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Analisi Matematica II

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Academic year: 2021

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Testo completo

(1)

per Ingegneria Informatica

”E’ molto semplice essere felici, ma è molto difficile essere semplici."

Rabindranath Tagore (1861-1941)

di Roberto Tauraso

a cura di Massimiliano Pompegnani

(2)
(3)

1 Integrali multipli 5

1.1 Integrali doppi su rettangoli . . . . 5

1.2 Integrali doppi su insiemi generali . . . . 7

1.3 Domini semplici e formule di riduzione . . . . 8

1.4 Cambiamento di variabili . . . . 13

1.5 Integrali tripli . . . . 24

1.6 Cambiamenti di variabile negli integrali tripli . . . . 29

1.7 Applicazioni in geometria e in fisica . . . . 36

1.8 Esercizi e prove d’esame . . . . 45

2 Integrali curvilinei 139 2.1 Curve nel piano e rappresentazioni parametriche . . . . 139

2.2 Integrali curvilinei del primo tipo . . . . 141

2.3 Curve equivalenti . . . . 145

2.4 Forme differenziali lineari in R

2

. . . . 146

2.5 Insiemi connessi. Forme differenziali esatte . . . . 149

2.6 Forme differenziali chiuse. Il teorema di Gauss-Green. . . . . 152

2.7 Forme differenziali in insiemi non semplicemente connessi . . . . 158

2.8 Costruzione della funzione potenziale . . . . 161

2.9 Esercizi e prove d’esame . . . . 165

A Simmetrie e quadriche 215 A.1 Rappresentazione e proprietà degli insiemi nel piano . . . . 215

A.2 Quadriche . . . . 221

3

(4)

Integrali curvilinei

2.1 Curve nel piano e rappresentazioni parametriche

Una curva piana è una funzione γ : I → R

2

dove I = [a, b] è un intervallo di R :

t ∈ [a, b] 7→ (x(t), y(t)) ∈ R

2

.

Una curva si dice chiusa se I = [a, b] e si ha γ(a) = γ(b), mentre si dice semplice se γ è iniettiva. Il sostegno della curva γ è l’insieme

{(x(t), y(t)) : t ∈ I} .

Figura 2.1: Esempi di curve.

Le frecce sui sostegni delle curve indicano il verso di percorrenza della curva al varia- re del parametro t ∈ I. E’ naturale quindi considerare per le curve delle rappresentazioni parametriche, ossia delle equazioni della forma

γ(t) =

( x(t) = f (t)

y(t) = g(t) , t ∈ [a, b] (2.1)

le equazioni (2.1) sono chiamate equazioni parametriche della curva (o curva in forma para- metrica). La figura che si ottiene nel piano xy dal punto iniziale γ(a) al punto finale γ(b) è chiamata sostegno della curva parametrica (ma a volte lo si chiama, con abuso di linguaggio, curva). La variabile t è infine chiamata il parametro. Le funzioni f e g sono le funzioni coordinate e si dice che f e g parametrizzano la curva γ. Vediamo alcuni esempi

139

(5)

Esempio 2.1. Consideriamo la curva definita dalle equazioni parametriche seguenti:

γ(t) =

(x(t) = 2 + t

y(t) = 1 − 2t , t ∈ R

essa rappresenta una retta in forma parametrica. Eliminando il parametro t si trova l’equazione cartesiana canonica:

t = x + 2 ⇒ y = 1 − 2(x − 2) = 5 − 2x.

Se si fa variare il parametro t ∈ [0, 1/2] il sostegno corrispondente è dato dal segmento che unisce i punti (2, 1) e (5/2, 0).

Esempio 2.2. Consideriamo la curva definita dalle equazioni parametriche seguenti:

γ(t) =

(x(t) = a cos t

y(t) = b sin t , t ∈ [0, 2π)

per a, b > 0, essa rappresenta un’ellisse in forma parametrica di equazione cartesiana canonica:

x2 a2 +y2

b2 = 1.

In particolare, se a = b si ottiene evidentemente l’equazione parametrica della circonferenza.

Esempio 2.3. Consideriamo la funzione f (x) = 1 − x2, allora la curva

γ(t) =

(x(t) = t

y(t) = 1 − t2 , t ∈ [−1, 3/2]

ha come sostegno l’arco di parabola rappresentato in figura. In questo caso la funzione g(t) nella (2.1) è uguale a t. Così le equazio- ni parametriche del grafico di una funzione f : [a, b] → R possono essere espresse nella forma

γ(t) =

(x(t) = t

y(t) = f (t) , t ∈ [a, b].

Evidentemente una curva espressa dal grafico di una funzione non è mai chiusa ed è sempre semplice.

Una curva γ si dice regolare se le componenti x(t) e y(t) sono derivabili con derivate con- tinue in [a, b] e si ha

γ

0

(t) = x

0

(t), y

0

(t) 6= (0, 0), ∀ t ∈ [a, b]. (2.2) Il vettore definito da (2.2) si chiama vettore tangente.

Inoltre se γ

0

(t

0

) 6= (0, 0) allora la retta tangente alla curva nel punto γ(t

0

) è data da

( x = x(t

0

) + x

0

(t

0

)(t − t

0

)

y = y(t

0

) + y

0

(t

0

)(t − t

0

) , t ∈ R.

(6)

2.2 Integrali curvilinei del primo tipo

Sia f : Ω ⊆ R

2

→ R una funzione continua nell’aperto Ω di R

2

e sia inoltre γ : [a, b] → Ω una curva regolare e semplice

γ(t) = (x(t), y(t)) , t ∈ [a, b].

Allora l’integrale curvilineo di f lungo γ è definito come Z

γ

f ds = Z

b

a

f (x(t), y(t)) · kγ

0

(t)k dt, (2.3)

dove kγ

0

(t)k è la norma del vettore tangente, ossia kγ

0

(t)k =

q

(x

0

(t))

2

+ (y

0

(t))

2

.

La funzione f si dice integrabile lungo γ se l’integrale corrispondente è finito. Se f (x, y) ≥ 0 lungo γ si può interpretare l’integrale di f lungo γ come l’area della superficie

(x, y, z) ∈ R

3

: x = x(t), y = y(t), z ∈ [0, f (x(t), y(t))] , t ∈ [a, b] .

Figura 2.2: Interpretazione geometrica di Z

γ

f ds.

Inoltre se la funzione f ≡ 1, la (2.3) rappresenta la lunghezza della curva γ :

|γ| = Z

γ

ds = Z

b

a

0

(t)k dt = Z

b

a

q

(x

0

(t))

2

+ (y

0

(t))

2

dt. (2.4)

(7)

Dalla definizione di integrale curvilineo segue facilmente che se γ è una curva regolare definita da γ : [a, b] → Ω ⊆ R

2

e f, g : Ω → R sono funzioni continue risulta

Z

γ

(αf + βg) ds = α Z

γ

f ds + β Z

γ

g ds, ∀ α, β ∈ R, (2.5)

Z

γ

f ds ≤ Z

γ

g ds, se f ≤ g ∈ Ω, (2.6)

Z

γ

f ds

≤ Z

γ

|f | ds ≤ |γ| max

|f |. (2.7)

Inoltre se γ : [a, b] → R

2

si spezza nell’unione delle due curve regolari γ

1

: [a, c] → R

2

, γ

2

: [c, b] → R

2

, con a < c < b, si ha

Z

γ

f ds = Z

γ1

f ds + Z

γ2

f ds. (2.8)

Esempio 2.4. Calcoliamo la lunghezza della circonferenza di raggio R ≥ 0. Le coordinate parametriche sono

γ(t) =

(x(t) = R cos t

y(t) = R sin t , t ∈ [0, 2π) e il vettore tangente ha componenti

γ0(t) =

(x0(t) = −R sin t y0(t) = R cos t . Allora applicando la (2.4) si ottiene:

|γ| = Z b

a

0(t)k dt = Z

0

q

(−R sin t)2+ (R cos t)2 dt = Z

0

q

R2(sin2t + cos2t) dt = R Z

0

dt = 2πR.

Si può osservare che per il calcolo della lunghezza dell’ellisse di semiassi a e b, si ottiene Z

0

q

(−a sin t)2+ (b cos t)2 dt = Z

0

pa2sin2t + b2cos2t dt, che è un integrale ellittico non calcolabile con tecniche elementari.

Esempio 2.5. Calcoliamo la lunghezza della curva γ data dal grafico della funzione f (x) =r x

3(1 − x), x ∈ [0, 1].

Le equazioni parametriche sono

γ(t) =

(x(t) = t

y(t) =pt/3(1 − t) , t ∈ [0, 1]

e quindi il vettore tangente ha componenti

γ0(t) =

x0(t) = 1 y0(t) = 1 − 3t

2√ 3√

t .

Applicando allora la (2.4) si ottiene:

|γ| = Z b

a

0(t)k dt = Z 1

0

p12t + (1 − 6t + t2) 2√

3√

t dt =

Z1 0

1 + 3t 2√

3√

t dt = 1 2√ 3

Z 1 0

√1 t dt + 3

Z 1 0

√t dt



= 1

2√ 3

h 2√

ti1

0+ 3 t3/2 3/2

1

0

!

= 2

√3.

(8)

Esempio 2.6. Calcolare l’integrale

Z

γ

f ds, dove f (x, y) = xy sin y

√1 + x2,

e γ è il ramo di parabola

γ(t) =

(x(t) = t

y(t) = t2/2 , t ∈ [0,√ 2π].

Il vettore tangente ha componenti

γ0(t) =

(x0(t) = 1

y0(t) = t da cui kγ0(t)k =p 1 + t2.

Applicando allora la (2.3) si ottiene:

Z

γ

f ds = Z

0

f (x(t), y(t)) · q

(x0(t))2+ (y0(t))2 dt = Z

0

t ·t22· sin(t2/2)

√1 + t2t ·p

1 + t2 dt

u=t22

= Z π

0

u sin u du(P)= [sin u − u cos u]π0 = π.

Una forma particolare che possono avere le equazioni parametriche di una curva piana è quella polare

γ(t) =

( x(t) = ρ(t) cos ϑ(t)

y(t) = ρ(t) sin ϑ(t) , t ∈ [a, b]. (2.9) Osserviamo inoltre che il vettore tangente, derivando rispetto a t, diviene

γ

0

(t) =

( x

0

(t) = ρ

0

(t) · cos (ϑ(t)) − ρ(t) · sin (ϑ(t)) · ϑ

0

(t)

y

0

(t) = ρ

0

(t) · sin (ϑ(t)) + ρ(t) · cos (ϑ(t)) · ϑ

0

(t) , t ∈ [a, b], da cui, sostituendo, si ottiene

0

(t)k = q

(x

0

(t))

2

+ (y

0

(t))

2

= q

0

(t))

2

+ (ρ(t)ϑ

0

(t))

2

.

Esempio 2.7. La spirale logaritmica. Calcolare l’integrale della funzione

f (x, y) = (x2+ y2)2

lungo la spirale logaritmica γ data dalle equazioni polari

γ(t) =

(ρ(t) = ae−t

ϑ(t) = t , t ∈ [0, +∞), a > 0.

Il vettore tangente ha componenti

γ0(t) =

0(t) = −ae−t ϑ0(t) = 1 . Allora avremo

Z

γ

(x2+ y2)2 ds = Z +∞

0

ρ4 q

0(t))2+ (ρ(t)ϑ0(t))2 dt = Z +∞

0

a4e−4t q

(−ae−t)2+ (ae−t)2 dt

= Z +∞

0

a5e−5t

2 dt = a5√ 2 e−5t

−5

+∞

0

= a5√ 2 5 .

(9)

Esempio 2.8. Calcoliamo la lunghezza della cardioide data dalle equazioni parametriche polari

γ(t) =

(ρ(t) = 1 + cos t

ϑ(t) = t , t ∈ [0, 2π).

Quindi il vettore tangente sarà kγ0(t)k =

q

0(t))2+ (ρ(t)ϑ0(t))2

= q

(− sin t)2+ ((1 + cos t) · 1)2

=p

sin2t + 1 + 2 cos t + cos2t

=√ 2√

1 + cos t = 2

cos t 2

 . Pertanto si ha

|γ| = Z

0

2

cos t 2



dt = 4 Z π

0

cos t 2

 dt = 8

 sin t

2

π 0

= 8.

Esempio 2.9. Epicicloidi e ipocicloidi. Consideriamo la famiglia di curve dette epicicloidi definite da

γ(t) =

(x(t) = α cos t − cos (αt) y(t) = α sin t − sin (αt) ,

dove α > 1 è un parametro reale. Se α è un numero intero allora per t ∈ [0, 2π] la curva risulta semplice e chiusa. Calcoliamo la sua lunghezza. Il vettore tangente sarà

γ0(t) =

(x0(t) = −α sin t + α sin (αt) y0(t) = α cos t − α cos (αt) , e quindi, applicando la (2.4), si ottiene:

|γ| = Z b

a

0(t)k dt = Z

0

q

(−α sin t + α sin (αt))2+ (α cos t − α cos (αt))2 dt

= Z

0

p2α2− 2α2sin t sin (αt) − 2α2cos t cos (αt) dt =√ 2α

Z 0

p1 − cos ((α − 1)t) dt

posto (α − 1)t = s, dt = ds (α − 1) ⇒

√2α (α − 1)

Z 2π(α−1) 0

√1 − cos s ds =√ 2α

Z 0

√1 − cos s ds

= 2α Z

0

sins

2



ds = 4α Zπ

0

sins 2



ds = 8αh

− coss 2

iπ 0

= 8α.

Figura 2.3:

Epicicloidi rispettivamente per α = 2, α = 4 e α = 12 (i lobi sono α − 1).

La famiglia di curve dette ipocicloidi sono definite con delle equazioni simili

γ(t) =

(x(t) = α cos t − cos (αt) y(t) = α sin t + sin (αt) .

(10)

Se α è un numero intero allora per t ∈ [0, 2π] la curva risulta semplice e chiusa. Il calcolo della sua lunghezza è molto simile al precedente e il risultato finale è lo stesso.

|γ| = Z b

a

0(t)k dt = Z

0

q

(−α sin t + α sin (αt))2+ (α cos t + α cos (αt))2 dt

= Z

0

p2α2− 2α2sin t sin (αt) + 2α2cos t cos (αt) dt =√ 2α

Z 0

p1 + cos ((α + 1)t) dt

posto (α + 1)t = s, dt = ds (α + 1) ⇒

√2α (α + 1)

Z 2π(α+1) 0

√1 + cos s ds =√ 2α

Z 0

√1 + cos s ds

= 2α Z

0

coss

2



ds = 4α Z π

0

coss 2



ds = 8αh sins

2

iπ 0

= 8α.

Figura 2.4:

Ipocicloidi rispettivamente per α = 2, α = 5 e α = 12 (i lobi sono α + 1).

2.3 Curve equivalenti

Due curve γ

1

: I

1

→ R

2

e γ

2

: I

2

→ R

2

si dicono equivalenti se la funzione ϕ : I

1

→ I

2

, biunivoca, derivabile con derivata continua in I

2

e tale che ϕ

0

(t) 6= 0 in I

2

per cui

γ

1

(ϕ(t)) = γ

2

(t), ∀t ∈ I

2

.

Due curve equivalenti hanno lo stesso sostegno e lo stesso verso di percorrenza se ϕ

0

> 0 oppure verso opposto se ϕ

0

< 0. Ad esempio

γ

1

(t) = (cos t, sin t) , t ∈ [0, 2π], γ

2

(t) = (cos 2t, sin 2t) , t ∈ [0, π]

sono equivalenti e sono due parametrizzazioni diverse della circonferenza di centro l’origine e raggio unitario percorse nello stesso verso, mentre

γ

3

(t) = (cos(−t), sin(−t)) , t ∈ [0, 2π]

è equivalente alle due parametrizzazioni precedenti, ma percorsa nel verso opposto. Per l’in- tegrale di linea di prima specie vale un risultato di invarianza per cambi di parametrizzazioni espresso dal seguente risultato.

Teorema 2.1. (Invarianza per parametrizzazioni)

L’integrale curvilineo di prima specie lungo γ è invariante per parametrizzazioni equiva- lenti ed anche per cambiamento di orientazione su γ, ossia

Z

γ1

f ds = Z

γ2

f ds.

(11)

Come applicazione del teorema precedente proviamo a calcolare il centro di massa di una curva. Sia γ : [a, b] → R

2

una curva lungo la quale sia distribuita della massa con densità lineare δ(x, y) allora il centro di massa (¯ x, ¯ y) è dato da

¯ x =

Z

γ

x · δ(x, y) ds Z

γ

δ(x, y) ds

, y = ¯ Z

γ

y · δ(x, y) ds Z

γ

δ(x, y) ds .

Calcoliamo il centro di massa di una semicirconferenza omogenea, con densità δ(x, y) = 1 , e di raggio R. Svolgiamo il calcolo usando due parametrizzazioni diverse

γ

1

(t) =

( x(t) = R cos t

y(t) = R sin t , t ∈ [0, π], γ

2

(t) =

( x(t) = Rt y(t) = R √

1 − t

2

, t ∈ [−1, 1].

Le norme dei vettori tangenti saranno

10

(t)k = q

(−R sin t)

2

+ (−R cos t)

2

= R, kγ

20

(t)k = R s

(1)

2

+

 t

√ 1 − t

2



2

= R

√ 1 − t

2

. Allora dopo aver osservato che per simmetria avremo ¯ x = 0, calcoliamo la coordinata ¯ y usando le due parametrizzazioni:

¯ y =

Z

γ1

y ds Z

γ1

ds

= 1

1

| Z

π

0

R sin t · kγ

10

(t)k dt = 1 πR

Z

π 0

R

2

sin t dt = R

2

πR [− cos t]

π0

= 2R π ,

¯ y =

Z

γ2

y ds Z

γ2

ds

= 1

2

| Z

1

−1

R p

1 − t

2

· kγ

02

(t)k dt = 1 πR

Z

1

−1

R p

1 − t

2

· R

1 − t

2

dt = 2R π .

2.4 Forme differenziali lineari in R

2

Sia F : Ω → R

2

un campo vettoriale in Ω aperto di R

2

F (x, y) = (A(x, y), B(x, y))

con componenti A(x, y), B(x, y) continue. Ad ~ F associamo l’espressione formale ω(x, y) = A(x, y)dx + B(x, y)dy

detta forma differenziale di coefficienti A(x, y) e B(x, y). Notiamo subito che l’insieme delle forme differenziali costituisce uno spazio vettoriale sul campo R rispetto alla somma e alla moltiplicazione per un numero reale così definite:

ω

1

+ ω

2

= (A

1

+ A

2

) dx + (B

1

+ B

2

) dy, λω = λA(x, y)dx + λB(x, y)dy,

(12)

dove

ω

1

(x, y) = A

1

(x, y)dx + B

1

(x, y)dy, ω

2

(x, y) = A

2

(x, y)dx + B

2

(x, y)dy.

Sia γ : [a, b] → Ω ⊆ R

2

una curva regolare e semplice definita da γ(t) = (x(t), y(t)) con t ∈ [a, b]. Allora l’integrale curvilineo di ~ F lungo γ è definito come

Z

b a

A (x(t), y(t)) · x

0

(t) + B (x(t), y(t)) · y

0

(t) 

dt. (2.10)

I simboli usati per indicarlo sono Z

γ

ω(x, y), Z

γ

D ~ F , d~ γ E

, I

γ

ω(x, y),

dove l’ultimo simbolo è utilizzato in particolare quando la curva γ è chiusa. Se ~ F rappresenta un campo di forze piano allora il suo integrale curvilineo lungo γ rappresenta il lavoro compiuto da ~ F per muoversi da γ(a) a γ(b) lungo γ.

Esempio 2.10. Sia F (x, y) = (−y, x) un campo vettoriale e consideriamo le due curve γ1e γ2 che partono da (0, 1) e arrivano a (0, −1) parametrizzate come segue:

γ1(t) =

(x(t) = 1 − t

y(t) = −t , γ2(t) =

(x(t) = cos t y(t) = sin t .

t ∈ [0, 1] t ∈ [0, 3π/2]

Utilizzando la (2.10) si ottiene Z

γ1

D ~F , d~γE

= Z 1

0

(t)(1 − t)0+ (1 − t)(−t)0 dt = −

Z 1 0

dt = −1,

Z

γ2

D ~F , d~γ E

= Z 3π/2

0

(− sin t)(cos t)0+ (cos t)(sin t)0 dt

= Z 3π/2

0

sin2t) + cos2t

dt =3π 2 .

In questo caso, vista la semplicità del campo vettoriale, possiamo anche rappresentarlo graficamente: per ogni punto (x, y), il vettore applicato (−y, x) è ortogonale alla retta passante per i punti (0, 0) e (x, y) e di lunghezza uguale alla distanza di (x, y) da (0, 0). Con queste osservazioni è immediato concludere che

Z

γ

D ~F , d~γE

= 0,

se γ è un segmento lungo una retta passante per (0, 0). In que- sto caso infatti i vettori sono ortogonali e quindi il loro prodotto scalare è nullo.

Esempio 2.11. Rappresentare graficamente il campo vettoriale

F (x, y) = − x

(x2+ y2)3/2, − y (x2+ y2)3/2

!

, ∀ (x, y) ∈ R2\{(0, 0)},

e calcolare l’integrale curvilineo di ~F lungo γ = γ1∪ γ2∪ γ3 da (2, 0) a (0, 1). Per disegnare il campo vettoriale si può osservare che la norma k ~F k è pari a

kF (x, y)k = v u u

t − x

(x2+ y2)3/2

!2

+ − y

(x2+ y2)3/2

!2

= 1

x2+ y2,

(13)

ossia la distanza dall’origine del campo vettoriale diminuisce con il reciproco della distanza. Infatti ~F giace lungo la retta passante per (0, 0) e (x, y) e punta verso l’origine. Per calcolare ora l’integrale lungo γ di ~F

parametrizziamo i rami che compongono la curva come segue:

γ1(t) =

(x(t) = t

y(t) = 0 , t ∈ [2, 3], γ2(t) =

(x(t) = 3 cos t

y(t) = 3 sin t , t ∈ [0, π/2], γ3(t) =

(x(t) = 0

y(t) = t , t ∈ [3, 1].

Utilizzando la (2.10) si ottiene Z

γ1

D ~F , d~γ1

E

= Z 3

2

−1

t2 dt = 1 t

3 2

dt =1 3−1

2= −1 6,

Z

γ2

D ~F , d~γ2

E

= 0, poichè ~F è ortogonale a ~γ20,

Z

γ3

D ~F , d~γ3

E

= Z 1

3

−1

t2 dt = 1 t

1 3

dt = 1 −1 3 =2

3. Quindi Z

γ

D ~F , d~γ E

= −1

6+ 0 +2 3= 1

2.

A differenza dell’integrale curvilineo del primo tipo, l’integrale curvilineo del secondo tipo dipende dal verso in cui viene percorso il sostegno della curva γ. Se indichiamo con γ

la curva equivalente a γ, ma orientata nel verso opposto, dalla definizione (2.10) risulta

Z

γ

ω(x, y) = − Z

γ

ω(x, y).

Inoltre se spezziamo γ nelle curve regolari

γ

k

: [t

k−1

, t

k

] → Ω ⊂ R

2

,

con a = t

0

< t

1

< t

2

< · · · < t

n

= b e γ

k

(t) = γ(t) in [t

k−1

, t

k

] per ogni k = 1, 2, . . . , n, applicando la (2.8) otteniamo

Z

γ

ω(x, y) = Z

γ1

ω(x, y) + Z

γ2

ω(x, y) + · · · + Z

γn

ω(x, y).

Analogamente, dalla (2.5) si deduce che se ω

1

(x, y) e ω

2

(x, y) sono due forme differenziali continue nell’aperto Ω ⊂ R

2

e α, β ∈ R allora

Z

γ

αω

1

(x, y) + βω

2

(x, y) = α Z

γ

ω

1

(x, y) + β Z

γ

ω

2

(x, y).

Infine dalla (2.5) segue che Z

γ

ω(x, y)

≤ |γ| max

γ

p A

2

(x, y) + B

2

(x, y),

dove |γ| al solito indica la lunghezza della curva.

Esempio 2.12. Sia F (x, y) = (y2, 2xy) e calcoliamo

Z

γ

D ~F , d~γE ,

lungo tre curve che vanno da (0, 0) a (1, 1) parametrizzate nel seguente modo

γ1(t) =

(x(t) = t

y(t) = t2 t ∈ [0, 1], γ2(t) =

(x(t) = t

y(t) = t t ∈ [0, 1], γ3(t) =

(x(t) = 0

y(t) = t t ∈ [0, 1] ∪

(x(t) = t

y(t) = 1 t ∈ [0, 1].

(14)

Applicando la (2.10) si ottiene:

Z

γ1

D ~F , d~γ1

E

= Z 1

0

t4· 1 + 2t3· 2t

dt =t51

0= 1, Z

γ2

D ~F , d~γ2

E

= Z 1

0

t2· 1 + 2t2· 1

dt =t31

0= 1, Z

γ3

D ~F , d~γ3

E

= Z 1

0

t2· 0 + 0 · 0 dt +

Z 1 0

(1 · 1 + 2t · 0) dt = 1.

In questo caso i tre calcoli hanno dato lo stesso risultato. Se definiamo la curva chiusa γ = γ1∪ γ2, dove γ2 è la curva γ2 con orientazione opposta, possiamo dire che

Z

γ

D ~F , d~γ E

= Z

γ1

D ~F , d~γ1

E +

Z

γ2

D ~F , d~γ2

E

= Z

γ1

D ~F , d~γ1

E

− Z

γ2

D ~F , d~γ2

E

= 1 − 1 = 0.

2.5 Insiemi connessi. Forme differenziali esatte

Presentiamo alcune definizioni preliminari.

Definizione 2.1. (Insieme connesso per archi)

Un insieme S ⊂ R

2

aperto si dice connesso (per archi) se per ogni unto P e Q di S esiste una curva γ : [a, b] → S tale che γ(a) = P e γ(b) = Q.

Due esempi sono riportati in figura.

Figura 2.5:

{x2+ y2≥ 1} è connesso.

Figura 2.6:

{|x| ≥ 1} non è connesso.

Sia Ω un insieme aperto connesso di R

2

e ω(x, y) una forma differenziale con le componenti A(x, y) e B(x, y) continue in Ω.

Definizione 2.2. (Forma esatta)

Diremo che ω(x, y) è esatta in Ω se esiste una funzione U : Ω → R differenziabile, detta funzione potenziale o primitiva, con le derivate continue tale che

∂U

∂x (x, y) = A(x, y), ∂U

∂y (x, y) = B(x, y), ∀ (x, y) ∈ Ω. (2.11)

Si intuisce che il problema posto non ammetterà sempre soluzione, cioè non sempre la forma differenziale ω(x, y) sarà esatta, perciò di seguito daremo delle condizioni sufficienti affinché tale forma sia esatta.

Teorema 2.2.

Sia Ω ⊂ R

2

un aperto connesso. Se la forma differenziale ω(x, y) è esatta in Ω allora

ammette infinite funzioni potenziali, ossia U (x, y) = G(x, y) + k, k ∈ R.

(15)

Dimostrazione.Infatti se U (x, y) è una funzione potenziale (primitiva) di ω(x, y) allora ovviamente anche U (x, y) + klo è. Viceversa, se G(x, y) è un’altra funzione potenziale (primitiva) di ω(x, y) in Ω diversa da U (x, y),essendo ω(x, y) esatta per ogni punto di Ω si ha

∂U

∂x(x, y) = A(x, y), ∂U

∂y(x, y) = B(x, y) e ∂G

∂x(x, y) = A(x, y), ∂G

∂y(x, y) = B(x, y),

da cui sottraendo membro a membro e usando la linearità dell’operazione di derivazione si ha

∂U

∂x(x, y) −∂G

∂x(x, y) =∂(U − G)

∂x (x, y) = 0, e ∂U

∂y(x, y) −∂G

∂y(x, y) =∂(U − G)

∂y (x, y) = 0.

La funzione (U − G)(x, y) è continua e avendo le derivate parziali prime nulle in ogni punto di Ω è necessariamente costante, cioè risulta U (x, y) − G(x, y) = k, k ∈ R, che è quanto volevamo.

Riassumendo, quando la forma differenziale è esatta, la sua funzione potenziale (o primi- tiva) è determinata a meno di una costante additiva arbitraria. Il seguente teorema riporta una caratterizzazione delle forme differenziali esatte

Teorema 2.3. (Caratterizzazione delle forme esatte) Sia Ω ⊂ R

2

un aperto connesso. Allora

i) se ω(x, y) è esatta, per ogni curva γ regolare contenuta in Ω, vale la formula Z

γ

ω(x, y) = U (γ(b)) − U (γ(b)), (2.12)

ovvero l’integrale di ω(x, y) lungo γ dipende solo dal punto iniziale e dal punto finale della curva γ;

ii) ω(x, y) è esatta se e solo se per ogni curva chiusa γ regolare contenuta in Ω, si ha I

γ

ω(x, y) = 0, ∀ γ ∈ Ω. (2.13)

Dimostrazione. i).Assumiamo per ipotesi che ω(x, y) sia esatta; allora in tale ipotesi per ogni curva γ de- finita da [a, b] → Ω si ha

Z

γ

ω(x, y) = Z b

a

 ∂U

∂x(x, y) · x0(t) +∂U

∂y(x, y) · y0(t)

 dt

= Z b

a

d [U (x(t), y(t))]

dt dt = [U (x(t), y(t))]ba

= U (γ(b)) − U (γ(a)) .

Questo significa che l’integrale di ω(x, y) lungo γ dipende solo dal pun- to iniziale e finale e non dalla particolare curva in Ω che li congiunge, pertanto la i) è dimostrata. ii) Dimostriamo la prima implicazione, ossia supponiamo che la forma ω(x, y) sia esatta. Allora fissata ad arbitrio una curva chiusa regolare γ e si scelgano su di essa due punti distinti P e Q.

Diciamo γ1 e γ2i due archi determinati su γ da detti punti e orientati da P a Q. Allora

Z

γ1

ω(x, y) = Z

γ2

ω(x, y) ossia Z

γ1

ω(x, y) + Z

γ2

ω(x, y) = 0,

che è quanto volevamo.

(16)

Dimostriamo l’implicazione inversa, supponiamo cioè che per ipotesi si abbia Z

γ1

ω(x, y) = Z

γ2

ω(x, y), ∀ γ1, γ2∈ Ω,

con gli stessi punti iniziali e finali e dimostriamo che ω(x, y) è esatta. Fissiamo un punto (x0, y0) ∈ Ωe definiamo una funzione U (x, y) nel seguente modo

U (x, y) = Z

γ

ω(x, y),

dove γ è una qualunque curva in Ω che parte da (x0, y0)e arri- va a (x, y). Tale funzione è ben definita poiché per ipotesi Ω è aperto connesso e quindi esiste almeno una curva che congiun- ge (x0, y0)e (x, y). Inoltre per la (2.12) il valore dell’integrale di ωnon dipende dalla particolare scelta della curva. In tal modo si ha

U (x, y) = Z

γ

ω(x, y), e U (x + h, y) = Z

γ∪γh

ω(x, y) = Z

γ

ω(x, y) + Z

γh

ω(x, y),

dove γhè una curva contenuta in Ω da (x, y) a (x + h, y) ossia γh= (x + t, y), t ∈ [0, h]. Si noti che h è scelto in modo che il sostegno della curva γh, un segmento, sia completamente contenuto in Ω. Quindi si ha

U (x + h, y) − U (x, y)

h =1

h Z

γh

ω(x, y) = 1 h

Zh t=0

A(x + t, y)dt(∗)= A(x + th, y), per qualche th∈ [0, h],

dove in (∗) si è usato il teorema della media integrale. Passando al limite per h → 0 abbiamo che th→ 0, e così, per la continuità di A(x, y), si ottiene

∂U

∂x(x, y) = lim

h→0

U (x + h, y) − U (x, y)

h = lim

h→0A(x + th, y) = A(x, y).

In modo del tutto simile si dimostra che ∂U/∂y = B(x, y), ossia ω(x, y) è esatta ed ha U (x, y) come funzione potenziale associata.

Da quanto detto il teorema precedente si può riformulare nel modo seguente.

Condizione necessaria e sufficiente affinché ω sia esatta in un aperto connesso Ω ⊆ R

2

è che sia nullo l’integrale di ω(x, y) lungo una qualunque curva chiusa regolare in Ω.

L’osservazione precedente è utile per determinare se una forma differenziale non è esatta.

Consideriamo la forma

ω(x, y) = − y

x

2

+ y

2

dx + x x

2

+ y

2

,

definita in Ω = {(x, y) ∈ R

2

: (x, y) 6= (0, 0)} e verifichiamo che non è esatta. Infatti se γ è la curva chiusa data dalla circonferenza parametrizzata da γ(t) = (R cos t, R sin t) , con t ∈ [0, 2π], R > 0, si ha che

I

γ

ω = Z

0



− R sin t

R

2

· (R cos t)

0

+ R cos t

R

2

· (R sin t)

0



dt = 2π 6= 0,

e ciò mostra che la forma ω(x, y) non può essere esatta in Ω, poiché l’integrale lungo la curva

chiusa γ non è 0.

(17)

2.6 Forme differenziali chiuse. Il teorema di Gauss-Green.

Le osservazioni precedenti mettono in particolare rilievo l’importanza di sapere a priori l’e- sattezza della forma differenziale in esame, e la difficoltà nel riconoscerne l’esattezza sta nella determinazione della funzione potenziale U (x, y). Dunque è essenziale dare delle condizioni sufficienti. Cominciamo con la seguente definizione.

Definizione 2.3. (Forma chiusa)

Sia Ω un aperto di R

2

e ω(x, y) = A(x, y)dx + B(x, y)dy una forma differenziale con le componenti A, B ∈ C

1

(Ω) . Diciamo che ω(x, y) è chiusa quando

∂A

∂y (x, y) = ∂B

∂x (x, y), ∀ (x, y) ∈ Ω. (2.14)

Vale la seguente condizione necessaria.

Teorema 2.4.

Siano Ω un aperto di R

2

e ω(x, y) una forma differenziale di classe C

1

(Ω) . Se ω è esatta allora ω(x, y) è chiusa.

Dimostrazione.Si tratta di dimostrare che vale l’uguaglianza (1.14). Per ipotesi poiché ω(x, y) è esatta, esisterà una funzione potenziale U (x, y) tale che

∂U

∂x(x, y) = A(x, y), ∂U

∂y(x, y) = B(x, y), ∀ (x, y) ∈ Ω.

Allora derivando A(x, y) rispetto ad y e B(x, y) rispetto ad x si ha

∂A

∂y(x, y) =

∂y

 ∂U

∂x(x, y)



= 2U

∂y∂x(x, y), ∂B

∂x(x, y) =

∂x

 ∂U

∂y(x, y)



= 2U

∂x∂y(x, y).

Siccome ω(x, y) è di classe C1(Ω)avremo che U (x, y) è di classe C2(Ω). Pertanto le derivate secondo miste sono continue in Ω e per il teorema di Schwarz,

2U

∂y∂x(x, y) = 2U

∂x∂y(x, y),

e ciò dimostra che vale l’uguaglianza (2.14).

A questo punto nasce spontaneamente la domanda: ogni forma chiusa è esatta? Purtroppo la risposta in generale è negativa. Per dare una risposta completa alla nostra domanda, introduciamo una nuova definizione topologica e successivamente presentiamo il teorema di Gauss-Green, che collega l’integrale curvilineo di una forma differenziale lungo una curva chiusa ad un integrale doppio sul dominio delimitato dalla stessa curva.

Definizione 2.4. (Insieme semplicemente connesso)

Un insieme aperto connesso Ω ⊆ R

2

si dice semplicemente connesso se ogni curva regolare,

semplice e chiusa contenuta in Ω è la frontiera di un insieme limitato D interamente

contenuto in Ω.

(18)

Dalla figura seguente si può osservare che ogni insieme semplicemente connesso è eviden- temente connesso, e ogni insieme con uno o più "buchi" non è semplicemente connesso.

Figura 2.7: Insieme connesso. Figura 2.8: Insieme semplicemente connesso.

Teorema 2.5 (Gauss-Green nel piano)

Sia D ⊆ R

2

un dominio semplice sia rispetto ad x sia rispetto ad y. Sia ω(x, y) = A(x, y)dx + B(x, y)dy

una forma differenziale di classe C

1

(Ω) con D ⊂ Ω aperto. Allora vale la formula di Gauss-Green

I

∂D+

A(x, y)dx + B(x, y)dy = Z Z

D

 ∂B

∂x (x, y) − ∂A

∂y (x, y)



dxdy (2.15)

dove ∂D

+

indica la curva chiusa che ha per sostegno la frontiera di D percorsa in senso antiorario.

Dimostrazione.Consideriamo inizialmente un dominio D semplice rispetto all’asse x, ossia del tipo

D =(x, y) ∈ R2: y ∈ [c, d], x ∈ [ψ1(y), ψ2(y)] ,

con ψ1(y), ψ2(y) funzioni continue. Consideriamo la forma differenziale B(x, y)dy e dimostriamo che

Z Z

D

∂B

∂x(x, y) dxdy = I

∂D+

B(x, y)dy. (A)

A tale scopo calcoliamo prima l’integrale doppio e l’integrale curvilineo separatamente e poi verifichiamo che siano uguali.

Z Z

D

∂B

∂x(x, y) dxdy = Z d

y=c

Z ψ2(y) x=ψ1(y)

∂B

∂x(x, y) dx

! dy =

Zd y=c

[B(x, y)]ψx=ψ2(y)

1(y)dy = Z d

c

[B (ψ2(y), y) − B (ψ1(y), y)] dy.

Per l’integrale curvilineo, parametrizziamo il bordo ponendo

(1) :

(x(t) = ψ2(t)

y(t) = t , (2) :

(x(t) = t

y(t) = d , (3) :

(x(t) = ψ1(t)

y(t) = t , (4) :

(x(t) = t y(t) = c , t ∈ [ψ1(c), ψ2(c)] t ∈ [c, d] t ∈ [ψ1(d), ψ2(d)] t ∈ [d, c]

(19)

e applicando la (1.10) otteniamo I

∂D+

B(x, y)dy = Z ψ2(c)

ψ1(c)

B (t, c) · (c)0dt + Zd

c

B (ψ2(c), t) · (t)0dt + Zψ1(d)

ψ2(d)

B (t, d) · (d)0 dt + Z c

d

B (ψ1(t), t) · (t)0dt

= 0 + Zd

c

B (ψ2(c), t) dt + 0 + Z c

d

B (ψ1(t), t) dt = Zd

c

B (ψ2(c), t) dt − Z d

c

B (ψ1(t), t) dt

= Z d

c

[B (ψ2(c), t) − B (ψ1(t), t)] dt.

Pertanto confrontando i risultati si perviene alla (A). Conside- riamo ora un dominio D semplice rispetto all’asse y, ossia del tipo

D =(x, y) ∈ R2: x ∈ [a, b], y ∈ [ϕ1(x), ϕ2(x)] ,

con ϕ1(x), ϕ2(x) funzioni continue e consideriamo la forma differenziale con A(x, y)dx. e dimostriamo che

Z Z

D

∂A

∂y(x, y) dxdy = I

∂D+

A(x, y)dx. (B)

Calcoliamo allora come prima l’integrale doppio e l’integrale curvilineo separatamente e poi verifichiamo l’uguaglianza.

Z Z

D

∂A

∂x(x, y) dxdy = − Z b

x=a

Zϕ2(x) y=ϕ1(x)

∂A

∂x(x, y) dy

! dx = −

Z b x=a

[A(x, y)]ϕy=ϕ2(x)

1(x)dx

= − Z b

a

[A (x, ϕ2(x)) − A (x, ϕ1(x))] dx = Z b

a

[A (x, ϕ1(x)) − A (x, ϕ2(x))] dx.

Per l’integrale curvilineo, parametrizziamo il bordo ponendo

(1) :

(x(t) = t

y(t) = ϕ1(t) , (2) :

(x(t) = b

y(t) = t , (3) :

(x(t) = t

y(t) = ϕ2(t) , (4) :

(x(t) = a y(t) = t , t ∈ [a, b] t ∈ [ϕ1(b), ϕ2(b)] t ∈ [b, a] t ∈ [ϕ2(a), ϕ1(a)]

e applicando la (1.10) otteniamo I

∂D+

A(x, y)dx = Zb

a

A (t, ϕ1(t)) · (t)0 dt + Z ϕ2(b)

ϕ1(b)

A (b, t) · (b)0 dt + Z a

b

A (t, ϕ2(t)) · (t)0dt + Z ϕ1(a)

ϕ2(a)

A (a, t) · (a)0dt

= Zb

a

A (t, ϕ1(t)) dt + 0 + Za

b

A (t, ϕ2(t)) dt + 0 = Z b

a

A (t, ϕ1(t)) dt − Zb

a

A (t, ϕ2(t)) dt

= Zb

a

[A (t, ϕ1(t)) − A (t, ϕ2(t))] dt.

Pertanto confrontando i risultati si ottiene la (B). Poiché il dominio D è normale rispetto ad entrambi gli assi, valgono sia la (A) che la (B) e quindi sommandole membro a membro si ottiene la tesi.

Esempio 2.13. Calcolare l’integrale lungo la circonferenza di centro (1/2, 0) e raggio 1/2 percorsa in senso antiorario della forma differenziale ω(x, y) = (x − y3)dx + (y3+ x3)dy.

La forma differenziale assegnata è definita in tutto R2, che è un insieme semplicemente connesso. Dato che

∂x(y3+ x3) = 3x26= −3y2= ∂

∂y(x − y3),

ω(x, y) non è chiusa e pertanto non può essere esatta. Per il calcolo dell’integrale si deve quindi procedere per via esplicita, ossia ap- plicando la (2.10), oppure applicando il teorema di Gauss-Green, poiché la curva γ è chiusa ed è il bordo di un dominio normale del piano. Procediamo in entrambi i modi, per evidenziare l’economia dei calcoli.

(20)

1. La circonferenza ha equazione cartesiana (x − 1/2)2+ y2= 1/4, ed equazioni parametriche γ(t) =

(x(t) = 1/2 + 1/2 cos t

y(t) = 1/2 sin t t ∈ [0, 2π]

e applicando la (2.10) si ha I

γ

ω(x, y) = Z

0

"

 1 2+1

2cos t −1 8sin3t



·



−1 2sin t

 +

"

 1 2sin t

3

+ 1 2+1

2cos t

3#

· 1 2cos t

# dt.

A questo punto si può già osservare che il calcolo dell’integrale risulta piuttosto laborioso. Volendo proseguire è opportuno ricordare le formule di bisezione del coseno, ossia:

cos t + 1 = 2 cos2 t 2



, ⇒  1

2+1 2cos t

3

=1

8(1 + cos t)3= cos6 t 2

 , e quindi l’integrale diviene:

I

γ

ω = Z

0



−sin t

4 −sin t cos t

4 +sin4t 16 +1

2cos6 t 2



cos t +sin3t cos t 16

 dt

= −1 4

Z 0

sin t dt −1 4

Z 0

sin t cos t dt + 1 16

Z 0

sin4t dt +1 2

Z 0

cos6 t 2



cos t dt + Z

0

sin3t cos t

16 dt

= −1

4[cos t]0 −1 4

 sin2t 2

 0

+ 1 16

 sin4t 4

 0

+ 16 Z

0

sin4t dt +1 2

Z 0

cos6 t 2

 cos t dt

= 0 + 0 + 0 + 1 16

Z 0

sin4t dt +1 2

Z 0

cos6 t 2



cos t dt = 1 16·3π

4 +1 2·15π

32 = 9π 32. Infatti per il primo dei due integrali, integrando per parti si ottiene

Z 0

sin4t dt = Z

0

sin t · sin3t dt = − Z

0

sin3t d(cos t)(P)= −cos t sin3t

0 + Z

0

cos t d(sin3t)

= 3 Z

0

cos2t sin2t dt = 3 Z

0

(1 − sin2t) sin2t dt = 3 Z

0

sin2t dt − 3 Z

0

sin4t dt,

ricordando che Z

sin2t dt = 1

2(t − sin t cos t) ⇒ 3 1

2(t − sin t cos t)

 0

− 3 Z

0

sin4t dt, Z

0

sin4t dt = 3π − 3 Z

0

sin4t dt ⇒ Z

0

sin4t dt = 3π 4 . Per il secondo, ricordando ancora le formule di bisezione del coseno, abbiamo

Z 0

cos6 t 2



cos t dt = Z

0

r1 + cos t 2

!6

cos t dt = Z

0

 1 + cos t 2

3

cos t dt

=1 8

Z 0

1 + cos3t + 3 cos t + 3 cos2t cos t dt = Z

0

cos t dt

8 +

Z 0

cos4t dt

8 +

Z 0

3 cos2t dt

8 +

Z 0

3 cos3t dt 8

= 1 8· 0 +1

8·3π 4 +3

8· π +3

8· 0 = 15π 32 . 2. Applichiamo il teorema di Gauss-Green. Si tratta di calcolare l’integrale doppio

Z Z

D

 ∂B

∂x(x, y) −∂A

∂y(x, y)



dxdy = 3 Z Z

D

x2+ y2 dxdy

dove D è il dominio definito da D = {(x, y) ∈ R2: (x−1/2)2+y2≤ 1/4}. Conviene effettuare un cambiamento di variabili (una traslazione) ponendo x − 1/2 = u e y = v, con fattore jacobiano di trasformazione uguale a 1, in modo tale che invece di integrare la funzione f (x, y) = x2+ y2 sull’insieme D, integreremo la funzione f (u, v) = (u + 1/2)2+ v2 sull’insieme Φ−1(D) = {(u, v) ∈ R2: u2+ v2≤ 1/4}. Passando allora in coordinate polari, ponendo cioè

u = ρ cos ϑ, v = ρ sin ϑ con ρ ∈ [0, 1/2], ϑ ∈ [0, 2π]

e ricordando il fattore jacobiano di trasformazione ρ dρdϑ, si ha 3

Z Z

D

x2+ y2 dxdy = 3 Z Z

Φ−1(D)

(u + 1/2)2+ v2

dudvΦ(ρ,ϑ)= 3 Z 12

ρ=0

Z ϑ=0

ρ (ρ cos ϑ + 1/2)2+ ρ2sin ϑ dρdϑ

= 3 Z 12

ρ=0

Z ϑ=0

3+ 2ρ2cos ϑ + 1/4ρ)

dρdϑ = 3 2π ρ4 4

12

0

+ 2 ρ3 4

12

0

[sin ϑ]0 +π 4

 ρ2 2

12

0

!

= 3π 32+ π

16



=9π 32.

(21)

Esempio 2.14. Data la forma differenziale ω(x, y) = 2(x2+ y2)dx + (x + y)2dy, calcolare l’integrale di ω(x, y) lungo γ, dove γ è il perimetro del triangolo di vertici (1, 1), (2, 2), (1, 3) percorso in senso antiorario.

La forma differenziale assegnata è definita in tutto R2, che è un in- sieme semplicemente connesso. Si verifica che ω(x, y) non è chiusa, dato che

∂x(x + y)2= 2(x + y) 6= 4y = ∂

∂y2(x2+ y2),

pertanto non può essere esatta. Per il calcolo dell’integrale si deve quindi procedere per via esplicita, ossia applicando la (2.10), oppu- re applicando il teorema di Gauss-Green, poiché la curva γ è chiusa ed è il bordo di un dominio normale del piano. Procediamo anche in questo caso in entrambi i modi per mettere ancora una volta in evidenza quanto a volte sia comodo l’utilizzo del teorema di Gauss-Green invece del calcolo diretto con l’uso della definizione.

1. Consideriamo la curva chiusa γ := γ1∪ γ2∪ γ3e calcoliamo I

γ

ω(x, y) = Z

γ1

ω(x, y) + Z

γ2

ω(x, y) + Z

γ3

ω(x, y).

Parametrizziamo i lati che compongono il triangolo ponendo γ1:

(x(t) = t

y(t) = t , γ2:

(x(t) = t

y(t) = 4 − t , γ3:

(x(t) = 1 y(t) = t .

t ∈ [1, 2] t ∈ [2, 1] t ∈ [3, 1]

Applicando la (2.10) si ha:

Z

γ1

ω(x, y) = Z 2

1

4t2· 1 + 4t2· 1 dt = 8 Z 2

1

t2 dt = 8 t3 3

2 1

= 8 8 3−1

3



=56 3, Z

γ2

ω(x, y) = Z 1

2

2t2+ 2(4 − t)2· 1 + (t + 4 − t)2· (−1) dt = 4 Z 2

1

(t − 2)2 dt = −4 (t − 2)3 3

2

1

= −4 3, Z

γ3

ω(x, y) = Z 1

3

2 t2+ 1) · 0 + (1 + t)2· 1 dt = − Z 3

1

(1 + t)2dt = − (1 + t)3 3

3 1

= −4 64 3 −8

3



= −56 3. Pertanto

I

γ

ω(x, y) =56 3 −4

3−56 3 = −4

3.

2. Applichiamo il teorema di Gauss-Green al triangolo che ha come perimetro la curva γ.

Z Z

D

 ∂B

∂x(x, y) −∂A

∂y(x, y)



dxdy = Z Z

D

2 (x + y) − 4y dxdy = 2 Z Z

D

(x − y) dxdy

= 2 Z 2

x=1

Z 4−x y=x

(x − y) dydx = 2 Z 2

x=1

xy − y24−x

y=x dx = −4 Z 2

x=1

(x − 2)2 dx = −4 (x − 2)3 3

2

1

= −4 3. Esempio 2.15. Data la forma differenziale ω(x, y) = −ydx + xdy, calcolare l’integrale di ω(x, y) lungo γ1 e γ2 che partono da (0, 1) e arrivano a (0, −1) parametrizzate come segue

γ1(t) =

(x(t) = 1 − t

y(t) = −t , γ2(t) =

(x(t) = cos t y(t) = sin t .

t ∈ [0, 1] t ∈ [0, 3π/2];

Abbiamo già visto tramite calcolo diretto nell’esempio 2.11 che il valore di tale integrale risulta

Z

γ

ω(x, y) = Z

γ2∪γ1

ω(x, y) = Z

γ2

ω(x, y) − Z

γ1

ω(x, y) =3π 2 + 1.

Allo stesso risultato si può arrivare attraverso il teorema di Gauss- Green.

Z

γ

ω(x, y) = Z Z

D

 ∂

∂x(x) − ∂

∂y(−y)



dxdy = 2 Z Z

D

dxdy = 2|D| = 2 3π 4 +1

2



=3π 2 + 1.

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