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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.14 (1887) n.675, 10 aprile

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SC IEN ZA ECONOM ICA, F IN A N Z A , COM M ERCIO, B A N C H I, F E R R O V IE IN T E R E S S I P R IV A T I

Anno XIV - Voi. XYlil

Domenica 10 Aprile 1887 ’

N. 675

Sebbene per quello che riguarda le questioni, che interessano specialmente \’Economista, il Ministero costituitosi il 5 Aprile non possa dirsi nuovo gran fatto — perchè il portafoglio dellejfinanze continua ed essere retto dall'on. Magliani e quello di agri­ coltura, industria e commercio dall’on. Grimaldi, e soltanto il Ministero dei lavori pubblici ha cambiato titolare — chiamiamo nuovo il gabinetto, poiché la lunga e laboriosa crise, che si è risoluta il 5 Aprile, implica necessariamente un mutamento radicale di programma finanziario e forse anche economico.

Qualcuno, memore di altri tempi in cui la ragio­ nevole tenacità nelle convinzioni formava la princi­ pale qualità degli uomini di Stato, e i nomi espri­ mevano i programmi, ed i programmi cogli uomini si alternavano, troverà certamente poco corretto che si possa mutare l’ indirizzo del Governo senza mu­ tare le persone dei governanti. Ma se gettiamo lo sguardo anche al di fuori del nostro paese e in Fran­ cia e in Inghilterra, vediamo che il parlamentarismo va modificandosi in molte delle sue manifestazioni, ed ormai non è maraviglia per nessuno se l’omag­ gio alla ragionevole tenacità dei principi viene so­ stituito dall’omaggio alla ragionevole elasticità dei convincimenti. É siccome bisogna pur prendere il mondo quale è, lasciamo il rammarico, che deriva dal paragone con tempi ornai lontani, e teniamo conto del fatto che oggi sono parlamentarmente più forti gli uomini, che in altro tempo si giudicavano deboli di carattere.

Vi è tuttavia un pericolo in questo stato di cose, ed è, che l’educazione sociale avendo inoculato nel- 1’ uomo il rispetto ed il cullo verso la fermezza del carattere, può avvenire che coloro, i quali per la loro debolezza sono diventati i più forti, accettando indifferentemente programmi e concetti diversi, man­ chino di energia nell’applicarli e rimanga come im­ pronta dell’azione dirigente del Governo la debolezza e la incertezza, frutto di una lotta tra la coscienza che vorrebbe la ragionevole costanza delle idee, e le esigenze parlamentari che esigono la docile elasticità.

Comuuque sia par certo che il Ministero del S Aprile abbia concretato un programma finanziario ed econo­ mico; e la presenza dell’on. Saracco ai lavori pub­ blici, al quale Ministero tanta parte del pubblico denaro è devoluta, fa comprendere che fon. Ma­ gliani ha accettato buona parte dell’ indirizzo dal- i’on. senatore Saracco più volte tracciato nelle ulti­ me discussioni sul bilancio. — Ed è per questo

risultato che in verità non sappiamo comprendere come una parte della stampa, giudicando sulla riso­ luzione della crise ministeriale, abbia potuto affer­ mare che quel gruppo di deputati, il quale sotto il nome di dissidenti più specialmente domandava un cambiamento nella politica finanziaria, sia rimasto battuto dagli altri gruppi parlamentari. — Noi non facciamo qui della politica, e quindi non entriamo a discutere intorno alla distribuzione dei portafogli, ma, attenendoci semplicemente a ciò che ci interessa, cioè alle cause per le quali anche noi abbiamo in questi ultimi anni combattuto, e talvolta vivacemente fon. Ministro delle finanze, da parte nostra diciamo, non possiamo essefe che soddisfatti del risultato ot­ tenuto.

Varie volte abbiamo detto che non potevamo ac­ cettare il programma dell’on. Luzzatti, espresso colla formula, consolidamento della spesa; abbiamo c e r­ cato di provare che un paese giovane come l’Italia, che pretende di avere negli affari d’Europa una po­ sizione molto superiore a quella che per la sua forza economica gli competerebbe, non può a priori fis­ sarsi un limite insormontabile nelle spese. Esigenze di genere diverso possono richiedere imperiosamente dei sacrifizi, ed il paese può essere disposto a tali sacrifizi per mantenere una posizione politica di mag­ giore importanza. — Noi non siamo entusiasti delle imprese coloniali, ma riconosciamo che se f Italia non adotta una politica di rigoroso raccoglimento, rinunciando a prendere parte attiva nel movimento politico internazionale, non può senza contradizione rimanere indifferente davanti alla vivace attività colla quale altre nazioni si affrettano ad avere un’ influenza diretta nel continente affricano. Noi crediamo che troppo si sia speso, e non sempre oculatamente, per i lavori pubblici, ma riconosciamo che per re­ stringere queste spese, sarebbe necessario mutare in modo completo A indirizzo economico e politico del paese, e questo mutamento radicale non abbiamo elementi sufficienti per giudicare se sarebbe oppor­ tuno e vantaggioso.

In altri termini, se 1’ Italia politicamente si met­ tesse al paro della Svizzera e del Belgio, la teoria del consolidamento della spesa sarebbe una conse­ guenza ragionevole; ma fino a tanto che f Italia vuol avere la posizione di grande Stato, deve anche sop­ portare le conseguenze che da questa sua posizione derivano.

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al Ministero delle Finanze si diminuivano i mezzi coi quali questo indirizzo di grande potenza poteva esercitarsi. La contraddizione, dapprima leggèra, andò mano a mano manifestandosi piu grave, sino al punto che per nasconderla si dovettero adottare espe­ dienti che non esitammo a giudicare pericolósi. Men­ tre da una parte si aumentava l’esercito e la marma, mentre si votavano nuove ferrovie, mentre si intra­ prendeva una politica coloniale non scevra di peri­ coli, dall’altra parte si diminuivano alcune imposte, si indeboliva il bilancio, e, ciò cbe è peggio, si man­ tenevano fuori. del bilancio .grosse somme di debiti, cbe un momento o l’altro pur bisognava pagare.

Oggi il nuovo Ministero promette di seguire lo stesso programma di politica estera, anzi intende di imprimervi nuova energia di esecuzione ; il nuovo Ministro della guerra aumenterà le spese per l’eser­ cito ; l’onorevole Saracco domanderà al Parlamento i fondi necessari per saldare i debiti che il sistema dell’on. Baccarini aveva creati e che l’on, Genala, dopo il lavoro delle convenzioni d’esercizio, aveva appena cominciato a sanare ; — e sta bene ; il ga­ binetto ripudia così la teoria del consolidamento della spesa, la quale teoria’ è in contraddizione colle aspirazioni che il paese manifesta e che nel paese si alimentano. — Ma in pari tempo si annuncia anche una serie di nuovi provvedimenti finanziari ;che muteranno radicalmente l’indirizzo seguito in questi ultimi anni ; si parla di aumento di imposte e di sospensione di sgravi.

Il tempo non mancherà per analizzare e discu­ tere quelle misure finanziarie che ij Ministero pro­ porrà al Parlaménto. Qualunque abbiano ad essere, Faccettarle ò il combatterle1 diventa una questione di secondaria importanza. Ciò cbe invece preme, e preme, urgentemente,’ si è che il sistema generale della politica finanziaria sia diverso, e che tutti go . vernanti e governati partano da un solo, unico e

ben chiaro concetto, che riassumiamo in queste due frasi :

o che la finanza abbia mezzi adatti all’ indirizzo generale economico e politico dello’ Stato;

o che l’ indirizzo generale economico e politico dello Stato -sia adattato ai mezzi di cui la finanza di­ spone.

i È evidente elicsi potranno formare due partiti : — quelli cbe varranno mantenuta l'Italia nel novero e nell’azione di grande potenza, e questi vorranno an­ che i mezzi finanziari che questa posizione domanda; quelli che vorranno una. modesta politica finanziaria diminuèndo gli oneri dei contribuenti, é questi ac­ cetterebbero allora una politica estera di raccogli­ mento. .

; Ma importa moltissimo che quegli uomini, i quali si erano illusi od avevano per qualche anno illuso il paese sulla possibilità di conciliare due indirizzi affatto inconciliabili, o si ritirino dal reggimento della cosa pubblica, ovvero mutino sistema."

La permanenza nel Gabinetto dell’on. Maglioni, e la presenza dell’on. Grispi e dell’on. Saracco, am­ bedue critici, come lo fummo noi, dell’ indirizzo fi­ nanziario di questi ultimi anni, ci affida nella spe­ ranza che l’on. Maglianr, chiusa una parentesi che non è per lui gloriosa, intenda ritornare a quel pe­ riodo saggiàmente ardito che dal 1876 al 1 8 8 3 se­ gnò una crescente floridezza nel nostro bilancio. E se così farà, noi che non vogliamo la morte ma la conversione del peccatore, siamo pronti ad accordare

all’on. Magliaio, del quale mai abbiamo discono­ sciuto l’ ingegno, l’appoggio della nostra parola’.

Il compitò che oggi spetta al Ministro delle finanze è difficilissimo, ma potrà superarlo vittoriosamente, se avrà coraggio di tracciare le grandi linee del suo programma con animo risoluto a seguirlo..

LE FUTURE CONVEBM I POSTALI MARITTIME

« Concludendo, noi speriamo che i voti del Con­ gresso tenutosi in Genova rimangano ciò che sono, e che il danaro dei contribuenti, se s’ ha da spen­ dere anche per la marina mercantile, si spenda assai meglio, e cioè: in un ragionale riordinamento dei servizi postali sovvenzionati, di cui diremo fra breve anche perchè una Commissione governativa sta per occuparsene, e in una abbastanza radicale riforma della legge 5 dicembre 1 8 8 5 , sulla quale pure ci proponiamo di tornare. »

Con queste parole terminava un nostro articolo del 27 marzo scorso, e le abbiamo ripetute perchè lasciavano un addentellato per quello che siamo per dire oggi. 1 due argomenti sopra enunciati meritano d’essere trattati a parte, uno alla volta. Cominciamo dal primo.

Già spiegammo ampiamente in altra occasione (v. L ’Economista del 2 3 maggio 1 8 86) come sia neces­ saria uiia compiuta revisione delle Convenzioni po­ stali marittime tuttora vigenti, anche assai prima della loro scadenza, in quanto esse vennero stipu­ lati in un tempo in cui l’Italia era meno dotata di linee ferroviarie e i suoi traffici marittimi si eser­ citavano su una zona meno vasta che adesso di mari e di oceani. Il piano dunque delle future Convenzioni deve essere determinato da un duplice lavoro: di eliminazione da un lato, di ampliamento dall’ altro.

Da un lato si potrà, epperò si dovrà, cessare dal corrispondere sovvenzioni per diverse linee interne. A che prò infatti spendere per una linea postale di Circuito della Sardegna, per un’ altra di circuito della Sicilia, quando nelle due nostre maggiori isole i punti principali delle coste sieno collegati me­ diante la ferrovia, con quelli dell’interno e tra loro? Quale utilità potrà avere una linea posta'e -marittima costiera che serva, come adesso, tutti i piccoli scali della Calabria, quando sia in esercizio e in alcuni tratti anche doppia, la linea ferroviaria da Napoli a Reggio ?

C erto, a tati’ oggi non sono compiute nè que­ st’ultima, nè le reti ferroviarie della Sicilia e della Sardegna ; ma nelle nuove Convenzioni postali ma­ rittime si deve prevedere il graduale compimento di tutte le strade ferrate che sono in costruzione o in progetto e stabilire che cesseranno i sussidi à certe date linee marittime man mano che l’aprirsi all’e­ sercizio di certe date linee ferroviarie renderà su­ perflue le prime. — In compenso dovranno rendersi più frequenti e più rapide le comunicazioni tra le isole e il continente se si vuole che quelle parteci­ pino in più larga misura alla vita comune italiana in tutte le sue forme.

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possono essere anche parallele a quelle ferroviarie, purché sieno soltanto commerciali, potendo il piro­ scafo far concorrenza alla vaporiera colla mitezza dei prezzi. Ma le linee interne commerciali devono vivere di vita propria e senza sovvenzioni gover­ native.

Per questa parte l’erario potrà dunque conseguire, molto o poco che sia, un risparmio di spese. Ma d’altro cauto il servizio postale marittimo sovvenzio­ nato dovrà estendersi a paraggi lontani, che al pre­ sente non l’hanno, senza dire dell’ampliamento di cui abbisogna nel Mediterraneo orientale. — Diamo alcuni esempi.

Nel Mar Rosso, un servizio postale italiano c ’ è, ma tardo e insufficiente, poiché i grandi vapori po­ stali che dall Italia vanno alle Indie, non si fermano a Massaua nè in altri nostri possedimenti, ma tirano di lungo sino ad Aden, dove sbarcano la posta, e dove la va a prendere, per portarla ad Assab e a Massaua ecc., uno dei due vapori stazionari che sono a ciò destinati e che inoltre bazzicano negli altri porti delle due rive del Mar Rosso, per fare qualche nolo di merci nei ritagli di tempo, diremo così, ossia quando glie lo consenta il Comando delle truppe italiane d’Africa, del quale devono stare a disposizione. — Che cosa succede? Che la posta italiana arriva nei nostri possedimenti due o tre giorni più tardi di quello che dovrebbe, e quella di laggiù, destinata all’Italia, deve partire due o tre giorni prima del tempo, per andare a sbarcare in Aden, dove si imbarca sul postale delle Indie che torna in Italia; e se per qualche motivo lo stazionario è trat­ tenuto dal Comando militare, arriva in Aden quando il postale delle Indie è già passato e le corrispon­ denze per l’Italia possono aspettare fino a quest’altra volta. Ora è egli possibile che un simile servizio postale abbia a ritenersi bastante anche per l’avve­ nire, se si vuole che le colonie italiane in Africa abbiano incremento e servano a qualche cosa?

Perchè la trasmissione della Posta si facesse ra­ pidamente e regolarmente bisognerebbe che i vapori delle Indie potessero fermarsi nei nostri possedimenti così all andata come al ritorno. Ma ciò non è pos­ sibile per più d’un motivo. In primo luogo gli ap- pfocty sono difficili e mal sicuri per piroscafi di grosso tonnellaggio; in secondo luogo verrebbe ad essere ritardata la comunicazione tra il Mediterraneo e le Indie, rendendo meno celere la posta sulla linea principale e sviando i passeggieri. Si potrebbe in­ vece supplire facendo sì che uno dei due vapori stazionari andasse a prendere, come adesso la posta e i passeggieri da e per Massaua a Aden, ma l’altro andasse a Suez. Qualcosa di simile fu proposto tempo addietro dalla Navigazione Generale Italiana, pro­ prietaria dei due stazionari, al Governo; ma poiché la percorrenza è un po’ più lunga e cagiona quindi qualche maggiore spesa, e poiché inoltre più diffi­ cilmente al vapore stazionario rimarrebbe agio di toccare per conto proprio altri porti del Mar Rosso a. scopo commerciale e quindi il corrispettivo di tal servizio dovrebb’essere più largo, per un malinteso spirito di economia il progetto non fu accettato. P re­ vediamo che un giorno o l’altro bisognerà venirci. Al generale Saletta, andato testé a Massaua ad assu­ mere il comando in capo dei presidi italiani, stante Tur genza del suo arrivo a destino, fu mandato incontro lo stazionario non a Aden, ma Suez ; senza di che egli sarebbe arrivato a Massaua almeno un tre giorni

più tardi. Certo, alla urgenza del viaggio d’un ge- nerale in tempo di guerra non è paragonabile quella dell arrivo a destino della lettera A, del pie^o B, o del pacco postale C ; ma le è paragonàbile, a parer nostro quella, del più celere trasporto possibile di tutta la valigia postale durante tutto l’anno.

Ed al Mar Rosso non finiscono i bisogni com­ merciali della nuova Italia che consuma e produce, importa ed esporta. Uno dei suoi obbiettivi, è l’estre­ mo Oriente. Ma anche qui l’ impulso allo scambio dei prodotti non può venir dato fuorché da mezzi di comunicazione regolari e frequenti, e per a ttuarli bi­ sogna che la loro ragion d’essere incominci col tra­ sporto della Posta. — Oggi i piroscafi italiani fanno un certo numero di viaggi annui fino a Hong Kong. Ma e Shanghai ? E il Giappone ? E l’Arcipelago In­ diano ?

Molto vi sarebbe da dire sulle comunicazioni tra 1’ Italia e le Americhe del Nord e del Sud. Ma, ri­ servando il tema ad altro momento, non possiamo non accennare di volo a quella America C entrale,, che nel traffico mondiale, aperto che sia il Canale di Panama, sta per acquistare un grado di eccezionale importanza. Essa deve fino da ora essere presa di mira come punto di destinazione e come punto di passaggio per il Pacifico, da chiunque non voglia arrivare ultimo, che è quanto dire perdente prede­ stinato, nella gara universale del commercio. E se alle relazioni commerciali le comunicazioni postali servono di battistrada, quelle per l’America centrale ed il Pacifico devono venire tempestivamente con­ template nelle Convenzioni per un servizio pubblico, che, se non sono immutabili, devono pur durare’ stipulate che sieno, un certo numero di anni, e vo­ gliono perciò essere apparecchiate anche in previ­ sione di un non immediato futuro e con larghezza di vedute.

Questi brevi accenni che sarebbero suscettibili di ben altro svolgimento, servono alla nostra tesi, in quanto presuppongono incontrastata, come è incontra­ stabile, In verità che sul mare e per mezzo del mare .l’ Italia deve cercare uno dei maggiori campi di, ope­ rosità, uno dei più forti impulsi allo sviluppo della propria agiatezza. Ma riconosciamo di aver trattato così l’argomento più che altro sotto il rispetto generico dello interesse nazionale. Nel prossimo numero, coi- l’addentrarvici ulteriormente, passeremo a conside­ rarlo in modo più speciale dal Iato dell’ interesse della marina mercantile, dal quale abbiamo preso le mosse.

L’INCHIESTA INDUSTRIALE IN INGHILTERRA

i l

L ’ aumento della produzione manifatturiera del— 1 Inghilterra è un fatto accertato dalle migliori sta­ tistiche. Soltanto per l’ agricoltura non è possibile dire lo stesso, perchè la quantità dei prodotti agrari del Regno Unito è materialmente diminuita in questi ultimi anni e i raccolti dell’ ultimo triennio non sa­ rebbero stati, secondo la relazione della maggioranza, compenso sufficiente alla scarsa produzione degli otto anni precedenti, mentre il continuo rinvilio dei *)

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prezzi ha reeàto all’agricoltura danni ancor più gravi della scarsezza dei raccolti.

Per farsi un’ idea più esatta conviene riportare qui le cifre della produzione media annuale del carbon fòssile e della ghisa e le cifre dell’importazione media annuale in Inghilterra del cotone greggio e della lana negli ultimi quattro quinquenni ; si vedrà da èsse l’aumento continuo e notevole che le industrie atti­ nenti a quei prodotti, che sono anche tra le princi­ palissime, devono avere avuto:

Ctrbon fossile Ghisa Colono greggio Lana greggia Quinquennio . 2 «a "g a per og ni 1 ab ita nt e 1 <E> a .2 «a Sa " S ”® 0 e - pe r og ni ab ita nt e im po rla !. ne tta fe o "sa O <53 «p03 IBI per og ni ab ita nt e m i l i o n i d i t o n . t o n n . m i l . d i t o n . t o n n . m i l . d i c w ts l i b b r e m i l i o n i d i l i b b r e l i b b r e 1 8 6 5 - 6 9 103 3. 29 4 .1 0. 14 8.1 2 9 .8 144. 0 4.0 1 8 7 0 -7 4 120 3. 79 4 .9 0.16 11.2 39.3 180.5 5.6 1 8 7 5 -7 9 133 3.9 7 6 .4 0.19 1 1 . 0 36. 6 197. 4 5.8 1 8 8 0 - 8 4 156 4.43 8 .1 0. 23 13.2 4 1 .8 217.1 6.1

Si potrebbero citare anche le cifre riguardanti i trasporti delle merci per strada ferrata e il tonnel­ laggio della navigazione e si vedrebbe che entrambe le due specie ili trasporto furono in aumento.

Nondimeno i lamenti per la mancanza di guadagni, sebbene non uniformi, sono generali e il fatto, ap­ punto per l’unanimità delle affermazioni relative, non può essere messo in dubbio. Che se Vincerne tax e precisamente la tassa sui redditi industriali e com­ merciali, ossia la scheda D ha dato nel 1 8 8 4 e 1885 le cifre più alte finora registrate dal 1876 in poi, varie ragioni tolgono a tali cifre quel carattere indiziario che a tutta prima si sarebbe disposti di accordarle.

È noto infatti <5he il maggior provento dell’ m- come tax va in gran parte attribuito alla maggior esattezza degli accertamenti, senza dire che in qualche caso la tassa può essere pagata su guadagni ora* inesistenti per la- renitenza dei commercianti a far 'sapere le loro perdite e di più che l’assestamento è stabi filò sópra una" media di anni, per cui la dimi­ nuzione dei guadagni non resulta immediatamente nei prospetti.

Gli altri due fatti, oltre l’ aumento della produ­ zione, cui accennavamo nell’articolo precedente, sono l’ incremento del capitale e la diminuzione del costo di produzione. Quanto al primo punto, l’aumento dei depositi presso le banche, le casse di risparmio or­ dinarie e quelle postali, attestano che l’ accumula­ zione del capitale non può aver subito un rallenta­ m ento; che poi il costo di produzione tenda a diminuire non può essere revocato in dubbio quando si rifletta ai continui progressi tecnici.

Or bene, la relazione crede di poter rintracciare la ragione del malessere industriale, non ostante fazione di alcune cause correlative al benessere eco­ nomico, nel fatto di un cambiamento avvenuto nella distribuzione della ricchezza. « Una gran parte dei lamenti generali e il sentimento generale della crise possono spiegarsi coi cambiamenti che hanno avuto luogo.in questi ultimi anni nella distribuzione dei redditi. Il profitto del capitale è diminuito e l’ im­ piego del lavoro, almeno per ora, non è più esteso e continuo, sicché anche se le mercedi non sono

state ridotte, minore è stata la somma delle mercedi guadagnate dagli operai a causa del lavoro irrego­ lare e dell’ impiego parziale. » Veramente qui si potrebbe notare la contradizione tra il supposto cam­ biamento nella distribuzione della ricchezza e l’altro fatto che i profitti sono scemati ma sono pure dimi­ nuite complessivamente le mercedi guadagnate dal lavoro. Quali sono allora le parti tra le quali av­ venne il cambiamento nella distribuzione ? E si può veramente e con qualche fondamento parlare di un tale cambiamento? Ecco i punti sui quali la rela­ zione ci dice troppo poco, limitandosi essa a mostrare col mezzo di una tabella dei contribuenti alla income tax, che il numero delle persone che godono una entrata inferiore a 2 0 0 0 sterline annue è cresciuto in proporzione maggiore della popolazione, mentre il numero delle persone che godono entrate supe­ riori a 2 0 0 0 sterline è aumentato meno e quello di coloro che hanno più di 5 0 0 0 sterline di entrata è diminuito. « Quanto minore è l’entrata, dice la relazio­ ne, tanto maggiore è. stata la ragione dell’aumento. » Ad ogni modo non si può non ammettere che il fatto della più larga distribuzione dei prodotti e della diminuzione dei redditi maggiori sussista entro certi termini, che le indagini statistiche non hanno ancora rivelato con precisione. Nè ciò si è verificaio e si verifica per la sola Inghilterra. Più o meno chiara­ mente, a seconda delle forme di imposizione, si è potuto notare lo stesso fenomeno in Francia, in Ger­ mania e altrove. Sicché mentre siamo disposti ad ammettere questo movimento dei profitti, non cre­ diamo però che in esso risieda una causa speciale della crise, poiché la diversa ripartizione degli utili industriali può derivare da cagioni varie e indipen­ denti dalla condizione peculiare della industria.

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-giustamente Ja relaziona-osserva che una delle cause principali, che hanno contribuito a turbare 1’ equi­ librio tra la produzione inglese e la domanda di quei prodotti è la politica protezionista di molte nazioni estere, la quale si è accentuata maggiormente in questi dieci anni. Gli alti prezzi che la : prote­ zione assicura al produttore entro i confini del ter­ ritorio quale essa si estende, stimolano la produzione e la spingono a concorrere sui mercati esteri. La produzione esuberante che non può trovare esito al- l’ interno, viene mandata fuori dove è venduta ad un prezzo minore di quello al quale possono venderla i produttori non protetti da condizioni artificiali.

Nè basta. A dare uno sviluppo troppo rapido e talvolta artificiale alle imprese commerciali e indu­ striali concorse anche la legislazione eoll’accordare dei favori alle Società di commercio, riguardo special- mente alla responsabilità limitata. E anche in In­ ghilterra le leggi sulla responsabilità limitata hanno resa facile la costituzione delle imprese, al punto che non sempre si dà il debito peso all’ importante que­ stione se le condizioni generali dell' industria ri- chieggano un aumento di produzione o se vi sia la certezza di un lavoro continuo.

L ’ effetto dello sviluppo naturale o artificiale del commercio e delle industrie continentali sulla situa­ zione economica dell’ Inghilterra è però sempre quello che presenta la maggior importanza. L ’ Inghilterra continua, è vero, ad esportare in quantità rilevante i suoi prodotti ; ma il suo commercio con 1’ estero diviene sempre meno proficuo per le maggiori dif­ ficoltà d’accesso ai mercati esteri, create dalle ta­ riffe restrittive e la necessità quindi di limitare il più possibile gli utili per poter vincere ancora nella lotta che si è impegnata tra i paesi più produttivi, tale necessità, diciamo, si impone sempre di più. Inoltre nei mercati neutri come quelli delle colonie e possessioni britanniche, e specialmente nel L e­ vante, il commercio inglese incominciò a sentire gli effetti della concorrenza estera laddove un tempo esso godeva una specie di monopolio.

Per convincersi che il volume del commercio col- I’ estero o meglio con i principali paesi, alcuni dei quali veramente sono protezionisti, non è diminuito mentre devono esserlo gli utili che un tempo l’ Inghil­ terra poteva trarne, basterà riferire il valore medio annuale delle esportazioni dal Regno Unito per alcune contrade (in migliaia di lire sterline) :

A n n i F ra n c ia G e rm a n ia S p a g n a 1 I ta li a R u s s ia S ta ti U n it i T o ta le i P e r o g n i a b it a n te i 1865-69 10. 995 19.964 2 .184 5.474 4.174 23. 522 66. 286 St. Se. 2.18 1870-74 16.156 26 .308 3.414 6.388 7.592 33.023 92.881 2.91 1875-79 15.098 20.212 3 .442 6. 005 6.525 17.991 69.273 2.06 1880-84 16.860 18. 082 3 .6 4 0 6.532 5. 984 28.684 79. 782 1 2. 26

Se le perdite parziali non sono già mancate, spe­ cie nei rapporti con la Germania, le esportazioni com­ plessive ebbero però aumenti non trascurabili ; ma non sarebbe certo cauto il far troppo a fidanza con essi. La tendenza in tutti gli Stati è quella di ren­ dersi economicamente indipendenti con alte barriere doganali. È invero una indipendenza assurda e dan­ nosa che non ha nulla a vedere con quella politica

che tanti sforzi richiese a più d’ un paese, ma il fatto è oggi tale, e I’Ing11i 11erra 11on potrà "noti su­ birne le : conseguenze anche in, avvenire, come già dovette provarle in questi ultimi anni.

Troppo in lungo ci porterebbe il discorso se vo­ lessimo estenderci a considerare anche l'e altre cause secondarie della depressione, come sono riferite.dalia relazione della maggioranza Alcune, più che cause della crise, sono lagnanze; come quelle relative ai trasporti ferroviari, che possono essere talvolta giu­ stificate, ma non hanno tanta efficacia da produrre una vera depressione industriale e .commerciale.

E infatti la relazione nella sua conclusione un po’ ottimista ma certo se ria , oppurtuna e infor­ mata a sani criteri, non confonde tutte le varie cause della crisi addotte, ma rileva il loro carattere se­

condario o meno e distingue quelle che possono es­ sere rimosse- dalle altre che sono all’ infuori di ogni azione immediata. Queste ultime sono: la depressione dell’agricoltura la quale, a quanto sembra, non potrà migliorare fino a che non sarà cessata la concorrenza dei terreni migliori del nostro, la diminuzione dei profitti che è effetto naturale dell’accumulazione dei capitali e che durerà finché non sia accompagnata da una corrispondente espansione del commercio e da qualche periodica distruzione di ricchezze come è quella cagionata dalle grandi guerre ; e finalmente la politica protezionista delie nazioni estere. Altri elementi invece dipendono, in gran parte da càuse che è possibile rimuovere, quali sarebbero : il dete­ rioramento nella qualità di alcune produzioni indu­ striali ; la mancanza di spirito di intrapresa, mercè i rivali dell’ estero quantunque abbiano meno natu­ rali facilità o minore attitudine alla produzione pos­ sono fare la concorrenza su mercati che sono stati e potrebbero ridiventare clienti dell’Inghilterra; final­ mente i difetti che possono esistere nella, legislazione commerciale inglese.

La relazione finale della Commissione d’ inchiesta inglese non ci ha rivelato, come altri osservò, nulla di nuovo ; ma in un momento in cui la corrente protezionista signoreggia e mette a nudo la man­ canza di convinzioni di tanti uomini di Stato e di nu­ merosi scrittori di cose economiche è pure confortante il vedere ch’essa ha saputo fare un esame serio, alieno da millanteria, ponderato, della crise inglese e tener alta ancora la bandiera della libertà commerciale.

Rivista Bibliografica

Em ile C hevallier. — L e s s a la ir e s a u ' X I X siè c le —

O u v ra g e c o u ro n n é p a r V A cad ém ie des S c ie n c e s m o ­ r a le s et p o lit iq u e s . — P aris, A rth u r .Rousseau, 1887, pag. 291, iu-8.

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ri-compensa è appunto questo dello Clievallier, di cui abbiamo dato più sopra il titolo, e che ci pare un buon contributo alla letteratura ormai .copiosissima intorno alla teoria del salario.

L ’Àùtore ha diviso l’opera sua in due parti: nella prima tratta dell’aumento dei salari, nella seconda delle cause dell’aumento e delle leggi economiche del salario. In una introduzione sono esposte però, anzitutto, alcune idee generali sul salariato e fin dalle prime linee si può vedere che l’Autore con­ sidera da un punto di vista correttissimo la questione della trasformazione del salario, respingendo f idea che sia possibile di sostituirlo e mostrandone fu ti­ lità, la necessità sua imprescindibile. Nondimeno ri­ conosce che il salario è suscettibile di molte com­ binazioni, le quali senza togliergli il suo carattere di sicurezza e di periodicità gli servono, come disse il Leroy Beaulieu, di condimento e valgono a inte­ ressare l’operaio all’ impresa.

Nella prima parte lo Clievallier, attingendo a nu­ merose statistiche e a lavori speciali sui salari agri­ coli, della piccola e della grande industria dimostra assai bene il carattere dell’aumento dei salari veri­ ficatosi negli ultimi cinquantanni. Si può contestarne forse la misura, ma non l’esistenza, poiché se anche il materiale statistico non ispira sempre la stessa fiducia, e se in certi confronti bisogna procedere assai cautamente non v’ ha dubbio però che i r e ­ centi lavori sui salari hanno messo in luce il mo­ vimento progressivo dei salari. E il nostro Autore cita dei dati degni di fede non solo per la Francia ma. anche per T Inghilterra, la Germania, gli Stati Uniti e l’Australia, i quali provano bene che l’aumento non fu, come non poteva essere, uniforme, ma ovun­ que le mutate condizioni economiche ne furono la causa determinante.

Tuttavia non è sufficiente accertare l’aumento no­ minale del salario, dacché esso potrebbe .derivare da un maggior lavoro, vale a dire da uno sforzo mag­ giore dell’operaio, oppure essere apparente, non reale sia per il deprezzamento della moneta con la quale il lavoro viene retribuito, sia per I’ aumento dei prezzi dei viveri, correlativo all’ aumento dei salari. Or bene lo Clievallier non trascura queste impor­ tanti ricerche e quanto al primo punto prova che la riduzione nelle ore del lavoro nei paesi più indu­ striali è stata raggiunta mentre la produttività del lavoro si è andata accrescendo, pur rimanendo assai diversa nei vari paesi.

Rispetto agli altri due punti egli esamina minu­ tamente se il prezzo della vita materiale dell’operaio è rimasto stazionario, oppure se è cresciuto in misura égualé al salario. Studia a questo scopo il bilancio dell’operaio per vedere quale importanza hanno i vari elementi del bilancio stesso e le difficoltà che vi sono a determinare un tipo di bilancio. Interes­ santissimi sono i capitoli sul costo comparativo della vita nei vàri paesi, sulle variazioni nei prezzi dei generi alimentari, nel prezzo dell’alloggio e sull’au­ mento del benessere coi quali si chiude la prima parte del libro. La conclusione di questo studio condotto con vero metodo positivo e con sano criterio scientifico è che « mentre nei secoli trascorsi l’ operaio era generalmente sventurato oggi la minoranza sola è nella indigenza. La miseria è meno generale; ma lo stato attuale dell’organizzazione industriale (e noi di­ remo anche della società) 1’ ha forse resa più in­ tensa ».

Nella parte seconda entriamo nel campo delle teo­ riche sul salario e l’Autore comincia dal considerare il salario normale per fissarne i limiti, che egli trova in un minimum determinato dal costo di produ­ zione del lavoro, cioè dal prezzo delle cose indi-' spensabili all’ esistenza e in un maximum dato dal maggior valore conferito al prodotto dal lavoro del­ l’operaio, meno il profitto dell’ in tra prenditore. Non ostante questi limiti il salario può oltrepassare il massimo e in tal caso l’ intraprenditore perde, il che avverrà eccezionalmente in tempo di crise, o può scendere al disotto del minimo e allora o nella ca­ rità o nella emigrazione o in altro lavoro sarà co­ stretto di cercare il rimedio alle sue sofferenze.

Senza pretendere di far la critica di questa teoria del salario normale notiamo solo che i limiti dal­ l’Autore assegnali alla dinamica del salario, sono da lui stesso riconosciuti difficili a determinarsi non solo, ma anche suscettibili d’ essere, oltrepassati, e tutto ciò, per non dire d’altre ragioni, ne pare tolga loro e all’esistenza speculativa del salario normale, gran parte della base logica che lo Chevallier, certo acuta­ mente, ha ricercata ed esposta.

Ad ogni modo partendo dai concetti surriferiti, egli mostra giustamente il lato deficiente della teoria del salario esposta dal Turgot, secondo il quale l’ope­ raio ne gagne que sa vie ; teoria di poi sfruttata dai socialisti per condannare l’ ordinamento economico attuale e riformarlo violentemente col mezzo dello Stato.

Senonchè, dice lo Clievallier,« fra i due poli estremi, che non può normalmente travalicare in modo du­ revole, il salario subisce delle oscillazioni numerose, ora s’avvicina al massimo, ora discende al suo mi­ nimo ». Di qui il salario corrente sul quale l’offerta e la domanda di lavoro hanno una influenza prepon­ derante, non unica però, perchè le istituzioni e le leggi, la consuetudine ecc., hanno ancor esse una efficacia maggiore o minore a far variare il salario corrente o a mantenerlo al suo saggici non ostante le mutate condizioni dell’ offerta e della domanda o dell’ industria stessa. E su questi vari argomenti, nonché sulle differenze dei salari, il libro ha dei capitoli non privi di una certa originalità e novità di ricerche, quantunque talvolta non siano abbastanza approfondite le indagini sulla influenza che quei vari fatti hanno sul salario.

L ’Autore chiude il suo libro, veramente interes­ sante, ripigliando ad esaminare alcune delle idee ge­ nerali esposte nell’ introduzione e fa delle conside­ razioni giustissime sui rapporti tra il capitale e il lavoro, mostrando come questi due elementi possano variamente combinarsi e accennando ai tentativi che a questo proposito si fanno in Inghilterra e agli Stati Uniti con la scala mobile applicata ai salari, o con la partecipazione al profitto o in altro modo.

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1 0 a p r ile 1 8 8 7

mostrerà, confidiamo, che esso merita di avere nu­ merosi lettori o, quel che più importa, che. esso può; correggere, senza dubbio qualche idea' inesatta , sul

tema del salario. R, D. V.

RIVISTA ECONOMICA

L a c o n fe r e n z a c o lo n ia le d i L o n d ra .Le p r o p o s te

d e lla C o m m is s io n e d ’in c h ie s ta s u l la v o ro n e l B e lg io .

L e g r a n d i c i t t à n e i v a r i p a e s i.

La Conferenza, coloniale che è tenuta in questi giorni a Londra ha una importanza tale che non può essere passata sotto silenzio. Gli inglesi hanno risolto da un pezzo quella questione coloniale che affatica i governi degli Stati che sono entrati per ultimi nel campo della espansione d’ oltre mare ; per essi non si tratta ormai che di stringere vieppiù i rapporti tra la madre patria e lo colonie per rendere sempre maggiori ¡.benefici che e l’una e I’ altra possono ritrarne. A questo fine tende la Conferenza coloniale di Londra alla quale prendono parte i rappresentanti del governo inglese, nonché quelli delle principali colonie.

Non si tratta propriamente di fondare quella F e ­ derazione imperiale che alcuni scrittori hanno ideato e vanno sostenendo con la parola e con la penna ; più pratica, la Conferenza coloniale si propone di studiare e tentare di risolvere alcune questioni di interesse comune. E lord Salisbury nel discorso pronunciato alla prima riunione della Conferenza non ha mancato di distinguere nettamente la costi- tuzionè di una Federazione imperiale, che è in certo modo la meta dell’ avvenire, dagli obbietti attual­ mente possibili. Se le aspirazioni verso una federa­ zione delle colonie sono ancora allo stato di nebu­ losa, in due punti sostanziali parrebbe però possibile un accordo ; nell’ aiuto cioè vicendevole nella gran lotta industriale e in un unione per la mutua difesa contro le aggressioni violente. Se nonché un Zol­ lverein britannico non è ancora facilmente attuabile data la mancanza di unanimità nella politica eeono-, mica delle colonie e della madre patria. Rimane quella che i tedeschi chiamano una Kriegsverein o unione per mutua difesa che nell’assenza di un sistema commerciale comune può assicurare a cia­ scun componente l’unione le condizioni fondamentali su cui soltanto un sistema commerciale qualsiasi può sicuramente poggiare. E questa mutua difesa pare la meta cui specialmente tende a conseguire il governo inglese ; procedendo in ciò in senso con­ trario della Germania, che prima attuò l’unione do­ ganale per passare poi all’ unione militare e politica. Ma le condizioni diverse spiegano a sufficienza come per gli inglesi debba avere la precedenza la que­ stione della difesa reciproca sia pèr ragioni politiche che economiche.

Si tratta infatti di avvisare al modo migliore per rendere forte l’impero e le sue dipendenze nou solo, ma anche'di sviluppare sempre più le relazioni tra la madre patria e le colonie e tra le varie colonie fra loro e di rendere quelle relazioni più sicure che è possibile.

Già negli ultimi cinquantanni le colonie britan­ niche hanno avuto un notevole sviluppo e le cifre riportate da Sir Henry Holland sul suo discorso lo provano abbastanza. La popolazione delle Colonie

nej 1 8 3 7 era poco più di 4 milioni di abitanti, essa è ora di quasi, 20. milioni, essendo, aumentata più di 3 volte nel Canadà, 8 volte al. Capo e 1,2 volte in Australia. Nello stesso perìodo le importazioni e le esportazioni dell’ Inghilterra col Canadà salirono da IO milioni a quasi 3 0 milioni, coll’Australia da tre milioni a 1 2 0 milioni, coi possessi' africani da due milioni a 10 milioni di sterline. Questo sviluppo è destinato senza dubbio a persistere e forse a cre­ scere di vigore sia per la necessità che ogni giorno più si impone all’ Inghilterra di rifarsi con io Colonie delle perdite che deve subire in Europa per effetto della ; concorrenza degli altri Stati, sia per le consi­ derevoli forze che ivi immigrano annualmente.

La Conferenza coloniale non si occuperà del resto soltanto della difesa reciproca, ma anche delle co­ municazioni postali e telegrafiche per renderle mi­ gliori e meno costose. Cosi ad esempio sarà discusso la proposta di ridurre la tassa postale por le colonie a un penny e saranno pur esaminate altre impor­ tanti questioni circa alle Nuove Ebridi che suscita­ rono tempo fa qualche contestazione tra la Francia e l’ Inghilterra, circa alle pescherie .che diedero luogo ad altre contestazioni tra il Canada e gli Stati Uniti, ecc.

Si comprende adunque come gl’ inglesi vedano con piacere e salutano con animo pieno di speranze la Conferenza coloniale che deve iniziare migliori e più intimi rapporti tra le giovani e fiorenti Colonie e la madre patria. Si aggiunga che il cumulo degli in­ teressi che l’ Inghilterra ha in quei lontani paesi per le forti somme impiegate in una moltitudine di imprese non può non interessare l’opinione pubblica in tale materia. La Conferenza non avrà a legiferare, ma a proporre soluzioni pratiche e riforme possibili e si può ritenere che raggiungerà il suo scopo.

— La questione operaia nel Belgio ha formato og­ getto di studio da parte diuna Commissione d’inchiesta sul lavoro, alla quale non sì può certo rimproverare- la scarsezza delle proposte e il poco amore per le riforme legislative. Per convincersene basta leggere le venti relazioni che già sono, state presentate su altrettante questioni o economiche o igieniche e mo­ rali; relazioni non prive certo d’ importanza e di interesse anche fuori del Belgio, ove il problema operaio si agita con ardore più o meno grande ma sempre con (insistenza. Non vogliamo occuparci di alcuni punti non strettamente d’ ordine economico come il servizio militare personale, che divide ora così profondamente l’opinione pubblica del Belgio ; accenneremo solo a questo proposito che il relatore si è dichiarato a favore del.servizio personale e per l’abolizione della sostituzione, Onde si operi un mag­ gior contatto tra le classi sociali. L ’ intemperanza è nel Belgio più assai che in altro paese la grande piaga delle classi operaie. La Commissione si è pronunciata per la fissazione in ogni comune di un numero di spacci di bevande spiritose strettamente limitato in ragione della popolazione; di più ha chiesto l’aumento dei diritti fiscali sugli alcools di­ stillati e la franchigia della birra.

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dell’ introduzione del regime corporativo generale e obbligatorio.

La Commissione a vero dire non ha accolte que­ ste idee del Prins, ma ha respinto del pari quelle dei partigiani dello statu quo e si è dichiarato fa­ vorevole a un sistema analogo a quello adottato dalla Francia con la legge del 21 marzo 1 8 8 4 sui sindacati professionali. Poiché in base alla costitu­ zione esiste nel Belgio la libertà assoluta di asso­ ciazione non si tratterebbe che di dare la persona­ lità civile alle associazioni, le quali possono for­ marsi liberamente, siano esse formate da soli operai o da soli padroni o da essi insieme.

Altre divergenze di opinione si sono manifestate a proposito del progetto sui consigli di concilia­ zione, presentato tempo fa alla Camera belga dal- l’ on. Frère-O rban . Il prof. Brants dell’ Università di Lovanio ha fatto respingere le proposte del Prins e del Denis tendenti a una organizzazione generale della classe operaia, da cui dovrebbero sortire que­ sti Consigli ed ha fatto accettare che i consigli di conciliazione potranno essere istituiti o in un solo stabilimento industriale o in gruppo di stabilimenti. Cotesta disposizione avrebbe per ¡scopo di mantenere le istituzioni dello stesso genere che alcuni grandi industriali dell’ Hainant hanno creato spontanea­ mente nelle loro fabbriche per facilitare I’ accordo con gli operai. E fu deciso inoltre che i consigli di conciliazione non si trasformerebbero mai in tri­ bunali arbitrali ; essi si limiteranno a facilitare il ricorso all’arbitrato se le parti lo domandano.

La Commissione ha chiesto una legislazione pel lavoro industriale delle donne e dei fanciulli, simile a quella inglese e francese e domanda pure l’ in­ terdizione alle donne minorenni di lavorare nelle miniere.

Ha poi respinto le proposte tendenti a far fissare per legge la durata del lavoro quotidiano dell’ope­ raio adulto e non ostante i reclami degli operai e il suo stesso desiderio, la Commissione di fronte alla costituzione (art. 15) la quale vuole che nessuno sia costretto in qualsiasi modo ad osservare i giorni di riposo, non ha potuto proporre una legge per sta­ bilire il riposo generale della domenica.

A queste varie proposte bisogna aggiungere quelle relative a un progetto di legge per rendere inse­ questrabili i salari degli operai fino all’ importo di 3 lire il giorno e un altro per impedire ai padroni di pagare i loro operai in derrate, poiché il truck systern che è praticato in una parte del paese fiam­ mingo solleva molti lagni.

La commissione belga comprendeva i professori delle primarie U niversità; ne pare che da quello che essa propone, e che avrebbe proposto se lo avesse potuto, si possa desumere quale sia l’indirizzo che nel Belgio i cultori dell’economia seguono. E le propo­ ste della Commissione, eccetto poche, sono, come si è vis'o, informate al più schietto socialismo di Stato; e invero son tali che non si saprebbe se più deplo­ rarne la natura o le illusioni che su esse si sono formate.

— Lo sviluppo delle grandi città ha formato più volte oggetto di studio per i gravi problemi d’ ordine diverso che ad esso si connettono. *) Si sa quale at­ trazione esercitano i maggiori centri sui minori e

*) Si vegga in proposito l’articolo : L e grandi città e i loro pericoli nel N. 601 dell 'Economista.

quali conseguenze derivano da questo assorbimento, spopolando talvolta le campagne con danno dell’agri­ coltura e agglomerando popolazioni povere in spazio ristretto. Questa materra è stata studiata di recente da uno statistico ben noto, il Levasseur, in una breve pubblicazione intitolala les Populations urbaines en Franco comparées à celles de l'étranger, ricca di notizie interessantissime sulle grandi città. Ecco ad esempio il numero delle città che hanno più di cento mila abitanti per i principali paesi del mondo :

R ap p o rto N u m ero t r a la popolaz. d elie c ittà d i co teste c ittà con p iù P o p o laz io n e e 1000 a b ita n ti d i 100,000 to tale d e lla p o p o laz. S T A T I a b i ta n t i d i q u este c ittà to ta le d el p aese

Regno U nito 27 9 ,287,000 263 Paesi B assi 3 671,000 167 Belgio 4 871,000 157 F ran cia IO 3,904,000 106 Im pero tedesco 17 4,3 0 2 ,0 0 0 92 . S tati U niti 20 4,755,000 90 Spagna 5 1,317,000 80 Ita lia 11 1,970,000 69 Brasile 3 620,000 47 A ustria U n g h eria 5 1,523,000 39 R ussia 9 2 ,966,000 33 India 22 4 ,506,000 18

Da queste cifre può vedersi che considerati i soli paesi d’ Europa, l’ Italia occupa per numero di grandi città il terzo posto, mentre ha l’ottavo posto'se si considera la proporzione che passa tra la popola­ zione delle sue grandi città e quella totale del paese; il che significa che i suoi centri maggiori sono bensì numerosi ma non eccessivamente popolati.

Notevole è pure lo sviluppo che in alcuni degli Stati surriferiti hanno avuto le grandi città dal prin­ cipio del secolo ad og gi; specie in Inghilterra e in Germania si trovano esempi di aumenti straordinari, come Liverpoo! che da 5 4 ,0 0 0 abit. nel 1801 passa a 5 2 2 ,0 0 0 nel 1881 e Berlino che da 1 7 2 ,0 0 0 ab. sale a 1 ,3 1 5 ,0 0 0 . In Francia e in Italia dove la po­ polazione rurale domina ancora, gli aumenti sono meno forti, così Roma da 1 5 0 ,0 0 0 abit. nel 1801 •sale a 2 7 3 ,0 0 0 e nello stesso periodo di tempo Napoli da 3 5 0 ,0 0 0 a 4 6 3 ,0 0 0 , Milano da 1 7 0 ,0 0 0 a 2 9 5 ,0 0 0 , Torino da 7 6 ,0 0 0 a 2 3 0 ,0 0 0 abitanti.

È pure interessante per ragioni facili a compren­ dersi di confrontare le principali città d’ Europa dal punto di vista dell’estensione e della densità della popolazione. Se si considera l’ insieme del territorio fabbricato o no di ogni città si vede che Londra ha una estensione di 5 0 ,4 8 6 ettari, Parigi di 7 8 0 2 , Berlino di 6 3 1 0 , Vienna di 5 5 4 0 , Firenze di 4 2 2 6 , Genova di 317 5 , Milano di 2 1 7 6 , Torino di 116 0 , Venezia di 551 ettari ecc. E quanto alla densità della popolazione, il Levasseur trascurando per cia­ scuna città la parte non fabbricata che può essere maggiore o minore e alterare notevolmente le cifre è pervenuto a questi risultati. Il numero di abitanti per ettaro fabbricato sarebbe di 3 9 2 a Parigi, 2 5 7 a Dresda, 2 6 3 a Amburgo, 2 9 4 a Torino, 3 5 6 a F i­ renze, 5 3 0 a Venezia, 6 3 7 a Vienna, 645 a Milano, 6 5 7 a Berlino, 9 3 3 a Genova.

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10 aprile 1887

L’ E C O N O M I S T A

possono presentare talora alcuni vantaggi, esse fanno sorgere però problemi gravissimi cui non si è sem­ pre prestata la cura che. meritavano.

LA BANCA ROMANA NEL 1886

Il giorno 5 marzo ebbe luogo l’Assemblea gene­ rale (iella Banca Romana, alla quale il governatore dell’Istituto, comm. Tanlotigo, ha presentato il bilan­ cio 1 8 8 6 e la relazione sull’andamento della Banca nel detto esercizio. Ne riassumiamo qui i punti principali:

Il prospetto dei prodotti e delle spese indica i primi per un to tale d i ...L . 2,541,793. 61 e le seconde per un to tale di . . » 1,294,467.34 risultandone 1' utile d i ... L. 1,247,326. 27

N ell’ esercizio dell’ anno precedente l’ utile risultò di L ire 1,226,920. 51 onde si hanno più che 20,000 lire di maggiore benefizio.

P iù confortevole ancora del migliore risu ltato ge­ nerale è il considerare il m aggiore contingente di utile d ato dalle operazioni ordinarie ta n to d a coprire l’ attenuazione nei capitoli rendite di fondi pubblici e rendite di beni stabili, per alienazioni di cap itali nell’uno e n e ll’altro ra m o ; la scom parsa del benefizio straordinario derivato l ’anno scorso dal servizio della conversione della rendita tu r c a ; ed i minori ricuperi da debitori non valu tati. Vi ha pure m iglioram ento neH’am m inistrazione speciale dei fondi rustici, ed esi­ ste u n a piccola rubrica strao rd in aria di L. 32,202. 22 per u tili nelle alienazioni di beni stabili.

Le spese hanno altre si contribuito al risultato mi­ gliore essendovi nel complesso una economia di quasi 60 m ila lire su quelle dell’anno scorso.

A nche lo sta to patrim oniale si presenta in condi­ zioni soddisfacenti.

Ma per rendersi meglio ragione del lavoro di q u e­ sto istitu to conviene passare in rassegna alcune delle principali p artite.

P rim a é quella del movimento di cassa, che p re ­ sen ta un a som ma di e n tr a ta per L. 666,584,019. 96 un a di u scita per...» 667,658,259. 32 e cosi un movim. complessivo di L. 1,333,242,279. 28 m entrè il movimento complessivo d ell’ anno a n te c e ­ dente era sta to di L. 1,060,899,156. 89. È questo un segno di maggiore in ten sità di lavoro.

Del resto ta le in ten sità si può ancora meglio a r ­ gom entare d alla dim ostrazione degli effetti e n tra ti in partafoglio. In fa tti gli effetti su Rom a sono sta ti L. 43,236 p er un am m ontare di L. 139,936,733.16

quelli sopra altre piazze

» 20,255 p er un am m ontare di . » 82,360,896.04 e così in complesso

L. 63,491 E ffetti pel valore di. . L. 222,297,629. 20 T a le p a rtita formava nel bilancio 1885 un solo a l­ legato e presentava 45,233 effetti per un im porto to tale di L. 151,891,656.40. Il rip a rto degli effetti per categorie di somme dà a divedere come d alla B anca si distribuiscano equam ente le proprie dispo­ n ib ilità a tu t te le classi del commercio. E d è pure da notare, in specie per le cam biali pagabili fuori di Roma, cbe fra le eategorie m aggiori entrano per molto alcuni effetti im p o rtan ti a brevissime scadenze che la B anca accoglie di buon grado, perchè utili al rifornim ento di fondi alle rap p resen tan ze pel cambio ed ai corrispondenti.

Il cambio richiesto da privati ammontò a lire 57,483,711. le risco n trate cogli is titu ti di emissione a L. 428,467,785. 50.

Q ueste due p a rtite erano sta te nel 1885 di lire 55,217,085 la prima, e di L . 411,157,580 la seconda, nè le differenze in più per il 1886 sono ta li da d are

pensiero, massime se si consideri il m aggior lavoro dèi quale si è p arlato più sopra. E d ’ altronde la spesa di L. 170,585. 78, sopportata per tale cambio, è s t a ta 1 inferióre a quella di Tj: 212,861.48:avuta L’anno

precedente. . . . ■■■

M ediante l’aum ento delle rappresentanze è stato esteso ad altre provincie il corso legale dei biglietti della B anca R om ana. Nei prospetti annessi al bilancio del 1$85 figuravano 30 rappresentanze, oltre la sede in Roma; ne figurano nove di più in quello del 1886; quelle cioè co stitu ite in Ascoli Piceno, presso la B anca po­ polare, in Cassino (provincia di C aserta), presso la B anca popolare cooperativa; in C hieti presso la C assa di risparm io m arrucina; in Livorno, presso la B an ca di Livorno; in Pisa, presso la B anca popolore coope­ rativa; in Lucca, presso la B anca di credito toscano, in Teram o, presso la Banca m utua popolare; in F i ­ renze, presso la B anca m utua popolare; ed in Arezzo, presso la Banca m u tu a popolare aretina. In o ltre fu ­ rono stabiliti accordi colla Banca popolare Sam m a­ rinese.

Q uanto alle operazioni dell’ ufficio speciale per le liquidazioni di borsa a fine mese, assunto d a lla B an ca R om ana dal febbraio 1886, le cifre di questo movi­ m ento sono eloquentissim e, In undici liquidazioni si sono com pensati ta n ti valori per un im porto di L i­ re 1,752,869,270 e le differenze p ag ate sono s ta te appena di L. 57,701,205:38, ossia il 3,29 0(0 delle operazioni liquidate. È un grandissim o v antaggio che con tale servizio la B anca ha reso al paese e cbe è sta to generalm ente molto pregiato.

Q uanto, finalm ente, agli utili am­

m ontanti a ... L, 1 ,2 4 7 ,3 2 6 .2 7 furono già distrib u iti i due acconti

agli azionisti secondo le disposizioni

s ta tu ta rie in ... » 750,000.00 e ne r i m a n g o n o ... L. 497 ,326.27 le quali furono erogate,nel seguente m odo,. in seguito a deliberazione dell’assem blea che approvava le pro­ poste del Consiglio d ’A m m inistrazione. M entre .agli azionisti avrebbe potuto essere p ag ato L . 21.-22 per azione, il rip a rto alle azioni fu rid o tto a L. 10 jie r cad au n a come nello scorso anno e la differenza in lire 31,828.88 fu m an d ata ad aum ento del fondò di riserva. P e r ta l modo m entrè il cap itale riceve il 6 0(0 il fondo di riserv a'v ien e p o rta to a L. 2,717;007. 04 e il fondo di speciale previdenza#a » 1 ,1 98,586. 68

T otale L. 3,915,593. 72

IL COMMERCIO ESTERO DELLA FRANCIA E DELL’INGHILTERRA

nei primi due mesi del 1887

Per l’ insieme dei due mesi il movimento com­ merciale della Francia si riassume nelle seguenti cifre :

1887 IM P O R T A Z IO N E

P ro d o tti alim entari. F r. M aterie prim e. . . » P rod. fa b b r ic a ti. . » M erci diverse . . . »

T o tale . . F r.

E S P O R T A Z IO N E

P ro d o tti alim entari F r. M aterie prim e. . . » P rod. f a b b r ic a ti. . » Merci diverse . . . »

T o tale. . . F r. 469^549,000 + 16,771,000

Il miglioramento negli scambi della Francia per­ siste, tanto più che non si possono trascurare le

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