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Sommario Clima e povertà: il punto dopo Copenaghen

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Academic year: 2022

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Introduzione 3

Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI 5

Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato

Il Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2010 13 S.E. Mons. Mario Toso

Un accordo vergognoso per il clima e disastroso per i poveri 23 Sergio Marelli

La sostenibilità sociale ed ambientale ancora lontana dai negoziati 27 Luca Basile

Dopo Copenaghen: rafforzare l’impegno glocale 32 Matteo Mascia

Nessun nuovo finanziamento… Nessun accordo! 37

CIDSE/FOCSIV

Ridurre la vulnerabilità per aumentare la resistenza: 48 l'importanza delle tecnologie di adattamento per un accordo

vincolante sul clima post-2012 CIDSE/FOCSIV

PRIMO PIANO

DOSSIER

Sommario

Clima e povertà: il punto dopo Copenaghen

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Sostenibilità ambientale attraverso il dialogo tra Puglia e Malawi 89 Sterpeta Caputo

Accordo di Copenaghen 91

CONTRIBUTI DAL SUD

DOCUMENTI

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Introduzione

Un’intesa politica raggiunta venerdì notte tra Stati Uniti, Cina, India, Brasile e Sudafrica di cui sabato mattina le Parti dell’UNFCCC hanno preso nota, rappresenta il risultato di due anni di negoziazioni e di due settimane di Vertice con più di 40.000 delegati presenti a Copenaghen.

Di fatto non è stato raggiunto nessun accordo, né vincolante, né ambi- zioso, né equo, le tre caratteristiche che avrebbero dovuto caratterizzarlo.

In questo numero di Volontari e Terzo Modo abbiamo cercato di racco- gliere gli umori, le prospettive e le problematiche di quel Vertice ormai già dimenticato. Lo facciamo con un po’ di ritardo rispetto alle altre pubblica- zioni di settore perché abbiamo voluto raccogliere le idee dopo un 2009 pas- sato con la speranza che qualcosa potesse cambiare veramente.

CREA UN CLIMA DI GIUSTIZIA è stata la campagna FOCSIV che ha avuto come principio fondamentale il settimo obiettivo del millennio, convinti che promuovere la sostenibilità ambientale è un diritto e un dovere che va di pari passo con la lotta alla povertà. In concerto con le altre agenzie della CIDSE1e ad alcune tra le maggiori Organizzazioni cattoliche italiane,2 abbiamo formulato un appello sottoscritto da 26 parlamentari italiani, e por- tato avanti una raccolta firme a cui 512.892 cittadini hanno risposto. Pur- troppo, le nostre richieste sono state tutt’altro che soddisfatte.

E adesso?

Non possiamo fermarci a dicembre, e sebbene il Summit di Copenaghen abbia catalizzato gli sforzi di tanti, dagli scienziati alle ONG, e viene percepi- ta anche un po’ di stanchezza, abbiamo la COP 16 avanti a noi, a dicembre 2010, dove dobbiamo arrivare con risultati più concreti. Abbiamo un anno davanti anche per il nostro paese, a cui viene chiesto di fare la sua parte, allineandosi con i paesi virtuosi che già hanno introdotto buone pratiche

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1 La rete di Organizzazioni di Sviluppo della Chiesa di Europa e Nord America.

2 ACLI, AGESCI, AGE, AIMC, APGXXIII, AZIONE CATTOLICA, CIMI, CIPAX, CISL, COLDIRETTI, CTG, CVX, FESMI, LMS, MASCI, MLC, MGS, MRC, UCID, E UCIMM.

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ambientali nei loro territori, invece di allinearsi con chi sembra che voglia boicottare il negoziato sul clima.

Nel presente numero analizzeremo il risultato raggiunto a Copenaghen, partendo dal messaggio del Santo Padre indetto per la celebrazione della XLIII giornata mondiale della pace “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il crea- to”, seguito da un puntuale commento di S.E. Mario Toso. Nella sezione

“Primo Piano” abbiamo pubblicato i contributi di Matteo Mascia e Luca Ba- sile, esperti di tematiche ambientali ed entrambi membri del Comitato scientifico della Campagna FOCSIV con due analisi di carattere tecnico e scientifico. Abbiamo inoltre deciso di ripubblicare, nella parte Dossier, due documenti già editi da FOCSIV nella Collana Strumenti che hanno “dato il tempo” alle posizioni della Federazione prima del Summit. ed infine, nella parte dedicata ai Documenti, troverete il testo in italiano del famoso “Co- penhagen Accord”.

FOCSIV - Volontari nel mondo

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1. In occasione dell’inizio del Nuovo Anno, desidero rivolgere i più fervi- di auguri di pace a tutte le comunità cristiane, ai responsabili delle Nazioni, agli uomini e alle donne di buona volontà del mondo intero. Per questa XLIII Giornata Mondiale della Pace ho scelto il tema: Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. Il rispetto del creato riveste grande rilevanza, anche perché «la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio»1e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’uma- nità. Se, infatti, a causa della crudeltà dell’uomo sull’uomo, numerose sono le minacce che incombono sulla pace e sull’autentico sviluppo umano inte- grale – guerre, conflitti internazionali e regionali, atti terroristici e violazioni dei diritti umani –, non meno preoccupanti sono le minacce originate dalla noncuranza – se non addirittura dall’abuso – nei confronti della terra e dei beni naturali che Dio ha elargito. Per tale motivo è indispensabile che l’u- manità rinnovi e rafforzi «quell’alleanza tra essere umano e ambiente, che deve essere specchio dell’amore creatore di Dio, dal quale proveniamo e ver- so il quale siamo in cammino».2

2. Nell’Enciclica Caritas in veritate ho posto in evidenza che lo sviluppo umano integrale è strettamente collegato ai doveri derivanti dal rapporto del- l’uomo con l’ambiente naturale,considerato come un dono di Dio a tutti, il cui uso comporta una comune responsabilità verso l’umanità intera, in special modo verso i poveri e le generazioni future. Ho notato, inoltre, che quando la natura e, in primo luogo, l’essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del determinismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle co- scienze la consapevolezza della responsabilità.3Ritenere, invece, il creato co- me dono di Dio all’umanità ci aiuta a comprendere la vocazione e il valore

P R I M O P I A N O

Messaggio del Santo Padre

Benedetto XVI

per la celebrazione della

XLIII Giornata Mondiale della Pace

1° Gennaio 2010

Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato

La preoccupazione per il creato

Il dono di Dio all’umanità

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1 Catechismo della Chiesa Cattolica, 198.

2 Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008, 7.

3 Cfr n. 48.

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Le parole di Giovanni Paolo II,

Leone XIII e Paolo VI

La crisi ecologica

La necessità di una revisione profonda del

modello di sviluppo

dell’uomo. Con il Salmista, pieni di stupore, possiamo infatti proclamare:

«Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che hai fissa- to, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi?» (Sal 8,4-5). Contemplare la bellezza del creato è stimolo a ricono- scere l’amore del Creatore, quell’Amore che «move il sole e l’altre stelle».4

3. Vent’anni or sono, il Papa Giovanni Paolo II, dedicando il Messaggio della Giornata Mondiale della Pace al tema Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato, richiamava l’attenzione sulla relazione che noi, in quanto creature di Dio, abbiamo con l’universo che ci circonda. «Si avverte ai nostri giorni – scriveva – la crescente consapevolezza che la pace mondiale sia mi- nacciata... anche dalla mancanza del dovuto rispetto per la natura». E ag- giungeva che la coscienza ecologica «non deve essere mortificata, ma anzi fa- vorita, in modo che si sviluppi e maturi, trovando adeguata espressione in programmi ed iniziative concrete».5Già altri miei Predecessori avevano fatto riferimento alla relazione esistente tra l’uomo e l’ambiente. Ad esempio, nel 1971, in occasione dell’ottantesimo anniversario dell’Enciclica Rerum Nova- rum di Leone XIII, Paolo VI ebbe a sottolineare che «attraverso uno sfrut- tamento sconsiderato della natura, (l’uomo) rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». Ed aggiunse che in tal caso

«non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: in- quinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il conte- sto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensio- ni che riguarda l’intera famiglia umana».6

4. Pur evitando di entrare nel merito di specifiche soluzioni tecniche, la Chiesa, «esperta in umanità», si premura di richiamare con forza l’attenzione sulla relazione tra il Creatore, l’essere umano e il creato. Nel 1990, Giovanni Paolo II parlava di «crisi ecologica» e, rilevando come questa avesse un ca- rattere prevalentemente etico, indicava l’«urgente necessità morale di una nuova solidarietà».7Questo appello si fa ancora più pressante oggi, di fronte alle crescenti manifestazioni di una crisi che sarebbe irresponsabile non pren- dere in seria considerazione. Come rimanere indifferenti di fronte alle proble- matiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertifi- cazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti «profughi am- bientali»: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo de- vono lasciare – spesso insieme ai loro beni – per affrontare i pericoli e le inco- gnite di uno spostamento forzato? Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, co- me ad esempio il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, allo sviluppo.

5. Va, tuttavia, considerato che la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell’uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda

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4 Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, XXXIII, 145.

5 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 1.

6 Lett. ap. Octogesima adveniens, 21.

7 Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 10.

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e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’econo- mia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige lo stato di salute ecologica del pianeta; lo richiede anche e soprattutto la crisi culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi sono da tempo evidenti in ogni parte del mondo.8L’umanità ha bisogno di unprofondo rinnovamento culturale;

ha bisogno di riscoprire quei valori che costituiscono il solido fondamento su cui costruire un futuro migliore per tutti. Le situazioni di crisi, che attualmente sta attraversando – siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale –, sono, in fondo, anche crisi morali collegate tra di loro. Esse obbli- gano a riprogettare il comune cammino degli uomini. Obbligano, in partico- lare, a un modo di vivere improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuo- ve regole e forme di impegno, puntando con fiducia e coraggio sulle esperienze positive compiute e rigettando con decisione quelle negative. Solo così l’attuale crisi diventaoccasione di discernimento e di nuova progettualità.

6. Non è forse vero che all’origine di quella che, in senso cosmico, chia- miamo «natura», vi è «un disegno di amore e di verità»? Il mondo «non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso... Il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far parteci- pare le creature al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà».9Il Libro del- la Genesi,nelle sue pagine iniziali, ci riporta al progetto sapiente del cosmo, frutto del pensiero di Dio, al cui vertice si collocano l’uomo e la donna, crea- ti ad immagine e somiglianza del Creatore per «riempire la terra» e «domi- narla» come «amministratori» di Dio stesso (cfr Gen 1,28). L’armonia tra il Creatore, l’umanità e il creato, che la Sacra Scrittura descrive, è stata infran- ta dal peccato di Adamo ed Eva, dell’uomo e della donna, che hanno brama- to occupare il posto di Dio, rifiutando di riconoscersi come sue creature. La conseguenza è che si è distorto anche il compito di «dominare» la terra, di

«coltivarla e custodirla» e tra loro e il resto della creazione è nato un conflit- to (cfr Gen3,17-19). L’essere umano si è lasciato dominare dall’egoismo, per- dendo il senso del mandato di Dio, e nella relazione con il creato si è com- portato come sfruttatore, volendo esercitare su di esso un dominio assoluto.

Ma il vero significato del comando iniziale di Dio, ben evidenziato nel Libro della Genesi, non consisteva in un semplice conferimento di autorità, bensì piuttosto in una chiamata alla responsabilità. Del resto, la saggezza degli an- tichi riconosceva che la natura è a nostra disposizione non come «un muc- chio di rifiuti sparsi a caso»,10mentre la Rivelazione biblica ci ha fatto com- prendere che la natura è dono del Creatore, il quale ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci, affinché l’uomo possa trarne gli orientamenti dove- rosi per «custodirla e coltivarla» (cfrGen 2,15).11Tutto ciò che esiste appar- tiene a Dio, che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano ar- bitrariamente. E quando l’uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, «piuttosto tiranneggiata che governata da lui».12L’uomo, quin- di, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custo- dendola e coltivandola.13

P R I M O P I A N O / Messaggio del Santo Padre

“Un disegno di amore e verità”

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8 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 32.

9 Catechismo della Chiesa Cattolica, 295.

10 Eraclito di Efeso (535 a.C. ca. – 475 a.C. ca.), Frammento 22B124, in H. Diels-W.

Kranz,Die Fragmente der Vorsokratiker, Weidmann, Berlin 19526.

11 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 48.

12 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 37.

13 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 50.

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L’attività economica e l’ambiente

La solidarietà inter- generazionale

7. Purtroppo, si deve constatare che una moltitudine di persone, in di- versi Paesi e regioni del pianeta, sperimenta crescenti difficoltà a causa della negligenza o del rifiuto, da parte di tanti, di esercitare un governo responsa- bile sull’ambiente. Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha ricordato che

«Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli».14L’eredità del creato appartiene, pertanto, all’in- tera umanità. Invece, l’attuale ritmo di sfruttamento mette seriamente in pe- ricolo la disponibilità di alcune risorse naturali non solo per la generazione presente, ma soprattutto per quelle future.15Non è difficile allora costatare che il degrado ambientale è spesso il risultato della mancanza di progetti po- litici lungimiranti o del perseguimento di miopi interessi economici, che si trasformano, purtroppo, in una seria minaccia per il creato. Per contrastare tale fenomeno, sulla base del fatto che «ogni decisione economica ha una conse- guenza di carattere morale»,16è anche necessario che l’attività economica ri- spetti maggiormente l’ambiente. Quando ci si avvale delle risorse naturali, occorre preoccuparsi della loro salvaguardia, prevedendone anche i costi – in termini ambientali e sociali –, da valutare come una voce essenziale degli stessi costi dell’attività economica. Compete alla comunità internazionale e ai governi nazionali dare i giusti segnali per contrastare in modo efficace quelle modalità d’utilizzo dell’ambiente che risultino ad esso dannose. Per proteggere l’ambiente, per tutelare le risorse e il clima occorre, da una parte, agire nel rispetto di norme ben definite anche dal punto di vista giuridico ed economico, e, dall’altra, tenere conto della solidarietà dovuta a quanti abi- tano le regioni più povere della terra e alle future generazioni.

8. Sembra infatti urgente la conquista di una leale solidarietà inter-genera- zionale. I costi derivanti dall’uso delle risorse ambientali comuni non posso- no essere a carico delle generazioni future: «Eredi delle generazioni passate e beneficiari del lavoro dei nostri contemporanei, noi abbiamo degli obblighi verso tutti e non possiamo disinteressarci di coloro che verranno dopo di noi ad ingrandire la cerchia della famiglia umana. La solidarietà universale, ch’è un fatto e per noi un beneficio, è altresì un dovere. Si tratta di una responsa- bilità che le generazioni presenti hanno nei confronti di quelle future, una respon- sabilità che appartiene anche ai singoli Stati e alla Comunità internaziona- le».17L’uso delle risorse naturali dovrebbe essere tale che i vantaggi immediati non comportino conseguenze negative per gli esseri viventi, uma- ni e non umani, presenti e a venire; che la tutela della proprietà privata non ostacoli la destinazione universale dei beni;18che l’intervento dell’uomo non comprometta la fecondità della terra, per il bene di oggi e per il bene di do- mani. Oltre ad una leale solidarietà inter-generazionale, va ribadita l’urgente necessità morale di una rinnovata solidarietà intra-generazionale, specialmen- te nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e quelli altamente industrializza- ti: «la comunità internazionale ha il compito imprescindibile di trovare le strade istituzionali per disciplinare lo sfruttamento delle risorse non rinnova- bili, con la partecipazione anche dei Paesi poveri, in modo da pianificare in- sieme il futuro».19 La crisi ecologica mostra l’urgenza di una solidarietà che si

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14 Cost. Past. Gaudium et spes, 69.

15 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 34.

16 Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 37.

17 Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 467; cfr Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 17.

18 Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 30-31.43.

19 Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 49.

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proietti nello spazio e nel tempo. È infatti importante riconoscere, fra le cause dell’attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati.

I Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti. Ciò potrebbe realizzarsi più facilmente se vi fossero calcoli meno inte- ressati nell’assistenza, nel trasferimento delle conoscenze e delle tecnologie più pulite.

9. È indubbio che uno dei principali nodi da affrontare, da parte della co- munità internazionale, è quello delle risorse energetiche, individuando stra- tegie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente generazione e di quelle future. A tale scopo, è necessario che le società tec- nologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo. Al tempo stesso, occorre promuovere la ricerca e l’applicazione di energie di minore impatto ambientale e la «ridistribuzione planetaria delle risorse energetiche, in modo che anche i Paesi che ne sono privi possano accedervi».20La crisi ecologica, dunque, offre una storica op- portunità per elaborare una risposta collettiva volta a convertire il modello di sviluppo globale in una direzione più rispettosa nei confronti del creato e di uno sviluppo umano integrale, ispirato ai valori propri della carità nella verità. Auspico, pertanto, l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene co- mune, sulla responsabilità, sulla consapevolezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani.21

10. Per guidare l’umanità verso una gestione complessivamente sosteni- bile dell’ambiente e delle risorse del pianeta, l’uomo è chiamato a impiegare la sua intelligenza nel campo della ricerca scientifica e tecnologica e nell’ap- plicazione delle scoperte che da questa derivano. La «nuova solidarietà», che Giovanni Paolo II propose nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1990,22 e la «solidarietà globale», che io stesso ho richiamato nel Mes- saggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2009,23 risultano essere atteggia- menti essenziali per orientare l’impegno di tutela del creato, attraverso un si- stema di gestione delle risorse della terra meglio coordinato a livello internazionale, soprattutto nel momento in cui va emergendo, in maniera sempre più evidente, la forte interrelazione che esiste tra la lotta al degrado ambientale e la promozione dello sviluppo umano integrale. Si tratta di una dinamica imprescindibile, in quanto «lo sviluppo integrale dell’uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell’umanità».24Tante sono oggi le opportunità scientifiche e i potenziali percorsi innovativi, grazie ai quali è possibile fornire soluzioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l’uo- mo e l’ambiente. Ad esempio, occorre incoraggiare le ricerche volte ad indi- viduare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità dell’ener- gia solare. Altrettanta attenzione va poi rivolta alla questione ormai planetaria dell’acqua ed al sistema idrogeologico globale, il cui ciclo riveste

P R I M O P I A N O / Messaggio del Santo Padre

Il problema delle risorse energetiche

Nuova solidarietà e solidarietà globale

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20 Ibid.

21 Cfr San Tommaso d’Aquino, S. Th., II-II, q. 49, 5.

22 Cfr n. 9.

23 Cfr n. 8.

24 Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 43.

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L’invito a nuovi stili di vita

una primaria importanza per la vita sulla terra e la cui stabilità rischia di es- sere fortemente minacciata dai cambiamenti climatici. Vanno altresì esplo- rate appropriate strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie, come pure occorre approntare idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valorizzazione del- le sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà. Occorrono politiche nazionali ambiziose, completate da un necessa- rio impegno internazionale che apporterà importanti benefici soprattutto nel medio e lungo termine. È necessario, insomma, uscire dalla logica del mero consumo per promuovere forme di produzione agricola e industriale rispetto- se dell’ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti. La questione ecologica non va affrontata solo per le agghiaccianti prospettive che il degrado ambientale profila all’orizzonte; a motivarla deve essere so- prattutto la ricerca di un’autentica solidarietà a dimensione mondiale, ispira- ta dai valori della carità, della giustizia e del bene comune. D’altronde, come ho già avuto modo di ricordare, «la tecnica non è mai solo tecnica. Essa ma- nifesta l’uomo e le sue aspirazioni allo sviluppo; esprime la tensione dell’ani- mo umano al graduale superamento di certi condizionamenti materiali. La tecnica, pertanto, si inserisce nel mandato di «coltivare e custodire la terra»

(cfr Gen 2,15), che Dio ha affidato all’uomo, e va orientata a rafforzare quell’alleanza tra essere umano e ambiente che deve essere specchio dell’a- more creatore di Dio».25

11. Appare sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico. Si rende ormai in- dispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adot- tare nuovi stili di vita «nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti».26 Sempre più si deve educare a costruire la pace a partire dalle scelte di ampio raggio a livello personale, familiare, comunitario e politico. Tutti siamo re- sponsabili della protezione e della cura del creato. Tale responsabilità non conosce frontiere. Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che cia- scuno si impegni al livello che gli corrisponde, operando affinché venga su- perata la prevalenza degli interessi particolari. Un ruolo di sensibilizzazione e di formazione spetta in particolare ai vari soggetti della società civile e alle Organizzazioni non-governative, che si prodigano con determinazione e ge- nerosità per la diffusione di una responsabilità ecologica, che dovrebbe essere sempre più ancorata al rispetto dell’ «ecologia umana». Occorre, inoltre, ri- chiamare la responsabilità dei media in tale ambito, proponendo modelli positivi a cui ispirarsi. Occuparsi dell’ambiente richiede, cioè, una visione larga e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata sull’egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità di tutti i popoli. Non si può rimanere indifferen- ti a ciò che accade intorno a noi, perché il deterioramento di qualsiasi parte del pianeta ricadrebbe su tutti. Le relazioni tra persone, gruppi sociali e Stati, come quelle tra uomo e ambiente, sono chiamate ad assumere lo stile del ri- spetto e della «carità nella verità». In tale ampio contesto, è quanto mai au-

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25 Lett. enc. Caritas in veritate, 69.

26 Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36.

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spicabile che trovino efficacia e corrispondenza gli sforzi della comunità in- ternazionale volti ad ottenere un progressivo disarmo ed un mondo privo di armi nucleari, la cui sola presenza minaccia la vita del pianeta e il processo di sviluppo integrale dell’umanità presente e di quella futura.

12. La Chiesa ha una responsabilità per il creato e sente di doverla esercita- re, anche in ambito pubblico, per difendere la terra, l’acqua e l’aria, doni di Dio Creatore per tutti, e, anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso. Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui «quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio».27Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale.28I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri. Volentieri, pertanto, incoraggio l’educazione ad una responsabilità ecologica, che, come ho indicato nell’Enciclica Caritas in veritate, salvaguardi un’autentica «eco- logia umana» e, quindi, affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’a- more per il prossimo e al rispetto della natura.29Occorre salvaguardare il pa- trimonio umano della società. Questo patrimonio di valori ha la sua origine ed è iscritto nella legge morale naturale, che è fondamento del rispetto della persona umana e del creato.

13. Non va infine dimenticato il fatto, altamente indicativo, che tanti trovano tranquillità e pace, si sentono rinnovati e rinvigoriti quando sono a stretto contatto con la bellezza e l’armonia della natura. Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi. D’altra parte, una corretta concezione del rapporto dell’uomo con l’ambiente non porta ad assolutizzare la natura né a ritenerla più importante della stessa persona. Se il Magistero della Chie- sa esprime perplessità dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’e- cocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la diffe- renza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi.

In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore del- l’uomo, favorendo una visione egualitaristica della «dignità» di tutti gli esse- ri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo. La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della «grammatica» che il Creatore ha inscrit- to nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizza- zione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana.30

14. Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato. La ricerca della pace da parte di tutti gli uomini di buona volontà sarà senz’altro facilitata dal comu- ne riconoscimento del rapporto inscindibile che esiste tra Dio, gli esseri

P R I M O P I A N O / Messaggio del Santo Padre

Il ruolo della chiesa

La reciprocità tra uomo e Dio

Una sfida urgente

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27 Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 51.

28 Cfr ibid., 15.51.

29 Cfr ibid., 28.51.61; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 38.39.

30 Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 70.

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umani e l’intero creato. Illuminati dalla divina Rivelazione e seguendo la Tradizione della Chiesa, i cristiani offrono il proprio apporto. Essi considera- no il cosmo e le sue meraviglie alla luce dell’opera creatrice del Padre e re- dentrice di Cristo, che, con la sua morte e risurrezione, ha riconciliato con Dio «sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli» (Col 1,20). Il Cristo, crocifisso e risorto, ha fatto dono all’umanità del suo Spirito santificatore, che guida il cammino della storia, in attesa del giorno in cui, con il ritorno glorioso del Signore, verranno inaugurati «nuovi cieli e una terra nuova» (2 Pt 3,13), in cui abiteranno per sempre la giustizia e la pace.

Proteggere l’ambiente naturale per costruire un mondo di pace è, pertanto, dovere di ogni persona. Ecco una sfida urgente da affrontare con rinnovato e corale impegno; ecco una provvidenziale opportunità per consegnare alle nuove generazioni la prospettiva di un futuro migliore per tutti. Ne siano consapevoli i responsabili delle nazioni e quanti, ad ogni livello, hanno a cuore le sorti dell’umanità: la salvaguardia del creato e la realizzazione della pace sono realtà tra loro intimamente connesse! Per questo, invito tutti i credenti ad elevare la loro fervida preghiera a Dio, onnipotente Creatore e Padre misericordioso, affinché nel cuore di ogni uomo e di ogni donna risuo- ni, sia accolto e vissuto il pressante appello: Se vuoi coltivare la pace, custodi- sci il creato.

Dal Vaticano, 8 dicembre 2009

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Premessa: contesto, destinatari e significato

Il Messaggio per la celebrazione della Giornata Mondiale della pace, ce- lebrata il 1° gennaio 2010, ha ricevuto una buona accoglienza sia sulla stam- pa che nelle comunità ecclesiali. Un evento importante, concomitante alla stesura, è stata la XV Sessione della Conferenza degli Stati parte alla Con- venzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, svoltasi dal 7 al 18 dicembre 2009 a Copenaghen. Ciò non poteva essere ignorato sia al mo- mento della scelta del tema del Messaggio, avvenuta prima, a fine primavera 2009, sia in occasione dello svolgimento della stessa Conferenza. La stesura, tuttavia, non si è appiattita sulla questione dei cambiamenti climatici e ha tenuto lo sguardo fisso sulla crisi ecologica, problema più vasto, consideran- dolo in connessione alla pace.

Il Messaggio è indirizzato alle comunità cristiane, ai responsabili delle Na- zioni, agli uomini e alle donne di buona volontà del mondo intero. È, quindi, rivolto sia ad intra, ai credenti, sia ad extra, ai non credenti. Va tenuto pre- sente che, nonostante assuma la forma di un pronunciamento legato alla da- ta del primo gennaio, esso non va considerato un atto magisteriale occasio- nale, di pura circostanza. Il senso di tale Messaggio supera la contingenza a cui si riferisce e riveste una valenza più vasta, che occorre recepire con un at- teggiamento non «consumistico».

Seminario di studio sulla Custodia del Creato

Si prende cura di noi

Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato

Mario Toso SDB *

* S. E. Mons. Mario Toso, segretario Pontificio Consiglio Justitia et Pax

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Mario Toso SDB

Un testo complementare

Il vertice senza accordo vincolante

1. Il Messaggio 2010 come documento di magistero sociale

Il Messaggio del 1° gennaio 2010 è ripresa e rilancio di contenuti propri della Dottrina sociale - specie della Caritas in veritate1 con una incisività nuova. Infatti, cerca di:

a) puntualizzare i criteri del discernimento e della progettualità in relazione alla crisi ecologica;

b) evidenziare con più chiarezza la sua dimensione antropologica ed etica, la quale è posta in discussione da una crisi di solidarietà e di giustizia interge- nerazionali ed intragenerazionali (cf n. 8);

c) sottolineare la «responsabilità storica» dei Paesi industrializzati e anche di quelli meno sviluppati, perché il «dovere di adottare gradualmente misu- re e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti» (n. 8);

d) suggerire alcuni orientamenti pratici particolari, quali, ad es.: sollecitare lo sviluppo del solare nel campo delle energie alternative; l’attenzione per la gestione dell’acqua, delle foreste e per lo smaltimento dei rifiuti; l’ado- zione di tecniche agricole rispettose dell’ambiente (cf n. 10);

e) offrire le ragioni di un’alleanza pedagogica tra tutte le istituzioni sociali (cf nn. 11-12).

Si tratta, dunque, di un testo non superfluo, non ripetitivo, ma comple- mentare rispetto ai precedenti atti magisteriali, che aiuta a leggere con più compiutezza la crisi ecologica e a meglio configurare l’azione futura sul piano della cultura, della società civile, della politica e dell’educazione.

2. Criteri per il discernimento e la progettualità inerenti all’odierna crisi ecologica

Il vertice di Copenaghen, per un verso, è parso un evento positivo, per- ché ha riunito i rappresentanti di quasi 200 Nazioni, per discutere insieme la necessità di agire per salvaguardare il pianeta mediante misure di riduzione delle emissioni di gas nocivi responsabili del riscaldamento globale. Per un altro verso, ha mostrato la carenza di una visione globale dei problemi sul tappeto. Alla fine, è stato impossibile concretizzare una comune volontà po- litica – i risultati, infatti, sono stati molto modesti, rispetto agli obiettivi pre- fissati e non si è pervenuti ad un accordo legalmente vincolante2ma soprat- tutto è mancato un quadro di riferimenti etico-culturali che facilitasse l’assunzione di soluzioni ritenute valide da parte di tutti o almeno della mag- gioranza. Sembra che le prospettive prevalenti nelle discussioni e nelle con- clusioni siano state soltanto di matrice economico-commerciale.

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1

Cf BENEDETTO XVI, Caritas in veritate (= CIV), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009.

2

A Copenaghen sarebbe dovuto essere firmato collegialmente un testo legale, simile al trattato di Kyoto, con la specificazione degli obblighi e delle sanzioni. In realtà, dall’in- contro non è uscito nemmeno un «Accordo Onu». L’assemblea si è limitata a «prendere nota» di un documento non vincolante, chiamato Accordo di Copenaghen, proposto dagli Stati Uniti e dal BASIC (Brasile, Sudafrica, India e Cina), e appoggiato, sia pure a ma- lincuore, anche dall’Europa. L’intesa prevede un impegno a limitare entro un massimo di due gradi l’aumento delle temperature ambientali e aiuti per cento miliardi di dollari da erogare fino al 2020 per i Paesi in via di sviluppo.

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1

Forse, è proprio su questo aspetto che bisognerà essere particolarmente vi- gilanti ed operosi, in vista di un futuro accordo giuridicamente vincolante, che potrebbe essere siglato nel prossimo vertice previsto a Città del Messico.

Senza un quadro concettuale e valoriale adeguato i termini dei problemi sono affrontati in maniera riduttiva, ciò che, per conseguenza, impedisce di elabo- rare soluzioni efficaci. La volontà politica non può essere guidata da pregiudi- zi, da interessi particolaristici, o da dottrine o visioni ideologiche della realtà.

Il contributo del Messaggio si pone soprattutto su questo piano, illustran- do i principi teologici, antropologici ed etici che debbono indirizzare l’ap- proccio alla crisi ecologica, nonché la programmazione di azioni per la custo- dia del creato, ordinate allo sviluppo umano integrale, che è uno dei molteplici nomi della pace.

A proposito della crisi ecologica o dei cambiamenti climatici – quest’ul- timi oggetto, nello scorso mese di dicembre, del vertice di Copenaghen –, la Chiesa non ha soluzioni tecniche o normative da proporre (cf n. 4). Sulla base della sua competenza etico-religiosa, e con gli strumenti propri della sua Dottrina sociale, intende, però offrire quei principi di riflessione, quei criteri di giudizio e quegli orientamenti pratici generali, che sono necessari a trovare so- luzioni con senso di responsabilità e coerenza etica, secondo solidarietà e giustizia.

Su questi aspetti il Messaggio appare chiaro e diretto. Sin dall’inizio, e precisamente al numero 2, dopo aver accennato al nesso stretto che inter- corre tra il bene della pace e la custodia del creato, indica gli elementi im- prescindibili del discernimento e della progettualità relativamente all’analisi e alla soluzione della crisi ecologica odierna.

Si tratta di: a) un concetto di pace biblico, ossia uno stato di armonia profonda tra Dio, l’umanità e il creato che purtroppo viene compromesso dal peccato (cf n. 6); b) una visione della «natura» come «dono» di Dio destinato a tutti, il cui uso comporta, per conseguenza, una comune responsabilità nei confronti dell’umanità intera, in speciale modo verso i poveri e le generazio- ni future (cf n. 2). Il creato come «dono» reca in sé i segni di un «disegno di amore e di verità», di solidarietà e di condivisione; aiuta a comprendere la vocazione e il valore dell’uomo. Infatti, «[…] quando la natura e, in primo luogo, l’essere umano vengono considerati semplicemente frutto del caso o del terminismo evolutivo, rischia di attenuarsi nelle coscienze la consapevo- lezza della responsabilità» (n. 2).

Partendo da questi elementi basilari di natura teologica, appartenenti pe- raltro all’antica sapienza dei popoli, il Messaggio sollecita:

- un riferimento continuo a un’antropologia strutturata secondo un’intrin- seca dimensione di trascendenza, sia in senso orizzontale che verticale;

- una nuova mentalità circa la relazione degli uomini con Dio, tra di loro e con il creato;

- un profondo cambiamento culturale implicante un concetto di sviluppo non meramente economico, ma globale, inteso anzitutto come vocazione e avente al centro la persona.

Dal Messaggio viene, in particolare, suggerito – se ne può trovare confer- ma leggendo l’intero testo – un rapporto tra Dio, umanità e creato non infi- ciato da visioni né antropocentriche, in cui l’uomo si fa Dio e con ciò perde il senso del mandato di amministratore e di collaboratore del Creatore, né eco- centriche, che eliminano il ruolo superiore dell’uomo, ciò che favorisce una concezione egualitaristica della «dignità» di tutti gli esseri viventi posti sullo

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Principi di riflessione, criteri di giudizio, orientamenti pratici

Invito ad una nuova mentalità e al cambamento

culturale

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Mario Toso SDB

La sintesi culturale di Benedetto XVI

L’uomo come custode e non padrone del creato

Il metodo realista

stesso piano, nonché un nuovo pantesismo, che con accenti neopagani fa de- rivare dalla sola natura la salvezza per l’uomo (cf n. 13).

A ben riflettere, si rileva che Benedetto XVI in questa maniera postula per il discernimento un approccio che diviene possibile solo mediante una sintesi culturale di molteplici saperi unificati in un tutto armonico. Per il pon- tefice, solo un ampio ventaglio di competenze, compattate entro lo sguardo teologico sulla realtà, permette di leggere senza riduzionismi, la crisi ecologi- ca in tutta la sua complessità, evidenziandone le dimensioni più profonde, che sono anche metafisiche, etiche e religiose.

Sono proprio queste dimensioni, lumeggiate grazie ad un approccio mul- tidisciplinare, che la colgono relata più direttamente – come si legge nel Messaggio – con le altre crisi di carattere economico, alimentare, energetico, sociale (cf n. 5). Sono tali dimensioni a evidenziare che, contrariamente a quanto pensano coloro che vorrebbero risolverla prescindendo dal bene e dalla questione della verità sull’uomo e sul creato, la crisi ecologica non è imputabile solo a fattori impersonali ed imponderabili. È essenzialmente e primariamente di matrice antropologica, etica e religiosa e, pertanto, implica la responsabilità umana.

All’origine della disarmonia tra le persone e tra i popoli, tra gli esseri umani e la natura sta, in ultima analisi, il rifiuto di accogliere quest’ultima quale dono destinato a tutti, recante in sé «ordinamenti intrinseci» postivi da Dio (cf n. 6). Sta, inoltre, la disobbedienza dell’uomo alla propria vocazio- ne di custode, di amministratore e non di padrone del creato.

Riassumendo: l’approccio alla crisi ecologica indicato da Benedetto XVI è esplicitamente teologico e con ciò stesso propone una precisa ermeneutica del rapporto tra Dio, creato e persona. Aiuta a leggerlo e ad interpretarlo movendo dall’esperienza del «ricevere», dell’accogliere, del condividere, os- sia con un metodo non aprioristico o idealista. La prospettiva teologica aiuta ad attivare, precisamente perché la coglie già presente in un contesto di fe- de, una conoscenza di tipo «realista», ossia un processo ermeneutico della nostra esperienza d’esistenza, del nostro rapporto col creato, che rifugge dalla conoscenza propria di una ragione meramente astratta, tipica di un pensiero ideologico, monco, legato solo al fenomeno. Immette, invece, in un tipo di conoscenza che apre anche al fondamento, ad una lettura metafisica ed etica della realtà.

In definitiva, secondo il Messaggio per il 2010, la fede non è un impedi- mento nell’affrontare adeguatamente la crisi ecologica, l’umanità ha bisogno di uno sguardo sorretto dalla fede. Senza di essa non si rendono facilmente disponibili strumenti cognitivi e critici commisurati alla sua complessità.

La fede presuppone e salvaguarda la ragione, consentendole un esercizio globale.

3. La proposta di una nuova etica ecologica, basata sul fondamento che è Dio

Per cogliere tutta la rilevanza etico-culturale del Messaggio è bene fermar- si a riflettere su alcune conseguenze derivanti dall’applicazione del metodo che esso propone.

La prima conseguenza è che, grazie al metodo realista – per cui si riconosce che il creato ci precede nell’esistenza e non è una realtà posta in essere dal- l’uomo – si può rispondere alla crisi ecologica e alle minacce che pendono

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1

sulla pace con l’ausilio di una cultura compaginata da una ragione integrale, ossia con uno strumento cognitivo e critico, non impiegato solo secondo al- cune specificazioni ristrette, ad esempio di tipo empirico e sperimentale, ma in tutta l’ampiezza del suo esercizio, sia speculativo che prescrittivo. È pro- prio questo che consente il rinnovamento culturale e la riscoperta dei valori fon- damentali, auspicati dal pontefice, perché sulla loro base si possa costruire un futuro migliore per tutti gli uomini, riprogettando il loro comune cammino (cf n. 5).

L’approccio con un metodo realista impedisce, in particolare, di conside- rare la natura sia un «tabù» intoccabile sia come una «materia» di cui di- sporre a piacimento, quasi non recasse in sé una «grammatica» per il suo uti- lizzo sapiente, non strumentale ed arbitrario. Ma, soprattutto, consente di cogliere in tale rapporto l’emergenza dell’originalità dell’uomo sulla natura.

È su questa trascendenza che si costruisce l’etica ecologica. Il mancato rico- noscimento dell’eccedenza dell’uomo – come avviene ad esempio nelle teo- rie chedisperdono il soggetto umano nella comunità biotica – inficia ogni di- scorso morale. Se si perdessero i parametri antropologici del rapporto con l’ambiente, assorbendo l’uomo in un tutto vitalistico – come già detto – sa- rebbe impossibile parlare di etica ecologica e, per conseguenza, di etica am- bientale. D’altra parte, la preminenza dell’uomo sulla natura non implica as- solutamente misconoscimento della dimensione creaturale di questa e, quindi, non giustifica atteggiamenti predatori, di dominio dispotico.

La natura è espressione di un disegno di amore e di verità. È chiamata ad essere «ricapitolata» in Cristo (cf n. 14), secondo l’ordine intrinseco che Dio Creatore le ha impresso e che richiede «custodia» e «coltivazione». Il rap- porto uomo-natura, secondo il disegno di Dio, prevede l’intervento dell’uo- mo che modella l’ambiente mediante una cultura incentrata su una libertà responsabile, avvalendosi di un ordine morale già abbozzato dall’azione crea- trice di Dio. Secondo il pontefice, ciò permette di superare un’ecologia mora- listica, che ignora sia i legittimi bisogni dell’umanità sia gli intrinseci equili- bri del creato stesso, nonché i limiti delle risorse disponibili.

In conclusione, è grazie ad una ragione aperta alla realtà e al suo fonda- mento – il creato non reca in sé la ragione ultima del suo sussistere – che può essere compaginata un’ecologia umana, strettamente connessa all’ecolo- gia ambientale. È grazie ad una tale ragione che possono essere prefigurati modelli di sviluppo che pongono al centro la persona e si fondano «sulla pro- mozione e condivisione del bene comune, sulla responsabilità, sulla consape- volezza del necessario cambiamento degli stili di vita e sulla prudenza, virtù che indica gli atti da compiere oggi, in previsione di ciò che può accadere domani» (n. 9).

Detto altrimenti, una nuova etica ecologica nasce, si organizza e si svi- luppa sul fondamento della morale, che è Dio creatore e redentore. È grazie al riferimento a Lui, colto come Somma Verità e Sommo Bene, che la con- dotta ecologica si compagina, riconoscendo quella «grammatica» che Egli ha inscritto nel creato, finalizzando le varie scelte della sua salvaguardia alla lu- ce del bene e fine ultimo, vivendo la sobrietà non per se stessa, ma come un modo eminente di praticare la solidarietà e la giustizia nei confronti dei più poveri e delle generazioni presenti e future. Ma non solo. Un’etica ecologica, pensata e vissuta sul fondamento che è Dio, vuole comportamenti sobri, soli- dali e giusti, ultimamente per Dio, per amore suo.

Per chi intende coltivare l’ecologia e l’etica ad essa connessa senza che diventino degli assoluti terrestri – oggi non sono pochi coloro che fanno

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Il superamento dell’ecologia moralista

La nuove etica

ecologica

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Mario Toso SDB

Solidarietà inter- generazionale e intra- generazionale

La crisi ecologica come crisi di solidarietà

e giustizia

della custodia del creato una religione, giungendo a fondamentalismi e a fa- natismi irrazionali - le riflessioni di Benedetto XVI appaiono decisive. Esse ci aiutano a comprendere che una nuova etica ecologica e che le virtù da essa richieste possono essere rispettivamente fondate e vissute con maggior coe- renza ed eroicità se sono percepite ed inserite in un contesto di fede. L’etica ecologica va elaborata non secondo il groziano etsi Deus non daretur, bensì sulla base del fondamento di ogni morale, che si trova inscritto in ogni co- scienza. La sua tenuta deriva proprio da questo radicamento. Non sono da sottovalutare gli importanti risvolti nel campo dell’educazione alla responsa- bilità ecologica, a cui il Messaggio fa appello.

4. Crisi ecologica come crisi di solidarietà e di giustizia: prospettive da approfondire, verso la ricerca di quell’etica che deve normare lo svilup- po interale

Nel Messaggio in analisi, come già evidenziato, la lettura della crisi ecolo- gica odierna si effettua su diversi livelli, alcuni di più immediata evidenza, altri che appaiono quasi sottotraccia, ma non per questo meno rilevanti.

Giustamente il pontefice, facendo riferimento al creato come bene dell’intera umanità, stigmatizza ciò che si potrebbe definire il «peccato sociale» dei po- poli, verificabile nella carenza di progetti politici lungimiranti, nel persegui- mento di miopi interessi economici, nell’assenza di norme ben definite, nella mancanza di solidarietà nei confronti delle popolazioni che abitano le regio- ni più povere (cf n. 7).

Così, il pontefice sottolinea come la crisi ecologica consista in una defi- cienza di solidarietà più vasta, sia inter-generazionale che intra-generazionale, che si manifesta specialmente nei rapporti tra i Paesi in via di sviluppo e quelli altamente industrializzati (cf n. 8). Ciò che, però, deve maggiormente attirare l’attenzione in queste riflessioni è lo sfondo o contesto etico a cui es- se si riferiscono e rimandano.

Per quale ragione, in definitiva, la crisi ecologica rappresenta una crisi di solidarietà e urge che essa sia proiettata nello spazio e nel tempo (cf ib.)?

Perché Giovanni Paolo II nel Messaggio del 1990 e Benedetto XVI in quel- lo dell’anno scorso, hanno rispettivamente invocato una «nuova solida- rietà», una «solidarietà globale» (cf n. 10)? La crisi ecologica è prodotta sol- tanto da atteggiamenti predatori nei confronti delle risorse della Terra, originariamente destinate a tutti? Postula come soluzione soltanto la loro equa spartizione? O implica qualcosa di più determinante sul piano della de- cisionalità e dell’operatività?

In realtà, Benedetto XVI rimanda ad un livello più profondo di conside- razioni e di motivazioni, che sorreggono e giustificano quelle più immediata- mente visibili.

Non si può negare che la crisi ecologica è, sì, crisi di solidarietà, ma lo è non tanto e solo perché pregiudica l’accessibilità o l’usufruibilità delle risorse per se stesse da parte di tutti. Lo è anzitutto perché la mancanza della pratica della solidarietà mette ultimamente in discussione la possibilità di crescita in umanità degli altri, singoli o popoli che siano. La crisi ecologica si configura, quindi, primariamente come crisi di solidarietà e di giustizia – l’aspetto di giu- stizia è piuttosto sottinteso nel testo, ne troviamo un accenno al n. 10 – con riferimento a qualcosa di ulteriore rispetto all’equa distribuzione delle risorse, esattamente perché finisce per negare il compimento umano di molti, rispetto al quale i beni della Terra sono strumento necessario. Come già evidenziava

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analogamente Tommaso d’Aquino, sia pure in altro contesto storico, senza di essi non è possibile vivere dignitosamente e secondo virtù.3

Ebbene, dalle riflessioni di Benedetto XVI emerge, sia pure velatamente, la connessione dell’ecologia ambientale con il bene umano, con il bene comu- ne universale, con l’umanità stessa, che potrebbe essere distrutta qualora si trovasse a vivere in un ambiente divenuto inospitale. L’ecologia ambientale è sfera dell’esistenza in cui e mediante cui si contribuisce ultimamente non solo alla custodia del creato, ma anche all’attuazione del bene comune della famiglia umana, ad un’esistenza sicura per l’umanità. L’ecologia ambientale va, pertanto, considerata un bene per l’umanità, un elemento costitutivo del bene comune universale.

Proprio qui si staglia il senso pieno della solidarietà intergenerazionale ed intragenerazionale raccomandata da Benedetto XVI, perché è su questo pia- no che si può cogliere meglio come la carenza di solidarietà tra Paesi in via di sviluppo e Paesi altamente industrializzati sia anche una questione di giusti- zia su cui non si può sorvolare, sebbene sia complessa e difficile da definire nei suoi aspetti più concreti.4 Infatti, la solidarietà non può proiettarsi con verità nello spazio e nel tempo, come soluzione reale della crisi ecologica in- tra e intergenerazionale, se non viene sostanziata dal riconoscimento dei debi- ti di giustizia, e da corrispettivi atti riparatori o reintegratori, inerenti, sì, al- l’instaurazione di un sistema meglio coordinato di gestione e distribuzione delle risorse della Terra a livello internazionale, ma soprattutto riferiti alla crescita in umanità, da parte di tutti i popoli, secondo libertà e responsabilità.

Proprio sul piano della solidarietà nel bene umano si può cogliere la ragio- ne del nesso stretto che intercorre tra ecologia ambientale ed ecologia uma- na: la solidarietà ecologica tra i popoli e le generazioni presuppone la solida- rietà nel bene umano universale, a cui tutti sono chiamati a partecipare e a contribuire.

Ecco perché, secondo Benedetto XVI, nell’impegno di solidarietà verso i più poveri e le generazioni future, occorre essere guidati dalla carità nella ve- rità, dalla giustizia e dal principio del bene comune universale, dalla convin- zione dell’inscindibilità dell’ecologia umana e della ecologia ambientale (cf nn. 10 e 13).

5. Prospettive per l’impegno politico

La recente esperienza di Copenaghen ha evidenziato la necessità non so- lo che i popoli si incontrino e si parlino, ma anche che sappiano giungere a decisioni ampiamente condivise. È apparso inoltre che, a fronte dell’urgenza di risolvere questioni improrogabili di interesse comune, non si può procede- re in ordine sparso, senza accordi giuridicamente vincolanti, assunti respon- sabilmente da parte di tutti, con la possibilità di un controllo supra partes.

L’esito insoddisfacente del vertice ha fatto sorgere in non pochi la do- manda se, per far fronte a tali problemi, non sia necessaria la costituzione di un’autorità politica mondiale. A questo proposito, tuttavia, si nota una forte

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Un bene per l’umanità

Ecologia ambientale ed ecologia umana

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3

Cf TOMMASO D’AQUINO, De regimine princ., I, c, 15.

4

Su questo si legga almeno M. TOSO, Umanesimo sociale. Viaggio nella dottrina sociale e dintorni, LAS, Roma 20022, pp. 376-378.

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Mario Toso SDB

Apertura alle opportunità scientifiche e ai potenziali

percorsi innovativi

avversione da parte di tanti altri, perché si teme che equivalga all’instaura- zione di un superpotere cosmopolita, per cui verrebbe soffocata ogni residua parvenza di democrazia e di libertà.

Su questo specifico punto il Messaggio non prende posizione. E tuttavia, sollecita una politica internazionale, coordinata a vari livelli, compresi quelli locali, mediante la collaborazione di tutti gli Stati e soggetti delle società ci- vili con le seguenti finalità: a) adozione di nuovi modelli di sviluppo e di econo- mia, di finanza, di industria e di agricoltura, nonché varo di politiche ambientali efficaci; b) sfruttamento delle risorse naturali che non comporti conseguenze negative per tutti gli uomini e tutti gli esseri viventi, presenti e a venire; c) attenzione mirata a non compromettere la destinazione universale del creato;

d) interventi che non mettano in pericolo la fecondità della terra, per il bene comune di oggi e di domani (cf n. 8).

È di grande rilevanza che si faccia comprendere che la politica interna- zionale deve essere guidata dal criterio del bene comune universale, come già detto. Un tale criterio conferisce forza e significato ai vari profili delle politi- che particolari che vengono successivamente suggerite e che da alcuni com- mentatori sono state considerate una «gradita sorpresa», incoraggiante le esperienze positive in atto.5Non solo. A nostro modo di vedere, è il vero presupposto per giungere, col tempo e per via democratica, alla costituzione di un governo politico mondiale, che non equivalga ad un potere assoluto, bensì si configuri come un’autorità democratica, partecipata, regolata dal di- ritto, articolata su più piani, come suggerisce, al n. 67, la Caritas in veritate.

I profili di politiche particolari, che il pontefice suggerisce, non solo denota- no che la Chiesa non nutre preconcetti rispetto alle «opportunità scientifi- che e ai potenziali percorsi innovativi, grazie ai quali è possibile fornire solu- zioni soddisfacenti ed armoniose alla relazione tra l’uomo e l’ambiente» (n.

10), ma anche indicano come le comunità cristiane non debbono esitare a mobilitarsi, anzitutto sul piano educativo, di fronte ai gravi problemi che mettono a repentaglio sia la pace sia la stessa sopravvivenza dell’umanità sul pianeta Terra. Non si tratta di essere ecologisti per moda o per hobby. È un’urgenza, che comporta un dovere morale da prendere sul serio, passando prontamente all’azione. Non esistono alternative, perché non esiste un pia- neta di riserva: dobbiamo difendere con determinazione la vivibilità di quel- lo su cui abitiamo, come ha efficacemente osservato l’economista Jeremy Rifkin, teorico della terza rivoluzione industriale.6

Nel Messaggio, dunque, si avanzano, con l’indicazione di motivazioni profonde per l’azione, proposte di possibili politiche da adottare. Evidente- mente, come viene opportunamente sottolineato, compete propriamente al- la Comunità internazionale e ai Governi nazionali farsene carico, specifican- dole in modo da dare i giusti segnali per contrastare le modalità d’utilizzo sregolato dell’ambiente e per accrescere le esperienze positive ed innovative della sua salvaguardia (cf n. 7).

I principali orientamenti offerti dal Messaggio, specie con riferimento alle risorse energetiche, si possono così elencare: a) individuazione di strategie condivise e sostenibili per soddisfare i bisogni di energia della presente gene-

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5

Cf ad es. F. PRODI, Dal Papa un messaggio a Copenaghen, in «L’Osservatore romano», 20 dicembre 2009, p. 1.

6

Cf l’intervista a Jeremy RIFKIN, in «La Repubblica» (20 dicembre 2009), p. 7.

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razione e di quelle future; b) comportamenti improntati alla sobrietà, con conseguente diminuito fabbisogno di energia e miglioramento delle condizio- ni del suo utilizzo; c) promozione della ricerca e dell’applicazione di energie di minor impatto ambientale; d) ri-distribuzione planetaria delle risorse energe- tiche, affinché possano accedervi anche i Paesi che ne sono privi (cf n. 9).

Per favorire soluzioni soddisfacenti ed armoniose nella relazione tra l’uomo e l’ambiente viene anche suggerito di: 1) incoraggiare le ricerche volte ad in- dividuare le modalità più efficaci per sfruttare la grande potenzialità dell’ener- gia solare; 2) vigilare sulla questione ormai planetaria dell’acqua e del sistema idrogeologico globale; 3) esplorare appropriate strategie di sviluppo rurale, con speciale riguardo per i piccoli coltivatori e le loro famiglie; 4) adottare politi- che idonee per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valorizzazione delle sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà; 5) perseguire politiche che escano dalla logica del mero consumo per promuovere forme di produzione agricola e industriale rispettose dell’ordine della creazione e soddisfacenti per i bisogni primari di tutti; 6) co- niugare eticamente l’economia e la tecnica, ponendole al servizio dell’uomo e del bene comune, ivi inclusa la salvaguardia dell’ambiente (cf n. 10).

Gli orientamenti offerti meriterebbero più di qualche commento chiarifi- catore. Basti qui accennare al fatto che – come ha spiegato il Card. Renato Raffaele Martino presentando il documento nella Sala stampa della Santa Sede il 15 dicembre 2009 –, l’incoraggiamento delle ricerche volte ad indivi- duare le modalità più efficaci per sfruttare le potenzialità dell’energia solare non esclude il potenziamento dell’energia eolica e nucleare ad uso civile. La stessa Santa Sede risulta, infatti, tra i fondatori della IAEA (International Atomic Energy Agency), organizzazione indipendente dalle Nazioni Unite, nata il 29 luglio 1957 con lo scopo di promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare e di inibirne quello militare.

A proposito della ricerca e degli investimenti sulle energie rinnovabili, in particolare quella solare, a sostegno della credibilità del pronunciamento pontificio, va ricordato che la stessa Santa Sede, nello Stato della Città del Vaticano, sta compiendo sforzi significativi nel campo della tutela ambienta- le, promovendo e realizzando progetti di diversificazione energetica volti allo sviluppo di energia rinnovabile, con l’obiettivo di ridurre le emissioni di ani- dride carbonica e il consumo di combustibili fossili.7Infatti, l’Aula Paolo VI delle grandi udienze è già alimentata da pannelli solari, mentre nell’area di Santa Maria Ponte Galeria, dove si trovano gli impianti della Radio Vatica- na, sta sorgendo una delle più importanti centrali solari del mondo, realizzata d’intesa con lo Stato italiano, a cui sarà venduta una parte dell’energia pro- dotta. Sono altresì allo studio forme di produzione di energia alternativa per le ville pontificie di Castel Gandolfo e si sta approntando un sistema di ri- sparmio energetico in tutta la Città del Vaticano.

6. Un’alleanza educativa

La Conferenza di Copenaghen, che inizialmente aveva suscitato molte speranze, ci ha insegnato che la soluzione della crisi ecologica non può

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Energia nucleare

Il Vaticano e l’energia solare

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7

Intervento della Santa Sede alla Conferenza di Copenaghen sui cambiamenti climatici, in

«L’Osservatore romano» (19 dicembre 2009), p. 2.

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Mario Toso SDB

dipendere solo dall’impegno dei nostri rappresentanti politici. Per essere effi- cace occorre che sia sorretto ed integrato dalle società civili, dalle varie isti- tuzioni sociali, ivi comprese le comunità religiose.

La sollecitazione alla custodia del creato proviene, a un tempo, sia dal- l’alto che dal basso. Esige accordi e regole che forniscano la cornice per le grandi strategie e gli orientamenti generali, ma sono necessarie anche le scelte e le azioni dei singoli, delle comunità e delle amministrazioni locali.

Immaginare un rinnovamento culturale, una riscoperta dei beni-valori fon- damentali, un’adozione di nuovi stili di vita e di nuovi modelli di sviluppo, di economia e di finanza aventi al centro la persona, come processi che ven- gono elaborati esclusivamente sul piano politico e poi calati dall’alto, vuol dire non aver compreso la complessità della crisi ecologia e degli interventi necessari per affrontarla. Urge una sinergia a tutto campo tra le istituzioni sul piano politico e civile. Urge, soprattutto, un’alleanza sul piano educativo tra famiglia, scuola di ogni ordine e grado, mass media, comunità religiose, corpi in- termedi, Organizzazioni non governative.

Per quanto detto, dal Messaggio emerge che l’opera di educazione, richie- dente peraltro l’elaborazione di iter formativi da inverare in un practicum di vita, deve incentrarsi su un’etica ecologica aperta al Trascendente. Solo così sarà commisurata alla «vocazione» del creato e potrà proporre comporta- menti virtuosi, che saranno efficienti ed efficaci rispetto alla custodia del- l’ambiente e del perseguimento della pace.

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Un risultato né equo, né effettivo, né vincolante. Si è ridotto a questo l’accordo di Copenaghen, nei suoi contenuti lontano dalle richieste della nostra campagna CREA UN CLIMA DI GIUSTIZIA e quindi dall’obiettivo di riduzione delle emissioni inquinanti del 40% entro il 2020 per i paesi svi- luppati e anche dalla disposizione di 110 miliardi di euro entro il 2013 per l’adattamento dei paesi poveri ai cambiamenti climatici.

Nonostante paesi fortemente inquinanti come gli USA e la Cina si sia- no impegnati ad azioni di mitigazione, a mantenere il riscaldamento del pia- neta al di sotto dei due gradi centigradi e a finanziare la lotta al cambiamen- to climatico sia nel breve che nel lungo termine, si tratta di un passo avanti che in realtà si può considerare anche un passo indietro poiché sono impegni solo politicamente vincolanti rispetto al protocollo di Kyoto.

Il confronto della Comunità Internazionale con un quadro normativo in questa materia diventa cruciale se si vuol ricercare un approccio potenzial- mente risolutivo che gli Stati dovrebbero adottare nell’affrontare le sfide am- bientali. Non a caso a questo riguardo il Santo Padre dedica parole precise nel Messaggio in occasione della XLIII Giornata Mondiale della Pace affer- mando che “compete alla comunità internazionale e ai governi nazionali da- re i giusti segnali per contrastare in modo efficace quelle modalità d’utilizzo dell’ambiente che risultino ad esso dannose. Per proteggere l’ambiente, per tutelare le risorse e il clima occorre, da una parte, agire nel rispetto di norme ben definite anche dal punto di vista giuridico ed economico, e, dall’altra, tenere conto della solidarietà dovuta a quanti abitano le regioni più povere della terra e alle future generazioni.” (n.7). Pensiero ribadito anche durante l’ultimo Sinodo dei Vescovi africani affermando che le Chiese particolari so- no sollecitate a “convincere i governi locali e nazionali ad adottare politiche e regolamenti legalmente vincolanti per la protezione dell’ambiente” (n.22).

La centralità delle norme risulta pertanto evidente: queste si possono considerare quel giusto segnale per regolare e nel caso sanzionare quei com- portamenti ed attività ad esse non conformi. Perché questo accada, però, ogni comunità, nella fattispecie quella Internazionale, deve trovare il corag- gio per siglare accordi giuridici vincolanti che impegnino ogni Stato-Parte

Un accordo vergognoso per il clima e

disastroso per i poveri

Sergio Marelli*

* Segretario Generale FOCSIV - Volontari nel mondo

Un passo avanti e

un passo indietro

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