo Girolamo Sciullo, tradizionalmente la funzione di valorizzazione era svolta dagli organi preposti alla tutela e congiuntamente all'esercizio di questa sul territorio dalle soprintendenze di settore e a livello centrale dalle corrispondenti direzioni generali. Vero è che nel 2009 con il d.p.r. n. 91 era stata istituita la direzione generale della Valorizzazione, preposta specificamente alla cura di tale funzione. Tuttavia non si era provveduto ad innovare in termini corrispondenti la struttura ministeriale periferica, con la conseguenza di una ridotta capacità di incidenza operativa della nuova articolazione centrale.

Nei riguardi della tutela nel 2016 è stata costituita la direzione generale e delle soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio (c.d. direzione generale e soprintendenze “uniche”) ad opera del d.m. 23 gennaio 2016, art. 1, comma 2.

Peraltro già il d.p.c.m. del 2014 (artt. 14, 15 e 33, comma 3) aveva proceduto all'accorpamento nelle direzioni generali e nelle

35 G.PASTORI, I beni culturali di interesse religioso: le disposizioni pattizie e la

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soprintendenze Archeologia e Belle arti e paesaggio di strutture che in precedenza conoscevano la tripartizione in rapporto al tipo di beni (rispettivamente archeologici; architettonici e paesaggistici; nonché storici, artistici ed etnoantropologici) e di competenze disciplinari (nell'ordine degli archeologi, architetti e storici dell'arte). La tradizionale partizione andava incontro a difficoltà nel caso di un incrocio di competenze in rapporto al medesimo bene (ad es. affreschi di un immobile tutelato) e comunque era di ostacolo ad una considerazione complessiva del bene nel quadro del territorio in cui esso si collocava. La riorganizzazione operata esprime un approccio della tutela dei beni culturali “integrato” sul piano disciplinare e “globale” con riferimento al contesto ambientale di riferimento. Le soprintendenze sono accorpate in aree funzionali (almeno sette ex art. 4, comma 2, d.m. ult. cit.) tali da garantire la copertura piena dei compiti ad esse assegnati36.

4.5. Soprintendenze per l'archeologia, le belle arti ed il

paesaggio

37

.

Il centralismo statale viene esercitato attraverso le soprintendenze, i c.d. "uffici periferici" di un sistema, che si concentra nel ministero dei

36 Girolamo SCIULLO, Cultural heritage as a collective resource to protect - a

financial outlay, but also an investment, in "Aedon, Rivista di arti e diritto on line" 3/2017, doi: 10.7390/88679

37 Per approfondimento vedi anche: F.VERRASTRO, Nascita e sviluppo delle

soprintendenze per il patrimonio storico-artistico (1861-1904), in "Le carte e la storia", a. XIII n. 1, 2007

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beni e delle attività culturale e del turismo. Molte delle loro competenze sono definite dal Codice con compiti in ambito territoriale in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

Le soprintendenze sono dirette da un soprintendente che ha la responsabilità delle azioni di tutela ed è coadiuvato da un ufficio, che può avere gradi di complessità differenti a seconda del peso dell'oggetto di tutela.

Le attività delle soprintendenze consistono nell'individuare dei beni con indagine conoscitiva e successivamente porre i vincoli sui singoli beni, nonché svolgere l’attività di protezione e di controllo dei beni attraverso specifici permessi, sui lavori di restauro, sui trasferimenti, le esportazioni e sui progetti di interesse paesaggistico.

Il ministero concorre agli interventi di restauro con finanziamenti sui lavori oppure come stazione appaltante di restauri su beni di appartenenza pubblica, ecclesiastica o similare. Si occupa inoltre della valorizzazione del patrimonio, ovvero promuove e sviluppa delle attività culturali necessarie a diffondere i valori dei beni.

Il ministero con il suo intervento autorizza la demolizione delle cose costituenti beni culturali, anche con successiva ricostruzione; lo spostamento, anche temporaneo dei beni culturali (L’art.21, comma 1 del Codice dei beni culturali e del paesaggio). Fuori di questi casi l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente (comma 4). Si tratta di interventi fuori dei casi laddove si ricorra alla conferenza dei servizi (art. 25 del Codice) o per i progetti di opere da sottoporre a valutazione di impatto ambientale (art. 26).

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L'attività delle soprintendenze, che autorizza l'esecuzione di opere e lavori sui beni culturali, è in gran parte basata sul rapporto con il proprietario fondiario, che intenda eseguire lavori, anche di sola manutenzione, su un edificio o un paesaggio iscritto tra i beni di interesse pubblico "vincolato" e che chiede il parere.

Il proprietario, sia un soggetto privato o pubblico, da un lato deve attenersi alle scelte compiute dalle amministrazioni in sede di pianificazione urbanistica, dall'altro, alle specifiche regole contenute in atti amministrativi generali, quali le norme tecniche di attuazione dei piani urbanistici e dei regolamenti edilizi, e al Codice civile.

Il potere di pianificare un territorio è molto esteso e poco regolato. Secondo A.Fioritto le scelte degli urbanisti sono discrezionali, se non addirittura arbitrarie. "La stessa tecnica urbanistica non è basata su criteri scientifici univoci, ma su canoni estetici e funzionali a volte discutibili"38. Anche la l.n.241 del 1990 esclude gli atti di

pianificazione dall'obbligo della motivazione necessaria per tutti gli altri atti amministrativi.

"Quel parere viene rilasciato in base a presupposti inevitabilmente soggettivi, tanto che, sorvolando sulla motivazione di certi dipendenti, si enumerano pareri diversi per casi analoghi e viceversa. Al punto che qualche funzionario più critico e avveduto comincia ormai ad avvertire la mancanza di norme di comportamento ispirate a casistiche consolidate, come avviene per la giurisprudenza in campo giudiziario"39.

38 A.FIORITTO Introduzione al diritto delle costruzioni, p.3, cit.

39 U.CARUGHI. Maledetti vincoli. La tutela dell’architettura contemporanea.

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5. Strumenti urbanistici. Piani

I Piani urbanistici costituiscono il principale strumento di protezione dell'intero contesto entro il quale si situano i beni di maggior pregio storico-architettonico, non solo mediante scelte vincolistiche e conformative ma anche attraverso la programmata adozione di misure volte a rivitalizzare il centro cittadino ed interventi a tutela dei corsi fluviali che attraversano le città, oltre che mediante la difesa del paesaggio agricolo situato nella zona, in cui sono situate alcune delle principali opere architettoniche.

Fra i vincoli vanno annoverati, a titolo esemplificativo, i vincoli di non edificabilità, i vincoli di rispetto archeologico, ma anche azioni negoziali, come la conclusione di accordi con privati per la ricomposizione figurativa dei fronti inglobati in edifici civili.

Le misure possono essere, ad esempio, incentivi per attività di commercio al dettaglio, ridefinizione degli spazi urbani mediante pedonalizzazione e regolazione del traffico, rinnovamento degli arredi urbani.

In forza dell’art.4 della legge 1150 del 1942 “la disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull’attività costruttiva edilizia40.

https://www.academia.edu/7540376/Maledetti_vincoli._La_tutela_dellarch itettura_contemporanea?auto=download

40 Antonio CASSATELLA, Tutela e conservazione dei beni culturali nei Piani di

gestione Unesco: i casi di Vicenza e Verona, in "Aedon, Rivista di arti e diritto on line" 1/2011, p. 5, doi: 10.7390/34951

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La pianificazione urbanistica propone soluzioni per la distribuzione spaziale degli interventi e delle funzioni sul territorio in modo da soddisfare i bisogni delle collettività. Alla pianificazione spettano compiti di controllo ed indirizzo delle trasformazioni del territorio, che vengono realizzati attraverso gli strumenti urbanistici – o piani – aventi natura in parte provvedimentale ed in parte normativa. La legislazione vigente prevede una vasta gamma di piani urbanistici che si differenziano per ampiezza del territorio preso in considerazione, per i rapporti di gerarchia esistenti tra loro, per gli effetti giuridici, per i soggetti e la loro natura giuridica.

Si distingue anche tra pianificazione di direttiva, operativa e di attuazione – “a piramide rovesciata” per evidenziare il passaggio graduale da previsioni ampiamente programmatiche a prescrizioni cogenti ed immediatamente operative, quindi sempre più concrete. Viene configurato il principio della competenza, in tutte quelle ipotesi in cui si impedisce ad un piano di area più vasta di assumere i contenuti assegnati ad altro piano di minore dimensione territoriale. Poi esiste il meccanismo delle varianti con cui la legislazione regionale e statale conferisce ai piani esecutivi la facoltà di apportare deroghe alle prescrizioni degli strumenti generali.

La pianificazione urbanistica è gerarchicamente ordinata su tre livelli: regionale (Piani territoriali), provinciale (Piani sovracomunali) e comunale (Piani regolatori generali); questo ultimo ha ricevuto una diffusa applicazione.

Questa gerarchia è la gerarchia di funzioni, nel senso che alcune prescrizioni hanno una maggiore forza giuridica rispetto ad altre, se si tratta di realizzare gli interessi pubblici di dimensioni superiore a quella locale. Ne deriva un sistema disorganico, un insieme di

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relazioni, che rendono difficile il coordinamento delle scelte di utilizzo del territorio.

5.1. Il piano territoriale di coordinamento

Il piano territoriale di coordinamento coinvolge vasti territori e perciò è il piano più ampio e complesso. E’ previsto allo scopo di orientare e coordinare l’attività urbanistica e di renderla omogenea in parti diverse del territorio nazionale (art.5 della legge n.1150 del 1942). Questo piano raccoglie, coordina e rende efficienti i programmi nei vari settori dell’iniziativa pubblica e privata nonchè quello di promuovere lo sviluppo di nuove attività nel territorio cui il piano si riferisce.

La formazione di tale piano non è obbligatoria.

L’elaborazione e l’approvazione del piano spettano ora alle regioni (d.P.R. 15.01.1972, n.8). Nelle leggi regionali tali piani possono essere denominate in modi diversi, e sono le stesse regioni a indicare i confini del piano, che possono coincidere o meno con quelli dell’intero territorio regionale. Tali strumenti sono sovraordinati a quelli di livello provinciale, metropolitano e comunale, tanto che le legislazzioni regionali possono stabilire l’automatica sostituzione delle difformi previsioni di livello inferiore. É prevista la nullità degli atti assunti in violazione delle misure medesime (legge n.1902 del 1952).

Il piano territoriale ha vigore a tempo indeterminato, ma con lo stesso procedimento per la sua approvazione, possono essergli apportate delle varianti.

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5.2. Il piano paesaggistico

Il piano paesaggistico si colloca al livello superiore rispetto a quello comunale di pianificazione e disciplinato dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (artt. 135 e 143). La sua funzione è quella di proteggere iil patrimonio paesistico ambientale, sopratutto attraverso l’imposizione di vincoli su parti di territorio tutelate per legge, su immobili ed aree dichiarate di notevole interesse pubblico o, comunque, individuate nello stesso piano paesaggistico. Le specifiche prescrizioni imposte dal Piano di gestione riguardano la salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, tra i quali sono I Paesaggi Culturali, che includono la sottocategoria Paesaggio Urbano Storico.

La potestà di redazione del piano paesaggistico è sottoposta al principio di cooperazione interistituzionale, il piano deve essere redatto congiuntamente dalla Regione e dai Ministeri competenti (Mibact e Maattm). Tra l’altro l’obbligo di redazione congiunta riguarda solamente i beni paesaggistici sottoposti a vincoli di tutela (art. 135 del Codice), mentre la restante parte del paesaggio è da intendersi come “territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni” (art.131, comma 1) e può essere disciplinato dalla Regione anche senza la cooperazione con gli organi statali.

Il piano paesaggistico si distingue fra tutti per il forte potenziale nell’interpretazione territoriale altamente integrata.

Secondo Nicoletta Vettori, nella legge del 1942 l’urbanistica individuava una nozione di uso e trasformazione del territorio sostanzialmente “schiacciata sull’edilizia e quasi indifferente rispetto

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agli altri interessi territoriali, esternamente limitata dalle discipline puntuali (vincoli) poste a tutela dei beni culturali e alle bellezze naturali”.41

Con la legislazione di trasferimento delle funzioni alle regioni ha preso campo una concezione omnicomprensiva tendente ad assorbire nell’urbanistica anche la tutela degli interessi ambientali e paesaggistci. Con un ribaltamento della “pianificazione a cascata”, delineata dal legislatore del 1942, il primario strumento di regolazione del territorio è diventato il piano regolatore comunale. Poi, a partire dagli anni ’80 al modello della “pan-urbanistica” si è progressivamente sostituito quello delle tutele parallele nel quale ciascun “bene-valore” pubblico che insiste sul territorio (incluso la tutela dei beni culturali) è attribuito alla competenza di una specifica autorità e tutelato mediante un apposito piano di settore che deve coordinarsi con gli altri.42

Il Codice dei beni culturali e del Paesaggio, sopratutto dopo le modifiche apportate dalla Convenzione europea sul paesaggio, come nota Nicoletta Vettori nel suddetto saggio, ha segnato una netta discontinuità. Nel prevedere l’obbligo di pianificazione paesaggistica per l’intero territorio regionale ha imposto una visione ampia, che presuppone la considerazione di vari profili di rilevanza del territorio, e ha reso il piano lo strumento di pianificazione territoriale

41 Nicoletta VETTORI, The landscape plan at the proof. The models of Toscana

and Puglia , in "Aedon, Rivista di arti e diritto on line" 1/2017, doi:

10.7390/86381

42 La tutela della natura e del paesaggio, a cura di A. CROSETTI, Milano,

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