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LA REGOLAMENTAZIONE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO PERMANENTE BIOLOGICO IN BASE AI PARAMETRI ECONOMICI

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TAGETE 1-2009 Year XV

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THE REGULATION OF THE OF ECONOMIC COMPENSATION OF THE BIOLOGICAL DAMAGE ACCORDING TO THE DLGS 209/05

LA REGOLAMENTAZIONE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO PERMANENTE BIOLOGICO IN BASE AI PARAMETRI ECONOMICI

PREVISTI DAL D. LGS. 209/2005

Dott. Massimo Francescangeli*

ABSTRACT

L’autore analizza l’evoluzione della giurisprudenza italiana che ha portato alla definizione del danno biologico, con il suo carattere di innovazione a livello europeo fino alla formulazione delle tabelle di legge per la valutazione medico legale delle menomazioni mciropermanenti. Al tempo stesso l’autore auspica che sia recepita e possa quindi divenire operativa anche la tabella per la valutazione dei danni di non lieve entità (con percentuali di invalidità dal 10 al 100%), già redatta dalla Commissione Ministeriale e che si giunga finalmente ad una uniformità nazionale del valore economico del punto. Viene poi proposto un panorama europeo sulla regolamentazione dei sinistri stradali tra i paesi membri nonché analisi statistiche sulla sinistrosità in Italia, sui tempi e di costi medi dei sinistri nelle varie realtà provinciali.

The author analyzes the giurisprudential and medico legal definition of biological damage and the peculiar aspects that this way of compensation has introduced respect the other European countries. Moreover the bareme for the medico legal evaluation of the biological damage is analyzed, even the second part of the bareme, that evaluates the biological damage from 10% to 100%. At least the author shows statistical analysis about the car accident in Italy in particular regarding the average length of the process of the compensation and the average cost of a car accident.

* Funzionario ISVAP (Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo)

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2 La valutazione e quantificazione del danno alla persona, con particolare riferimento alle componenti areddituali del danno biologico e del danno morale, costituisce da tempo un nodo problematico di grande rilievo.

Negli ultimi trenta anni si è assistito ad una svolta “dinamica”, per certi versi incredibile, avuto riguardo all’evoluzione degli ambiti di tutela della persona ed alle figure di danno risarcibile: il travaglio dottrinale e giurisprudenziale che si è innestato su cardini costituzionali quali il “valore uomo” ed il bene “salute” ha investito gli stessi capisaldi della responsabilità civile ed ha consentito all’Italia di proporre all’attenzione europea un’esperienza di civiltà giuridica del tutto originale.

La vicenda storica dell’esperienza del danno biologico può essere sintetizzata in tre fasi.

La prima fase, caratterizzata dall’affermazione e successiva specificazione del concetto di danno alla salute, ha visto l’opera creatrice della giurisprudenza intenta a colmare un vuoto normativo difficilmente giustificabile sotto il profilo della tutela dei diritti fondamentali, assicurando alla persona quella tutela integrale che, lungi dal considerarla solo quale fonte di guadagno, la pone al centro dell’attenzione quale soggetto nella sua integrità fisica e psichica.

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3 Con il riconoscimento e la progressiva sistemazione concettuale della figura del danno biologico la giurisprudenza, dando concretezza al dettato costituzionale che riconosce dignità e tutela al bene “salute”, ha posto le basi per l’affermazione di un principio di uguaglianza sostanziale di tutti i soggetti avuto riguardo al diritto fondamentale alla propria integrità fisiopsichica, che spetta a tutti a prescindere dalla capacità di guadagno e dal livello reddituale di ciascuno. Con ciò superando le carenze e gli anacronismi, sotto tale profilo, del codice civile del 1942 che prendeva in considerazione la persona quasi esclusivamente sotto il profilo della sua capacità di produrre reddito (“homo economicus”).

Superata la fase della affermazione e sistemazione teorica del concetto di danno biologico e della tendenziale “reductio ad unitatem” delle diverse figure di danno in precedenza liquidate in via autonoma (danno alla vita di relazione, danno estetico, danno sessuale, capacità lavorativa generica, ecc.), si assiste ad una seconda fase, caratterizzata dal lavoro giurisprudenziale di individuazione di criteri valutativi e metodologie risarcitorie del danno biologico.

Nell’ambito di tale fase è possibile individuare due momenti: un primo, piuttosto confuso e convulso, nel quale la giurisprudenza, di fronte alla novità del diritto vivente che essa stessa veniva creando, procede nella elaborazione di diversificati criteri di

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4 liquidazione (equitativo puro; multipli della pensione sociale; calcolo a punto); un secondo, più razionale e sistematico, nel quale gli stessi organi giudicati, reagendo consapevolmente all’”anarchia” liquidatoria del “dopo principio”, ricercano un modello ricostruttivo di autoregolamentazione in grado di assicurare un minimo di uniformità risarcitoria, sia pure nell’ambito del singolo organo giudicante.

Si assiste così alla nascita ed alla progressiva espansione del modello c.d. tabellare, quale ulteriore specificazione del criterio valutativo del calcolo punto, caratterizzato dalla predisposizione, ad opera dei diversi organi giudiziari, di tabelle per la quantificazione del danno da compromissione dell’integrità psicofisica.

La menzionata caratteristica della aredditualità impone che la valutazione del danno alla salute venga effettuata sulla base di un parametro uniforme che consenta ai soggetti danneggiati di ricevere, a parità di lesioni, un risarcimento uguale per tutti, indipendentemente dalla capacità di guadagno del singolo. L’unitarietà del danno impone d’altra parte che nella sua liquidazione si tenga conto di tutte le ripercussioni che la lesione (danno evento) ha determinato sullo standard di vita pregressa del soggetto (danno conseguenza).

Il metodo tabellare, basato sul sistema del valore del punto variabile in funzione dell’età del danneggiato e del grado di invalidità accertato in sede medico-legale, risponde alle

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5 accennate esigenze: consente infatti di individuare un valore base tendenzialmente uniforme, permettendo altresì al giudice l’adattamento al caso concreto.

E’ tuttavia ben noto il limite del sistema tabellare così come si è venuto specificando nel corso degli anni.

Ciascun organo giudicante tende ad adottare la propria tabella, costruita sulla base dei precedenti giurisprudenziali peculiari di un certo territorio e di una certa realtà socio- economica ed ispirata a diverse scelte di fondo in termini di valore del punto in relazione a determinate fasce di invalidità (si pensi al diversificato trattamento, quanto al valore del punto, delle c.d. micropermanenti).

La vicenda giurisprudenziale, d’altra parte si ripercuote inevitabilmente nell’ambito, ben più esteso, della prassi liquidativa extragiudiziale che tiene conto, in sede di quantificazione del danno alla salute, dei parametri risarcitori fissati dall’organo giudicante presso il quale potrà essere instaurato l’eventuale giudizio.

La diversificazione di criteri e metodologie liquidatorie sul territorio nazionale e la conseguente disomogeneità risarcitoria hanno in sostanza determinato un effetto di segno opposto a quello conseguente alla introduzione del concetto di danno biologico.

La novità nata dal “diritto vivente” che assicura a tutti i soggetti eguale tutela del bene salute, senza distinzioni sociali o reddituali, è stata, per così dire, ridimensionata nella

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6 sua applicazione concreta da nuove disuguaglianza e differenziazioni di trattamento rispetto a situazioni tendenzialmente analoghe.

Tale criticità, sottolineata dalle associazioni dei consumatori animate da legittime istanze di perequazione risarcitoria, è stata oggetto di un ampio dibattito nel corso della seconda metà degli anni 90, al quale la stessa Autorità di vigilanza ha avuto modo di partecipare attivamente sottolineando sia il profilo della tutela del terzo danneggiato, sia le pesanti ripercussioni che l’assenza di criteri certi ed omogenei sul territorio nazionale, unita al costante lievitare del costo del danno alla persona, determinava sul sistema assicurativo della responsabilità civile auto, con ricadute di segno negativo sia in sede di redazione del bilancio da parte delle compagnie, sia in sede di tariffazione del rischio derivante dalla circolazione dei veicoli.

Giova ricordare al riguardo che l’ISVAP ha promosso la costituzione di una commissione, composta di autorevoli studiosi della materia, di magistrati e di operatori del settore, che ha approfondito le tematiche del danno alla persona, con specifico riferimento al concetto di danno biologico ed alla sua valutazione e quantificazione, pervenendo ad alla formulazione di un progetto di legge, trasmesso nel 1998 alle competenti sedi istituzionali.

E’ dunque in tale contesto che maturano quelle tendenze di approccio sistematico e di regolamentazione tendenzialmente uniforme della materia che costituiscono i prodromi

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7 della terza fase della vicenda del danno biologico, che potremmo definire della sistemazione normativa.

Prima di procedere all’esame di tale fase pare opportuno sottolineare che anche a livello comunitario si è assistito nel corso del tempo all’affermarsi di tendenze volte alla sistemazione e armonizzazione di principi rilevanti sotto il profilo che in questa sede rileva.

Negli ultimi anni si sono infatti succedute importanti direttive comunitarie in tema di assicurazione della responsabilità civile auto, che hanno condotto all’affermarsi di alcuni principi fondamentali, quali l’operatività della garanzia nel territorio di tutti gli Stati membri, il rispetto di determinati minimali di garanzia, l’istituzione di un organismo per la tutela delle vittime della strada, divenuti così patrimonio comune dei singoli ordinamenti nazionali.

Con più specifico riferimento al tema dei danni alla persona, si pensi anche all’estensione della qualità di terzo in materia di responsabilità civile da circolazione, limitatamente ai danni fisici, anche ai congiunti del responsabile del sinistro (Direttiva CEE n. 5/84), ovvero alla disposizione per cui l’assicurazione r.c.auto deve

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8 necessariamente coprire la responsabilità per i danni alla persona di qualsiasi passeggero, diverso dal conducente (Direttiva CEE n. 232/90).

La quarta direttiva r.c.auto (n. 26/2000) ha introdotto la tutela del danneggiato visitatore straniero prevedendo la possibilità di chiedere il risarcimento del danno nel proprio Stato di residenza, rivolgendosi al Centro di informazione del proprio Stato per conoscere la copertura assicurativa del veicolo di controparte ed il mandatario per la liquidazione dei sinistri incaricato di gestire il sinistro nel luogo di residenza del danneggiato.

Anche la Direttiva CEE n. 14/2005 (quinta direttiva r.c.a.), di recentissimo recepimento da parte dell’Italia, introduce significative novità.

In primo luogo in tema di adeguamento dei massimali di garanzia vengono fissati nuovi importi minimi pari, nel caso di danni alle persone, a 5 milioni di euro per sinistro, indipendentemente dal numero delle vittime, prevedendosi altresì che entro trenta mesi dall’attuazione della direttiva, gli Stati membri sono tenuti ad aumentare gli importi di garanzia ad almeno la metà dei valori suddetti.

La direttiva ha inoltre inteso agevolare le vittime da incidenti stradali nella fase della liquidazione del danno, prevedendo la creazione in ciascuno Stato membro di un Organismo centrale. Più in particolare è previsto che gli Stati membri adottino “tutte le misure necessarie per agevolare la fornitura, in tempo utile, alle vittime, ai loro

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9 assicuratori o ai loro rappresentanti legali, dei dati di base necessari per la liquidazione dei danni”.

Con riguardo al sinistro causato da veicolo non identificato, viene poi stabilito che gli Stati membri non possono prevedere limitazioni al risarcimento del danno alle cose da parte dei fondi di garanzia allorquando dal sinistro siano derivati danni gravi alla persona. La direttiva rimette alle legislazioni dei singoli Stati membri la definizione dei danni gravi alla persona. Si osserva al riguardo che nel nostro ordinamento sono presenti due nozioni, la nozione di lesioni gravi contenuta nel codice penale e quella di lesioni di non lieve entità contenuta nel Codice delle assicurazioni (art.138). In sede di recepimento l’Autorità ha proposto l’aggancio alla nozione di “lesioni di non lieve entità” contenuta nel Codice, considerato che quest’ultima è inerente la specifica materia assicurativa. La scelta di definire tale nozione è finalizzata ad evitare una situazione di incertezza legislativa, con possibile rischio di aumento del contenzioso giudiziario.

La V Direttiva ha sancito infine, pur nel rispetto delle legislazioni vigenti nei singoli Stati membri in materia di responsabilità civile, il principio della tutela degli utenti deboli della strada (pedoni, ciclisti), sulla scorta di normative speciali previste da alcuni Stati (Francia, Spagna, Paesi Bassi, Svezia) che introducono criteri presuntivi della colpa a protezione dei soggetti che partecipano al traffico in posizione più debole.

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10 Il 31 luglio 2007 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento n. 864/2007 (c.d. Regolamento Roma 2) che detta regole comuni per la determinazione della legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali quale che sia il Paese del giudice adito. Il Regolamento, che come tale non necessita di recepimento nazionale, sarà immediatamente applicabile dall’11 gennaio 2009.

Obiettivo del Regolamento è che i tribunali di tutti gli Stati membri applichino norme comuni per la determinazione della legislazione applicabile alle obbligazioni extracontrattuali. Attualmente, infatti, in ambito europeo non esistono disposizioni uniformi e quindi ogni tribunale applica le norme nazionali, con la conseguenza che le parti potrebbero scegliere il tribunale che applica la legge ritenuta più conveniente (“forum shopping”).

Il Regolamento interessa anche il settore assicurativo in quanto detta, tra l’altro, le regole per la determinazione della legislazione applicabile alla responsabilità civile per i danni a terzi nel caso di incidente (es. incidenti stradali, danno da prodotti difettosi, inquinamento ambientale).

In ordine ai criteri di quantificazione dei danni nell’assicurazione della responsabilità civile auto si prevede che la legge applicabile è quella del “Paese in cui il danno si verifica” (lex loci damni). Pertanto, in caso di lesioni alla sfera personale o di danni patrimoniali, il Paese in cui il danno si verifica dovrebbe essere il Paese in cui è stata

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11 effettivamente subita la lesione alla sfera patrimoniale o si è verificato il danno patrimoniale. Tale criterio consente di assicurare un ragionevole equilibrio tra gli interessi del responsabile presunto del danno e la vittima ed è derogabile solo nel caso in cui entrambe le parti (parte lesa e responsabile) risiedano abitualmente nello stesso Paese.

Al riguardo si fa presente, tuttavia, che in sede di negoziazione del regolamento il Parlamento europeo ha esercitato una forte pressione perché, nel caso di incidenti stradali, la legislazione applicabile fosse quella del luogo di residenza della vittima. Tale criterio non è stato adottato in quanto la Commissione Europea non ha effettuato finora nessuna analisi sul possibile impatto di tale nuovo criterio sui bilanci e sulla stabilità delle imprese di assicurazione. Si prevede tuttavia che, entro la fine del 2008, la Commissione Europea effettui tale indagine per verificare la possibilità di apportare modifiche al Regolamento.

Sempre in ambito europeo un’indagine svolta in passato dall’Autorità ha evidenziato una certa uniformità in ordine alla individuazione di figure di danno alla persona non connesso alla produzione di reddito.

Si è potuto appurare infatti che praticamente tutti i Paesi europei riconoscono dignità giuridica ed apprestano corrispondenti forme di tutela a figure di danno alla integrità

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12 fisica del soggetto, alla sua capacità relazionale, sessuale, nonché a godere dei piaceri della vita.

Del pari risultano riconosciute e tutelate figure di danno più propriamente attinenti alla dimensione “psicologica” del soggetto, ossia alle sofferenze ed ai perturbamenti causati in conseguenza del fatto lesivo.

Non altrettanta uniformità è stata riscontrata nell’ambito dei sistemi risarcitori anche in considerazione del fatto che gli ordinamenti di alcuni Paesi hanno introdotto forme di regolamentazione normativa mentre presso altri ordinamenti europei metodi e criteri di quantificazione del danno risultano rimessi alla libera scelta degli organi giurisdizionali.

Quest’ultima constatazione consente di ritornare all’accennata terza fase della vicenda storica del danno biologico, quella della sistemazione normativa, considerato che l’Italia rientra tra quei Paesi europei che hanno optato per una regolamentazione legislativa, sebbene limitata ad un ambito settoriale, pure di grande rilevanza socio-economica, qual è quello della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli. Si tratta di una scelta che ha incontrato critiche in dottrina e giurisprudenza, sebbene si deve ritenere che la ricostruzione del concetto di danno biologico e la fissazione di criteri per la sua valutazione e monetizzazione fungerà di certo da criterio orientativo ed interpretativo per tutti i settori della responsabilità civile da fatto illecito.

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13 Per comprendere appieno l’accennata svolta occorre muovere da un approccio di più ampio respiro, che vede coinvolti i passaggi fondamentali della recente storia dell’assicurazione r.c.auto in Italia.

Il passaggio dal regime delle tariffe amministrate a quello della liberalizzazione tariffaria non ha prodotto, come è noto, gli effetti sperati in termini di competitività tra le imprese del mercato, con la conseguente riduzione dei prezzi, come è invece accaduto in altri contesti europei.

Ciò ha posto un delicato problema di sostenibilità del costo della copertura assicurativa obbligatoria, soprattutto avuto riguardo a determinate realtà territoriali ed a specifiche categorie di assicurati.

Sono note a tutti le polemiche, a tratti anche molto accese, sul livello crescente del prezzo dell’assicurazione r.c.auto che da anni animano il dibattito pubblico. Il divieto comunitario di vigilanza sulla costruzione della tariffa e sul livello dei premi ha, d’altra parte, reso assai difficile ogni intervento dell’Autorità di vigilanza in questa materia.

Verso la fine degli anni ’90 si profila dunque la necessità di una soluzione “strutturale”

che cerca di affrontare le criticità alla radice, attraverso un insieme di misure normative a vari livelli e in vari settori nevralgici, da quello della prevenzione e della sicurezza stradale (campagne “guida sicura”; obbligo dell’uso delle cinture di sicurezza e del casco alla guida dei ciclomotori; patente a punti) a quello della lotta alle truffe nel

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14 settore dell’assicurazione obbligatoria (modifica del Codice Penale attraverso la previsione, all’art. 642, di una figura aggravata di truffa assicurativa; istituzione presso l’ISVAP di una Banca dati sinistri r.c. auto con finalità di prevenzione e contrasto alle frodi assicurative).

Con specifico riguardo al settore assicurativo si sono susseguite una serie di misure volte a favorire la trasparenza dei prodotti e dei comportamenti delle imprese nonché ad incentivare la mobilità dell’utenza e la crescita di un mercato maggiormente concorrenziale. A ciò hanno certamente contribuito le stesse imprese che, in via di autoregolamentazione, si sono fatte promotrici di una certa innovazione e di una più spiccata personalizzazione dei prodotti.

E’ nell’ambito di tali interventi strutturali che si inserisce, ad opera della legge 5 marzo 2001, n. 57, il primo tentativo di sistemazione normativa della figura del danno biologico e di individuazione ex lege dei criteri per una sua uniforme valutazione e quantificazione.

Il carattere d’urgenza delle norme veniva confermato dall’inciso “in attesa di una disciplina organica sul danno biologico” e dalla limitazione della regolamentazione ai danni alla persona di lieve entità, cioè con postumi da lesioni pari o inferiori al 9%.

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15 La limitazione alle sole micropermanenti trova la sua ragione, oltre che nelle esigenze d’urgenza, nella constatazione relativa alla assoluta rilevanza numerica delle stesse e nell’auspicio che l’introduzione di elementi di certezza giuridica e di parità di trattamento dei soggetti danneggiati avrebbe prodotto effetti di razionalizzazione e prevedibilità del costo dei sinistri nonché effetti deflattivi sul contenzioso giudiziario e, di riflesso, sui tempi della prassi liquidativa extragiudiziale.

Anche la definizione di danno biologico contenuta nella legge 57/2001 (“per danno biologico si intende la lesione all’integrità psicofisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale. Il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di produzione di reddito del danneggiato”) ha suscitato perplessità in dottrina dato il carattere “statico” della stessa, essendo il danno biologico concepito unicamente come danno-evento, analogamente alla definizione contenuta nel decreto legislativo n. 38/2000 in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali (“la lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di accertamento medico-legale, della persona”), ove tuttavia la scelta di un concetto statico del danno può avere una qualche motivazione legata al carattere indennitario dell’assicurazione sociale.

La recente entrata in vigore del decreto legislativo n. 209/2005 (Codice delle Assicurazioni Private) costituisce senz’altro un momento evolutivo di grande rilevanza sotto il profilo che in questa sede rileva.

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16 Il Codice opera infatti una rivisitazione sistematica della materia riformulando la definizione di danno biologico e prevedendo il completamento della disciplina avuto riguardo alle lesioni superiori al 9% di invalidità permanente.

Gli artt. 138 e 139 del Codice definiscono il danno biologico come “la lesione temporanea o permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito”. E’ evidente il carattere innovativo della scelta terminologica e concettuale operata dal Codice rispetto alle definizioni contenute nei provvedimenti legislativi cui si è accennato. Si tiene conto in sostanza sia dell’aspetto statico del danno (la menomazione anatomo-funzionale conseguente alla lesione) sia del suo aspetto dinamico-relazionale, ossia dei riflessi negativi della lesione sulla vita della persona.

In tale ottica il richiamo al concetto di accertabilità medico-legale della lesione all’integrità psicofisica della persona risponde ad una precisa funzione delimitativa del danno risarcibile ai soli casi in cui il fatto illecito abbia determinato una effettiva alterazione temporanea o permanente, ma comunque obiettivamente rilevabile in sede di riscontro clinico o strumentale, dello status fisiopsichico preesistente del danneggiato.

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17 Per quanto concerne gli aspetti valutativi e di quantificazione monetaria del danno biologico, l’art. 139, applicabile fin dall’entrata in vigore del Codice, in relazione alle lesioni di lieve entità (ossia quelle comprese tra 1 e 9 punti di invalidità permanente), ingloba sostanzialmente i criteri ed i principi di valorizzazione per la crescita del valore del punto di cui alla legge n. 57/2000, estendendo la vigenza della tabella medico- legale delle menomazioni all’integrità psicofisica adottata con decreto ministeriale 3 luglio 2003 (ai cui lavori ha partecipato anche l’ISVAP). Viene del pari ripresa la norma che consente al giudice di aumentare in via equitativa i valori tabellari, nella misura massima di un quinto, in considerazione delle condizioni soggettive del danneggiato.

La novità di maggior rilievo risiede tuttavia nel disposto dell’art. 138 del Codice che prevede l’auspicato, sebbene non ancora attuato, ampliamento della regolamentazione del danno biologico alle menomazioni comprese tra 10 e 100 punti di invalidità permanente (“lesioni di non lieve entità”), alla quale dovrà provvedersi attraverso la predisposizione, con D.P.R., di una specifica tabella unica su tutto il territorio nazionale relativa sia alle menomazioni all’integrità psicofisica sia al valore pecuniario del singolo punto di invalidità.

Per quanto concerne i “baremes” medico-legali si segnala che la Commissione istituita presso il Ministero della Salute, alla quale ha partecipato anche un rappresentante dell’ISVAP, ha da oltre un anno terminato i sui lavori rimettendo nelle mani del Ministro

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18 la prevista tabella delle menomazioni all’integrità psicofisica comprese tra 10 e 100 punti di invalidità permanente.

In ordine al valore economico del punto il Codice ha sostanzialmente recepito, coerentemente con i già previsti ed operanti criteri di monetizzazione relativi alle lesioni fino al 9%, il metodo di liquidazione tabellare basato sul punto variabile ampiamente utilizzato dalla giurisprudenza di merito ed avallato dalla Suprema Corte.

Le variabili che dovranno influenzare la scala tabellare dei valori del punto sono identificate nella percentuale di invalidità permanente accertata in sede medico-legale e nell’età del leso al momento dell’evento.

In particolare il valore economico del punto è funzione crescente della percentuale di invalidità, mentre l’incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico-relazionali cresce in modo più che proporzionale rispetto all’aumento percentuale assegnato ai postumi.

Tale criterio di specificazione della crescita del valore del punto trova fondamento in un accreditato indirizzo medico-scientifico secondo il quale al crescere della percentuale di invalidità i postumi che ciascun punto riflette sono di peso crescente poiché vanno ad incidere su di un quadro clinico maggiormente compromesso.

Il valore del punto deve inoltre essere funzione decrescente dell’età, cioè decrescere con l’avanzare dell’età del danneggiato, sulla base delle tavole di mortalità elaborate

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19 dall’ISTAT, con l’applicazione di un tasso annuo di rendimento pari all’interesse legale.

La ratio di tale rapporto di proporzionalità tra età del leso e valore del punto è da ricercarsi, anche in questo caso, in considerazioni di ordine scientifico: l’incidenza della menomazione sulle funzioni vitali e sociali del leso è tanto più grave quanto più giovane è la sua età, considerato il maggior periodo di tempo per il quale dovrà sopportare l’onere della menomazione della propria integrità psicofisica.

L’esigenza di uniformità risarcitoria espressa dalla norma trova un correttivo significativo nel disposto del comma 3 dell’art. 138, che consente al giudice di correggere, secondo equità e motivando specificamente sul punto, l’importo risultante dall’applicazione della tabella, nella misura massima del trenta per cento, quando la menomazione accertata incida in modo rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali della persona. Da sottolineare la rilevanza dell’obbligo di motivazione specifica che consente al giudice della legittimità di valutare la congruità delle valutazioni effettuate dal giudice di merito nel correggere l’importo tabellare.

Il fine della disposizione è quello di realizzare correttamente, anche ai fini di tenuta delle norme sotto il profilo della loro costituzionalità, il principio, da tempo enunciato dalla Consulta, del contemperamento tra le esigenze di uniformità pecuniaria di base e di flessibilità nell’adeguamento al caso concreto.

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20 Evidente appare l’influenza sui suddetti principi e criteri risarcitori della accennata proposta ISVAP di regolamentazione legislativa della materia, a suo tempo presentata agli organi competenti ed alla quale un contributo saliente promanò proprio dagli studi pisani coordinati dal prof. Busnelli e dal prof. Bargagna.

La concreta applicabilità dell’art. 138 del Codice è tuttavia subordinata alla predisposizione della suddetta tabella unica nazionale. Si è già accennato al fatto che la tabella medico-legale delle menomazioni fino a 100 punti di invalidità è stata completata e rimessa agli organi istituzionali competenti.

Risulta altresì che i Ministeri preposti hanno provveduto alla elaborazione della tabella dei valori pecuniari del punto sulla base dei criteri legislativi appena esaminati.

E’ pertanto indispensabile procedere al completamento effettivo della disciplina dettata dal legislatore, razionalizzando il procedimento valutativo e di quantificazione monetaria rispetto all’intero dominio dei danni alla persona.

A sostegno di tale necessità militano una serie di ragioni sia di carattere generale sia di carattere speciale, cioè valide per il settore assicurativo, le quali sono spesso inscindibilmente connesse le une con le altre.

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21 Innanzitutto un intervento diretto a ripristinare certezza ed uniformità anche nella valutazione delle “lesioni di non lieve entità” appare giustificato oltre che da istanze di coerenza sistemica, da ragioni di giustizia sociale e di politica legislativa. È infatti evidente che l’esigenza di garantire un ristoro certo, pronto ed integrale al danneggiato si pone con maggior forza in relazione a soggetti che, come i macrolesi, abbiano subito in conseguenza del sinistro una grave menomazione dell’integrità psicofisica. Tale menomazione sovente compromette gravemente lo svolgimento delle attività vitali, lavorative e sociali delle vittime, con conseguenti necessità di assistenza continuativa e perdita di autonomia.

DATI SULLA SICUREZZA STRADALE – INCIDENTI STRADALI

Si pensi, infatti, che, secondo i dati diffusi dal Ministero dell’Interno e da quello della Salute, i feriti in seguito ad incidenti stradali dal luglio 2002 al giugno 2004 ammontano a circa 250.000, con circa 8.000 decessi e ben 170.000 ricoveri ospedalieri. Nel 2005, secondo i dati ISTAT, gli incidenti sono diminuiti dell’1,8%

rispetto al 2004 ma la riduzione è assai inferiore rispetto a quella prevista, se si considera la necessità di raggiungere l’obiettivo europeo di ridurre del 50% il numero dei sinistri entro il 2010.

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22 I tassi di mortalità e di danni fisici alle persone rimangono in Italia più elevati della media europea e sono il doppio di quelli raggiunti da alcuni paesi (Olanda, Svezia, Regno Unito, Norvegia).

Secondo i dati dei rilievi della sola Polizia Stradale, nei primi sei mesi del 2006, gli incidenti sono stati 44.241 con un aumento del 2,22% rispetto allo stesso periodo del 2005; il numero dei decessi è stato pari a 852 (+2,58% rispetto al 2005); i feriti sono stati 30.815 (+2,5% rispetto al 2005).

L’entità degli importi mediamente corrisposti in relazione ad una stessa macrolesione, subita da soggetti di eguale età, è soggetta a forti variazioni a seconda della parte del territorio in cui il sinistro è avvenuto: in relazione ad una percentuale di invalidità dell’80%, accusata da macrolesi della stessa età, fra gli importi accordati da diversi corti territoriali è stata riscontrata una differenza di circa 100.000 Euro. Ciò determina vistose disparità di trattamento, in contrasto con le esigenze di giustizia formale e sostanziale.

In tale ambito, un intervento che si faccia carico dell’esigenza di ristabilire uniformità e certezza nel procedimento valutativo del danno si rivela conforme alle ragioni di protezione sociale alla base della responsabilità civile obbligatoria e ne rafforza la vocazione di istituto giuridico a presidio delle vittime della circolazione.

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23 In questo senso l’introduzione di criteri certi ed uniformi per la valutazione delle macropermanenti rappresenta per le compagnie anche un’interessante opportunità, per un miglior controllo delle singole voci di costo collegate alla liquidazione e per aumentare l’efficienza delle relative procedure.

Per altro verso l’introduzione di valori certi ed uniformi in relazione alle lesioni più gravi è idonea a svolgere anche un’importante funzione “orientativa” in quanto il valore

“tabellare” da un lato costituisce il principale parametro per valutare la ragionevolezza dell’offerta dell’assicuratore e della richiesta del danneggiato, dall’altro rappresenta un punto di riferimento su cui le controparti possono convergere per determinare la risoluzione della vertenza in sede stragiudiziale o almeno in fase di conciliazione alla prima udienza di comparizione, con conseguente deflazione del contenzioso.

DATI SUL CONTENZIOSO

A tal proposito l’attuale situazione di incertezza ha determinato un aumento del contenzioso civile e penale sia in termini assoluti sia in relazione al numero dei sinistri a riserva. Sulla base dei dati elaborati dall’ISVAP nel 2006 risultano pendenti n. 301.892 cause civili con un’incidenza percentuale sui sinistri a riserva pari al 15,28 (in forte crescita, se si pensa che la stessa incidenza era pari al 12,05% nel 2000).

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24 Le cause penali pendenti risultano n. 7.099 con una incidenza percentuale sui sinistri a riserva pari a 0,36 (0,27 nel 2000).

Attualmente l’esito contenzioso è quello maggiormente ricorrente in relazione alle macropermanenti: infatti, è molto frequente che l’impresa, in assenza di parametri precisi e a fronte di richieste spesso assai rilevanti del macroleso, proponga una somma globale e forfetaria a definitiva tacitazione delle sue pretese, somma spesso rifiutata od accettata con riserva dal danneggiato, il quale agisce in giudizio per la differenza, con un inevitabile prolungamento dei tempi medi di liquidazione dei sinistri.

La certezza del riferimento normativo può costituire un incentivo per le parti a superare la reciproca diffidenza, avviando un dialogo su una base congrua, con conseguenti incentivo alla riduzione del contenzioso giudiziario e incremento della velocità di liquidazione dei sinistri.

Sotto questo profilo, la regolamentazione normativa dei criteri risarcitori si accompagna ad altre misure già introdotte, quali la concessione agli utenti del diritto d’accesso agli atti delle compagnie relativi ai fascicoli di sinistro, l’accennata estensione ai sinistri con lesioni gravi della rigorosa tempistica già prevista dall’art. 3 della legge. n. 39/1977 e la procedura ANIA di conciliazione stragiudiziale.

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25 Anche la recente introduzione, per i sinistri verificatisi dopo il 1° febbraio 2007, della procedura del risarcimento diretto può contribuire, nella prospettiva appena accennata, ad agevolare la redistribuzione di attenzione nella conduzione dell’istruttoria relativa ai sinistri con danni molto gravi alla persona: infatti, agevolando, la pronta e celere definizione della categoria di sinistri più numerosa, residua in capo alle strutture liquidative delle compagnie un maggior lasso di tempo da dedicare alla valutazione dei sinistri più gravi ed onerosi e all’attenta conoscenza e ponderazione di tutte le componenti di pregiudizio risarcibile (si pensi, ad esempio, alla problematica delle spese per assistenza futura del macroleso), anche allo scopo di porre in essere delle iniziative in vista di una migliore implementazione delle procedure interne e della riduzione degli oneri connessi alla liquidazione stessa.

A tal proposito, si consideri che negli Stati Uniti e in Germania alcune compagnie, in seguito ad un’attenta opera di valutazione degli oneri derivanti dalle macroinvalidità, hanno ritenuto più economico e allo stesso tempo proficuo per il danneggiato intervenire attivamente, attraverso proprie strutture di consulenza e di supporto specializzate, nella fase di riabilitazione e reinserimento di quest’ultimo.

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