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Capitolo 1 Introduzione

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Capitolo 1

Introduzione

1.1 Lemur catta

Fig. 1.1 Esemplare di Lemur catta.

Lemur catta (fig. 1.1) è una specie di proscimmia diurna endemica del Madagascar. Per

capire come abbia potuto evolversi proprio qui, isolata da possibili predatori, bisogna risalire agli antenati dei lemuri attuali: gli Adapidi (Tattersall, 1993). Tali lemuri ancestrali, caratterizzati da un cervello molto piccolo e strutture olfattive assai sviluppate, detti anche “lemuridi eocenici”, ebbero l’opportunità di raggiungere e stabilirsi in Madagascar (fig.1.2), sfuggendo così alla competizione con le altre specie, e dando origine a trentuno specie differenti di lemuri che si contano qui oggi, ognuna

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perfettamente adattata alla propria nicchia ecologica. Dato che il Madagascar si separò definitivamente dal restante continente africano nel Cretaceo, raggiungendo fin da allora la sua attuale posizione, bisogna ipotizzare che gli Adapidi abbiano avuto la possibilità di attraversare il canale di Mozambico su vere e proprie zattere naturali (rafting) (Tattersall, 1993). Oppure un modello alternativo suggerisce una penetrazione settentrionale attraverso vie occasionali in corrispondenza dell’attuale Arcipelago delle Comore (Ragaini, 1998). Successivamente nell’Oligocene un fenomeno di regressione marina avrebbe portato all’emersione di vere e proprie piattaforme continentali che di certo favorirono il collegamento fra il continente africano e l’isola del Madagascar (Ragaini, 1998).

Gli unici primati fossili rinvenuti in Madagascar sono comunque i cosiddetti “lemuri giganti”, forme terricole diurne, di taglia maggiore e con movimenti più lenti rispetto a quelli dei lemuri attuali, così da risultare di più facile cattura. La loro estinzione fu essenzialmente dovuta all’arrivo dell’uomo, circa duemila anni fa che, sia direttamente con la caccia, che indirettamente con la deforestazione, portò all’estinzione di 14 specie di lemuri in 600 anni. Ancora oggi è proprio l’uomo la principale causa d’estinzione di queste specie. La deforestazione tesa a favorire l’agricoltura e l’utilizzo di legname come combustibile, sono le principali cause della diminuzione delle foreste, ormai ridotte al 10% rispetto a prima dell’arrivo dell’uomo. Attualmente la maggior parte delle proscimmie malgasce vive in riserve che vengono continuamente migliorate e ampliate per garantire loro uno stile di vita tipico del proprio habitat, con la collaborazione anche della popolazione locale educata ad un maggiore rispetto della flora e fauna.

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Tutti i lemuroidea compaiono nella Classe A, della “Convenzione Africana” del 1969, che ne vieta la caccia, l’uccisione e la cattura, senza l’autorizzazione delle autorità competenti.

Fig. 1.2 Posizione attuale dell’isola del Madagascar.

1.1.1 Classificazione

Tra i primati, le proscimmie comprendono tre infraordini, dei quali i lemuriformi sono quelli cui appartiene la famiglia Lemuridae di cui fa parte il genere Lemur (Martin,1990).

Il nuovo genere Eulemur dal 1998 rappresenta tutto l’antico genere Lemur a parte

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1.1.2 La specie

™ Caratteri generali

Tra le diverse specie appartenenti alla famiglia Lemuridae, Lemur catta si riconosce dalle altre nove grazie a caratteri distintivi ben specifici e unici: la mascherina nera che contorna gli occhi giallo-ambrati ed il muso allungato, la pelle glabra visibile nel suo colore nero sul naso, sui palmi di mani e piedi e sui genitali, la folta pelliccia a ciuffetti bianca sul viso, sul petto e sul ventre e grigia sul dorso di un corpo di circa 80-90 centimetri, 35-40 dei quali spettano alla lunga coda a righe che conta quattordici (o più) anelli bianchi e neri che si alternano l’un l’altro. Il peso corporeo medio è di 2,2 kg nei maschi di catta che vivono in libertà (Sussman, 1991), anche se in cattività il peso del maschio può raggiungere 2,7 kg e 2,6 kg quello delle femmine. A volte gli animali in cattività raggiungono un peso superiore ai 4 kg (misurazioni compiute al Duke Primate Center) (Kappeler, 1990).

Il record d’età massima raggiunta in cattività è di circa ventitré anni (Sussman, 1991). L’areale di Lemur catta è ristretto alla zona sud-occidentale del Madagascar (fig. 1.3), caratterizzata da temperature intorno ai 33°C nel mese più caldo (novembre), e di circa 13°C in quello più freddo (luglio). La vegetazione primaria di questo settore è adattata a condizioni di elevata siccità (Budnitz e Dainis, 1975). L’habitat tipico di questa specie è la “foresta galleria”, la cui fitta vegetazione offre numerosi

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Classe Sottoclasse Ordine Sottordine Infraordine Superfamiglia

Famiglia Genere Specie Lorisiformes Lorisoidea Lorisidae

CHEIROGALEIDAE Cheirogaleus Phaner Microcebus LEMURIDAE Lemur Eulemur Hapalemur Varecia INDRIDAE Indri Avahi Propithecus L E M U R I F O R M E S L E M U R O I D E A DAUBENTONIIDAE Daubentonia Lemur catta Eulemur coronatus Eulemur macaco Eulemur mongoz Eulemur rubriventer Eulemur fulvus Hapalemur griseus Hapalemur aureus Hapalemur simus Varecia variegata M A M M I F E R A E U T E R A P R I M A T E S P R O S I M I I

Tarsiformes Tarsioidea Tarsiidae

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Fig. 1.3 Distribuzione geografica di Lemur catta.

supporti orizzontali che formano uno strato continuo che facilita gli spostamenti. Comunque vi sono segnalazioni anche in zone secche e rocciose, con copertura vegetale a cespuglio basso (Sussman, 1977a, 1977b). Tuttavia pare che, il catta, passi molto tempo anche al suolo, dove ama stare seduto a braccia aperte a prendere il sole, nella tipica posizione di “sunning”. Infatti è un lemure diurno, particolarmente attivo nelle prime ore della mattinata e alla sera, anche se non è da escludere, seppur rara, qualche attività notturna (Jolly, 1966).

Nel suo habitat predominano piante della famiglia delle Didieraceae , Asclepiadaceae ed Euphorbiaceae (Budnitz e Dainis, 1975) che offrono variegate risorse di cibo per il

Lemur catta, che si nutre di frutti, foglie, fiori, cortecce e linfa di almeno trentaquattro

specie differenti di piante, ma in particolar modo del Tamarindus indica (Jolly, 1966; Sussman, 1974, 1977b,c; O’Connor, 1987). Può inoltre cibarsi di foglie e rami secchi, terra (geofagia) e piccoli invertebrati (O’Connor, 1987).

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™ Riproduzione

Gli esemplari di Lemur catta vengono ritenuti “piccoli” fino ai sei mesi di età (cioè allo svezzamento), “giovani” dai sei mesi ad un anno e mezzo, “subadulti” da un anno e mezzo a due anni e mezzo età in cui si raggiunge la maturità sessuale (Hoffmann et al., 1992). Il periodo dell’accoppiamento inizia verso la metà di aprile (Jolly, 1966; Budnitz e Dainis, 1975) e finisce a giugno nel Madagascar, mentre va da ottobre a dicembre per gli esemplari viventi in cattività nell’emisfero boreale (Van Horn, 1975). Dopo la gestazione (134-138) giorni (Van Horn e Eaton, 1979) nascono i piccoli (Jolly, 1966; Budnitz e Dainis, 1975; Sussman, 1977b). La nascita dei piccoli avviene dunque in Madagascar nel periodo corrispondente alla stagione delle piogge, come a garanzia di maggior disponibilità di cibo per lo svezzamento (Pereira, 1991; Sauther, 1991; Hoffmann et al., 1992). Parti gemellari non sono rari sia in cattività che in natura (Van Horn e Eaton, 1979; O’Connor, in litt.). Il piccolo inizialmente sta attaccato al ventre della mamma, ma nel giro di due settimane si sposta sul dorso (fig. 1.4) (Sussman, 1977b). All’età di due mesi e mezzo, sebbene venga trasportato dalla mamma nei lunghi spostamenti del gruppo, gioca con gli altri piccoli, esplora il territorio circostante, si arrampica sugli alberi e sui cespugli assaggiando i diversi frutti (Sussman, 1977b). Pare che la più alta causa di mortalità infantile sia dovuta proprio alla caduta dagli alberi (Tattersall e Sussman, 1975).

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Fig. 1.4 Un piccolo dello zoo di Pistoia trasportato dalla mamma sul dorso.

All’interno di un gruppo tutti gli accoppiamenti hanno luogo nell’arco di una o due settimane (Jolly, 1966; Budnitz e Dainis, 1975; Gould, 1990), tuttavia le femmine di un gruppo vanno in estro in giorni diversi (Pereira, 1991). In particolare ogni femmina è recettiva e feconda solo per un giorno (Jolly, 1966, 1967). Qualora non venga fecondata, ci sarà un secondo estro dopo circa 39 giorni dal primo ciclo, fino ad un massimo di 3 estri (Evans e Goy, 1968; Van Horn, 1979; Pereira, 1991; Sauther, 1991). In questo periodo che precede l’accoppiamento la femmina va incontro a mutamenti fisici dei genitali esterni che diventano più rosei e gonfi (Jolly, 1966, 1967). Da ricordare che le femmine di catta hanno una o due, raramente tre, paia di mammelle, di cui però solo un paio entra in funzione (Tattersall, 1982).

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™ Socialità

Questa specie non è solitaria, ma vive in gruppi che vanno da un minimo di cinque fino a trenta individui. Le femmine adulte e la loro prole rappresentano il “core group”. Durante gli spostamenti, il cuore centrale del gruppo procede per primo, mentre i maschi subordinati, che formano quello che Jolly (1966) ha definito “Drones Club”, stanno alla periferia. Una volta giunti al luogo di foraggiamento le femmine con la loro prole hanno la priorità d’accesso al cibo (Tattersall e Sussman, 1975). Le femmine sono sempre dominanti sui maschi, ma ciò non è limitato esclusivamente alla priorità d’accesso alle risorse (Kappeler, 1990), infatti è ben evidente anche in altri contesti sociali (Sauther, 1993), come nella stagione dell’accoppiamento in cui le femmine mostrano aggressività verso i maschi se provano ad accoppiarsi con loro fuori dal periodo d’estro (Pereira, 1995). I maschi dal canto loro, reagiscono ad ogni rifiuto semplicemente ritraendosi, senza opporsi ed emettendo vocalizzazioni di sottomissione (Sauther, 1992, 1993; Pereira, 1995). Le femmine solitamente restano nel loro gruppo natale (filopatria femminile), i maschi invece migrano dal loro gruppo intorno ai 3 o 5 anni di età. Pare che il maggior numero di migrazioni maschili avvenga alla fine della stagione secca, in sovrapposizione, con la stagione delle nascite (Gould,1999; Jones, 1983). Quando i maschi arrivano nel nuovo gruppo occuperanno inizialmente una posizione periferica (Bergeson, 1972; Gould, 1994, 1997; Sauther, 1992). Sebbene la gerarchia femminile sia stabile per lunghi periodi, queste relazioni possono mutare piuttosto bruscamente (Sauther, et al., 1999).

Tra i membri del gruppo, in modo particolare tra parenti secondo la linea materna (Taylor e Sussman, 1985), sono frequenti comportamenti sociali come il “contatto” il “grooming” e il “gioco” (Taylor e Sussman, 1985).

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™ Territorialità

A determinare le dimensioni del territorio occupato dai gruppi di Lemur catta è fondamentalmente la distribuzione delle risorse alimentari e le dimensioni dei gruppi stessi (Budnitz e Dainis, 1975).

Gli home range di più gruppi possono sovrapporsi, portando ad una limitazione del territorio riservato ad un uso esclusivo, la core area (Sussman, 1991). Questa specie, inizialmente considerata fondamentalmente territoriale (Jolly et al., 1993), non viene più definita pienamente territoriale proprio perché non mantiene un uso esclusivo degli home range (Sauther e Saussman, 1993). Le aree di sovrapposizione infine sono spesso sede di scontri diretti fra i gruppi confinanti, perciò vengono anche chiamate battle zone (Mertl, 1979).

™ Comunicazione

Per comunicare tra loro i Lemur catta utilizzano una combinazione di segnali olfattivi, visivi e vocali. In particolare la comunicazione olfattiva riveste un ruolo importante nella vita sociale. Comunque, il rilascio delle marcature odorose è spesso associato ad un segnale visivo; Lemur catta pare infatti possedere una visione tricromatica (Mervis, 1974; Blakeslee e Jacobs, 1985 cit. in Hoffman et al., 1992). Per quanto riguarda le vocalizzazioni, da ricordare sono i contact calls, che emettono i maschi; tali vocalizzazioni sono udibili nel raggio di un chilometro (Jolly, 1966). Di particolare interesse sono le grida d’allarme (alarm calls) emesse in presenza di potenziale pericolo. I catta sono infatti esposti a predatori sia terrestri che arboricoli (Jolly, 1966; Sussman, 1977b; Sauther, 1989). Queste grida d’allarme hanno soprattutto la funzione di proteggere i piccoli (Ratsirarson J., 1985).

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Comunicazione olfattiva

1.2.1 Comunicazione olfattiva nei mammiferi

La maggior parte dei mammiferi ha uno sviluppato senso dell’olfatto e le specie sociali lo utilizzano ampiamente per regolare la vita di gruppo. Il sistema olfattivo è una modalità sensoriale molto economica in grado di utilizzare segnali stabili nel tempo (Schilling, 1979).

La comunicazione olfattiva utilizza segnali chimici presenti nell’urina, nelle feci, e nei secreti di ghiandole cutanee, che vengono utilizzati come marcature odorose, le quali vengono deposte sul substrato tramite particolari “pattern motori” (Ralls, 1971).

Nell’ambito delle interazioni sessuali, la fonte di segnali più comune emessa dalle femmine è l’urina, che contiene i prodotti metabolici di vari ormoni e le secrezioni degli organi riproduttivi (Johnston, 1983). Per esempio l’urina del maschio di volpe rossa contiene una sostanza (2-methylquinoline), che la femmina non ha: ciò consente l’identificazione sessuale (Jorgenson et al., 1978). L’urina di topo femmina invece possiede più estrogeni del maschio (Novotny, 1982). Le escrezioni e le secrezioni di ghiandole specializzate possono essere influenzate da cambiamenti interni (come lo stato riproduttivo) e, di conseguenza, con esse la femmina può indicare al maschio la disponibilità per l’accoppiamento (Ebling, 1964). In parecchie specie di mammiferi i maschi sono attratti dall’urina delle femmine che viene perciò annusata e leccata a lungo (Fraser, 1968; Grau, 1976; Leuthold, 1977). In molti mammiferi dopo la presentazione degli odori al partner, si generano una serie di comportamenti che culminano nell’accoppiamento. Tali approcci sono resi possibili dall’azione di particolari messaggeri chimici: i feromoni. Come dice la parola stessa (dal greco

pherein = trasportare, e hormon = stimolare) il feromone è una sostanza secreta da un

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specifiche reazioni (Karlson e Lüscer, 1959). I feromoni offrono molti vantaggi rispetto agli stimoli percepiti da altri canali sensoriali, dato che un segnale chimico può aggirare barriere e può essere trasportato a notevoli distanze dal vento o dall’acqua (Thornhill ed Alcock, 1983).

I feromoni quindi vengono percepiti da semplice inspirazione dell’aria o per contatto con l’acqua, anche dopo aver viaggiato a notevole distanza dall’emittente, oppure possono essere trasferiti direttamente dall’animale segnalatore al ricevente. Per esempio il maschio di salamandra terrestre (Plethodon jordani) trasferisce direttamente feromoni contenenti molecole pesanti glicopeptidiche dalle ghiandole del suo mento alle narici della femmina (Rollmann et al. 1999). Per quanto riguarda il segnale chimico territoriale emesso con le marcature, la funzione del segnale è l’associazione del messaggio con un luogo. Il feromone depositato con la marcatura rimane sul posto anche dopo che l’animale se ne va, quindi contrariamente ai suoni o ai segnali visivi che agiscono solo nel momento in cui vengono emessi, il messaggio chimico può perdurare nel tempo (Wyatt, 2003). Bossert e Wilson (1963) suggeriscono che i feromoni rilasciati nell’aria sono costituiti da una catena di 5-20 atomi di carbonio del peso molecolare compreso tra 80 e 300 dalton. Le elevate temperature e l’umidità aumentano il tasso di evaporazione, riducendo la persistenza del segnale chimico. Questo spiega perché le molecole feromonali contenute nelle marcature utilizzate nelle foreste tropicali abbiano un peso maggiore di quelle rilasciate nelle foreste temperate, in cui i feromoni utilizzati hanno il peso molecolare più basso in assoluto (wyatt, 2003). Inoltre i segnali feromonali utilizzati dai mammiferi come marcature territoriali sono caratterizzati, oltre che dai feromoni volatili, anche da altre molecole trasportatrici (carrier) presenti nelle secrezioni, come il sebo, ricco di lipidi, sostanza oleosa prodotta dalle ghiandole sebacee che permettono una più lunga permanenza delle molecole volatili (Alberts, 1992).

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Molti anfibi, rettili e mammiferi hanno un duplice sistema olfattivo: il principale epitelio olfattivo, che manda i segnali al bulbo olfattivo e da qui al cervello, e l’organo vomeronasale (anche conosciuto come organo di Jacobson) (fig. 1.5), che manda i suoi segnali al bulbo olfattivo accessorio (Eisthen, 1997). A seconda della specie e dei particolari feromoni, la percezione del segnale olfattivo può avvenire nell’uno, nell’altro o in entrambi gli organi olfattivi sopra citati.

Fig 1.5 Organo vomeronasale di cervo disegnato da Jacobson. L’apertura dell’organo è in prossimità del canale palatino. Le fibre nervose che fuoriescono dall’organo vomeronasale costeggiano il setto nasale e si connettono a cellule del bulbo olfattivo accessorio; da qui l’informazione viene trasmessa al cervello. In alto a sinistra è messo in evidenza l’intero canale dell’organo, chiuso posteriormente.

Nei mammiferi, l’organo vomeronasale si presenta come una coppia di tubicini allungati, adagiati lungo la base del setto nasale, che si aprono anteriormente in uno stretto dotto (DØving e Trotier, 1998; Keverne 1999; Meredith 1999). L’organo vomeronasale processa le molecole poco volatili contenute nelle secrezioni, per

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contatto diretto con i liquidi biologici, grazie alla sua posizione molto avanzata nella cavità nasale.

Ad esempio, il maschio di cavia attirato dalle molecole volatili delle secrezioni vaginali emesse dalla femmina, ne esplora la zona genitale col muso. Così facendo permette alle secrezioni di raggiungere le proprie narici e da qui l’organo vomeronasale, da dove l’informazione chimica verrà inviata al cervello, con conseguente scatenamento del comportamento riproduttivo (DØving e Trotier, 1998).

Un comportamento tipicamente associato all’analisi dei liquidi biologici noto come flehmen, tipico di molti mammiferi ed in particolare dei felidi ed ungulati, facilita proprio l’accesso delle molecole olfattive all’organo vomeronasale. Esso consta di una serie di movimenti stereotipati quali alzare la testa, arricciare il naso e ritrarre il labbro superiore, il tutto accompagnato da una cessazione momentanea del respiro (Wyatt, 2003).

1.2.2 Comunicazione olfattiva nei Primati

La comunicazione olfattiva nei primati gioca un ruolo importante in molti aspetti della vita, infatti aiuta gli individui nella localizzazione del cibo, nella difesa dai predatori, nelle interazioni interspecifiche, nel successo riproduttivo (Zeller, 1987).

Tramite la percezione del segnale chimico un individuo può essere in grado di riconoscere la specie stessa, l’età ed il sesso dell’individuo che emette tale segnale (Epple et al., 1982 cit. in Zeller, 1987; Evans, 1980; Harrington, 1974 cit. in Zeller, 1987; Schilling, 1974, 1979; Shorey, 1976 cit. in Zeller, 1987).

Le marcature odorose, oltre che dare semplicemente un’informazione, provocano spesso una risposta comportamentale nel ricevente (Schilling, 1979). La specializzazione anatomica e fisiologica per la comunicazione olfattiva è molto evidente nelle proscimmie, nei callitricidi ed in qualche membro della famiglia dei

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Le ghiandole che producono feromoni possono trovarsi nella testa, nelle zampe anteriori, nello sterno e nell’addome, ma molto spesso sono localizzate nella regione anogenitale (Zeller, 1987). La comunicazione olfattiva può anche coinvolgere urina e feci, non solo per il loro odore intrinseco, ma anche grazie alla presenza di ghiandole che aprono i loro dotti nell’uretere e nel canale anale ove rilasciano i propri secreti (Schilling, 1979).

Il messaggio chimico può essere rilasciato in modo passivo, cioè con la liberazione durante il movimento spontaneo dell’animale, oppure in modo attivo tramite marcatura, in cui l’animale stabilisce il momento e il luogo di rilascio, impegnandosi in particolari movimenti del corpo per rilasciare l’urina o le feci o per mettere a contatto le aree ghiandolari epidermiche con il substrato (Shorey, 1976).

I primati in generale hanno un sistema di comunicazione in parte dipendente dall’olfatto, ma tale dipendenza è maggiormente evidente nella vita sociale delle proscimmie, in cui le forti relazioni interindividuali che assicurano coesione all’interno del gruppo si basano proprio sull’elevato sviluppo di un sistema olfattivo, rispetto agli altri sistemi sensoriali (Schilling, 1979). Le proscimmie impiegano molto tempo in comportamenti olfattivi, depositando odori ed investigando quelli degli altri individui. L’apparato olfattivo nelle proscimmie consiste in una mucosa olfattiva del tutto simile a quella degli altri vertebrati: dai recettori olfattivi partono gli assoni che arrivano direttamente al bulbo olfattivo, ed a bulbi olfattivi accessori, strutture che, insieme al rinario umido ed all’organo vomeronasale, costituiscono un ottimo sistema anatomico di ricezione (Schilling, 1979).

Le proscimmie possiedono strutture accessorie uniche, quali ghiandole sudoripare ed escretorie, che giocano un importante ruolo nella deposizione dei secreti odorosi (Jolly, 1966; Richard, 1973). La deposizione di odori può avvenire secondo le seguenti modalità:

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a) Urina. Tutti i Lorisiformi marcano abbondantemente con l’urina. Tra i Lemuriformi, alcuni usano la marcatura con l’urina regolarmente, altri più raramente (Lemur, Indri, Phaner).

b) Secreti ghiandolari della regione anogenitale :

-b1) ghiandole dei genitali: sulla superficie dello scroto nei maschi ed attorno alla vulva nelle femmine -b2) ghiandole della periferia dell’ano

c) altre ghiandole secretorie:

-c1) ghiandole specializzate: in diverse parti del corpo (come testa, sterno) -c2) ghiandole non specializzate: nel palmo delle zampe anteriori e nei cuscinetti delle zampe posteriori (Schilling, 1979).

Il segnale chimico oltre ad essere acquisito per normale respirazione in seguito alla sua diffusione aerea, può essere investigato direttamente (scent sniffing) (Schilling, 1979). Gli uistitì e i tamarini, della famiglia Callitrichidae, possiedono ad esempio un ricco repertorio di chemio-segnali che si esplica nell’applicazione di secrezioni ed escrezioni sul substrato, sul corpo dei loro conspecifici o sul proprio. Tali chemio-segnali sono strettamente associati ad un comportamento investigativo che consta nell’annusare e leccare i corpi degli altri individui o con l’investigazione diretta delle ghiandole odorose in particolari situazioni sociali (grooming) o contesti sessuali. È ugualmente diffusa l’investigazione delle marcature odorose depositate nel territorio circostante che vengono annusate e più raramente leccate (Christen, 1974; Epple, 1967; Heymann, 1985; Hoage, 1982; Kleiman, 1977b; Omedas, 1981; Omedes e Caroll, 1982; Stevenson e Poole, 1976; Sutcliffe e Poole, 1978). Tramite esperimenti si è visto che i tamarini utilizzano gli odori per il riconoscimento di gruppo, essendo in grado di distinguere la marcatura odorosa di un membro del proprio gruppo da quella di un estraneo, mostrando preferenza per quest’ultimo (Epple, 1974).

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Gli uistitì praticano tre tipi di marcature odorose: sit rubbing (da ghiandole circumgenitali), pull rubbing (ghiandole-cuscinetto soprapubiche) e chest rubbing (ghiandole sternali), il cui utilizzo varia a seconda del contesto sociale. Infatti, come ha osservato Rylands (1981) pare che il maschio e la femmina dominanti pratichino più marcature genitali e sternali dei subordinati, dimostrando una stretta correlazione fra marcature odorose e dominanza sociale.

Nell’ ambito della demarcazione territoriale è stato osservato un diverso utilizzo delle marcature: ad esempio Galago alleni marca tutta l’area di overlapping fra più gruppi (Charles-Dominique, 1977), piuttosto che una demarcazione ristretta, tesa a difendere i confini territoriali, come nel simpatrico sifaka, Propithecus verreauxi (Mertl-Millhollen, 1979).

Eulemur fulvus ed Eulemur macaco, due specie di proscimmie del Madagascar, fanno

entrambe uso di marcature odorose nella comunicazione sociale: entrambi i sessi marcano anogenitalmente su oggetti usando speciali ghiandole; solo i maschi invece strofinano la fronte sia sui substrati inanimati che sulla regione anogenitale delle femmine. Tale forma di allomarking (marcatura di un altro individuo) potrebbe essersi sviluppata per un adattamento al contesto sociale assumendo nuove funzioni nelle relazioni intra-gruppo, come contributo alla coesione del gruppo stesso, regolazione dei comportamenti aggressivi e aiuto nello stabilire e mantenere relazioni di dominanza (Fornasieri e Roeder, 1992).

1.2.3 Comunicazione olfattiva in Lemur catta

Fra le proscimmie, i Lemur catta si distinguono per la complessità del loro sistema di comunicazione olfattiva (Epple, 1986). Essi vivono in gruppi sociali in cui manifestano relazioni di dominanza (Jolly, 1966). L’utilizzo di tali marcature è stato altresì riscontrato nella demarcazione territoriale (Mertl-Millhollen, 1988; Schilling, 1974) e

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nel corteggiamento, nella formazione delle coppie, nonché nella coordinazione degli accoppiamenti (Epple, 1976).

Il comportamento delle marcature odorose in Lemur catta è inoltre influenzato da età, sesso e stato sociale (Kappeler, 1990).

Per emettere i messaggi chimici questa specie è munita di strutture ghiandolari che hanno raggiunto elevati gradi di specializzazione. Sia i maschi che le femmine possiedono ghiandole nella zona anogenitale (Evans e Goy, 1968), i maschi possiedono ghiandole sebacee sulla superficie dello scroto, le femmine diverse ghiandole localizzate nella zona labiale della vulva. Con esse sia maschi che femmine praticano una marcatura detta genital mark, strofinando la superficie della regione genitale su supporti orizzontali o verticali. Sembra che i maschi così facendo depositino le secrezioni ghiandolari, e forse anche urina. Le femmine possono depositare urina, secrezioni vaginali e labiali (Evans e Goy, 1968).

Solo nel maschio, nella zona pettorale dell’ascella, è presente una piccola area ricca di ghiandole sebacee multilobate. Sulla superficie interna dell’avambraccio inoltre, c’è una zona cutanea ovale glabra coperta da ghiandole sudoripare accompagnate da particolari cellule interstiziali. Tale zona cutanea è sovrastata da uno sperone corneo. Nella femmina questa struttura è simile, ma le ghiandole sono più piccole ed al posto delle cellule interstiziali ci sono adipociti, inoltre è assente lo sperone (Schilling, 1974). Andriamiandra e Rumpler (1968) hanno dimostrato che le strutture sudoripare antebrachiali e sebacee brachiali sono sotto il controllo del testosterone, ciò consente di definirle caratteri sessuali secondari. Solo il maschio effettua una marcatura (definita wrist mark) con l’organo antebrachiale, l’animale, stando in piedi sulle zampe posteriori, impugna ad esempio un ramoscello con una zampa anteriore, e vi sfrega sopra l’area ovale dell’altro braccio. Con un rapido gesto, il braccio viene tirato a sé e questo movimento viene ripetuto con l’altro braccio fino a raggiungere anche 15 o più

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pratica un’incisione nel ramo, di circa 2 cm. di lunghezza. 2) l’incisione così formata funge da deposito della secrezione rilasciata dallo sfregamento della ghiandola antebrachiale collocata vicino allo sperone (Schilling, 1974).

Spesso il maschio, prima di marcare, strofina l’organo antebrachiale sulla superficie della ghiandola sebacea brachiale posta in prossimità della spalla (wrist to pit). Ciò consente di mischiare le secrezioni delle due ghiandole (Evans e Goy, 1968) e forse di modificare il messaggio.

Una marcatura brachiale può essere effettuata dall’animale sulla propria coda: stando sollevato sulle zampe posteriori esso tira la coda fra le gambe e la solleva tra le braccia sfregandola con gli speroni, in modo che più parti della coda entrino in contatto con le ghiandole antebrachiali (Jolly, 1966). A questo anoint tail può seguire il wave tail, cioè lo scuotimento della coda sopra la testa. Come ha osservato Jolly (1966) anoint tail è un comportamento aggressivo e Sussman (1971) conferma che questo tipo di marcatura avviene in situazioni agonistiche sia in combattimenti intragruppo che intergruppo. Il wave tail è un metodo per spargere gli odori (Jolly, 1966), ma non è sempre accoppiato all’anoint tail che può avvenire anche da solo. Questo comportamento è un misto di segnali visivi ed olfattivi (Mertl, 1976) e caratterizza gli scontri tra maschi (Jolly, 1966), le cosiddette “stink fights”. Lo stesso comportamento, ma completamente privo della componente aggressiva è osservabile nel gioco fra due piccoli (tail play); inoltre può essere rivolto anche alle femmine nel corteggiamento. Per recepire i messaggi chimici così emessi, questa specie è munita di un ricco sistema di ricezione olfattiva: rinario umido, mucosa olfattiva ben sviluppata, elevato numero di turbinati, organo vomeronasale, bulbo olfattivo principale ed accessorio piuttosto sviluppati (Fleagle, 1999). Marcature odorose appena depositate, che portano informazioni sul sesso e sull’identità individuale del donatore (Mertl, 1975), sono spesso annusate, leccate e a volte sovra-marcate dagli altri membri del gruppo.

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l’odore della marcatura femminile, poi apre la bocca per favorire l’arrivo di componenti poco o non volatili all’organo vomeronasale (Bailey, 1977). Diversamente dal flehmen di risposta all’urina negli ungulati, nei lemuri sembra essere un discriminatore fra secrezioni genitali e delle altre ghiandole (Evans, 1980). Pare che questo comportamento possa dare informazioni chimiche al maschio sullo stato riproduttivo di una femmina, attraverso la trasmissione di piccole quantità di urina o fluidi vaginali all’organo vomeronasale (Dugmor et al., 1984).

Circa il 60% dei segnali chimici rilasciati vengono investigati entro pochi minuti dal loro rilascio dai vari membri del gruppo. La latenza media di 30 secondi fra la deposizione e l’investigazione dell’odore può indicare che il Lemur catta osserva attentamente il comportamento dei propri compagni nel gruppo e decide repentinamente, subito dopo la deposizione, se investigarla o no (Kappeler, 1998). Bisogna ricordare che tutti i tipi di segnali chimici sono accompagnati da cospicui segnali visivi e movimenti stereotipati (Mertl, 1976; Ramsay e Giller, 1996) che richiamano l’attenzione sul loro rilascio, favorendone l’indagine.

Interessante il fatto che la maggior parte dei segnali investigati vengano immediatamente marcati, prevenendo in tal modo, che altri potenziali riceventi, percepiscano lo stesso segnale (Kappeler, 1998).

L’attività delle marcature fra i maschi è correlata con la loro posizione nella gerarchia maschile (Kappeler, 1990): il maschio più alto di grado è anche quello con cui la femmina recettiva si unisce durante il periodo dell’accoppiamento (Pereira e Weiss, 1991; Sauther, 1991). In accordo, l’attività di marcatura raggiunge picchi subito prima della stagione annuale degli accoppiamenti (Kappeler, 1998).

I maschi investigano più frequentemente le marcature delle femmine rispetto a quelle dei maschi e sono in grado di discriminare fra le marcature antebrachiali maschili e quelle genitali femminili, mentre non mostrano alcuna preferenza fra la marcatura

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le femmine è stato osservato che esse discriminano i genital mark di femmine del proprio gruppo da quelli di altri gruppi (dando più interesse a questi ultimi), ma che non dimostrano preferenze tra genital mark di maschi del proprio o di altri gruppi e che preferiscono genital mark femminili a genital mark maschili e anche a wrist to pit e wrist mark (Dugmor e Evans, 1991; Palagi et al., 2003). Le femmine investigano e rimarcano gli odori lasciati dalle altre femmine, specialmente quelle di più basso rango, più che investigare gli odori maschili (Palagi et al., 2003). Ciò può essere correlato ad un’intensa competizione tra femmine, che a volte può portare alle cosiddette “target aggressions” in cui alcune femmine ne attaccano altre con aggressioni persistenti (Vick e Pereira, 1989; Pereira, 1993). A tal proposito Epple (1986) suggerisce che la funzione degli odori depositati dagli animali dominanti possa essere quella di servire come un permanente segnale minaccioso, aiutandoli a controllare il comportamento dei subordinati, in modo da stabilire una dominanza gerarchica evitando combattimenti fisici diretti. Infine le femmine possono usare segnali odorosi per comunicare coi maschi in situazioni riproduttive (Evans e Goy, 1968).

Le marcature brachiali e antebrachiali dei maschi hanno una rilevante funzione di demarcazione territoriale (Mertl, 1975). Essendo il Lemur catta un tipo di proscimmia diurna che vive in gruppo, deve provvedere anche alla difesa territoriale dell’area occupata, per garantirsi la priorità d’accesso alle risorse di cibo (Kaufman, 1983), rispetto agli altri gruppi presenti nella stessa zona. È stato osservato che vengono depositate più marcature nei confini territoriali dell’home range, piuttosto che all’interno dell’area centrale di uso esclusivo (core area) (Mertl-Millhollen, 1988). Non è escluso che anche i genital mark femminili, che caratterizzano le interazioni agonistiche intergruppo, abbiano anche una possibile funzione territoriale (Jolly, 1966; Jolly, 1972; Sussman e Richard 1974; Budniz e Dainis, 1975; Mertl-Millhollen et al., 1979).

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1.3

Urine Mark

1.3.1 Urine mark nei mammiferi

L’urina può essere considerata non solo un semplice mezzo attraverso cui lo scarto metabolico viene eliminato dall’organismo, ma una vera e propria fonte di segnali chimici. Infatti essa convoglia all’esterno del corpo molte informazioni riguardanti lo stato fisiologico interno dell’animale, e non a caso ha un’importanza centrale nella vita di numerose specie (Albone, 1984).

In molti mammiferi l’urina ed altri segnali associati ai genitali sono indagati regolarmente, in particolar modo durante la stagione riproduttiva, spesso con il comportamento del flehmen, durante il quale l’organo vomeronasale viene usato per percepire i segnali (Albone, 1984).

Inoltre l’urina è comunemente usata per marcare il territorio (Peters e Mech, 1975; Henry, 1977, 1980; Rothman e Mech, 1979; Mac Donald, 1980; Schilling, 1980 cit. in Albone, 1984).

Comunemente, molti mammiferi depositano l’urina sul proprio corpo o su quello dei loro conspecifici, provvedendo in questo modo ad una “presentazione chimica mobile” (Albone, 1984). Questo può avvenire attraverso diverse modalità: il coniglio maschio dominante, ad esempio, spruzza urina sui conspecifici nei contesti aggressivi o di corteggiamento (Bell, 1980; Schalken, 1976 cit. in Albone). I maschi di molti ungulati invece, prima o durante la stagione della riproduzione, impregnano il proprio corpo con la loro urina per avvertire sia gli altri maschi che le femmine della loro condizione fisiologica (Albone, 1984). Come Coblentz (1976) ha riassunto, molte pecore e capre (ovicaprini) urinano direttamente sui loro corpi mentre tra i cervidi, il cervo rosso (Cervus elaphus) e l’alce (Alces alces) inzuppano il proprio ventre, la groppa posteriore e la coda nell’urina (thrash urination).

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Il camoscio (Rupricapra rupicapra) scrolla l’urina sui propri fianchi durante la minzione, invece il bisonte (Bison bison) urina sul terreno e vi si rotola sopra (Albone, 1984).

La renna (Rangifer tarandus) urina sulle proprie zampe posteriori, mentre il cammello (Camelus bactrianus), durante il calore, sparge l’urina sul proprioo corpo agitando i lunghi peli della coda precedentemente immersi nell’urina stessa (Wemmer e Murtaugh, 1980 cit. in Albone). In questo caso, le zampe posteriori, la gobba e la parte posteriore del corpo vengono inzuppate nell’urina.

La marcatura con l’urina nella femmina del lupo (Canis lupus) è implicata nello stabilire e mantenere un legame di coppia, fornendo informazioni su dominanza, sesso e stato riproduttivo, tramite i costituenti chimici che cambiano stagionalmente, sia nel maschio che nella femmina (Ryon e Brown, 1991).

Questi rappresentano solo pochi esempi di questo comportamento diffuso praticamente in tutti i gruppi di mammiferi terrestri.

1.3.2 Urine Mark nei Primati

Nelle proscimmie, il comportamento che implica un deposito di urina è molto vario e presenta diversi gradi di specializzazione.

Dettagliati studi (Seitz, 1969 cit. in Schilling 1979) sullo urine marking nei Lorisidi

Nycticebus coucang, Loris tardigradus e Perodicticus potto, hanno mostrato che l’urina

rappresenta un importante segnale chimico in tutte e tre le specie come mezzo indiretto di comunicazione. Lo urine marking possiede anche funzioni territoriali e sessuali. Dal punto di vista informativo la deposizione di uno urine mark femminile non è solo urina, ma un insieme di secrezioni ghiandolari accessorie, secrezioni vaginali (Michael e Kerverne 1970), secrezioni delle ghiandole labiali genitali e di ghiandole anali

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in cui il segnale viene emanato, quale risposta è in grado di suscitare, quali tipi di comportamento può generare o modificare o incrementare.

In effetti Eulemur fulvus albifrons occasionalmente lascia tracce o gocce di urina dopo una marcatura genitale e lo urine mark in questa specie è preceduto da anogenital marking (Chandler, 1975).

Dai maschi di Nycticebus coucang è praticato il cosiddetto punctuated marking “un’urina punteggiata” che viene confinata a 15m di distanza o meno, mentre il trail marking è tipico delle femmine che distribuiscono l’urina in un’area più vasta (Seitz, 1969).

La rhytmic micturation è stata descritta per la prima volta da Ilse (1955) in Loris

tardigradus ed è caratteristica di numerosi lorisidi. Permette un significativo risparmio

di urina, dato che piccole quantità sono emesse dall’animale mentre percorre anche lunghe distanze.

Oltre queste forme di urine mark, definito diretto, esiste anche un tipo di urine mark indiretto in cui l’urina non cade direttamente al suolo, ma lo raggiunge tramite l’aiuto di altre parti del corpo, di solito il palmo della mano e la pianta del piede (Schilling, 1979).

Tale complicato, stereotipato comportamento conosciuto come urine washing (Andrew e Klopman, 1974; Doyle, 1974) è tipico delle proscimmie notturne, in particolare dei Lorisidi, e anche di qualche scimmia del Nuovo Mondo, incluse specie del genere Aotus, Saimiri e Cebus (Albone, 1984), ed è stato osservato in Galago

elegantulus e solo eccezionalmente in Lorisinae e lemuri del Madagascar (Hill, 1938;

Eibl-Eibesfeldt 1953; Charles-Dominique e Martin, 1970; Andrew e Klopman, 1974). Nelle proscimmie del Madagascar è stato osservato in Microcebus murinus (Petter,1962) in cui avviene essenzialmente nella stessa maniera di Loris (Ilse 1955) ed inoltre in G. crassicaudatus (Eibl-Eibesfeldt 1953), G. senegalensis (Sauer e Sauer,

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1963 cit. in Shilling 1979), G.demidovii (Vincent, 1969 cit. in Schilling 1979), e G.

alleni (Charles-Dominique, 1977).

Il modello comportamentale è rimarchevolmente simile in tutte le specie ed implica un alternarsi di sequenze di alzarsi ed urinare su zampe anteriori e posteriori su un lato del corpo e sull’altro: l’animale si solleva da un lato, mette la zampa anteriore sotto la regione anogenitale, urina sul palmo, e strofina la superficie dei palmi e delle piante insieme per un po’, prima di ritornare nella posizione originaria. Questo comportamento, praticato da ambo i sessi, è estremamente rapido, spesso dura solo qualche secondo, ed è poi ripetuto dall’altro lato del corpo. La deposizione dell’urina è poi portata a termine dai palmi e dalle piante dei piedi durante la locomozione o per uno sfregamento delle piante dei piedi al supporto. Questo “strofinio di piante dei piedi” sul substrato è descritto anche in G. senegalensis (Doyle, 1974) ma è più frequente in Microcebus (Schilling, 1979). In Cebus l’urina può essere trasferita lungo tutto il braccio e da lì ad altre parti del corpo (Albone, 1984).

Lo urine washing è la forma più stereotipata di urine mark nelle piccole specie,

G.demidovii (Vincent, 1969) e M. murinus (Pinto et al., 1974).

Questo comportamento è anche legato al corteggiamento. Infatti i maschi più piccoli di

Galago senegalensis, praticano lo urine washing particolarmente dopo il grooming con

una femmina o dopo aver annusato un’urina fresca di femmina (Albone, 1984). Quando le femmine sono in estro, i maschi aumentano lo urine washing notevolmente e possono arrivare a marcare anche le femmine con urine mark.

In Galago crassicaudatus (Tandy, 1976 cit. in Albone, 1984) durante lo urine washing il pene è molto vicino al substrato e l’urina viene espulsa con intermittenza mentre l’animale avanza lentamente.

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1.3.3 Urine mark in Lemur catta

Dopo avere messo in evidenza l’importanza dell’utilizzo dell’urina come marcatura in molte specie di primati, vediamo che ruolo occupa nella vita di Lemur catta. Come già detto in precedenza, questa specie si distingue per le particolari ghiandole e strutture cornee annesse che ottimizzano una marcatura tramite secreti odorosi.

Tuttavia questo non esclude che anche l’urina possa essere utilizzata proprio come marcatura, e non un’urina rilasciata in maniera “normale”, ma chiaramente associata ad un segnale visivo.

In letteratura si trova giusto qualche accenno all’utilizzo dell’urina da parte di Lemur

catta come marcatura olfattiva: quando Schilling (1979) descrive la comunicazione

olfattiva nelle proscimmie, sostiene che l’urina è usata regolarmente da alcuni lemuriformi, ma raramente dal genere Lemur. Tattersall (1993) parla di marcature olfattive tramite secrezioni di ghiandole specializzate, feci e urine, ma dei lemuri in generale. L. Gould (2002) non parla mai di urine mark quando tratta le marcature olfattive in Lemur catta. Evans e Goy (1968) nel descrivere la marcatura genitale sia maschile che femminile di Lemur catta, sostengono che insieme ai secreti ghiandolari

probabilmente viene depositata anche l’urina. Kay (1978 cit. in Hoffmann et al. 1992)

dice che quando le femmine praticano un genital mark in posizione verticale, rilasciano anche un po’ di urina. Infine la voce “urine mark” compare nell’etogramma per Lemur

catta di Kappeler e Pereira del 1996, poi non se ne fa più cenno: urine mark (um): urinare sul substrato abbassando la parte posteriore del corpo.

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1.4 Argomento e scopo del lavoro

Il presente studio costituisce il proseguimento di un progetto di ricerca a lungo termine elaborato dalla dottoressa Elisabetta Palagi (Palagi, 1998) e svolto dalle dottoresse Antonella Gregorace, Sabrina Telara, Elena Bastianelli e dai miei colleghi Ruth Curreli e Stefano Vaglio (Gregorace, 1999; Telara, 1999; Bastianelli, 2001; Palagi et al., 2001; Palagi et al., 2003, in press; Vaglio et al., 2003; Curreli, 2004).

Il lavoro qui presentato è stato condotto per un tempo continuativo di 6 mesi ed ha avuto lo scopo di discriminare i differenti pattern comportamentali legati alla deposizione di urina.

In particolare abbiamo cercato di determinare le differenze tra la deposizione di urina a scopo fisiologico definito nell’etogramma come urinate (UR) (Palagi 2001) e la marcatura odorosa urine-mark (UM) (Kappeler-Pereira 1997) al fine di portare nuove evidenze che supportino l’ipotesi precedentemente formulata che prevedeva l’esistenza di una marcatura con urina in Lemur catta. Dal punto di vista comportamentale lo urine marking si differenzia dallo urinate in quanto il rilascio di urina avviene con la coda sollevata in modo da formare un punto interrogativo (fig. 1.6). Con il termine “urinate” invece ci riferiamo al rilascio di urina senza il display della coda, che qui ipotizziamo avere una semplice funzione fisiologica.

Se quest’ipotesi fosse vera ci dovremmo aspettare che:

o Lo urine mark, compaia con una frequenza elevata come è tipico delle marcature olfattive.

o Lo urine mark, venga indagato più frequentemente del semplice urinate.

o Il rilascio di urine mark segua un andamento stagionale come le altre marcature e quello di urinate no.

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o Lo urine mark venga maggiormente associato al genital mark rispetto allo urinate.

o Lo urine mark venga rilasciato in luoghi ben definiti dell’home range, così come accade per le marcature olfattive che hanno un ruolo nella difesa territoriale.

o Il periodo stagionale influenzi la frequenza di rilascio dello urine mark in zone diverse dell’home range.

o Gli individui siano in grado di discriminare tra l’urina deposta in associazione al segnale visivo (urine mark) e quella rilasciata in assenza di segnale (urinate), così come sono in grado di fare per altre marcature olfattive.

A tale scopo sono state condotte una serie di prove dirette sugli animali, gli scent test, un tipo di esperimento teso a verificare direttamente l’indagine olfattiva da parte dei lemuri in assenza di segnali visivi.

Fig 1.6 Urine mark: l’animale abbassa la parte posteriore del corpo e dispone la coda a forma di punto interrogativo per poi urinare.

Figura

Fig. 1.3 Distribuzione geografica di Lemur catta.
Fig 1.5 Organo vomeronasale di cervo disegnato da Jacobson. L’apertura dell’organo è  in prossimità del canale palatino
Fig 1.6 Urine mark: l’animale abbassa la parte posteriore del corpo e dispone la coda  a forma di punto interrogativo per poi urinare

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