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Cronache Economiche. N.028, 15 Febbraio 1948

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(1)

imiUiiHigKW

IÌi®ÌiIRÌB

(2)

P R O I E T T O R E

T r a z i o n e del iilm a doppia griffa. A d e r e n z a del film ai rocchetti dentati a m e z z o di contro rocchetti lìsci e non con pattini pressori.

Sportello guida iilm con pressore laterale e guida, intercambiabili.

Quadruccio mobile azionato da u n a le-vetta per la messa in quadro. Motore u n i v e r s a l e , ossia aumentabile a 1 1 0 , 1 2 0 , 1 6 0 e 220 volts mediante au-totrasformatore a prese multiple. V e l o c i t i di m a r c i a uni.'orme mediante re-colatore centrifugo: a 1 6 e 24 f o t o g r a m m i con possibilità di velocità intermedie. Bracci p a r t a - b c b i n e : capacità delle bo-bine mt. 600.

Dispositivo di inclinazione: mediante u n a semplice levetta si può inclinare l'asse ottico del proiettore di circa 1 5 " garan-tendo il contatto dei quattro piedini sul piano di appoggio.

T E S T A S O N O R A

L a m p a d a di eccitazione a 6 V . precen-trata otticamente così da garantirne l'e-satta posizione in caso di ricambio. Cannocchiale particolarmente luminoso. Rullo lettore indipendente dai rulli di trazione a volano di c o m p e n s a z i o n e .

ttlCRONA!

M pioiettole tomolo 1(s nini, pel {aniiqUa

P R O I E T T O R E S O N O R O 1 6

MICR0TECNICA

TORINO

A M P L I F I C A T O R E

P o t e n z a di u s c i t a : 4 watt indistorti, re-golatore di v o l u m e , adatto per f r e q u e n z e da 50 a 6000 H z .

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Altoparlante elettrodinamico 0 200 m m , adatto per f r e q u e n z e da 50 a 6000 H z .

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Obbiettivo 0 m m . 32,5 fuoco m m . 50. A p e r t u r a fuoco 1 : 2 .

(3)

N. 28

15 Febbraio i 948

r~

I

C O N S I G L I O DI" R E D A Z I O N E d o t t . A U G U S T O B A R G O N I prof. dott. A R R I G O B O R D I N prof. avv. ANTONIO CALANDRA d o t t . G I A C O M O F R I S E T T I prof. dott. S I L V I O G O L Z I O p r o f . d o t t . F R A N C E S C O P A L A Z Z I r T R I V E L L I

prof. dott. L U C I A N O GIRETTI D i r e t t o r e

dott. A U G U S T O B A R G O N I C o n d i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e

QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO

IN MEMORIA DI

FILIPPO BURZIO

Q U A N T I T À E Q U A L I T À

Che, fra noi Piemontesi, proprio un ingegnere — e cioè persona portata da severo abito di studi a ri-cerche scientifiche intese coirne misura di un mondo visto sotto l'aspetto quantitativo', anche se negli infi-nitesimi dell'analisi matematica — tanto dovesse distin-guersi rosi contribuire, in compagnia idi pochissimi altri profeti d'ogni nazione, a illustrare l'importanza della qualità come compenso dello squilibrio di cui soffre la nostra civiltà, da decenni ormai in acme di dege-nerazione quantitativa; che l'ingegner Filippo Burzio, biografo del meccanico [Lagrange, sapiente di meccà-nica a sua volta e scienziato « puro », e quindi incline a meccanizzare le attività dello spirito, sapesse superar la formazione intellettuale della sua prima età d'uomo e giungere alla « terza 'via » dal demiurgo, il quale non rinuncia « non possiede soltanto, ¡ma possiede con distacco e, coirne Wilhelm Meóster al termine dei

« Lehrjahre », pensa a vivere di vita integrale nel mondo degli uomini e nell'universo di Dio, sintetiz-zando le necessità collettive della massa con ile libertà creative della personalità umana e ponendo d'accordo il cielo con la terra, ,lo spirito con la materia, la qua-lità c o n la quantità; che, infine, iil professore dell'ac-cademia militare di artiglieria e genio di Torino riu-scisse a porre accanto ail numero e cioè, sempre, alla grandezza quantitativa e materiale — numerus «tot

ex parte materiae, diceva San Tomaso d'Aquino — la

magicità demiurgica o, con altra parola, la poesia; •che Filippo Burzio, insomma, sia giunto a conquista — o riconquista — tanto necessaria e tanto urgente per cinque continenti e duemila milioni di esseri umani in sfacelo, è cosa singolare e ammirevole: è la realiz-zazione rarissima, in ipersona, Idi un divenire, di un salire sulla scala d'oro del proprio perfezionamento, di uno « stirò und merde » olimpico alila Goethe, raggiunti senza sbracciarsi e sbracarsi di forme rettoriiche este-riori, anche se in tempesta d'i dubbio e angoscia inte-riore, con quelle doti del parlar poco, del far molto, dell'essere più che sembrare, Che Burzio dimostrò di possedere e vedeva, amandole, m i suoi Piemontesi. Qui, in sede d'economia, debbiamo limitarci a se-guire parte soltanto — quella più vicina ai nostri studi — dell'evoluzione del Burzio. in uno dei momenti cru-ciali ideila sua vita.

Filippo Burzio, Che il .13 dicembre 1925 aveva pre-sentato alla Reale Accademia delle Scienze di Torino una nota « Sul!'liquazione differenziale della derivazione dei proietti », di puro carattere matematico, poco più di un mese dopo, ili 31 gennaio 1926, ne presentò una seconda, « Sul concetto di residuo in Pareto ». Come Pareto un tempo — e questi e'bbe a spiegarlo nel 1917, nel suo Discorso ipeil giubileo di Liosanna — arrivato a un certo punto delle sue

ricer-che di economia politica si trovò ad una via senza uscita, vedeva la verità sperimentale e non riusciva a raggiungerla, si imbatteva nel-l'ostacolo dell'interdipendenza dei fenomeni sociali e, imbarazzato nel far corrispondere l'esperienza con le conclusioni della teoria econo-mica, pensò di superare la diffi-coltà e si indusse a elaborare, sem-pre quantitativamente, concetti so-ciologici per tentar di dominare l'intera realtà politico-sociale, sfug-gente ai soli concetti dell'economiia, la quale — osservò il Croce nella « Filosofia della pratica » — non può

e a tralasciare far altro che

« ritagliare dagli atti volitivi al-cuni gruppi che semplifica e ir-rigidisce n e l l o schema dell'uo-mo economico »; così il Burzio, seguendo il Pa-reto stesso, ten-tò nella citata nota di

giustifi-carne, di fronte a critiche cro-ciane, la legitti-mità del proce-dere meccaniz-zante in sociolo-gia; la legittimi-tà del metodo, cioè, che porta a rendere

astrat-to e quantitativo il concetastrat-to d'azione le distinzioni qualitative.

Ma al tentativo brillante dell matematico Burzio per giustlfiioare un metodo troppo legato al razionalismo, allo scientismo e al positivismo dell'altro secolo — e Pareto era uomo del secolo X I X — e p roh abilmente anche per dare una risposta a certi suoi intimi, primi dubhi di scienziato quantitativo, doveva seguire la rea-zione della qualità c h e scaturì nella crearea-zione spiri-tualistica del . « demiurgo », che con Kierkegaard si ribella alla meccanicità della dialettica hegeliana; con Bergson ammette la macchina soltanto perchè essa, se schiava e non domina,trCce, può 'concedere .all'uomo i lloisiirs ie trasformare l'universo stesso in una machine

à faire des dieux; con Keyserling parila il linguaggio della saggezza eterna; con iRamuz vuole le cose, le quantità, à la faille <de l'homme e, infine, pur se le-gato ad una terra umana, ammette la tralsicendenza stellare di un Berdiajef o di un Guénon.

Burzio riportò, quindi, qualità e quantità in equi-librio. E', questo, il problema basilare da risolversi per

risolvere la crisi che travaglia il mondo e per porre fine all'angoscia degli uomini. L'aver indicato una via e una stella polare a naufraghi disorientati quali noi siamo basta perchè Filippo Burzio abbia meritato di realizzare, anche dopo la vita terrena, quel suo ideale demiurgico di — per dirla con sue parole — « restar nel tempo con animo eterno ». LUCIANO GIRETTI

S O M M A R I O :

Quantità e qualità (L. Giretti) . . pag. I Città del silenzio (F. Burzio) . . . pag. 2 Tra Russia e America ( W . Röpke) pag. 3 Si vuole l'aggiornamento dei

red-diti di ricchezza mobile?( C. Prat) pag. 4 L'amministrazione della giustizia

in materia tributaria (F. Fretto) pag. 6 L'avocazione dei profitti di regime

ovvero molto rumore per nulla (G. Castellino) pag. 7 Gli scambi lanieri nel commercio

estero italiano (G. Cosmo) . . . pag. 9 G'i ostacoli alla pace (A. Crespi) . pagi 11

Rosa dei venti pag. 13

Mercati Pag- 15

Notiziario estero pag. 16 L'officina meccanica del Politecnico

di Torino (G. Micheletti) . . . . pag. 18 Borsa compensazioni pag- 21 Il mondo offre e chiede . . . pag. 23 Breve rassegna della «Gazzetta

Uf-pag. 27 Trattati e accordi commerciali pag. 28 Disposizioni ufficiali per il

(4)

C I T T À D E L S I L E N Z I O

Di quando in

quan-do non è forse male

azzardar qualche

ere-sia per rompere le

incrostazioni del

con-formismo e battere

ini breccia le

trion-fanti stupidità del

luogo comune. Io ho

dei buoni amici,

sta-biliti lontano, i

qua-li tornano una volta

all'anno da noi,

ge-neralmente a Natale

per passar le feste in famiglia: e vengono a

trovarmi, e mi dicono del senso di squallore e

disagio, talora quasi di angoscia, eh® provano

venendo da Milano o da Roma in questa città,

che alle 10 di sera ha già le sue vie centrali

deserte, ñocamente illuminate, con tutti gli

eser-cizi pubblici chiusi, mentre sotto i portici —

i famosi portici! — s'ingolfano il vento e la nebbia

e la fan da padroni, fugando i radi passanti,

fred-dolose ombre dal bavero rialzato. « Ma che fate a

Torino? Ma non vedete che Torino muore;

sveglia-tevi, se ne siete ancora in tempo! ». E, trascinato

dal luogo comune, intimidito dall'opinione corrente,

timoroso di reagire al conformismo, il più delle volte

anch'io annuisco e sospiro, alzando gli occhi al cielo,

Ma qualche volta che sono in vena, e di umor

battagliero, e con taluni amici più intimi o più

in-telligenti, oso contraddirli, e confessare le mie

pre-ferenze malsane, il mio vizio segreto; e non solo

difendermi ma contrattaccare. « Io non so che

far-mene, cari miei — dico loro — delle vostre città

tentacolari, del vostro gigantismo insulso, e di tutti

quei récords di cui andate fieri, continuamente in

gara a superarvi, nel numero, nella velocità, nel

fragore; dell'agitazione disordinata e febbrile, in

cui stoltamente voi fate consistere la potenza e il

vigore della vita! Non amo quei vostri bar luccicanti

e privi d'intimità, che sempre più sostituiscono i

caffè discreti; quelle folle brulicanti, quel saettar

di veicoli per vie congestionate, quelle coppie

stan-dardizzate che godono a pestarsi i piedi nei

quadra-tini minuscoli dei dancings, al ritmo sincopato delle

musiche negre! E ringrazio il Cielo che questa mia

cara città segua altri cammini. Misteriosi cammini,

che città e nazioni percorrono, mosse da profondi

istinti, lungo cicli vitali differenti e sfasati: e così

senti dire che Torino decade o che la Francia

muore. Ma, personalmente, io sono abbastanza

otS u l finire d e l l o s c o r s o a n n o F i l i p p o B u r z i o p u b b l i -c a v i ne « L a N u o v a S t a m p a » q u e s t o arti-colo in -cui, c o n f u t a n d o le critiche f a c i l i e v o l g a r i da m o l t i r i v o l t e a T o r i n o e ai torinesi, i l l u s t r a v a m a g i s t r a l m e n t e le qualità del n o s t r o stile di v i t a e q u e l l e , p r o p i z i a t o r i e e m a g i c h e , della nostra città. P o c h i giorni p r i m a di m a n c a r e ai suoi concittadini e all'Italia, F i l i p p o B u r zio s c r i v e v a al P r e s i d e n t e d e l l a C a m e r a di C o m m e r -cio, c o m m . M i n o l a , r i n g r a z i a n d o p e r le f e l i c i t a z i o n i inviategli p e r l'articolo e d i c e n d o s i lieto di a u t o r i z -zarne l a r i p r o d u z i o n e s u « C r o n a c h e E c o n o m i c h e ».

timista su entrambi

i casi clinici, e

spe-cialmente sul primo;

anche se, ahimè, sia

vero che, dopo dieci

anni da che furono

inaugurati, i portici

di via Roma sono

ancora stranieri alla

vita cittadina, e

de-serti e inospitali ;

tanrto i torinesi

ri-fuggono dal muovo,

tardi come sono

nel-l'assuefarsi, alieni dall'agitarsi e restii a mutar

foggia e costume.

Meglio assiso che in vie, meglio che assiso

sdraiato, e meglio che sdraiato morto.

diceva quel poeta orientale: ma ohibò, osereste

forse insinuare che i torinesi siano ormai nulla più

che dei fatalisti orientali? ».

• • •

Il vostro errore, amici, è di confondere

dannun-zianamente le città del silenzio con le città morte,

di non saper distinguere la vita che brulica in

su-perficie da quella che opera in profondità; e di

credere ingenuamente che gli eroi d'oggigiorno siano

il grande brasseur d'affaires che fa la spola tutto

l'anno in aereo fra le capitali del mondo, o lo

sta-khanovista che, in barba al suo compagno di

mi-niera, gli scava come niente fosse cento chili di

carbone di più sotto il naso. Sono secoli che ci

chiamano bógianen, eppure non siamo ancora morti,

e qualche cosetta l'abbiamo pur fatta :, l'Italia, per

esempio, e poi don Bosco, il Cottolengo e la Fiat;

e se, ancora ieri, fummo la città più antifascista

d'Italia, fu anche perchè ci urtava in quel moto

di primitivi e d'immaturi il pacchiano agitarsi ed

esibirsi; e quel canto Giovinezza, e quelle parate

per le strade, e quel motto: La vita comincia

do-mani,

che a noi sapevano tanto di balordo.

L'a-sciutto Giolitti (più ancora di Cavour, troppo

in-gordo di vita) fu il nostro uomo; e anche Agnelli,

a suo modo, era così; e anche quel duca Emanuele

Filiberto, Testa di Ferro, da cui comincia la nostra

storia essenziale. Anche gli spagnoli e i protestanti

(soprattutto i calvinisti) sono un po' di questa razza,

ma direi con un che di acre e disumano, senza quel

nostro piglio più bonario, più « zona temperata » e

(Continua a pag. 8)

Nella collana dei quaderni di «

Cronache Economiche « è

immi-nente la pubblicazione del volume di

L U C I A N O G I R E T T I

U O M I N I I N C R I S I

SAGGIO SULLA DECADENZA DEL PIEMONTE

Ecco l'indice degli argomenti trattati :

Capitolo primo. — 1. 'Orisi delia: n a z i o n e o della. r e -gione'? - 2!. l a g n a n z e dell P i e m o n t e - 3. C o l p a d e i P i e m o n t e s i ? i

Capitolo secondo. — 1. L ' e c o n o m i a e l ' u o m o - 2. I P i e m o n t e s i e l ' a m b i e n t e icantemparaoaeo.

Capitolo terzo. — 1 . D e c a d e n z a , g u e r r a e tounqclnaeia - 2. I parassiti imodeirnii ideila p r o d u z i o n e - 3. La s u p e r s t i z i o n e idei p i a n o 4. 'I P i e m o n t e s i .nella n u o -va [concorrenza. - 5. Orgainiizzazione burocraitiioa e oris'tallfeizaizioine imonopdl'istiica 6. Il « p r u s s i a n e -s i x i o » d e i P i e m o n t e -s i .

Capitolo quarto. — 1. M a o h e icos'è quesito laivoro?

- <2. Il ilaivoro d e l l e p i r a m i d i - 3. U n a m o d e r n a aipo-logia, d e l l o s p r e c o - 4. D a n n o peti i ¡migltarii - 5. La 'divisione del l a v o r o .

Capitolo quinto. — 1. L a « q u e s t i o n e ¡meridionale » d e l P i e m o n t e - 2. U rimedito deiriintìustriallzza-zione... - 3. ... e q u e l l o d e l r e g i o n a l i s m o - 4. (Feu-d a l e s i m o o servitù. Capitolo sesto. — 1. H m a l e e Ha m e d i c i n a 2. E s e m -p i o e m i s s i o n e d e i P i e m o n t e s i - 3. Bes-ponsaiMlità e d o v e r e d e l l e g r a n d i P o t e n z e (vincitrici.

Riceverete il volume inviando

L. 500 a « Cronache Economiche », Via Cavour 8, Torino

(5)

TRA R U S S I A E A M E R I C A

d i W I L H E L M R Ö P K E

In politica ci s'imbatte, a volte, in formule

for-nite d'una simmetria seducente, ma ingannevole,

dalle quali non ci si può mai abbastanza guardare.

Eccone una delle più pericolose:

— ad oriente d'Europa si trova l'impero

im-menso della Russa sovietica, e ad occidente la

gran-dissima potenza degli Stati Uniti d'America.

Se-condo la nomenclatura della geografia fisica, nè

l'uno nè l'altro dei due Paesi appartiene all'Europa

(o, almeno, la Russia vi appartiene soltanto in un

senso alquanto pedantesco), ma queste sono le

po-tenze oggi in lotta per decidere il destino del nostro

continente, mentre noi europei — grazie alla

po-litica pazzesca della Germania hitleriana — siamo

ridotti ad essere quasi soltanto gli oggetti puri e

semplici di tale lotta titanica. Ambedue gli imperi

-— si dice comunemente — sono sotto molti aspetti

lontani dal nostro modo di pensare europeo. Ergo

— si continua — Mosca e Washington debbono

venir considerate come due poli simmetrici e

op-posti, da cui noi europei dobbiamo ugualmente

guardarci. Alcuni vanno ancora un passo più in là,

e cianciano come se tanto in Oriente quanto in

Oc-cidente esistesse in fondo la stessa volontà di

po-tenza, la stessa fame di conquista e la stessa

dit-tatura.

Tutti i concetti di cui sopra sono popolari, ma

campati in aria, e misconoscono al cento per cento

le caratteristiche essenziali sia della Russia

sovie-tica dbe degli Stati Uniti. Così, quando sento

espri-mere da alcuni la stessa diffidenza nei riguardi dei

due Paesi, mi domando come mai sia possibile che

certe persone non abbiano ancora capito che cosa

sia oggi in gioco e abbiano invece interamente

per-duto il senso delle proporzioni.

Non intendo naturalmente in alcun modo

sorvo-lare sulla differenza esistente tra la forma europea

e la forma nordamericana della nostra civiltà

occi-dentale. Le conosco ambedue e ne ho sempre

chia-ramente percepito la differenza, senza sentirmi,

come europeo, superiore, ma senza nemmeno

sof-frire di alcun complesso di inferiorità. Noi europei

non dobbiamo in alcun modo desiderare che

l'Eu-ropa soggiaccia all'influenza della civiltà americana

e cada in balìa del culto della quantità, contro cui

i migliori fra gli americani pongono insistentemente

in guardia i loro concittadini. Nel nostro desiderio

di europei, quello di difendere la tradizione

carat-teristica del nostro continente, ci è dato di pensarla

all'unisono con gli « umanisti » fra gli americani,

di cui ho la fortuna di contare, alcuni fra i miei

amici. Due volte, durante l'ultima guerra, ho

rifiu-tato un invito a recarmi negli Stati Uniti, e ciò

proprio per rimanere fedele a Ginevra, alla

Sviz-zera e all'Europa, anche a costo di correre un

ri-schio che, come oggi possiamo esattamente

valu-tare, non è poi stato troppo piccolo. Non ho quindi

certo bisogno di difendermi contro l'accusa assurda

che mi rimprovera di essere disposto a optare per

la civiltà americana, con tutti i suoi seri pericoli

e gravi problemi. Oggi, come già detto, non si tratta

di questo, e sta in gioco infinitamente di più. Si

tratta, oggi, di vedere ^se possiamo oppure no

con-servare in vita gli ultimi valori e gli ultimi ideali

della civiltà occidentale contro l'avanzata del

tota-litarismo, che ha adesso nella Russia sovietica la

sua ultima e forse più pericolosa rappresentante.

La civiltà occidentale è patrimonio comune degli

europei e degli americani, e i suoi valori e ideali

si fondano sui concetti di libertà, diritto e

perso-nalità, così come essi sono stati intesi dai filosofi

dell'antichità e dal cristianesimo. Non si tratta

quindi di vedere ciò che ci separa dagli Stati Uniti,

ma di conservare ciò ohe invece abbiamo in comune

con essi. Questo patrimonio comune è ciò che più

importa: è la civiltà dell'Occidente, che ieri

ab-biamo difeso contro una delle forme del

totalita-rismo e che oggi dobbiamo difendere insieme

con-tro un'altra forma. Ecco qual'è la situazione

at-tuale, se vogliamo considerarla nei suoi aspetti

essenziali.

Senza l'aiuto dell'America, l'avvenire dell'Europa

sarebbe oggi senza speranza, sia economicamente

che politicamente. Il nostro continente diventerebbe

il semplice avamposto del gigantesco, totalitario

territorio asiatico, e l'Europa, dal punto di vista

della civiltà, perderebbe per sempre ogni significato.

Ritengo dunque che, in luogo di guardare con

dif-fidenza agli americani, gli europei dovrebbero

rin-graziare in ginocchio il Creatore, perchè gli Stati

Uniti hanno riconosciuto un interesse vitale nella

difesa dell'Europa, o almeno di quella parte del

nostro continente che la fatale politica di Roosevelt

non ha già sacrificato. Non è assurdo pensare che

gli americani avrebbero invece potuto ritenere

com-pito più urgente la difesa dell'Estremo Oriente,

ab-bandonando più o meno a se stessa l'Europa. E

abbiamo ogni motivo di tremare di fronte alla

pos-sibilità — ch'io spero inverosimile — che per molte

ragioni, fra cui le delusioni loro causate dalla

dif-fidenza degli europei e dal disordine economico

regnante in molti paesi d'Europa, gli Stati Uniti

abbiano a pentirsi di essersi impegnati nel nostro

continente e ritornino ad una politica isolazionista,

che risulterebbe catastrofica per loro e per noi.

Ecco la vera situazione, cui ormai più non

bi-sogna girare intorno, senza affrontarla, con frasi

miranti a destare l'impressione che ci sia possibile

di rimanere gli spettatori neutrali di un conflitto,

la cui posta è il nostro stesso destino. La verità

orribile è che l'Europa può ancora continuare ad

esistere —- politicamente, economicamente e

cultu-ralmente — soltanto con l'aiuto degli Stati Uniti.

Non ci è più possibile sfuggire ad una scelta tra

Mosca e Washington, tal quale non ci è stato in

passato possibile attendere in posizione di

neutra-lità tra Mosca e Berlino. In fondo abbiamo già

scelto per Washington, e lo sappiamo.

(6)

SI V U O L E L ' A G G I O R N A M E N T O

DEI REDDITI DI RICCHEZZA MOBILE?

La via adottata dai Governi succedutisi a

par-tire dalla liberazione parziale del territorio

nazio-nale, per adeguare gradualmente i redditi imponibili

di ricchezza mobile alle successive espressioni

mo-netarie dei redditi mutati nella loro reale

consi-stenza, può così riassumersi :

Con D.L.Lt. 19-10-1944, n. 384, venne disposta una

revisione straordinaria dei redditi di Categoria B e

CI con effetto dal I

o

luglio 1944, fissandosi le

ali-quote di imposta erariale rispettivamente al 26 %

e 16 %.

Con D.L.Lt. 7-2-1946, n. 31, venne prorogato il

ter-mine per la revisione al 30< giugno 1946

disponen-dosi l'iscrizione a ruolo provvisoria dei redditi

pre-cedentemente accertati moltiplicati per il

coeffi-ciente 4. Con facoltà all'Amministrazione di

appli-care coefficienti minori ove quello normale fosse

ri-tenuto eccessivo.

Con D.L. 1-9-1947 vennero ridotte le aliquote

ri-spettivamente al 20 % ed al 12 % per le Cat. B. e

CI, prevedendo una ulteriore riduzione per la B al

18 % a partire dal I

o

gennaio 1949.

Contemporaneamente venne disposta una

rivalu-tazione d'ufficio con il coefficiente 3 dei redditi

de-terminati per gli anni 1945 e 1946.

Parallelamente venne ridotta l'imposta camerale

alla misura stabilita dal R.D.L. 31-10-1941, n. 1418,

maggiorata, limitatamente al 1947-43, del 50 % (per

Torino 0,50 e rispettivamente 0,75 %); vennero

ap-portate radicali modifiche alla tassazione dei redditi

di lavoro dipendente, con l'accordare una

detrazio-ne di L. 240.000 annue, e con l'estendere sino ai

redditi di L. 600.000 l'aliquota fissa di imposta

com-plementare dell'I,575 % per gli impiegati e dell'I,50

per cento per gli operai.

Le istruzioni ministeriali a firma del Ministro

Pella, in data 26 agosto 1947, riconoscevano che

l'inasprimento delle aliquote avvenuto in diverse

ri-prese dal 14 % e 12 % al 26 % e 16 % costituiva

remora all'acquisizione al tributo del reddito

effet-tivo dei contribuenti i quali, di fronte all'onerosità

del carico tributario, si sentivano indotti ad

occul-tare parte dei loro redditi

e sottolineavano che il

ritorno alla normalità fosse pertanto in funzione di

due elementi: aliquote e redditi, che sono fra loro

strettamente interdipendenti ai fini di una equa

ripartizione degli oneri tributari.

Osservavano che la tendenza dei contribuenti ad

occultare parte del reddito è stala assecondata

da-gli uffici e dalle commissioni di merito che non

po-tevano non tener ponto del carico tributario che si

accollava al contribuente con la deiterminazione dei

redditi, cosicché si è creai'a una situazione di fatto

per cui non sempre il reddito accertato corrisponde

a quello che si sarebbe potuto acquisire al tributo

in base ad una più esaUa valutazione dei suoi

ele-menti costituitivi, come è provato dalla media di

quattro-sei volte il reddito precedente, ottenuta

si-nora con la revisione straordinaria disposila dal D.L.

Lt. 19-10-44.

Osservavano ' ancora che il distacco tra i redditi

effettivi e quelli accertati è stato esasperato negli

ultimi tempi dal progressivo svilimento della

mo-neta, che, con ü conseguente rialzo dei prezzi, ha

elevado l'espressione monetaria dei redditi.

E proseguivano sottolineando l'anormalità della

situazione e l'apparente elevatezza della pressione

fiscale mentre l'Erario incassa somme di gran lunga

inferiori a quelle che dovrebbe prelevare sulla base

di una pressione eguale a quella anteguerra.

Soggiungevano che per attenuare tali

inconve-nienti il Governo ha attuato la riduzione delle

ali-quote ed ha disposto il contemporaneo

aggiorna-mento dei redditi

mediante la rivalutazione

auto-matica con il coefficiente 3.

E pervenivano al punto cruciale così

esprimen-dosi: E' evidente che gli uffici nel concretare

suc-cessivamente a tale data

(entrata in vigore del D.L.

1° settembre 1947) nuovi accertamenti e rettifiche,

dovranno valutare i redditi in rapporto alla loro

reale consistenza,

non soltanto per rispondere al

preciso intendimento della legge tributaria, ma

an-che per evitare sperequazioni rispetto ai redditi ai

quali viene applicata la rivalutazione automatica.

Dal contesto delle espressioni usate nella

circo-lare, è evidente che gli uffici sarebbero ormai

te-nuti sia nell'esaminare i ricorsi dei contribuenti

contro le iscrizioni risultanti dalla seconda

rivalu-tazione automatica, sia nel procedere di propria

iniziativa alla rettifica dei redditi stessi in caso

risultino ancora sensibilmente inferiori a quelli

ef-fettivamente prodotti nel 1946 e tenuto conto delle

variazioni verificatesi nella loro consistenza reale

e nella loro espressione monetaria durante il

pe-riodo anteriore alla domanda di rettifica o all'azione

dell'ufficio, ad accertare i redditi effettivi attuali.

Il che significa che i redditi imponibili dal 1°

gen-naio 1947 sarebbero quelli apprezzabili nella loro

reale consistenza

a tutto marzo 1948 ed a tutto

di-cembre 1948 a seconda che l'iniziativa parta dal

contribuente ovvero dall'ufficio.

Rileviamo di passaggio l'assurdo a cui conduce

l'applicazione dell'art. 1, quarto comma della Legge

17 luglio 1942, n. 885, espressamente richiamato

dalle Istruzioni Ministeriali in esame, facendo

in-tervenire, quali elementi per la commisurazione del

reddito 1947, fatti e circostanze sopravvenuti

nel-l'anno successivo.

Ma quel che ci preme qui sottolineare, perchè sia

chiaro alla mente dei contribuenti come lo è per gli

uffici, si è che, come contropartita dell'attenuazione

delle aliquote di imposta (comprensive della R.M.

dell'industria e commercio a favore dei Comuni,

del-l'addizionale a favore delle Provincie, della

Came-rale e dell'aggio esattoriale ed addizionale)

risul-tante dal seguente specchietto:

Cat. A

» B

» CI

» CI

» C2

1947

rettificate

27.657

39.499475

20.225128

19.4349

8.85024

(ausiliari comm.)

(professionisti)

1947

originali

33.3522

30.65276

27,216548

22.465

8.89392

l'Amministrazione Finanziaria dovrebbe ormai

col-pire i redditi realmente prodotti e non più redditi

convenzionali, come è spiegato dalla stessa circolare.

Per valutare il carico complessivo del contribuente

occorre aggiungere alle nuove aliquote di imfposta

diretta reale l'incidenza dell'imposta

complemen-tare progressiva sul reddito e dell'imposta di

fami-glia, omettendo nel computo, ma non dimenticando,

che esistono inoltre le rate dell'imposta

straordina-ria proporzionale e della straordinastraordina-ria progressiva

sul patrimonio e gli strascichi delle innumerevoli

imposte straordinarie sui vari tipi di profitti.

Delle aliquote vigenti per l'imposta

complemen-tare e per l'imposta di famiglia dà un saggio il

se-guente stralcio dalle rispettive tabelle con

l'avver-tenza che devesi aggiungere ancora l'aggio

esatto-riale :

(7)

Reddito

100.000

150.000

200.000

250.000

300.000

400.000

500.000

600.000

1.000.000

1.500.000

2.000.000

3.000.000

5.000.000

10.000.000

25.000.000

60.000.000

Complem.re

2,79

3,633

4,382

5,067

5,706

6,882

7,958

8,962

12 —

16,257

19,5P

25.478

35.479

55,602

66,525

75 —

Famiglia

1946

1,02

1,38

1,56

1,80

2,04

2,76

3,48

4,20

9,60

9,60

9,60

9,60

9,60

9,60

9,60

9,60

(Torino)

1947

1,02

1,38

1,56

1,80

2,04

3 —

4,32

5,76

12,24

14,40

14,40

14,40

14,40

14,40

14,40

14,40

Esaminiamo quale è il carico complessivo per

im-posta di R.M. ed accessori, complementare e

impo-sta di famiglia, di un reddito accertato di L. 600.000

annue, a seconda che esso derivi:

a)

dall'esercizio di un'attività industriale e

commerciale ;

b)

dall'esercizio di una professione lilbera;

e) da impiego in un'azienda privata.

Tale' carico è rispettivamente:

imp. R.M. ed access. Comp.re Hmp. Fam. TOTALE

a)

183.900 29.700 34.200 247 800

b)

116.600 37.300 34.200 188.100

c) 29.200 5.670 6.120 40.990

Premessi questi indispensabili dati di

imposta-zione ci pare lecito di chiedere all'on. Ministro se

in effetti si vogliono, al livello attuale delle

ali-quote per le diverse imposte che incidono i redditi

di R.M., colpire i redditi nella loro reale

consi-stenza.

Questa domanda tende ad eliminare la babelica

confusione di linguaggio, di interpretazione, di

ap-prezzamento ohe regna in proposito non solo tra

i contribuenti, ma bensì anche fra i tributaristi e

gli stessi funzionari degli uffici accerta/tori

Noi ci permettiamo di anticipare una previsione

sulla risposta, in base a due ordini di

considera-zioni :

1) la enorme disparità di pressione risultante

nell'applicazione delle aliquote in vigore nel 1947

e 48 su un reddito medio quale quello assunto per

il raffronto, di L. 600.000 annue, a seconda che

il reddito sia frutto di attività commerciale

classi-ficato in Cat. B., di lavoro professionale o

artigia-no classificato in Cat. CI (puro lavoro unicamente

differenziantesi per il carattere di indipendenza da

quello di stipendiati e salariati), o di lavoro

di-pendente classificato in Cat. C2, non è spiegabile

né giustificabile che attraverso l'ammissione - che i

redditi incerti e variabili delle due prime categorie

siano accertati in difetto in confronto alla reale

consistenza.

Ammissione questa contenuta nella circolare

mi-nisteriale che accennava ad un compromesso

crea-tosi vigendo le aliquote 1946, ma che deve

elimi-narsi con l'attenuazione accordata dal I

o

gen-naio 1947.

Se si accertassero i redditi nella loro reale

con-sistenza, tre gruppi di contribuenti di condizioni

economiche molto simili quali:

a) piccoli e medi commercianti e piccoli

in-dustriali;

b) medi e modesti professionisti, medi

ausi-liari del Commercio, esercenti minori attività

com-merciali e industriali (vedi criteri restrittivi

cir-colare 4080 del 12-6-46);

c) impiegati e tecnici dipendenti da aziende

private;

avrebbero il trattamento fiscale enormemente

diverso che è stato evidenziato dalla tabellina di

raffronto.

2) i Ministri del Bilancio e delle Finanze hanno

con tutto il peso dell'autorità che loro deriva non

solo dalle rispettive alte , cariche di Governo, ma

dal loro eccezionale prestigio di competenti,

affer-mato ripetutamente che la pressione fiscale ha

rag-giunto in Italia un limite insuperabile. Ed hanno

anche chiarito ad osservatori superficiali con quali

cautele siano comparabili le pressioni tributarie di

due Nazioni a secónda del livello medio dei redditi

e delle rispettive eccedenze sul minimo

indispensa-bile per la sussistenza.

La concorde affermazione su richiamata ci

con-sente di dedurre che, fermi restando il reddito

nazionale nella sua reale consistenza e la sua

espressione monetaria, ogni incremento nella cifra

dei redditi inscritti a ruolo dovrebbe tradursi in

ima corrispondente attenuazione delle aliquote di

imposta.

Altrimenti opinando si dovrebbero considerare

destituite di fondamento le affermazioni

autorevo-lissime che abbiamo innanzi riportato.

Resta, per obbiettività e completezza, a notare che

una maggiore pressione nel settore delle imposte

dirette, potrebbe accompagnarsi ad una auspicata

riduzione in quello delle imposte indirette, sugli

affari e sui consumi, che maggiormente incidono

sulle classi più disagiate.

Ma ad adempiere a tale funzione, oppure a

fron-teggiare i deprecabili crescenti disavanzi del

pub-blico bilancio, sino al momento in cui si vorrà e

potrà veramente arginarli, potranno destinarsi gli

incrementi che al gettito delle imposte dirette dovrà

fornire il censimento e l'imposizione a carico degli

evasori totali contro i quali devesi mobilitare

nel-l'immediato futuro, secondo la giusta direttiva del

Ministro, l'azione di buona parte del personale degli

Uffici.

Pertanto non possiamo dubitare dbe la risposta

all'interrogativo rivolto allìOn. Ministro sia

ne-gativa.

A questo punto, mossi unicamente dal desiderio

di vedere eliminati gli ostacoli che si frappongono

alla formazione 'di una diversa mentalità da parte

del contribuente, togliendolo dalla posizione di

le-gittima difesa in cui si trincera; al fine anche di

trarre al momento giusto il massimo risultato dai

provvedimenti in questi giorni finalmente

appro-vati dai Consiglio dei Ministri sulle rivalutazioni

monetarie e sull'abolizione dell'imposta

straordi-naria sui dividendi, ci permettiamo di suggerire:

si proceda ad una effettiva revisione- dei

red-diti, fatta con criteri più aderenti alla realtà, basati

su volumi d'affari meglio accertati, ma con

l'appli-ca,zione di coefficienti di profitto non frutto di

fan-tasia e di'riminiscenze di utili di congiuntura. Tale

revisione porterà indubbiamente ad un

notevolis-simo incremento nel totale dei redditi imponibili

di Cat. B e Cat. CI in confronto di quelli inscritti

nei ruoli del 1947;

supposto, in via di fondata ipotesi, un

raddop-piamento della materia imponibile, si accompagni

l'iscrizione dei redditi revisionati, con la riduzione

a metà delle aliquote per la Ricchezza Mobile ed

accessorie, e con l'allargamento degli scaglioni di

reddito contenuti nelle tabelle 'delle imposte

com-plementare e di famiglia, rallentandone il ritmo

della progressività, quanto meno pei redditi

com-presi tra il minimo imponibile (da elevarsi per tutti

i redditi almeno a L. 150.000) e le L. 3.000.000;

si dichiarino irriducibili i carichi di imposta già

iscritti a ruolo 1948 e da iscriversi pel 1949,

prov-vedendo con iscrizioni integrative ai conguagli di

reddito e di aliquota come operato nei ruoli

inte-grativi 1947, evitando all'erario ogni salto nel buio,

ed assicurando nel contempo il contribuente che il

carico complessivo attuale dei già censiti non sarà

superato.

A nostro avviso questa è la strada del sollecito

ritorno alla normalità; per altra via non vediamo

che il perpetuarsi dell'insincerità e dell'evasione

co-me co-mezzo di difesa contro una pressione non

sop-portabile e malamente ripartita.

(8)

L'AMMINISTRAZION

IN M A T E R I A

Contribuenti di tutte le categorie economiche

la-mentano e denunziano, in ogni occasione, la

difet-tosa distribuzione dei carichi tributari, dovuta a

cause diverse dall'attuale assetto del sistema

d'im-posizione. infatti, è dato di constatare

quotidiana-mente, a quanti si occupano abitualmente della

ma-teria tributaria, che grave disparità di trattamento

sussiste non solo tra contribuenti ideile diverse

ca-tegorie, ma anche tra esercenti la medesima

atti-vità, e divari ancora più marcati e talvolta ingenti

esistono nelle tassazioni operate in Provincie e

di-stretti anche contigui.

Il grave fenomeno non è che uno degli aspetti

del disordine che caratterizza l'attività accertatrice

degli Uffici Finanziari — disordine dipendente da

un complesso di fattori, ¡che non possono essere

esaminati in questo breve commento —, ma

de-nunzia e rivela sopratutto l'inefficienza

dell'ordina-mento giurisdizionale, cui è demandata

l'ammini-strazione della giustizia nel campo tributario.

Tale ordinamento è sostanzialmente ancora assiso

sugli schemi elaborati agli albori dell'unificazione

italiana e può affermarsi che, a cominciare dalla

primissima — che trasformò le commissioni di

pri-ma istanza, originariamente concepite come

com-missioni di sindacato, aventi il compito di agire

di-rettamente per l'accertamento dei redditi e di

sin-dacare le denunzie dei contribuenti —, tutte le

riforme intervenute dal 1866 in poi l'hanno

peggio-rato invece di migliorarlo e perfezionarlo ; con

l'aggravante che, mentre sino alla fine del secolo

scorso la struttura economica del paese, la

sempli-cità del sistema tributario e la stabilità monetaria

rendevano relativamente agevoli i giudizi di

esti-mazione e l'equa applicazione dei tributi, in seguito,

ed in misura progressivamente crescente dopo il

primo conflitto europeo, l'insufficienza

dell'ordina-mento era venuta palesandosi sempre più evidente,

per apparire addirittura gravissima ed

intollera-bile dopo la fine dell'ultima guerra.

E' perciò che da più parti concordemente si

re-clama come indilazionabile una radicale riforma,

capace di assicurare un sufficiente grado di giustizia

e di perequazione nell'applicazione dei tributi diretti

e di quelli indiretti.

La massa dei contribuenti, oltre che gli esperti

in materia tributaria, ripone oggi scarsa fiducia

negli attuali organi giudicanti, che, per la

compo-sizione, il modo di funzionamento e la troppo docile

acquiescenza alle suggestioni della Finanza, la quale,

pur essendo parte — sia anche preminente —

rie-sce generalmente ad imporre le sue troppo

unila-terali vedute, sono ritenuti tra i fattori principali

del deplorato malcostume fiscale, che trova il fomite

primo nella complessità del sistema tributario,

nel-l'oscurità delle norme legislative, nell'eccessiva

gra-vezza delle aliquote, nell'irrazionalità dei criteri di

tassazione e nell'abborracciata sommarietà degli

ac-certamenti, il cui tasso di erroneità (generalmente

in eccesso, ma spesso anche in difetto) ha

scredi-tato gravemente l'azione accertatrice degli uffici

finanziari.

Nè le lamentate deficienze potrebbero essere

eli-minate dai consigli e comitati tributari istituiti col

D.L.L. 8 marzo 1945, n. 77, poiché la loro

costitu-zione a carattere spiccatamente politico, in un paese

come il nostro in cui l'educazione — e non già la

rieducazione — politica ha ancora tanto cammino

da compiere, lascia facilmente presagire che essi,

per molto tempo, non saprebbero portare, in così

delicata e difficile materia, quel tanto di obiettività

e di imparzialità, che rappresenta la più

indero-gabile esigenza della giustizia in ogni campo.

Tali organi, che altrimenti potrebbero diventare

ulteriore causa di aggravamento della indisciplina

fiscale, invece di attenuarla e correggerla, avrebbero

un'appropriata funzione da svolgere — come già è

: DELLA GIUSTIZIA

T R I B U T A R I A

stato suggerito al Ministero delle Finanze dal Centro

Studi Tributari della nostra Camera di Commercio

— nella ricerca ed identificazione delle evasioni e

nella raccolta di dati ed elementi utilizzabili dagli

uffici finanziari nella formulazione degli

accer-tamenti.

La soluzione del grave ed urgente problema deve

quindi essere ricercata attraverso una radicale

ri-forma dell'attuale ordinamento, che porti alla

isti-tuzione d'una vera e propria giurisdizione tributaria.

Nella relazione sul tema « Finanza », del rapporto

presentato alla Costituente dalla Commissione

Eco-nomica presieduta dal Prof. De Maria, erano stati

riferiti i rilievi e le proposte formulati

sull'argo-mento dagli studiosi e dagli enti interpellati ed erano

state tracciate le linee della riforma suggerita dalla

maggioranza dei componenti la Commissione stessa.

La Commissione di studio per la riforma

tribu-taria, insediata da alcuni mesi dal Ministro Pella

presso il Ministero delle Finanze, nel programma

degli argomenti generali di studio ha fissato, al

capo IX, quello del contenzioso ed è augurabile che

lo faccia oggetto di approfondito ed attento esame,

per ricercare e proporre la soluzione che appaghi

le aspirazioni e le aspettative della massa dei

con-tribuenti d'ogni categoria e d'ogni ceto e soddisfi

all'esigenza della retta ed illuminata

amministra-zione della giustizia tributaria, cui uno stato

auten-ticamente democratico deve tendere prima e più

di qualunque cittadino contribuente e degli stessi

studiosi delle discipline finanziarie e giuridiche.

Nel ricordato rapporto della Commissione

presie-duta dal De Maria era stato aff ermato che « al fine

di assicurare al contribuente una difesa

giurisdi-zionale effettiva e che investa la pretesa del fisco

nel suo complesso, sia relativamente al fondamento

giuridico del tributo, sia rispetto alla misura dello

stesso » era necessario che in sede costituzionale

venisse « formulata una norma con la quale al

tribuente venga riconosciuto il diritto di adire,

con-tro il fondamento e la misura della pretesa del

fisco, ad organi giurisdizionali indipendenti, nella

loro nomina e nel loro funzionamento, dalla

am-ministrazione finanziaria o, comunque, dall'ente

impositore ».

La Commissione esprimeva quindi il voto per la

creazione di un'autonoma gerarchia di organi

giu-risdizionali specializzati, intesi non già come organi

di giurisdizione speciale, ma come organi

specializ-zati della giurisdizione ordinaria, quale era la

ma-gistratura del lavoro e quali sono tuttora i tribunali

delle acque, il cui ottimo funzionamento è stato

generalmente riconosciuto.

E poiché l'art. 102 della Costituzione, dopo

l'af-fermazione di principio che la funzione

giurisdi-zionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti

e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario,

contempla, in deroga all'altro principio che non

possono essere istituiti giudici straordinari o giudici

speciali, l'istituzione presso gli organi giudiziari

or-dinari, di « sezioni sveciaMzzate per determinate

materie, anche con la partecipazione di cittadini

idonei estranei alla magistratura

», la giurisdizione

tributaria potrà essere istituita secondo lo schema

tracciato nel menzionato rapporto della

Commis-sione Economica.

Questa aveva, infatti, proposto l'istituzione di

ap-positi collegi di primo grado, costituiti in parte da

giudici elettivi ed in parte da giudici togati, da

sce-gliersi i primi da appositi albi di esperti, formati

e tenuti dal presidente del tribunale o della corte

di appello, su designazione delle categorie

interes-sate (camere di commercio, camere del lavoro,

as-sociazioni professionali, ecc.), oppure nominati

di-rettamente dai cittadini.

A tale collegio, opportunamente diviso in più

se-zioni, come l'attuale Commissione distrettuale delle

(9)

L'AVOCAZIONE DEI PROFITTI DI REGIME

ovvero

MOLTO RUMORE PER NULLA

Ai tempi del fascismo, l'arguzia popolare

riassu-meva il proprio giudizio sulla voracità dei

gerar-chi nell'epigramma che, acquistandone la pelle per

quel che valeva e rivendendola per quel che costava

alla comunità, si sarebbero potute assestare le

fi-nanze dello Stato. La barzelletta piaceva ai

com-messi viaggiatori, ohe se ne fecero propagandisti

per tutta la penisola senza immaginare che il

suggerimento in essa contenuto sarebbe stato

pre-so straordinariamente sul serio dai successivi

go-verni democratici, sostanziando una voluminosa

legislazione intesa a ricuperare le ingenti ricchezze

accumulate dai gerarchi sotto l'egida dell'aquila

imperiale.

La prima sanzione patrimoniale contro gli

ar-ricchimenti derivati da una partecipazione attiva

al regime fascista si trovano nel R. decreto-legge

9 agosto 1943, n. 720, riguardante appunto la

de-voluzione allo Stato dei patrimoni di non

giustifi-cata provenienza. Seguono il R. decreto-legge 28

di-cembre 1943, n. 29 B, per la defascistizzazione delle

pubbliche amministrazioni, e il R. decreto-legge 26

maggio 1944, n. 134, per la punizione dei delitti e

degli illeciti arricchimenti del fascismo; poi la

materia è riordinata col decreto legislativo

Luogo-tenenziale 27 luglio 1944, n. 159, recante nuove

san-zioni contro il fascismo, integrato, per la parte

ri-guardante l'avocazione dei profitti di regime, dal

decreto legislativo Luogotenenziale 31 maggio 1945,

n. 364, e modificato con i successivi decreti 31

ago-sto 1945, n„ 573 e 22 settembre 1945, n. 623.

Pino a questo punto la serie incessante delle

mo-dificazioni ed aggiunte apportate alla legislazione

contro il fascismo ne rispettava la primitiva

ra-gione politica -e non ne tradiva le intenzioni

emi-nentemente punitive, le quali, peraltro, se da un

lato conferivano rigore alle sanzioni, dall'altro

mi-nacciavano di spuntarsi contro la infinita casistica

delle eccezioni. Probabilmente consapevole d'essersi

forgiata un'arma aguzza ma infeconda, e forse

anche spinto dal proposito di attenuare l'asprezza

degli accennati provvedimenti, il Governo

final-mente procedeva a un'ultima riforma di tutta la

materia dell'avocazione dei profitti di regime, che,

con decreto legislativo Luogotenenziale 26 marzo

1946, n. 134, modificato con decreto legislativo

19 novembre 1946, n. 392, veniva inquadrata nel

sistema tributario e trasferita dalla competenza

dell'Alto Commissario per le sanzioni contro il

fa-scismo a quella del Ministro per le Finanze.

• • O

Il decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio

1944, n. 159, comminava la pena della confisca dei

beni non soltanto ai membri del governo fascista e

ai gerarchi colpevoli di aver compromesse e

tra-dite le sorti del paese, agli organizzatori di

squa-dre d'azione ed ai cittadini rei di aver commesso

delitti contro la difesa dello stato, ma anche a

tutti coloro che avessero « tradito la Patria

ponen-dosi spontaneamente e attivamente al servizio

de-gli invasori tedeschi ». La disposizione è

confer-mata dal decreto 26 marzo 1946, n. 134, il quale

peraltro si spinge alla ricerca (e all'avocazione) di

tutti i profitti conseguiti dopo l'8 settembre 1943,

in dipendenza e in occasione di appalti, di

forni-ture o di altri negozi conclusi, direttamente o a

mezzo di intermediari, col tedesco invasore,

non-ché i profitti derivanti da requisizioni o da

qual-siasi prestazione involontaria, la cui confisca è

ope-rata a titolo di contributo alla ricostruzione del

Paese.

Evidentemente, se, da un punto di vista etico e

politico, può apparire giustificata una sanzione

pa-trimoniale a carico dei cittadini che si posero

spon-taneamente e attivamente al servizio degli invasori

tedeschi, è difficile trovare una giustificazione del

trattamento riservato a coloro che non

spontanea-mente né attivaspontanea-mente, spesso anzi coattivaspontanea-mente,

conclusero negozi con corpi militari e civili

ger-manici. Ma, se non la ratio legis, è comprensibile

il procedere del legislatore. Circoscritta

l'imposi-zione ai soli collaboratori spontanei e attivi del

te-desco, si doveva intentare per ogni -caso un

pro-cesso alle intenzioni, con esito sicuramente

nega-tivo; d'altra parte, esonerati da responsabilità i

col-laboratori coatti, tutti avrebbero potuto rientrare in

questo numero, tíhi per effettiva coercizione delle

forze occupanti, chi per evitare il peggio, chi per

assicurare il pane, se non addirittura la libertà

per-sonale, alle proprie maestranze. Tutti, dunque,

deb-bono rigurgitare i profitti conseguiti in dipendenza

di rapporti intrattenuti col tedesco invasore, anche

coloro che vi furono costretti. Così quell'industriale,

che si vide requisire lo stabilimento, quello

stal-liere che dovette cedere i suoi cavalli,

quell'eser-cente cui fu occupato l'albergo sono soggetti, oltre

che al danno, ad un procedimento di avocazione

che risparmia i loro più fortunati concorrenti,

la-sciati nel libero possesso dei cespiti rispettivi. Essi

si chiedono se non sarebbe stato più giusto

sce-gliere i contribuenti allo straordinario tributo con

altro criterio, per esempio secondo la data di

na-scita o il colore dei capelli.

• • •

In tema di profitti derivanti da rapporti

inter-corsi col tedesco invasore, le istruzioni emanate dal

Ministero delle Finanze con circolare 2 maggio 1946

avvertono che il profitto netto avocabile dev'essere

determinato applicando le norme valevoli per

l'ac-certamento dei redditi ai fini dell'imposta di

ric-chezza mobile; e poiché, secondo le norme in uso,

il reddito mobiliare si presume equivalente ad una

certa percentuale del giro d'affari del contribuente,

le istruzioni ministeriali non altro vogliono

signifi-care se non l'invito agli uffici ad applisignifi-care sugli

affari conclusi con i tedeschi gli stessi coefficienti

percentuali adottati per la determinazione

dell'im-ponibile di ricchezza mobile.

Non è necessario sottolineare l'iniquità di

code-sta prescrizione, in forza della quale al volume

inequivocabilmente accertato degli affari conclusi

con i tedeschi si rende applicabile un coefficiente

che, nella sua misura, sconta largamente

l'incer-tezza delle normali rilevazioni. Lungi, peraltro, dal

tenersene paghi, gli uffici finanziari hanno messo

da parte le tabelle consuete per assoggettare le

prestazioni di cui è caso ad una nuova serie di

coefficienti, assai più gravi ed insostenibili di quelli

praticati per l'imposta mobiliare. Il contribuente è

così in grado di apprendere dal fisco che, se le

ven-dite normali gli hanno procurato un guadagno del

10 o del 20 per cento, gli affari conclusi col

tede-sco gli hanno reso il 20 o il 40, in taluni casi

per-sino il 70 per cento.

(10)

subite dai contraenti nazionali, dell'ostruzionismo

usato da parte di industriali ed operai

nell'esecu-zione delle forniture. Gli ufficiali della Wermacht

e i funzionari della Roges hanno ormai perduto,

agli occhi dei procuratori delle imposte, ogni loro

spavalda tracotanza per assumere le sembianze di

facili clienti provinciali e ingenui negoziatori.

Do-po il danno, gli industriali e i commercianti che

ebbero l'avventura di intrattenere rapporti col

te-desco invasore sono messi in condizione di subire

la beffa.

• • •

Ma non la severità della legislazione nè lo zelo

degli uffici finanziari sono finora riusciti a tradurre

in apprezzabile corrispettivo monetario i delitti dei

fascisti e le epipe dei cittadini che hanno

collabo-rato coli'invasore tedesco. A tutt'oggi, l'avocazione

dei profitti di regime ha reso allo iStato meno di

1500 milioni, probabilmente assorbiti dal costo del

meccanismo fiscale posto in opera per il loro

rea-lizzo; in •conclusione, molto rumore per nulla. Ma

intanto si è perduto tempo e si sono esasperati i

contribuenti, che, sotto l'impressione d'aver patito

un sopruso, non avranno scrupolo a rivalersi in

altri settori del pregiudizio sofferto. Non sarebbe

allora il caso, finché si è in tempo, di chiudere

questa inutile partita per dedicare ogni attenzione

a quelle di maggior conto, sulle quali debbono fare

assegnamento le stremate finanze statali?

GIOVANNI CASTELLINO

L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

IN MATERIA TRIBUTARIA

( C

r ^ T

imposte, dovrebbero essere attribuite tutte le

con-troversie di imposte — anche locali —, attualmente

di competenza di molteplici organi, previa

unifi-cazione e coordinamento in unica legge o codice

tributario di tutte le norme regolanti il contenzioso.

Simile collegio dovrebbe, in ogni modo, essere

sottratto al controllo e ad ogni ingerenza

dell'am-ministrazione attiva e davanti ad esso il

procedi-mento dovrebbe svolgersi con forme semplici e

sciolte, in modo da garantire la celerità ed

econo-micità dei giudizi.

Anche per il secondo grado la Commissione

sug-geriva la creazione, per ogni circoscrizione di Corte

d'appello, di collegi formati da uno o più giudici

togati e da uno o più esperti, eletti questi ultimi

con le modalità previste per i collegi di prima

istanza, entrambi con competenza piena, sia sulle

questioni di valutazione, sia su quelle di diritto.

Come organo giurisdizionale supremo, si

consi-gliava o la costituzione di una o più sezioni speciali

della Corte di Cassazione — sempre con l'inclusione

di giudici elettivi — od il mantenimento dell'attuale

Commissione Centrale, che ha effettivamente

con-servato in ogni tempo la propria alta funzione su

•un piano di imparzialità e di dottrina veramente

degne di elogio.

Siffatto ordinamento, regolato da norme

procedu-rali intese a rendere obbligatoria la motivazione

delle decisioni, a far giudicare secondo lo stretto

diritto, e non anche secondo equità, ed al

conse-guimento di una perfetta parità di posizione, tra

ente impositore e contribuente, e della maggiore

speditezza dei giudizi, dovrebbe portare alla

sop-pressione dell'attuale sindacato dell'Autorità

Giudi-ziaria sulle questioni di diritto e su quelle cosidette

di estimazione complessa (controversie, cioè, miste

di diritto e di fatto), con evidente vantaggio e per

gli enti impositori e per gli stessi contribuenti.

A favore dei contribuenti, infine, si proponeva,

nella citata relazione, di stabilire la gratuità dei

giudizi, l'abolizione del principio del solve et repete

(cui farebbero riscontro la possibilità della

provvi-soria eseguibilità delle pronunzie di primo grado

e la piena efficacia esecutiva di quelle d'aippello)

e l'aggiudicazione degli interessi compensativi, in

caso di rimborso di tributi indebitamente pagati.

L'attuazione dell'auspicata riforma, sulla traccia

dello schema sapraesposto, porterebbe certamente

un decisivo contributo al raggiungimento di quella

disciplina fiscale che è invidiata prerogativa degli

stati democratici più progrediti ed alla quale deve

tendere la giovane democrazia italiana, per attuare

anche in campo tributario una maggiore giustizia

distributiva.

E' tuttavia opinione di chi scrive che l'accennato

progetto, in coerenza alle sue linee fondamentali,

vada completato con norme prescriventi

l'obbliga-torietà di un difensore — quanto meno nelle

con-troversie di maggiore entità ed in quelle involgenti

questioni di diritto —, con disposizioni analoghe a

quelle sul gratuito patrocinio pei possibili casi di

contribuenti non abbienti, essendo interesse di tutta

la collettività e quindi dello Stato stesso che, nei

confronti di ogni cittadino, la legge d'imposta sia

rettamente applicata.

Per la migliore attuazione del principio della

di-fesa obbligatoria, dovrebbe naturalmente

provve-dersi ad una nuova più razionale ed appropriata

disciplina dell'esercizio della consulenza ed

assi-stenza in materia tributaria, che deve assurgere

a professione specializzata, tutelata da efficaci

ga-ranzie di. preparazione tecnica e giuridica e di

asso-luta probità.

Un ordinato sistema tributario, assistito da valide

guarentigie giurisdizionali, darebbe modo di

rag-giungere una maggiore giustizia nella ripartizione

dei carichi fiscali e faciliterebbe certo la

forma-zione di una migliore coscienza tributaria.

Raggiunta tale meta, l'evasione fiscale •— che

oggi, paradossalmente, costituisce vanto ed orgoglio

di non pochi cittadini, anche di classi elevate —

dovrebbe venire considerata, almeno nelle sue forme

più gravi e nei casi di recidiva, come vero e proprio

reato e punita anche con severe pene detentive,

sul motivo, etico e politico insieme, che chi con

malizia si sottrae ad una legittima obbligazione

tributaria commette azione antisociale e lede un

fondamentale diritto dello Stato.

FRANCESCO FRETTO

CITTA DEL SILENZIO

, c

r r r

«45° parallelo», che rifugge da eccessi africanisti

o boreali.

Turineis fauss e curteis,

ci chiama anche, da

se-coli, il proverbio: a esprimere una doverosa

urba-nità sociale che copre la solitudine interiore, il

distacco dai faciloni embrassons-nous. Direi che noi

torinesi abbiamo saputo assumere il tono giusto di

fronte alla vita e all'azione, trattandole da signori

e non da servi: poiché la vita ci è data, il meglio

è riempirla di opere; ma da questo a freneticamente

adorarla, a celebrare i suoi fasti, a estasiarsi dei suoi

modi, come se fossimo nati ieri, via, ci corre. Se

Nietzsche, alla vigilia del crollo, amò tanto Torino,

fu certo perchè vi trovava oscuramente un antidoto

•alla sua dismisura. Parchi, sobri, vigilati nel fare:

e tutto il tempo e gli affetti che cosi restano liberi,

dedicarli alla vita interiore. Voi non potete

imma-ginare come questo clima mentale e sociale, questo

tono dell'ambiente cittadino, propri di Torino, siano

propizi a quella concentrazione magica, a quel con.

nubio di meditazione e azione, di sogno e realtà, in

cui è un segreto dell'avvenire. Incipit vita nova..

Quest'ultima cosa, Torino non la sa ancora abba.

stanza: e, certo, è gran tempo che il suo genio si

accinga a nuove incarnazioni. Quanto a me, sarei

felice se lo stile di vita subalpino, raffinatosi ancora

conquistando proseliti, diventasse esemplare.

.Al-lora, amici, noi potremmo anche indulgere a qiiella

vostra agitazione di effimeri che oggi un po'

c'im-pazientisce, e magari trovarla toccante. Come quel

turbinare di lucciole, o di farfalle intorno alla

lu-cerna, nelle sere d'estate, quando si cena all'aperto,

sotto il pergolato; e le canzoni che errano nell'aria,

cantate dalle coppie innamorate, fanno un po'

groppo alla gola, e tutti i visi sono bianchi e molli

come fantasmi, al lume della luna.

(11)

G L I S C A M B I L A N I E R I

NEL COMMERCIO ESTERO ITALIANO

Sono stati recentemente pubblicati i dati

rela-tivi al periodo gennaio-settembre 1947 della

stati-stica italiana del commercio estero, quale risulta

dalle rilevazioni doganali. Dati di grande

impor-tanza, perchè permettono di avere una visione

pa-noramica non solo del quadro generale dei nostri

scambi esteri, ma di ogni settore principale di

atti-vità. Risulta da questi particolarmente la grande

importanza che riveste l'industria laniera nel

qua-dro dei nostri rapporti con l'estero: è a tutti noto

ohe questa industria è principalmente concentrata

nella zona biellese, ma stabilimenti lanieri non

mancano anche in altri centri della regione

piemon-tese. Di qui l'interesse di conoscere la situazione.

Per utile confronto, accanto ai dati relativi ai

pri-mi nove mesi del 1947 (le statistiche italiane escono

ancora con un certo ritardo) si sono raccolti anche

i dati relativi allo stesso periodo del 1938, ultimo

anno completo di pace, ed al 1934, ultimo anno

nor-male prima delle sanzioni e dell'introduzione delle

restrizioni valutarie. Il quadro si presenta pertanto

cosi (dati in milioni di lire correnti e comprensivi

per il periodo prebellico degli scambi colle colonie

italiane) :

P R I M I 9 M E S I 1934 1938 1947 ( m ¡ I o n i d i L i r e ) Irniportazioini 5.705,7 8.475,0 308.018,0 E s p o r t a z i o n i 3.956,5 7.5118,3 139.717,8 S a l d o paissivo 576,8 956,7 168.400,3 Imipoirtaz. tona, c r i n i , p e l i (1) 567,7 386,3 28.047,6 in % totale . . . 10

%

4,5 % 9 % ISsportaz. l a n a , c r i n i , p e l i (1) 200,3 369,7 1:0.434,0 in % totale . . . 5,3 % 4,9 % 6,1 %

A motivo della molteplicità dei regolamenti

va-lutari, dai quali è disciplinato il commercio dell'Italia

con l'estero, e della conseguente varietà dei cambi

applicati nelle singole operazioni commerciali,

l'Isti-tuto Centrale di Statistica ci avverte che i dati

for-niti non hanno una certezza assoluta, dato anche

che all'esportazione non sempre i nostri esportatori

hanno denunciato l'esatto importo delle loro vendite

e 'date le condizioni anormali in cui si svolsero buona

parte dei nostri scambi (es. forniture UNR.RA,

lavo-razioni per conto difficili a valutare dalla Dogana).

Comunque ci si può fare un'idea della situazione,

nonché delle modificazioni strutturali e geografiche

intervenute dopo la guerra nell'ambito degli scambi

lanieri.

All'importazione della materia prima che serve

ad alimentare la nostra industria trasformatrice

troviamo pertanto :

PRIMI

MESI

PROVENIENZE DA 1934 (quintali) 1938 (quintali) 1947 (quintali) milioni di Lire A u s t r a l i a . . . . 265.486 A r g e n t i n a . . . . 131.293 S u d A f r i c a . . . 97.153 G r a n B r e t a g n a . . 67.832 U r u g u a y 31.653 U . S . A 627 P a e s i v a r i . . . . 7® .349 T O T A L E . . . 672.393 95.015 47.2)16 59.108 15.405 20.298 47.564 420.60S 42.044 407.899 67.282 16.655 ,170.387 77.913 279.016 . 1.2012.785 9.069,9 1.026,2 7.269,7 2.131,1 507,2 4.339,5 2.753,5 27.097,1

Il fenomeno che maggiormente colpisce da un

primo esame della tabella è l'aumento in volume dei

nostri acquisti di lana grezza :

1.) rispetto ai primi 9 mesi del 1934, gli arrivi

risultano aumentati nello stesso periodo dell'anno

testé decorso dell'80 % circa. Le importazioni furono

poi addirittura più di 4 volte superiori a quelle

avu-tesi nel 1938: anno, questo, in cui però i

riforni-menti all'industria laniera della materia prima base

per le sue lavorazioni erano assolutamente

insuffi-cienti ai bisogni in conseguenza della politica

au-tarchica;

2) le importazioni in temporanea appaiono

di-minuite rispetto al 1946, sintomo questo della

dimi-nuita importanza delle cosidette lavorazioni per

conto nel quadro dell'attività complessiva

dell'indu-stria laniera.

Quanto alla provenienza della materia prima

importata si devono fare le seguenti osservazioni:

a)

vengono ad assumere fra i paesi fornitori

(figurano ora al terzo posto) una notevole

impor-tanza gli Stati Uniti d'America, ove invece nel

pe-riodo prebellico i nostri acquisti di lana grezza

era-no praticamente nulli. Ciò rientra nel feera-nomeera-no più

generale dell'enorme peso che questo paese è venuto

ad assumere nel nostro commercio estero in

conse-guenza della ben nota politica di aiuti all'Europa

Occidentale;

b)

il grosso però delle nostre importazioni di

lana grezza risulta proveniente dai paesi

dell'Impe-ro Britannico, i cui Dominions siti nell'emisfedell'Impe-ro

meridionale detengono un primato mondiale nella

produzione di lana. Si tratta in questo caso d'un

regime più normale di rifornimenti, in quanto la

materia prima proveniente da questi Paesi fu

evi-dentemente in un modo o in un altro pagata, o, in

misura minore, ricevuta per essere trasformata.

Dal-l'area sterlina— e ciò ha la sua importanza ai fini

valutari — risulta pertanto ora proveniente il 74.6 %

della lana grezza contro il 62.8 % nello stesso

pe-riodo del 1934;

c) nonostante l'aumento delle importazioni

complessive, le provenienze dall'Argentina e

dall'Uru-guay risultando sensibilmente diminuite

quantitati-vamente ed ancor più dal punto di vista percentuale.

Per quanto si riferisce all'esportazione dei

pro-dotti finiti dell'industria laniera (la cui flessione si

è verificata negli ultimi mesi del 1947), la maggiore

vivacità della ripresa industriale laniera, e per

con-tro il ristagno di certe altre nostre tradizionali

esportazioni, ci pare dimostrata dal maggior peso

ora assunto dalle esportazioni laniere, rispetto a

quelle complessive, come risulta dai seguenti calcoli :

P R I M I 9 M E S I Esportazioni 1 Esportaz. prò- 1 % di B totali (A) [dotti lanieri (B)| su A P R I M I 9 M E S I ( m i l i o n i d i L i r e ) 1934 3.956,5 1938 7.513,3 1947 139.7117,8 1:29,4 381,1 9.632,0 3,3 5,0 6,9 CI) E ' la v o c e n. 14 d'ella s t a t i s t i c a d o g a n a l e , Im c u i p e r ò , gli s c a m b i l a n i e r i h a n n o u n ' a s s o l u t a p r e v a l e n z a .

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