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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.34 (1907) n.1737, 18 agosto

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GAZZETTA SETTIMANALE

.SC IEN ZA E C O N O M IC A , F IN A N Z A , C O M M E R C IO , B A N C H I. F E R R O V IE , IN T E R E S S I P R I V A T I

Anno XXXIY

Voi. XXXYIII

Firenze, 18 Agosto 1907

1737

S O M M A R I O : Buone intenzioni dei socialisti riform isti — La parola della civiltà A. J. de Johannis, Il Banco di Napoli dal 1891) al 19 Ai. V. Conclusione — Il demanio e le tasse sugli affari — L ’ istituto italiano di Credito Fondiario (la causa per le provvigioni) - R i v i s t a b i b l i o g r a f i c a : Caroline A. Huling, Lettres of business Woman to her niece - Victor ’S Clark, The labour movement in Australasia (a study m social- democracy) — R i v i s t a e c o n o m ic a e f i n a n z ia r ia : Il commercio e le industrie di Porlo Said, - IL commercio e lo sviluppo di Trieste - R a s s e g n a d e l c o m m e rc io in t e r n a z io n a le : Il commercio del Belgio - Il commercio austro-ungarico - Il commercio del Messico - L e condizioni degli italiani nel Sud dell’America — L a situazione industriale di Fez — Camere di commercio — Mercato monetario e R ivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — N otizie commerciali.

Buone intenzioni dei » l i s t i fornisti

L e vittorie dei partiti popolari in molte delie recenti elezioni amministrative, hanno dato argo­ mento a ll’on. Turati di scrivare nella sua C ritica

Sociale un articolo che merita di essere ri­

levato. . . .

L ’on. Turati crede che tali recenti vittorie sieno un buon sintomo di risveglio del partito socialista dopo il lungo periodo di apatia dovuto alle intestine discordie. Non siamo d’ accordo su tale premessa, perchè a nostro avviso l’esito delle recenti elezioni ci pare dovuto più agli errori del partito conservatore che non sia a virtù in­ trinseca del partito popolare.

L e recenti dimostrazioni anticleri.-ali hanno fatto pronunciare da alcuni organi clericali mi­ racele di nuove in transigenze politiche verso 1’ Italia, provando così che non eravamo ne! torto notando che l’alleanza dei conservatori coi clericali avrebbe avuto per conseguenza di far astenere del voto una gran parte di elettori o di farli vo ­ tare coi partiti popolari. I l popolo intuisce per­ fettamente che le dichiarazioni di alcuni cattolici di accettare le istituzioni e di riconoscere anche Roma capitale del nuovo Regno, sono dichiara­ zioni individuali, le quali saranno fatte certo in buona fede da molti dei cattolici, ma non sono affatto autorizzate, per cui, se la Chiesa, la quale sola può dire in proposito una autorevole parola, richiamasse all’ordine quei cattolici divenuti no

stonali, essi si sottometterebbero senza dubbio e

ritornerebbero clericali come prima. L la Chiesa quella che deve accettare esplicitamente 1 tatti compiuti, perchè i cattolici possono costituirsi ni partito politico nell’ambito delle istituzioni ; se no si crea un equivoco mostruoso, che può es­ sere tonte di guai. E lo si è ved u to, bastarono piccoli incidenti perchè si dicesseche.il Vaticano muta completamente la sua linea di condotta.

Ma prescindendo da ciò, è certo che nel par­ tito socialista va determinandosi probabilmente un movimento di cui bisogna tener conto. I l ten­ tativo del Labriola di costituire il partito sin­ dacalista rivoluzionario, può eliminare dal partito socialista tutto o quasi tutto l’ elemento anar­ coide; il silenzio prolungato del Ferri E. lascia credere che egli voglia modificare il suo a tte g ­ giamento in un prossimo avvenire ed avvicinarsi di più al riformismo, senza confondersi con esso. Forse per questo l ’on. T u ra ti crede che sia venuto il tempo in cui i riformisti abbiano a deli­ neare un breve programma per il prossimo do­ mani, lasciando per il più lontano avvenire, tutto il bagaglio di mutazioni radicali nell’ assetto so­ ciale.

Ed il deputato di Milano indica due punti nei quali non solamente il partito socialista, ina frazioni di altri partiti potrebbero trovarsi d’ac- c0rdo; — la riforma del'a scuola popolare, e la legislazione sociale; come corollario la indennità ai deputati.

E non vi ha dubbio, il programma è sem­ plice e pratico ad un tempo, anche se tra uno e l’ altro punto di esso non apparisca tutta quella connessione che l’on. Turati si sforza di tro­ varvi.

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514 L ’ E C O N O M IS T A 18 agosto 1907

scolastico femminile sia in mano delle Congre­ gazioni. E le donne, che si occupano di con seguire il voto amministrativo e politico, dovreb­ bero prima, di tutto occuparsi e preoccuparsi che alle giovanotte venga impartita la istruzione ele­ mentare in iscuole moderne, nazionali e laiche.

E deve essere anche non difficile un accordo tra socialisti ed altri partiti, nello sviluppo della legislazione sociale. L ’ Ita lia è tra le nazioni c i­ vili che meno hanno progredito su tale materia ed il disciplinamento del lavoro con disposizioni di tutela contro le insidie, le ingiustizie, gli arbitri e g li sfruttamenti, non può essere che bene ac­ cetto a tutti quelli che osservano quanto costi caro alla produzione del paese lo sforzo a cui sono costretti g li operai per conseguire qualche miglioramento o per resistere contro ingiusti e capricciosi provvedimenti.

Quando si pensi che l ’attuale svii uppo delle industrie italiane e quindi dell’ impiego rimune­ ratore che trova il capitale è dovuto principal­ mente ai metodi protettivi dello Stato, non si può trovare ingiusto od eccessivo che anche il lavoro, come il capitale, trovi nella legge una saggia tutela. N è occorreranno lunghi studi per attuare questa parte del piogramma. Quasi tutti gli Stati civili hanno già tradotti in disposizioni di legge le principali cause di conflitto, onde non vi è che scegliere le cose migliori ed adattarle alle condizioni del paese.

Sulla indennità ai deputati abbiamo già ma­ nifestato il nostro avviso favorevole e ne abbiamo dette le ragioni.

Dopo ciò non ci resta che augurare che le proposte dell’on. Turati trovino seguaci nel suo partito e fuori. Ma per raggiungere lo scopo occorre una qualità che pur troppo in Ita lia è manchevole, ed è la perseveranza.

I l partito socialista, uno o diviso, ha avuto tra g li altri il difetto, comune del resto a tutti i partiti in Italia, di una continua mutabilità di aspirazioni. L a questione igienica del sale a buon mercato; — la giustizia nei tributi ; — la abo lizione del dazio consumo; — le spese m ilitari; — eco. ecc. a quando a quando sembrarono il caposaldo dei loro programmi pratici; e non con­ seguirono mai nulla, non solo per la resistenza dei conservatori, ma anche perchè una proposta successe ad un’ altra con una rapidità tale che nessuna potè essere approfondita, resa popolare ed imposta.

Noi speriamo che l’ or). Tu rati non avrà det­ tato il suo articolo soltanto perchè la morta sta­ zione esige la trattazione di argomenti generici, ma avrà, non soltanto il proposito di insistere nel suo programma, ma anche buone speranze che esso sia accettato e propugnato da altri par­ titi così che finalmente qualche cosa di concreto possa sperarsi.

Del Governo è inutile avere 1’ opinione; esso, come tutti i Governi, avrà quella della m aggio­ ranza, pur parendo che sia la maggioranza go­ vernata da Ini.

X

LA PAROLA DELLA CIVILTÀ

Non par davvero di essere all’alba del X X secolo a sentire il linguaggio della stampa che riferisce le vicende di questi giorni a Casablanca e di altri minori porti del Marocco.

D ove sono gli uomini che difendono e spie­ gano il diritto delle genti, dove le grandi Asso­ ciazioni che lavorano per la pace, dove i senti­ menti umanitari per i quali in certi momenti le nazioni civili sembrano sdilinquirsi?

La impazienza, colla quale il mondo militare attendeva di esperimentare su carni umane gli effetti delle nuove armi belligere, è stata sodi- sfatta ed il mondo m ilitare sembra contentissimo dei tiro rapido dei cannoni delle navi e della por­ tata dei nuovi fucili.

N elle « battaglie » (perchè si ha il coragg’ o di chiamarle battaglie) i franco-spagnuoli contano un morto e dieci feriti, dei marocchini ne sono morti a migliaia, tanta è l’efficacia della voce della civiltà che esce dalla bocca delle potenti armi da guerra.

E non si porti innanzi la necessità di pu­ nire il Marocco colpevole di non saper mantenere l’ordine nel proprio territorio e tormentato da lotte intestine. Tale necessità sarebbe molto pe­ ricolosa ad invocarsi pei- giustificare la « pene- trazione » — eufemismo col quale si vuol masche­ rare la parola « aggressione » — ; alcuni degli Stati Europei che trovano giustificato l ’ intervento franco-ispano nelle cose marocchine non avrebbero trovato giusto altro intervento quando erano fu­ nestati da disoi'dini, interni ben maggiori di quelli che costituiscono il capo d’accusa contro il Marocco.

Hanno torse colpa i marocchini se la loro civiltà è diversa e, sia pure, inferiore a quella di alcuni Stati d'Europa? Quali sono i gravi delitti che si compivano al Marocco, perchè sia giu sti­ ficata la strage di cui con tanta voluttà dànno notizia i telegrammi ufficiali e giornalistici ?

Sono anni ed anni che si va stuzzicando il Marocco per avere un pretesto di conquistarlo, ed appena fu possibile trovare un accordo — ed il prezzo di questo accordo si conoscerà più tardi — perchè la Germania non molestasse la Francia durante la intrapresa del Marocco, si trovarono subito i pretesti per giusti fica ro la iniqua guerra.

E sia pure; l’ impazienza del militarismo, la bramosia di conquiste, le necessità della politica, sono cose umane; ma non parliamo di una civiltà che si affaccia ai popoli ancora in civili e la sua. prima parola è quella del cannone, la sua prima azione è quella della strage, come se i marroc- chini non fossero uomini, e come se in ogni na­ zione civile non vi fossero nomini altrettanto in­ civili dei marocchini.

Non vogliam o discutere, nè il militarismo, nè le conquiste, nè la politica, ma protestiamo con tutte le nostre forze contro questa ipocrisia di giustificare e spiegare colle parole « esigenze della civiltà » g ii atti che si compiono ora nel Marocco.

I marocchini hanno il torto di essere oggi quello che erano gli europei qualche secolo fa ; ma questo loro torto non dà diritto a popoli avo­

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18 agosto 1907 L ’ E C O N O M IS T A 515

luti, come si dicono g li europei, di calpestare ogni sentimento di umanità e di preparare fred ­ damente il contratto vergognoso col quale è stato abbandonato alla mercè di una ambizione o di un momento politico un paese di 8 milioni di abitanti, che non era più disordinato di quello che sia stata qualche mese la la Russia, o che non sieno da più anni alcuni degli Stati Balcanici.

Protestiamo prima contro la guerra, verso qualunque essa sin. mossa; protestiamo contro la conquista che tenta togliere la indipendenza ad una nazione; protestiamo più di tutto contro la invocazione della civiltà come giustificazione ili atti aggressivi, che ricordano tempi che dovreb­ bero essere dimenticati.

Il Banco di Napoli dal 1899 al 19(16

V.

Conclusione.

In questo breve studio sul Banco di Na­

poli e sul suo svolgimento, durante il periodo

1896-1906, abbiamo prese le mosse dal fatto che

è prossima la scadenza dei 15 anni, periodo

di transizione, durante il quale gli Istituti di

emissione dovevano per disposizione della legge

completare il loro risanamento liquidando tutte

le partite immobilizzate o contrapponendo ad

esse i fondi di riserva relativi.

Col 1 gennaio 1909 dovrebbero gli Isti­

tuti di emissione, avere la applicazione o

delle agevolezze che la legge promettevo delle

pene che la legge stessa ha minacciato, secondo

che abbiano o no compiuta la liquidazione

delle partite immobilizzate.

Siamo andati via via costatando, nel­

l’esame della situazione del Banco, il consi­

derevole miglioramento conseguito, tanto più

importante e meritevole di attenzione, in quanto

l’ ambiente, viziato dalle precedenti consuetu­

dini, doveva offrire, come notoriamente ha of­

ferto, una resistenza sensibile ad ogni tentativo

di metter ordine e regola nelle diverse e sva­

riate funzioni del Banco.

E per quanto si possa una parte del con­

seguito miglioramento attribuire alle condi­

zioni della economia generale del paese cosi

mutate, è pur necessario tener conto che le

provinole Meridionali, dove il Banco ha le

sue radici ed il suo principale lavoro, hanno

meno sentito, per i motivi che sono noti,

il risveglio economico del paese.

Gli indici migliori della più forte costi­

tuzione del Banco nei due estremi del periodo,

si trovano nella notevole diminuzione delle

sofferenze, che da 11.9 milioni sono ridotte a

meno di un quinto di detta somma, e che de­

notano tutto il lavoro di epurazione e di di-

sciplinamento della clientela de1 Banco; e nel

miglioramento del patrimonio dell' Istituto e

dei mezzi coi quali compie o garantisce le ope­

razioni.

La riserva metallica salita da 116.0 a 248.9

milioni, con un aumento di 127.8 milioni; il por­

tafoglio aumentato di 59.3 milioni, da 48.2 a

|

107.5; i depositi a risparmio cresciuti di 74

! milioni, da 34.6 a 108.8 milioni; i fondi di ri-

|

serva del Banco, della Cassa di Risparmio,

aumentati di oltre 20 milioni; queste princi­

pali e le altre minori voci sono testimonianza

della via fatta percorrere con oculatezza e

con prudenza al Banco dalla Direzione di esso

e della efficacia delle leggi che Fon. Luzzatti

ha fatto approvare.

In complesso si vede dall’esame del pe­

riodo che la situazione veramente disastrosa,

in cui si trovava il Banco nel 1896, si è mu­

tata in una situazione, non solo rassicurante,

ma grandemente promettente. I l patrimonio

del Banco, che segnava nel 1896 un disavanzo

di 22.9 milioni, segna nel 1906 un avanzo di 23.7

milioni, cioè il Banco ha ricostituito del suo

capitale patrimoniale di 65 milioni, oltre 23

milioni, e tutto il complesso della situazione

lascia ritenere fondatamente che il tempo ne­

cessario }ier raggiungere il risanamento com­

pleto, sarà di gran lunga inferiore a quello

che fu necessario per ricostruire la situazione

attuale.

Detto questo, è interessante vedere quale

si delinei la situazione del Banco rispetto

alla applicazione del termine fissato dalla legge

per ‘liquidare le partite non consentite dalla

legge stessa.

Le immobilizzazioni del Banco alla line

del 1906 erano ridotte a

L . 108.107.390.65

i fondi accantonati per coprirle » 29.815.213.08

Rimanenza delle immobilizzaz. » 78.292.177.57

Per quanto si possa essere ottimisti, non

è presumibile uno sforzo per il quale nei due

anni che ancora mancano alla data del 1 gen­

naio 1909, il Banco possa avere liquidati i

78 milioni di immobilizzazioni od abbia po­

tuto accrescere gli accantonamenti di una tale

somma. Vero è che il Banco ha una massa di

rispetto che raggiunge i 17.7 milioni, e che

è in facoltà di adibirla a coprire le immobi­

lizzazioni, le quali così si ridurrebbero a 60.5

milioni ; ma anche la somma di 60 milioni

circa ci sembra troppo alta perchè possa nei

due anni spazzare questo rimasuglio del pas­

sato.

Massa di rispetto ed accantonamento hanno

dato in questi ultimi anni un aumento annuo

di circa 6 milioni l’ anno; le immobilizzazioni

una diminuzione di appena 1.6 milioni, quindi

in due anni si può contare sopra circa 15

milioni, cioè un quarto circa dello scoperto at­

tuale.

Abbiamo già dato nel secondo capitolo il

prospetto delle immobilizzazioni al 31 dicem­

bre 1906, divise per le diverse loro voci ; nei

108.1 milioni figurano i 40.3 milioni del conto

corrente col Credito fondiario, il quale, come

si è visto, rappresenta un sicuro futuro ri­

cupero. Tale credito è ora ridotto a 28.6 mi­

lioni per la contropartita del fondo accanto­

nato e sarà ridotto a circa 25 milioni al 31

dicembre 1908 per effetto delle stesse dispo­

sizioni di legge.

(4)

516 L ’ E C O N O M IS T A 18 agosto 1907

della legge e mettiamo, a riscontro di esse, la

situazione del Banco rispetto alle immobiliz­

zazioni.

L ’ ultimo comma dell’ art. 51 del testo

unico sulle Banche di emissione dice:

« A l l ’ Istituto che non avrà compiuto in

ciascun triennio la liquidazione delle dette

operazioni (le immobilizzazioni) nella propor­

zione indicata sopra (un quinto per ciascun

triennio) o non avrà coperto cogli utili a ciò

erogati la somma non liquidata... sarà sospesa

la facoltà di emettere biglietti per una somma

corrispondente al quadruplo di quella rimasta

scoperta, insino a che la liquidazione prevista

non sia effettivamente compiuta ».

Come si vede la comminatoria è gravis­

sima, ma ci pare, che non sia applicabile al

Banco. L e sue immobilizzazioni che, come si

è visto, nel 1894 ammontavano a 169.6 mi­

lioni, vanno considerate divise in due gruppi :

— uno di 121 milioni che le ispezioni dichia­

rarono doversi liquidare entro i quindici anni ;

l ’ altro di circa 48 milioni che devono essere

liquidati soltanto quando i crediti diventino

esigibili, secondo l’articolo 52 del Testo Unico

che dice: « L e disposizioni dei due articoli

precedenti non si applicano in crediti che per

contratti anteriori al 30 giugno 1893 ed aventi

data certa, non fossero esigibili prima che

scadano i quindici anni di cui l ari. 50.

Dovranno però essere dagli Istituti liqui­

dati, tosto che, a norma dei singoli contratti,

diventeranno esigibili ».

Bisogna quindi prima di tutto vedere come

potrà trovarsi alla line del 1908 il Banco di

Napoli di fronte all’art. 51 sopra riportato per

i 121 milioni che la legge lo obbligava entro

quindici anni di liquidare o di contrapporre

ad essi altrettanto di fondi accantonati.

I l Banco dal 1904 al 31 dicembre 1906,

tra liquidazioni effettive e fondi accantonati,

è arrivato alla somma di 91,3 milioni, per cui

dei 121 milioni,, residuano 29,7 da ammortiz­

zarsi o liquidarsi.

Abbiamo visto più sopra che il Banco ha

fondata ragione di crédere che fra ulteriori

liquidazioni effettive ed aumento di accanto­

namento nei due esercizi 1907 e 1908 arriverà

almeno ad altri 15 milioni, per cui è presu-

mibile che al 31 dicembre 1908, dei 121 mi­

lioni ne rimangano soltanto 14,7, che sono esu­

berantemente coperti dalla massa di rispetto,

che ammonta già, a 17,7 milioni e che .alla

fine del 1908 sarà certo superiore ai 19 milioni.

Dati adunque i combinati articoli 50-51-

52 della legge, testo unico, ci sembra che non

sia il caso di considerare la possibile appli­

cazione dell’ ultimo comma dell’ art. 51, subi-

tochè le ispezioni governative ed anche l’ ul­

tima di esse, hanno già limitato a 121 milioni

la cifra delle immobilizzazioni che debbono

essere obbligatoriamente liquidate o coperte

nei 15 anni.

Ma vi è un altro punto importante da con­

siderare ; eliminata la possibilità che a l Banco

sieno applicate le disposizioni penali gravis­

sime contenute nell’ ultimo comma dell’ art. 51

del testo unico, conviene vedere se ed in qual

misura sieno applicabili le agevolezze che la

legge 17 gennaio 1897 ha promesse al Banco

stesso ove avesse sollecitata la liquidazione o

la copertura delle immobilizzazioni.

Le disposizioni per il Banco di Napoli,

approvate col r. decreto 6 dicembre 1896 e

tradotte in legge 17 gennaio 1897, contengono

all’art. 14 il seguente dispositivo :

« Quando entro 1’ anno 1898 sulla massa

delle immobilizzazioni e delle operazioni non

consentite, accertate dall’ ispezione^ 20 feb­

braio 1894, per il Banco di Napoli fosse rag­

giunta una cifra complessiva di mobilizzazione

di cinquantacinque milioni, non comprese le

somme liquidate in perdita e che dovranno

essere coperte con gli utili annuali o con la

massa di rispetto ai termini di legge, la tassa

sopra un ammontare di biglietti corrispon­

denti al valore del portafoglio non classificato

tra le immobilizzazioni ed il valore delle an­

ticipazioni di cui all’ art. 12 della legge 10

agosto 1893, sarà ridotta a 50 centesimi per

ogni cento lire ».

Abbiamo visto che al 31 dicembre 1898 il

Banco di Napoli non aveva liquidato o co­

perto dei 169,6 milioni di immobilizzioni ac­

certate il 20 febbraio 1894, che circa 44 mi­

lioni, mentre per ottenere la riduzione della

tassa di circolazione a centesimi 50 ogni cento

lire bisognava che la liquidazione o la coper­

tura arrivasse a 55 milioni.

11 Banco quindi non ha potuto usufruire

di tale agevolezza e la disposizione caduta

al 31 dicembre 1898 non è stata perciò ripor­

tata nel testo unico, che ha la data del 9 ot­

tobre 1900.

Ma il testo unico riporta dalla anzidetto

legge 1897 le seguenti disposizioni riguardanti

il Banco di Napoli :

« Art. 69. — Quando l’ ammontare delle

partite immobilizzate ancora da liquidare sia

ridotto a non più di 34 milioni, la misura

della tassa di circolazione, a partire dal 1° gen­

naio successivo, sarà, ridotta alla ragione eli

un quarto per cento, escludendo dal beneficio

i biglietti in circolazione corrispondenti alle

partite immobilizzate.

« Dopo trascorsi sei mesi dal giorno della

determinazione della tassa a questa misura, i

rinvestimenti della riserva metallica del Banco,

in conformità delle disposizioni dell’ art. 14,

non potranno superare la somma di 14 mi­

lioni,

« I l Governo, quando lo esigono le condi­

zioni del mercato monetario e lo consentano

le condizioni del bilancio dello Stato, potrà

sospendere tale facoltà di investimento delle

scorte metalliche del Banco, o potrà ridurne la

somma, a condizione di compensare l’ Istituto,

per la diminuzione degli utili che ne deri­

verà, con un abbuono corrispondente nell’am­

montare annuale della tassa di circolazione.

Siffatto abbuono non potrà eccedere, in nes­

sun caso, la somma di L. 350,000.

(5)

18 agosto 1907 L ’ E C O N O M IS T A 517

successivo sarà ridotta alla ragione unifórme

di un decimo per cento.

« A cominciare dall’ esercizio per il quale

la tassa di circolazione sarà ridotta a siffatta

ragione, lo Stato parteciperà agli utili del

Banco, eccedente la misura del 5 per cento

l’anno, sull’ammontare del patrimonio dell’Isti­

tuto- (capitale e massa di rispetto), da deter­

minarsi al momento dell’applicazione del pre­

sente articolo.

« L o Stato parteciperà :

« a* un terzo degli utili netti eccedenti il

5 °/0, quando questi non superino il 6 percento.

« a lla metà degli utili stessi, quando su­

perino la misura del 6 per cento ».

Analoghe disposizioni contiene il testo

unico (art. 66 e 67) per la Banca d’ Italia sol­

tanto che la prima agevolezza fiscale che' ri­

duce la tassa di circolazione al 0,25 per cento è

promessa quando le immobilizzazioni scoperte

sieno ridotte a non più di 90 milioni ; e la se­

conda agevolezza fiscale che riduco la tassa

della misura uniforme di un decimo per cento,

quando le immobilizzazioni sieno ridotte a non

più di 45 milioni.

E così pure per il Banco di Sicilia, lim i­

tando le cifre rispettive pelle immobilizzazioni

a 4 e relativamente 2 milioni.

Ora è noto che tanto la Banca d’ Italia

che il Banco di Sicilia hanno potuto con suf­

ficiente celerità liquidare o coprire le loro im­

mobilizzazioni così da godere delle suindicate

riduzioni della tassa di circolazione, e che.

prima del 31 dicembre 1908 avranno senza

dubbio cancellato dai loro bilanci la par­

tita delle immobilizzazioni stesse.

Il Banco di Napoli invece, ferme stando

le attuali disposizioni della legge, non può es­

sere in grado per qualche tempo ancora di ri­

durre le sue immobilizzazioni nemmeno ai 34

milioni che per l’art. 69 del testo unico gli

porterebbero la riduzione della tassa di cir­

colazione al 0,25 per cento. Non occorre

avvertire che il Banco di Napoli, a diffe­

renza degli altri due Istituti, ha partite

immobilizzate la cui estinzione è dalle leggi

regolata e sulle quali quindi il Banco non lm

libertà di azione.

Ad ogni modo la differenza rispetto alla

tassa nelle condizioni dei tre Istituti di emis­

sione si rispecchia già nelle conseguenze sul

costo, diremo così, dei biglietti.

Se esaminiamo lo relazioni annuali del

Ministro del Tesoro sugli Istituti di emissione,

troviamo che mentre nel 1897 la Banca d’Ita­

lia ha pagato L. 3,183,066 di tassa di circola­

zione, nel 1905 non pagò che L . 1,558,450, cioè

la metà circa della prima cifra ; — il Banco di

Sicilia che pagava L. 214.116 non pagò che

L. 73,100, cioè poco più di un terzo di quanto

pagava nel 1897. I l Banco di Napoli invece

pagava nel 1897 L. 1,200,929 di tassa e nel

1905 pagò L . 1,013,633; la differenza è (juasi

tutta dovuta alla obbligatoria diminuzione della

circolazione normale di 5,2 milioni l’anno sino

a ridurla da 242 a 190 milioni.

Ciò vuol dire che la circolazione tassabile

costava ai tre Istituti nel 1905:

Banca d’ Italia L. 0.55 per cento ;

Banco di Sicilia » 0.29

»

Banco di Napoli » 0.91

»

E poiché il Banco di Napoli, anche dopo

il 1908, non sarà per un certo periodo in

! grado di godere delle agevolezze promesse

|

dalla legge, mentre intanto per g li altri due

Istituti la tassa uniforme sarà ridotta ad un

decimo per cento, avverrà che i due Istituti

pagheranno sulla loro circolazione tassabile il

0,10 per cento ed il Banco di Napoli pagherà

il 0,90 circa per cento ; sarà cioè il Banco di

Napoli in una condizione eccessivamente in­

feriore a quella degli altri due Istituti.

E ’ il caso in proposito di fare una rities-

! sione.

L e disposizioni della legge quali abbiamo

più sopra riportate, miravano senza dubbio

a stimolare gli Istituti ad affrettare la liqui­

dazione delle immobilizzazioni, in vista del

benefizio che avrebbero ottenuto colla diminu­

zione della tassa di circolazione, benefizio che,

come si.è visto, si ragguaglia per la Banca

d’ Italia ed il Banco di Sicilia ad una somma

notevole.

Ed il principio informatore di quelle di­

sposizioni e certamente lodevole, ma può an­

che essere considerato da un altro punto di

vista. Se il legislatore ha in animo di affret­

tare l'epurazione del patrimonio degli Istituti

di emissione, così che le loro operazioni si li­

mitino soltanto a quelle consentite dalla legge;

e se una parte di tali immobilizzazioni non

fosse liquidabile o 1’ interesse dell’ Istituto

porti a non liquidarle, ma a coprirle piutto­

sto con fondi accantonati, è logico che con un

più alto contributo fiscale il legislatore dimi­

nuisca quegli utili netti che debbono servire

I e Servono ad aumentare i fondi che coprono

le immobilizzazioni ?

I 40 milioni circa che la Banca d’ Italia

avrà pagato nel quindicennio per tassa di cir­

colazione, anziché andare nelle casse dello

Stato, non sarebbero stati meglio accantonati

ad affrettare ancora di più la liquidazione o

copertura delle immobilizzazioni?

(6)

Oa-518 ' L ’ E C O N O M IS T A 18 agosto 1907

labria o le eruzioni del Vesuvio, il fatto si è

che senza parlare dei numerosi servigi pub­

blici che furono addossati al Banco, quell’ Isti­

tuto non fu mai lasciato in pace, perchè po­

tesse approfittare delle leggi emanate in suo

favore e ricostituire più presto che possibiie

il suo patrimonio. Se pertanto è da ricono­

scere che lo Stato ha agevolato il risana­

mento del Banco, non bisogna però dimenti­

care che più tardi lo Stato ha domandato,

come del resto è suo costume, più di quello

forse che non abbia dato. Ma attenendosi ora

al solo punto della tassa, può apparire che

esiste una contraddizione tra il fatto che al

Banco stesso lo Stato accordava con una

mano, come sua entrata, la tassa di Ric­

chezza mobile e di circolazione sulle cartelle

fondiare, mentre poi coll’ altra mano gli ri­

prendeva quasi la stessa somma sotto forma

di tassa di circolazione.

Quando lo Stato ha veramente interesse

d ie gli Istituti risanino sollecitamente le loro

attività, può parere non logico che le gra­

vezze fiscali sieno alte nel periodo delle gravi

strettezze e vadano diminuendo mano a mano

che la situazione migliora.

Ma ormai è inutile sui metodi adottati

nel passato discorrere oggi; importa invece

domandarsi se sarà provvida l’ applicazione

pura e semplice vdella legge, la quale impor­

terebbe per qualche tempo una così notevole

disparità di aggravi sulla circolazione del

Banco di Napoli a paragone di quello che me­

ritatamente godranno gli altri due Istituti.

Certo si potrebbe dire che sarebbe altret­

tanto ingiusto eguagliare il trattamento, su-

bitochè della entità della tassa di circolazione

si è fatta una ragione di premio per la mag­

giore o minore sollecitudine nel mobilizzare o

nel coprire le immobilizzazioni; si può quindi

ritenere che sia opportuno mantenere lo stesso

sistema, e continuare a punire il Banco di

Napoli perchè non ha liquidato di più, seb­

bene si sappia che ciò non è avvenuto per

mancanza di buona volontà o di zelo; si può an­

che continuare a difficultare al Banco {’accre­

scere dei fondi di accantonamento, diminuen­

dogli g li utili netti coll’alta tassa di circolazione :

ma giacche la legge cogli articoli 69 e 70 ha

stabiliti due stadi di riduzione della tassa, ed

il mantenerli importerebbe per un breve pe­

riodo, una differenza troppo rilevante nel trat­

tamento fiscale dei tre Istituti, sarebbe conve­

niente senza dubbio, nelle disposizioni di legge

che si emaneranno prima della fine del 1908,

una modificazione che tenesse conto delle

speciali condizioni del Banco di Napoli.

Crediamo che se si porteranno modifica­

zioni alla legge sulle Banche di emissione

non si potrà a meno di rilevare, ciò a cui

forse nel 1893 e 1897 non si è pensato in

causa della lontana probabilità che certe di­

sposizioni fossero applicate; e si noterà ne­

cessariamente che, mentre la legge concede

agli Istituti che hanno liquidate o coperte

le loro immobilizzazioni, la riduzione della

tassa di circolazione al decimo per cento, si

è voluta contemporaneamente una

comparte-cipazione dello Stato agli utili netti al di là

del 5 e del 6 per cento, la quale in sostanza

peserà sul bilancio degli Istiiuti, più della

tassa di circolazione non ridotta. E sperabile

quindi che, esaminate bene le cose, lo Stato

comprenda che se la riduzione della tassa di

circolazione deve considerarsi un premio per

la compiuta mobilizzazione delle partite non

consentite dalla legge, trovi illogico e con­

tradditorio che lo Stato conceda tale ridu­

zione apparentemente cospicua, ma si riprenda

sotto forma di partecipazione agli utili, molto

più di quello che si prenedeva colla tassa

di circolazione preesistente.

Qui tuttavia ci pare di poter sollevare un

dubbio sulla possibile compartecipazione dello

Stato agli u t ili netti del Banco; comprende­

remmo che si considerassero u t ili netti quelli

che il Banco conseguisse, dopo aver ricostituito

il suo patrim onio, ma fin tanto che ciò non sia

avvenuto utili netti nel vero.senso della parola

oon esistono, se gli avanzi del bilancio deb­

bono essere per legge rivolti a colmare il de­

bito elle il Banco ha verso la propri consi­

stenza patrimoniale.

Comunque sia di ciò, è certo che la lo­

gica porterà a modificare le disposizioni di

legge che riguardano questa materia, nel qual

caso sarà possibile che al Banco di Napoli

sia fatto un trattamento corrispondente alla

sua speciale condizione.

Nè per giustificare ampiamente tale trat­

tamento mancano le buone ragioni. Fra le

immobilizzazioni esìste sempre il credito del

Banco verso il suo Credito Fondiario ora ri­

dotto, mercè i provvedimenti presi, a 28 mi­

lioni circa, e per la fine del 1908 sarà ridotto

a circa 25 milioni. Tale credito, che sino al 1908

vien coperto, come si è ripetuto, coll’ importo

della imposta di Ricchezza Mobile e della

tassa di circolazione sulle cartelle fondiarie,

che lo Stato non percepisce, sarà dal I o Gen­

naio 1909 ammortizzato cogli interessi dei

lo milioni circa che a quella data saranno

accumulati sul fondo accantonato, e con esten­

sione della facoltà di impieghi in titoli ; ma

in sostanza è un debito dello Stato verso il

Banco.

Questa speciale natura del credito verso il

Fondiario, di essere veramente un credito verso

lo Stato, può permettere di considerare il cre­

dito stesso fuori delle immobilizzazioni, così

che al I o gennaio 1909 le immobilizzazioni

del Banco potrebbero essere considerate ri­

dotte a meno di 34 milioni.

Sarebbe in tal caso conveniente far rivi­

vere la disposizione dell’ articolo 14 della

legge 17 gennaio 1897 e che abbiamo prece­

dentemente riportato, per la quale se il Banco

nel 1898 avesse ridotte le sue immobilizzazioni

a meno di 34 milioni gli era concessa la ri­

duzione della tassa alla misura del 0,50 per

cento.

(7)

18 agosto 1907 L ’ E C O N O M IS T A 519

è conveniente e logico, l’onere della comparte­

cipazione dello Stato a pretesi utili netti; non

avrebbe la riduzione massima della tassa di

circolazione perchè ancora non ha compiute

le mobilizzazioni; avrebbe un trattamento di­

verso da quello degli altri Istituti, ed in fondo

non si farebbe che applicare ora una dispo­

sizione che era una illusione fosse applicabile

nel 1898. In sostanza basterebbe mutare la-

scadenza 1898 in quella 1908 all’ articolo 14

che abbiamo sopra riportato.

Nè è da ritenersi che ciò possa nuocere

al credito del Banco ed alla elasticità della

sua funzione; se il Banco ha potuto funzio­

nare e migliorare siffattamente la propria si­

tuazione quando era nelle pericolose situa­

zioni del 1896, tanto meglio potrà funzionare

e migliorare ora che ha raggiunto una condi­

zione che non più tardi di pochi giorni sono,

Fon. Luzzatti chiamava fiorente.

A noi pare che la Amministrazione del

Banco abbia acquistate tali benemerenze da

poter attendere senza timore dal Governo e

dal Parlamento, una sistemazione chiara, de­

finitiva in modo che possa conoscere con

precisione ciò che gli vien dato e ciò che gli

vuol esser tolto ;' è soltanto ponendola in una

situazione pacifica e precisa che potrà conti­

nuare a svolgersi con sicurezza.

Cosi il Banco, se non proprio alla sca­

denza dei 15 anni, ma molto prossimamente,

avrebbe risanato completamente la sua situa­

zione ed il comm. Miraglia, che fu tanta parte

di questa importante opera, non solamente

per la intelligente cura che pose nel compierla,

ma anche per la fiducia che ispirò al Governo

quando questi accordò al Banco le straordinarie

agevolezze che lo hanno salvato, potrà com­

piacersi dei risultati invero splendidi del suo

assiduo lavoro.

A.

J. DE JOHANNIS.

Il Demanio e le tasse sugli altari

Non sarà senza utilità dare un’ occhiata alla pubblicazione testé uscita sul Demanio e le tasse sugli affari — opera del D irettore gene­ rale di quella Amministrazione — dalla quale ap­ parisce in buona parte quali siano le condizioni economiche del paese.

I l miglioramento d ell’ entrate che da quel- 1’ Amministrazione dipendono, specialmente di quelle derivanti dalle tasse sugli affari, raggiunse un’ altezza imprevista, avendo il prodotto di que­ ste ultime superato di 16 milioni circa quello dell’esercizio 1904-9 5, con una differenza, cioè, che mai prima di ora si era riscontrata tra g l’ in­ troiti di due esercizi consecutivi.

E d osserva nella sua pregevole relazione il D irettore generale comm. Tubini che questo feno­ meno diventa tanto più rimarchevole quando si pensi alle non favorevoli vicende cui le tasse su­ g li affari trovansi esposte di sovente per i con­ tinui provvedimenti di favore portati da leggi speciali riguardanti altre materie e per i sempre

più sottili accorgimenti di chi studia di sottrarsi al pagamento del tributo.

Ed ecco ora i risultati d ’ insieme ottenuti nell’esercizio 1905 906 per tutte le aziende di- • pendenti dalla Direzione generale del Demanio e Tasse. L e riscossioni effettuate, complessiva­ mente per competenze dell’ esercizio e pei resi­ dui, ammontarono alla cospicua somma di lire '¿82,165.221, di cui ben 229,402,476 riguardano le sole tasse sugli affari.

L ’entrate dei cespiti amministrati dalla D i­ rezione generale suddetta, per competenza del­ l’ esercizio 1905-906 e pei residui, erano state previste in una somma complessiva ’ di L ire 293,685,820 e gli accertamenti salirono poi a. L ire 299,524,820 presentando un aumento di L . 5,»39,000. L e riscossioni effettuate ascesero, come già si è detto a 282,165,221. N e i confronti con g li analoghi risultati del precedente eserci­ zio 190405 si ha un aumento: nelle somme pre­ viste di L . 10,530,523, in quelle accertate di L . 18,079,302 e nelle somme riscosse di lire 17,448Ì546.

P e r ciò che riguarda le entrate del demanio ed enti amministrati, che sono una piccola parte delle entrate totali suaccennate, basterà notare che, per competenza e residui, le previsioni ascen­ devano a L . 18,162,901, g li accertamenti risulta­ rono in L . 18,067,047 e le somme riscosse am­ montarono a L . 12,439,262 ; le quali cifre pre­ sentano, per le previsioni una diminuzione di L . 605.571 per g li accertamenti un aumento di L . 295,162 e per le riscossioni una diminuzione di L . 49,302 sull’ esercizio 1904-905.

P er i sette cespiti in cui si dividono le tasse sugli affari, le previsione per l ’ esercizio 1905-906 per competenze e residui fu di L . 224,500,000, mentre l’accertamento sali a L . 230,188,984 su­ perando la previsione di L . 5,688,984; e le somme effettivamente riscosse ascesero a L . 229,402,476, con ]’ aumento di L . 4,902,476 e raggiungendo quasi g li accertamenti, mentre superano di ben L . 15,805,380 le riscossioni ottenute nel prece­ dente esercizio 1904-905.

E d ecco come si comportarono nell’ esercizio 1905-906, per riguardo alle riscossioni, i singoli cèspiti costituenti le tasse sugli affari, nel con­ fronto con l’ esercizio precedente:

Riscossioni Differenze dell’ esercizio sul

1905-906 1904-905 L. 40,417,178 + 963,828 » 5,590,906 — 117,930 » 73,959,537 + 9,287,042 » 71,759,834 -+- 3,637,125 » 19,279,725 -4- 2,258,396 » 7,958,473 + 383,631 » 10,406,822 — 606,712 Totale L. 229,402,476 + 15,805,380 I l massimo aumento dunque lo hanno dato le tasse di registro, con un m aggiore prodotto di 9 1|4 milioni, ciò che rappresenta un fatto nuovo nella storia di questo tributo.

jOrediamo opportuno ora di accennare alcuni fra i dati esposti nella relazione, che hanno un particolare interesse. Considerando i prodotti suddetti per l’ esercizio 1905-906 in rapporto alla

(8)

520 L ’ E C O N O M IS T A 18 agosto 1907

popolazione del regno, ragguagliata secondo il censimento del 1 gennaio.. 1904 a 33,218,328 abi­ tanti, si trova che la quota proporzionale per , ciascun abitante è salita a lire 6.90 e che su­ pera di 0.89, di 0.82, di 0.62 e di 0.47 quelle rispettivam ente raggiunte negli esercizi 1901- 902, 1902-903, 1903-904 e 1904-905.

Nel rapporto poi fra la popolazione delle singole provinole del regno e le riscossioni effet­ tuate in ciascuna di esse per tasse sugli affari, la quota per abitante varia da un massimo di L . 16.84 raggiunto nella provincia di Milano, ad uu minimo di L . 3 dato dalla provincia di Teramo. .

Di tutte le 69 provincie hanno raggiunto o sorpassano la media di L . 10 per abitante soie le seguenti:

Firenze con lire 10.51 per abitante — Ge­ nova con 14.74 — Milano con 16.83— Napoli con 10.94 — Roma con 16.31 — Torino con 13.03 — Venezia con 12.88.

D elle suindicate provincie, tranne Venezia che diede lire 5,267,931, le altre sei diedero ognuna un’ entrata superiore ai 10,milioni di lire e cioè : Firenze Genova Milano Napoli Roma Torino L. 10,157,ICO » 14,26.),437 » 25.392,059 » 12,896,392 >> 20,488,815 »> 14.874.742 In complesso, le riscossioni per tasse sugli affari nelle sei provincie suddette ammontarono a lire 98,039.545. Contrapponendo questa somma a quella di lire 229,402,476 rappresentante g l’ in­ troiti delle tasse sugli affari per tutto il regno, e considerato che la popolazione totale delle stesse sei provincie- è di soli 5,758.452 abitanti, si può trarne un concetto della quantità notevole d ’ in­ teressi e di contestazioni cui le tasse in discorso si collegano nelle provincie stesse.

Aggiungiam o infine, a complemento di questi dati, altre notizie riguardanti g l’ incassi fatti nelle medesime per tasse di successione.

Abbiam o già visto che le tasse di successione dettero nel 1905-906, per rutto il regno, un to­ tale introito di L . 40,447,178, superiore di lire 964,000 circa a quello d ell’esercizio antecedente. Ora le provincie, che, al riguardo, più diedero allo Stato sono, per ordine d’ importanza, le se­ guenti : Milano Torino Genova Napoli Roma Firenze Verona Novara Alessandria Mantova L. 4,032,755 » 3,385,151) »> 2,271,932 » 1,842,612 » 1,775,131 » 1,639,270 » 1,353,231 » 1,322,482 » 1,150,556 » 1,149,904

I l rapporto fra le riscossioni per tasse di successione e la popolazione dal 1 gennaio 1904, per le 10 provincie ora accennate, va da un mas­ simo di L . 3.65 per M antova a un minimo di 1.39 per abitante in quella di Alessandria.

T a li i risultati principali di questa importan­ tissima Amministrazione finanziaria.

E dell’ottima pubblicazione va data lode al D irettore generale, in quanto, mentre permette,

corriti sopra si osservava, di farsi un concetto della situazione economica del paese, pone in grado chiunque di vedere quali uffici funzionano meglio, quali siano più scadenti, onde studiare e suggerire, all’ uopo, i provvedimenti opportuni.

L’ Istituto italiano di Credito Fondiario

(la causa per le provvigioni)

Ecco il seguito di quanto giudicò la

Corte di A p p e llo di Roma nella causa tra

questo Istituto, e 1 suoi mutuatari:

Sènònchè, quando si ritenga che la giustificazione della provvigion e speciale di cui a ll’alt. 11, sotto il punto di vista giuridico, risiede nei d iritto di scelta, è evidente che nasiera che al momento in cui si esegue il mutuo I’ Istituto abbia emesso o si trovi in grado di emettere cartelle fondiarie, perchè al mutuo ese­ guito in contante e non in cartelle possa . applicarsi la provvigion e nella misura da concordarsi liberamente, tra le parti, invece ohe quella da determinarsi non oltre il lim ite massimo di 45 cent, per ogni 100 lire. E se così è, la disputa tanto vivacemente e stre­ nuamente dibattuta tra le parti per stabilire se e di quali im pieghi sia suscettibile il capitale sociale oltre quello previsto dall’ art. 6, o per dir m eglio se i vari im pieghi previsti dall’ a r t .''9 combinato con l ’ art. 8 (cioè contanti in cassa, buoni del tesoro, tito li del de­ bito pubblico, cartelle fondiarie di altri Istitu ti o pro­ prie, o cartelle di eredito agrario) siano applicabili soltanto in via provvisoria, lineile il capitale sociale non venga tutto erogato in mutui fondiari, ovvero possano applicarsi anche al capitale che ritorna nelle casse d eir Istituto in seguito alla estinzione dei mutui fa tti, cioè in seguito ad ammortamento o a restitu­ zione anticipata, si rende piuttosto accademica che sostanzialo <* conclùdente alla risoluzione del propo­ sto quesito, in fa tti può ben ammettersi che il capitale azionario non sia suscettibile di altra applicazione defi­ n itiva fu or quella dei mutui in contanti, se per altro nelle casse d ell’ Istituto Unitamente al contante esi­ stono cartelle fondiarie emesse, o vi sia la possibilità di emetterle (possibilità che per l ’ art, 7 della legge si verifica a misura che I’ Istituto avrà impiegato in mutui fondiari il capitale versato), ciò basterà perchè il mutua­

tario sia posto in grado di esercitare il suo diritto di scelta sulla specie del pagamento, e così possa verificarsi la condizione alla quale è subordinata la facoltà di concordare la provvigione. In altri termini la contemporanea esistenza nelle casse dell’ Istituto di contante e di cartelle, ò in mancanza di cartelle, la. potenzialità della rela tiva emissione, rendono at­ tuabile la. scelta, legittim a perciò solo l ’ applicazione dell’ art. 11, qualunque sia e comunque si definisca il rapporto esistente, tra la emissione delle cartelle e 1’ im piego del capitale soèiàle.

A lla stregua di tali premesse, non può non rico­ noscersi esatta la confutazione che i l Tribunale fece delle obbiezioni sollevate dagli attori circa l ’ inappli­ cabilità del dritto di scelta, ai mutui la tti col capitale sociale, valutando tale obbiezione in rapporto ai casi concreti della causa, cioè ai mutui dei quali si di­ sputa,

In fa tti si sarebbe potuto discutere della legittim ità della p rovvigion e speciale in ordine a mutui stipu­ la ti prima che l ’ Istituto potesse valersi della facoltà graduale di emettere cartelle ai sensi dell’ art. 7 della legge. Ma ciò non si è verificato rispetto ai mutui in esame.

Anzitutto l ’ Istituto per l ’ apporto di 10 m ilion i di inut ili ipotecari fatto dal la Banca d’ Ita lia , ben può dirsi che fin dal suo nascere si trovò nella condizione prevista dal connato articolo, di potere cioè emettere cartelle fondiarie per somme corrispondenti ai mutui fa tti col capitale sociale.

(9)

18 agosto 1907 L ’ E C O N O M IS T A 521

quando già Y Istituto aveva proceduto ad emissioni cartelle ; e il mutuo Bernardi quando Y Istituto, seb­ bene non avesse ancora emesse cartelle, era però in grado di emetterle, avendo già im piegati in mutui in contanti, circa nove m ilioni di capitale azionario, oltre al contingente di mutui apportato dalla Banca d’ Italia, come risulta dalla relazione d e ll’ Istituto alla Esposizione di Parigi del 1900, e come d’ altronde non è contestato. Ve n’ ora quindi ad esuberanza perchè l ’ Istituto potesse somministrare cartelle al Bernardi, quando le avesse richieste; nel qual caso avrebbe non solo potuto, ma anche dovuto soddisfare alla richiesta per osservare l ’ obbligo correlativo al diritto di scelta concesso al mututario.

Non è esatto quindi il dire che il dritto di scelta non possa esercitarsi rispetto al capitale azionario, dal momento che per la legge del 1890 a ll’ Istituto Italiano di Credito Fondiario non è interdetto di procedere alla emissione di cartelle fino a che non abbia impiegato in mutui ipotecari il suo Capitale originale, a diffe­ renza di quanto avveniva per la legge del 1885, la quale interdiceva agli Istitu ti di esercitare il credito fondiario fino a che non possedessero crediti ipotecari per un ammontare non inferiore alla metà del capitale versato ; ciò che importava il divieto di emettere car­ telle fino a che non avessero stipulato mutui in con­ tanti per il detto ammontare. L ’ Istituto Italiano, giova ripeterlo, appena stipulato il primo mutuo è posto in condizione di emettere cartelle per somme corrispon­ denti a quel mutuo: dopo il secondo mutuo potrà emettere altre cartelle per altrettanta somma e così di seguito, essendo così nel concetto della legge la emissione delle cartelle destinata a seguire entro il detto lim ite la stipulazione dei mutui per rendere rea­ lizzabile quella facoltà di scelta che argomentando dal combinato disposto degli art. 10 e 11, si ritiene, e giu­ stamente, indispensabile per potersi far luogo alla provvigion e speciale.

Posto dunque che l ’ art. 11 non distingue tra mu­ tui fa tti con capitale sociale e mutui in contanti ri­ cavato dalle cartelle, ma vuole applicata a tutti i mutui fa tti con specie diversa dalle cartelle esigibili in valuta legale Y unica ed invariabile norma dell’ ac­ cordo, esclusa la illega lità del patto sulla provvigion e speciale nei mutui in esame sotto il profilo del man­ cato esercizio del dritto di scelta, rimane a vedersi se la lim itazione dagli attori affermata possa desumersi dallo art. 6 della legge in relazione a g li intendimenti manifestati negli studi ed atti preparatori della legge stessa.

Secondo la difesa degli attori, i l richiamo che l’ art. 6 della legge del 1890 fa delle norme contenute nella legge del 1885 non si lim ita a quelle che prov­ vedono per 1’ impiego del capitale sociale, (ammorta­ mento, abbonamento alle tasse, restituzione anticipata) ma si estende anche a ciò che quest’ ultim a legge sta­ bilisce in ordine alla misura della provvigion e. E poi­ ché di ciò si occupa l ’ art. 7 che vieta l ’ applicazione di un compenso maggiore di 45 centesimi por ogni 100 lire per d iritti di commissione e spese di ammi­ nistrazione dovuti a ll’ Istituto che fa il prestito ne viene di conseguenza che tale lim itazione deve appli­ carsi ai mutui che l ’ Istituto Italiano stipula col ca­ pitale sociale.

Ma tale assunto non è fondato.

Nel sistema adottato dalla legge del 1885 i mutui erano di due specie : prestiti con ammortizzazione, e questi si facevano in cartello (art. 6, lett. a) e antici­ pazioni mediante apertura di conti correnti, da farsi in danaro (art. 6, lett. b). L a provvigion e configurata d all’ art. 7 sotto il nome di d iritti di commissione e spese di amministrazione, riguardava soltanto i mu­ tui in cartelle, rimanendo le parti contraenti perfet­ tamente libere di contrattare qualsiasi corrispettivo in ordine ai mutui stipulati sotto la seconda torma (anticipazioni in danaro). Se così è non può non esclu­ dersi che il richiamo all’ art. 6 della legge del 1890 si riferisca a ll’ art. 7 della legge del 1885 riguardante la provvigion e da applicarsi ai mutui in cartelle, poi­ ché si oppone a tale parificazione la diversità della specie con cui si fa il pagamento, che sposta comple­ tamente i termini del rapporto tra le du • disposizioni. La cosa procederebbe diversamente se tosse altret­ tanto vera, quanto è ingegnosa la teorica dei mutua­ tari, che cioè la facoltà di concordare la provvigione sia stata introdotta nella legge unicamente coinè pe­ dissequa a quella di concordare il valore di paga­ mento in relazione alla valutazione delle cartelle. In

tal caso, bisognerebbe anzitutto ricercare — indagine questa, che investe tutto il funzionamento tecnico del- l ’ Istituto e sulla quale si ritornerà in seguito — se siano le cartelle che precedono i mutui o i mutui che precedono le cartelle : in altri termini se i prim i mu­ tui in contanti abbiano la loro rappresentanza nelle cartelle, che per somma corrispondente 1’ Istituto emette, come sostiene la difesa dell’ Istituto stesso, ovvero costituiscano condizione e misura, e non altro, delle future emissioni come si assume dalla difesa de­ gli attori. Imperocché data questa seconda ipotesi, il funzionamento del capitale rimarrebbe affatto distinto e indipendente dalla emissione delle cartelle. Queste sarebbero da riguardarsi come inesistenti di fronte al capitale sociale. Onde non essendo possibile dare un valore a ciò che non esiste, come non potrebbe con­ cepirsi un accordo sulle premesse, così non potrebbe esservi un accordo sulle conseguenze.

Ma, come si dimostrò, la teorica dei mutuatari non essendo accettabile, il dire che nel.1’ im piego del capitale sociale non può aver luogo 1’ accordo nè sul valore delle cartelle nè su quello del pagamento, non può portare alla conseguenza che la difesa dei mutua­ tari enuncia e svolge a pag. 124 e seg. della sua com­ parsa aggiunta, cioè alla inapplicabilità dello accordo sulla provvigione.

Rimane fermo invece che la norma dell’ art. 11 si estende indistintamente a tutti i mutui in contante, qualunque sia la provenienza ili questo. E se così è. il richiamo dell’ art. fi non può riguardare la p ro v v i­ gione disciplinata dalla legge del 1885, anche perchè la materia dolía provvigion e è regolata per ogni spe­ cie di mutui, dalla legge del 1890,

Parim enti l ’ art. 8 del Regolami'uto 1 febbraio 1891 col quale si richiamano cumulativamente la leggi* an­ tica (del 1885) e la nuova (del 1890) in ordine ai saggi degli interessi, ai modi e tempi del rimborso, alle provvigion i e alle spese relative a ll’ im piego del ca­ pitale sociale, deve, per quanto attiene alla p ro v vi­ gione, riferirsi alla legge nuova, perchè 1’ antica si occupa solo della provvigion e relativa ai mutui in cartelle, mentre la legge nuova contempla due specie di p ro vvig ion i una (ri prodotti va di quella del 1885) pei mutui in cartelle, 1’ altra (di nuova creazione) per i mutui di altra specie.

Di queste due p ro vvig ion i poi è evidente che l ’ ar­ ticolo 8 del Regolamento richiama pel capitale sociali* quella che 1’ art. 11 applica ai mutui in contanti, per­ chè 1’ altra (lim itata al massimo di 45 cent, per ogni 100 lire) non essendo che il compenso del servizio d’ in­ termediario che presta l ’ Istituto nei mutui in cartelle, non avrebbe ragion d’ essere nei mutui in contante, quali sono quelli fa tti col capitale sociale, perchè non importano la prestazione di simile servizio : tanto che se per tali mutui la provvigione non avesse altra giu­ stificazione, avrebbe dovuto a rigor di logica essere addirittura soppressa.

I l richiamo quindi dell’ articolo 8, riferito a ll’ ar­ ticolo 11 della legge del 1890, significa questo e non altro, che l ’ accordo sulla provvigion e nei mutui in contanti si deve applicare anche ai mutui fatti col capitale sociale.

(10)

522 L* E C O N O M IS T A 18 agosto 1907

Considerato che non ha maggior consistenza, per quanto possa fare impressione, l ’ argomento che g li at- j tori desumono a favore della loro tesi dai precedenti parlamentari. L a elaborata comparsa aggiunta dei loro : difensori dedica molte pagine a dimostrare che nella I interpretazione di leggi di p rivileg io debbonsi tenere presenti, oltre le parole e l ’ intero contesto di leggi, re­ golamenti ed atti sussecuti vi, anche i precedenti parla­ mentari e in special modo le relazioni m inisteriali e parlamentari, pur riconoscendo che tali elementi non abbiano valore d’ interpretazione autentica.

( Continua)

R

ivista

B

iblioqrafica

C a r o l i n e A . H u lin g . - Lettres o f business Wo-

man to Ilei- niece. — N ew York, B. F. Fenno et

Company. 1907, pag. Bl:i.

V e n t’ anni di vita passata tra gli affari hanno accumulato nell’ Autrice tanta esperienza sulle persone e sulle cose, che ritiene utile scriverne alla nipote perchè possa regolarsi nella vita. Ed infatti il libro contiene ventotto lettere nelle quali la signora H uling, coninciando a descrivere la propria vita sino dalla fanciullezza, espone poi alla nipote tutto un trattato di economia pratica perciò che riguarda g li affari, e di morale pra­ tica per ciò che riguarda le numerose, acute ed originali osservazioni che essa fa nei corso della sua carriera. Dal lato sociologico sono interessan­ tissime, dopo le prime lettere, quelle nelle quali, l ’ Autrice spiega la sua conversione contro il detto che la donna sia destinata alle cose domestiche, e descrive quindi i primi passi della sua carriera tra g li affari, i suoi rapporti coi compagni di uf­ ficio, coi padroni e col pubblico. Degne di nota sono pure le lettere nelle quali dalla propria esperienza ricava la deficiente istruzione della donna; ma superiori a tutte per l’analisi psichica, sono le considerazioni dell’Autrice quando dal- l’ aver gerito g li affari per conto d’altri, passa a trattarli per conto proprio.

Non possiamo dare un riassunto di questa opera originale, che esce da ambiente così diverso dai nostro, ma consigliamo la lettura di questo libro a quanti vogliono comprenderne che cosa diventerebbe la donna quando essa assumesse le stesse occupazioni dell’ uomo.

L a sig. H u lin g certo ha mostrato negli affari attitudini maschili, ma appunto per questo è da chiedersi : se tutte le donne fossero così educate al lavoro ed agli affari, dove si troverebbero poi donne che fossero donne.

V i c t o r ’ S. C la r k . - The labour mopement in \u-

stralasia (a study in soeial-démocracy). —

London. Arch. Constable et <3., 1907. pag. 327. (Se. 6).

L ’ Australia ha offerto un campo facile alle m aggiori arditezze pratiche in fatto di organiz­ zazioni democratiche e di legislazioni, quasi esclu­ sivamente privilegiate a favore del lavoro.

E ’ quindi interessante, un libro che tratti dell’ argomento e scritto da persona competente che ha visitate attentamente quelle contrade oc­ cupandosi appunto di fare confronti tra le con­ dizioni della Australia e della Tasmania e quelle

della Confederazione Nord Americana. E l’ Autore, che si dichiara agnostico in fatto di « credo so­ ciale » , ha potuto fare le sue osservazioni colla magggiore impossibilità.

L ’ Autore trova una analogia tra la democrazia- sociale australiana e tasmaniana e la democrazia politica della Gran Brettagna, ed in tale ana­ logia vede una ragione storica essenziale ; il con­ cetto dominante nei rapporti colle autorità è quello che ogni cittadino, mantenendo incolumi i propri diritti, difende i diritti degli altri cittadini.

N e ll’ Australasia il socialismo dominante, che è in continua trasformazione, fu chiamato, giu ­ stamente — dice l’ Autore — « un socialismo senza dottrina. »

E l’ Autore sviluppa il suo studio dando prima una descrizione delle risorse della contrada; ed esaminando il popolo e le istituzioni ; entra quindi nella discussione dèi suo tema parlando in tre capitoli diversi delle associazioni dei lavoratori, del movimento politico di essi, e del programma del lavoro. Un capitolo e consacrato ai bianchi, ed i due successivi alla legge del minimo sa­ lario, ed a ll’arbitrato obbligatorio industriale, ohe esamina anche dal punto di vista giuridico e degli effetti economici che esso produce. I l penultimo capitolo, molto interessante, è dedicato a ll’azione del Governo sugli affari.

Segnaliamo la importante conclusione a cui viene l ’Autore dimostrando le opposte tendenze che lottano in quella società, e notiamo ancora che il volume si chiude con un ampio indice alfabe­ tico ed è corredato di una carta geografica del­ l’ Australia.

J.

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

I l Console generale britannico, Qonneron, a Porto Said, ha inviato al F oreign Office un rap­ porto

sul commercio e le industrie di Porto

Said,

di Suez e circa i miglioramenti introdotti nel canale navigabile.

Durante l ’anno scorso notevoli progressi sono stati fatti nei lavori di miglioramento del porto a Porto Said. Un nuovo grande bacino è stato scavato sul lato orientale del Canale per uso specialmente delle navi adibite al trasporto dei carboni e del petrolio. Quando questo bacino sarà pronto e cioè fra pochi mesi il bacino Abbas, attualmente destinato a tale servizio, sulla riva occidentale del Canale, verrà messo a disposizione del commercio da e per l’intero d ell’ E gitto. N ello stesso tempo il bacino Cherif, contiguo a quello Abbas, è stato tanto ingrandito da raddoppiarne la superficie. Inoltre la Compagnia del Canale di Suez rinnoverà prossimamente i suoi cantieri sulla riva orientiale, onde lasciare a disposizione del commercio la superficie che ora essi occupano sulla riva occidentale.

L a Compagnia dei Canale di Mangaleh ha scavato un profondo canale attraverso la laguna, in modo da poter mantenere un servizio di F e rry

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