L’ ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCH I, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I
Anno XXIII - Voi. XXVII
Domenica 28 Giugno 1896
N. 1156
LE LEGGI M ILITARI ALLA CAMERA
Le notizie che danno i giornali sulle sorti delle leggi militari, che stanno discutendosi dalla Giunta parlamentare, sono molto eontradittorie ; si può dire però che la maggior parte dei periodici ritiene inevi tabile che siano rimandate a novembre d’ accordo col Ministero. A vero dire, gli stessi giornali affermavano, qualche mese fa, che il Senato non avrebbe dato il suo voto a quelle disposizioni, contro le quali tanti generali avevano parlato; e poi fu detto che gli Uffici della Camera si sarebbero subito manifestati con trari; - oggi si ripete la stessa profezia per il voto della Assemblea elettiva.
In questo momento, nel quale per il recente mu tamento di Ministero, la Camera è costretta ad ap provare una politica molto diversa da quella che essa stessa aveva appoggiato durante il Ministero prece- ! dente, è molto difficile far prognostici fondati sul voto che sarà dato, e sul contegno del Ministero.
È però, sotto ogni aspetto, desiderabile che la que stione delle spese m ilitari sia nettamente e franca mente messa alla Camera, perchè i rappresentanti della nazione si assumano tutta la responsabilità della risoluzione che prenderanno.
Si afferma, da molti, che una parte, e non piccola dei 140 milioni che sono stati votati per le spese d’ Africa potrà essere consacrata ai più ur genti bisogni dell’ esercito. E sia pure, ma non basta se si mantiene ancora un ordinamento a cui sono insufficienti i fondi stanziati in bilancio. Il disavanzo dei mezzi di difesa continuerà ad accumularsi ed in breve volgere di tempo saremo ancora allo stesso punto; avremo cioè un esercito organizzato insuffi cientemente e male assestato in tutti i suoi servizi. Fino ad ora, per un falso sentimento di patriotismo, i rappresentanti del paese hanno ostentato di non ac corgersi che si trovavano tra l’ uscio e il muro; l’ uscio delle strettezze finanziarie, il muro dei bisogni im prescindibili dell’ esercito e dell’ armata. Ora la que stione è stata posta dall’ on. Ricotti, se non in tutta la sua crudezza e realtà, in modo tale però cbe sia palese a tutti il pericolo gravissimo di uno stato di cose basato sugli espedienti e sulle illusioni più pec caminose.
Al punto in cui sono ridotti i bilanci per i diversi servizi non vi è speranza di economie se non con abolizione di leggi e con restrizione delle funzioni dello Stato; su questa via non ci sembra, però che sia disposto di camminare nemmeno il Ministero di Rudinì e quindi la spesa quale è attualmente, può dirsi gran ventura se rimarrà consolidata e si
negheranno risolutamente gli aumenti grandi e pic coli. È quindi necessario che i due bilanci, della guerra e della marina, i soli che sono suscettibili, senza danno diretto della economia pubblica, di es sere diminuiti, abbiano consacrata ed assicurata per un certo numero di anni quella somma che le con dizioni del paese permettono di mettere a disposi zione della difesa militare. Non è a meravigliarsi che i senatori ed i deputati militari asseriscano non essere bastanti i fondi stanziati ; è anzi naturale che i militari trovino che la spesa rivolta alla difesa della patria debba essere largamente assegnata e che ogni economia su tale punto del bilancio sia pericolosa. Lo stesso ragionamento, però, può fare il Ministro della pubblica istruzione e ripetere la nota osserva zione che la Prussia ha apparecchiata la guerra del 4870 più nella scuola che nella caserma ; e non mancherà il Ministro della Giustizia di affermare che non è forte un paese che non abbia ben retribuita e indipendente la magistratura. È quindi una grande fortuna per un paese come il nostro di trovare un Ministro della guerra il quale conosca la situazione finanziaria e se ne preoccupi così da chiedere esso stesso una riduzione nell’ esercito piuttosto che un aumento di spesa.
L ’ autorità tecnica indiscutibile dell’ uomo, e più ancora i recenti fatti, hanno fatto toccare con mano che erano illusioni quelle nelle quali si è alimentato fin qui il paese, di tenere lo stesso grande esercito con diminuzione di spesa; temiamo assai che egli stesso — l’ on. Ricotti — non abbia voluto dir tutto intero il suo pensiero, ma in ogni caso un gran passo egli ha fatto rompendo quella specie di leggenda per la quale si continuava a fare un poco come in teatro dove pochi uomini sembrano un reggimento.
Sono molti anni che questo punto viene discusso; e nel 4890 si era quasi alle stesse discussioni di oggi; sebbene si trattasse di sopprimere due corpi d’ armata, oggi si tratta di fare un’ altra specie di riduzione, ma il concetto allora come oggi è sempre lo stesso : i 246 milioni non bastano a mantenere l ’esercito quale è, bisogna ridurlo od aumentare la spesa.
Se nel 4890 si fosse più coraggiosamente proce duto nell’esame della questione, se fin da allora si fosse accettato il suggerimento che da molti era dato di avere forte e ben agguerrito un esercito quale le condizioni del paese possono permetterlo, molto pro babilmente si sarebbero risparmiati dei guai, ed ora la riforma sarebbe già completa.
che è inesorabile e che invano i M inistri della guerra succedutisi negli ultimi anni hanno cercato di girare con perniciosi espedienti. Sarebbe vera mente improvvido sotto tutti gli aspetti che il M i nistero lasciasse sfuggire la favorevole occasione e rimandasse a novembre, non la soluzione, ma il primo passo verso la soluzione di una questione che può essere a molti fin che si voglia dolorosa, ma che è inesorabile e si imporrà tanto più gravemente quanto più si tarda a scioglierla.
Bisogna quindi augurarsi che l’ on. Ricotti e tutto il Ministero di Rudinì affrontino alla Camera la di scussione dei progetti militari e dicano chiaro e tondo a qual punto sono ridotto le condizioni della difesa nazionale in causa della linea di condotta fin qui seguita.
Ogni debolezza su questo punto sarà causa in dubbia di maggióri difficoltà successive anche per il Ministero stesso.
La riforma dello imposte dirette iti Francia
Dopo l’ imposta generale e progressiva sul reddito, patrocinata dal Doumer e ormai condannata al limbo, per il timore che ispira la dichiarazione del reddito
globale, è venuta la volta della imposta sui redditi specializzati, ideata dall’ attuale ministro delle finanze signor Cochery.
Questo progetto, alla pari del primo incontra op' posizioni, ma meno vivaci e generali di quelle che suscitò il progetto del Doumer, e non è difficile che più o meno emendato possa giungere in porto.
Il signor Cochery aveva combattuto come presi dente della Commissione del bilancio il progetto del suo predecessore, e poiché aveva fatto parte anche della Commissione extra parlamentare che ebbe il compito di studiare l’ordinamento delle imposte reali sui red diti e ne aveva approvate le conclusioni, si poteva credere in precedenza eh’ egli non si sarebbe sco stato di molto dalle proposte di quella Commissione i cui studi sono stati lunghi e accurati. E infatti la riforma delle contribuzioni dirette proposta dal Co chery si ispira al concetto di colpire in altrettante cedole le varie categorie di redditi. Le cedole sono queste cinque : A , imposta sul reddito dei fabbri cati ; B, imposta sul reddito dei terreni ; C, sul red dito dei capitali mobiliari ; D , sui redditi commer ciali, industriali e professionali ; E, complementare, con la quale viene applicata una tassa di abitazione.
Ora le prime due cedole corrispondono pienamente alle due imposte già iu vigore sulla propriété bâtie o sulla propriété non bâtie, soltanto il ministro pro pone di portare l’ imposta principale sui fabbricati dal 4 ai 4 */* per cento. Invece nella cedola C, sono comprese le rendite francesi ed estere, i crediti ipo tecari e questa nuova imposizione solleva le prin cipali obbiezioni ; la cedola E, in sostanza allarga la base e la portata della contribuzione mobiliare, come vedremo più innanzi ; la cedola D e la im posta di patente.
Quello che vale a dare al progetto Cochery una impronta speciale è che colpisce le rendite francesi e straniere. La relazione ministeriale osserva che la legge del 1872 esentava i fondi di Stato francesi ed esteri, ma alla domanda se bisognava conservare tale
immunità, il Ministro risponde che non gli è parsa giustificata, quando si tratta di organizzare l’ imposta sui redditi e si vogliono colpire egualmente tutti i redditi della ricchezza acquistata. Essi devono nel nostro pensiero, dice la relazione, contribuire ai ca richi pubblici. Perchè i redditi di una parte della fortuna mobiliare sfuggirebbero a quest’ obbligo? Che l’ imposta sia prelevata sul complesso o sui vari ele menti della fortuna del contribuente la situazione è la stessa; bisogna elio ciascuno degli elementi del suo reddito contribuisca egualmente alle spese della collettività. Per i fondi di Stato esteri, aggiunge la relazione, le esenzioni recate dal legislatore del 1872 erano sopratutto motivate dalla necessità di conser vare al nostro mercato i benefici della negoziazione di quei valori. Bisognava rendergli l’ attività e la prosperità; bisognava pure attrarre quei valori per farne un prezioso strumento di cambio al momento in cui la liquidazione della Guerra del 1870 e il pagamento della indennità di S miliardi potevano aggiungere a una crisi commerciale una crisi mo netaria. Questi motivi fortunatamente sono scom parsi. La negoziazione dei fondi di Stato esteri ha preso sul mercato francese una estensione conside revole. La equità ci interdice di mantenere una immunità di cui non profittano i valori francesi, anche garantiti dallo Stalo francese, e di creare ai fondi di Stato esteri, di fronte ai valori francesi, dal punto di vista della imposta sui redditi, una situa zione privilegiata.
Quanto ai fondi di Stato francesi l’ esenzione non è parsa al Ministro neanche in tal caso giustificata. Senza dubbio, egli dice, la istituzione di una imposta sulla rendita è stala vivamente criticata ogni volta che è stata proposta. Argomenti di valore assai disu guale sono stati invocati, ma le critiche miravano a combattere la imposta speciale sulla rendita ; ora nel progetto ministeriale non si tratta di essa. Non si può dire che venga proposta una imposta speciale sulla rendita quando si applica a tutti i redditi dei capitali una imposta unica del 4,50 per cento e quando si lascia indenne la rendita posseduta da stranieri che non risiedono in Francia. Rifiutandole la immunità, dice il Ministro, applichiamo sempli cemente il diritto comune a questa varietà di red dito. La questione di diritto è indiscutibile; non vi è impegno contrario. La Commissione extra par lamentare per la imposta sui redditi, che comprendeva uomini di competenza e sapere indiscutibili, l’ ha perfettamente riconosciuto.
Or bene, l’ imposta del 4,50 per cento sui redditi dei capitali mobiliari si applicherebbe, secondo il progetto governativo: I o ai redditi dei valori mobiliari francesi e stranieri e in generale a tutti i redditi mobiliari colpiti dalle leggi 30 giugno 1872, 21 giu gno 1875, 20 dicembre 1880 e 29 dicembre 1882 e leggi successive ; 2° agl’ interessi dei depositi fatti presso le Società per una durata superiore a un anno ; 3° ai redditi dei fondi di Stato francesi o stranieri ; 4° al reddito dei crediti ipotecari e dei crediti privilegiati indicati ali’ Art. 2103 del Codice civile.
28 giugno 1896 L’ E C O N O M I S T A 403 mani di parecchi intermediari prima d’ essere pre
sentata al debitore definitivo, l’ imposta è pagata al Tesoro da colui che per primo ne ha operato il pa gamento o l’ incasso. La imposta è dovuta sulle ce dole dei fondi di Stato esteri depositati dai portatori francesi nelle succursali che gli stabilimenti di cre dito posseggono all’ estero e questi stabilimenti sono debitori dell’ ammontare della imposta di fronte al Tesoro. La imposta 6 dovuta pure da chiunque riceve in Francia delle cedole dei fondi pubblici esteri allo scopo di farne eseguire il pagamento all’ esiterò.
Naturalmente sono stabilite alcune esenzioni dalla imposta sui redditi mobiliari e vanno specialmente segnalate quelle per i buoni e le obbligazioni del Tesoro a scadenza massima di sei anni, per i red diti dei fondi pubblici francesi e stranieri che si trovano nelle mani di portatori stranieri che non hanno il loro domicilio in Francia o vi risiedono da meno di un anno, pei crediti dovuti a Società dai Dipartimenti, Comuni e Stabilimenti pubblici, quando questi crediti sono rappresentati da obbli gazioni, valori o titoli sia emessi, sia garantiti dalle dette Società e soggetti essi stessi alla imposta del 4,50 per cento sul reddito.
Il progetto Cochery inoltre crea una imposta sul valore locativo o taxe d’habitation (cedola E ). Essa è dovuta da ogni abitante francese o straniero d’ ambo i sessi in ragione d’ ogni abitazione mobiliata occupata da lui o a sua disposizione sia nel comune del suo domicilio reale sia in ogni altro comune a nella quando è proprietario di quell’ abitaziouo o ne gode a titolo gratuito. Sono esenti dalla tassa di abita zione : le persone il cui valor locativo non sorpassa il minimo di fitto determinato tutti g li anni per ogni
comune dal consiglio generale; questo minimo
non può del resto essere fissato nè al disopra, nè al disotto dei lim iti indicati nel progetto di legge nelle seguenti cifre : 30 a 60 fr. nei comuni di 1ÒÒ0 abit. e più, 45 a 90 fr. in quelli da 4001 a 5000 ab., 90 a 480 fr. in quelli da 3001 a 30,000 ab., 145 a 230 fr. in quelli da 30,000 a 200,000 ab., o situati in un roggio di 40 chilometri attorno a Parigi 125 a 250 fr. nei comuni 'di 200,000 ab. e più, 400 fr. per Parigi. La somma da dedurre a titolo di minimo di fitto è aumentata di un quinto per ciascuno dei figli minori e per ciascun ascen dente a carico del capo di famiglia ; essa è ridotta della metà rispetto ai celibi e ai vedovi o vedove senza figli.
Le taxe d’habitation è aumentata, senza però po ter essere più che raddoppiata, del 5 per cento in ragione di ogni domestica meno una, del 10 por cento in ragione di ogni domestico, del 5 per cento in ragione di ogni vettura e di ciascun cavallo pas sibili della contribuzione stabilita dalle leggi 2 lu glio 4862, 23 luglio 4872 e 17 luglio 1895. L ’ au mento è dovuto anche in ragione dei domestici che non sono alloggiati nè nutriti presso le persone che h occupano, purché siano tutta la giornata al servizio di un medesimo contribuente.
Torneremo uu altro momento sopra alcune que stioni relative a questa riforma dei tributi diretti francesi, ma intanto vogliamo notare che il ministro Cochery si è proposto di attuare lina vera perequa zione delle imposte dirette e in gran parte vi è certo riuscito. Egli non si è limitato a sopprimere effet tivamente delle imposte, quali la contribuzione mo- mliari e personali e quella delle porte e finestre
ma ha cercato di stabilire nel sistema che deve sostituirle una più giusta ripartizione dei sacrifici imposti ai contribuenti « sgravando, come dice la relazione, i redditi troppo gravemente colpiti, au mentando le imposte sui redditi troppo risparmiati e sopprimendo le immunità ingiustificate. » Il fatto è che gli sgravi ammontano a 4 87 milioni. E quanto alla nuova imposta sul valore locativo, il progetto calcola che su un totale di 10,750,000 ménages o famiglie la lassa complementare non ne colpirà, che 4,600,000, così più di 6 milioni no saranno esenti. L ’ imposta sui redditi invece d’essere differente come è ora sarà uniforme nella misura del 4,50 per cento.
Del resto, comunque si giudichi il progetto del quale abbiamo dato un rapido cenno, e sopratutto qualunque sia il giudizio che si voglia recare sulla imposizione della rendita francese ed estera, non si può non approvare il tentativo che il governo francese fa con molto vigore per rimediare una buona volta alle più stridenti imperfezioni del si stema tributario nella parte delle imposte dirette. Certamente sarebbe stato possibile, specie in Francia, di col legare la riforma dei tributi diretti con quella delle imposte indirette sui consumi, ma in questa materia, per le difficoltà gravissime che s’ incontrano, conviene non pretendere riforme vaste e ardite e accontentarsi invece dei ritocchi, che portano qual che giovamento col togliere qualche sperequazione e col gettare i germi di future riforme più decisive.
A PROPOSITO DEL SOCIALISMO CATTOLICO
Lettera aperta
Sig. D irettore dell’ Ec o n o m is t a.
Ricordando l’ ospitalità più volte concessa ai miei scritti m\V Economista, le indirizzo alcune conside razioni ispiratemi dall’ articolo comparso nell’ ultimo numero del suo periodico, nel quale è presa in esame l’ elezione dell’ on. Turati, avvenuta testé a Milano.
Mentre mi associo di gran cuore alla massima parte delle riflessioni ispirate da codesta elezione all’ egregio articolista, il quale constata con tristezza quanta poca forza opponga il liberalismo all’ avan zarsi del socialismo, vi è un punto sul quale duoimi non poter concordare nelle idee espresse in codesto articolo.
Y i leggo che « i clericali abilmente si sono acco- « stati al socialismo senza confondersi con esso, ed « hanno contrapposto a quel socialismo che si astiene « dal far confessione religiosa, il socialismo cristiano ; —
« scrittori e pensatori costituiscono una specie di anello « di congiunzione fra le due schiere; in una parola, « specialmente in alcune regioni d’ Italia, tanto meno « è forte il socialismo non religioso, quanto più è « forte quello cristiano; si direbbe quasi che i due « partiti e i due gruppi si sieno divisi il campo per « non disturbarsi a vicenda nella loro propaganda, « ed abbiano tacitamente rimessa a poi la discussione « delle loro divergenze ».
Anzitutto il capo naturale dei cattolici (fra i quali ! sono pure i clericali) senza che per questo essi co stituiscano tutto l’ insieme dei cattolici, non solo com batte il socialismo in genere nelle sue diverse forme e contro di esso dirama encicliche, mentre i sacer doti lo stigmatizzano dal pergamo, ma quello stesso capo si mostrò ugualmente contrario a quel socia
lismo cattolico che era incominciato a svilupparsi specialmente in Austria e in Francia; i fautori di esso, non è molto, videro i loro maggiorenti richia mati e diffidati di abbandonare la propaganda, come infatti l’ abbandonarono.
In Italia, poi, nemmeno può dirsi che vi fosse un principio di socialismo cattolico, se pure non v o - j gliasi affermare esserne indizio l’ azione economica cattolica quale si manifesta in particolar modo nel l’Alta Italia.
Ma ciò non potrà, certo, essere affermato dai dotti scrittori dell ’ Economista, giacché codesta azione eco nomica ò ispirala alle dottrine, ai principi, agli am maestramenti iie\\’Economista, come risponde alle idee di Scbullze-Delitzsch, di Wollemborg, di Luz- zatii, etc., i quali non sono, certo, scrittori socialisti.
T$e\\’ Economista, il quale non si occupa di que- ! stioni politiche e religiose, non è il caso di indagare | il programma politico-religioso dei cattolici, ma solo j quello economico; questo, ripeto, esplicantesi con energia ed efficacia nelle Banche cattoliche, cui spesso ricorrono non invano anche anticlericali, nelle Cooperative di produzione e di consumo, nelle Casse rurali, nelle Latterie sociali, nelle Associazioni di mutuo soccorso, si basa su quegli stessi principi, j sui più recenti progressi della scienza econòmica J ottenuti non tanto da cattolici, come da studiosi ap- j partenenti a partiti e religioni diverse.
È codesta azione quella appunto che gli scrittori liberali da anni ed anni vorrebbero fosse stata ini ziata dai liberali appunto quale potentissimo argine allo sviluppo del socialismo; e se questa azione, tra scurata dai liberali, vien bandita ed esercitata dai cattolici, perciò solo dovrà essa cambiare natura e nome ed essere chiamata azione socialista?
No certo, ed Ella egregio Direttore, da serio l i berale qual’ è, converrà che bisogna esser giusti anche cogli avversari, e però che non si può attribuire una qualifica immeritata, agli occhi nostri, anzi odiosa, all’ opera loro nel campo economico, solo perchè più previdenti e più attivi dei liberali i cattolici hanno I applicato nel campo pratico quei principi che gli altri partiti o avevano lasciato nel campo teorico, oppure avevano falsato colle malversazioni, colle par zialità, cogli sperperi, come lo stesso scrittore dello
Economista ammette.
È bensì vero quello che nel citato articolo si nota, che cioè ove maggiore è l’ azione economica cattolica ivi minore è il socialismo; ma ciò non dipende dal fatto che cattolici e socialisti siensi diviso il terreno da coltivare, nè significa che i principi degli uni si avvicinino a quelli degli altri; ciò prova, invece, che là ove i cattolici spiegarono maggiore attività, fon dando e facendo prosperare istituzioni materialmente utili alle classi più um ili, queste trovandovi l’ imme diata soddisfazione a molti dei loro bisogni si per snasero essere gli aiuti attuali, che trovavano nelle istituzioni economiche cattoliche, assai preferibili alle vaghe promesse di lontana e dubbia soddisfazione offerte loro dai socialisti.
I progressi dei cattolici, come giustamente nota |
l’ Economista, devonsi ascrivere in parte alla cattiva prova fatta dai liberali nel campo economico, in specie riguardo al miglioramento delle condizioni delle classi povere; ma devesi pure attribuire, ol treché ad una reazione dello spirito pubblico nel senso spiritualista, morale e religioso in opposizione al materialismo ed all’ opportunismo, anche all’ azione economica onesta, pratica ed oculata dei cattolici, azione che io auguro venga presa ad esempio dai liberali, ed essi lo potranno fare senza tema alcuna di avvicinarsi al socialismo, ma anzi combattendolo nel modo più efficace.
Accolga, egregio signor Direttore, i sensi della mia profonda considerazione.
Roberto Corniani
La lettera dei nostro egregio amico Conte Cor- niani ci offrirebbe argomento a molte considerazioni, che in questo momento non possiamo svolgere in modo completo. Ma non possiamo pubblicare senza qualche replica alcune sue osservazioni, che in verità ci crediamo in grado di confutare in poche parole. Dice il Corniani che il capo naturale dei cattolici non solo combatte il socialismo in genere nelle sue di verse forme, ma anche quel che si disse socialismo
cattolico, già abbastanza sviluppato in Francia e in Austria. Ora, noi crediamo che a questo riguardo convenga chiarire un poco le idee, per non cadere in equivoci. Quando si dice che i clericali non vogliono il socialismo, si può domandare di qual socialismo si intende parlare. Nessuno, crediamo, si è mai so gnato di dire che i clericali, o meglio il partito sociale cattolico voglia il collettivismo, del Marx o dell’Engels o l’organizzazione economica sociale del Saint Simon o quella del F o u rie r; tutti coloro che si sono oc cupati del socialismo cattolico hanno sempre rite nuto che si trattasse di un socialismo sui generis, di un sistema anli—individualista, anti-liberale, come gli altri socialismi, ispirato però da dottrine che non sono comuni ai collettivisti o ai comunisti. Come il socialismo di Stato ha dei punti di contatto con gli altri socialismi, così quello cattolico ne ha con il socialismo di Stato, con il collettivismo, ecc., ma il confondere tra loro quelle varie scuole è un errore gravissimo, in cui molti cadono; errore che deriva generalmente dalla imperfetta conoscenza che si ha delle tendenze, della critica e delle teorie delle singole scuole.
ìl socialismo cattolico o cristiano in realtà adotta il modo di procedere del socialismo di Stato e si associa ai principi erronei del socialismo collettivista. La critica eh’ esso fa del sistema economico vigente, è egualmente acerba e spesso ingiusta e la parte positiva ha una tinta socialista sua propria, ma spic catissima, perchè vuole una organizzazione obbliga toria della classe lavoratrice.
28
giugno 1896 L ’ E C O N O M I S T A 405 opere e nelle riviste del partito sociale cattolico, chesono però più numerose all'estero che da noi. Ma in conclusione, basta leggere il programma sociale ed economico del partito cattolico in Italia, appro vato anche dal Pontefice, per convincersi che si tratta di un socialismo che, se non deve essere con fuso con quello collettivista, è però a base di legi slazione e di corporazioni obbligatorie, e quindi pur sempre socialismo.
E quanto all’ azione economica cattolica che si svolge specialmente nell’ Alta Italia, non la possiamo dire, certo, indizio di socialismo, noi che altra volta allo stesso Conte Corniani abbiamo fatto notare come quella azione economica non sia che una copia di quanto hanno fatto i liberali, salvo, s’ intende, l’ ele mento confessionale introdotto dai cattolici pei loro fini politici e religiosi. Di chiamarla azione socialista nessuno si è mai pensalo, perchè tale non è; anzi, è piuttosto anti-sociale, in un certo senso, concor rendo aneli’ essa a dividere la società in gruppi e : classi antagonisti, se non oggi, certo il giorno in cui
tra Chiesa e Stato vi fosse lotta aperta.
Finalmente faremo osservare al nostro egregio amico due cose: che nella critica acerba della eco nomia moderna, cattolici e collettivisti alla Marx e alla Turati vanno pienamente, o quasi, d’accordo, ed è sui progetti di riforma soci-ile che, se mai, in parte divergono; che inoltre il giudizio sulla azione eco nomica dei cattolici non può essere fondato se non sulla esperienza di pochi anni, ed ha quindi un va lore assai relativo, mentre pei liberali, si tratta di venti o venticinque anni di continuo esperimento. Comprendiamo il desiderio del Corniani che l’ azione economica dei cattolici sia onesta, pratica ed ocu lata ; ma siamo giusti, forse che quella dei liberali non è stata tale nella maggior parte dei casi? E r rori i liberali ne hanno commessi, ma hanno anche esercitato ben prima dei cattolici sociali larga azione a beneficio delle masse, e gli stessi cattolici, quando qualche volta hanno fatto anch’ essi qualche tenta tivo, hanno avuto le loro Banche Bontoux, i loro oboli di S. Pietro, ec., ec.
L’ ARBITRATO INDUSTRIALE IN FRANCIA”
II.
Esposto così sommariamente e nelle sue linee fon damentali lo svolgimento storico dell’ istituto che stiamo esaminando, conviene ora occuparsi della struttura dei vari organi onde è costituito e delle loro rispettive funzioni, quali risultano dalla legislazione vigente. Per far ciò, siccome ancora non esiste in materia un testo unico ufficiale, è necessario, an ticipando l’ opera del legislatore, raccogliere dalle varie leggi e dai varii decreti successivamente pro mulgati, quei frammenti che sono rimasti in vigore, ordinandoli sistematicamente.
Nella trattazione parleremo anzitutto delle attri buzioni dei probiviri, indi della loro organizzazione, della giurisdizione e competenza e della procedura,
j, Attribuzioni. — I collegi dei probiviri hanno l’
uf-') Vedi il numero precedente dell’Economista.
1°) di risolvere per via di conciliazione le con troversie che sorgano tra gli industriali e i capi officina, capi-operai, operai e apprendisti e di de finire in via giudiziaria queste controversie quando vada fallita ¡a conciliazione (L . 18 marzo 1806, art. 6);
2°) di giudicare sulle istanze per esecuzione o risoluzione di contratti di tirocinio, come pure sui reclami diretti contro terzi in caso di subornazione d’ appprendisti (L . 4 marzo 1851);
3°) di regolare, in difetto di stipulazioni espres se, le indennità o restituzioni dovute al padrone o all’ apprendista in caso di risoluzione del contratto di tirocinio (ibid.);
4°) di compiere diverse formalità in materia di disegni o modelli di fabbrica e di libretti di congedo;
3°) ogni delitto che turbi l’ordine e la disciplina dello stabilimento, ogni mancanza grave degli ap prendisti verso ì loro principali può punirsi dai pro biviri col carcere non eccedente tre giorni. L ’ azione appartiene esclusivamente alle parli interessate (L. 3 agosto 1810).
Organizzazione. — 1 consigli dei probiviri sotio istituiti con decreti emanali nella forma dei regola menti d’ amministrazione pubblica dietro avviso dei consigli municipali, della Camera di commercio o della Camera consultiva delle arti e manifatture nella circoscrizione delle quali il Consiglio sarà compreso.
L ’ istruzione è fatta dal prefetto che ne trasmette i risultati al ministro del commercio insieme col suo parere e con informazioni dettagliate sull’ importanza delle industrie locali e il numero delle liti tra pa droni e operai. Questi documenti sono comunicali al ministro della giustizia e, in caso di assenso ila parto sua, viene sottoposto al Consiglio di Stato un progetto di decreto.
I decreti di istituzione determinano, in conformità delle circostanze locali, le professioni che cadono sotto la giurisdizione dei probiviri, la circoscrizione di ciascun Consiglio e il numero dei membri. Quando la circoscrizione di un Consiglio non comprende che un piccolo numero di professioni si assegna a cia scuna di esse un membro operaio. Quando le pro fessioni sono numerose esse si dividono per gruppi in base ai rapporti di analogia e si assegna a ciascun gruppo un numero di probiviri proporzionato alla quantità di affari che vi si presentano ordinariamente. La funzione dei probiviri è elettiva. Il corpo elet torale si compone: 1° dei padroni che hanno com piuto il 23° anno d’ età e patentati da almeno 5 anni e da tre anni residenti nella circoscrizione del Con siglio, e dei soci in nome collettivo, patentati o no, aventi l’ età di 23 anni compiuti, esercitanti da 3 anni una professione soggetta alla contribuzione delle patenti e domiciliati da tre anni nella ciscoscrizione del Consiglio; 2° dei capi-officina, soprastanti e operai aventi l’età di 23 anni compiuti, esercitanti la loro industria da cinque anni almeno e domiciliati da tre anni nella circoscrizione del Consiglio (L. 1° giu gno 1833, e L . 24 novembre 1883).
Il quadro è irasmesso al prefelto e questo funzio nario redige una doppia lista elettorale, la quale viene depositata nella sala comunale dove siede il Consi glio e comunicata a tutti i richiedenti. Nel giorno stesso in cui ha luogo detto deposito, se ne dà av viso mediante pubblicazioni nei luoghi abituali.
I reclami devono presentarsi entro il termine di giorni dieci ; ove il prefetto non creda di accoglierli è ammesso ricorso davanti il Consiglio di prefettura. Se la domanda implica la risoluzione pregiudiziale di una questione di Stato, le parli sono rinviate pre viamente avanti i giudici competenti. La procedura è gratuita.
II prefetto convoca gli elettori con decreto pub blicato nella forma ordinaria e se ne dà anche loro avviso individualmente. L ’ ufficio è composto del sin daco o del ff., ai quali sono aggiunti due scrutatori con un segretario nominati dal prefetto o dal pre sidente dell’assemblea.
I padroni, riuniti in assemblea particolare, nomi nano i probiviri padroni; i capi-officina, soprastanti, ed operai, pure riuniti in assemblea particolare, no minano i probiviri operai in numero eguale a quello dei padroni. (L. I o giugno 1853, art. 9).
Ciascuna delle categorie d’ industria nomina se paratamente il proboviro o i probiviri che sono ad essa assegnati. Quando vi sono più probiviri da eleg gere, l’elezione si fa per scrutinio di lista. I membri sono eletti a scrutinio segreto e a maggioranza as soluta dei votanti. Quando è necessario procedere ad un secondo scrutinio, la maggioranza relativa è sufficiente. Le elezioni possono essere impugnate di nullità sia dagli elettori presenti all’ assemblea, sia dal prefelto.
In questi due casi il processo verbale è trasmesso al Consiglio di prefettura che delibera entro il ter mine di 8 giorni salvo ricorso al Consiglio di Stato. Per essere eletto è necessario aver compiuto il 30° anno di età, saper leggere e scrivere (L . I o giu gno 1853, art. 5) e soddisfare alle condizioni richieste (già dette) per la durata del domicilio e l’esercizio della professione. Non è necessario d’ essere iscritto sulla lista elettorale (Decisione del Consiglio l i ago sto 1859). - Non possono essere elettori nè eletti gli stranieri, nè alcuno degli individui designati nello art. 5 della L . 2 febbraio 1852.
Nei casi che si verifichi astensione collettiva sia dei padroni, sia degli operai; o che essi portino i loro suffragi su nomi di candidati notoriamente ine leggibili; o quando i candidati eletti dai padroni o dagli operai rifiutino d’ accettare il mandato; o ancora se i membri eletti si astengano sistematica- mente dal sedere in Consiglio, si dovrà procedere entro la quindicina a nuove elezioni per completare il Consiglio.
Se dopo queste nuove elezioni gli stessi ostacoli impediscono ancora la costituzione o il funziona mento del Consiglio, i probiviri regolarmente eletti, che accettano il mandato ed intervengono alle se dute, costituiscono il Consiglio e funzionano, purché il loro numero sia almeno uguale alla metà del n u mero totale dei membri del Consiglio. (L. 11 d i cembre 188-1, art. Io.)
I presidenti e i vice-presidenti sono eletti dai con sigli a maggioranza assoluta dei membri presenti. Quando il presidente è scelto tra i padroni il vice presidente lo deve essere tra gli operai, e viceversa. Durano in carica un anno ; essi sono rieleggibili. Il
presidente e il vice-presidente possono scegliersi tulli e due tra gli operai o tra ¡ padroni nel caso ecce zionale previsto dall’art. 1 della L. 11 dicembre 1881. A ciascun Consiglio è addetto un segretario no minato a maggioranza assoluta di voti non revoca bile che per decisione dei 2/s dei probiviri. Questo segretario è incaricato di scrivere durante le udienze, ha cura degli archivi, redige le minute delle sen tenze e dei processi verbali, e gli atti di citazione, | e tiene il ruolo delle cause.
Ogni Consiglio redige, per la tenuta delle udienze, un regolamento che è sottoposto all' approvazione del Ministro del commercio.
I Consigli dei probiviri si rinnovano per metà ogni tre anni. La sorto designa la prima volta, quei probiviri che sono da sostituirsi, e le scadenze sono in seguito determinate dall’anzianità. I sorteggi sono fatti dal presidente in presenza del Consiglio convo cato in assemblea. I membri uscenti sono rieleggibili. (L. 1° giugno 1853, art. 10).
La disciplina è regolata da una legge del 1 giu gno 1804. Ogni proboviro che senza motivo legit timo e dopo esser posto in mora, rifiuta di prestare il servizio al quale è chiamato, può esser dichia rato dimissionario dal prefetto dopo essere stato sentito dal Consiglio debitamente citato ; se il Con siglio non esprime il suo parere nel termine di un mese, si passa oltre. In caso di reclamo decide il Ministro, salvo ricorso al Consiglio di Stato.
Di più, se un proboviro manca gravemente ai suoi doveri nell’esercizio delle sue funzioni, egli è chia mato a dare spiegazioni davanti al Consiglio che deve emettere il suo parere nel termine di un mese. Il proboviro può essere punito per decreto mini storiale, sia colla censura, sia colla sospensione non eccedente i sei mesi e può essere dichiarato deca duto dalle sue funzioni per decreto. In quest’ultimo caso il proboviro non può essere rieletto per sei anni.
I probiviri padroni e operai possono ricevere una retribuzione (L. 7 febbraio 1880). A Parigi tale retribuzione è di L . 1200 annue.
I Consigli dei probiviri possono essere sciolti per decreto su proposta del Ministero dei Commer cio. (L . 1 “ giugno 1853).
I comuni dove siede un Consiglio di probiviri debbono fornire ad esso il locale necessario (L. 11 giugno 1809). L e spese dei Consigli sono per ob bligo a carico dei comuni compresi nel territorio della loro giurisdizione e in proporzione al numero degli elettori inscritti nelle liste elettorali speciali all’ elezione. (L. com. 5 aprile 1881, art. 136). Le spese elettorali sono sopportate dal comune ove si fa l’elezione (ibid.)
Giurisdizione e Competenza. — La giurisdizione si estende non solo sui capi delle fabbriche situate nella circoscrizione, e sui capi-officina, soprastanti, operai o apprendisti che essi occupano e che risie dono in questa circoscrizione, ma altrui su tutti i capi officina, soprastanti e apprendisti che lavorano per gli stabilimenti di cui si tratta senza aver punto il loro domicilio o la loro residenza nella circoscri zione. La competenza è limitata alle contestazioni che sorgono sui lavori affidati agli operai e sulle convenzioni di cui questi lavori sono oggetto.
Procedura. — Ogni Consiglio di probiviri siede in ufficio particolare e in ufficio generale. L’ ufficio
28 giugno 1896 L ’ E C O N O M I S T A 407 alternativamente. Quando 1’ ufficio particolare non
può conciliare le parli, esso redige un processo verbale di non conciliazione e rinvia l’ affare davanti l’ ufficio generale che è incaricato di giudicare. Que st’ ultimo ufficio si compone, indipendentente dal pre sidente o dal vice-presidente, di un numero sempre uguale di probiviri padroni e probiviri operai ; questo numero è almeno di due probiviri padroni e due probiviri operai.
Il convenuto è invitato con una lettera del se gretario a comparire davanti l’ ufficio particolare. Egli deve presentarsi in persona ; in caso d’ assenza o di malattia egli non può farsi rappresentare che da uno dei suoi parenti, e questo parente deve essere capo di uno stabilimento o capo officina, soprastante 0 operaio. (L. 11 giugno 1809).
Se il convenuto non comparisce lo si fa citare da un usciere de! Consiglio.
Le parti non sono ammesse a presentare alcuna memoria defensionale.
Quando le parti sono rinviate davanti l’ ufficio ge nerale, quest’ ufficio deve, dopo averle sentite, pro nunciare seduta stante (D. 11 giugno 1809). Le sentenze sono firmate dal presidente e dal segreta rio. (L. I o giugno 1833).
Le sentenze sono definitive e senza appello quando l’ammontare della domanda non eccede la somma capitale di L. 200. A l disopra di 200 lire le sen tenze sono soggette all’ appello davanti il Tribunale di Commercio e la sentenza può ordinare I’ esecu zione immediata e provvisoria, fino alla concorrenza di detta somma, senza cauzione. Per somma mag giore l’esecuzione provvisoria non può essere ordi nata che coll’ obbligo della cauzione. (L. I o giu gno 1853). Le sentenze sono notificate dall’ usciere del Consiglio alla parte condannata e l’ appello non è più ricevibile dopo tre anni dalla notificazione.
Le norme concernenti i giudizi contumaciali e le opposizioni sono quelle stesse che vigono davanti i giudici di pace.
Per avere un’ idea completa quanto più è possi bile dello stato in cui trovasi presentemente il la voro legislativo francese in materia di probiviri è indispensabile accennare qui ad un recente progetto di legge già approvato dalla Camera dei deputati ií 17 marzo 1892. Tale progetto introduce non poche importanti innovazioni già da tempo ripetutamente invocate e dalla dottrina e dall’ opinione pubblica quali rispondenti al grado odierno di sviluppo della vita industriale. Limitandoci alle più notevoli citiamo le seguenti :
1. ° Sono soggetti alla giurisdizione deiprud’hom-
mes non solo gli operai propriamente detti, ma an che i commessi di negozio, gli impiegati di commercio, 1 lavoratori della terra, in una parola tutti coloro che prestano la loro opera ricevendo un compenso.
2. ° Sono soggette alla stessa giurisdizione, stando
ad una dichiarazione del relatore, anche le donne sebbene la parola « donna » non si riscontri nel testo del progetto, di più esse sono elettrici e ciò per disposizione espressa dell’ art. 5 N. 2.
3. ° I probiviri conoscono delle controversie na
scenti non solo tra « impieganti » e « impiegali » ma anche tra « impiegati. » Tali controversie sono frequenti dove usasi affidare a gruppi di operai l’ esecuzione a cottimo di un lavoro il cui compenso va distribuito in una proporzione che è determinata da mutuo accordo tra gli operai stessi.
4.° Il limite massimo della giurisdizione in via definitiva senza diritto ad appello è portato da L i re 200 a L. 500.
( Continua) Massimo Poetaluri.
Rivista Bibliografica
Alessandro G a re lli. - L'im posta successoria. - Torino,
Bo c c a, 1896, pag. VII-175 (L. 3).
Jules Roche. - Contre l'impôt sur le revenu. - Paris, Léon Chailley, 1896, pag. 2G5 (3 fr. 50).
Mancava nella letteratura finanziaria italiana una mo nografia completa sulla imposta successoria e l’egre gio prof. Garelli, ora insegnante scienza delle finanze alla Università di Torino, è stalo ben ispirato a pro porsi di colmare quella 'lacuna. L ’ imposta sulle suc cessioni ha infatti richiamato l’attenzione degli studiosi e dei pratici, in questi ultimi anni, e come si sono avute varie riforme legislative, o alio studio o con leggi approvate, come in Inghilterra, in Italia, in Fran cia, eco. così non sono mancate le monografie, come quelle del West, dell’ Eschenbach, del Vautbier, ecc., alle quali se ne aggiunge ora una italiana per molti riguardi commendevole. In quattro capitoli il prof. Garelli esamina estesamente e dottamente il fonda mento, i vantaggi, l’ applicazione e la importanza della imposta successoria. Le teorie e i fatti sono abilmente connessi tra loro e non vi è questione che abbia importanza per la scienza delle finanze che non sia stata esaminata dall’Autore, e chi non ignora quali e quante questioni siano state sollevate a proposito della imposta successoria, comprende le difficoltà del tema e la sua complicazione. Ma il nostro Autore con molto acume ba chiarito tutte le varie obbiezioni e ha fatto una lucida e interessante esposizione del tema. Lo sue conclusioni e proposte sono certo discutibili, le previsioni intorno al gettito possibile della imposta successoria italiana riformata sono esagerate, ma ciò non toglie che si tratti di un lavoro serio, pienamente al corrente dello stato presente della questione e ricco di dati, non desunti come in altri lavori, anche premiati, di terza e quarta mano, ma alle fonti dirette. In conclusione esso dà una cognizione esatta dell’ argomento nell’ ora pre sente e affronta le questioni relative con modernità di studi e di pensiero.
sui progetti della commissione extra parlamentare e j del ministro Cochery per l’ applicazione della impo sta sul reddito, mediante il sistema inglese delle i cedole.
Franz Josef Pfleger e Ludwig Gschwindt. —
Borsen-reforrn in Deutschland. — Stuttgart, Cotta, 1896. La inchiesta compiuta di recente in Germania sulle Borse, in seguito alla quale è stata preparata la legge che è andata ora in vigore, ha dato motivo alla Facoltà di economia pubblica della Università di Monaco di aprire un concorso per il riassunto dei fatti venuti in luce con la detta inchiesta. E il concorso è stato vinto dai signori Pfleger e G sch- wind, autori di queste monografie inserite negli
Studi economici di Monaco editi dai prof. Brentano j e Lotz.
Sono stati pubblicati finora due fascicoli del detto riassunto, e cioè la parte generale e quella relativa alle borse pei prodotti (Produktenborse) cioè pei cereali, lo spirito, il caffè, lo zucchero, la lana. Nella parte generale i due Autori si occupano della tecnica della inchiesta, delle conclusioni della com missione intorno alle emissioni, agli affari a termine, alla determinazione dei corsi, alla mediazione, agli affari di commissione e chiudono con alcuni cenni sull’ ordinamento delle borse in Germania e all’estero.
Di maggior interesse pratico è naturalmente il fascicolo secondo sulle borse delle merci, per le co piose notizie che fornisce sui vari contratti a ter mine e sugli usi delle principali borse tedesche.
Un terzo e ultimo fascicolo tratterà delle borse dei titoli e quando l’ opera sarà completa avremo un quadro succinto e preciso delle borse tedesche e delle operazioni che in esse si compiono, nonché una critica dello stato attuale di cose e notizie intorno alle riforme proposte. N ell’ insieme è quindi una pubblicazione assai utile, dispensando dal lungo studio degli atti voluminosi della Commissione di inchiesta.
Rivista Economica
II Commercio dell’Italia coll’India — Buoni del Tesoro.
Il Commercio dell’ Italia coll’ India. — La So cietà italiana per le stradp ferrate Meridionali affine di dare incremento ai traffici fra l’ Italia e l’ India, in relazione al servizio della Compagnia Peninsulare ed Orientale, facente capo a Venezia, presi accordi con quella Camera di commercio affidò, ai signori Gualtiero Fries e prof. Prim o Lanzoni l’ incarico di compiere un viaggio nell’ India a scopo commerciale.
Ora dalla relazione di questi due signori togliamo alcuni dati.
Il commercio marittimo dell’ India coll’ estero viene fatto esclusivamente dagli europei e dagli indigeni che sono stabiliti nei porti di mare. Alcune delle principali ditte europee hanno filia li nei centri del l’ interno, allo scopo, specialmente di comperar^ i prodotti del paese e di avviarli verso la costa ; il commercio dell’ interno è però ancora in mano degli indigeni. Le più importanti ditte europee, che espor tano ed importano per centinaia di milioni, non com prano mai se non dopo aver ricevute le commis
sioni e, quasi sempre, anche i fondi relativi, col mezzo di apertura di credito presso le banche.
I porti della costa più importanti sono quattro, di cui ecco per ciascuno in milioni di rupie, il com plesso delle importazioni e delle esportazioni del l’ anno fiscale 1894-95 : Calcutta 715, Bombay 631, Karacci 106 e Madras 109.
La facilità e la frequenza delle comunicazioni sono condizioni essenziali per lo sviluppo attivo degli scambi e per conseguenza l’ istituzione della nuova linea Venezia Bombay e specialmente i noli favo revoli che la Peninsulare and Orientai Company, ha dichiarato di voler applicare, potranno creare transazioni che finora erano impossibili o diffìcili.
AH’ infuori di Bombay, gli altri porti dell’ India hanno comunicazioni scarse ed indirette coi porti italiani dell’ Adriatico.
L ’ India ha molto più da vendere ai paesi esteri di quanto abbia dai medesimi da comperare. Con 10 sviluppo sempre crescente della produzione agri cola, delle industrie e delle comunicazioni, sono an date di pari passo crescendo le esportazioni. I prin cipali articoli di esportazione per l’ Italia sono: co tone greggio (che rappresenta da solo metà del valore dei prodotti indiani mandati in Italia) pelli, iuta greggia, seme di lino, sesamo, iudaco, semi di rapa e di ricino e noci di arachide.
I principali articoli poi d’ importazione di merci estere nell’ India sono: tessuti ed oggetti di vestiario, carbone, cotonerie, droghe e medicinali, colori, ve trerie, liquori, macchine, metalli, olii minerali, der rate alimentari, (pesci conservati, farina, salumerie, formaggi, ecc.) materiali da ferrovia, sale, seta greg gia e lavorata, spezie, zucchero e lanerie.
L ’ Italia ne partecipa col 0,5 per cento e viene in ultima linea, mentre in prima sta l’ Inghilterra col 72,8 per cento. L ’ Italia nel 1894-95 ha im portato per rupie 3,420,390 e di queste : coralli, rupie 1,032,608 ; vetrerie 356,467 ; colori 292,975; manifatture 172,328; vini 72,283; derrate alimen tari 102,151; seterie 493 351 ; marmi 131,064 ed altri pochi articoli di minore importanza. L ’ impor tazione dall’ Italia è apparentemente in diminuzione, 11 che dipende forse da inesatta inclusione delle merci di transito. Così ad esempio, secondo la sta tistica, i cotoni stampati e colorati sarebbero discesi da rupie 719,810 nel 1891-92, a rupie 73,986 nel 1894-95, ma c’ è il dubbio che si trattasse di merci tedesche o svizzere imbarcate a Genova o a V e nezia e perciò qualificate come italiane. C’ è inoltre deprezzamento nel valore del corallo e minore im portazione di conterie, dovuta soltanto ad eccessive spedizioni fatte da Venezia nell’ anno precedente. Nessun altro articolo mostrava nel 1895 di essere in aumento. Questo non vuol dire però che l ’ Itajia non possa aumentare la sua esportazione nell’ India.
28 giugno 1896 L’ E C O N O M I S T A 409 nell’ India la fedeltà al campione dev’ essere intesa
allo scrupolo, persino nei dettagli più minuti, giacché una piccola differenza, soprattutto quando si tratta con gl’ indigeni, che sono per natura e per interesse molto cavillosi, può essere causa di perdite non lievi.
Uno dei mezzi migliori però per sviluppare il commercio italiano nell’ India, sarebbe quello che molti italiani vi si stabilissero.
A Bombay ci sono cinque ditte italiane solide e rispettabili: Cornaglia Felice, Colonnello C. e C., Borri D. e C., lnzoli L. G., Boggiano Claudio, ge rente dell’ Agenzia Commerciale Italiana, che lavora per conto del Comitato promotore per il commercio coll’ estremo Oriente di Milano, Janni H. di Trieste e Pàthéria M. A . Tutte queste ditte dimostrarono di interessarsi in modo speciale ai nostri prodotti.
A Calcutta esistono le ditte italiane Peliti e Isaia e C., F.lli Boscolo M., Palomba e C. e F. Acerboui e C., il quale ultimo dichiarò di volersi occupare attivamente dell’ importazione; anche una ditta te desca Moli Sohutter e C. acconsentì.
A ll’ infuori delle armi, degli spiriti e delle altre bevande fermentate che sono maggiormente tassati, le altre merci fatturate pagano nell’ India un dazio del 5 per cento ad valorem sulla base delle fatture originali, eccezione fatta per le cotonerie che pagano il 3 */i per cento ; la natura della merce deve essere dich arata in modo minuto ed esatto.
L ’ Italia ha tutto l’ interesse di coltivare il com mercio cou 1’ India, perchè si tratta d’ un paese phe aumenta continuamente le sue importazioni e negli ultimi 20 anni le ha raddoppiate.
Parecchi prodotti italiani come I’ olio di oliva, i bottoni, la carta, eoe. che vengono importati indi rettamente da inglesi e tedeschi, non aspettano che l’ intervento diretto del nostro commerciante e dei nostri industriali. Così I’ Italia potrebbe farsi anche produttrice dei braccialetti di vetro, delle bottiglie comuni da soda, delle cassette di legno per thè, degli asparagi conservati, ecc.
Non dubitiamo che gli sforzi intelligenti e tenaci intesi ad aumentare la nostra esportazione nell’ India possano essere coronati dal successo, come di cuore auguriamo.
Buoni del Tesoro. — Il direttore generale del Tesoro ha inviato il giorno 14 corrente la seguente circolare alle Intendenze di finanza delegate alla girata dei buoni del Tesoro, alle Delegazioni del Tesoro e al controllore centrale presso la Tesoreria centrale :
« A conferma del telegramma già diramato, par tecipo a codesto Ufficio che, con Regio Decreto d’ oggi, venne diminuito di un quarto per cento, a cominciare da domani 13, 1’ interesse dei buoni del Tesoro fissalo coi precedenti Regi Decreti 12 e 29 dicembre 1895.
« Tale interesse, con esenzione da ritenuta per qualsiasi imposta presente e futura, sarà, quindi, applicato nelle seguenti ragioni :
2,00 per cento per i buoni da 3 a 6 mesi ;
2,50 id. da 7 a 9 mesi ;
3,23 id. da 10 a 12 mesi ;
« Per i burnii del Tesoro che saranno ceduti d i rettamente alle Casse di risparmio considerate dalla legge 15 luglio 1888, n. 5516, nelle condizioni previste dal secondo comma dell’ articolo 25 della legge 8 agosto 1895, n. 486, la ragione d’ interesse,
a partire dallo stesso giorno di domani l o corrente, pure con esenzione da ritenuta per qualsiasi impo sta presente e futura, corrisponderà a :
2,75 per cento per i buoni da 7 a 9 mesi ;
3,60 id. da IO a 12 mesi.
« I buoni a sei mesi frutteranno l’ interesse ordi nario del 2 per cento.
« Rimane fermo il divieto di rilasciare buoni con ¡scadenza nel mese di giugno e nei primi dieci giorni di luglio. Sino a contraria disposizione, non saranno accettati versamenti nuovi senza I’ autorizzazione del Ministero.
« Per l’ applicazione delle indicate ragioni di in teresse, le Intendenze di finanza delegate alla girata dei buoni riceveranno appositi prontuari. »
IL M OVIM ENTO CO M M ER CIALE E IN D U ST R IA L E
della Provincia di Ravenna
La Camera di Commercio di Ravenna ha pub blicato la sua relazione snlle condizioni commerciali e industriali del suo distretto camerale durante il 1895.
Da questa relazione si rileva che il movimento com plessivo della navigazione a Ravenna,e a Porto Corsini offre una diminuzione di 248 legni arrivati in meno, e di 261 partiti pure in meno in confronto all’ anno precedente, diminuzione per altro che non ha im portanza perchè dovuta unicamente a minori approdi e partenze di quei piccoli legni destinati al trasporto della ghiaia per la manutenzione delle strade co munali e provinciali della provincia ravennate. E la diminuzione che si riscontra nella merce sbar cata per l’ importo di tonnellate 6853 si ritiene che derivi dallo stesso diminuito trasporto della ghiaia, giacché in tutte le altre merci sbarcate si ebbe nel 1895 un incremento più o meno sensibile, incre mento che si verifica anche nella merce imbar cata per l’ importo di 1387 tonnellate in più sul 1894, e che deriva da una maggiore esportazione per Fium e di materiali laterizi prodotti dalle fornaci adiacenti alla darsena di Ravenna. Nei risi lavorati e nelle canape greggi« e pettinate, la esportazione fu invece in diminuzione. Le cifre più notevoli della importazione, si ebbero nei generi per tinta, e per concia, nel legname, cementi, carbon fossile, legumi secchi, panelle di noce ed altre ma terie : nella esportazione vanno segnalati le canape e i cordami, i materiali laterizi, i prodotti vegetali ed il riso e risone. Ciò rispetto ai porti esteri.
Sulle industrie è ad osservarsi che quelle eserci tate nella città di Faenza si mantennero in condi zioni abbastanza soddisfacenti.
Emergono sempre, sulle altre industrie, gli accre ditati lavori di ebanisteria, pei quali Faenza ha un posto ragguardevole, provvedendo alle richieste di molte parli d’ Italia.
co-noscere ed apprezzare all’ Esposizione di Zurigo ; talché da quell’ epoca sonosi intraprese vantaggiose ed ognora crescenti relazioni, massime coll’ Ingh il terra, e l’ industria stessa, incoraggiata dal successo, è ora in via di continuo perfezionamento per va rietà e qualità dei suoi prodotti.
La filatura della seta nel Comune di Brisighella, e la raffineria dello zolfo a Ravenna conservano, su per giù, l ’importanza degli anni precedenti. A Lugo la lavorazione della canapa, già si fiorente, si regge ora a fatica. A Bagnacavallo acquista ognora più credito ed importanza la fabbrica di carrozze, car rettini, e biroccini, del sig. Agostino Caravita.
L e merci sbarcate ammontarono a chi!. 49,880,000 e quelle imbarcate a chil. 4,180,000.
Il seguente prospetto contiene il totale degli ar riv i e partenze concernente i porti di Ravenna e Porto Corsini. 1894 . . . . 1895 . . . . A rrivi. Num. » 1,600 1,352 Differenza in meno nel 1895 Num. 248
1894 . . . . 1895 . . . . Partenze. Num. » 1,606 1,345 Differenza in meno nel 1895 Num. 261
I! seguente specchietto riassume l’ammontare delle merci imbarcate e sbarcate di due anni di confronto :
1 8 9 4 . . .
Merci sbarcate.
93,083
1 8 9 5 . . . 86,230
Differenza in meno nel 1895 Tonn. 6,853
1 8 9 5 . . .
Merci imbarcate.
40,109
1 8 9 4 . . . 38,722
Differenza in più nel 1895 . Tonn. 1,387
L A SITU A ZIO N E ECONOM ICA D E L L ’ UN G H ER IA
Mentre con l’ esposizione millenaria si celebra in Ungheria uno dei momenti più importanti della vita politica di questo paese, ci sembra opportuno il get tare un colpo d’occhio sulle condizioni commerciali, finanziarie e industriali di esso, per dimostrare che, anche su questo terreno la sua posizione è florida, e promette assai bene per l’ avvenire.
Le questioni delle finanze pubbliche o private hanno, come si sa, una grande influenza in tutta l ’economia di un paese, giacché esse sono il resul tato delle condizioni più o meno favorevoli, in cui si trova il paese stesso, e d’ altra parte non è pos sibile che le industrie e i commerci fioriscano se le società di credito e le società finanziarie particolari, non abbiano una solida organizzazione e non fun zionino felicemente.
Cominceremo frattanto dalle finanze, e se anche ci si occupasse soltanto delle spese dello Stato, molti paesi troverebbero ragione di invidiare I’ Ungheria. Nel 1870 infatti le spese raggiunsero i 199 milioni di fiorini, mentre le entrate non oltrepassarono i 185 m ilioni. Nel 1892, malgrado un raccolto me
diocre l’ eccedenza era stata di 22 milioni e mezzo; nel 1893 si faceva assegnamento soltanto su di un mezzo milione proveniente dalla previsione di 486.6 milioni per le entrate e 486 milioni per le spese, ma allorché si venne a liquidare il bilancio si trovò che le spese non avevano oltrepassato i 439. 8 mi lioni, e che malgrado entrate piuttosto deboli, giac ché arrivavano appena a 437 milioni, vi fu un eccedenza di circa 17 milioni, e questo resultato si ottenne, nonostante che si spendessero 10 milioni di fior, nel riscatto delle azioni delle ferrovie del Nord. Nel 1870 le contribuzioni dirette produssero 62 mi lioni di fiorini e le indirette 38 milioni. Nel 1893 le dirette gettarono 104 milioni e mezzo e le indi rette 134.
Per le istituzioni finanziarie pubbliche, banche ec. il progresso è stato anche più considerevole. Uno dei primi stabilimenti di credito creati in Ungheria fu la Banca Ungherese di commercio, creata nel 1841. Essa ha reso immensi servizi al paese e si trova in uno stato floridissimo. A partire dal 1867, che segna una gran data in tutte le manifestazioni della vita pubblica del paese, altre Banche furono create, cioè la Banca generale di credito, la Società di credito fondiario,, la Banca Ungherese di sconto e di cambio, istituti tutti che fanno operazioni su vasta scala. Contemporaneamente alla creazione di questi istituti, ne vennero creati altri con la « Prima Unione di Cassa di risparmio di Pest », che non solo accetta depositi, ma fa anche sconti, e si occupa di chèques, di lettere di cambio ecc.
Tutti questi stabilimenti sono stati di un polente aiuto alle industrie e ai commerci.
Fra le industrie una delle più importanti è l’agri coltura. In Ungheria vi sono grandi pianure, ove si coltivano cereali e tabacchi e ove si fanno grandi allevamenti di bestiame; vi sono colline per i vini e ove vivono numerosi armenti, e vi è infine una regione montuosa, ove si trovano immense estensioni di foreste e pascoli per il bestiame. Fra i prin ci pali prodotti agricoli figurano i cereali. Per il fru mento per esempio la produzione non è mai infe riore ai 55 milioni di ettolitri, ciò che fa classificare l’ Ungheria fra i grandi paesi produttori di grano, e di cui una buona parte è destinata alla esportazione con un provento per il paese non mai inferiore a 40 milioni di fiorini. Oltre il grano figurano fra i ce reali la segale con un prodotto di 12 a 14 milioni di quintali, l’ orzo presso a poco con la stessa cifra, I’ avena con 10 milioni e il granturco con tre e mezzo.
L ’allevamento de! bestiame, cioè bovi, montoni e porci vien fatta su vasta scala. Per la statistica commerciale del 1894 l ’esportazione dei porci pro dusse al paese una somma di 78 milioni e mezzo di fiorini, quella dei bovi 45 milioni, i cavalli per 8 milioni, i montoni per 3 e mezzo e le vacche per tre, senza contare i differenti prodotti di questi ani mali, come lane, grasso, pelli ecc.
28 giugno 1896 L ’ E C O N O M I S T A 411 1 vigneti ungheresi sono di una reputazione in
contestata, ma in questi ultimi tempi furono crudel mente provati dalla fillossera e dalla peronospora. Ciò ohe peraltro dimostra la forza di sviluppo del l’agricoltura in questo paese, è che gli agricoltori seppero trionfalmente lottare contro i due flagelli, ripiantando più di 220,000 ettari di vigneti. Nel 1894 il raccolto del vino era stato di 1,587,000 ettolitri di vino e nel 1895 raggiunse la cifra di 2,865,000.
Oltre l’ industria agricola, e fra esse specialmente la viticultura e la selvicultura, anche tutte le altre industrie propriamente dette hanno preso un sen sibile sviluppo. Senza stare ad entrare in minuti par ticolari, rileveremo che mentre nel 1870 si contava soltanto un mezzo milione di operai in tutte le in dustrie, nel censimento del 1890 si è rilevato che le industrie e i mezzi di trasporto fanno vivere una popolazione di 2,900,000 persone.
Una delle industrie più floride è quella della ma cinazione dei cereali, malgrado la forte concorrenza delle farine americane. L ’ Ungheria infatti possiede una serie di mulini enormi/che producono da 1000 a 4000 quintali metrici di farine al giorno. V e ne sono attualmente da circa 18,000 che danno un pro dotto annuale di 25 a 26 milioni di quintali di farina. L ’ esportazione delle farine, che dette 46 milioni di farine nel 1882, arrecò al paese nel 1895 un bene fizio di 66 milioni di fiorini.
L ’ industria mineraria e metallurgica è essa pure floridissima. L ’ estrazione del carbón fossile da 7 mi lioni di fiorini di prodotto nel 1886 è salita a 1 4 m i lioni e mezzo nel 1895. Senza parlare del rame, del l’ argento e del piombo, citeremo il ferro greggio, il cui prodotto da fiorini 5,729,000 nel 1880 è salito a 12,105,000 nel 1895.
Quanto al commercio, senza entrare in dettagli, ci limiteremo a segnalare che esso ha a sua dispo sizione da 4 a 5 mila chilometri di vie navigabili, e più di 15,000 chilometri di ferrovia senza contare più di 100 mila chilometri di vie di terra.
Inoltre, somme considerevoli sono state spese per creare una vasta rete di linee telegrafiche e per fondare uffici postali.
Finalmente Fium e che è il porto principale della Ungheria, mercè l'allargamento della sua superficie di acque e grazie agli elevatori e costruzione di ma gazzini e apparecchi di manutenzione, ha veduto crescere il suo commercio da 25 milioni di franchi, che era nel 1867, fino alla formidabile cifra di 264 milioni.
Tutto quanto abbiamo detto è la prova più splen dida del progresso economico e finanziario dell’ Un gheria, che è confortata anche dallo sviluppo com merciale, giacché l’ insieme degli scambi con l’estero, che fu di 920 milioni di fiorini nel 1889, è salito a 1108 milioni nel 1894.
Il bilancio della città di Parigi
Prima di cessare dalle sue funzioni, il Consiglio Comunale di Parigi ha votato i bilanci degli anni 1894, 1895 e 1896.U capitolo delle rendite ordinarie si divide in tre grandi sezioni che comprendono :
1° Le contribuzioni propriamente dette ; 2° Il dazio consumo ;
3° Le proprietà comunali, le locazioni e le en trate diverse.
La prima sezione che comprende i zionali, le imposte speciali, la tassa sui cani prevede una rendita di.
La seconda sezione quella del da zio c o n s u m o ...
La terza finalmente che comprende i mercati, le piazze, i macelli, i de positi e diversi . . . ... fr. centesimi addi- 101,998,350 450,010,000 45,900,000 329.300.000 167.800.000 82.900.000 85.900.000 In tutto fr. 603,900,000 Aggiungendo le rendite provenienti
dalle locazioni e risorse diverse per » 61,991,650 Si ha per tre anni un tot. di entrate per fr. 665,900,000 Le spese aggruppate in quattro sezioni, cioè de bito, nettezza pubblica, istruzione e assistenza pub blica si suddividono come segue :
Interessi e ammortamento del debito fr. Servizio della nettezza pubblica . . » Istruzione...5
Assistenza p u b b l i c a ... »
Totale delle spese ordinarie fr. 665,900,000 Le entrate, straordinarie di cui i diversi esercizi hanno tenuto conto sono le seguenti :
Anno 1894, Reliquato del prestito 1894, fr. 17,000,000 Id. Prestito del 1892 . . . . » 55,000,000 Anno 1895, Prestito del 1892 20,000,000) no ono 000 Id. Id. 1894 18,200,0001 3S^UU,UUU Anno 1896, Prestito del 1892 20,000,000) og sqqooO Id. Id. 189416,500,000 j db>°uu>u w T otale delle entrate staordinarie fr. 146,750,000 Queste risorse sono state consacrate al pagamento delle spese straordinarie che seguono:
Esercizio del 1894 : Sorbona e licei . . . . fr. 1,750,000 Assistenza pubblica . . » 4,200,000 Lavori di architettura . » 1,124,000 Viabilità pubblica. . . » 40,000,000 Acque e scoli...» 14,576,000 Costruzione di scuole . » 40,000,000 Spese per i prestiti . . » 350,000
Esercizio del 1895:
Viabilità pubblica. . . fr 5,800,000 Acque e scoli... » 16,004,474 Irrig a z ion e... » 2,995,526 Costruzione di scuole . » 12,000,000 Spese per i prestiti . . « 1,400,000
--- »
Esercizio del 18 96 :
Previsioni inscritte sul bilancio. . . fr.
fr. 72,000,000