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Capitolo 4 Discussione

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

Discussione

Il notevole incremento del numero dei pappagalli, sia d’ allevamento che da compagnia, presenti attualmente in Italia e la carenza degli studi sui parassiti di questi animali hanno rappresentato i motivi principali del presente lavoro di tesi in cui è stata eseguita una indagine sulle endo ed ecto-parassitosi dei pappagalli.

A differenza di molti dei precedenti studi effettuati sui parassiti dei pappagalli (De Freitas et al., 2002; Webster, 1982; Schock e Cooper, 1978; Landelius et al., 1978; Martinez et al., 1999), nella presente indagine gli stessi soggetti sono stati esaminati sia per la ricerca degli endo- che degli ecto-parassiti mentre, rispetto alle poche precedenti indagini eseguite in Italia in cui sono stati considerati soltanto gli artropodi ectoparassiti (Principato et al., 1996; Perrucci et al, 1997), sono stati acquisiti dati anche sugli endoparassiti. Tra i pappagalli esaminati nel presente studio, inoltre, sono stati considerati animali appartenenti alle specie di più frequente riscontro in Italia, provenienti da diverse regioni italiane e di proprietà di allevamenti e giardini zoologici oppure di negozianti, tra i quali alcuni ambulanti oppure, ancora, di privati cittadini nel caso dei “pet birds”. Ciò è stato fatto anche al fine di valutare eventuali differenze tra le varie specie e/o generi esaminati, la diversa tipologia di gestione e la diversa provenienza.

I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare, negli animali in esame, la presenza di protozoi (Cryptosporidium baileyi), nematodi (Capillarie, Ascaridi, Strongili gastro-intestinali, Heterakis sp e Strongyloides sp), mallofagi (Afrimenopon waar), acari delle penne (Dubininia melopsittaci,

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Ad eccezione di Glycyphagus domesticus, già riscontrato da Principato e collaboratori (1996), per tutti gli altri parassiti si tratta del primo isolamento dai pappagalli in Italia.

Dei 571 animali esaminati, l’11,73 % è risultato essere parassitato, con una prevalenza pari al 9,1 % per gli endoparassiti ed al 2,6 % per gli ectoparassiti con una frequenza delle endoparassitosi significativamente molto più elevata statisticamente (P<0.01) rispetto alle ectoparassitosi e, tra gli endoparassiti, delle Capillarie e degli Ascaridi rispetto agli altri endoparassiti isolati. La prevalenza delle Capillarie è risulata pari al 4,5 % e quella degli Ascaridi pari al 2,01 %.

Nello studio di De Freitas e collaboratori (2002) sono stati analizzati pappagalli selvatici mantenuti in cattività all’interno di due parchi. Nel primo parco la prevalenza totale degli endoparassiti è stata pari al 55, 9 % e nel secondo parco del 37,7 %, sicuramente questo dato è significativo ed è legato anche al fatto che essi sono comunque animali che vivevano in libertà e quindi che risultano più frequentemente parassitati (De Freitas et al., 2002). Nello studio di De Freitas e collaboratori (2002), poi, sono state calcolate anche le prevalenze dei singoli parassiti gastro-intestinali e similmente alla nostra indagine le Capillarie sono risultate i nematodi più frequentemente isolati, con una prevalenza rispettivamente del 29,2 % nel primo parco e dell’87,1 % nel secondo. Per gli ascaridi, invece, l’isolamento è avvenuto solo nel primo parco e la loro prevalenza è stata pari al 26 % (de Freitas et al., 2002).

Nel caso di Ascaridia columbae, la cui presenza è stata riscontrata in un esemplare di Ara clorhoptera deceduto, e dell'acaro plumicolo D.

melopsittaci, isolato da Agapornis roseicollis (Inseparabile a faccia rossa), in

base alla nostra ricerca bibliografica, la presente indagine rappresenta il primo segnalamento al mondo nei pappagalli di queste due specie.

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Fino ad oggi, infatti, A. clorhoptera era conosciuta come ospite solo di

Ascaridia haermaphrodita (Travassos, 1913, 1930). Analogamente, anche le

Capillarie, nel caso di Calopsitte, Parrocchetti dal collare, Pappagalli del Senegal e Inseparabili di Fischer, e gli Ascaridi, nel caso di Rosella pallida e Lori arcobaleno, risultano segnalati per la prima volta in queste specie nel presente studio.

Nel caso degli artropodi, anche l'isolamento di Ornithonyssus sylviarum da due esemplari di Groppone rosso di un allevamento del Lazio, nonostante questo acaro sia frequentemente riportato come acaro ematofago che può parassitare numerose specie di uccelli tra cui anche i pappagalli (Harrison, 1994; Urquhart et al., 1998; Conzo, 2001), la presente indagine, assieme ad un solo altro studio (Stone et al, 2005), rappresenta l’unico isolamento documentato nei pappagalli.

Tra i diversi generi di pappagalli esaminati e rappresentati da più di cinque animali, i generi Psephotus, Trichoglossus, Nymphicus e Aratinga sono risultati quelli statisticamente più frequentemente parassitati, soprattutto da endoparassiti. Al contrario, considerando come variabile la tipologia di gestione (allevamento, negozio o “pet”) mentre la prevalenza dei soggetti parassitati e, tra questi ultimi, la prevalenza degli endoparassiti non sono risultate statisticamente significative, quella degli ectoparassiti si è mostrata invece significativamente molto più elevata nei “pet” rispetto alle altre categorie. Una possibile spiegazione di questo dato potrebbe essere rappresentata dal fatto che negli allevamenti e nei negozi i pappagalli siano sottoposti a controlli e trattamenti specifici più frequenti; non si può escludere, però, la possibilità che la maggiore accuratezza nella raccolta dei campioni da analizzare operata dai privati nel caso dei “pet” possa aver condizionato questo risultato.

Ciononostante, anche se questo dato non è stato valutato statisticamente, il riscontro più frequente di Capillarie e Ascaridi nei soggetti allevati all’ aperto,

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che quindi possono avere avuto contatti con altri volatili oppure che hanno comunque avuto una maggiore possibilità di accedere al terreno, conferma quanto già riportato in precedenti studi (Kajerova et al., 2004a, 2004b; Kajerová e Baruš, 2005). In questo contesto sembra interessante sottolineare che anche l’isolamento di Capillarie in alcuni esemplari di cocorito (Melopsittacus undulatus) e di calopsitte (Nymphicus hollandicus) trovati a vagare nel giardino di un allevamento amatoriale di Pisa, potrebbe essere legato al periodo trascorso in libertà da questi animali e, quindi, alla maggiore possibilità di incontro con le forme infestanti di questi parassiti e/o al possibile contatto con altri volatili parassitati dalle stesse specie di elminti (Kajerová e Baruš, 2005) che può aver favorito l’ infestazione dei soggetti. Riguardo gli altri nematodi isolati, la prevalenza degli Strongili gastro-intestinali, ed Heterakis sp. è risultata piuttosto bassa, differenziandosi in parte da quanto risulta dallo studio di De Freitas e collaboratori (2002) che riportano una prevalenza di Trichostrongylus sp dell’8,4 % e del 12,5 % nel caso di Heterakis sp., nel primo parco. Analogamente nel secondo parco gli

Strongyloides sp. hanno una prevalenza del 9,7 % (de Freitas et al., 2002)

mentre nel nostro studio essa è pari all’1 %.

Le prevalenze di questi generi sono comunque più basse rispetto a quelle delle Capillarie e degli Ascaridi (De Freitas et al., 2002) e probabilmente questo rappresenta il motivo principale del fatto che ancora oggi poco si conosce sugli effetti patogeni di questi endoparassiti nei pappagalli. Pertanto, a nostro avviso potrebbe essere molto interessante condurre altri studi per approfondire questo aspetto.

Riguardo gli effetti patogeni degli altri nematodi endoparassiti isolati nel presente lavoro, negli uccelli in caso di una bassa intensità di infestazione il genere Ascaridia non viene considerato molto patogeno dal momento che le forme cliniche si osservano principalmente solo nei soggetti giovani (Urquhart et al., 1998). Tuttavia, in caso di elevate cariche parassitarie essi

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sono responsabili di enteriti catarrali ed emorragiche (Urquhart et al., 1998) e, come nell'esemplare di Ara deceduto ed esaminato in questo studio, anche della morte dell'animale ospite per la loro azione irritativa, sottrattiva e, soprattutto, occlusiva a livello intestinale (Urquhart et al., 1998). L'esame necroscopico di questo stesso animale, inoltre, ha evidenziato la presenza di fibrosi e focolai necrotici a livello epatico che potrebbero essere imputati anche essi all'azione patogena delle larve di questi parassiti in questa sede (Levine, 1968). Casi simili sono già stati riportati in altri studi (Reece et al., 1992; Brockus et al., 1998). Pertanto, non si può escludere che questi nematodi possano essere responsabili di effetti patogeni più o meno gravi anche nei soggetti vivi e clinicamente sani esaminati in questo studio e risultati parassitati.

Nonostante siano presenti studi sull’isolamento ed il riconoscimento di nematodi riferibili alla Famiglia Capillariidae (Freitas et al., 1959; Wakelin, 1967; Shock e Cooper, 1978; Barus e Sergeeva, 1990; Martínez et al., 2003; Kajerová e Baruš, 2005; Baruš et al., 2005) poco si conosce sul loro ciclo biologico e sul loro effetto patogeno nei pappagalli. Riferendoci a quanto conosciuto per gli altri volatili in caso di gravi infestazioni sono presenti sintomi quali: anoressia, dimagrimento, anemia e morte (Casarosa, 1985). Non possiamo, quindi, escludere che analogamente agli Ascaridi, anche le Capillarie siano responsabili di effetti patogeni nei soggetti vivi che sono risultati parassitati, anche se clinicamente silenti.. Tutti i soggetti vivi risultati positivi per le presenza di nematodi sono stati trattati con Tetramisole® nell’acqua da bere; al controllo parassitologico successivo al trattamento essi sono risultati tutti negativi, dimostrando l'efficacia del farmaco e della posologia utilizzata.

L’isolamento dei protozoi del genere Cryptosporidium con i classici metodi di diagnostica parassitologica risulta spesso difficile per le piccole dimensioni delle oocisti e la loro eliminazione intermittente (Current et al., 1986; Sréter e

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Varga, 2000); questi fattori potrebbero aver determinato la bassa prevalenza riscontrata nel caso di C. baileyi (1,4 %) anche nel presente studio.

Negli uccelli, la criptosporidiosi spesso decorre in forma asintomatica mentre risultano particolarmente sensibili gli immunodepressi (Latimer et al ,1992) ed i giovani animali (Clubb et al., 1996; Morgan et al., 2000; Kwon et al., 2005).

Nel presente studio, i pappagalli dell’allevamento di Trieste, appartenenti alla specie Agapornis roseicollis (Inseparabile a faccia rosa) risultati infetti da questo protozoo erano tutti rappresentati da soggetti clinicamente sani. Ciononostante, i frequenti decessi osservati nello stesso allevamento in cui erano presenti gli animali da cui il protozoo è stato isolato portano ad ipotizzare o, per lo meno, a non escludere il ruolo di C. baileyi, da solo o come concausa, della morte di questi animali. Inoltre in questo stesso allevamento sono stati isolati, in altri due soggetti, batteri identificati come E.

coli. Anche in questa occasione nelle gabbie da cui provenivano i due

esemplari erano avvenuti decessi improvvisi.

E. coli è un batterio che si trova facilmente nell’ambiente esterno ed è stato

rinvenuto anche in miscele di semi e pastoni destinati all’alimentazione dei volatili (Conzo, 2001; Conzo et al.,1998). La sua azione patogena è legata alla produzione di tossine. A seconda dell’evoluzione della malattia possiamo avere morte improvvisa degli animali senza sintomatologia in corso di colisetticemia oppure enterite colibacillare con dimagrimento, diarrea e disidratazione. Esistono anche una forma respiratoria caratterizzata da rinite, sinusite, rantoli, dispnea ed anoressia ed una forma genitale cronica con localizzazione a livello di ovaio ed ovidotto, per cui si assiste all’ arresto della deposizione o alla morte embrionale e neonatale (Conzo, 2001)

La presenza di questi batteri e di Cryptosporidium baileyi può probabilmente essere messa in relazione con alcuni problemi di tipo gestionale osservati nell'allevamento e legati principalmente all'eccessivo sovraffollamento.

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Nel caso degli artropodi, nei due esemplari di Groppone rosso di un allevamento del Lazio risultati infestati da Ornithonyssus sylviarum non sono stati riscontrati sintomi od atteggiamenti particolari; tuttavia, dal momento che il ciclo vitale di questo acaro parassita obbligato si compie interamente sull’animale ospite e che la patogenicità di questa specie può essere anche molto elevata in quanto esso risulta spesso responsabile di anemia, irritabilità e morte dei nidiacei (Harrison, 1994; Urquhart et al., 1998; Conzo, 2001), sembra opportuno consigliare l'utilizzo di mezzi efficaci di prevenzione nell'allevamento interessato.

Significativo è stato il riscontro della presenza di G. domesticus, un acaro cosmopolita studiato principalmente per la sua presenza nella polvere domestica (Charlet et al, 1977; Dubinina e Pletnev, 1978) e conosciuto già da tempo come responsabile di dermatiti ed asma allergica nell’ uomo (Davis et al., 1976; Buchanan e Jones, 1982; Berardino et al., 1987; Senff et al., 1989;). Nel caso dell’esemplare di inseparabile a faccia rosa allevato come “pet” a Livorno, risultato positivo per questo acaro e negativo per la presenza di acari plumicoli, è stato notato un ritardo nel ricambio delle nuove penne e la presenza di desquamazione cutanea e di lesioni sanguinanti a livello della coda , queste ultime probabilmente dovute al continuo grattamento da parte dell’ animale. Queste stesse lesioni sono state precedentemente riportate anche da Principato e collaboratori (1996) in alcuni pappagalli risultati anch’essi negativi alla ricerca di acari plumicoli ed infestati, invece da G.

domesticus.

Questi acari si ritrovano facilmente nelle lettiere del pollame (Tomanovic et al., 1977), nei nidi di uccelli (Chmielewski, 1982; Philips et al., 1983) ed anche nelle farine, nel grano ed in molti prodotti di origine vegetale (Terho et al., 1982; Fox et al., 1986). La principale caratteristica del ciclo biologico di questa specie di acaro è la deuteroninfa ipopiale, uno stadio di resistenza che compare quando le condizioni ambientali sono sfavorevoli (Krantz, 1978). I

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fenomeni irritativi e le lesioni che essi sono in grado di determinare negli animali colpiti sono paragonabili all'azione svolta dagli artropodi ectoparassiti; per questa ragione, a nostro avviso, essi dovrebbero essere considerati come veri e propri parassiti. Peraltro, analogamente a quanto consigliato anche nel caso di altri artopodi ectoparassiti, la pulizia e la disinfestazione delle gabbie ed il trattamento degli animali (Neo Foractil® spray) hanno risolto i sintomi negli animali ed eliminato gli acari dalle gabbie. Nel caso di un inseparabile faccia rosa (Agapornis roseicollis) proveniente da un allevamento amatoriale della provincia di Pisa e che presentava il piumaggio completamente sfrangiato, irritabilità e grattamento continuo, si è evidenziato un quadro di poliparassitismo con contemporanea presenza di mallofagi, acari delle penne (Dubininia melopsittaci) e acari della polvere. Dal momento che è noto che i mallofagi si nutrono di parti necrotiche dell’ epidermide, delle penne, particolarmente delle barbule, e delle secrezioni sebacee (Seguy, 1944) sarebbe possibile attribuire questo tipo di lesioni osservate in questo animale principalmente alla presenza di questi parassiti.

D. melopsittaci, però, può essere anche esso causa di notevole irritazione che

porta l’animale ospite a beccare il piumaggio per lenire il prurito; ciò determina la conseguente distruzione delle penne (Atyeo e Gaud, 1987; Schmäschke et al., 2002). Per questo motivo l’atteggiamento di irritabilità, il continuo grattarsi da parte dell’animale e l’ aspetto del piumaggio sfrangiato è secondo noi riconducibile alla contemporanea presenza di tutti questi parassiti. Il trattamento con Neo Foractil® spray anche in questo caso è risultato determinante; infatti, dopo circa due mesi il piumaggio è tornato normale ed al controllo successivo al trattamento l'animale è risultato negativo per tutti i parassiti precedentemente isolati.

Nel caso degli animali risultati parassitati solo da acari plumicoli, invece, non sono invece stati notati irritazione, prurito e perdita o lesioni delle penne; infatti, il piumaggio e la cute sia di alcuni esemplari di Calopsitta di proprietà

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di un negoziante che di un cocorito deceduto e risultati infestati da questi acari sono risultati normali; ciò sembra indicare uno scarso potere patogeno di questi parassiti come già precedentemente riportato (Atyeo e Gaud, 1987; Schmäschke et al., 2002).

Infine, considerando che sono stati esaminati solo pochi allevamenti e/o negozi di ciascuna regione, nonostante la prevalenza dei soggetti parassitati sia risultata significativamente molto diversa dal punto di vista statistico in base alle diverse regioni italiane di provenienza considerate in questo studio, così come quella relativa alla prevalenza degli endoparassiti e degli ectoparassiti tra le varie regioni, a nostro avviso più che differenze legate alla localizzazione geografica questi risultati indicano alcune differenze legate alla gestione degli animali. Pertanto, senza tuttavia escludere a priori la possibilità di differenze legate a condizioni climatiche ed ambientali diverse derivanti dalla diversa localizzazione geografica, il riscontro di una elevata prevalenza degli endoparassiti soprattutto nel Veneto e degli ectoparassiti principalmente in Puglia, rappresenterebbe l'espressione delle principali problematiche sanitarie degli allevamenti di queste regioni esaminati nel presente studio. L'assenza di parassiti negli animali provenienti dagli allevamenti dell'Emilia-Romagna, quindi, potrebbe derivare da una migliore capacità di gestione sanitaria operata negli allevamenti considerati e localizzati in questa regione italiana.

Nonostante il numero totale degli animali inclusi in questo studio risulti piuttosto rilevante e pari a 571 pappagalli appartenenti a 46 specie diverse, per alcune specie meno frequenti è stato possibile esaminare un singolo soggetto o comunque un basso numero di esemplari. Questa limitazione ha interessato sia i “pet birds” , per la difficoltà incontrata a reperire i privati che li possiedono, che i negozianti che nella maggior parte dei casi non sono stati disponibili a fornire campioni e, quando lo sono stati, il numero di pappagalli di una singola specie che è stato possibile esaminare è stato condizionato dalla

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disponibilità di animali al momento del prelievo che dipendeva anche dalla richiesta di mercato.

Tuttavia, seppure con questi limiti, in base alla bibliografia disponibile il presente lavoro costituisce, sia a livello mondiale che nazionale, uno dei pochi tentativi di effettuare una indagine organica sulla fauna endo- ed ectoparassitaria dei pappagalli in cui le variabili rappresentate dalla specie diversa, dai diversi sistemi di allevamento e dalla diversa provenienza sono state tutte considerate.

Riguardo le malattie parassitarie, le caratteristiche fisiologiche dei pappagalli sono frequentemente responsabili dell'assenza di manifestazioni cliniche o del fatto che esse siano comunque caratterizzate da sintomi aspecifici (Conzo, 2001), per cui spesso le parassitosi vengono sottovalutate e non riconosciute come un problema sanitario rilevante. Dai risultati ottenuti, oltre ad evidenziare un numero relativamente elevato sia di soggetti parassitati che di specie parassitarie isolate, è stato possibile osservare anche che alcuni parassiti o condizioni di poliparassitismo possono essere responsabili di forme cliniche evidenti ed anche della morte degli animali ospiti.

Degno di nota risulta, a nostro avviso, anche il riscontro di una frequenza più elevata di parassiti nei soggetti allevati all’aperto o dove esistano cause predisponenti quali il sovraffollamento o le scarse condizioni igieniche. Tra i parassiti isolati è da segnalare la grande diffusione di Capillarie e di Ascaridi; per contrastare la diffusione di questi endoparassiti a fini profilattici risulterebbe efficace limitare il più possibile la fecalizzazione ambientale, utilizzando ad esempio griglie sul fondo delle gabbie e delle voliere.

Inoltre sarebbe fondamentale evitare il contatto con altri volatili a vita libera, tra i quali ad esempio i piccioni, che possono ospitare le stesse specie che interessano anche i pappagalli ed essere responsabili quindi della trasmissione di alcune specie di nematodi come Ascaridia columbae e di artropodi ectoparassiti non strettamente ospite-specifici.

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Per l'elevato numero sia di animali esaminati che delle specie parassitarie isolate nel presente studio, la maggior parte delle quali segnalate per la prima volta nei pappagalli presenti nel nostro paese e, per alcuni parassiti, anche nel mondo e le forme cliniche o la morte di alcuni esemplari attribuibili in molti casi all'azione patogena dei parassiti isolati e considerando anche che, rispetto ai precedenti studi effettuati sui parassiti dei pappagalli, nella presente indagine gli animali sono stati esaminati sia per la ricerca degli endo- che degli ecto-parassiti di cui sono state valutate anche le differenze di prevalenza in base alla specie e/o al genere, alla diversa tipologia di gestione ed alla diversa provenienza geografica degli animali esaminati, crediamo di aver portato un importante contributo alla conoscenza dei parassiti e delle malattie parassitarie dei pappagalli. Ciononostante ci auspichiamo che siano effettuati nuovi studi al fine di poter aver un quadro il più completo ed esauriente possibile su questo argomento e di approfondire i numerosi aspetti emersi in questa indagine che hanno chiaramente indicato come i parassiti possano rappresentare motivo di importanti problematiche sia sanitarie per i pappagalli ospiti, ed in alcuni casi anche per i soggetti umani che li allevano, che economiche per l'allevamento di questi animali che non devono essere sottovalutate.

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