L'ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SC IEN ZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCH I, F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R IV A T I
Anno X\1V - Vol. XXVIII
Domenica 16 Maggio 1897
N. 1202
LA QUESTIONE MILITARE
La Camera dei deputati Ita dato !’ altro giorno il primo voto sul progetto di legge per il riordina mento dell’esercito presentato dal Ministro Pelloux: ed il progetto passò alla seconda lettura con una maggioranza di oltre cento voti.Non poliamo rallegrarci di questa vittoria del Mi nistero, nè crediamo che con tale soluzione si adem pia alla promessa solenne, fatta nel discorso della Corona, di sottrarre finalmente ad una troppo fre quente discussione l’ordinamento dell'esercito. Infatti, è troppo evidente che e Governo e Cantera hanno mantenuto l’ equivoco che preesisleva, conservando l’esercito in tali condizioni che per essere in nor male assetto r chiederebbe una spesa molto maggiore di quella che gli viene accordata.
Sono cinque o sei anni che ormai si discute questo stesso problema : essere impossibi e mantenere re golarmente l’esercito, come la prudenza più moderata esigerebbe, e composto di dodici corpi d’armata spen dendo soltanto, compresa l’ Africa, 246 milioni. Da tutte le parti si è affermato e si è anche provato che i due termini sono inconciliabili e che occorre: o diminuire I’ esercito od aumentarne la dotazione; continuare nello stato presente è costringere il Mi nistro della guerra ad una serie di espedienti più o meno palesi che depauperano i mezzi di cui l'eser cito dovrebbe sempre disporre e preparare così la sua minore capacità e prontezza difensiva ed offensiva.
Non si ha, ci sembra, tutto il coraggio necessario per dire la verità o la si dice a denti così stretti e con locuzioni così involute che arriva agli orecchi della gente, confusa e trasformata. Fra lo due ten denze, una attribuita ad altissimi personaggi che non vorrebbero diminuire la forza nominale attuale dello esercito: l’altra, che ai ima gli uomini di Stato più logici e meno unilaterali, i quali vorrebbero ridurre l’esercito alla proporzione della potenzialità economica del paese, fin qui i ministeri hanno tentato di seguire una via di mezzo ; mantenere i’ esercito sulla stessa forza, almeno apparente e non richiedere maggiori spese. Questa ginnastica militare e finanziaria potrebbe essere una soluzione, se gli stessi termini con cui è esposta non provassero che è una soluzione appa rente. Infatti nessuno ha il coraggio di domandare categoricamente se tutto quanto occorre indispensa bilmente all’esercito sia pronto e sia in perfetto as setto; e nessuno ha il coraggio di lare esplicita- i mente tale dichiarazione. Lo stesso Ministro della guerra nella recente discussione, affermò che se ve nisse il giorno della guerra egli si metterebbe tran- 1
quillamente alla testa dell’ esercito, sicuro che esso farebbe il suo dovere. Ed un soldato non può vo lere e dire diversamente ; ma avremmo voluto vedere se il soldato, sebbene Ministro della guerra e quindi uomo politico, avrebbe potuto dichiarare in modo reciso che le leggi riguardanti l’esercito sono in ogni parte rigorosamente osservate.
Così si perpetua l’equivoco, che invano gli on. Co lombo e Ricotti, quando furono Ministri, hanno tentato di cominciare a rompere. I discorsi che l’on. Colombo ed altri dello stesso suo parere hanno fatto l’altro giorno alla Camera hanno riscosso molte approva- ! zioni, tanto la logica e la evidenza si imponevano: ma poi, al momento del voto, la politica prevalse sulla logica, o meglio molti trovarono più comodo il par tito medio del Governo, che non risolve la questione, ma la lascia intatta con tutti gli inconvenienti che da ^molti anni si deplorano.
È così che per mollo tempo, forse, avremo un esercito nominalmente imponente; avremo le più strette economie, anche sulle cose che non si pos sono, senza danno, restringerli; sinché un improvviso pericolo, od il timore remoto di una guerra, o l’ar ditezza di qualche nuovo Ministro, non strapperà in una sola volta alla Camera i fondi necessari per col mare tutte quelle falle che si vanno accumulando anno per anno, per insufficienza di dotazione.
Alcun tempo fa si discuteva sul quesito : è meglio un grande esercito mal nutrito di mezzi, od un pic colo esercito fortemente agguerrito? E la discussione poteva sino ad un certo punto essere teorica ed i partiti schierarsi con l’una o con l’altra teoria. Ora invece si è adottato il motto: affermare che le do tazioni le quali, si è tante volte dichiarato, non ba stavano, sono invece sufficienti a mantenere un grande esercito.
E questa affermazione, a cui si dà il carattere di verità, ha ottenuto l’altro giorno alla Camera una notevole maggioranza di voti.
I COTONIERI ED IL PROTEZIONISMO
Dall’egregio Sen. Comm. Ernesto De Angeli rice viamo la seguente lettera che continua la discussione sull’argomento da noi già trattato. Pubblicando volen tieri le considerazioni dell’egregio Senatore, ci riser viamo di esaminarle in un prossimo numero.E gregio P rofessore,
306 L ’ E C O N O M I S T A 16 maggio 1897
protezione concesso all' industria del cotone in Ita lia, mi ero permesso di richiamare la Sua atten zione sulla risposta che nelle colonne ilo^ In d u s tr ia io avevo dato all’ Avv. Giretti. A Lei è parso che questa risposta « non possa dirsi una rettifica di fatti e di apprezzamenti che sembrano tanto chiari per se medesimi ».
A parer mio qui v’ è un equivoco. Io ho risposto all’ articolo del Giretti, non col proposito di convin cere i liberisti italiani dei buoni risultati della pro tezione accordata all’ industria cotoniera, ma sem plicemente per rettificare alcune affermazioni sulle quali lo scrittore del Jo u r n a l des Econom istes ba sava il suo ragionamento. E a questo credo di esser riuscito ; poiché si tratta di fatti e non di apprez zamenti.
La protezione — diceva il Giretti prendendo oc casione da una relazione del presidente dell’ Asso ciazione cotoniera sullo stato dell’ industria del co tone — vi ha assicurati così lauti profitti che i capitali sono accorsi copiosi verso la vostra indu stria ; ora producete più del necessario e vi trovate in crisi ; per mantenere il vostro monopolio nel mercato interno domandate l’ abolizione del lavoro notturno sperando che essa si risolva in una limi tazione della produzione.
Di crisi, rispondo io, non si può parlare. L ’ in dustria del cotone attraverserà, se si vuole, un mo mento difficile. Ma sta in fatto che le filature e le tessiture seguitano a lavorare con profitto, sia pure ridotto, e che stabilimenti nuovi vanno ancora im piantandosi. Ciò che il regime protettivo ha svilup pato è quella forte concorrenza fra gli industriali protetti che adesso quasi ci si rimprovera e che co stituisce lo stato normale di un’ industria in terra di libero cambio. Ma, fin dagli inizi, il rapido cre scere della produzione era preveduto da molti co tonieri, i quali chiedevano dazi protettotori ferma mente convinti che essi avessero appunto l’efficacia di far sorgere un’ industria florida e robusta, che gradatamente giungesse a supplire ai bisogni del consumo e magari anche ad esportare ; un’industria che non poltrisse dietro le barriere doganali, ma a poco a poco si rafforzasse sì da poter un giorno farne anche senza.
Se le nostre previsioni si sono avverate, se que sta concorrenza, di cui certo traggono tutto il van taggio i consumatori, si è affermata, v’ è, mi pare, cagione di rallegrarsi e non di muover lamenti. I lamenti sarebbero giustificati se si chiedesse l’ inter vento dello Stato per eliminare questa concorrenza. Taluni veramente vi hanno pensato ed hanno do mandato l’ abolizione del lavoro notturno ; più per questo che per altro scopo ; ma dei desideri di que sto o quell’ industriale non si può chiamar respon sabile tutta la classe.
E avrei finito se, dacché mi trovo a scriverle, non mi sentissi attratto ad accettare il Suo invito, e dirle in breve come, con esattezza maggiore, a parer mio, si possano narrare gli avvenimenti che hanno condotto l’ industria cotoniera a quest’altezza.
Ella approva quanto il Dottor Jannaccone scriveva di recente nella R ifo rm a S o c ia le: « L a protezione goduta per la tariffa del 1878 più non bastava ai cotonieri; ma, a guardar sottilmente, il disagio in cui essi si trovavano nel 1886 era già un effetto della protezione da cui fino allora erano stati cir condati. La forte difesa, in fatto, di cui godevano i
filati tino al N. 20, aveva generato un eccesso di produzione, il quale già seriamente minacciava la industria. Ma i cotonieri credettero che il rimedio a questo male dovesse essere una protezione più forte ancora, da accordarsi specialm ente ai filati dei numeri più alti e ai tessuti ». Questo, me lo con senta, Egregio Professore, non si chiama narrare i fatti colla maggiore imparzialità possibile; e l’ ine sattezza mi obbliga a ripetere cose che si sono già dette cento volte. La tariffa del 1878 proteggeva efficacemente i filati di titolo grosso e i tessuti più ordinari ; per opera sua pertanto la produzione dei filati e dei tessuti meno fini raggiunse ben presto considerevoli proporzioni. Naturalmente, i cotonieri dopo il felice esperimento, domandarono una nuova tariffa che, aumentando la protezione sui filati più fini e meglio proporzionando la difesa accordata ai tessuti con quella accordata ai filati, permettesse loro di cimentarsi in campi, in quel tempo quasi inac cessibili per la mitezza dei dazi, nella produzione, ripeto, di filati di numeri superiori e di tessuti fini. Quindi non si può mettere un fatto normale nello svolgimento di una sana protezione in così cattiva luce, e dire che « la protezion e goduta p e r la ta r iffa d el 1878 p iù non bastava a i cotonieri », e che essi credettero che « il rim edio a questo m ale d o vesse essere una p rotezion e p iù forte a n cora da a c c o rd a r si s p e c i a l m e n t e a i filati d ei num eri p iù a lti ed a i tessu ti». La protezione b a s ta v a ; anzi, per il progresso raggiunto dall’ industria, era diventata esuberante per gli articoli efficacemente protetti, tanto che si era pensato a diminuire alcune voci e la dimi nuzione non fu fatta solo per il timore che essa potesse incoraggiare le frodi senza giovare ai con sumatori, già garantiti dalla concorrenza interna. Il rimedio ad uno stato di cose che non aveva il ca rattere di m ale non doveva essere e non fu una protezione piu forte da accordarsi specialm ente, ma esclusivamente ai filati dei numeri più alti, ed ai tessuti. Son queste inesattezze di linguaggio tutt’altro che lievi, perchè da quelle parole si può giungere alla conclusione a cui Ella arriva, cioè che « dato l’ indirizzo prevalente nel 1887 i cotonieri ottennero nuovi dazi protettori più alti, sebbene la industria non fosse più nascente e avesse potuto svolgersi notevolmente». Ripeto: i dazi per i manufatti che 1’ industria produceva non furono accresciuti, e, ri spetto ai manufatti, per cui la protezione fu aumen tata, l’ industria era proprio nascente.
Come la tariffa del 1878 aveva chiamato in vita una florida produzione di filati e tessuti più ordinari, così la tariffa del 1887 ha incoraggiata la fabbri
cazione dei prodotti più fini. Oggi sigino a questo, che l’ industria del cotone in Italia soddisfa alla domanda del consumo nazionale anche pei prodotti fini, ed esporta. Ma, Ella dice, v’ ha chi crede che si riesca ad esportare solo perchè « i prezzi per il mercato estero poterono essere sensibilmente ridotti, trovando un compenso sufficiente nel mercato in terno mediante i dazi ». Guardi la contradizione !
Come è mai possibile aumentare artificialmente i prezzi nel mercato interno, per rifarsi della perdita sopportata nell’ esportazione, quando la produzione eccessiva è causa di tanto accanita concorrenza fra i nostri industriali?
16 maggio 1897 L ’ E C O N O M I S T A 307
esportazione è composta si avvede che, mentre è piccola nei filati, è formata in massima parte da tessuti, e specialmente da quelli a colori, da quelli tinti e da quelli stampati, che trovano la loro via all’estero, solo perchè, o per causa di prezzo, o per qualità, o per pregio artistico o per corrispondenza maggiore ai gusti dei consumatori o per altre ra gioni, riescono vittoriosi nel confronto coi prodotti similari stranieri.
Ma allora - si presenta naturale la Sua obiezione - dovreste mitigar le tariffe. E chi nega che le tariffe non possano gradatamente ridursi ? La protezione che esse accordano, appena sufficiente una volta, ora è certo, in molti casi, eccessiva. Ma non c’ è da an gustiarsi ; il consumatore non soffre per esse ; la concorrenza fra produttori le ha ridotte in fatto già da molto tempo, sicché della maggior protezione che esse concedono, oltre il necessario, nessuno può trar profitto.
Concludendo, mi sembra che le cose oggi stiano in modo che spetterebbe ai cotonieri il riandare le discussioni passate per dimostrare che i loro oppo sitori avevan torto. Invece accade il contrario; e lo strano è questo, che per combatterei si adducono argomenti, come quello della concorrenza con tutti i suoi effetti vantaggiosi ai consumatori, che depon gono a nostro favore.
Mi scusi, Professore Egregio, se mi son troppo dilungato e gradisca coi più vivi ringraziamenti la espressione di tutta la mia stima
Devotissimo Ebnesto De Angeli Milano, 12 Maggio 1897.
cesso che è stato la negoziazione di un trattato con la Francia fu lo stesso on. Crispi. Ma è una tesi ra dicalmente sbagliata, come si può credere a p r io r i quando si pensi alla finizione moderatrice che eser citano in, questo periodo storico i trattati di com mercio. È , ad ogni modo, una tesi che si può di mostrare, coi fatti e con le cifre, erronea ; e a questa dimostrazione l’on. Giusso ha portato il contributo del suo preclaro ingegno, cosi che crediamo di do verne tener parola.
Le ragioni principali che mettono innanzi coloro che si oppongono alla conclusione di un trattato di commercio, sono così riassunte dall’ on. Giusso: — 10 non si può sperare niente pei vini, anzi corriamo 11 rischio di aprire il nostro mercato ai vini francesi; 2° neanche vi è da sperare per gli altri prodotti, perchè la tariffa massima e la minima francese sono eguali per quanto concerne i prodotti agricoli più importanti, e perch^per le altre voci la tariffa mi nima è così elevata che poco o nessun beneficio si può avere; 3” non si sente il bisogno di fare un nuovo trattato, quando ciò che l’Italia ha perduto col mercato francese l’ ha guadagnato con altri mercati; 4° stipulando un trattato noi rimarremmo legati e la Francia sciolta, perchè essa non si vincola a mantenere la misura dei dazi attuali ; 5° infine, è una illusione il supporre che la Francia possa fare all’ Italia, colla tariffa minima, quelle concessioni che furono fatte alla Svizzera.
Esaminiamo anzitutto il movimento delle nostre esportazioni principali in Francia :
Esportazione in F ran cia m e d ia a n n u a n e i p e r i o d i
PR O D O T TI 1885-87 1889 91 1892-95
PER LE RELAZIONI COMMERCIALI C i U FRANCIA
-L ’Associazione di proprietari ed agricoltori in Napoli ha discusso recentemente sulla convenienza per l’ Italia di stipulare con la Francia un trattato di commercio, ed ha approvato una relazione dello on. Giusso, deliberando di promuovere « una larga manifestazione nel paese ». Di cotesta manifestazione non abbiamo ancora, veramente, i segni palesi, ma in cambio abbiamo la relazione dell’on. Giusso, che è un documento interessante sull’ argomento, sempre meritevole di trattazione obiettiva e serena, come è appunto quella dell’ egregio relatore dell’Associazione napolitano.Noia l’ on. Giusso che da quando si sono inter rotte le relazioni amichevoli con la Francia per opera
Vino in b otti... Ettolitri 1, 910, 300 73,297 Oliò d’ oliva...Quintali 200,989 117,716 Essenze d’arancio Chilogr. 51,253 33,667 Tartaro e fe ccie .. . Qnint. 25,578 4,207 Generi per tinta e
con cia ... » Canapa g reggia.. . ¡> Canapa e lino pet
tinati... » Filati di lino e ca
napa ... » Lane greggio... Seta tratta greggia ¡> Cascami di seta. . »
Id. id. lavorati » Manufatti di seta. Chilogr. Castagne... Quint. Riso mondato . . . . » Frutta fresche.. . . » Id. secche... » 110,666 108,810 60,714 5,456 313,384 102,424 121,171 84, 475 67,171 88,046 17,363 15,115 14,681 12, 308 3,644 3, 731 4,998 3,040 2,605 25,653 11,864 8,945 12,542 12,012 13,663 1,199 1,810 1,505 41,800 6,786 5,745 57,583 50,380 39,337 204, 310 12,630 38,005 25,057 11,784 23,300 81,168 40,035 50,327
di quel gruppo di industriali che guarda unicamente al proprio interesse, anziché a quello del paese, è stato sostenuto che l’ Italia non ha più bisogno della Francia e che un trattato potrebbe riuscire più dan noso che utile. È la tesi che abbiamo vista difesa su giornali, i quali sacrificano volentieri la verità alla politica, alle simpatie e antipatie partigiane, e perchè l’on. Crispi non ha saputo o voluto o potuto stipulare un trattato con la Francia, non vorrebbero che un altro Ministero facesse un atto di politica commerciale giovevole agli interessi economici e politici itatiani. È la tesi che trova a Firenze, come a Napoli e altrove, giornali più o meno autorevoli e seri che se ne fanno banditori unicamente perchè uno dei principali artefici di quel colossale
insuc-Legumi, ortaggi e
prodotti diversi. » 75,034 40,522 249,185
Legname grezzo . . Tona. 12,149 6,478 7,384
Radiche da spazzoleQnint. 12,842 12,386 9,683
Bovini... Capi 96, 945 15,309 2,412
Ovini e caprin i.. . . » 101,581 32,531 5,815
Su in i... » 17,971 23,116 978
Pelli crude... Quint. 13,506 11,950 7,884
Carni preparate,. . . 6,444 4,322 4,534
Pollame vivo e morto » 46,434 24,820 26,867
Burro... » 19,407 10,684 10,951
F orm aggio... » 13,375 6,466 7,034
U o v a . ? : ... » 87,507 12,279 22,089
Accenne-308 L’ E O O N O M I S T A 16 maggio 1897
remo soltanto ad alcuni dazi della tariffa 1892 la quale come è noto si distingue in massima e minima :
T ariffa 1893
P R O D O T T I massima minima
V ino... frantili 1-20 0.70
per prrado ed ettol. fino a 10.9 gradi oltre 10 gr. tassa interna di 1.80 per gr.
Olio d ’oliva... 15 10 Essenze d'arancio. . . 1 0. 50 Burro... 10 6 Formaggio ... 25 15 Limoni ed aranci . . . Mandarini e aranci 8 5 am ari... 15 10
Mele e pere da tavola Mandorle noci e
noe-3 2
eiuole col g u scio.. . 6 3
Id. id. senza guscio. 12 6
Fichi secchi... 6 2
Uva da tavola... 12 8
U va secca... 25 15
F orag gi... 1.50 0. 75
U o v a ... 10 6
Ora a dimostrare quanto poco fondamento abbiano le obbiezioni sopraccennate, 1’ on. Giusso considera alcuni dei principali prodotti esportati e cominciando dai vini, osserva non essere esatto che la Francia non abbia più bisogno di vini avendo ricostituito dopo l’invasione della fillossera i suoi vigneti con viti americane. Sta il fatto che essa è ancora lon tana dali’aver ricostituito tutti i suoi vigneti e che la sua produzione odierna non ha raggiunto quella di un tempo. Essa importa ancora da 8 a 9 milioni di ettolitri, principalmente dalla Spagna e dall’Al geria. La verità è che la Francia, la quale prima del 1870 aveva quasi 3 milioni di ettari di vigneti producenti da 50 a 60 milioni di ettolitri di vino, ebbe nel decennio 1885-94 un prodotto medio di ettol. 30,701,000 con una superficie di vigne che gradatamente decrebbe da 1,990,586 nel 1885 a 1,747,002 nel 1894. Nel 1895 poi non si produs sero che 26 milioni di ettolitri e nel 1896 per ven demmia eccezionalmente favorevole circa 44. Ora, poiché l’ importazione dei vini dalla Spagna in Francia è stata sempre importante ed in quest’ ul timo arino ha raggiunto ettolitri 5,488,733 di vino e poiché fino al 1887 quando la tariffa francese era identica tanto pei vini spagnuoli che per gl’ italiani la Francia importava dall’Italia quasi un terzo di quelli importati dalla Spagna è logico non solo, ma è evidente che ritornando ad essere identica la ta riffa francese pel prodotto spagnuolo ed italiano, i nostri vini riprenderanno la via dalla Francia nella medesima proporzione di prima.
Oltre a ciò è da notare che l’ importanza delle nostre esportazioni di vino in Francia non dev’essere riguardata soltanto rispetto allá quantità del prodotto, ma altresì in ragione del suo valore; perchè in g e nerale i vini italiani sono acquistati dai francesi a prezzo più elevato dei vini spagnuoli. Il vino ita liano di bel colore, franco, senza alcun gusto spe ciale si presta meglio dello spagnuolo al taglio dei vini ed in specie per quelli di esportazione, mentre lo spagnuolo è meno acido, di colore più cupo, meno franco al gusto e di schiuma meno colorata. Ancora, in Francia assai raramente si sono ripiantati i vi gneti nei luoghi dove erano prima della fillossera e che erano i migliori, ma d’ ordinario sono stati
piantati, anziché sui colli, in luoghi meno adatti, cioè in pianura, e le viti americane sono state in nestate non colle qualità più preziose di viti fran cesi, ma sibbene con quelli, come 1 ’ aram on, che danno i prodotti più abbondanti, ma insieme più scadenti. E da entrambi questi fatti ne è derivato che la nuova grande produzione dei vini francesi non è più come l’antica, ed i vini scialbi, mal co
loriti e poco alcoolici hanno assoluto bisogno dei buoni vini da taglio, e ciò farà sempre più avere in pregio e ricercare i vini italiani.
Certo l’ esportazione dei nostri vini in altri paesi è aumentala; in Austria-Ungheria, ad esempio, per l’applicazione della nota clausola dell’ultimo trattato di commercio; ma dei dodici anni che deve durare quel trattato cinque sono già passati e quando il trat tato verrà a scadere chi può affermare che l’Austria— Ungheria vorrà consentirne la proroga? Chi può as sicurare che gli sbocchi ora aperti ai nostri vini si avranno anche fra qualche anno, proprio quando è sperabile che le sorti della viticultura nazionale saranno risollevate?
Prendendo poi in esame nel loro complesso tutti gli altri prodotti della nostra esportazione, quaiilun- que il nostro commercio di esportazione in Francia si sia ridotto dalla media di 472 milioni nel periodo 188 1 -8 7 a quella di 144 milioni nel periodo 1892-95 si trova la Francia occupa ancor oggi il primo posto per molti articoli del nostro commercio, quali le acquaviti, l’olio di oliva, la seta greggia, il legname, il sughero, la carne fresca e salata, i cavalli, gli asini e i muli, occupa il secondo posto per molte altre voci quali il vino in bottiglie, la canapa, le pelli, i fichi secchi, il pollame, gli ovini e i caprini, il burro e il formaggio, eoe.
Ciò prova, osserva l’on. Giusso, che la Francia è il mercato naturale dell’Italia e che solo la cupidigia di pochi e l’ignoranza dì molti ce lo hanno potuto in gran parte far perdere. Stringendo nuove rela zioni commerciali mediante un equo trattato la Francia ridiventerebbe, di nuovo il primo nostro mercato, anche se non riuscissimo ad ottenere che il trattamento della tariffa minima, perchè ciò che più nuoce oggi all’Italia non è tanto la elevatezza dei dazi francesi, quanto la disparità di trattamento fra l’Italia e gli altri paesi. E poiché le principali nostre esportazioni sono agricole, noi c’ imbattiamo sempre inevitabilmente coi prodotti spagnuoli, essendo quasi del tutto simili le produzioni dei due paesi ; e d’ordinario noi soccombiamo, perchè la Spagna entra con la tariffa minima e noi con la massima. La dif ferenza tra la tariffa minima e la massima non è poi così piccola, come si vuol far credere, e poi tutti sanno che quando si tratta di concorrenza una differenza anche di poche lire determina I’ acquisto di una merce anziché di un’ altra.
pa-L ’ E C O N O M I S T A 309 16 maggio 1897
ghiarao 8 che è quasi per noi un dazio proibitivo, poiché rappresenta circa il 60 per cento del valore della merce, secondo il prezzo stabilito dalla dogana in lire H al quintale. E questo spiega in gran parte la nostra meschina esportazione in quel mercato.
Senza farci illusioni su gli effetti che l’ applica zione della tariffa minima avrebbe sul nostro com mercio di esportazione con la Francia è certo però che una volta che fossimo pareggiali agli altri paesi, e quindi alla Spagna, potremmo competere con quelli più efficacemente.
Il nessun valore delle due prime obbiezioni è ormai evidente; le altre non ne hanno certo uno maggiore, ma converrà dirne qualche cosa, perchè la dimostrazione sia completa.
I B F I f f l l i l ALLA LEGGE 01 RICCHEZZA MOBILE
Il Ministro di finanza ha testé presentato alla Ca mera dei Deputa ti un progetto di legge nel quale sono contenute innovazioni radicali e gravi alle vi genti discipline che regolano la tassa di ricchezza mobile.Contro delle medesime sono insorte non solo le associazioni industriali e commerciali d’ogni specie, ma anche le classi di cittadini che sono fuori delle uno e delle altre.
E non poteva essere diversamente, essendoché è il solilo empirismo burocratico e fiscale che sta a fondamento delle innovate modificazioni.
Dopo tanti anni da che funziona la tassa di ric chezza mobile era a sperare che si fosse tirato pro fitto dall’esperienza ; e che di conseguenza, lasciando intatta la legge, si fosse ripresentato il progetto della imposta generale sul reddito a similitudine di quelli già formulati dagli onor. Gagliardii e Sonnino, ov vero che, volendosi pel momento concentrare l’at tenzione sulla ricchezza mobile, si fosse pensato al modo di trasformarne la base dì accertamento, mu tando l’assetto di quotità in quello di contingente.
Ormai è presumibile che gli introiti della tassa di ricchezza mobile si manterranno stazionari : mi lione più, milione meno, l’ erario incassa circa 142 milioni annui per la parte di tassa che è ri scossa sui ruoli.
Eli è naturalmente la tassa inscritta sui ruoli che dà luogo ai continui attriti tra fisco, contribuente e commissioni di accertamento, e che dovrebbe va riare in ragione del vario sviluppo economico nelle industrie e nei commerci del regno.
Poiché siamo entrati nel periodo della staziona rietà del reddito della imposta, è forza concludere che — o si è reso stazionario il progresso economico nazionale — o che, nonostante il progredire della ric chezza generale, l’alta aliquota ha reso assai lento 1’ aumento nel reddito imponibile delle categorie B e C (industrie, commerci, professioni), sia che que sto lo si voglia per dichiarazione spontanea del con tribuente, sia che lo si pretenda dal giudizio delle commissioni contenziose dell’accertamento.
Noi siamo di quest’ultimo parere: e troviamo quindi strano che dal governo si sia presentato alla Camera un disegno di legge, il quale pare scritto
appositamente per suscitare clamori e proteste da parte di ogni classe sociale e per dare modo giu stificato ai socialisti del collettivismo di ingrossare la voce per nuove preteso e di trarre a sé quei contadini ed operai che, attuata la nuova legge, ri leveranno dopo poco tempo e con grande sorpresa che — mentre il loro salario è rimasto stazionario — i generi, pei quali fu votata l’esenzione dalla im posta, sono aumentati di prezzo e che i proprietari di terre, di opifici e di tonnare hanno cresciuto i loro profitti, pari restando i capitali della produ zione.
Ed è naturale che ciò avvenga: il socialismo col lettivista, che nelle disposizioni dei primi cinque articoli del progetto vede sanzionati nuovi favori e privilegi per il socialismo di classe della oligarchia industriale, agricola e commerciale, dovrà necessa riamente chiedere come compenso qualche leggina di privilegio e di favore speciale per gli operai ed i contadini.
E poiché tutti si dovrebbe essere pari davanti la legge — ed il progetto presentato esenta dalla imposta di ricchezza mobile l’ industriale per i primi tre anni di esercizio del suo opificio — non si vede il perchè la medesima esenzione non deva essere estesa a tutti coloro che per la prima volta esercitano mestieri, professioni, arti e commerci qualsiansi.
E cosi non si potrà dare torto al calzolaio, al sarto, al falegname, al pizzicagnolo, all’avvocato, al medico, all’ ingegnere, ecc., che pei primi tre anni di esercizio chiedesse di non pagare tassa mobiliare.
È per ciò che noi si vorrebbe che venisse ab bandonalo per intero il disegno di legge presentato e che, invece, venisse trasformato in un altro che stabilisca il pagamento della imposta mobiliare di categoria B e C col sistema del coni ngente fondiario anziché della quotità vigente.
Evidentemente, dai ruoli d’ imposta pei redditi incerti e varia ili relativi ai commerci, industrie, professioni, arti e mestieri bisognerà escludere quelli proprii delle grosse im prese e società, quali le Strade ferrate, le Banche, gli Isti tuli d; credito, le Società di navigazione, ecc., ecc., lasciando per esse in vi gore l’attuale sistema della q u otità: perocché non sarebbe nè equo, nè logico, che venisse addossato quale contingente di un Comune il reddito variabile di una grossa società industriale, agricola, bancaria o commerciale pel solo fatto che la sede dell’ im presa e società sta e funziona nel Comune A, anzi ché nel Comune B .
Venendo a variare il reddito della grossa impresa e società, bisognerebbe ragionevolmente variare la somma di contingente stabilita per quel dato Co mune: il che non è nell’ indole della imposta per contingente.
Va da sé che alla somma attuale riscossa per le categorie sopradette converrebbe aggiungere il due per cento per le spese di distribuzione, nonché l’aggio della riscossione da pagarsi all’ Esattore ed al Rice vitore provinciale.
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nel ripartire fra sè stessi il pubblico gravame fisso e stabile dello Stato.
L ’aliquota di riparto del contingente, fin dal primo anno dell’applicazione del nuovo sistema, comincerà a diminuire: finché, perfezionati gli accertamenti a controllo reciproco degli interessati nel giusto riparto del carico collettivo comunale, l’aliquota media ri sultante darà criterio ed ordine sicuro della materia imponibile di ciascheduna provincia e di ciascheduna regione.
E soltanto col seguire e battere una tale via che noi potremo conseguire la conoscenza vera della reale entità delle forze tributarie riguardo alle in dustrie, ai commerci ed alle professioni esercitati nel regno : ed e solo con tale mezzo che potrà es sere ridotta — nell’ interesse della moralità e della economia pubblica — l’aliquota enorme di ricchezza mobile che ora grava l’attività nazionale, senzachè venga perciò lesa la solidità del contributo erariale — anzi, colla certezza del consolidamento dell’attuale prodotto di sue riscossioni.
SU 11 NUOVA FISE BELLI PT1E Ititi 1« M B "
Caduto il Gladstone (1886), il suo land bill seguiva la sorte del progetto principale da cui dipendeva, ma alcune delle ventilate proposte furono accolte nel così dello L o r d A shbou rn e’s act, che uniforman dosi ai concetti del lan d act del d 881, autorizzava lo Stato a portare dai tre quarti all’ intero prezzo di acquisto la sua anticipazione ai proprietari, e a farsi rimborsare dagli affittuari-acquirenti nella ra gione del 4 per cento all’ anno sulla somma totale, occorrendo così 49 anni per estinguere il prestito. Questa innovazione ebbe buon esito: da un lato i fittavoli potevano divenir possidenti mediante una mite rata annuale, dall’ altro i proprietari, cui eran venuti a mancare i compratori di fuori, eran lieti di vender loro le proprie terre. Nel 1887, infatti, esaurito il fondo votato per queste operazioni, si do vettero stanziare altri 5 milioni di L. st. ; e mentre pel 1884 le anticipazioni dallo Stato concesse am montavano appena a L. sterline 22 mila, nel quin quennio 1 8 8 5 -9 0 si ebbe una media annuale di sterline 1,250,000. Il rapido incremento allarmò i governanti: ad evitare difficoltà tra affittuari de siderosi di divenir possidenti e proprietari alieni dal cedere le loro terre, e danni pel Tesoro, nel 1891 era fatta passare una legge colla quale complicavasi di assai la procedura per ottenere dallo Stato gli anticipi in parola, e frazionavasi il detto periodo di 49 anni, voluto pel rimborso, stabilendosi vari tassi secondo tali frazioni (non meno del 4 per cento nei primi cinque anni, e così via). In seguito a questo bill l’ importo annuale delle anticipazioni cadeva sotto le L. st. 500 mila.La questione delia compra-vendita delle terre in Irlanda trovavasi a questo punto, quando l’ anno scorso venne approvato il nuovo lan d act cui ac cettavamo da principio. Esso modifica le condizioni delle anticipazioni in quanto obbliga il fittavolo- acquirente a pagare nei primi dieci anni il 4 per cento all’ anno sul prezzo versato dallo Stato, rap presentante pel 2.75 per cento gl’ interessi, e per
') Vedi il numero precedente dell'Economista.
1-1.23 per cento l’ammortamento del capitale; tra scorso il decennio il tasso suddetto sarà pagato sulla differenza tra il prezzo di acquisto e l’ammontare dei versaménti già fatti a titolo d’ammortamento, più gli interessi capitalizzati di essi, e così di seguito di dieci in dieci anni, sino alla completa estinzione, che ri chiederà circa 70 anni. Tale principale nuova di sposizione segna, è vero, un progresso di fronte a quelle ultimamente in vigore, ma è lungi dall’offrire i vantaggi del progetto del 1886. Invero, I importante in questo genere di affari ò che il fittaiolo abbia dinanzi a sé la prospettiva di un periodo relativa mente breve durante il quale pagare le sue annualità, e eh’ egli conosca fin da principio l’ammontare di queste per tutto il tempo durante il quale dovrà pagarle. Non sarà dunque da aspettarsi che il nuovo bill abbia per immediato effetto un troppo rapido aumento delle vendite, e tanto più se si considera che ricominciano a presentarsi di fuori acquirenti di fondi irlandesi, e si è inaugurato il secondo pe riodo quindicennale del giusto fitto talché i proprie tari da una parte, attenderanno per cedere ai^ fit tavoli separatamente ìe loro terre, l ' impossibilità di venderle nella totalità ai compratori forestieri, e gli affittuari, dal canto loro, non faranno offerte prima che i prezzi d’ affitto sieno stati nuovamente deter
minati dalla L a n d Comm ission. Bisogna però notare come d’ altro lato, essendo le obbligazioni con cui lo Stato paga il prezzo al proprietario sopra alla pari, si ha uno stimolo alla vendila ; e dispensandosi con questa legge il fittavolo - quando sia dalla L a n d Com m ission ritenuto solvibile - dall’obbligo della cauzione, si tende a facilitare le compre. Olire a ciò influenza non piccola sui resultati verrà ad avere la L a n d ed estates C o u r t1) stabilendo il presente bill che le proprietà portate innanzi ad essa possono esser fatte valutare dalla L a n d Commission, e udito il parere degl’ interessati, offerte ai fittavoli che le o c cupano per il prezzo dal giudice ritenuto conveniente, indipendentemente dal consenso degl’ interessati me desimi. Tale misura, come nota il Fottrell, contri buirà potentemente a determinare gli effetti della nuova legge; comunque sia l’ efficacia di quest’ultima non avrebbe mancato di riuscire di assai maggiore ove si fosse accolto integralmente il concetto del L o r d A shbourne's act, poiché, come si è potuto vedere, il valore di simili provvedimenti deriva prin cipalmente dal grado in cui la semplicità della pro cedura e la facilità delle condizioni sono in essi contenute. Nè a tale ritorno si opponeva la esperienza sin qui fatta, giacché, come scrive il Raleigh 2) : «i grandi sforzi fatti allo scopo di rendere il contadino proprietario furono finora estremamente soddisfacienti. Si accettarono rischi finanziari facendo assegnamento sull’onestà dei fittavoli, e tale fiducia non fu delusa. *)
*) Questa specie di tribunale è un’ istituzione spe ciale ail’Irlanda, creata già collo scopo principale di
procurare la vendita sollecita delle proprietà oberate da debiti ipotecari, e quello secondario di esigere i fitti dei possessi in corso di espropriazione; in realtà quello divenne l’ obietto principale e un gran numero di proprietà sono nominalmente poste in vendita al solo intento di costituir loro, nel detto tribunale, un land agen t, cosi che l’ Istituto ha ora la gestione di un dodicesimo dei fitti di tutta l’ Irlanda; inconveniente questo che la legge attuale mira a togliere di mezzo.
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L ’aiuto giovò in gran parte agli affittuari più prò- I speri; e ciò fu favorevole per due ragioni : 4* che
i
essi costituiscono l’ elemento realmente pericoloso nelle coalizioni agrarie, 2 a perchè non è saggio ! spingere i meno abbienti a comprare proprietà ina- ! deguate ai loro mezzi. Di fronte all’ esperienza dei paesi del continente, non è da desiderare che l’Ir landa sia interamente ceduta ai contadini ; ma un vasto aggregato di tali proprietari aggiungerebbe stabilità alPedifizio sociale. »
Con lutti i provvedimenti finora escogitati dal Parlamento inglese, e di cui quelli qui sopra ac cennati non costituiscono che una singola sebbene importante porzione, le condizioni dell’Irlancia sono andate sempre peggiorando, nè è a sperarsi che l’ultima legge, sebbene certo di non poca utilità, possa efficacemente da sola opporsi all’aumento della decadenza. La popolazione assoluta ad esempio, che al principio del secolo era 5,393,000 abitanti andò bensì aumentando lino al 48-41, in cui se ne con tavano 8 ,4 7 5 ,0 0 0 ; ma da quest’ epoca incomincia una rapida diminuzione: nel 1864 era scesa a 5,798,500, nel 4 874 a 5,412,300, nel 1881 a 5,174,800, nel 1891 a 4,730,000, e pel presente anno si valuta a circa 4,500,000 abit. Una pro porzionata riduzione si verifica nella popolazione agricola fissa, che nel periodo 1 8 4 6 -9 5 passò da 1,460,000 a 941,000 individui, mentre pure dimi nuiva la superficie del suolo coltivato equivalente a 2,153,300 ett. nel 1875 e a circa 1,991,700 nel 1894. Il valore del grano prodotto in Irlanda che nel 1846 ascendeva a fr. 387,5 milioni, è oggi ridotto alla metà ; alla cultura intensiva va sempre più sostituendosi la pastorizia, e tale rimpiazzo av viene anche nelle regioni più fertili : appena oltre un raggio di 40 miglia dalla stessa Dublino ciò si verifica per numerose estensioni. L’esodo degl’ Ir landesi, specialmente in America, va sempre cre scendo: l’emigrazione ascese nel periodo 1853-93, a un totale di milioni 4,5 d’individui.
Si potrà osservare come le cause che agirono sull’ Irlanda fossero le stesse che fecero sentire i loro effetti ovunque, nel Regno Unito e fuori. In Inghilterra ad esempio, la popolazione agricola nel detto periodo 184 6 -9 5 discendeva da milioni 1,7 a milioni 1,3 d’ individui, e nella Scozia da 299 mila a 249 mila. Ma mentre nella Gran Brettagna fu facile lo spostamento della popolazione dall’indu stria agricola a quella manifatturiera, per il note vole sviluppo che ivi ha questa, in Irlanda ciò non fu possibile se non per una minima parte, non su perando la sua popolazione industriale ’ /7 del nu mero totale; e quindi le conseguenze della generale depressione dovevano essere molto più gravi, e tanto più inquantochè l’Irlanda oltre non avere, per prin cipale se non unica risorsa, che I’ agricoltura, è poi immensamente meno ricca della Gran Brettagna. Infatti mentre questa conta oltre 33 milioni di abit. e l’Irlanda non ne ha che milioni 4,5 cioè */7 circa; i relativi capitali complessivi — per quanto in que sta materia sien difficili esatte approssimazioni, — si valutavano poco tempo fa a 9600 e 400 milioni di L . st. rispettivamente, non rappresentando quindi l’Irlanda che 1/it ; e le rendite totali a 1200 e 70 milioni di L. st., con la proporzione per quest’ ul tima di 1/l7 circa.
{C ontinua) G. S.
Rivista Economica
L a nuova t a r i f f a d o ganale d e g li S t a t i U n iti e l’ im p o rta z io n e it a lia n a — L a C am era d e i C om uni e le “ o tto o re „ d i la v o ro — / p r e m i a ll'e s p o r t a z io n e
d e lle se te g ia p p o n e s i — P ro d u zio n e d e llo z o lfo in
S ic ilia — La ric c h e z z a d e lla F ra n c ia .
La nuova tariffa doganale degli S tati Uniti e l’importazione italian a. —■ Ecco i dazi principali
sugli articoli d’importazione italiana negli Stali Uniti, proposti dalla Commissione di finanza del Senato : agrumi, che attualmente pagano otto cents di dol laro per cassa di un piede cubico e che secondo il progetto della nuova tariffa, approvato dalla Camera, dovrebbero pagare dollari 0,0075 per libbra, secondo la proposta della Commissione di finanza del Senato, pagherebbero dollari 0,01 per libbra ; olio d’ oliva che, secondo la tariffa approvata dalla Camera, pa gherebbe 50 cents di dollaro per gallone, secondo le proposte della Commissione del Senato continuerà pagare il dazio attuale di 35 cents di dollaro per gallone; vini comuni in botti, fino a 14° di spirito puro, secondo le proposte della Commissione del Senato continueranno a pagare, come attualmente, 30 cents di dollaro per gallone ; vini oltre i 15" continueranno a pagare, come ora 50 cents per gallone; vini in bottiglia continueranno a pagare, come ora, dollari 1,60 per 12 bottiglie.
Il progetto della tariffa approvata dalla Camera portava invece i primi due dazi e 60 cents o il terzo a due dollari. Pei marmi greggi, tanto il progetto della Commissione del Senato come quello votato dalla Camera, portano il dazio attuale di 50 cents per piede cubico a 65 cents. Poi marmi lavorati il dazio attuale di 85 cents per piede cubico era ele vato a dollari Vio dal progetto votato dalla Camera ; 11 progetto della Commissione del Senato fissa da 12 a 18 cents per piede lineare il dazio dei marmi in lastre oltre due pollici di grossezza: aumenta il detto dazio di un diritto addizionale di 3 cents per piede cubico pei marmi in lastre fino a due pol lici ; fissa a dollari 0,01 per libbra, più il 20 per cento del valore, il dazio sui marmi in quadrelli da pavimento; pegli altri lavori di marmo il dazio at tuale del 45 per cento del valore portasi al 50 per cento tanto dal progetto della tariffa approvato dalla Camera come da quello della Commissione del Senato.
Infine la Commissione ha esentato le casse conte nenti agrumi dal dazio del 30 per cento ad valorem ora vigente e mantenuto fermo dalla Camera.
La Camera (lei Comuni e le « otto ore » di la voro. — Nella Camera dei Comuni inglesi, l’Alien
rinnovò giorni sono il tentativo di far decretare la giornata di « otto ore » per i minatori, ma la sua mozione fu respinta da 227 voti contro 186. Con ciò la Camera ha affermato una volta di più il suo proposito di non far intervenire lo Stato iu quistioni che devono essere risolte per accordi diretti tra pa droni ed operai. Se un tal proposito sia incrollabile 0 se debba mutarsi col variare della sua composi zione è un quesito che il tempo solo può sciogliere ; tuttavia, è difficile eli’ essa si converta al principio socialistico della fissazione per legge della giornata di lavoro, anche soltanto per gli operai dell’ indu stria mineraria — la più dura e pericolosa se prima
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lo Stato imponga un limite alla loro libertà di la- | voro. Ora, i minatori del Dnrham e del paese di Galles persistono nel respingere cosiffatta limitazione e la loro attitudine ha fornito agli oppositori della mozione Alien uno dei più validi argomenti.
L ’Inghilterra, dove le potenti Tracie- Unions of frono agli operai amplissimi mezzi di far valere le loro ragioni e strappare concessioni ai padroni, sem- | bra il paese meno adatto al trionfo delle teorie socia- j listiche. All’indole britannica ripugna ciò che tende a scemare la libertà individuale e sa di tirannide le gate. Ecco, per esempio, che il bill del White Ridley relativo ai risarcimenti dovuti agli operai vittime d’accidenti sul lavoro ( W orhm en Com pensation bill) gravosissimo per i proprietarii ai quali addossa lutto ¡’onere dell’ indennità, è da questi preferito ad un sistema d’assicurazione al quale partecipi lo Stato con un contributo pecuniario. Si può dire che il bill è socialistico in questo senso che aggrava i padroni a tutto vantaggio degli operai, abbiano questi colpa o no d'-gli infortuni, e sembra un provvedimento in odio ad una classe, a quella classe che si vorrebbe impoverire, spogliare e sopprimere, ma realmente è ariti—souialistico inquantocbè determina soltanto i casi in cui l’ indennità è dovuta, la misura della medesima è la parte che deve pagarla, lasciando a padroni ed operai la facoltà di sottrarsi alla legge generale mediante accordi privati, purché non meno vantaggiosi per gli operai, e non precludendo a questi le vie legali, quando preferissero litigare in base all’ E m ployers L ia b ility Act ed alle altre leggi che regolano il lavoro industriale. Il socialismo, ripetiamo, non deve fare molte conquiste in Inghil terra ; il senso pratico della nazione cerca in altro modo la soluzione dei problemi sociali.
I premi all’esportazione delle sete giapponesi.
— Diamo il testo d’un progetto di legge presentato al Parlamento dal Governo giapponese, e da quello già approvato, col quale si chiede di accordare premi all’esportazione deile sete del Giappone.
Ne pubblichiamo, senz’altro, gli articoli : Art. 1. I sudditi giapponesi o le Società commer ciali i cui componenti sono di nazionalità giappo nese, occupandosi dell’esportazione diretta della seta riceveranno, come si specifica più sotto, un premio d’incoraggiamento per I’ esportazione, fatta secondo lo spirito della presente legge:
a) della seta prodotta al Giappone ;
b) della seta portante una marca registrata ; c) dei lotti di seta del peso minimo di 500 catties ciascuno 300 chilogr. circa), dopo un esame nei magazzini d’ispezione.
Art. 2. I premi d’incoraggiamento all’esportazione diretta delle sete greggie saranno divisi in tre cate gorie :
I a c a te g o ria : 50 yens per 100 catties (fr. 4.15 al chilog.) per la seta classica.
2a *categoria : 30 yens per 100 catties (fr. 2.50 al chilog.) per la seta di buona qualità.
3 “ categoria : 20 yens per 100 catties (fr. 1 6 5 per chilog.) per la seta di media qualità.
Art. 3. Chiunque otterrà con frode il premio ac cordato dalla presente legge sarà passibile di un ammenda da 200 a 10ÒÒ yens (da fr. 1000 a fr. 5000) ; dovrà restituire I’ importo del premio e non potrà più concorrervi.
Art. 4. Nelle Società commerciali le ammende col piranno gli amministratori e i membri responsabili.
Art. 5. 1 Regolamenti particolareggiati saranno emanati dal Ministero di agricoltura e del commercio.
Art. 6. La presente legge entrerà in vigore il I o aprile 1898 e sarà applicabile durante sette anni, cioè sino al 31 marzo 1905.
Produzione dBllo zolfo in Sicilia. — L' espor
tazione dello zollo dalla Sicilia — scrive la R asse gna M ineraria — ascese nel 1x96 a 396,713 ton nellate ili clnlò 1013, contro 347,636 e 328,930 nel 1893 e 1894. Ciò malgrado i depositi disponi bili nei porti d’ imbarco accusano una eccedenza di 19,245 tonnellate, sommando al 31 dicembre 1896 a 222,999 tonnellate, contro 203,750 alla fine del 1895 e 198,513 alla fine del 1894. Il consumo in terno essendo insignificante, in confronto delle espor tazioni dei depositi dimostra avere la produzione to tale raggiunte nel 1896 tonnellate 413,988.
La ricchezza della Fran cia. — Il R a ris-B o u rse
pubblica un calcolo approssimativo della ricchezza totale della Francia, desunta per la proprietà urbana dagli accertamenti de! 1889 e per la fondiaria da quelli del 1X81.
La ricchezza totale della Francia ammonterebbe a 220 m iliard i, dei quali 141 di ricchezza immo biliare e 179 di ricchezza mobiliare.
I 141 miliardi di immobili sono rappresentati dai 91 miliardi e mezzo di proprietà territoriale; 49 miliardi e mezzo di fabbricati; 179 miliardi e mezzo di ricchezza mobiliare, rappresentata da un numero grandissimo di titoli e valori, dei quali sono tipi principali :
Rendita francese: 24 miliardi;
Azioni e obbligazioni ferroviarie : 20 miliardi ; Azioni della B anca, Obbligazioni del Credilo fon diario e Obbligazioni della città di Parigi : 5 mi liardi.
Depositi delle Casse di risparmio: 4 miliardi. II rimanente è formato da azioni e obbligazioni industriali, rendite estere, obbligazioni commerciali ed altri titoli congeneri, sia francesi che esteri.
L ’ Italia in Egitto
La C am era d i com m ercio italian a in A lessan d r ia d ’ Egitto, nel suo resoconto annuale del 1896 dopo aver esposto i dati complessivi del commercio egiziano esamina più particolarmente il movimento degli scambi fra l’ Italia e l’Egitto e dimostra come non sia punto esalto ciò che è stato affermato in se guito a statistiche monche ed incomplete, che l’im portazione di merci italiane in Egitto sia in dimi nuzione.
Si verifica invece il contrario, ciò che meglio ri sulta dalle seguenti medie, le quali abbracciano un periodo di 22 anni. L’ammontare è in lire egiziane che valgono 25 franchi circa, come la sterlina.
L ire egiz. 1874-78 media annuale 214,094
1879-83 » 253,6'7
1884-88 » 278,514
1889-96 » 282,097
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Questa progressione è bensi lenta, giacché da una media di 5 milioni, in 20 anni siamo arrivati ap pena a sette, ma non è da maravigliarsene, poiché l’ Italia lotta in Egitto con fortissimi concorrenti e con mezzi di difesa assolutane te disuguali.
Quesia concorrei za produce naturalmente un con tinuo rinvilio nei prezzi, onde il valore della merce da noi riportato o rimane per molti artìcoli, stazio nario, o varia pochissimo, benché la quantità sia effettivamente raddoppiala.
Lo provano i seguenti dati :
Nel 1886 noi abbiamo trasportato in Egitto 8166 quintali di vino, che vennero valutati in complesso per L. egiziane 15,835, ossia 50 franchi circa al quintale. Nell'anno 1893 ne esportammo invece 26,954 quintali pej- un valore complessivo di lire egiz. 23,302, ossia meno di 25 franchi al quintale.
Ciò che si verifica nel vino, avviene dal più al meno per lutti i nostri principali articoli di espor- taz'one: ohi d’oliva, pasta di frumento, patate, for maggi, burro, riso, frutte fresche, tessuti di seta eco. La relazione della nostri Camera in Alessandria nota che in Italia vi è purtroppo una certa ripu gnanza ad uscire dalla cerchia angusta di un com mercio, per cosi dire casalingo.
Nede contrattazioni, generalmente, le diifiicoltà sorgono incessanti, cosicché le migliori iniziative r e stano spesso distrutte di fronte ai pregiudizi invete rati e alla mala fede, sempre insigne!
Molle sono anche le contrarietà e le delusioni quando conseguita l’ intesa, si effettuano le spedizioni. Queste spesso non sono soddisfacenti sotto alcuni riguardi.
Difetto dell’imballaggio, merce avariata, articoli non corrispondenti al campione, esigenze eccessive allo ultimo momento; cose tutte, che contribuiscono alla disistima del nostro commercio e delle nostre in dustrie.
Il commercio e le industrie d’Italia progrediscono e ne sono prova irrefragabile quelle del vino, della lana, del cotone, della seta, della ceramica e della carta, le quali possono tenere onoratamente il campo nella palestra della concorrenza internazionale.
Ma non basta progredire in casa propria ; bisogna sapere espandersi fuori d’Italia; bisogna combattere le battaglie della concorrenza, non tumultuariamente ma prore tendo con metodo, ordine, graduazione lo gica, percezione esatta delle necessità dei mercati. Bisogna; infine, sdegnare i miraggi ingannevoli, per quanto seducenti, di rapide fortune e d’ingordi lucri e offrire invece merce genuina, non sofisticata, tale da essere vantaggiosamente confrontata con quella di altre provenienze, procurando che i prezzi siano possibilmente più modici e le condizioni più facili, adempiendo, sovratutto e scrupolosamente, agli as
sunti impegni. , .
La troppa fiducia e la troppa diffidenza, costitui scono due errori egualmente funesti a! commercio. Abbiamo voluto riassumere questo m onito della Camera italiana in Egitto, perché concreta, sostan zialmente, le vere norme del commercio coll’estero e non fa che confermare quello che da anni an diamo predicando in queste colonne a coloro che si lagnano poi ristagno economico e delia mancanza di sbocchi commerciali.
La popolazione e le ferrovie agli Stati-Uniti
Non vi è paese in Europa in cui la popolazione aumenti tanto rapidamente come agli Stati-Uniti. Nel 1860 il numero totale degli abitanti dell’America del Nord era di 31 milioni di abitanti. Nell’ultimo censimento, che rimonta al 4890, quel numero era salito a 62,500,000 cioè a dire che in 30 anni era raddoppialo. Nel 4S96, tenendo conto della progres sione avvenuta, quella popolazione dovrebbe essere salita a 72 milioni. Volendo fare qualche confronto con Stati europei, per esempio con la Francia, tro viamo che nel 1861 la popolazione di questo paese, che era di 37,386,000 abitanti, è salila nel 1891 a 38,343,000 aumentando soltanto di 937,000 abitanti. Nel 1880 gli Stati-Uniti contavano 50,100,000 abitanti soltanto; fra il 1880 e il 4890 l’ aumento è stato di 42,500,000 individui, ossia in media an nualmente del 2.5 per cento. L’ aumento della po polazione europea durante il periodo decennale 1 8 8 3 -1 8 9 5 è stalo di circa 30 milioni di individui ossia un aumento annuale di 0.88 per cento. Questo semplice confronto basta a dare un’ idea della ra pidità con la quale i vasti territori dell’ Unione vanno popolandosi.L ’ immigrazione rappresenta una gran parte in questo accrescimento della popolazione. Si calcola che dal ’ 821 al 1895, 18 milioni di stranieri sieno venuti a sta hi 'irsi agli Stati Uniti e che su questo totale l’ Europa abbia fornito 18,128,539 immigrati.
La superficie dei 49 Stati e territori, costituenti l’ Unione del Nord propriamente detta è di 7,752,810 metri quadrati e di 9,212,300 se vi si aggiungono i territori non rappresentali. È presso a poco la superficie dell’ Europa, che comprende 10,032,148 chilometri quadrati per una popolazione attuale di 370 milioni di abitanti, che corrisponde ad una den sità di 37 abitanti per chilometro quadrato.
Nel 1890 la densità della popolazione degli Stati- Uniti arrivava appena a 8 abitanti per chilometro quadrato, ma si crede che questa densità arriverà a 10 nel 1890, epoca nella quale, secondo calcoli statistici, la popolazione degli Stati-Uniti arriverà a 80 mi'ioni di abitanti.
Gli Stati-Uniti possiedono la più vasta rete delle ferrovie del mondo. Alla fine d»l 1895 il numero dei chilometri esercitati era di 291 mila, mentre che raggiungeva appena i 230 mila chilo oetri nei di versi paesi europei, ed era di circa 700 mila chi lometri per il mondo intero.
Ecco, del resto, rimontando al 1870, lo sviluppo delle reti degli Stati-Uniti;
Anni Chilometri Anni Chilometri
m o . . . 9 (U iO 1891. ., . 271.920
2-875. . . 119,290 1892. .. . 280 050 m o . ,. . 150 200 289.9. ., . 285.730 2885. ,, . 206.660 1894. ., . 288 640
1890. .. . 238,370 1895. . . 290 930
Fra ii 1870 e il 1893 l’aumento della rete ame ricana è stato di 194,490 chilometri, ossia del 201 per cento.
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prese ferroviarie agli Stati-Uniti, computando il dol laro a 5 franchi, era valutato come appresso :
Capitale azioni...fr. 26,156 870,000 » obbligazioni . . . » 28,560,260,000 Debito fluttuante delle Società » 2,097,790,000 Totale fr. 56 814,920,000 Nel 4895 le entrate lorde di tutte le società fer roviarie americane sono state di fr. 5,526,420,000 contro 5,401,525,000 nel 4894 e il prodotto chilo- metrico lordo di fr. 48,995. In Europa alcune reti ferroviarie hanno dato un maggior prodotto chilo- metrico; per esempio, le francesi che nel 4 895 lo ebbero di fr. 34,047. Questo dimostra che le fer rovie americane hanno risentilo gli effetti della crise finanziaria che ha tribolato gli Slaii-Uuiti in questi ultimi anni. Infatti, dal 1892 al 4896 gli introiti lordi delle ferrovie degli Stati-Uniti diminuirono del 40 per cento e 213 linee rappresentanti 9 0 mila chilometri di ferrovia con un capitale di 18 miliardi di franchi sono state dichiarate in fallimento.
11 Credito fondiario in Francia
Durante il 1896 il Credito fondiario in Francia ha fatto 4,119 prestiti ipotecari per l’ importo di Fr. 120,733,932.65. Queste cifre si suddividono nel modo seguente : Numero Somme P re stiti P restiti i p o t e c a r i c o m u n a l i P restiti. • . fr. 4,156,016,597.17 2,580,475,557.23 Ritiri . . . » 2,366,774.885.84 1,244,134,152.37 A i quali bisogna ---aggiungere, fr. 1,789,241,711.33 Prestiti a breve termine . . » 17,387,200.00 Prestiti in rea lizzazione allo stato di atti condizionali. » 14,019,800.00 fr. 1,820,648,711.33 1,336,341,404.86 3,156,990,116.19
Queste operazioni sono state rea lizzate nel modo seguente : P restiti P restiti ip o t e c a r i C o m u n a l i Prestiti effettuati con i fondi di obbligazioni fr. 1,757,785,826.05 1,306,335,603.26 Prestiti effettuati
con i fondi del capitale sociale e della riserva » 62,862,885.28 3,267,909.21 Prestiti effettua ti con i fondi di buoni a premi » » 26,737,892.39 fr. 1,820,648,711.33 1,336,341,404.86 3,156,990,116.19
Prestiti a lungo termine Id. a breve termine Id. realizzati con i fondi del capitale so ciale e delle riserve
4,085 fr. 119,726.257.77 29 » 610,200.00 5 » 397,474.88
Totali 4,110 fr. 120,733,932.65
In confronto al 4895 l’esercizio del 4896 presenta un aumento di 642 prestiti dal punto di vista del numero, e di fr. 29,626,195.12 da quel o delle somme prestale. Questo resultato è dovuto all’abbassamento al 4 per cento a cominciare dal 4° Maggio 1895 del tasso dei nuovi prestiti ipotecari.
I prestiti ipotecari sono in eccedenza di fran chi 3,414,005.72 mentre che nel 1895 i rimhorsi ave vano oltrepassato inuovi prestiti di f r . 43,364,704.78.
Ravvicinando l’ammontare dei prestiti nuovi tanto ipotecari che comunali e dei rimborsi fatti per an ticipazione si hanno le seguenti cifre :
P re titi P restiti
ipotecari comunali
Prestiti nuovi . . fr. 120,733,932.65 121,650,772.52 Rimborsi anticipati » 117,319,926.93 52,603,045.67 Ecced. dei prestiti
sui rimborsi. . fr. 3,414,005.72 64,047,726.85 67,461,73^57
Se si aggiungono a questa somma i pre stiti in corso al 1° gen
naio 1896 . . . . 3,089,528,383.62
Resulta che i prestiti
al 31 decembre 1896
---ammontavano a . . fr. 3,156,990,116.19 prove
nienti dalle seguenti operazioni:
I prodotti netti dei prestiti ipotecari si elevarono nel 1896 a fr. 8,168,683.95 e aggiungendo a questi il prodotto di fr. 62,862,885.28 di prestiti ipotecari fatti specialmente con i fondi del capitale sociale e della riserva che fu di fr. 2,645,404.96, ne viene che i prodotti di queste due specie di operazioni ipotecarie raggiunsero un insieme di fr. 10,814,088.91 nel 4896, invece di fr, 41,997,583.29 presentando
così una diminuzióne di fr. 1,483,494.38.
I prodotti netti dei prestiti comunali ascesero a fr. 4,224,449.52 e se vi si aggiunge l’ammontare dei prestiti comunali fatti con i fondi del capitale sociale e della riserva che ascese a fr. 180,429.63 si ha la cifra complessiva di fr. 1,401,879.15 in diminuzione di fr. 4,241,780.22 sull’ esercizio pre cedente.
I prodotti netti furono dunque i seguenti : Prodotti dei prestiti ipotecari. . fr. 10,844,088.91
» dei prestili comunali. . » 1,401,879.15 Totale dei prodotti . . fr. 12,215,968.06 in diminuzione di franchi 2,425,274.60 sull’ eserci zio 4895.