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Cronache Economiche. N.048, 20 Dicembre 1948

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LA M U L T I S U M M A 14

È F I N A L M E N T E L ' A T T E S A A D D I Z I O N A T R I C E E M O L T I P L I C A T R I C E V E L O C E E L E T T R I C A S C R I V E N T E C H E P E R -M E T T E D I L E G G E R E N O N S O L O I L R I S U L T A T O M A A N -C H E I D U E F A T T O R I D E L L A O P E R A Z I O N E , Q U E S T A M A C -C H I N A S F R U T T A N D O I L C A M P O D E I N U M E R I N E G A -T I V I P U Ò E S E G U I R E C O N E S T R E M A R A P I D I T À A N C H E O P E R A Z I O N I C H E E S C O N O D A L L A N O R M A L E A R I T M E T I C A E D A S S I C U R A E C C E -Z I O N A L I S E M P L I F I C A -Z I O N I N E L L A O R G A N I Z Z A Z I O N E D E I S E R V I Z I C O N T A B I L I , A M -M I N I S T R A T I V I , B A N C A R I , S T A T I S T I C I E T E C N I C I

TUTTI I CALCOLI IN UN ATTIMO

o l i v e t - b i

14

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N. 48 20 Dicembre 1948

A

C H I

ECDNO

* ; -II C O N S I G L I O D I R E D A Z I O N E d o t t . A U G U S T O B A R G O N I prof. dott. A R R I G O B O R D I N prof. avv. A N T O N I O C A L A N D R A d o t t . G I A C O M O F R I S E T T I p r o f . d o t t . S I L V I O G O L Z I O p r o f . d o t t . F R A N C E S C O P A L A Z Z I - T R I V E L L I prof. dott. L U C I A N O G I R E T T I D i r e t t o r e H I P s ® d o t t- A U G U S T O B A R G O N I ^ H i m ^ l i i l i ^ l i i l l b C o n d i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e

QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

OMEOPATIA REGIONALE

In un suo bel libro sulla scienza nel mondo

mo-derno, Alfred North Whiitehead scrive che ogni epoca è caratterizzata da alcuni presupposti fondamentali, ammessi inconsciamente da tutti coloro i quali ade-riscono ai sistemi prevalenti nell'epoca stessa. Tali presupposti o dogmi rendono passibile soltanto un certo numero di tipi di sistemi filosofici per ogni singola èra, e lo stesso aivviene anche per il pen-siero e per l'azione nel settore dell'economia.

Ne abbiamo una riprova evidente nella tento di-battuta e attuale questione del regionalismo. L'aspi-ira zion e di nuotiti a un ordinamento ragionate del nostro Paese è, senza dubbio, sorta quale "reazione con-tro il « cencon-tro » della Capitele, perchè esso da anni ormai, a seguito della politicizzazione dell'economia, distribuisce permessi, licenze e favori 'd'ogni genere e desta di 'conseguenza, nel Piemontese o nel Sici-liano, il desiderio — a prima vista tutt'altro ohe in-giustificato e illegittimo — di far 'da sè e di ottenere gl stessi permessi, licenze e favori da un « sottocen-tro » di Torino o di Palermo, senza più dover intra-prendere viaggi a Roma, istruirvi pratiche costose o mantenervi paraninfi di nuova specie, che gli facili-tino i contaitti con la burocrazia imperante.

A mezzo del decentramento economico si crede così di debellare il malie della centralizzazione; ma, se ap-pena 'ci si dà la ap-pena di riflettere un poco, si vede che questa maniera di ragionare è dovuta all'ammis-sione inconscia — del tipo dà quelle rilevate dal Whitehead — di uno dei più catastrofici dogmi domi-nanti nella nostra epoica di decadenza. Ammesso iin-'consciamente ili presupposto di un'economia, non più di mercato', ma diretta, regolata o « controllata » dal-l'autorità politica, pur riconoscendosene gli effetti per-niciosi e volendosi porre loro rimedio, si finisce per curare il male con il male stesso, iniettando mor-fina 'ali morfinomane e applicando in nuove dosi il sistema vigente, col principio della medicina omeo-patica — Similia isimUibws curamtur — o col vizio del giocatore di rendette, il quale, 'credendo alla cieca, ap-punto, in un sistema, si ostina irragionevolmente a perdere con esso. Cosi il tumore canceroso di una economia nazionale malata di centralizzazione politica esplode in una moltitudine di tumori regionali e la malattia si aggrava; mentre — proprio quando si vede nel federalismo la salvezza1 d'Europa! —

l'idro-pico Stato centralizzatore si tra-sforma in un arlecchinesco aggre-gato feudale di staterelli autarchi-ci, con esasperate velleità separa-liste, municipaliste e campanili-stiche.

Il sostenere, come fanno i fau-tori dell'ordinamento regionale, che questa calamità possa venir scongiurata da certe disposizioni legislative, simili a quelle

conte-nute nell'art. 120 della nostra Co-stituzione — le quali vietano alla regione di istituire dazi all'impor-tazione o all'esporall'impor-tazione, di osta-eolàre'la libera circolazione delle persone o delle cose e di limitare

il diritto dei cittadini di esercitare il loro mestiere o professione in qualsiasi parte del territorio nazionale — sembra indice di ingenuità pericolosa, o, almeno, di non perfetta comprensione degli sviluppi purtroppo assunti durante l'ultimo trentennio, in tatto il mondo, dal pensare e dal fare economici. Ciò perchè, nell'epo-ca del dogma economico « dirigista », la regione ver-rebbe fatalmente portata a legiferare nel settore ded-l'economia e non sarebbe affatto difficile, ricorrendo agli strumenti più moderni © perfezionati delle guerre economiche e senza violare formalmente la Costitu-zione, « proteggere » certe industrie regionali, bambine o decrepite, dalla concorrenza di altre industrie ita-liane, «difendere» i saldi attivi della bilancia commerciale della Sicilia, vietare l'emigrazione dei c a -pitali napoletani, razionare la lira lombarda fra gli importatori della Toscana e finire addirittura mei raz-zismo più imbecille e odioso, favorendo, camino altri

italiani, gli italiani di Cagliari o di Aosta.

Chi si rifiuta di credere alla possibilità di simile sciagura nazionale ricordi che trentacinque anni fa, regnando ancora l'economia di mercato, sarebbe stato assai difficile prevedere l'avverarsi di un'èra di proi-bizioni, sprechi e confusioni pari alla nostra, e lo spezzettamento dell'Europa, allora davvero una, in un conglomerato di compartimenti stagni, impermeabili al passaggio di uomini, merci e capitali. E riflette sui già proposti dazi trentini all'esportazione dell'energia elettrica verso l'Italia, all'esclusione del diritto di voto, perchè non « nativa », del 30 per cento della popola-zione residente, chiesta dall'Uraom Valdòtaine, alle cen-tinaia di decreti già emanati dal! governo siciliano per vietare o permettere l'esportazione di generi alimen-tari verso 11 continente e, infine, all'aggravarsi imman-cabile, causato dal regionalismo, della già gravissima elefantiasi burocratica, documentato dal primo

eser-cizio finanziario della stessa Sicilia, che, di fronte ai 4 milioni spesi in un anno per le esigenze delle •comunicazioni, ha erogato ben 4 nvvMiardi di lire in

stipendi al personale degli organi regionali!

La riflessione su questi esempi caratteristici dovrebbe 'bastare a convincere che non l'omeopatia r e -gionale; ma, al contrario, soltanto l'allopatia nazio-nale della libertà e di un interventismo statale miran-te a garantire il ritorno all'economia di mercato può curare e guarire il cancro dei « dirigismi » e altri vin-coli eentralistici di moda.

*

SOMMARIO:

O m e o p a t i a r e g i o n a l e pag. L e F r a n ç a i s et les e m p r u n t s d ' E t a t

( H . Laufenburger) pag. L a c o n c e z i o n e inglese della legge

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LE FRANÇAIS ET LES EMPRUNTS D'EpT

pai Hmìif l'au{etiSuïgel, piotatimi de IF'manceb à la Tacullé de iL'icit de ¡Païib

De 32 milliards de francs en 1913, la det-te publique française est passée à 350 mil-liards en 1938 et à 2500 milliards en 1948. Malgré cette impor-tante augmentation et en dépit de la dépré-ciation monétaire qui

èntraîne celle des ti-tres à revenu fixe, les français continuent à prêter de l'argent à l'Etat. Comment pou-vons nous nous

expli-quer ce phénomène en apparence contradictoire? : Aussi longtemps que la monnaie restait relati-vement stable, l'Etat employait tout un ensemble de moyens pour encourager les souscriptions aux titres d'emprunt public. Il a tout d'abord assimilé les valeurs publiques aux immeubles : les « fonds » d'Etat sont considérés comme un placement aussi sûr que la propriété bâtie, et se recommandent tout particulièrement à l'investissement des capi-taux appartenants soit aux incapables (mineurs, femmes mariées sous certains régimes matrimo-niaux etc...), soit des collectivités. Parallèle-ment les pouvoirs publics rendent obligatoire le placement en valeurs d'Etat à court terme ou à long terme, des réserves constituées par les Com-pagnies d'Assurances, les Institutions d'Epargne et de capitalisation.

Buis, lorsque son crédit s'est affaibli, l'Etat a assorti les titres de dette pubblique de privilèges téls que les risques inhérents à la souscription ont été largement compensés.

L'exemption fiscale de la rente affranchit les porteurs de titres d'Etat, non seulement de pôt céáulaire, mais pratiquement aussi de l'im-pôt général sur le revenu pour autant que les bons du Trésor, en particulier, jouissent d'une immu-nité 'Complète.

Dans une dernière étape, le Gouvernement a conféré aux valeurs publiques des attributions monétaires progressivement élargies. Las rentes sur l'Etat ainsi que les bons à court terme sont acceptés à concurrence de 10 % pour la liquida-tion des droits de succession. Plus récemment l'Etat a déclaré accepter les titres «d'emprunt de lutter contre l'inflation » comme instrument libé-ratoire d'emprunts plus avantageux, en particu-lier de ceux contractés par les groupements de sinistrés.

Toutes ces mesures ont assuré une large diffu-sion des emprunts publics, notamment dans les milieux paysans qui sont particulièrement sensi-bles à la notion de sécurité. Mais l'inflation qui a.vait pour ainsi dire passé inarperçue au lende-main de la première guerre mondiale, a fini par ébranler de crédit l'Etat après le second conflit. Pour tourner la difficulté, les pouvoirs publics ont multiplié la création d'Instituts financiers chargés d'émettre des emprunts pour le compte de l'Etat. C'est dans cet esprit déjà qu'à été fondé en 1919 le Crédit National qui s'est spécialisé dans l'émis-sion d'emprunts nécessaires à la réparation des dommages de guerre. Plus tard, la Caisse auto-nome d'amortissement, la Caisse autoauto-nome de la reconstruction et le Fonds de modernisation

d'outillage ont été" dos tés d'attributions flnan

cières propres, soit pour gérer l'amortis-sement de la dette., soit pour assurer l'in-vestissement et

l'équi-PEment. Le Crédit

Na-tional a habilement utilisé le crédit du ca-pitalisme privé en se constituant sous for-me de société ano-nyme dont le capital et les administrateurs sont fournis par les grandes entreprises industrielles.

Si ces expédients ont pu dédoubler en quel-que sorte et par cela renflouer le crédit de l'Etat, ils n'ont nullement atténué les conséquences de la dépréciation monétaire. Aussi est-il question de plus en plus d'assortir les emprunts à long terme que l'Etat émettrait en son nom propre dans «n avenir plus ou moins rapproché, d'unie véritable garantie de change. Mais à regarder de près le remède apparaît pire que le mal. Cette garantie mettrait en évidence le manque de confiance- de l'Etat dans sa propre monnaie et grèverait les fi-nances publiques d'une hypothèque assez lourde.

Il suffit de rappeler le demi-échec de l'emprunt Caillaux 1925 qui bénéficiait lui-aussi d'une ga-rantie de change et qui, lors de la conversion de 1942, le franc s'étant déprécié entretemps,, a in-fligé au Trésor des sacrifices considérables. Si elle était conçue dans les circonstances actuelles, une opération semblable se traduirait par un échec total.

Depuis la libération, la substance des emprunts publics a été caractérisée beaucoup plus par l'in-flation que par l'épargne, c'est-à-dire par la for-mation de capitaux nouveaux. En effet l'épargnant français s'est de plus en plus retiré du marché financier sur lequel l'Etat figurait comme principal emprunteur. Non pas que le processus de la for-mation de capitaux neufs soit arrêté en France: la crise financière actuelle résulte exclusivement du défaut d'offres sur le marché, des capitaux thésaurisés. Des spécialistes ont évalué à . 4500 tonnes les seules réserves d'or (pièces et lingots) détenues par les particuliers; c'est-à-dire une masse die manoeuvre supérieure à celle que la France a jamais connue dans le passé. On peut donc bel et bien parler d'une véritable réticence ou même d'une « grève » du souscripteur français qui, en dépit de l'aggravation de la dette et de la dépréciation monétaire a accompli pendant 25 ans inlassablement son devoir. Pour provoquer à nou-veau l'offre des capitaux qui existent et ne de-mandent qu'à s'employer, il faut que l'Etat fran-çais achève l'œuvre de l'assainissement budgé-taire et élimine tous les germes de déficit.

Il faut aussi qu'il rétablisse la monnaie, dont on a abusé comme instrument de financement, dans sa fonction principale de mesure et de con-servation des valeurs. Voilà le principal problème qui se pose au moment où le Gouvernement fran-çais dépose sur le bureau de l'Assemblée natio-nale le budget du 1949 qui prend la signification cTiïrT véritable plan de redressement financier et monétaire.

Le inflazioni! ripetute hanno poco alla volta Anito per distruggere la fiducia dei Francesi nello Stato, inducendo i risparmiatori ad astenersi dagli inve-stimenti e a ricorrere ai « bas de laine », con teso-reggiamento di ben 4500 tonnellate d'oro monetato o in lingotti. Perchè la fiducia ritorni — osserva il nostro insigne collaboratore — occorre risanare il bilancio statale e restituire finalmente alla moneta le sue funzioni principali di misura e

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i i I H DELLA K G

dei (Vistante Qouxilt, Jloid (¿aneelUeie di Quin IhehujHa

« Cronache Economiche » è onorata e lieta di pubblicare un articolo del Visconte Jowitt di Stevenage, Lord Cancelliere di Gran Bretagna fin (Tal 1945. Il Visconte Jowitt fu tra i primi ministri nominati dal signor Atti e e dono là vittoria laborista nelle ultime elezipni. Nel 1942-44 fu ministro senza portafoglio, con l'incarico speciale di studiare i problemi della ricostruzione post-bellica. Alila line del 1944 fu nominato ministro per la previdenza sociale. Grandissima parte della legislazione sulle assicurazioni nazionali inglesi — basata su di una rielaborazione del piano Beveridge — è opera sua; e suo grandissimo merito è quello di aver cercato di conciliare, in una superiore concezione della legge, le esigenze della pianificazione con quelle delle libertà tradizionali del-l'individuo. Se questa conciliazione possa integralmente riuscire è ancora dubbio e molti difensori dell'Occidente ritengono che pianificazione vin-colistica e libertà politica rappresentino i poli di un dilemma cornutissimo.

Per ben capire il sistema giuridico inglese biso-gna anzitutto ricordare che il Parlamento, come rappresentante della volontà popolare, è un ente sovrano e supremo. Una legge approvata dalla Ca-mera dei Comuni e dalla. CaCa-mera dei Lords, che

abbia ricevuto la sanzione Reale, diviene Atto del Parlamento. I nostri giudici devono interpretare le leggi approvate dal Parlamento. Dopo l'approva-zione del Parlamento i giudici decidono sul loro significato, senza curare affatto le discussioni rela-tive delle due Camere oppure l'intenzione del legi-slatore. Essi devono interpretare le leggi esclusiva-mente secondo il significato letterale, e se, come non di rado accade, la Corte decida iche il significato letterale è qualche cosa di molto diverso dalle inten-zioni del legislatore, l'unico rimedio possibile è una nuova legge del Parlamento che decida la questione. Il corpo delle leggi che i nostri giudici devono applicare consiste appunto in questi statuti (o re-golamenti dipendenti dagli stessi) ed in quel sistema giuridico, sviluppatosi durante i secoli, che va sotto il nome di « diritto comune ».

Dal tredicesimo secolo in poi, prendendo assai poco dal diritto romano, che invece era stato am-piamente assorbito nel resto dell'Europa, il diritto comune crebbe e si affermò. Il suo svilupparsi come sistema fu dovuto alla pratica giuridica, risalente ai tempi più antichi, dei giudici regi che giravano tutto il regno per amministrare la giustizia del Re e fare sentire cosi negli angoli più remoti l'autorità del potere centrale. Con le loro sentenze essi crea-rono un corpo di leggi rudimentale, nel quale fusero le consuetudini in vigore nelle varie regioni.

L e g g e universale

Così la legge cominciò ad essere chiamata « di-ritto comune», perchè era ugualmente in vigore in tutte le parti del paese. L'affermarsi di questo diritto fu dovuto all'associarsi dei giuristi nella

Inns of Court (Collegio degli Avvocati); e la Inns of Court divenne in pratica una grande università

giuridica, mai superata da Oxford e Cambridge, nelle quali si insegnava il diritto romano e non il diritto comune.

Nella decisione delle controversie i giudici si basano sulla teoria dei precedenti. Con ciò intendo dire. che quando un giudice decide una causa, il principio giuridico sul quale si basa la decisione diviene obbligatorio per tutti i tribunali inferiori.-Inoltre la Camera dei Lords e la Corte di Appello

sono vincolate dalle proprie decisioni precedenti. Oggi, oltre alle leggi formali emanate diretta-mente dal Parlamento, noi abbiamo anche un altro vasto gruppo di leggi comprendenti i regolamenti emanati dal Governo, sottoposti però sempre all'au-torità degli statuti. I tribunali, devono esaminare anche questi regolamenti per essere certi che non estendano il proprio campo fuori dei limiti

trac-ciati dal Parlamento, e dichiararli illegali in caso affermativo.

Cercherò ora di darvi una sintesi della via se-guita dal nostro Governo per attuare la legge. Noi non desideriamo -che il potere esecutivo sia sotto il controllo del potere giudiziario e l'anno scorso io riuscii a far approvare dal Parlamento una legge per la quale i giuristi si erano agitati da genera-zioni. Vi era una antica massima legale che suo-nava: « L a Corona non può sbagliare». Il rigore di questa massima fu mitigato dall'accettazione del principio per cui, anche se la Corona non può sbagliare, nessun trasgressore della legge si potrà giustificare dichiarando di aver agito al servizio della Corona.

Citazione in giudizio della Corona

Così, per esempio, se un veicolo appartenente alla Casa Reale è stato condotto a velocità ecces-siva ed ha causato danni a un passante, questi non potrà citare in giudizio la Corona oppure il Ministro della Casa Reale, suo rappresentante, perchè l'azione sarebbe basata -sul presupposto che la Corona può sbagliare. Il danneggiato può però citare il conducente del veicolo e questi non potrebbe discolparsi adducendo di avere agito al servizio della Corona; praticamente poi la Corona si assumerebbe volontariamente le responsabilità per i danni eventuali.

Vi furono però dei casi in cui la stretta osser-vanza della regola causò delle gravi difficoltà, spe-cialmente nei casi in cui non fu possibile trovare l'autore diretto del danno. In ogni modo noi ab-biamo creato una legge in base alla quale qualsiasi individuo può citare la Corona in qualsiasi tri-bunale.

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L'IMPORTANZA DEL MOVIMENTO TURISTICO PER L'ITALIA

L'importanza del turismo nel mondo moderno è

andata sempre crescendo. I popoli sono spinti a viaggiare da due ragioni principali:

a) un movente che si potrebbe chiamare

igie-nico, in quanto il viaggiare costituisce per chi lavora un riposo, uno svago benefico al corpo e all'anima;

b) un movente che si potrebbe chiamare cul-turale, in quanto conoscere paesi stranieri, visi-tarne le bellezze naturali, i monumenti storici, le opere d'arte, studiarne i costumi, le attività, la vita popolare vanno ' considerati fattori necessari per una completa educazione.

Se anticamente il viaggiare era considerato sol-tanto una fatica e un pericolo, se in tempi meno lontani era un diporto accessibile soltanto ai ric-<M, oggi il viaggiare turisticamente, cioè per sa-lute, per diporto e per studio, è diventato una fun-zione sociale che è oggetto di cure sempre più diligenti da parte di libere associazioni, di orga-nizzazioni economiche, di grandi imprese, dei

ser-IL TURISMO COME MEZZO PER LA COPERTURA

DEL NOSTRO DISAVANZO

(periodo 1923-19 39)

Milioni di A : Saldo passivo della bilancia commerciale

•-lre B : Saldo attivo della bilancia turistica 8.000 7.000 6.000 5.000 4.000 3.000 2.000 t.000 0

vizi pubblici, dei governi. E fra i principali paesi meta del turismo internazionale era un tempo l'Italia.

Uno dei risultati profìcui — ma ahimè a che prezzo pagato! — della guerra perduta e dello scon-volgimento derivatone per la nostra economia è stato di rendere edotta l'opinione pubblica italiana dei problemi relativi alla bilancia dei pagamenti: problemi ampiamente, anche se non intelligente-mente, dibattuti su tutte le piazze italiane nei co-mizi tenuti prima del 18 aprile. Dovrebbe quindi essere ormai noto a tutti che gli apporti netti de-rivanti dalla spesa dei turisti forestieri in Italia hanno sempre avuto una parte importantissima per il raggiungimento dell'equilibrio economico della nostra bilancia dei pagamenti e che quindi alla ripresa del turismo sono interessati ora tutti gli italiani, e non soltanto le guide alpine della Val d'Aosta, i gondolieri di Venezia, i croupiers di san

Remo, gli artigiani di Firenze e gli esercenti di Roma.

Senza risalire alla situazione degli anni anteriori al 1914 — furono quelli gli anni d'oro per l'indu-stria turistica in Italia — è noto che in anni nor-mali prima della recente guerra il nostro Paese traeva da questa fonte invisibile mediamente il 40% della sua valuta di conguaglio per la sistemazione dei nostri rapporti finanziari con l'estero: i

gra-fici che alleghiamo son quanto mai eloquenti al riguardo. Oggi, nell'anno di grazia 1948, data la situazione ormai nota anche alle pietre di cro-nico disavanzo della nostra bilancia dei pagamenti il problema della ripresa turistica ha ancora mag-giore importanza ed attualità. E' ovvio che la no-stra banca d'emissione avrebbe una ben maggiore facilità di manovra, se disponesse di quei 120 mi-lioni di dollari apportati in media annualmente dal turismo internazionale negli anni precedenti al conflitto: dovrebbe cioè spettare al turismo un compito importantissimo nel procacciare una parte notevole di quelle divise che ora mancano al nostro Ufficio centrale dei cambi, mentre sono necessarie per l'acquisto dei generi alimentari per il sosten-tamento della nostra popolazione eccedente i limiti di sussistenza e per l'acquisto delle materie prime da elaborare dalle nostre industrie manufatturiere. La posizione di primissimo piano che l'Italia de-teneva nel turismo internazionale e dbe ora deve assolutamente riguadagnare risulterebbe anche da questa ulteriore considerazione. Il totale dei pa-gamenti effettuati all'estero a titolo di spese turi-stiche nel mondo intiero ha probabilmente supe-rato i 1700 milioni di dollari oro nel 1929, ossia una somma rappresentante il 5 % all'incirca del valore delle merci che nel medesimo anno furono oggetto di transazioni internazionali. Ponendo que-ste valutazioni a base di un raffronto risulta che il nostro Paese in tale anno:

a) partecipò per il 2,5% agli scambi interna-zionali mondiali;

b) assorbì invece circa il 7 % delle spese

turi-stiche complessive.

Si comprende dalle premesse fatte che dopo la liberazione si sia parlato molto della ripresa turi-stica, alimentando forse illusioni eccessive. L'espe-rienza fatta nel 1946 e 1947 non si può dire soddi-sfacente al riguardo e si è in fondo verificato lo stesso fenomeno che per l'emigrazione, di cui pure si è tanto parlato in questo periodo, ma che in concreto si è purtroppo ridotta a ben poca cosa. Comunque, a ben guardare non poteva essere di-versamente. Era logico che gli interessati avessero delle speranze, ma era purtroppo inevitabile che queste non si realizzassero: restrizioni valutarie, difficoltà dei trasporti, insicurezza politica hanno impedito ovunque che il turismo riprendesse in pieno.

Nel decorso anno c'è stato un certo movimento di turisti forestieri, mentre nei primi mesi di que-st'anno il timore per eventuali disordini connessi alle elezioni del 18 aprile (timore in parte anche alimentato da una non disinteressata campagna di stampa da parte di paesi concorrenti) l'afflusso di stranieri è stato praticamente nullo : nei mesi estivi si è notata una certa ripresa. Tuttavia, fino a pochi mesi fa ben poche valute pregiate sono af-fluite alle casse della Banca d'Italia a questo ti-tolo : ciò ha costituito un grave danno per la nostra economia nazionale. Ma le transazioni illegali non potranno essere eliminate fino a quando non si sarà ottenuta una maggiore stabilità monetaria e le restrizioni valutarie non saranno alleviate. Siamo passati al riguardo per le seguenti fasi:

1) nel 1946 ai turisti veniva richiesta la ces-sione della loro valuta al cambio ufficiale del dol-laro a 225.

2) in base al Decreto Ministeriale del 20 gen-naio 1947 venivano tardivamente estese al cambio dei turisti le speciali concessioni adottate in an-tecedenza in materia di esportazioni, ricevendo quindi in pratica un cambio (tasso ufficiale più cambio esportazione, il tutto diviso due) ancor sen-sibilmente inferiore a quello del mercato libero;

3) colla fissazione nell'agosto 1947 del cambio ufficiale a 350 lire per dollaro il cambio turistico non si rivelò ancora sufficientemente interessante per indurre i forestieri alla cessione attraverso le vie legali alla Banca d'Italia, in quanto venivano

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ancora a subire in media una perdita di cambio ag-giuntesi fra il 25 e il 30 per cento.

4) il Decreto legislativo del 27 novembre 1947, che fìssa il cambio delle valute estere cedute allo Stato al prezzo medio del mercato delle divise di esportazione del mese precedente ha praticamente messo alla pari il mercato ufficiale con quello co-siddetto nero e dovrebbe pertanto avere conse-guenze favorevoli.

Ooll'ultimo provvedimento è stata infatti eli-minata — per ripetere le parole del Ministro del Commercio Estero — « quella situazione di cam-bio che aveva creato anche un mercato nero e detto mercato, naturalmente, pagando le divise al loro giusto valore, assorbiva per conto proprio tutte quelle valute (rimesse, turismo, ecc.) che lo Stato non era in grado di ritirare per il grosso scarto in meno col quale voleva pagarle. Il disastro era grave e completo». Tuttavia, dato l'attuale alto livello dei prezzi dei servizi in Italia, non ci si deve illu-dere che le bellezze naturali, i tesòri artistici, il clima temperato del nostro Paese possano riuscire ad attirare importanti correnti turistiche straniere di qualunque provenienza esse siano.

Inoltre, quando si parla dello sviluppo del turi-smo in Italia, si deve tener conto non soltanto delle condizioni del nostro Paese, che è in nostro potere di modificare come si è accennato dianzi in ma-teria di cambi: bisogna soprattutto tenere conto della situazione internazionale, economica e poli-tica, nonché delle condizioni dei paesi da cui muo-vevano tradizionalmente le correnti dei forestieri verso l'Italia.

Il nostro Paese vive per e dentro l'Europa: uno sguardo alla carta geografica del vecchio conti-nente basta a convincerci di questa affermazione, suffragata, come tutti sanno, dai dati del nostro movimento commerciale. Anche in materia turisti-ca si osserva lo stesso fenomeno:

a) come su nostri scambi esteri, la crisi

te-desca avrà egualmente ripercussioni sfavorevoli sullo sviluppo del movimento turistico in Italia: nel 1937 ad esempio su 5.019.000 stranieri comples-sivamente entrati da tutte le vie d'accesso, 1.075.000 erano germanici (tedeschi più austriaci). Si noti chie le difficoltà di ripresa appaiono ancora più problematiche, ove si ricordi che i turisti germa-nici affluenti al nostro Paese erano in prevalenza elementi dei cosiddetti ceti medi (intellettuali, pro-fessionisti, funzionari). Ceto particolarmente col-pito sotto ogni aspetto dalla catastrofe tedesca.

b) Nel ventennio fra le due guerre in media

più di un 10% dei turisti forestieri in Italia era costituito da cittadini dei paesi dell'Europa orien-tale. C'è da esprimere dei seri dubbi che questo flusso possa riprendere: ciò non tanto per ragioni politiche, quanto per i profondi mutamenti econo-mico-sociali intervenuti dopo il 1945 in questa zona, e per il fatto che una notevole aliquota di questo contingente era costituita da cittadini degli Stati successori dell'ex Impero Austro-Ungarico,

tradi-zionali frequentatori delle stazioni climatiche e balneari istriane, ora cedute purtroppo alla Jugo-slavia in conseguenza del trattato di pace.

c) L'innegabile impoverimento derivante dalla guerra dei paesi dell'Europa occidentale costituisce un'ulteriore remora all'afflusso dei turisti da queste zone, o quanto meno ne limita le possibilità di spen-dere. Il divieto di viaggi emanato di fatto dalla Gran Bretagna col 1° ottobre 1947 è stato recen-temente attenuato, ma con sole 30 sterline, cioè quanto gliene lascia esportare il suo Governo', l'in-glese non può certo soffermarsi a lungo nel nostro Paese. Ed inoltre la Francia non è ancora uscita dalla crisi economica e sociale in cui si dibatte dalla fine della guerra. Questi due paesi fornivano in media più del 20% dei turisti che arrivavano in Italia.

La scorsa estate si è avuto un certo afflusso di turisti francesi nelle zone occidentali dell'Italia : la maggior parte di essi non era stata autorizzata ad uscire con più di 3000 franchi francesi, somma che non permette evidentemente un lungo soggiorno nel nostro Paese, dati i prezzi praticati da alberghi e pensioni. Come pure quest'inverno un certo

nu-mero di inglesi ha, nonostante tutti i divieti, sog giornato a Firenze e a Roma. La maggioranza di questi forestieri disponeva di lettere d'accredita-mento presso italiani o parenti o amici o vantanti crediti oltre frontiera non trasferibili in Italia. Transazione questa che ci pare vada a danno grave dell'economia italiana: si tratta infatti sostanzial-mente d'un depauperamento della Nazione che viene così operato. Infatti:

a) Il forestiero che viene in Italia essendosi

procacciati i mezzi per il soggiorno con questo si-stema consuma generi alimentari importati dall'e-stero (grano, caffè) o che potrebbero essere espor-tati (formaggi, salumi, vini), effettua acquisti di prodotti finiti senza lasciare in contropartita la valuta per il rimpiazzo delle materie prime impie-gate per la confezione degli stessi (lane, cotoni, cuoi). In altre parole si favorisce così inconscia-mente una vera fuga di capitali;

b) il connazionale emigrato che trasferisce così i suoi risparmi in Italia reca pertanto col suo la-voro un minimo vantaggio all'economia nazionale di cui rimane sostanzialmente a carico tranne che per il suo mantenimento.

Al minore afflusso per cause che sostanzialmente si ricollegano colla guerra si accompagna

pur-PARTITE INVISIBILI ATTIVE DELLA BILANCIA ITALIANA

DEI P A G A M E N T I

(periodo 1927-1939)

Milioni di Dollari 350 300 250 200 150 100 50 0 A : In complesso

B: Solo entrate turistiche

A V A

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k \ > o> HI o> troppo una intensificata concorrenza da parte di altri Paesi: concorrenza da considerare per quanto essi siano infinitamente più brutti del nostro. Ma la bellezza di un Paese non costituisce in un pe-riodo di instabilità valutarie, di restrizioni e dif-ficoltà di ogni genere il criterio principale nel de-terminare al viaggio nel paese X piuttosto che nel paese Y : il giudizio relativo ha anche un conte-nuto essenzialmente economico che si svolge fra termini di intensità, di bisogno e di utilità, di costi e di prezzi.

Ove si consideri che il desiderio di viaggiare è sovente latente e occorre talvolta saperlo stimo-lare, che data l'evoluzione di questo dopoguerra si tende fatalmente ad un turismo di massa, che la estensione del movimento turistico a vasti strati della popolazione non in possesso d'una grande cul-tura rende molti potenziali clienti incerti sulla mèta del viaggio, si comprende la ragione della propaganda. Esperti finanziari hanno osservato che le spese per la propaganda turistica all'estero ai tempi della Direzione Generale del Turismo del Ministero della Cultura Popolare erano eccessive: dovremmo invece dire che la propaganda era fatta male e malamente indirizzata.

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no-strani non hanno sempre dato prova di grande interesse per il movimento turistico: non è raro il caso di nostri Consolati privi non solo di mate-riale propagandistico, ma anche dell'orario delle Ferrovie dello Stato.

Ombre tutte in gran parte derivanti dalla guerra, ma che non incrinano l'economicità dell'industria turistica nazionale, la quale fra le attività italiane è la più rispondente alle condizioni naturali, cultu-rali e demografiche del Paese, ed è fra tutte le in-dustrie similari estere una delle meglio adatte a soddisfare le esigenze del turismo internazionale. La creazione del Commissariato per il Turismo alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio, avvenuta alcuni mesi or sono, dimostra che final-mente il Governo ha riconosciuto che nell'attuale delicata fase della vita economica nazionale il tu-rismo non rappresenta soltanto una fonte diretta di ricchezze individuale e collettiva, ma anche un forte stimolo ad ogni altra attività produttiva, un sensibile aiuto per la sistemazione dei bilanci dello Stato e degli Enti Locali, oltre che un valido mezzo per l'eliminazione o l'attenuazione dello squilibrio

attuale e futuro della bilancia dei pagamenti. Inol-tre la soppressione dei visti consolari per l'accesso in Italia faciliterà l'afflusso dei forestieri, i quali --• come è noto — molto si lamentavano delle for-malità eccessive, delle spese notevoli e dei ritardi inevitabili frapposti alla concessione dell'autorizza-zione a entrare nel «bel Paese». Nel corso del 1948 gli Stati europei di maggiore importanza per movi-mento turistico verso l'Italia nel momovi-mento attuale hanno già soppresso — è il caso della Svizzera e della Gran Bretagna — il visto nel 1948: e nel no-vembre accordi del genere sono intervenuti con la Francia,

Ciò rientra appunto nella lettera e nello spi-rito dell'accordo di cooperazione economica ' fra l'Italia e gli Stati Uniti d'America, stipulato a Roma il 28 giugno 1948. L'artioclo 6 stabilisce in-fatti al primo capoverso che « il Governo italiano coopererà col Governo degli Stati Uniti nel faci-litare, incoraggiare e premuovere lo sviluppo di Viaggi dei cittadini degli Stati Uniti d'America verso ed entro i Paesi Partecipanti ». Applicazione questa particolare delle disposizioni di carattere più gene-rale della « Public Law 472 » del 3 aprile 1948 istitutiva dell'ECA, in cui è appunto precisato che «l'Amministratore dell'ECA in collaborazione col Segretario del Commercio, dovrà facilitare ed in-coraggiare, per tramite degli Enti pubblici e pri-vati che svolgono la loro attività nel campo dei viaggi e dei trasporti, l'incremento e lo sviluppo dei viaggi da parte dei cittadini degli Stati Uniti verso ed entro i Paesi Partecipanti». In relazione a questi accordi l'Italia recentemente aboliva il visto d'ingresso per i cittadini statunitensi, men-tre una parte dei capitali derivanti dal Fondo Lire verrà destinata allo sviluppo delle attrezza-ture turistiche.

G I A N D O M E N I C O C O S M O

LA RIFORMA DELLA

PREVIDENZA SOCIALE

Nei giorni 15 e 16 'dello scorso mese di novembre ebbe luogo a Roma il X Congresso della Società Italiana di Demografia e Statistica, ove tra i nu-merosi temi discussi, si presero in esame i vari problemi relativi alla previdenza ed assistenza so-ciale. Tutti furono d'accordo sulla insufficienza ed inadeguatezza dei servizi sociali quali oggi sono ge-stiti in Italia e sulle incongruenze della loro disci-plina, frammentaria, caotica, irrazionale, e da ogni parte si auspicò una sostanziale riforma, nel senso che i beneficiari di essi ricevano prestazioni idonee a sopperire alle loro esigenze di vita, e siano sem-plificati i sistemi di accertamento e di riscossione dei contributi. Pur tuttavia, nonostante l'accordo sulla necessità della riforma, si affermarono subito disparità di tendenze circa i principi da seguire, che si sostanziarono in due tesi. L'una appoggia-ta soprattutto dai rappresenappoggia-tanti degli istituti di previdenza e dagli enti assicurativi, propugnava di mantenere il sistema della capitalizzazione, e di far dipendere la misura della prestazione dai contributi versati, al fine di creare una grande massa di risparmio, da poter manovrare secondo le esigenze; l'altra, sostenuta specialmente da studiosi, propugnava invece il sistema della ri-partizione, come quello ohe adegua i contributi alle necessità e all'ammontare dei servizi e, ap-punto perciò, non ha riferimento- alla capitaliz-zazione e si sottrae alle vicende delle variazioni di valore della moneta. Al riguardo però si fece notare che con il sistema della ripartizione viene meno il concetto- di assicurazione, e che quindi non sarebbe più il caso di parCare, come tuttora si fa, di assicurazioni sociali, ma esclusivamente di previdenza, Ciò che del resto sembra in armo-nia con il contenuto dell'art. 38 della Costituzione, in cui si riconosce il diritto del cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi, all'assistenza so-ciale e ai lavoratori adeguate forme di previdenza per dati eventi.

Gli strali della critica si diressero in partico-lare modo contro la relazione della Commissione ministeriale per la riforma della previdenza so-ciale, presieduta dall'on. D'Aragona, relazione che fu presentata al Ministero del Lavoro nello scorso mese di marzo. Si imputò ad essa la inapplica-bilità delle sue conclusioni per aver costruito un sistema di previdenza sociale senza tener affatto conto della situazione economica del paese e delle possibilità del reddito nazionale. E' vero che la Commissione si propose il problema se si dovesse procedere prima ad uno studio delle possibilità del reddito nazionale e di quello degli attuali

isti-B a t t r a à ' J l t t t e r i r a j? ò ' U h t Ì t »

SOCIETÀ PER AZIONI - Capitale versato e riserve Lit. 400.000.000

S E D E C E N T R A L E - M I L A N O

PRESIDENTE ONORARIO

A . P . G I A N N I N I

Presidente fondatore della

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tuti per orientarsi circa la strada da scegliere, ma a maggioranza fu ritenuto di dover invece stabilire prima il minimo fabbisogno previdenziale, eppoi accertare se e fino a qual punto esso fosse com-patibile con la situazione economica del paese, attuando, se del caso, un programma di gradualità. Scegliendo un tale metodo, la Commissione ha preparato un piano grandioso di previdenza so-ciale, ma che purtroppo è destinato a rimanere senza attuazione a causa delle spese enormi che esso richiederebbe.

Tuttavia è opportuno fermare 'la nostra atten-zione sui principi adottati nella relaatten-zione, perchè senza dubbio essa costituisce, conformemente a quanto è stato fatto in altri Paesi (Inghilterra, piano Beveridge; Francia, legge 22 maggio 1946), un tentativo grandioso di garantire I,a libertà dal bisogno, secondo le direttive, come essa stessa si esprime, della dichiarazione della 26" sessione della Conferenza internazionale del lavoro (Filadelfia 1944), la quale considerò fra i compiti fondamen-tali della politica sociale quello di attuare « la estensione delle misure di sicurezza sociale allo scopo di assicurare un reddito minimo ed una as-sistenza sanitaria completa a tutti coloro che hanno 'bisogno di una tale protezione». Però, in base a quanto era disposto dal decreto istitutivo della Commissione, lo studio della riforma della previdenza sociale fu limitato alle classi lavora-trici e fu inquadrato in un sistema di sicurezza sociale che garantisca ai lavoratori un, minimo rispondente ai bisogni vitali in tutti quei casi in cui — indipendentemente dalla connessione con la loro attività lavorativa — per eventi fisici (ma-lattia, infortunio, invalidità e vecchiaia) o per eventi economici (disoccupazione involontaria) venga meno nei lavoratori stessi la capacità di lavoro e di gua-dagno, o quando, per morte del lavoratore, la sua famiglia sia privata del sostegno economico. In re-lazione a tale scopo, la previdenza sociale deve ab-bandonare ogni criterio assicurativo in senso tec-nico e quindi il sistema della capitalizzazione, a causa dell'insufficienza e inadeguatezza da esso dimostrata, e seguire invece un sistema che renda effettiva e concreta la libertà dal bisogno.

I punti fondamentaiLi esaminati dalla Commis-sione riguardano: A) i soggetti della previdenza,

B) le prestazioni, C) il sistema di finanziamento. A) Secondo la Commissione sono soggetti della previdenza :

1) chiunque di amibo i sessi presti l'opera propria alle dipendenze di terzi, senza alcun limite di età o di retribuzione, cioè tutti i lavoratori su-bordinati, manuali o intellettuali, compresi i di-pendenti dello Stato e degli enti pubblici;

2) chiunque ritragga in modo esclusivo o per-manente dal lavoro il proprio guadagno, senza dipendere da terzi, ossia i lavoratori autonomi, dall'artigiano al professionista, dal coltivatore di-retto al piccolo industriale che presta esso stesso opera nella propria azienda senza distinzione di sesso, O' limitazioni di età e di reddito;

3) i componenti il nucleo' familiare dei lavo-ratori dipendenti o autonomi, ossia il coniuge, i figli, gli affigliati, gli ascendenti, discendenti senza limite, i parenti sino al secondo grado e gli affini sino al primo, viventi a carico del lavoratore.

(Dalla indicazione del campo di applicazione della riforma risulterebbe che la maggioranza della popolazione italiana godrebbe della previ-denza sociale.

B) Per quanto riguarda le prestazioni, è stato affermato in via assoluta il principio dell'automati-cità delle prestazioni economiche e sanitarie, cioè il diritto del lavoratore a tali prestazioni indipen-dentemente dal regolare versamento dei contributi previdenziali e dell'adempimento di altri obblighi e formalità. L'attuazione di questi principi, seb-bene già ora applicati in vari tipi di assicurazioni sociali, ha effettivamente lo scopo di eliminare ogni rapporto tra debitore del contributo e bene-ficiario delle prestazioni, per ncn far gravare su

chi ha bisogno, un inadempimento di cui non è responsabile.

Le prestazioni sono di due ordini; 1) economi-che, ossia indennità giornaliera, rendita, pensioni, assegni vari; 2) sanitarie.

1) Le prime devono essere bensì commisurate alla effettiva retribuzione del lavoratore, ma in quanto dirette ad assicurare un minimo vitale, de-? vono pure tener conto delle diverse esigenze di livello di vita del lavoratore, quindi vanno fissa-te tra un minimo e un massimo. Per i lavoratori ad occupazione discontinua, intermittente, o promi-scua, e in genere per quelli per i quali non sia agevole accertare la retribuzione effettiva, le pre-stazioni devono essere stabilite mediante tabelle di salari medi o convenzionali; per i lavoratori autonomi, le prestazioni vanno stabilite in misura fissa per categorie (artigiani, mezzadri, liberi pro-fessionisti, etc.), proporzionale ai redditi conven-zionali.

Tuttavia per temperare la rigida proporzionalità insita nel sistema della percentuale fissa e per in-trodurre rapporti di solidarietà tra lavoratori ad alto e lavoratori a basso reddito, si è seguito il principio che le percentuali da applicarsi alla re-tribuzione per la commisurazione delle prestazioni, sia temporanea che permanente, debbono essere entro determinati limiti, inversamente proporzio-nali all'ammontare della retribuzione.

Altro principio adottato è quello della unicità del sistema delle prestazioni, intendendo che il trattamento previdenziale per invalidità, vec-chiaia, morte, nonché per gli eventi temporanei deve essere unico per tutte le categorie di lavora-tori, dipendenti ed indipendenti, salvo un tratta-mento preferenziale per gli eventi permanenti do-vuti a causa professionale. Con il principio del-l'unicità del sistema delle prestazioni fu portato un fiero colpo alle gestioni speciali di casse azien-dali o interazienazien-dali, di enti pubblici o privati, che assicurano un trattamento più favorevole di quello generale. In omaggio ad una dubbia inter-pretazione della solidarietà sociale si è ritenuto che anche gli appartenenti a gestioni sociali par-tecipino al trattamento a base unitario, salvo ad usufruire di un trattamento integrativo in rela-zione al versamento di contributi aggiuntivi.

Gli eventi temporanei, ossia malattie comuni, compresa la tubercolosi, gl'infortuni extraprofes-sionali, la maternità, infortuni sul lavoro, malat-tie professionali, 'disoccupazione, dànno luogo a un'indennità giornaliera; gli eventi permanenti; quali invalidità permanente da causa professio-nale (infortuni sul lavoro o malattie professionali) e quelli da causa non professionale, cioè malat-tie e infortuni extra-professionali, dànnò luogo ad una rendita o pensione, per avere diritto alla quale si richiede che l'invalidità permanente sia di grado superiore al 15 % se per causa profes-sionale, e di grado superiore al 50 %. se. per- causa non professionale.

'Il godimento della pensione di vecchiaia è su-bordinato a domanda del lavoratore che può eser-citare il suo diritto all'età di 60 anni per gli uomini, di 55 per le donne per i lavoratori dipen-denti, e rispettivamente di 65 e 60 anni per i lavoratori autonomi; qualora la richiesta sia fatta in età più avanzata la pensione è maggiorata se fatta entro 5 anni oltre i limiti minimi, rimanen-do poi invariata. La misura di questa pensione è indipendente dalla precedente anzianità — mentre ora ne è dipendente essendo ragguagliata ai con-tributi versati — ed è determinata in base alla retribuzione dell'anno precedente. 'Il godimento-della pensione di vecchiaia è subordinato alla ef-fettiva astensione da ogni lavoro proficuo, inten-dendosi con questa espressione ammettere lavori saltuari, il cui provento integri la pensione, ma che non sia la base di un vero e proprio guadagno. Anche i componenti del nucleo famigliare hanno diritto, come si è detto, a prestazioni economiche quali :

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stesse per eventi temporanei o permanenti e per vecchiaia, nelle forme e nelle misure stabilite per gli assegni familiari;

6) un assegno una tantum in caso di morte

del lavoratore, adeguato a fronteggiare le spese funerarie per i bisogni più immediati conseguenti alla morte stessa;

c) pensioni in caso di morte del pensionato o del lavoratore in attività in base ad aliquote, sta-bilite secondo il grado idi parentela, rispettiva-mente alla pensione goduta dal pensionato o di quella che gli sarebbe spettata in caso di invalidità permanente assoluta.

2) Le prestazioni sanitarie, — che secondo la Commissione costituiscono il fulcro della previ-denza sociale, in conformità dell'art. 32 della costi-tuzione, a sensi del quale lo Stato tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e inte-resse della collettività, — debbono essere date nel modo più ampio e completo al lavoratore, anche quando sia pensionato, ed alla sua famiglia, dalla forma preventiva a quella curativa e posteurativa, al fine non solo di prevenire le malattie e di cu-rarle efficacemente ma anche di conservare i bene-fici delle cure. Le prestazioni sanitarie compren-dono assistenza medica in ambulatori e a domi-cilio, ricovero in luoghi di cura, atti operativi, somministrazione farmaceutica, terapeutica e pro-tesica e in genere tutte le cure atte a conservare o ridare la salute. Pure in considerazione è stata presa la tutela igienico-sanitaria della maternità e dell'infanzia, a cui si deve provvedere con le varie forme atte ad assicurare l'assistenza non solo nel periodo della gestazione, del parto e del puerperio, ma anche successivamente durante i primi anni di vita del bambino.

C) ,Esaminate brevemente le proposte della Com-missione per quanto concerne i destinatari della previdenza e le diverse prestazioni, occorre soffer-marsi pure sul sistema di finanziamento, e in pri-mo luogo su quanto concerne i contributi.

Poiché le prestazioni sono fissate in modo uni-forme, possono fissarsi nello stesso modo le ali-quote dei contributi da applicarsi all'importo della retribuzione, e secondo la Commissione, dell'intera retribuzione senza massimale, al fine di rendere più aderente il gettito dei contributi a quello delle retribuzioni col variare di queste.

Verrebbe cosi risolto il problema dell'unificazio-ne dei contributi, semplificandosi l'accertamento di essi che oggi è basato su norme le più disparate, secondo le diverse assicurazioni sociali ed anche in ciascuna di esse secondo le diverse categorie.

I contributi debbono, secondo la Commissione, essere versati integralmente dal datore di lavoro, senza alcuna ritenuta sulle mercedi dei lavoratori, ritenendosi i contributi come quota integrante della retribuzione. Per i lavoratori autonomi, in-vece, i contributi sono a loro esclusivo carico. Fac-ciamo le nostre riserve circa il caricamento del-l'onere dei contributi esclusivamente sugli impren-ditori, sia perchè la previdenza deve essere considerata anche un obbligo per il lavoratore,

essendo necessario, specie dal punto di vista edu-cativo, che il lavoratore partecipi, sebbene più in apparenza che in realtà, al versamento dei con-tributi, affinchè abbia coscienza di contribuire anch'egli alla formazione di quel fondo finanziario da cui traggono assistenza i suoi colleghi lavora-tori e da cui la trarrà egli stesso nel momento del bisogno, sia perchè non sembra equo addossare solo ai datori di lavoro un immenso carico da cui

riceve vantaggio la maggior parte della colletti-vità. E' vero che la Commissione ha espresso l'avviso che al finanziamento della previdenza so-ciale debba concorrere anche lo Stato sia in rela-zione agli oneri assistenziali di cui verrebbe sgravato con ^attuazione della riforma, in quanto nella stessa sarebbero compresi i pubblici dipendenti, sia per far concorrere a quest'opera di solidarietà sociale ed umana quelle classi le quali, pur non traendo il proprio reddito da attività produttiva, beneficiano del contributo che il lavoro apporta al bene di tutti, sia infine per non gravare al di là di certi limiti la produzione ed in definitiva gli stessi beneficiari delle prestazioni previdenziali. Forse sarebbe più efficace e più educativo, come espressione della solidarietà umana, gravare al-cune imposte di una quota destinata a partecipare ai carichi della previdenza sociale.

Occorre soffermarsi brevemente sul costo della riforma per convincerci della sua inapplicabilità, così come fu proposta.

Da studi fatti (Coppini, Emanuelli, Petrilli, « H costo della riforma della previdenza sociale », in Riv. degli'infortuni, 1948, fase. 3-4, pag. 367) partendo dalla previsione che nel 1950 la popola-zione italiana sia composta di 47 milioni di indi-vidui e ohe di questi 46 milioni vengano ad essere soggetti al piano — ipotesi forse un po' eccessiva — si è calcolato che i lavoratori siano in complesso 20 milioni, e che le retribuzioni annue imponibili di tutta la popolazione attiva ammontino a 4.100 miliardi.

L'onere annuo per tutte le prestazioni a tutti i lavoratori, autonomi e dipendenti, sarebbe nel 1950 di L. 960 miliardi, nel 1960 di L. 1.290 miliardi, nel 1970 di 1.524 miliardi.

Per il 1948 sembra probabile che gli oneri relativi alle varie forme di previdenza sociale e degli assegni famigliari risultino di oltre L. 300 miliardi. Poiché la spesa preventivata per il il950 è di circa 1000 mi-liardi, si può conchiudere che l'onere attuale ver-rebbe ad essere più che triplicato sin dal primo anno di applicazione della riforma e verrebbe ad essere quasi pari alle entrate annue del bilancio dello Stato.

Questi brevi calcoli dimostrano quanto sia ele-vato il costo del progetto formulato dalla Commis-sione ministeriale, il .che induce ad escludere la possibilità di un integrale accoglimento del progetto stesso, sebbene esso presenti molti aspetti altamente commendevoli e meritevoli della maggiore atten-zione. Si dovranno però recare delle riduzioni so-stanziali, sia attraverso un generale ritocco delle prestazioni economiche, sia limitando i casi in cui vengono erogati i vari benefici. Comunque l'argo-mento va accuratamente esaminato e approfondito soprattutto per quanto attiene agli aspetti finanzia-ri ed ai suoi finanzia-riflessi sull'economia nazionale. Ma oc-corre agire, ococ-corre cioè attuare pur con la dovuta ponderatezza, la riforma della previdenza sociale, sia in esecuzione del compito dire la nuova costi-tuzione ha assegnato allo Stato, sia soprattutto perchè un organico ed efficace sistema previden-ziale potrà essere un attivissimo strumento di pa-cificazione sociale e sia lecito formulare l'augurio Che il nostro Paese, che è stato in molti campi maestro al mondo intero, anche in questo sappia additare la giusta via per rendere concreto, senza sconvolgere l'ordine sociale, il principio della li-bertà dal bisogno.

MARIO C O M B A

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" C R O N A C H E E C O N O M I C H E "

t i u n o o n t e i 'a hho numeriti) _ _ _ _ _ _ _

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R O S A D E I I V E N T I

L ' I N G H I L T E R R A P I A N I F I C A

L A P I A N I F I C A Z I O N E

Gli enti che presiedono, in In-ghilterra, alla pianificazione eco-nomica si possono dividere in tre gruppi: quelli che statuiscono gli indirizzi generali dell'ordina-mento produttivo, quelli che trattano i problemi concernenti l'attività di tutte le industrie, quelli, infine, cui sono deferite le questioni Che interessano parti-colari settori industriali. Tali or-ganismi hanno, in genere, carat-tere esclusivamente consultivo; solo alcuni di quelli operanti nel settore agrìcolo sono investiti anche di funzioni deliberative.

Gli enti preposti all'esame dei • problemi d'ordine generale sono:

a) H Consiglio della

Piani-ficazione Economica, che riuni-sce tre esponenti dell'industria, tre rappresentanti delle Trade Unions, i 'Segretari permanenti del Board of Trade, del Ministero del Lavoro e del Ministero dei Rifornimenti, nonché un rappre-sentante del Tesoro ed esperti facenti parte del personale alle •dipendenze del Funzionario Ca-po per la Pianificazione e di quel-lo della iSezione economica del Gabinetto. Questo consesso si ra-duna ogni quindici giorni sotto lai presidenza del Funzionario Ca-po per la Pianificazione, per im-partire le direttive generali della pianificazione economica.

b) H Consiglio Consultivo

Nazionale della Produzione Indu-striale, di cui fanno parte rap-presentanti dell'industria scelti fra i candidati presentati dalle, Federazione delle industrie bri-tanniche, dalla Confederazione britannica dei datori di lavoro e dal Congresso delle Trade V-nions, nonché i Presidenti dei Consigli regionali per l'industria. Questo Consiglio consultivo, pre-sieduto dal Cancelliere dello Scacchiere, si riunisce ogni due mesi per consigliare i Ministri sulle questioni inerenti alle con-dizioni della produzione indu-striale;

c) Il Consiglio Consultivo Misto Nazionale, composto di di-ciassette rappresentanti del Con-gresso delle Trade Unions e della Confederazione britannica dei datori di lavoro, sotto la presi-denza del Ministero del Lavoro. A questo organismo, che si riu-nisce trimestralmente, spetta il compito di consigliare il Ministro del Lavoro e del Servizio Nazio-nale in tutte le questioni nelle quali i datori di lavoro e i pre-statori d'opera hanno interessi comuni;

d) Il Comitato Consultivo

Misto Nazionale, organo

esecu-tivo del precedente Consiglio. E' composto di quattordici membri, sette per i datori di lavoro e sette per i lavoratori, che si riunisco-no quante volte sia necessario;

e) I Consigli Regionali per

l'Industria, che danno pareri sui problemi riguardanti la regione e l'utilizzazione delle risorse re-gionali;

f) I Comitati di distretto, su-bordinati ai Consigli Regionali, composti di dodici membri, con partecipazione, ove occorra, di funzionari governativi;

g) I Comitati per l'impiego

locale, annessi a tutti gli Uffici di collocamento del paese, òhe debbono assistere e consigliare. Gli enti investiti dei problemi d'ordine specifico che interessa-no tutte le industrie sointeressa-no:

a) Il Comitato Principale per l'Impiego Efficiente del Com-, bustiibile, che si occupa delle mi-sure destinate a rendere più eco-nomica l'utilizzazione del combu-stibile. Ne fanno parte rappre-sentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, industriali e tec-nici del combustibile, i Presidenti dei Consigli dei Consumatori In-dustriali e Domestici del Car-bone;

b) I Comitati Regionali per

l'Impiego Efficiente del Combu-stibile, cui è affidato il compito di secondare, nell'ambito della ri-spettiva regione, l'opera del Co-mitato Provinciale;

c) n Consiglio Nazionale per l'Impiego della Gioventù, com-posto di trentaqwattro membri scelti fra le autorità educative, gli insegnanti, i datori di lavoro e i lavoratori, investito del com-pito di consigliare il Ministro diel Lavoro sull'impiego dei giovani;

d) I Consigli Consultivi

del-la Regione Londinese per l'Im-piego della Gioventù, composti di trenta membri, ohe lmnno funzioni consultive sui problemi relativi all'occupazione della gio-ventù nella zona di Londra;

e) Il Consiglio Nazionale

Consultivo per l'Impiego degli Invalidi, organo consultivo del Ministro del Lavoro sui problemi

concernenti l'impiego e l'adde-stramento delle persone invali-de. Esso si compone di cinque rappresentanti dei ,datori di la-voro, cinque dei lawratori, quat-tro medici, tre rappresentanti per ognuna delle Forze Armate ed esponenti di diverse altre ca-tegorie.

Ad integrare le funzioni degli enti sopra descritti sono poi sia-ti cossia-tituisia-ti altri minori organi-smi, per ora in numero di ven-tidue, con attività limitata a spe-cifici settori economici, che sono : l'edilizia e l'ingegneria civile, la industria dei materiali edilizi, l'industria meccanica, l'industria metallurgica, l'industria delle costruzioni nomali e l'agricoltura.

Questo ingegnoso dispositivo, escogitato dagli inglesi per nificare scientificamente la pia-nificazione, ha una fisionomia ohe ci è familiare; ci basterebbe sollevare un velo di polvere per rintracciarne il disegno originale nella nostra recente esperienza. I maestri inglesi, gli epigoni di Adamo Smith e Davide Ricardo, Danno a scuola da Bottai e

ROS-SORI. « Graecìa capta ferum

Victorem cepìt ».

S C A R S A P R O P E N S I O N E D E L R I S P A R M I O V E R S O G L I I N V E S T I M E N T I P R I V A T I

L'ultimo numero della interes-sante rassegna pubblicata dal

Crédit Suisse rileva e documenta la sempre più scarsa propensione del risparmio a collocarsi in ti-toli azionari: e di ciò indica il motivo nella persecuzione fiscale di cui è fatto oggetto, quasi o-vunque, il capitale industriale.

Gli stati moderni, si sa, hanno molte esigenze e, per soddisfarle, trovano comodo rivolgersi soprat-tutto alla ricchezza altamente concentrata, a quella che ha il •torto di concorrere al processo economico sociale nella dimensio-ne che si dimostra più efficace alla luce delle ultime esperienze. Gli uomini di governo pensano che i capitali sfuggiti agli inve-stimenti industriali non si pos-sano sottrarre alla collettività, ma restino a sua disposizione sotto altre spoglie : per esempio in for-ma di depositi bancari. Ciò senza dubbio è vero dal punto di vista contabile; ma è pur vero che, 0-conomicamente, l'efficienza pro-duttiva del capitale dipende dal-la natura delle sue applicazioni, e che quanto più è limitata la scelta di queste tanto più ridotto risulta il suo contributo alla pro-duzione del reddito privato. Di quel reddito, che è poi la fonte delle entrate statali.

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sultive, l'aiuto diretto nella gestione di varie atti- vità, la fcrnitura di possibilità per l'istruzione al- l'interno e all'estero, l'insegnamento pratico delle tecniche moderne e