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Dalla identificazione alla tracciabilità dei rifiuti

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Academic year: 2021

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Capitolo I

Il sistema di identificazione dei rifiuti: evoluzione della disciplina

1. Il catasto dei rifiuti e il MUD

Prima di passare ad esaminare la disciplina del nuovo sistema di

tracciabilità dei rifiuti, è opportuno soffermarsi sul sistema di identificazione dei rifiuti che, dal 1997 è in vigore nel nostro Paese.

Il controllo della gestione dei rifiuti, infatti, prima del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 che istituisce il SISTRI, era organizzato su un sistema di comunicazione dati, obbligatorio per tutti i soggetti appartenenti alla filiera, basato su una modulistica, che prevede la compilazione di tre documenti: il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale con cui le imprese comunicano annualmente la quantità e la qualità dei rifiuti trattati al Catasto dei Rifiuti; il Registro di Carico e Scarico, sul quale i soggetti devono annotare gli aspetti qualitativi-quantitativi dei rifiuti nelle fasi di presa in carico e scarico degli stessi; il formulario di identificazione dei rifiuti che contiene tutte le informazioni relative alla tipologia del rifiuto, al produttore, al trasportatore e al destinatario e ha la funzione

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di permettere un controllo sul flusso della produzione dei rifiuti speciali1.

Questo sistema trova una regolamentazione “unitaria” nel D.lgs. 152/2006, c.d. Testo Unico Ambientale (TUA) e la disciplina è contenuta nel titolo I della Parte Quarta che, come vedremo, è stata modificata dal D.Lgs. 205/2010. In particolare, l’art. 189 contiene la disciplina della comunicazione annuale al Catasto rifiuti2 disponendo

che il quest'ultimo è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede in Roma presso l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (oggi ISPRA), e in Sezioni regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano, presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell’ambiente e, ove tali agenzie non siano ancora costituite, presso la regione.

Il catasto assicura un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, dei dati raccolti ai sensi della legge 25 1 Ex art. 184 D.Lgs. 152/2006 sono rifiuti speciali: i rifiuti di attività agricole e agro-industriali, ai

sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c., i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis, i rifiuti di lavorazioni industriali, i rifiuti da lavorazioni artigianali, i rifiuti di attività commerciali, i rifiuti da attività di servizio, i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acquee dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi, i rifiuti derivanti da attività sanitarie.

2 Istituito dall'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 1988, n. 397, convertito, con modificazioni,

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gennaio 1994, n. 70, utilizzando la nomenclatura prevista nel Catalogo europeo dei rifiuti (CER)3, di cui alla decisione 20 dicembre 1993,

94/3/CE4.

Il D.Lgs. 152/2006 e s.m., all'art. 189, comma 3, indica i soggetti che devono comunicare annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n.70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle attività.

La norma richiama la legge 70/1994 che all'art.1, commi 2 e 3, stabilisce che il modello unico di dichiarazione ambientale è adottato e aggiornato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il decreto che da ultimo, secondo quanto previsto dalla norma sopra richiamata, ha modificato il modello unico di dichiarazione, è il D.P.C.M. 27 dicembre 2014 che sostituisce il D.P.C.M. 12 dicembre 2013 e fissa il termine per presentare la dichiarazione, in riferimento all'anno 2014, al 30 aprile 2015. Questo modello di dichiarazione, infatti, è ancora in vigore e sarà sostituito solo quando il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) sarà pienamente operativo, 3 Il catalogo europeo dei rifiuti è stato recentemente modificato dalla Decisione della

Commissione europea 2014/955/UE del 18 dicembre, che modifica la Decisione 2000/532/CE relativa all’elenco dei rifiuti. Il nuovo elenco è in vigore dal 1° giugno 2015.

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ma ciò vale soltanto per i soggetti obbligati ad aderirvi che in sostituzione a questo modello dovranno compilare altri due documenti, cioè il Registro Cronologico e l'Area Movimentazione. I soggetti che, invece, non sono obbligati e decidono di non aderire al SISTRI continueranno a presentare il modello unico di dichiarazione. I soggetti obbligati alla presentazione della dichiarazione erano individuati dall'art. 189, comma 3, del D.Lgs. 152/2006 che nel testo originario disponeva “ Chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e di trasporto di rifiuti, compresi i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, ovvero svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti, nonché le imprese e gli enti che producono rifiuti pericolosi5 ed i consorzi istituiti con le finalità di

recuperare particolari tipologie di rifiuto comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti, con le modalità previste dalla legge 25 gennaio 1994, n. 70, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività. Sono esonerati da tale obbligo gli

5 Le caratteristiche di pericolosità che un rifiuto può contenere sono individuate dall'art. 184,

comma 4, D.Lgs. 152/2006, che rimanda all'allegato I del medesimo decreto. Un rifiuto è considerato pericoloso se appartiene a una delle seguenti categorie: esplosivo, comburente, facilmente infiammabile, irritante, nocivo, tossico, cancerogeno, corrosivo, infettivo, tossico per la riproduzione, sensibilizzante o eco tossico.

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imprenditori agricoli di cui all'articolo 21356 del codice civile con un

volume di affari annuo non superiore a euro ottomila ”. Dal 2006 quindi non era più obbligatoria la comunicazione annuale al catasto tramite il MUD per le imprese e gli enti che producevano rifiuti non pericolosi di cui all'art. 184 D.Lgs. 152/2006. Si tratta dei produttori di rifiuti da lavorazioni industriali, di rifiuti da lavorazioni artigianali, rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento dei fumi.

Il D.Lgs. 152/2006 è stato modificato dapprima dal D.Lgs. 4/2008 che ha reintrodotto l'obbligo di comunicazione al catasto per i soggetti sopra menzionati e successivamente dal D.Lgs. 205/2010 che ha recepito la direttiva 2008/98/CE e ha riscritto la Parte Quarta del decreto inserendo il SISTRI nel Testo Unico dell'Ambiente.

6 Ex art. 2135 c.c. “È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione

del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e

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L'art 189, così come modificato dal D.Lgs. 4/2008, individua una serie di soggetti obbligati diversi da quelli della precedente disciplina. Infatti il comma 3 fa riferimento alle imprese e agli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, escludendo dall'applicazione della norma tutti i soggetti che non rientrano né nella nozione di “impresa” né in quella di “ente”, mentre l'originario comma faceva riferimento a “chiunque...svolge le operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti”7.

Il nuovo comma conferma l'esclusione per gli imprenditori agricoli di cui all'art. 2135 c.c. con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, inoltre stabilisce che non sono obbligati al M.U.D. le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all'art. 212, comma 8, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti.

Rimane obbligato al MUD ex art. 189: chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti; i commercianti ed intermediari di rifiuti senza detenzione; le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi; le imprese ed enti produttori che 7 B. Albertazzi, Come cambiano il M.U.D., i registri e i formulari, Maggioli, Santarcangelo di

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hanno più di dieci dipendenti e sono produttori iniziali di rifiuti non pericolosi derivanti da lavorazioni industriali, da lavorazioni artigianali e da attività di recupero e smaltimento di rifiuti, fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento dei fumi; le imprese agricole che producono rifiuti pericolosi con un volume di affari annuo superiore a euro 8.000.

Sono inoltre obbligati alla comunicazione annuale al Catasto alle camere di commercio territorialmente competenti: il CONAI (consorzio nazionale degli imballaggi) che deve comunicare8 i dati

relativi al quantitativo degli imballaggi per ciascun materiale e per tipo di imballaggio immesso sul mercato, nonché, per ciascun materiale la quantità degli imballaggi riutilizzati e dei rifiuti di imballaggio riciclati e recuperati provenienti dal mercato nazionale; i produttori di imballaggi che abbiano organizzato autonomamente la gestione dei rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale (lett. a), o attestato sotto la propria responsabilità che è stato messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi, mediante idonea documentazione che dimostri l'autosufficienza del sistema, nel rispetto

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dei criteri e delle modalità di cui ai commi 5 e 6 dell'art. 221 del T.U. (lett b); i produttori di imballaggi che hanno organizzato anche in forma associata, la gestione dei propri rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale ed i produttori di imballaggi che hanno messo in atto un sistema di restituzione dei propri imballaggi (artt. 220.1 e 221.3); i gestori degli impianti e dei servizi portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico, ai sensi dell'art. 4, comma 6, decreto legislativo 182/2003; i soggetti che effettuano attività di raccolta, trasporto e di trattamento dei veicoli fuori uso e dei relativi componenti e materiali, ai sensi dell'art. 11, comma 3, D.Lgs. 209/2003 in attuazione della direttiva 2000/53/CE.

Come accennato sopra, la Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006 è stata modificata “radicalmente” dal D.Lgs. 205/2010 che ha introdotto il SISTRI nel TUA.

Le modifiche così apportate all'art.189 entreranno in vigore solo con la piena operatività del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti. Ad oggi, quindi, non essendo il SISTRI ancora pienamente operativo, il modello unico di dichiarazione è ancora dovuto da tutti i soggetti sopra menzionati con alcune modifiche apportate dal

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sopramenzionato D.P.C.M. 27 dicembre 2014 “approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2015”9.

In particolare il D.Lgs. 49/2014 che recepisce la direttiva 2012/19/CE stabilisce che sono tenuti alla comunicazione al catasto dei rifiuti, tramite il MUD, i soggetti coinvolti nel ciclo di gestione dei RAEE10 rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. 151/2005 e i

produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche iscritti al Registro Nazionale e Sistemi Collettivi di Finanziamento.

Le sanzioni per la mancata presentazione del MUD sono previste dall'art. 258 “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari” che stabilisce che i soggetti obbligati ad effettuare la comunicazione al catasto dei rifiuti, che omettano di effettuarla ovvero che la effettuino in modo incompleto o inesatto sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2600 euro a 15500 euro; se la comunicazione è effettuata entro il 9 Questo nuovo modello si è reso necessario per apportare alcune modifiche alle schede.

In particolare per quanto riguarda le attività di gestione, migliorare le istruzioni, con riferimento, in particolare, alle informazioni sui materiali secondari e quelle contenute nelle autorizzazioni degli impianti di incenerimento e coincenerimento per quanto attiene alla capacità annua autorizzata, aggiornare la normativa di riferimento tenuto conto che, ad oggi, il SISTRI risulta ancora non completamente operativo e che il D.Lgs. 151/2005 è stato abrogato e sostituito dal D.Lgs. 49/2014 relativo al recepimento della direttiva 2012/19/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, correggere alcuni refusi presenti nel DPCM 12 dicembre 2013 sia per migliorare le istruzioni rendendole più chiare al fine di evitare errori di compilazione che si sono verificati nell’utilizzo dell’attuale modello di dichiarazione sia per migliorare l’acquisizione di informazioni relative alle modalità di gestione dei rifiuti.

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sessantesimo giorno dalla scadenza del termine stabilito ai sensi della legge 25 gennaio 1994, n. 7011, si applica la sanzione amministrativa

pecuniaria da 26 euro a 160 euro.

2. Il registro di carico e scarico

La disciplina contenuta nel D.Lgs. 152/2006 si fondava sul cd.

registro di carico e scarico, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 105/2010 e dal D.Lgs. 121/2011 in vista dell'entrata in vigore del SISTRI.

Il registro di carico e scarico così come previsto dall'art. 190 D.Lgs. 152/2006, già modificato dal D.Lgs. 4/2008, doveva essere tenuto dai soggetti di cui all'art. 189, comma 3, i quali dovevano annotare nel registro le informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, da utilizzare ai fini della comunicazione annuale al catasto. Erano, altresì, obbligati a tenere il registro di carico e scarico, su cui dovevano annotare le informazioni e le caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti, i soggetti che producono rifiuti non pericolosi da attività industriali, da lavorazioni artigianali e derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi

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prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque reflue e da abbattimento di fumi. Con le modifiche apportate dal D.Lgs. 4/2008, viene ripristinato il nesso che era stato stabilito precedentemente, dal D.Lgs. 22/1997, tra l'obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico e l'obbligo della comunicazione annuale al catasto, nel senso che i soggetti tenuti ad adempiere a questi due obblighi sono gli stessi.

L'art.190 stabilisce i termini entro i quali i produttori, trasportatori, commercianti e i soggetti che effettuano operazioni di recupero e smaltimento dei rifiuti devono effettuare le sopracitate annotazioni. I termini sono di dieci giorni lavorativi per i produttori, trasportatori e commercianti, rispettivamente dalla produzione e dallo scarico del rifiuto, dalla effettuazione del trasporto e dalla effettuazione della transazione relativa. Per i soggetti che effettuano attività di recupero e smaltimento dei rifiuti il termine è di due giorni lavorativi dalla presa in carico dei rifiuti.

Per quanto riguarda il contenuto del registro, l'art. 190, comma 2, stabilisce che, il registro tenuto dagli stabilimenti e dalle imprese che svolgono attività di smaltimento e di recupero di rifiuti, deve contenere: l'origine, la quantità, le caratteristiche e la destinazione

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specifica dei rifiuti (lett. a), la data del carico e dello scarico dei rifiuti ed il mezzo di trasporto utilizzato (lett. b) ed infine il metodo di trattamento impiegato (lett. c).

Il luogo di tenuta dei registri è, invece, stabilito dal terzo comma. Essi devono essere tenuti presso ogni impianto di produzione, di stoccaggio, di recupero e di smaltimento di rifiuti, nonché presso la sede delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto, nonché presso la sede dei commercianti e degli intermediari. È sancito poi l'obbligo di conservare per cinque anni dalla data dell'ultima registrazione i registri integrati con i formulari di cui all'art. 193 relativi al trasporto dei rifiuti, mentre i registri relativi alle operazioni di smaltimento dei rifiuti in discarica devono essere conservati a tempo indeterminato e a termine dell'attività devono essere consegnati all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione.

Il comma 4 dell'art. 190 consente ad alcuni soggetti di tenere i registri tramite le associazioni di categoria che provvedono ad annotare i dati previsti con cadenza mensile, mantenendo presso la sede dell'azienda copia dei dati trasmessi. Essi sono i soggetti la cui produzione annua di rifiuti non eccede le dieci tonnellate di rifiuti non pericolosi e le due tonnellate di rifiuti pericolosi.

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In relazione all'attività di controllo della pubblica amministrazione l'art. 190, comma 5, dispone che le informazioni contenute nel registro sono rese disponibili in qualunque momento all'autorità di controllo che ne faccia richiesta.

Il sesto comma rinvia per quanto concerne la numerazione, la vidimazione e la gestione del registro alle procedure e alle modalità fissate dalla normativa sui registri IVA. I registri sono numerati e vidimati dalle Camere di commercio territorialmente competenti.

Il comma 6 bis prevede che per le attività di gestione (e quindi non per la fase di produzione) dei rifiuti costituiti da rottami ferrosi e non ferrosi, gli obblighi connessi alla tenuta dei registri di carico e scarico si intendono correttamente adempiuti anche qualora vengano utilizzati i registri IVA di acquisto e di vendita.

Sono previste alcune esenzioni dall'obbligo di tenere il registro di carico e scarico per quelle organizzazioni individuate dall'art. 190, comma 8, a condizione che esse dispongano di evidenze documentali o contabili con analoghe funzioni.

Per quanto riguarda la disciplina sanzionatoria, la norma di riferimento è l'art. 258 commi 2, 3 e 5 del D.Lgs. 152/2006. Il secondo comma stabilisce la sanzione amministrativa pecuniaria da 2600 euro

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a 15500 euro per chiunque ometta ovvero tenga in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui all'art. 190. Se il registro è relativo a rifiuti pericolosi si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 15500 euro a 93000 euro, nonché la sanzione amministrativa accessoria della sospensione da un mese a un anno dalla carica rivestita dal soggetto responsabile dell'infrazione e dalla carica di amministratore.

3. Il formulario di identificazione dei rifiuti

Il D.Lgs. 205/2010 è andato a modificare anche la disciplina relativa al formulario di identificazione dei rifiuti. A seguito di tale decreto, come vedremo, sono sorti problemi in relazione alle sanzioni applicabili in caso di violazione degli obblighi relativi al FIR. In particolare con il nuovo testo, come riformato dal decreto del 2010, secondo parte della dottrina, non veniva più punito come reato il trasporto di rifiuti pericolosi.

Come vedremo nei successivi capitoli, ciò ha posto problemi interpretativi, perché con il D.Lgs. 205/2010 sono state introdotte altre sanzioni che, però, secondo quanto previsto dal D.M. 17 dicembre

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2009, saranno applicabili solo quando il SISTRI sarà pienamente operativo.

Il formulario di identificazione dei rifiuti (c.d. FIR) è un documento di accompagnamento per il trasporto dei rifiuti, disciplinato dagli artt. 188 e 193 del TUA e dal D.M. 145 del 01/04/1998. In base all'art. 193 si prevede che durante il trasporto effettuato da enti o imprese i rifiuti sono accompagnati da un formulario di identificazione dal quale devono risultare almeno i seguenti dati: il nome e l'indirizzo del produttore e del detentore, l'origine la tipologia e la quantità del rifiuto, l'impianto di destinazione, la data ed il percorso dell'instradamento, il nome e l'indirizzo del destinatario.

Come si desume dalla norma, i soggetti che devono compilare il FIR sono gli enti o le imprese che trasportano rifiuti. Per quanto riguarda il requisito sub a) merita evidenziare la non alternatività fra l'indicazione del produttore del rifiuto e del detentore, infatti i due soggetti possono non coincidere e in questo caso la legge richiede l'indicazione di entrambi i soggetti12. Questa interpretazione, secondo

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sub b), il quale usando la locuzione “all'origine” che significa “direttamente nel luogo di produzione” richiederebbe l'espressa indicazione del luogo in cui i rifiuti sono stati effettivamente prodotti, e non del luogo nel quale siano, successivamente ed eventualmente, stoccati.

Per quanto riguarda il secondo requisito sub b) con “tipologia” del rifiuto si intende l'indicazione del codice dell'elenco europeo dei rifiuti più idoneo a descrivere il rifiuto oggetto del trasporto, mentre il requisito della “quantità” si riferisce al peso del rifiuto oggetto del trasporto.

Il FIR deve essere redatto in quattro esemplari, compilato, datato e firmato dal produttore o dal detentore dei rifiuti e controfirmato dal trasportatore. Una copia del formulario deve rimanere presso il produttore o detentore e le altre tre, controfirmate e datate in arrivo dal destinatario, sono acquisite una dal destinatario e due dal trasportatore, che provvede a trasmetterne una al detentore. Si prevede che le copie del formulario devono essere conservate per cinque anni.

Il formulario svolge l'importante funzione di esentare il produttore/detentore dei rifiuti dalla responsabilità per il corretto recupero o smaltimento degli stessi.

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La responsabilità del produttore è, infatti, esclusa (ex art. 188, comma 3) se i rifiuti sono conferiti a soggetti autorizzati alle operazioni di recupero o smaltimento e se la quarta copia del formulario, firmata dal destinatario finale, ritorna al detentore/produttore entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore.

Come per il registro di carico e scarico, anche per il formulario sono previste alcune esenzioni stabilite dai commi 4 e 4bis dell'articolo 193. Il quarto comma stabilisce che l'obbligo di tenere il formulario non si applica al trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico né ai trasporti di rifiuti non pericolosi effettuati dal produttore dei rifiuti stessi, in modo occasionale e saltuario, che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri.

Il comma 4 bis prevede che “Le disposizioni di cui al comma 1 (dell'art. 193) non si applicano altresì nel caso di trasporto di rifiuti speciali di cui all’art. 184, comma 3, lett. a), effettuato dal produttore dei rifiuti stessi in modo occasionale e saltuario e finalizzato al conferimento al gestore del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti

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urbani con il quale sia stata stipulata una convenzione, purché tali rifiuti non eccedano le quantità di trenta chilogrammi o di trenta litri”.

La seconda parte del quarto comma si pone, tuttavia, in contrasto con la normativa comunitaria che non prevede esenzioni dall'obbligo del formulario in relazione alla quantità di rifiuti trasportati. Un problema interpretativo che pone la norma è dato dal fatto che non stabilisce un limite temporale in relazione alla quantità massima di rifiuti che si possono trasportare per usufruire dell'esenzione. Problema dato dal fatto che il limite potrebbe essere riferito ad ogni singolo trasporto e in questo modo si potrebbero effettuare più trasporti giornalieri non superiori a trenta chilogrammi o trenta litri, purchè effettuati poche volte nel corso dell'anno. Inoltre se il formulario non è più necessario diventa difficile per gli organi di controllo verificare quanti viaggi in un giorno siano stati compiuti e lo stesso vale per la “non saltuarietà” e la “non occasionalità” del trasporto. Queste considerazioni sul limite temporale valgono anche per il comma 4 bis.

Passando ad esaminare la normativa delle sanzioni applicabili in caso di violazione degli adempimenti relativi al formulario di identificazione dei rifiuti si deve fare riferimento, ancora una volta,

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all'art. 258 del TUA. Il quarto comma punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1600 euro a 9300 euro chiunque effettui il trasporto dei rifiuti senza il formulario di cui all'art. 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti. Nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi si applica la pena di cui all'art.483 del codice penale (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico).

4. Criticità e prospettive di riforma

Il sistema di identificazione dei rifiuti, come si è visto, era basato su una modulistica che prevedeva la compilazione di tre documenti: il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale, il Registro di Carico e Scarico e il Formulario di Identificazione dei Rifiuti. Questo sistema non è informatizzato, i dati non vengono trasmessi telematicamente, è un sistema cartaceo e come tale in un mondo impregnato di tecnologia in cui i dati possono essere trasmessi in tempo reale o comunque in tempi brevi, diventa un sistema obsoleto, inoltre si è dimostrato inefficace sotto vari profili. Il sistema cartaceo, infatti, consentiva una rilevazione di dati complessivi con notevole ritardo, anche di due o tre anni, quindi si aveva una conoscenza relativa alla produzione e movimentazione dei rifiuti non in linea con le esigenze di intervenire

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tempestivamente per superare le difficoltà che si presentano nella gestione dei rifiuti e soprattutto per tutelare la salute dei cittadini, per conoscere tempestivamente quando le discariche o gli impianti di smaltimento non riescono a smaltire i rifiuti che vengono conferiti.

Sono state, inoltre, rilevate inadempienze di carattere sia formale che sostanziale nella comunicazione dei dati relativi alla gestione dei rifiuti da parte di un numero elevato di soggetti, il sistema cartaceo d'altronde si presta a essere falsificato. Si può, inoltre, menzionare il fatto che sino a poco tempo fa veniva effettuato uno scarso controllo sulla comunicazione dei dati agli organismi preposti alla loro raccolta ed elaborazione, che, del resto, li rendono noti con un ritardo di anni, vanificando l'importanza intrinseca del dato. Sono, infine, sorti problemi di controllo sulla movimentazione dei rifiuti, che solamente in maniera sporadica veniva sottoposta a monitoraggio, con la conseguente costituzione di ampie zone di illegalità.

Proprio con l'annunciato obiettivo di contrastare l'illegalità nel settore dei rifiuti speciali, il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 ha introdotto nel nostro ordinamento un sistema di controllo di tracciabilità dei rifiuti basato su documenti digitali e sull'utilizzo di apparecchiature elettroniche. In realtà il progetto nasce già dal 2007

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quando con la Legge Finanziaria del 2008 si è istituito un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti proprio “in funzione della sicurezza nazionale ed in rapporto all'esigenza di prevenzione e repressione dei gravi fenomeni di criminalità organizzata nell'ambito dello smaltimento illecito dei rifiuti”.

Successivamente, con il D.Lgs. 4/2008, si introdusse, all'articolo 189 del D.Lgs. 152/2006, il comma 3 bis, che prevedeva l'istituzione di un sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti nei confronti di tutte le imprese destinatarie del MUD. Questo sistema non sostituiva il Modello unico di dichiarazione ambientale, il Registro di carico e scarico e il Formulario per l'indentificazione dei rifiuti, ma prevedeva la loro realizzazione in formato elettronico.

A maggio 2008, a seguito delle elezioni politiche, subentra un nuovo Governo che, per evitare di gravare ulteriormente sulle aziende, ha scelto di realizzare il SISTRI non come onere aggiuntivo a quelli previsti dal “tradizionale” sistema di tracciabilità, ma come sistema alternativo a quello. L'obiettivo è quello di procedere alla sostituzione del sistema cartaceo con un sistema basato su tecnologie elettroniche.

Si arriva così alla legge 3 agosto 2009 n. 102 (di conversione del D.L. 1° luglio 2009, n. 78) con cui il Governo ha dato attuazione

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all'art. 189, comma 3 bis, del D.Lgs. 152/2006. L'articolo 14 bis della legge 102/2009 definisce i contenuti del decreto da emanare, ai sensi della sopra citata normativa, prevedendo che venga effettuata, con apposito regolamento, la ricognizione delle disposizioni da abrogare, a decorrere dalla data di operatività del nuovo sistema informatico.

In forza di ciò, il Governo ha emanato il decreto ministeriale che istituisce il SISTRI (D.M. 17 dicembre 2009). L'intento del nuovo sistema era quello di contrastare i fenomeni di illegalità nella gestione dei rifiuti, in particolare nella delicata fase del trasporto, creando un sistema di rilevazione dei dati che sapesse facilitare, tra l'altro, i compiti affidati alle autorità di controllo.

Lo Stato, inoltre, intendeva dare un segnale forte di cambiamento nel modo di gestire il sistema informativo sulla movimentazione dei rifiuti speciali passando da un sistema cartaceo, a soluzioni tecnologiche avanzate in grado, da un lato, di semplificare le procedure e gli adempimenti con una riduzione dei costi sostenuti dalle imprese e, dall’altro, di gestire in modo innovativo e più efficiente, e in tempo reale, un processo complesso e variegato che comprende tutta la filiera dei rifiuti, con garanzie di maggiore trasparenza e conoscenza.

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L’iniziativa, quindi, si inseriva anche nell’ambito dell’azione di politica economica che da tempo lo Stato e le Regioni stanno portando avanti nel campo della semplificazione normativa, dell’efficientamento della Pubblica Amministrazione e della riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese.

Tuttavia il SISTRI ha riscontrato, da un lato, una certa resistenza da parte delle imprese che lo ritenevano troppo oneroso e complesso, dall'altro problemi tecnici che, come vedremo, hanno comportato il suo rinvio sino ad ottobre 2013, anno in cui al “vecchio” sistema cartaceo è stato affiancato il SISTRI, ma che ancora non è stato sostituito.

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Capitolo II

Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti

1. Nozione di sistema di tracciabilità

Il Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) nasce, nel dicembre del 2009, su iniziativa del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, come strumento di innovazione e di modernizzazione della Pubblica Amministrazione per informatizzare e controllare in modo puntuale l'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la Regione Campania. Il SISTRI prevede una gestione informatica degli adempimenti ambientali, assicurando numerosi vantaggi agli operatori coinvolti e consentendo un inserimento più rapido dei dati. Con questo strumento si vogliono ridurre i costi e gli errori che vengono commessi nella compilazione cartacea del Formulario di Identificazione dei Rifiuti, del Registro di carico e scarico e del Modello unico di dichiarazione ambientale. Il SISTRI, infatti, è stato istituito con l'obiettivo di contrastare il traffico illecito dei rifiuti e le “ecomafie” che provocano gravi danni all'ambiente e alla salute, beni

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tutelati a livello costituzionale dagli artt. 9 e 32. Emblematico è il caso della regione Campania in cui vi è stata una vera e propria emergenza rifiuti ed, infatti, solo per questa regione si è previsto un sistema di tracciabilità, denominato SISTRA, anche per i rifiuti urbani.

I reati ambientali, infatti, possono avvenire in ogni fase del ciclo di vita del rifiuto e quindi nella produzione, nel trasporto e smaltimento e, spesso, si basano sulla falsificazione della classificazione del rifiuto nei documenti di accompagnamento, nei quali l’azienda può dichiarare il falso sulla quantità o sulla tipologia di rifiuti da smaltire, con l’obiettivo di modificarne la destinazione o, addirittura, di occultarli, o di affidare l’operazione di smaltimento ad imprese compiacenti che, per ridurre i costi e ampliare i profitti, ricorrono a metodi illeciti.

Con il SISTRI si vuole porre fine a questo scenario attraverso garanzie di maggiore trasparenza, prevenzione dell'illegalità e conoscenza relativa alla produzione e movimentazione dei rifiuti1.

1.1 Il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 istitutivo del SISTRI

L'Italia con il decreto ministeriale 17 dicembre 20092, recante

1 F. Giampietro (a cura di), La nuova disciplina dei rifiuti, commento al D.Lgs. 205/2010,

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“Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell’art. 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell’art. 14 -bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009”, è stato uno dei primi paesi europei a dare attuazione alla direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti. Quest'ultima impone agli stati membri l'adozione di misure volte a garantire il controllo della tracciabilità dei rifiuti dalla produzione alla destinazione finale, allo scopo di garantire che la gestione dei rifiuti stessi sia effettuata senza danneggiare la salute umana e senza recare pregiudizio all'ambiente.

Il citato decreto ottempera anche agli obblighi posti dall'articolo 33 del Regolamento CE n. 1013/2006 che impone agli Stati membri di istituire un sistema appropriato di sorveglianza e controllo delle spedizioni di rifiuti esclusivamente all'interno della loro giurisdizione.

Il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 è stato emanato in base al d.l. 1° luglio 2009, n. 78, convertito con l. 3 agosto 2009, n. 102, che all'articolo 14 bis affida a uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il compito di definire tempi e modalità di attivazione, data di operatività del

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sistema, informazioni da fornire, modalità di fornitura e di aggiornamento dei dati, modalità di interconnessione ed interoperabilità con altri sistemi informativi, modalità di elaborazione dei dati e l’entità dei contributi da porre a carico dei soggetti obbligati per il funzionamento del SISTRI.

Detto decreto ministeriale, all'articolo 1, affida la gestione del SISTRI al comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente.

L'entrata in vigore del SISTRI era inizialmente prevista per luglio 2010, tuttavia, come vedremo, è stata più volte prorogata e attualmente l'avvio del SISTRI è previsto per gennaio 2016.

1.2 Il D.Lgs. 205/2010

Il Decreto Ministeriale 17 dicembre 2009, come visto, ha istituito il SISTRI, ma è solo con il D.Lgs. 205/2010 (cd. Quarto correttivo al D.Lgs. 152/2006, TUA) che questo nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti ha trovato un'opportuna collocazione nel Testo Unico Ambientale.

Il D.Lgs. 205/2010 è frutto di una legge delega, infatti, l'allegato B alla L. 88/2009, recante “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee”

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(nota come legge comunitaria 2008) in vigore dal 29 luglio 2009, delegava il Governo a dettare disposizioni normative finalizzate al recepimento della direttiva 2008/98/CE del parlamento europeo e del consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti ed abrogativa di alcune direttive, delega il cui termine per l'esercizio era fissato al 12 dicembre 2010.

Il decreto legislativo 205/2010 modifica la Parte Quarta del Testo Unico Ambientale, in particolare, per quanto riguarda il SISTRI, vengono in rilievo gli artt. 16 e 17 che si occupano degli adempimenti documentali, integrandoli e adattandoli sia all'art. 17 della direttiva che prevede la tracciabilità per i rifiuti pericolosi, che al d.m. 17 dicembre 2009. Sono, così, stati riformulati gli artt. 188 (Responsabilità della gestione dei rifiuti), 189 (Catasto dei rifiuti), 190 (Registri di carico e scarico), 193( Trasporto dei rifiuti), e 194 (spedizioni transfrontaliere) e introdotti due nuovi articoli: il 188 bis (controllo della tracciabilità dei rifiuti) e il 188 ter (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti-SISTRI).

Importante è la novità introdotta nell'art. 188 che, al comma 2, stabilisce un'eccezione alla regola per cui il produttore del rifiuto, o altro detentore, conserva la responsabilità per l'intera catena di

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trattamento del rifiuto. Questo comma, infatti, prevede che qualora il produttore iniziale, il produttore e il detentore del rifiuto siano iscritti ed abbiano adempiuto agli obblighi del SISTRI, la responsabilità di ciascuno di tali soggetti è limitata alla rispettiva sfera di competenza, stabilita dal SISTRI stesso.

Secondo parte della dottrina tale scelta appare ragionevole e consequenziale all'introduzione del SISTRI. La gestione del rifiuto, in passato, era segnata da varie incognite nei diversi passaggi che esso subiva nelle fasi di gestione a valle della sua produzione. Questo rendeva necessario corresponsabilizzare in misura maggiore tutti i soggetti della filiera, ivi incluso il produttore iniziale del rifiuto.

Dal momento che il SISTRI permette di monitorare il rifiuto in tutte le sue fasi di gestione, appare logico e ragionevole alleviare, a certe condizioni, dalla responsabilità il produttore del rifiuto originario3.

Gli artt. 16 e 39 del D.Lgs. 205/2010 fanno dipendere l'entrata in vigore di alcune disposizioni operative fondamentali per l'avvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti (gli artt. 188, 188 bis, 188 ter,190 e 193) dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto dal d.m. 3 F. Giampietro (a cura di), La nuova disciplina dei rifiuti, commento al D.Lgs. 205/2010,

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17 dicembre 2009. Questa scelta del legislatore, secondo parte della dottrina, pare opinabile, poiché determina un sostanziale sovvertimento della gerarchia delle fonti, in quanto si demanda ad una fonte secondaria (al decreto ministeriale) il dies a quo per l'applicazione delle fattispecie, alcune aventi anche rilevanza penale4.

Inoltre questa scelta del legislatore, come vedremo, ha comportato anche alcuni dubbi sull'attuale regime sanzionatorio dato che il nuovo sistema di tracciabilità non è ancora pienamente operativo e che le varie proroghe all'avvio del SISTRI hanno riguardato proprio le sanzioni, che da ultimo sono state sospese con il decreto milleproroghe 2015.

1.3 Proroghe, abrogazione del SISTRI e successivo riavvio

La storia del SISTRI si caratterizza per le sue incertezze e numerose proroghe subite dal 2009 ad oggi.

Come più volte detto, il decreto ministeriale 17 dicembre 2009 istituisce il SISTRI ed originariamente prevedeva l'entrata in vigore del nuovo sistema per luglio 20105, ma questo decreto è stato più volte

4 A. Scarcella, Il decreto di recepimento della direttiva-quadro sui rifiuti tra modifiche,

abrogazioni e novità, in Cass. Pen., fasc.4, 2011, pag. 1302B.

5 In realtà il D.M. 17 dicembre 2009 prevedeva due termini iniziali: un primo termine di 180

giorni dall'entrata in vigore del decreto per i produttori di rifiuti più grandi e gestori variamente concepiti e 210 giorni per i piccoli produttori di rifiuti.

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oggetto di modifiche nel corso degli anni, con le quali si è provveduto a posticipare la data di partenza del sistema. La prima di questa serie di modifiche si è avuta con il D.M. 15 febbraio 2010, che ha prorogato di trenta giorni i termini previsti dal D.M. 17 dicembre 2009. Tuttavia il SISTRI non è potuto partire, essendosi riscontrati vari problemi a livello tecnico e con il manuale operativo del SISTRI (anche quest'ultimo oggetto di svariate modifiche) e con il D.M. 9 luglio 2010 è stata prevista come data di avvio il primo ottobre 2010.

Con il D.M. 28 settembre 2010 è stato stabilito che la data di entrata in vigore del SISTRI sarebbe rimasta il 1° ottobre, ma è stato prorogato il termine entro il quale completare le procedure di ritiro dei dispositivi elettronici dal 12 settembre, al 30 novembre 2010 e il termine fino al quale continuare ad usare i formulari ed i registri di carico e scarico, insieme al Sistri, dal 1° novembre al 31 dicembre 2010. Questo per permettere alle aziende e ai loro addetti di verificare la piena funzionalità del sistema. Era stata quindi prevista una fase sperimentale di tre mesi sia per chi era in possesso dei dispositivi elettronici, sia per chi, in data 1° ottobre, ancora non li avesse. In questo modo era possibile assicurare la piena funzionalità del SISTRI. Con questo decreto, quindi, sotto un profilo formale, il sistema

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SISTRI era partito dal 1° ottobre, sotto quello sostanziale era rimandato tutto al 1° gennaio 2011.

Con il D.M. 22 dicembre 2010 si interviene, ancora una volta, sulla data di partenza del SISTRI che è stata posticipata al 31 maggio 2011. Questo decreto, inoltre, aveva rinviato al 30 aprile 2011, il termine per la presentazione del MUD 2010. Quindi sino al 31 maggio 2011 le imprese erano tenute ad operare seguendo un doppio regime documentale, essendo tenute ad adempiere sia alle formalità del SISTRI, sia a tenere i registri di carico e scarico ed i formulari di trasporto.

Nel 2011 viene adottato il Testo Unico SISTRI con il D.M. 18 febbraio 2011, n. 526, il “Regolamento recante istituzione del Sistema

di Controllo della Tracciabilità dei Rifiuti”. Tale regolamento è entrato in vigore l'11 maggio 2011 e raggruppa le definizioni e le modifiche dei precedenti decreti ministeriali, e non prevedendo nessuna proroga all'entrata in vigore del SISTRI, confermava la data del 1° giugno 2011 per l'avvio operativo del sistema e la data del 31 dicembre 2011 per la trasmissione dei dati riguardanti il prodotto, lo smaltito o il recuperato. Dalla data di entrata in vigore del regolamento hanno

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cessato di produrre effetti i decreti ministeriali 17 dicembre 2009, ad esclusione dei soli termini indicati all'art. 12, commi 1 e 2, e relative successive modificazioni, del 15 febbraio 2010, del 9 luglio 2010, del 28 settembre 2010 e del 22 dicembre 2010 sopracitati.

Con questo decreto il legislatore ha voluto riordinare la materia, garantendo la coordinazione dei decreti SISTRI emanati precedentemente.

Il citato decreto era stato comprovato dalla necessità di permettere il completamento della fase di configurazione e di consegna dei dispositivi elettronici. Il SISTRI, infatti, può essere avviato solo quando tutti i soggetti della filiera posseggono i dispositivi elettronici necessari. I problemi collegati alla distribuzione di questi dispositivi e la necessità delle imprese di utilizzare agevolmente il sistema, hanno reso necessario dilatare da uno a tre mesi il periodo di sperimentazione, per assicurare la piena funzionalità del SISTRI.

Con questo decreto sono sorti problemi (che saranno esaminati nel paragrafo sulle sanzioni) relativi al procedimento sanzionatorio penale circa il trasporto di rifiuti speciali pericolosi. Infatti,secondo parte della dottrina, non è stato colmato il vuoto normativo esistente

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da gennaio 2011, determinato dal fatto che il 3 dicembre 2010 è stato emanato un decreto legislativo con cui sono stati abrogati gli artt. 193 e 258 e inseriti gli artt. 188 bis e 260 bis,rivoluzionando la disciplina in materia di rifiuti.

A distanza di pochi mesi dall'adozione del Testo Unico viene adottato un nuovo decreto ministeriale che, per l'ennesima volta, proroga l'entrata in vigore del sistema di tracciabilità. Il D.M. 26 maggio 2011 aveva previsto l'avvio del SISTRI a tappe, sanzioni meno gravose e una graduazione delle stesse nel primo semestre di efficacia. Il decreto, inoltre, si impegnava a creare un iter alternativo nel caso in cui il SISTRI avesse determinato rallentamenti esecutivi maggiori a tre minuti. Questo perché a seguito del cd. “click day”, una giornata voluta dalle associazioni imprenditoriali per testare il nuovo sistema, prevista per l'11 maggio 2011, si erano verificati vari problemi.

Il nuovo decreto aveva previsto cinque date per l'avvio del SISTRI in base alla dimensione delle aziende, ed aveva stabilito che il SISTRI sarebbe dovuto essere operativo dal 1° settembre 2011 per le grandi imprese, più precisamente per i produttori di rifiuti con più di 500 dipendenti, per gli impianti di smaltimento, incenerimento e per i

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trasportatori che movimentano quantità annue maggiori a 3000 tonnellate; dal 1°ottobre 2011 per i produttori di rifiuti che avevano da 250 a 500 dipendenti e “Comuni, Enti ed Imprese che gestiscono rifiuti urbani della regione Campania”; dal 1° novembre 2011 per i produttori di rifiuti che avevano da 50 a 249 dipendenti; dal 1° dicembre 2011 per i produttori di rifiuti che avevano da 10 a 49 dipendenti e i trasportatori che trasportavano fino a 3000 tonnellate annue; dal 2 gennaio 2012 per i produttori di rifiuti che avevano sino a 10 dipendenti. La norma faceva riferimento ai “dipendenti” a cui si deve dare la definizione dalla stessa introdotta nel Testo Unico in materia di SISTRI. Ai sensi dell'art. 2, comma 1 , lett c), per dipendenti si intendono “il numero di addetti, ossia delle persone occupate nell’unità locale dell’ente o dell’impresa con una posizione di lavoro indipendente o dipendente a tempo pieno, a tempo parziale, con contratto di apprendistato o contratto di inserimento, anche se temporaneamente assente per servizio, ferie, malattia, sospensione dal lavoro, cassa integrazione guadagni, eccetera. I lavoratori stagionali sono considerati come frazioni di unità lavorative annue con riferimento alle giornate effettivamente retribuite”.

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primo semestre che risultavano essere irrisorie.

È nell'estate del 2011 che il SISTRI sembrava destinato ad essere abbandonato. Il D.L. 13 agosto 2011, n.138 recante “ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”7, la cd.

“manovra correttiva di ferragosto”, aveva abrogato il SISTRI con grande sgomento da parte della dottrina8. L'art. 6, comma 2, alle

lettere a) e b), intendeva abrogare i due provvedimenti che prevedevano il finanziamento del sistema di tracciabilità, mentre la lett. c), abrogava gli artt. 188 bis e 188 ter del Testo Unico ambientale che prevedevano l'uno la gestione dei rifiuti, per quel che concerne la loro tracciabilità, dovesse rispettare quanto disposto dall'art. 14 bis del D.L. 78/2009 convertito nella legge n. 102/2009, e l'altro individuava i soggetti che dovevano e quelli che potevano aderire al SISTRI. La lett. d), invece, abrogava il sistema sanzionatorio del SISTRI di cui all'art. 260 bis TUA, mentre la lett. e) cancellava la norma che prevedeva l'inserimento nel TUA degli artt. 188 bis e 188 ter dopo l'art. 188. Infine le lett. g) e h) cancellavano, rispettivamente, il D.M. 17 dicembre 2009 e s.m. E il D.M. 18 febbraio 2011, n. 52. Tuttavia il parlamento con la legge 14 settembre 2011, di conversione del D.L. 7 Pubblicato in G.U. 13 agosto 2011, n. 188.

8 M. Salntoloci, Abolito il SISTRI. Siamo senza parole. Ma non ci venite a dire adesso che c'e'

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138/2011, ha apportato modifiche a quest'ultimo, ripristinando il SISTRI e stabilendo la sua entrata in operatività per il 9 febbraio 2012. Già all'indomani dell'entrata in vigore del decreto legge, l'abrogazione del SISTRI era stata oggetto di molte critiche. Come si può leggere nella relazione della Corte di Cassazione9, un primo passo

verso il reinserimento del SISTRI si era avuto dopo che le commissioni congiunte Bilancio del Senato e della Camera dei Deputati avevano disposto l'audizione delle parti sociali sulla manovra durante la Seduta n. 28 del 25 agosto 2011. In un secondo momento la Commissione Territorio, Ambiente e Beni ambientali del Senato aveva votato, quasi all'unanimità dei suoi componenti, un parere che mirava al mantenimento del SISTRI. La commissione osservava come l'art. 6 del D.L. 138/2011 avesse disposto la soppressione del SISTRI e il ritorno al “vecchio” sistema cartaceo. La commissione, inoltre, osservava come quest'ultimo regime, affidato al principio di autodichiarazione, in passato non avesse funzionato, non sapendo evitare quell'assoluta incertezza intorno alla sorte definitiva di ingenti quantitativi di rifiuti, non solo pericolosi, che pone a serio rischio la salute dei cittadini oltre che la tutela dell'ambiente, creando i 9 Cass. Ufficio del massimario e del Ruolo, relazione III 13/2011.

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presupposti per il perdurare di traffici illeciti legati al settore dei rifiuti. Si prevedeva poi che la soppressione del SISTRI avrebbe esposto l'Italia agli oneri finanziari conseguenti al probabile esito di una procedura di infrazione per violazione della normativa comunitaria, che impone l'obbligo della tracciabilità per i rifiuti pericolosi. L'improvviso ritorno al sistema cartaceo, infine, rendeva elevato il rischio di un contenzioso da parte di chi aveva già adempiuto agli obblighi previsti dal SISTRI sostenendone i costi necessari.

Con la reintroduzione del SISTRI si prevedeva anche la necessità di semplificazione del sistema previo utilizzo di tecnologie di utilizzo più semplice e di nuovi test da condurre con la collaborazione delle maggiori associazioni di categoria.

Il decreto 29 dicembre 2011 n. 216 (cd. Decreto milleproroghe) interviene sul SISTRI prorogandone l'entrata in vigore al 2 aprile 2012. Successivamente il D.M. 20 marzo 2013, n. 96, ha previsto come termine iniziale di operatività del SISTRI il 1° ottobre 2013, data confermata dal D.L. 101/2013 convertito in L. 125/201310.

Quest'ultima legge, però, ha prorogato fino al 1° agosto 2014 il cd.

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“periodo binario”, ossia il periodo in cui le imprese sono tenute agli adempimenti relativi sia al SISTRI, che al sistema cartaceo, ha sospeso le sanzioni di cui agli artt. 260 bis e ter prevedendo che, nei dieci mesi successivi al 1° ottobre 2013, non verranno applicate, ma che si applicheranno gli artt. 188, 189, 190 e 193 D.Lgs. 152/2006 nel testo previgente alle modifiche apportate dal D.Lgs. 205/2010. La legge in questione ha previsto una fase di sperimentazione per l'applicazione del SISTRI, a decorrere dal 30 giugno 2014, agli enti o imprese che raccolgono o trasportano rifiuti urbani pericolosi a titolo professionale, compresi i vettori esteri che effettuano trasporti di rifiuti urbani pericolosi all'interno del territorio nazionale o trasporti transfrontalieri in partenza dal territorio, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani pericolosi, a partire dal momento in cui detti rifiuti sono conferiti in centri di raccolta o stazioni ecologiche comunali o altre aree di raggruppamento o stoccaggio.

Per i produttori iniziali di rifiuti pericolosi, nonché per i Comuni e le imprese di trasporto dei rifiuti urbani del territorio della Regione Campania, il termine iniziale di operatività è stato fissato al 3 marzo 2014.

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Da ultimo è intervenuto in materia il cd. “Decreto milleproroghe” 2015.

1.4 Il decreto milleproroghe 2015

Il D.L. 31 dicembre 2014, n. 192, (cd. decreto milleproroghe) è entrato in vigore a seguito di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2014. Questo decreto, fra le altre cose, ha prorogato, per l'ennesima volta, l'entrata in vigore del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, che era prevista per il 1° gennaio 2015.

L'art. 9, comma 2, del cd. milleproroghe, infatti, modifica l'art.11, comma 3 bis, del D.L. 101/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 125/2013, che aveva previsto la sospensione del SISTRI fino alla data del 31 dicembre 2014 e rinvia al 31 dicembre 2015 l'operatività del sistema di tracciabilità dei rifiuti. Il legislatore ha giustificato la proroga e quindi la relativa ulteriore sospensione del SISTRI, “al fine di consentire una tenuta in modalità elettronica dei registri di carico e scarico e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati, nonché l'applicazione delle altre semplificazioni e le opportune modifiche normative”. In particolare la sospensione riguarda le sanzioni previste dall'art. 260 bis, commi da 3 a 9, che

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contemplano le violazioni in ordine all'omessa compilazione del registro cronologico o della scheda SISTRI, omesso accompagnamento, da parte del trasportatore, del trasporto dei rifiuti con la copia cartacea della scheda SISTRI ed utilizzo di certificazioni fraudolentemente alterata.

2. I soggetti

Le norme di riferimento per quanto riguarda i soggetti tenuti ad iscriversi al SISTRI sono gli articoli 188 bis e 188 ter.

L'articolo 188 bis, più propriamente, prevede due meccanismi di tracciabilità dei rifiuti che si collocano tra loro in un rapporto di alternatività. Alcuni soggetti avranno la possibilità di scegliere se aderire al SISTRI o al sistema di tracciabilità tradizionale, basato sui registri di carico e scarico, sul formulario di identificazione dei rifiuti e sul modello unico di dichiarazione ambientale. Il comma 3 dell'art. 188 bis, infatti, stabilisce che il soggetto che aderisce al SISTRI non è tenuto ad adempiere agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico di cui all'art 190, nonché dei formulari di identificazione dei rifiuti di cui all'articolo 193. Il comma 4 stabilisce, specularmente, che i soggetti che non aderiscono al SISTRI devono

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adempiere nella misura stabilita dagli artt. 190 e 193, agli obblighi relativi alla tenuta dei registri di carico e scarico e dei formulari di identificazione dei rifiuti. Questi due commi, quindi, configurano un rapporto di alternatività fra i due sistemi di tracciabilità, che tuttavia sussisterà solo a partire dal momento in cui il SISTRI sarà pienamente operativo. Sino a tale momento continuerà a sussistere il sistema a doppio binario, che cesserà a partire dal 31 dicembre 2015, salvo ulteriori proroghe.

L'impianto normativo di cui agli artt. 188 bis e 188 ter, tuttavia, prevede solo per alcuni soggetti la possibilità di scegliere fra i due sistemi di tracciabilità. Infatti l'art. 188 ter individua due categorie di soggetti, ossia quelli obbligati ad aderire al SISTRI, e quelli che possono aderirvi volontariamente e quindi scegliere fra i due sistemi. I soggetti obbligati sono individuati dall'art. 188 ter, comma 1, mentre quelli che lo possono fare su base volontaria dal comma 2.

2.1 I soggetti obbligati

I soggetti tenuti ad aderire al SISTRI sono individuati dal comma 1 dell'art. 188 ter, recentemente modificato dall'art. 11, comma 1, della legge 125/2013. in base all'art. 188 ter, comma 1, sono obbligati ad

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aderire al SISTRI gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti speciali pericolosi a titolo professionale compresi i vettori esteri che operano sul territorio nazionale, o che effettuano operazioni di trattamento, recupero, smaltimento, commercio e intermediazione di rifiuti urbani e speciali pericolosi, inclusi i nuovi produttori che trattano o producono rifiuti pericolosi. Sono altresì tenuti ad aderire al SISTRI, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali pericolosi in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell'impresa navale o ferroviaria o dell'impresa che effettua il successivo trasporto.

Il comma 3 dell'art. 188 ter demandano a uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il compito di specificare le categorie di soggetti di cui al comma 1 e di individuare, nell'ambito degli enti o imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, ulteriori categorie di soggetti a cui è necessario estendere il sistema di tracciabilità dei rifiuti di cui all'articolo 188-bis.

In considerazione di ciò è stato adottato il D.M. 24 aprile 201411,

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iniziali” gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi da attività agricole ed agroindustriali con più di 10 dipendenti, esclusi, indipendentemente dal numero dei dipendenti, gli enti e le imprese di cui all'art. 2135 del codice civile che conferiscono i propri rifiuti nell'ambito di circuiti organizzati di raccolta; gli enti e le imprese con più di 10 dipendenti, produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi da lavorazioni industriali o artigianali, da attività commerciali, di servizio, sanitarie, di demolizione, di costruzione, di scavo, di pesca professionale e acquacoltura; gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi che effettuano attività di stoccaggio di cui all'art. 183, comma 1, lettera aa), del D.Lgs. 152/2006.

La definizione di dipendenti è quella data dall'art. 2, comma 1, lett c), del D.M. 52/2011. Da questa definizione si ricava che il numero di dipendenti è da riferire all'unità locale dell'ente o dell'impresa e non all'impresa o all'ente nella sua globalità. Infatti il D.M. 52/2011 definisce i “dipendenti” come il numero degli addetti, ossia delle persone occupate nell'unità locale dell'ente o dell'impresa.

La dottrina all'indomani dell'emanazione del D.M. 24 aprile 2014 si era divisa su questo tema: c'era chi riteneva che il numero dei

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dipendenti dovesse essere calcolato facendo riferimento all'impresa nella sua globalità e chi, al contrario, riteneva che dovesse essere riferito alla singola unità locale12.

A sostegno di quest'ultima interpretazione si rammentava come nella precedente versione dell'art. 188 ter del TUA, così come introdotto dall'art. 16 del D.Lgs. 205/2010, ove si imponeva l'obbligo di adesione al SISTRI anche alle imprese ed agli enti produttori di rifiuti speciali non pericolosi con più di dieci dipendenti, si precisava che il numero di dipendenti doveva essere calcolato con riferimento al numero delle persone occupate nell'unità locale dell'ente o dell'impresa. Quindi, secondo questo indirizzo, tale criterio può ora essere assunto ai fini del calcolo dei dipendenti anche per la disposizione di cui al comma 1 del D.M. 24 aprile 2014. Tuttavia si ritiene auspicabile una precisazione da parte del Ministero competente.

In un certo senso un intervento c'è stato, infatti il manuale operativo SISTRI, nel capitolo 2.1 (calcolo dei dipendenti), a conclusione del paragrafo sulla metodologia di calcolo, ha chiarito che “qualora l'ente o l'impresa abbia un numero di dipendenti suddivisi in

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diverse unità locali va considerato il numero totale”. Quest'ultima affermazione, però, si pone in contrasto con lo stesso manuale operativo del SISTRI che nel capitolo 2.1 al paragrafo “Riferimenti normativi” richiama l'articolo 188 ter e la definizione di dipendenti di cui all'art. 2 , comma 1, lett c), del D.M. 52/2011.

Parte della dottrina13 ritiene che il chiarimento sul computo del

numero di dipendenti debba essere dato da un'autorità legiferante ( quindi anche da un decreto ministeriale), e non da un atto di indirizzo ministeriale quale potrebbe essere il manuale operativo. Tra le fonti del diritto riconosciute dal nostro ordinamento, infatti, non sono considerati gli atti di indirizzo, che quindi non possono avere alcuna autorevolezza applicativa rispetto ad un precetto posto da una norma regolamentare o legislativa. A sostegno di questa tesi vengono portate due argomentazioni: la prima è data dal fatto che, in campo ambientale, vi è un precedente stabilito dal comma 8 dell’art. 18 della legge 179/2002, emesso a regolarizzazione giuridica di “certificazioni INAIL” che erano state prodotte sulla base di atti d'indirizzo emanati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, non costituendo fonti di diritto, facevano mancare il presupposto di legalità alle 13 G. Tapetto, Iscrizione/esenzione al SISTRI per numero di dipendenti, in Riv. Giuridica online

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certificazioni emesse dall’istituto assicurativo, condizione che ha reso necessario l’intervento del legislatore a regolarizzarle per evitare un danno irreparabile. La seconda è data dal fatto che il sito www.sistri.it, dove è editto il manuale operativo, contiene la “clausola di esclusione di responsabilità”. Dopo avere stabilito che il sito consente al pubblico un più ampio accesso all'informazione relativa al sistema SISTRI e che l'obiettivo è quello di consentire un'informazione aggiornata e precisa, nello stesso sito è stabilito che i soggetti privati e pubblici preposti e coinvolti nella gestione operativa e di controllo del sistema SISTRI non si assumono alcuna responsabilità per quanto riguarda le informazioni contenute nel sito o generate da esso. Inoltre troviamo scritto che non si può garantire che un documento disponibile in linea riproduca esattamente un testo adottato ufficialmente e che, pertanto, fanno fede unicamente i testi della legislazione italiana pubblicati nelle edizioni cartacee della Gazzetta Ufficiale. Per questi motivi, questo orientamento dottrinale ritiene che la frase del manuale “qualora l'ente o l'impresa abbia un numero di dipendenti suddivisi in diverse unità locali va considerato il numero totale”, ancorché considerata come un atto di indirizzo ministeriale, non possa costituire un riferimento di un obbligo come, peraltro, chiaramente indicato

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nella clausola di esclusione di responsabilità.

2.2 I soggetti che possono aderire volontariamente

I soggetti che non sono tenuti ad aderire al SISTRI sono individuati dal comma 2 dell'art. 188 ter che stabilisce che possono aderire al sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 2, lettera a), su base volontaria i produttori, i gestori e gli intermediari e i commercianti dei rifiuti diversi da quelli di cui al comma 1.

La norma, dunque, individua per esclusione i soggetti che sono esentati dall'obbligo di aderire al nuovo sistema di tracciabilità. Tali soggetti sono i produttori iniziali di rifiuti non pericolosi, gli enti e le imprese che effettuano attività di raccolta, trasporto e gestione dei rifiuti non pericolosi, i raccoglitori e i trasportatori di rifiuti urbani del territorio di Regioni diverse dalla Regione Campania (costoro, limitatamente ai rifiuti urbani pericolosi, sono comunque interessati alla fase di sperimentazione introdotta dalla legge di conversione) ed infine, a seguito del D.M. 24 aprile 2014, gli enti e le imprese che occupano fino a dieci dipendenti, produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti e le imprese di cui all'art. 2135 del codice civile

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che conferiscono i propri rifiuti nell'ambito di circuiti organizzati di raccolta, indipendentemente dal numero di dipendenti.

Questi sono i soggetti che in base all'art. 188 bis possono scegliere se aderire al SISTRI o al tradizionale sistema di tracciabilità.

3. Contributi

Sin dal decreto istitutivo del SISTRI si è previsto che la copertura degli oneri derivanti dalla costituzione e dal funzionamento gravino sugli operatori iscritti al SISTRI e sia assicurata mediante il pagamento di un contributo annuale relativo all'anno solare di competenza, indipendentemente dal periodo di effettiva fruizione del servizio. Il contributo avviene, quindi, per la semplice iscrizione da parte dei soggetti al sistema.

L'art. 4, comma 3, del D.M. 17 dicembre 2009 prevedeva il versamento del contributo, in sede di prima applicazione, entro la scadenza del termine di iscrizione e, successivamente, entro il 31 gennaio di ogni anno.

Il D.M. 18 febbraio 2011 n. 52 all'art. 7, comma 3, ha modificato il termine per il versamento per il 2011, stabilendo che le somme devono essere versate al momento dell'iscrizione e negli anni

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successivi entro il 30 aprile dell'anno al quale i contributi si riferiscono. È da osservare che questo decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2011 e che quindi è entrato in vigore l'11 maggio 2011, dopo la scadenza del termine previsto per il pagamento dei contributi, nascendo già anacronistica14.

Singolare è anche il fatto che prima del citato decreto era stato pubblicato nel manuale operativo sul sito ww.sistri.it il testo dell'art. 7 dell'emanando decreto, anticipando che la data di scadenza per il versamento del contributo sarebbe stata il 30 aprile 2011. In modo poco ortodosso, un nuovo atto sembrava aggiungersi al novero delle fonti del diritto: l'anteprima di un decreto ministeriale presentata in un manuale operativo riportato su un sito on line15.

Per quanto riguarda le sanzioni il citato decreto prevedeva la loro applicabilità a partire dal 1° giugno 2011, termine che come abbiamo visto è stato prorogato più volte sino allo scorso 1° aprile. A partire da questa data sono, infatti, entrate in vigore le sanzioni che riguardano i contributi e la mancata iscrizione al SISTRI secondo quanto previsto dal D.L. 31 dicembre 2014, n. 192 (cd. decreto milleproroghe).

14 S. Pallotta, Contributo Sistri 2011 tra scadenza del termine e certezza del diritto, in

www.dirittoambiente.net

Riferimenti

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