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COLLEGIO DI BOLOGNA. Membro designato dalla Banca d'italia. (BO) MERUZZI Membro di designazione rappresentativa degli intermediari

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COLLEGIO DI BOLOGNA

composto dai signori:

(BO) MARINARI Presidente

(BO) MARTINO Membro designato dalla Banca d'Italia

(BO) DI STASO Membro designato dalla Banca d'Italia

(BO) MERUZZI Membro di designazione rappresentativa

degli intermediari

(BO) LAMANDINI Membro di designazione rappresentativa

dei clienti

Relatore ESTERNI - NICOLA DI STASO

Seduta del 24/10/2019

FATTO

La ricorrente interpone ricorso nei confronti di due intermediari, in relazione alla traenza di assegni bancari, come segue.

Nei confronti dell’intermediario A, lamenta quanto segue. In data 13.03.2018, presentava all’incasso, presso detto intermediario, tre assegni bancari tutti tratti sul c/c in essere presso la filiale della convenuta ed intestato al sig. C. (traente della società istante) dell’importo di 5.000,00 euro ciascuno. Tali assegni risultavano essere stati emessi dal sig. C. in assenza di regolare provvista e, tutt’oggi, risultano ancora impagati. Essendo decorso un lungo lasso temporale senza che l’intermediario A informasse la ricorrente circa lo stato dei suddetti assegni impagati, nonché circa i provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti del signor C. (traente della società istante), in data 08.03.2019 la ricorrente inviava formale reclamo alla convenuta, chiedendo di essere informata circa i fatti occorsi; l’intermediario A, tuttavia, alla suddetta missiva ometteva di fornire i dovuti chiarimenti, comportamento che avrebbe inevitabilmente leso il diritto di recupero del credito sorto in capo alla ricorrente beneficiaria, pregiudicandone la riscossione nonché privando la ricorrente della efficacia coercitiva del protesto stesso, capace di attestare in forma pubblica ed ad ogni altro possibile effetto, il mancato pagamento da parte dell’obbligato.

Rileva la ricorrente che, in violazione dell’art. 8 bis co. 2 l. 386/1990, l’intermediario A

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ometteva di dare comunicazione del mancato pagamento dei predetti assegni bancari per difetto di provvista al pubblico ufficiale competente all’elevazione del protesto o all’effettuazione di contestazione equivalente. La levata del protesto assolve anche alla funzione di attestare pubblicamente il mancato pagamento del titolo da parte dell’obbligato e, pertanto, ne consegue che l’omissione di tale adempimento pregiudichi la possibilità del beneficiario del titolo di giovarsi dell’efficacia coercitiva della levata del protesto (cfr. Collegio di Milano n. 2791/2011). Quanto alla violazione degli artt. 9, 9 bis, 10 l. 386/1990, oltre a non provvedere al protesto, l’intermediario A ometteva di adottare un’ulteriore forma di tutela idonea a salvaguardare l’integrità del credito dell’istante, non avendo il resistente provveduto ad effettuare la segnalazione presso la C.A.I. del nominativo del traente (Signor C.).

Nei confronti dell’intermediario B, la ricorrente denuncia i seguenti fatti. In data 13.03.2018 presentava all’incasso, presso l’intermediario A, un assegno bancario dell’importo di euro 31.250,00, tratto su un c/c intestato al signor C. acceso presso l’Intermediario B. La ricorrente, prima di accettare tale mezzo di pagamento, poneva in essere una consultazione presso la C.A.I. (segmento PASS), dalla quale si evinceva che il predetto assegno non risultava segnalato come smarrito, sottratto o bloccato. La ricorrente, pertanto, accettava il titolo di credito. Una volta portato all’incasso, l’assegno de quo, tuttavia, risultava emesso in totale assenza di autorizzazione, essendo stato tratto dal signor C. successivamente al recesso dal proprio conto corrente, originariamente sottoscritto presso l’Intermediario B. Con atto del 20.03.2018, veniva elevato regolare protesto sull’assegno, il quale risulta tutt’oggi impagato. In data 08.03.2018, parte ricorrente presentava formale reclamo, chiedendo di essere informata circa i fatti occorsi;

la resistente, tuttavia, con la nota del 17.04.2019, non forniva i richiesti chiarimenti, comportamento che ha inevitabilmente leso il diritto di recupero del credito sorto in capo alla ricorrente beneficiaria, pregiudicandone la riscossione. La ricorrente, in mancanza della attivazione di dette procedure da parte della banca B, è stata indotta in errore ed ha in buona fede accettato un mezzo di pagamento derivante da un conto corrente estinto e non segnalato dall’istituto di credito al segmento PASS della C.A.I.

Con riguardo alla violazione dell’art. 10 bis lett b) l. 386/90, l’intermediario B ometteva di segnalare l’assegno non restituito dal proprio correntista al momento dell’estinzione del conto corrente. Risulta evidente la responsabilità dell’istituto di credito il quale, oltre a non provvedere a richiedere la restituzione degli eventuali carnet di assegni ancora in possesso del proprio correntista, aveva totalmente omesso di effettuare la segnalazione in C.A.I. (segmento PASS) dell’assegno in esame non restituito, in violazione di quanto disposto dall’art. 10 bis lett b) l. 386/90. Tale omissione cagionava un danno alla società istante.

Infine, quanto alla violazione degli artt. 9, 10 l. 386/90, l’intermediario B ometteva la segnalazione del proprio correntista, responsabile di emissione di assegno in assenza di autorizzazione, presso la C.A.I. Tale adempimento è previsto come un vero e proprio obbligo da parte del trattario, la cui omissione è astrattamente suscettibile di generare responsabilità (cfr. Collegio di Milano n. 7294/2017). Nel caso di specie, l’assegno in esame veniva presentato all’incasso in data 13.03.2018 e, pertanto, il nominativo del Signor C. avrebbe dovuto essere comunicato alla centrale C.A.I. entro e non oltre il 02.04.2018, circostanza non verificatasi.

In conclusione, la ricorrente chiede all’ABF di condannare entrambi gli intermediari al pagamento dell’importo facciale degli assegni in esame o nei limiti di legge, oltre interessi sino al soddisfo. In subordine, chiede di condannare la parte resistente al ristoro del

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danno da “perdita di chance”, da liquidarsi in misura non inferiore al 20% dell’importo facciale del titolo rimasto impagato, oltre a interessi sino al soddisfo. Da ultimo, chiede di condannare entrambi gli intermediari al pagamento delle spese per la presentazione del ricorso.

L’intermediario A riferisce quanto segue. In data 02.03.2018 veniva emesso un assegno a favore della società ricorrente. Il successivo 13.03.2018 venivano emessi a favore della predetta società due ulteriori assegni. Il giorno 13.03.2018 i tre titoli venivano presentati all’incasso presso una filiale della allora banca X (oggi odierna convenuta) ed all’esito della lavorazione risultavano emessi in assenza di provvista e, quindi, non venivano pagati.

L’intermediario, chiarito ciò, in via preliminare evidenzia che il ricorso in vertenza è inammissibile per mancata corrispondenza reclamo-ricorso. Parte ricorrente, infatti, in sede di reclamo, si limitava a chiedere “informazioni sulle attività di segnalazioni eventualmente intraprese dalla Banca a seguito del mancato pagamento dei titoli”, senza avanzare alcuna pretesa risarcitoria. Inoltre, non veniva neppure contestata la mancata elevazione del protesto, essendosi l’istante limitata semplicemente a prenderne atto. La vera e propria contestazione, dunque, veniva avanzata solamente in sede di ricorso, in violazione di quanto previsto dalla Sez. VI par. 1 delle “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi”. Da ultimo, la resistente evidenzia come la società istante abbia rivolto all’Arbitro, mediante un unico ricorso, due domande totalmente distinte nei confronti di due diversi intermediari. Sulla correttezza dell’operato della Banca, contrariamente a quanto sostenuto dalla società istante, parte resistente aveva provveduto ad effettuare la segnalazione dei predetti titoli, associati al nominativo del traente, presso la Centrale Allarme Interbancaria e aveva altresì provveduto alla relativa comunicazione al Prefetto, ex art. 8 bis l. 389/90 8.

L’intermediario precisa che i dati presso la C.A.I. restano iscritti nell’archivio per il periodo di efficacia della revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni, ovvero per 6 mesi (art.

10 Decreto Ministero della Giustizia n. 458/01). Ben si spiega, dunque, la ragione per la quale le evidenze allegate in atti dalla controparte, datate 26.02.2019, non rilevino alcuna iscrizione presso i suddetti archivi. Conformemente a quanto affermato già da tempo sul punto dall’ABF (cfr. Collegio di Coordinamento n. 2567/2013 e Collegio di Milano, decisione n. 508/2017) e, premesso che i tre assegni oggetto del presente procedimento presentavano tutti la clausola di non trasferibilità, il comportamento tenuto dalla banca non appare in alcun modo censurabile. Lo stesso Collegio di Milano con la decisione citata afferma che l’interesse del portatore del titolo sia ancora più efficacemente protetto laddove l’emissione dell’assegno senza provvista sia segnalato in C.A.I. in luogo del protesto e ciò in quanto la C.A.I. ha la specifica funzione di rendere operativa la revoca di sistema. L’intermediario A ritiene quindi di aver adeguatamente tutelato gli interessi del portatore del titolo. Infine, l’intermediario A richiama l’attenzione del Collegio sul fatto che nessuna prova è stata offerta relativamente ad un tentativo di recupero delle somme degli assegni andati impagati previamente effettuato nei confronti del traente, né tantomeno è stato provato che tale tentativo di recupero sia rimasto evaso. L’assegno – anche non protestato- è a tutti gli effetti titolo esecutivo nei confronti del traente ex art. 642 c.p.c. Lo stesso ricorrente riconosce che “la mancata levata del protesto avrebbe potuto essere scusata laddove la convenuta avesse provveduto alla segnalazione in C.A.I. del traente”.

Come già provato, questo è esattamente quanto avvenuto nel caso in esame.

In via pregiudiziale, l’intermediario B ribadisce che quanto considerato da parte ricorrente

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“lettera di reclamo” non è altro che una mera richiesta di informazioni. A tale richiesta, l’intermediario forniva riscontro in data 14.03.2019, confermando di aver provveduto a tutti gli adempimenti prescritti dalla normativa. Relativamente alle altre informazioni richieste, la banca non era legittimata a fornire alla società ricorrente quanto domandato e ciò perché quanto richiesto atteneva all’esclusivo svolgimento del rapporto tra banca e cliente traente dell’assegno. La resistente ritiene corretto il suo operato. La società ricorrente ha presentato ricorso per violazione dell’art. 10 bis lett. B) l. 386/90 per aver l’intermediario omesso di segnalare l’assegno non restituito dal proprio correntista al momento dell’estinzione del conto e per violazione degli artt. 9,10 L. 386/90 per aver l’istituto intermediario omesso / ritardato di procede all’iscrizione del traente nell’archivio C.A. I., previsto dall’art. 10 bis. Con riferimento al primo punto, secondo la ricorrente la banca avrebbe violato l’art 10- bis, comma 1 della L. 386/90 che prevede l’obbligo di segnalazione di una serie di dati, tra cui, alla lett. b) “assegni bancari e postali emessi senza autorizzazione o senza provvista, nonché di assegni non restituiti alle banche ed agli uffici postali dopo la revoca dell’autorizzazione”. Secondo la ricostruzione operata dalla ricorrente, il recesso dal contratto di conto corrente e dalla convenzione di assegno integrerebbe una ipotesi di revoca dell’autorizzazione per cui la mancata restituzione degli assegni dopo la chiusura del conto corrente avrebbe richiesto una segnalazione “di assegni non restituiti alle banche ed agli uffici postali dopo la revoca della autorizzazione”.Occorre premettere che la segnalazione in C.A.I. da parte dei soggetti incaricati è subordinata al sussistere di distinti presupposti, a seconda che si riferisca all’uno o all’altro dei vari segmenti di cui si compone la sezione centrale della C.A.I. A differenza di quanto eccepito da parte ricorrente, la convenuta, in data 26.03.2018, provvedeva ad effettuare la segnalazione del nominativo del Signor C. in C.A.I., segmento CAPRI, ovvero il segmento ove vengono censiti i dati nominativi dei traenti di assegni bancari o postali emessi senza autorizzazione o senza provvista. Non risulta che l’ex correntista, prima dell’emissione del titolo in questione, avesse subito la revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni. Per tale ragione, non sarebbe stato possibile per la banca, prima dell’emissione dell’assegno in questione, effettuare una segnalazione dell’assegno nel segmento PASS della C.A.I., ove vengono censiti gli estremi identificativi (non nominativi) degli assegni bancari o postali non restituiti dopo la revoca dell’autorizzazione di cui all’art. 9 l. 386/90 (cfr. sul punto Collegio di Roma n. 3956/2012 e n. 114/2018).

L’intermediario B chiede all’ABF di dichiarare infondate le pretese della ricorrente.

DIRITTO

In via preliminare, si esaminano le eccezioni di inammissibilità proposte dagli intermediari.

A tale proposito, il Collegio osserva che le Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di servizi bancari e finanziari, sez. VI, par. 1, prevedono che: «Il ricorso all’ABF è preceduto da un reclamo preventivo all’intermediario […] Il ricorso deve avere ad oggetto la stessa questione esposta nel reclamo» (sez. VI, § 1). Per reclamo, s’intende «ogni atto con cui un cliente chiaramente identificabile contesta in forma scritta (es. lettera, fax, email) all’intermediario un suo comportamento anche omissivo» (sez. I, § 3). Riguardo alla mancata presentazione del reclamo, la decisione n.

5304 del 2013 del Collegio di Coordinamento di questo Arbitro ha affermato quanto segue: «Il complesso delle norme qui in discussione contempla invero due diverse regole:

da un lato quella che prevede la necessaria presentazione del reclamo preventivo;

dall’altro, quella che impone la presentazione del ricorso entro i successivi dodici mesi. La

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prima configura una vera e propria condizione di procedibilità per il valido esperimento della procedura ABF; la seconda, invece, stabilisce soltanto un termine per la tempestiva instaurazione della suddetta procedura, il cui dies a quo è rappresentato dal momento della presentazione del reclamo preventivo.»

Orbene, nel caso di cui al ricorso emerge come le richieste estrinsecate nei documenti pervenuti agli intermediari contengono esclusivamente una richiesta di informazioni, dunque non possono essere classificati come reclami, ossia come addebiti di un contegno commissivo od omissivo, ragione per la quale il Collegio non può che dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

PER QUESTI MOTIVI Il Collegio dichiara il ricorso inammissibile.

IL PRESIDENTE

firma 1

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