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N. 28
15 Febbraio i 948
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I
C O N S I G L I O DI" R E D A Z I O N E d o t t . A U G U S T O B A R G O N I prof. dott. A R R I G O B O R D I N prof. avv. ANTONIO CALANDRA d o t t . G I A C O M O F R I S E T T I prof. dott. S I L V I O G O L Z I O p r o f . d o t t . F R A N C E S C O P A L A Z Z I r T R I V E L L Iprof. dott. L U C I A N O GIRETTI D i r e t t o r e
dott. A U G U S T O B A R G O N I C o n d i r e t t o r e r e s p o n s a b i l e
QUINDICINALE A CURA DELLA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA E AGRICOLTURA DI TORINO
IN MEMORIA DI
FILIPPO BURZIO
Q U A N T I T À E Q U A L I T À
Che, fra noi Piemontesi, proprio un ingegnere — e cioè persona portata da severo abito di studi a ri-cerche scientifiche intese coirne misura di un mondo visto sotto l'aspetto quantitativo', anche se negli infi-nitesimi dell'analisi matematica — tanto dovesse distin-guersi rosi contribuire, in compagnia idi pochissimi altri profeti d'ogni nazione, a illustrare l'importanza della qualità come compenso dello squilibrio di cui soffre la nostra civiltà, da decenni ormai in acme di dege-nerazione quantitativa; che l'ingegner Filippo Burzio, biografo del meccanico [Lagrange, sapiente di meccà-nica a sua volta e scienziato « puro », e quindi incline a meccanizzare le attività dello spirito, sapesse superar la formazione intellettuale della sua prima età d'uomo e giungere alla « terza 'via » dal demiurgo, il quale non rinuncia « non possiede soltanto, ¡ma possiede con distacco e, coirne Wilhelm Meóster al termine dei
« Lehrjahre », pensa a vivere di vita integrale nel mondo degli uomini e nell'universo di Dio, sintetiz-zando le necessità collettive della massa con ile libertà creative della personalità umana e ponendo d'accordo il cielo con la terra, ,lo spirito con la materia, la qua-lità c o n la quantità; che, infine, iil professore dell'ac-cademia militare di artiglieria e genio di Torino riu-scisse a porre accanto ail numero e cioè, sempre, alla grandezza quantitativa e materiale — numerus «tot
ex parte materiae, diceva San Tomaso d'Aquino — la
magicità demiurgica o, con altra parola, la poesia; •che Filippo Burzio, insomma, sia giunto a conquista — o riconquista — tanto necessaria e tanto urgente per cinque continenti e duemila milioni di esseri umani in sfacelo, è cosa singolare e ammirevole: è la realiz-zazione rarissima, in ipersona, Idi un divenire, di un salire sulla scala d'oro del proprio perfezionamento, di uno « stirò und merde » olimpico alila Goethe, raggiunti senza sbracciarsi e sbracarsi di forme rettoriiche este-riori, anche se in tempesta d'i dubbio e angoscia inte-riore, con quelle doti del parlar poco, del far molto, dell'essere più che sembrare, Che Burzio dimostrò di possedere e vedeva, amandole, m i suoi Piemontesi. Qui, in sede d'economia, debbiamo limitarci a se-guire parte soltanto — quella più vicina ai nostri studi — dell'evoluzione del Burzio. in uno dei momenti cru-ciali ideila sua vita.
Filippo Burzio, Che il .13 dicembre 1925 aveva pre-sentato alla Reale Accademia delle Scienze di Torino una nota « Sul!'liquazione differenziale della derivazione dei proietti », di puro carattere matematico, poco più di un mese dopo, ili 31 gennaio 1926, ne presentò una seconda, « Sul concetto di residuo in Pareto ». Come Pareto un tempo — e questi e'bbe a spiegarlo nel 1917, nel suo Discorso ipeil giubileo di Liosanna — arrivato a un certo punto delle sue
ricer-che di economia politica si trovò ad una via senza uscita, vedeva la verità sperimentale e non riusciva a raggiungerla, si imbatteva nel-l'ostacolo dell'interdipendenza dei fenomeni sociali e, imbarazzato nel far corrispondere l'esperienza con le conclusioni della teoria econo-mica, pensò di superare la diffi-coltà e si indusse a elaborare, sem-pre quantitativamente, concetti so-ciologici per tentar di dominare l'intera realtà politico-sociale, sfug-gente ai soli concetti dell'economiia, la quale — osservò il Croce nella « Filosofia della pratica » — non può
e a tralasciare far altro che
« ritagliare dagli atti volitivi al-cuni gruppi che semplifica e ir-rigidisce n e l l o schema dell'uo-mo economico »; così il Burzio, seguendo il Pa-reto stesso, ten-tò nella citata nota di
giustifi-carne, di fronte a critiche cro-ciane, la legitti-mità del proce-dere meccaniz-zante in sociolo-gia; la legittimi-tà del metodo, cioè, che porta a rendere
astrat-to e quantitativo il concetastrat-to d'azione le distinzioni qualitative.
Ma al tentativo brillante dell matematico Burzio per giustlfiioare un metodo troppo legato al razionalismo, allo scientismo e al positivismo dell'altro secolo — e Pareto era uomo del secolo X I X — e p roh abilmente anche per dare una risposta a certi suoi intimi, primi dubhi di scienziato quantitativo, doveva seguire la rea-zione della qualità c h e scaturì nella crearea-zione spiri-tualistica del . « demiurgo », che con Kierkegaard si ribella alla meccanicità della dialettica hegeliana; con Bergson ammette la macchina soltanto perchè essa, se schiava e non domina,trCce, può 'concedere .all'uomo i lloisiirs ie trasformare l'universo stesso in una machine
à faire des dieux; con Keyserling parila il linguaggio della saggezza eterna; con iRamuz vuole le cose, le quantità, à la faille <de l'homme e, infine, pur se le-gato ad una terra umana, ammette la tralsicendenza stellare di un Berdiajef o di un Guénon.
Burzio riportò, quindi, qualità e quantità in equi-librio. E', questo, il problema basilare da risolversi per
risolvere la crisi che travaglia il mondo e per porre fine all'angoscia degli uomini. L'aver indicato una via e una stella polare a naufraghi disorientati quali noi siamo basta perchè Filippo Burzio abbia meritato di realizzare, anche dopo la vita terrena, quel suo ideale demiurgico di — per dirla con sue parole — « restar nel tempo con animo eterno ». LUCIANO GIRETTI
S O M M A R I O :
Quantità e qualità (L. Giretti) . . pag. I Città del silenzio (F. Burzio) . . . pag. 2 Tra Russia e America ( W . Röpke) pag. 3 Si vuole l'aggiornamento dei
red-diti di ricchezza mobile?( C. Prat) pag. 4 L'amministrazione della giustizia
in materia tributaria (F. Fretto) pag. 6 L'avocazione dei profitti di regime
ovvero molto rumore per nulla (G. Castellino) pag. 7 Gli scambi lanieri nel commercio
estero italiano (G. Cosmo) . . . pag. 9 G'i ostacoli alla pace (A. Crespi) . pagi 11
Rosa dei venti pag. 13
Mercati Pag- 15
Notiziario estero pag. 16 L'officina meccanica del Politecnico
di Torino (G. Micheletti) . . . . pag. 18 Borsa compensazioni pag- 21 Il mondo offre e chiede . . . pag. 23 Breve rassegna della «Gazzetta
Uf-pag. 27 Trattati e accordi commerciali pag. 28 Disposizioni ufficiali per il
C I T T À D E L S I L E N Z I O
Di quando in
quan-do non è forse male
azzardar qualche
ere-sia per rompere le
incrostazioni del
con-formismo e battere
ini breccia le
trion-fanti stupidità del
luogo comune. Io ho
dei buoni amici,
sta-biliti lontano, i
qua-li tornano una volta
all'anno da noi,
ge-neralmente a Natale
per passar le feste in famiglia: e vengono a
trovarmi, e mi dicono del senso di squallore e
disagio, talora quasi di angoscia, eh® provano
venendo da Milano o da Roma in questa città,
che alle 10 di sera ha già le sue vie centrali
deserte, ñocamente illuminate, con tutti gli
eser-cizi pubblici chiusi, mentre sotto i portici —
i famosi portici! — s'ingolfano il vento e la nebbia
e la fan da padroni, fugando i radi passanti,
fred-dolose ombre dal bavero rialzato. « Ma che fate a
Torino? Ma non vedete che Torino muore;
sveglia-tevi, se ne siete ancora in tempo! ». E, trascinato
dal luogo comune, intimidito dall'opinione corrente,
timoroso di reagire al conformismo, il più delle volte
anch'io annuisco e sospiro, alzando gli occhi al cielo,
Ma qualche volta che sono in vena, e di umor
battagliero, e con taluni amici più intimi o più
in-telligenti, oso contraddirli, e confessare le mie
pre-ferenze malsane, il mio vizio segreto; e non solo
difendermi ma contrattaccare. « Io non so che
far-mene, cari miei — dico loro — delle vostre città
tentacolari, del vostro gigantismo insulso, e di tutti
quei récords di cui andate fieri, continuamente in
gara a superarvi, nel numero, nella velocità, nel
fragore; dell'agitazione disordinata e febbrile, in
cui stoltamente voi fate consistere la potenza e il
vigore della vita! Non amo quei vostri bar luccicanti
e privi d'intimità, che sempre più sostituiscono i
caffè discreti; quelle folle brulicanti, quel saettar
di veicoli per vie congestionate, quelle coppie
stan-dardizzate che godono a pestarsi i piedi nei
quadra-tini minuscoli dei dancings, al ritmo sincopato delle
musiche negre! E ringrazio il Cielo che questa mia
cara città segua altri cammini. Misteriosi cammini,
che città e nazioni percorrono, mosse da profondi
istinti, lungo cicli vitali differenti e sfasati: e così
senti dire che Torino decade o che la Francia
muore. Ma, personalmente, io sono abbastanza
otS u l finire d e l l o s c o r s o a n n o F i l i p p o B u r z i o p u b b l i -c a v i ne « L a N u o v a S t a m p a » q u e s t o arti-colo in -cui, c o n f u t a n d o le critiche f a c i l i e v o l g a r i da m o l t i r i v o l t e a T o r i n o e ai torinesi, i l l u s t r a v a m a g i s t r a l m e n t e le qualità del n o s t r o stile di v i t a e q u e l l e , p r o p i z i a t o r i e e m a g i c h e , della nostra città. P o c h i giorni p r i m a di m a n c a r e ai suoi concittadini e all'Italia, F i l i p p o B u r zio s c r i v e v a al P r e s i d e n t e d e l l a C a m e r a di C o m m e r -cio, c o m m . M i n o l a , r i n g r a z i a n d o p e r le f e l i c i t a z i o n i inviategli p e r l'articolo e d i c e n d o s i lieto di a u t o r i z -zarne l a r i p r o d u z i o n e s u « C r o n a c h e E c o n o m i c h e ».
timista su entrambi
i casi clinici, e
spe-cialmente sul primo;
anche se, ahimè, sia
vero che, dopo dieci
anni da che furono
inaugurati, i portici
di via Roma sono
ancora stranieri alla
vita cittadina, e
de-serti e inospitali ;
tanrto i torinesi
ri-fuggono dal muovo,
tardi come sono
nel-l'assuefarsi, alieni dall'agitarsi e restii a mutar
foggia e costume.
Meglio assiso che in vie, meglio che assiso
sdraiato, e meglio che sdraiato morto.
diceva quel poeta orientale: ma ohibò, osereste
forse insinuare che i torinesi siano ormai nulla più
che dei fatalisti orientali? ».
• • •
Il vostro errore, amici, è di confondere
dannun-zianamente le città del silenzio con le città morte,
di non saper distinguere la vita che brulica in
su-perficie da quella che opera in profondità; e di
credere ingenuamente che gli eroi d'oggigiorno siano
il grande brasseur d'affaires che fa la spola tutto
l'anno in aereo fra le capitali del mondo, o lo
sta-khanovista che, in barba al suo compagno di
mi-niera, gli scava come niente fosse cento chili di
carbone di più sotto il naso. Sono secoli che ci
chiamano bógianen, eppure non siamo ancora morti,
e qualche cosetta l'abbiamo pur fatta :, l'Italia, per
esempio, e poi don Bosco, il Cottolengo e la Fiat;
e se, ancora ieri, fummo la città più antifascista
d'Italia, fu anche perchè ci urtava in quel moto
di primitivi e d'immaturi il pacchiano agitarsi ed
esibirsi; e quel canto Giovinezza, e quelle parate
per le strade, e quel motto: La vita comincia
do-mani,
che a noi sapevano tanto di balordo.
L'a-sciutto Giolitti (più ancora di Cavour, troppo
in-gordo di vita) fu il nostro uomo; e anche Agnelli,
a suo modo, era così; e anche quel duca Emanuele
Filiberto, Testa di Ferro, da cui comincia la nostra
storia essenziale. Anche gli spagnoli e i protestanti
(soprattutto i calvinisti) sono un po' di questa razza,
ma direi con un che di acre e disumano, senza quel
nostro piglio più bonario, più « zona temperata » e
(Continua a pag. 8)
Nella collana dei quaderni di «
Cronache Economiche « è
immi-nente la pubblicazione del volume di
L U C I A N O G I R E T T I
U O M I N I I N C R I S I
SAGGIO SULLA DECADENZA DEL PIEMONTE
Ecco l'indice degli argomenti trattati :
Capitolo primo. — 1. 'Orisi delia: n a z i o n e o della. r e -gione'? - 2!. l a g n a n z e dell P i e m o n t e - 3. C o l p a d e i P i e m o n t e s i ? i
Capitolo secondo. — 1. L ' e c o n o m i a e l ' u o m o - 2. I P i e m o n t e s i e l ' a m b i e n t e icantemparaoaeo.
Capitolo terzo. — 1 . D e c a d e n z a , g u e r r a e tounqclnaeia - 2. I parassiti imodeirnii ideila p r o d u z i o n e - 3. La s u p e r s t i z i o n e idei p i a n o 4. 'I P i e m o n t e s i .nella n u o -va [concorrenza. - 5. Orgainiizzazione burocraitiioa e oris'tallfeizaizioine imonopdl'istiica 6. Il « p r u s s i a n e -s i x i o » d e i P i e m o n t e -s i .
Capitolo quarto. — 1. M a o h e icos'è quesito laivoro?
- <2. Il ilaivoro d e l l e p i r a m i d i - 3. U n a m o d e r n a aipo-logia, d e l l o s p r e c o - 4. D a n n o peti i ¡migltarii - 5. La 'divisione del l a v o r o .
Capitolo quinto. — 1. L a « q u e s t i o n e ¡meridionale » d e l P i e m o n t e - 2. U rimedito deiriintìustriallzza-zione... - 3. ... e q u e l l o d e l r e g i o n a l i s m o - 4. (Feu-d a l e s i m o o servitù. Capitolo sesto. — 1. H m a l e e Ha m e d i c i n a 2. E s e m -p i o e m i s s i o n e d e i P i e m o n t e s i - 3. Bes-ponsaiMlità e d o v e r e d e l l e g r a n d i P o t e n z e (vincitrici.
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TRA R U S S I A E A M E R I C A
d i W I L H E L M R Ö P K E
In politica ci s'imbatte, a volte, in formule
for-nite d'una simmetria seducente, ma ingannevole,
dalle quali non ci si può mai abbastanza guardare.
Eccone una delle più pericolose:
— ad oriente d'Europa si trova l'impero
im-menso della Russa sovietica, e ad occidente la
gran-dissima potenza degli Stati Uniti d'America.
Se-condo la nomenclatura della geografia fisica, nè
l'uno nè l'altro dei due Paesi appartiene all'Europa
(o, almeno, la Russia vi appartiene soltanto in un
senso alquanto pedantesco), ma queste sono le
po-tenze oggi in lotta per decidere il destino del nostro
continente, mentre noi europei — grazie alla
po-litica pazzesca della Germania hitleriana — siamo
ridotti ad essere quasi soltanto gli oggetti puri e
semplici di tale lotta titanica. Ambedue gli imperi
-— si dice comunemente — sono sotto molti aspetti
lontani dal nostro modo di pensare europeo. Ergo
— si continua — Mosca e Washington debbono
venir considerate come due poli simmetrici e
op-posti, da cui noi europei dobbiamo ugualmente
guardarci. Alcuni vanno ancora un passo più in là,
e cianciano come se tanto in Oriente quanto in
Oc-cidente esistesse in fondo la stessa volontà di
po-tenza, la stessa fame di conquista e la stessa
dit-tatura.
Tutti i concetti di cui sopra sono popolari, ma
campati in aria, e misconoscono al cento per cento
le caratteristiche essenziali sia della Russia
sovie-tica dbe degli Stati Uniti. Così, quando sento
espri-mere da alcuni la stessa diffidenza nei riguardi dei
due Paesi, mi domando come mai sia possibile che
certe persone non abbiano ancora capito che cosa
sia oggi in gioco e abbiano invece interamente
per-duto il senso delle proporzioni.
Non intendo naturalmente in alcun modo
sorvo-lare sulla differenza esistente tra la forma europea
e la forma nordamericana della nostra civiltà
occi-dentale. Le conosco ambedue e ne ho sempre
chia-ramente percepito la differenza, senza sentirmi,
come europeo, superiore, ma senza nemmeno
sof-frire di alcun complesso di inferiorità. Noi europei
non dobbiamo in alcun modo desiderare che
l'Eu-ropa soggiaccia all'influenza della civiltà americana
e cada in balìa del culto della quantità, contro cui
i migliori fra gli americani pongono insistentemente
in guardia i loro concittadini. Nel nostro desiderio
di europei, quello di difendere la tradizione
carat-teristica del nostro continente, ci è dato di pensarla
all'unisono con gli « umanisti » fra gli americani,
di cui ho la fortuna di contare, alcuni fra i miei
amici. Due volte, durante l'ultima guerra, ho
rifiu-tato un invito a recarmi negli Stati Uniti, e ciò
proprio per rimanere fedele a Ginevra, alla
Sviz-zera e all'Europa, anche a costo di correre un
ri-schio che, come oggi possiamo esattamente
valu-tare, non è poi stato troppo piccolo. Non ho quindi
certo bisogno di difendermi contro l'accusa assurda
che mi rimprovera di essere disposto a optare per
la civiltà americana, con tutti i suoi seri pericoli
e gravi problemi. Oggi, come già detto, non si tratta
di questo, e sta in gioco infinitamente di più. Si
tratta, oggi, di vedere ^se possiamo oppure no
con-servare in vita gli ultimi valori e gli ultimi ideali
della civiltà occidentale contro l'avanzata del
tota-litarismo, che ha adesso nella Russia sovietica la
sua ultima e forse più pericolosa rappresentante.
La civiltà occidentale è patrimonio comune degli
europei e degli americani, e i suoi valori e ideali
si fondano sui concetti di libertà, diritto e
perso-nalità, così come essi sono stati intesi dai filosofi
dell'antichità e dal cristianesimo. Non si tratta
quindi di vedere ciò che ci separa dagli Stati Uniti,
ma di conservare ciò ohe invece abbiamo in comune
con essi. Questo patrimonio comune è ciò che più
importa: è la civiltà dell'Occidente, che ieri
ab-biamo difeso contro una delle forme del
totalita-rismo e che oggi dobbiamo difendere insieme
con-tro un'altra forma. Ecco qual'è la situazione
at-tuale, se vogliamo considerarla nei suoi aspetti
essenziali.
Senza l'aiuto dell'America, l'avvenire dell'Europa
sarebbe oggi senza speranza, sia economicamente
che politicamente. Il nostro continente diventerebbe
il semplice avamposto del gigantesco, totalitario
territorio asiatico, e l'Europa, dal punto di vista
della civiltà, perderebbe per sempre ogni significato.
Ritengo dunque che, in luogo di guardare con
dif-fidenza agli americani, gli europei dovrebbero
rin-graziare in ginocchio il Creatore, perchè gli Stati
Uniti hanno riconosciuto un interesse vitale nella
difesa dell'Europa, o almeno di quella parte del
nostro continente che la fatale politica di Roosevelt
non ha già sacrificato. Non è assurdo pensare che
gli americani avrebbero invece potuto ritenere
com-pito più urgente la difesa dell'Estremo Oriente,
ab-bandonando più o meno a se stessa l'Europa. E
abbiamo ogni motivo di tremare di fronte alla
pos-sibilità — ch'io spero inverosimile — che per molte
ragioni, fra cui le delusioni loro causate dalla
dif-fidenza degli europei e dal disordine economico
regnante in molti paesi d'Europa, gli Stati Uniti
abbiano a pentirsi di essersi impegnati nel nostro
continente e ritornino ad una politica isolazionista,
che risulterebbe catastrofica per loro e per noi.
Ecco la vera situazione, cui ormai più non
bi-sogna girare intorno, senza affrontarla, con frasi
miranti a destare l'impressione che ci sia possibile
di rimanere gli spettatori neutrali di un conflitto,
la cui posta è il nostro stesso destino. La verità
orribile è che l'Europa può ancora continuare ad
esistere —- politicamente, economicamente e
cultu-ralmente — soltanto con l'aiuto degli Stati Uniti.
Non ci è più possibile sfuggire ad una scelta tra
Mosca e Washington, tal quale non ci è stato in
passato possibile attendere in posizione di
neutra-lità tra Mosca e Berlino. In fondo abbiamo già
scelto per Washington, e lo sappiamo.
SI V U O L E L ' A G G I O R N A M E N T O
DEI REDDITI DI RICCHEZZA MOBILE?
La via adottata dai Governi succedutisi a
par-tire dalla liberazione parziale del territorio
nazio-nale, per adeguare gradualmente i redditi imponibili
di ricchezza mobile alle successive espressioni
mo-netarie dei redditi mutati nella loro reale
consi-stenza, può così riassumersi :
Con D.L.Lt. 19-10-1944, n. 384, venne disposta una
revisione straordinaria dei redditi di Categoria B e
CI con effetto dal I
oluglio 1944, fissandosi le
ali-quote di imposta erariale rispettivamente al 26 %
e 16 %.
Con D.L.Lt. 7-2-1946, n. 31, venne prorogato il
ter-mine per la revisione al 30< giugno 1946
disponen-dosi l'iscrizione a ruolo provvisoria dei redditi
pre-cedentemente accertati moltiplicati per il
coeffi-ciente 4. Con facoltà all'Amministrazione di
appli-care coefficienti minori ove quello normale fosse
ri-tenuto eccessivo.
Con D.L. 1-9-1947 vennero ridotte le aliquote
ri-spettivamente al 20 % ed al 12 % per le Cat. B. e
CI, prevedendo una ulteriore riduzione per la B al
18 % a partire dal I
ogennaio 1949.
Contemporaneamente venne disposta una
rivalu-tazione d'ufficio con il coefficiente 3 dei redditi
de-terminati per gli anni 1945 e 1946.
Parallelamente venne ridotta l'imposta camerale
alla misura stabilita dal R.D.L. 31-10-1941, n. 1418,
maggiorata, limitatamente al 1947-43, del 50 % (per
Torino 0,50 e rispettivamente 0,75 %); vennero
ap-portate radicali modifiche alla tassazione dei redditi
di lavoro dipendente, con l'accordare una
detrazio-ne di L. 240.000 annue, e con l'estendere sino ai
redditi di L. 600.000 l'aliquota fissa di imposta
com-plementare dell'I,575 % per gli impiegati e dell'I,50
per cento per gli operai.
Le istruzioni ministeriali a firma del Ministro
Pella, in data 26 agosto 1947, riconoscevano che
l'inasprimento delle aliquote avvenuto in diverse
ri-prese dal 14 % e 12 % al 26 % e 16 % costituiva
remora all'acquisizione al tributo del reddito
effet-tivo dei contribuenti i quali, di fronte all'onerosità
del carico tributario, si sentivano indotti ad
occul-tare parte dei loro redditi
e sottolineavano che il
ritorno alla normalità fosse pertanto in funzione di
due elementi: aliquote e redditi, che sono fra loro
strettamente interdipendenti ai fini di una equa
ripartizione degli oneri tributari.
Osservavano che la tendenza dei contribuenti ad
occultare parte del reddito è stala assecondata
da-gli uffici e dalle commissioni di merito che non
po-tevano non tener ponto del carico tributario che si
accollava al contribuente con la deiterminazione dei
redditi, cosicché si è creai'a una situazione di fatto
per cui non sempre il reddito accertato corrisponde
a quello che si sarebbe potuto acquisire al tributo
in base ad una più esaUa valutazione dei suoi
ele-menti costituitivi, come è provato dalla media di
quattro-sei volte il reddito precedente, ottenuta
si-nora con la revisione straordinaria disposila dal D.L.
Lt. 19-10-44.
Osservavano ' ancora che il distacco tra i redditi
effettivi e quelli accertati è stato esasperato negli
ultimi tempi dal progressivo svilimento della
mo-neta, che, con ü conseguente rialzo dei prezzi, ha
elevado l'espressione monetaria dei redditi.
E proseguivano sottolineando l'anormalità della
situazione e l'apparente elevatezza della pressione
fiscale mentre l'Erario incassa somme di gran lunga
inferiori a quelle che dovrebbe prelevare sulla base
di una pressione eguale a quella anteguerra.
Soggiungevano che per attenuare tali
inconve-nienti il Governo ha attuato la riduzione delle
ali-quote ed ha disposto il contemporaneo
aggiorna-mento dei redditi
mediante la rivalutazione
auto-matica con il coefficiente 3.
E pervenivano al punto cruciale così
esprimen-dosi: E' evidente che gli uffici nel concretare
suc-cessivamente a tale data
(entrata in vigore del D.L.
1° settembre 1947) nuovi accertamenti e rettifiche,
dovranno valutare i redditi in rapporto alla loro
reale consistenza,
non soltanto per rispondere al
preciso intendimento della legge tributaria, ma
an-che per evitare sperequazioni rispetto ai redditi ai
quali viene applicata la rivalutazione automatica.
Dal contesto delle espressioni usate nella
circo-lare, è evidente che gli uffici sarebbero ormai
te-nuti sia nell'esaminare i ricorsi dei contribuenti
contro le iscrizioni risultanti dalla seconda
rivalu-tazione automatica, sia nel procedere di propria
iniziativa alla rettifica dei redditi stessi in caso
risultino ancora sensibilmente inferiori a quelli
ef-fettivamente prodotti nel 1946 e tenuto conto delle
variazioni verificatesi nella loro consistenza reale
e nella loro espressione monetaria durante il
pe-riodo anteriore alla domanda di rettifica o all'azione
dell'ufficio, ad accertare i redditi effettivi attuali.
Il che significa che i redditi imponibili dal 1°
gen-naio 1947 sarebbero quelli apprezzabili nella loro
reale consistenza
a tutto marzo 1948 ed a tutto
di-cembre 1948 a seconda che l'iniziativa parta dal
contribuente ovvero dall'ufficio.
Rileviamo di passaggio l'assurdo a cui conduce
l'applicazione dell'art. 1, quarto comma della Legge
17 luglio 1942, n. 885, espressamente richiamato
dalle Istruzioni Ministeriali in esame, facendo
in-tervenire, quali elementi per la commisurazione del
reddito 1947, fatti e circostanze sopravvenuti
nel-l'anno successivo.
Ma quel che ci preme qui sottolineare, perchè sia
chiaro alla mente dei contribuenti come lo è per gli
uffici, si è che, come contropartita dell'attenuazione
delle aliquote di imposta (comprensive della R.M.
dell'industria e commercio a favore dei Comuni,
del-l'addizionale a favore delle Provincie, della
Came-rale e dell'aggio esattoriale ed addizionale)
risul-tante dal seguente specchietto:
Cat. A
» B
» CI
» CI
» C2
1947
rettificate
27.657
39.499475
20.225128
19.4349
8.85024
(ausiliari comm.)
(professionisti)
1947
originali
33.3522
30.65276
27,216548
22.465
8.89392
l'Amministrazione Finanziaria dovrebbe ormai
col-pire i redditi realmente prodotti e non più redditi
convenzionali, come è spiegato dalla stessa circolare.
Per valutare il carico complessivo del contribuente
occorre aggiungere alle nuove aliquote di imfposta
diretta reale l'incidenza dell'imposta
complemen-tare progressiva sul reddito e dell'imposta di
fami-glia, omettendo nel computo, ma non dimenticando,
che esistono inoltre le rate dell'imposta
straordina-ria proporzionale e della straordinastraordina-ria progressiva
sul patrimonio e gli strascichi delle innumerevoli
imposte straordinarie sui vari tipi di profitti.
Delle aliquote vigenti per l'imposta
complemen-tare e per l'imposta di famiglia dà un saggio il
se-guente stralcio dalle rispettive tabelle con
l'avver-tenza che devesi aggiungere ancora l'aggio
esatto-riale :
Reddito
100.000
150.000
200.000250.000
300.000
400.000
500.000
600.0001.000.000
1.500.000
2.000.0003.000.000
5.000.000
10.000.00025.000.000
60.000.000Complem.re
2,79
3,633
4,382
5,067
5,706
6,8827,958
8,962
12 —16,257
19,5P
25.478
35.479
55,602
66,525
75 —
Famiglia
1946
1,021,38
1,56
1,802,04
2,76
3,48
4,20
9,60
9,60
9,60
9,60
9,60
9,60
9,60
9,60
(Torino)
1947
1,021,38
1,56
1,802,04
3 —
4,32
5,76
12,24
14,40
14,40
14,40
14,40
14,40
14,40
14,40
Esaminiamo quale è il carico complessivo per
im-posta di R.M. ed accessori, complementare e
impo-sta di famiglia, di un reddito accertato di L. 600.000
annue, a seconda che esso derivi:
a)
dall'esercizio di un'attività industriale e
commerciale ;
b)
dall'esercizio di una professione lilbera;
e) da impiego in un'azienda privata.
Tale' carico è rispettivamente:
imp. R.M. ed access. Comp.re Hmp. Fam. TOTALE
a)
183.900 29.700 34.200 247 800
b)
116.600 37.300 34.200 188.100
c) 29.200 5.670 6.120 40.990
Premessi questi indispensabili dati di
imposta-zione ci pare lecito di chiedere all'on. Ministro se
in effetti si vogliono, al livello attuale delle
ali-quote per le diverse imposte che incidono i redditi
di R.M., colpire i redditi nella loro reale
consi-stenza.
Questa domanda tende ad eliminare la babelica
confusione di linguaggio, di interpretazione, di
ap-prezzamento ohe regna in proposito non solo tra
i contribuenti, ma bensì anche fra i tributaristi e
gli stessi funzionari degli uffici accerta/tori
Noi ci permettiamo di anticipare una previsione
sulla risposta, in base a due ordini di
considera-zioni :
1) la enorme disparità di pressione risultante
nell'applicazione delle aliquote in vigore nel 1947
e 48 su un reddito medio quale quello assunto per
il raffronto, di L. 600.000 annue, a seconda che
il reddito sia frutto di attività commerciale
classi-ficato in Cat. B., di lavoro professionale o
artigia-no classificato in Cat. CI (puro lavoro unicamente
differenziantesi per il carattere di indipendenza da
quello di stipendiati e salariati), o di lavoro
di-pendente classificato in Cat. C2, non è spiegabile
né giustificabile che attraverso l'ammissione - che i
redditi incerti e variabili delle due prime categorie
siano accertati in difetto in confronto alla reale
consistenza.
Ammissione questa contenuta nella circolare
mi-nisteriale che accennava ad un compromesso
crea-tosi vigendo le aliquote 1946, ma che deve
elimi-narsi con l'attenuazione accordata dal I
ogen-naio 1947.
Se si accertassero i redditi nella loro reale
con-sistenza, tre gruppi di contribuenti di condizioni
economiche molto simili quali:
a) piccoli e medi commercianti e piccoli
in-dustriali;
b) medi e modesti professionisti, medi
ausi-liari del Commercio, esercenti minori attività
com-merciali e industriali (vedi criteri restrittivi
cir-colare 4080 del 12-6-46);
c) impiegati e tecnici dipendenti da aziende
private;
avrebbero il trattamento fiscale enormemente
diverso che è stato evidenziato dalla tabellina di
raffronto.
2) i Ministri del Bilancio e delle Finanze hanno
con tutto il peso dell'autorità che loro deriva non
solo dalle rispettive alte , cariche di Governo, ma
dal loro eccezionale prestigio di competenti,
affer-mato ripetutamente che la pressione fiscale ha
rag-giunto in Italia un limite insuperabile. Ed hanno
anche chiarito ad osservatori superficiali con quali
cautele siano comparabili le pressioni tributarie di
due Nazioni a secónda del livello medio dei redditi
e delle rispettive eccedenze sul minimo
indispensa-bile per la sussistenza.
La concorde affermazione su richiamata ci
con-sente di dedurre che, fermi restando il reddito
nazionale nella sua reale consistenza e la sua
espressione monetaria, ogni incremento nella cifra
dei redditi inscritti a ruolo dovrebbe tradursi in
ima corrispondente attenuazione delle aliquote di
imposta.
Altrimenti opinando si dovrebbero considerare
destituite di fondamento le affermazioni
autorevo-lissime che abbiamo innanzi riportato.
Resta, per obbiettività e completezza, a notare che
una maggiore pressione nel settore delle imposte
dirette, potrebbe accompagnarsi ad una auspicata
riduzione in quello delle imposte indirette, sugli
affari e sui consumi, che maggiormente incidono
sulle classi più disagiate.
Ma ad adempiere a tale funzione, oppure a
fron-teggiare i deprecabili crescenti disavanzi del
pub-blico bilancio, sino al momento in cui si vorrà e
potrà veramente arginarli, potranno destinarsi gli
incrementi che al gettito delle imposte dirette dovrà
fornire il censimento e l'imposizione a carico degli
evasori totali contro i quali devesi mobilitare
nel-l'immediato futuro, secondo la giusta direttiva del
Ministro, l'azione di buona parte del personale degli
Uffici.
Pertanto non possiamo dubitare dbe la risposta
all'interrogativo rivolto allìOn. Ministro sia
ne-gativa.
A questo punto, mossi unicamente dal desiderio
di vedere eliminati gli ostacoli che si frappongono
alla formazione 'di una diversa mentalità da parte
del contribuente, togliendolo dalla posizione di
le-gittima difesa in cui si trincera; al fine anche di
trarre al momento giusto il massimo risultato dai
provvedimenti in questi giorni finalmente
appro-vati dai Consiglio dei Ministri sulle rivalutazioni
monetarie e sull'abolizione dell'imposta
straordi-naria sui dividendi, ci permettiamo di suggerire:
si proceda ad una effettiva revisione- dei
red-diti, fatta con criteri più aderenti alla realtà, basati
su volumi d'affari meglio accertati, ma con
l'appli-ca,zione di coefficienti di profitto non frutto di
fan-tasia e di'riminiscenze di utili di congiuntura. Tale
revisione porterà indubbiamente ad un
notevolis-simo incremento nel totale dei redditi imponibili
di Cat. B e Cat. CI in confronto di quelli inscritti
nei ruoli del 1947;
supposto, in via di fondata ipotesi, un
raddop-piamento della materia imponibile, si accompagni
l'iscrizione dei redditi revisionati, con la riduzione
a metà delle aliquote per la Ricchezza Mobile ed
accessorie, e con l'allargamento degli scaglioni di
reddito contenuti nelle tabelle 'delle imposte
com-plementare e di famiglia, rallentandone il ritmo
della progressività, quanto meno pei redditi
com-presi tra il minimo imponibile (da elevarsi per tutti
i redditi almeno a L. 150.000) e le L. 3.000.000;
si dichiarino irriducibili i carichi di imposta già
iscritti a ruolo 1948 e da iscriversi pel 1949,
prov-vedendo con iscrizioni integrative ai conguagli di
reddito e di aliquota come operato nei ruoli
inte-grativi 1947, evitando all'erario ogni salto nel buio,
ed assicurando nel contempo il contribuente che il
carico complessivo attuale dei già censiti non sarà
superato.
A nostro avviso questa è la strada del sollecito
ritorno alla normalità; per altra via non vediamo
che il perpetuarsi dell'insincerità e dell'evasione
co-me co-mezzo di difesa contro una pressione non
sop-portabile e malamente ripartita.
L'AMMINISTRAZION
IN M A T E R I A
Contribuenti di tutte le categorie economiche
la-mentano e denunziano, in ogni occasione, la
difet-tosa distribuzione dei carichi tributari, dovuta a
cause diverse dall'attuale assetto del sistema
d'im-posizione. infatti, è dato di constatare
quotidiana-mente, a quanti si occupano abitualmente della
ma-teria tributaria, che grave disparità di trattamento
sussiste non solo tra contribuenti ideile diverse
ca-tegorie, ma anche tra esercenti la medesima
atti-vità, e divari ancora più marcati e talvolta ingenti
esistono nelle tassazioni operate in Provincie e
di-stretti anche contigui.
Il grave fenomeno non è che uno degli aspetti
del disordine che caratterizza l'attività accertatrice
degli Uffici Finanziari — disordine dipendente da
un complesso di fattori, ¡che non possono essere
esaminati in questo breve commento —, ma
de-nunzia e rivela sopratutto l'inefficienza
dell'ordina-mento giurisdizionale, cui è demandata
l'ammini-strazione della giustizia nel campo tributario.
Tale ordinamento è sostanzialmente ancora assiso
sugli schemi elaborati agli albori dell'unificazione
italiana e può affermarsi che, a cominciare dalla
primissima — che trasformò le commissioni di
pri-ma istanza, originariamente concepite come
com-missioni di sindacato, aventi il compito di agire
di-rettamente per l'accertamento dei redditi e di
sin-dacare le denunzie dei contribuenti —, tutte le
riforme intervenute dal 1866 in poi l'hanno
peggio-rato invece di migliorarlo e perfezionarlo ; con
l'aggravante che, mentre sino alla fine del secolo
scorso la struttura economica del paese, la
sempli-cità del sistema tributario e la stabilità monetaria
rendevano relativamente agevoli i giudizi di
esti-mazione e l'equa applicazione dei tributi, in seguito,
ed in misura progressivamente crescente dopo il
primo conflitto europeo, l'insufficienza
dell'ordina-mento era venuta palesandosi sempre più evidente,
per apparire addirittura gravissima ed
intollera-bile dopo la fine dell'ultima guerra.
E' perciò che da più parti concordemente si
re-clama come indilazionabile una radicale riforma,
capace di assicurare un sufficiente grado di giustizia
e di perequazione nell'applicazione dei tributi diretti
e di quelli indiretti.
La massa dei contribuenti, oltre che gli esperti
in materia tributaria, ripone oggi scarsa fiducia
negli attuali organi giudicanti, che, per la
compo-sizione, il modo di funzionamento e la troppo docile
acquiescenza alle suggestioni della Finanza, la quale,
pur essendo parte — sia anche preminente —
rie-sce generalmente ad imporre le sue troppo
unila-terali vedute, sono ritenuti tra i fattori principali
del deplorato malcostume fiscale, che trova il fomite
primo nella complessità del sistema tributario,
nel-l'oscurità delle norme legislative, nell'eccessiva
gra-vezza delle aliquote, nell'irrazionalità dei criteri di
tassazione e nell'abborracciata sommarietà degli
ac-certamenti, il cui tasso di erroneità (generalmente
in eccesso, ma spesso anche in difetto) ha
scredi-tato gravemente l'azione accertatrice degli uffici
finanziari.
Nè le lamentate deficienze potrebbero essere
eli-minate dai consigli e comitati tributari istituiti col
D.L.L. 8 marzo 1945, n. 77, poiché la loro
costitu-zione a carattere spiccatamente politico, in un paese
come il nostro in cui l'educazione — e non già la
rieducazione — politica ha ancora tanto cammino
da compiere, lascia facilmente presagire che essi,
per molto tempo, non saprebbero portare, in così
delicata e difficile materia, quel tanto di obiettività
e di imparzialità, che rappresenta la più
indero-gabile esigenza della giustizia in ogni campo.
Tali organi, che altrimenti potrebbero diventare
ulteriore causa di aggravamento della indisciplina
fiscale, invece di attenuarla e correggerla, avrebbero
un'appropriata funzione da svolgere — come già è
: DELLA GIUSTIZIA
T R I B U T A R I A
stato suggerito al Ministero delle Finanze dal Centro
Studi Tributari della nostra Camera di Commercio
— nella ricerca ed identificazione delle evasioni e
nella raccolta di dati ed elementi utilizzabili dagli
uffici finanziari nella formulazione degli
accer-tamenti.
La soluzione del grave ed urgente problema deve
quindi essere ricercata attraverso una radicale
ri-forma dell'attuale ordinamento, che porti alla
isti-tuzione d'una vera e propria giurisdizione tributaria.
Nella relazione sul tema « Finanza », del rapporto
presentato alla Costituente dalla Commissione
Eco-nomica presieduta dal Prof. De Maria, erano stati
riferiti i rilievi e le proposte formulati
sull'argo-mento dagli studiosi e dagli enti interpellati ed erano
state tracciate le linee della riforma suggerita dalla
maggioranza dei componenti la Commissione stessa.
La Commissione di studio per la riforma
tribu-taria, insediata da alcuni mesi dal Ministro Pella
presso il Ministero delle Finanze, nel programma
degli argomenti generali di studio ha fissato, al
capo IX, quello del contenzioso ed è augurabile che
lo faccia oggetto di approfondito ed attento esame,
per ricercare e proporre la soluzione che appaghi
le aspirazioni e le aspettative della massa dei
con-tribuenti d'ogni categoria e d'ogni ceto e soddisfi
all'esigenza della retta ed illuminata
amministra-zione della giustizia tributaria, cui uno stato
auten-ticamente democratico deve tendere prima e più
di qualunque cittadino contribuente e degli stessi
studiosi delle discipline finanziarie e giuridiche.
Nel ricordato rapporto della Commissione
presie-duta dal De Maria era stato aff ermato che « al fine
di assicurare al contribuente una difesa
giurisdi-zionale effettiva e che investa la pretesa del fisco
nel suo complesso, sia relativamente al fondamento
giuridico del tributo, sia rispetto alla misura dello
stesso » era necessario che in sede costituzionale
venisse « formulata una norma con la quale al
tribuente venga riconosciuto il diritto di adire,
con-tro il fondamento e la misura della pretesa del
fisco, ad organi giurisdizionali indipendenti, nella
loro nomina e nel loro funzionamento, dalla
am-ministrazione finanziaria o, comunque, dall'ente
impositore ».
La Commissione esprimeva quindi il voto per la
creazione di un'autonoma gerarchia di organi
giu-risdizionali specializzati, intesi non già come organi
di giurisdizione speciale, ma come organi
specializ-zati della giurisdizione ordinaria, quale era la
ma-gistratura del lavoro e quali sono tuttora i tribunali
delle acque, il cui ottimo funzionamento è stato
generalmente riconosciuto.
E poiché l'art. 102 della Costituzione, dopo
l'af-fermazione di principio che la funzione
giurisdi-zionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti
e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario,
contempla, in deroga all'altro principio che non
possono essere istituiti giudici straordinari o giudici
speciali, l'istituzione presso gli organi giudiziari
or-dinari, di « sezioni sveciaMzzate per determinate
materie, anche con la partecipazione di cittadini
idonei estranei alla magistratura
», la giurisdizione
tributaria potrà essere istituita secondo lo schema
tracciato nel menzionato rapporto della
Commis-sione Economica.
Questa aveva, infatti, proposto l'istituzione di
ap-positi collegi di primo grado, costituiti in parte da
giudici elettivi ed in parte da giudici togati, da
sce-gliersi i primi da appositi albi di esperti, formati
e tenuti dal presidente del tribunale o della corte
di appello, su designazione delle categorie
interes-sate (camere di commercio, camere del lavoro,
as-sociazioni professionali, ecc.), oppure nominati
di-rettamente dai cittadini.
A tale collegio, opportunamente diviso in più
se-zioni, come l'attuale Commissione distrettuale delle
L'AVOCAZIONE DEI PROFITTI DI REGIME
ovvero
MOLTO RUMORE PER NULLA
Ai tempi del fascismo, l'arguzia popolare
riassu-meva il proprio giudizio sulla voracità dei
gerar-chi nell'epigramma che, acquistandone la pelle per
quel che valeva e rivendendola per quel che costava
alla comunità, si sarebbero potute assestare le
fi-nanze dello Stato. La barzelletta piaceva ai
com-messi viaggiatori, ohe se ne fecero propagandisti
per tutta la penisola senza immaginare che il
suggerimento in essa contenuto sarebbe stato
pre-so straordinariamente sul serio dai successivi
go-verni democratici, sostanziando una voluminosa
legislazione intesa a ricuperare le ingenti ricchezze
accumulate dai gerarchi sotto l'egida dell'aquila
imperiale.
La prima sanzione patrimoniale contro gli
ar-ricchimenti derivati da una partecipazione attiva
al regime fascista si trovano nel R. decreto-legge
9 agosto 1943, n. 720, riguardante appunto la
de-voluzione allo Stato dei patrimoni di non
giustifi-cata provenienza. Seguono il R. decreto-legge 28
di-cembre 1943, n. 29 B, per la defascistizzazione delle
pubbliche amministrazioni, e il R. decreto-legge 26
maggio 1944, n. 134, per la punizione dei delitti e
degli illeciti arricchimenti del fascismo; poi la
materia è riordinata col decreto legislativo
Luogo-tenenziale 27 luglio 1944, n. 159, recante nuove
san-zioni contro il fascismo, integrato, per la parte
ri-guardante l'avocazione dei profitti di regime, dal
decreto legislativo Luogotenenziale 31 maggio 1945,
n. 364, e modificato con i successivi decreti 31
ago-sto 1945, n„ 573 e 22 settembre 1945, n. 623.
Pino a questo punto la serie incessante delle
mo-dificazioni ed aggiunte apportate alla legislazione
contro il fascismo ne rispettava la primitiva
ra-gione politica -e non ne tradiva le intenzioni
emi-nentemente punitive, le quali, peraltro, se da un
lato conferivano rigore alle sanzioni, dall'altro
mi-nacciavano di spuntarsi contro la infinita casistica
delle eccezioni. Probabilmente consapevole d'essersi
forgiata un'arma aguzza ma infeconda, e forse
anche spinto dal proposito di attenuare l'asprezza
degli accennati provvedimenti, il Governo
final-mente procedeva a un'ultima riforma di tutta la
materia dell'avocazione dei profitti di regime, che,
con decreto legislativo Luogotenenziale 26 marzo
1946, n. 134, modificato con decreto legislativo
19 novembre 1946, n. 392, veniva inquadrata nel
sistema tributario e trasferita dalla competenza
dell'Alto Commissario per le sanzioni contro il
fa-scismo a quella del Ministro per le Finanze.
• • O
Il decreto legislativo luogotenenziale 27 luglio
1944, n. 159, comminava la pena della confisca dei
beni non soltanto ai membri del governo fascista e
ai gerarchi colpevoli di aver compromesse e
tra-dite le sorti del paese, agli organizzatori di
squa-dre d'azione ed ai cittadini rei di aver commesso
delitti contro la difesa dello stato, ma anche a
tutti coloro che avessero « tradito la Patria
ponen-dosi spontaneamente e attivamente al servizio
de-gli invasori tedeschi ». La disposizione è
confer-mata dal decreto 26 marzo 1946, n. 134, il quale
peraltro si spinge alla ricerca (e all'avocazione) di
tutti i profitti conseguiti dopo l'8 settembre 1943,
in dipendenza e in occasione di appalti, di
forni-ture o di altri negozi conclusi, direttamente o a
mezzo di intermediari, col tedesco invasore,
non-ché i profitti derivanti da requisizioni o da
qual-siasi prestazione involontaria, la cui confisca è
ope-rata a titolo di contributo alla ricostruzione del
Paese.
Evidentemente, se, da un punto di vista etico e
politico, può apparire giustificata una sanzione
pa-trimoniale a carico dei cittadini che si posero
spon-taneamente e attivamente al servizio degli invasori
tedeschi, è difficile trovare una giustificazione del
trattamento riservato a coloro che non
spontanea-mente né attivaspontanea-mente, spesso anzi coattivaspontanea-mente,
conclusero negozi con corpi militari e civili
ger-manici. Ma, se non la ratio legis, è comprensibile
il procedere del legislatore. Circoscritta
l'imposi-zione ai soli collaboratori spontanei e attivi del
te-desco, si doveva intentare per ogni -caso un
pro-cesso alle intenzioni, con esito sicuramente
nega-tivo; d'altra parte, esonerati da responsabilità i
col-laboratori coatti, tutti avrebbero potuto rientrare in
questo numero, tíhi per effettiva coercizione delle
forze occupanti, chi per evitare il peggio, chi per
assicurare il pane, se non addirittura la libertà
per-sonale, alle proprie maestranze. Tutti, dunque,
deb-bono rigurgitare i profitti conseguiti in dipendenza
di rapporti intrattenuti col tedesco invasore, anche
coloro che vi furono costretti. Così quell'industriale,
che si vide requisire lo stabilimento, quello
stal-liere che dovette cedere i suoi cavalli,
quell'eser-cente cui fu occupato l'albergo sono soggetti, oltre
che al danno, ad un procedimento di avocazione
che risparmia i loro più fortunati concorrenti,
la-sciati nel libero possesso dei cespiti rispettivi. Essi
si chiedono se non sarebbe stato più giusto
sce-gliere i contribuenti allo straordinario tributo con
altro criterio, per esempio secondo la data di
na-scita o il colore dei capelli.
• • •
In tema di profitti derivanti da rapporti
inter-corsi col tedesco invasore, le istruzioni emanate dal
Ministero delle Finanze con circolare 2 maggio 1946
avvertono che il profitto netto avocabile dev'essere
determinato applicando le norme valevoli per
l'ac-certamento dei redditi ai fini dell'imposta di
ric-chezza mobile; e poiché, secondo le norme in uso,
il reddito mobiliare si presume equivalente ad una
certa percentuale del giro d'affari del contribuente,
le istruzioni ministeriali non altro vogliono
signifi-care se non l'invito agli uffici ad applisignifi-care sugli
affari conclusi con i tedeschi gli stessi coefficienti
percentuali adottati per la determinazione
dell'im-ponibile di ricchezza mobile.
Non è necessario sottolineare l'iniquità di
code-sta prescrizione, in forza della quale al volume
inequivocabilmente accertato degli affari conclusi
con i tedeschi si rende applicabile un coefficiente
che, nella sua misura, sconta largamente
l'incer-tezza delle normali rilevazioni. Lungi, peraltro, dal
tenersene paghi, gli uffici finanziari hanno messo
da parte le tabelle consuete per assoggettare le
prestazioni di cui è caso ad una nuova serie di
coefficienti, assai più gravi ed insostenibili di quelli
praticati per l'imposta mobiliare. Il contribuente è
così in grado di apprendere dal fisco che, se le
ven-dite normali gli hanno procurato un guadagno del
10 o del 20 per cento, gli affari conclusi col
tede-sco gli hanno reso il 20 o il 40, in taluni casi
per-sino il 70 per cento.
subite dai contraenti nazionali, dell'ostruzionismo
usato da parte di industriali ed operai
nell'esecu-zione delle forniture. Gli ufficiali della Wermacht
e i funzionari della Roges hanno ormai perduto,
agli occhi dei procuratori delle imposte, ogni loro
spavalda tracotanza per assumere le sembianze di
facili clienti provinciali e ingenui negoziatori.
Do-po il danno, gli industriali e i commercianti che
ebbero l'avventura di intrattenere rapporti col
te-desco invasore sono messi in condizione di subire
la beffa.
• • •
Ma non la severità della legislazione nè lo zelo
degli uffici finanziari sono finora riusciti a tradurre
in apprezzabile corrispettivo monetario i delitti dei
fascisti e le epipe dei cittadini che hanno
collabo-rato coli'invasore tedesco. A tutt'oggi, l'avocazione
dei profitti di regime ha reso allo iStato meno di
1500 milioni, probabilmente assorbiti dal costo del
meccanismo fiscale posto in opera per il loro
rea-lizzo; in •conclusione, molto rumore per nulla. Ma
intanto si è perduto tempo e si sono esasperati i
contribuenti, che, sotto l'impressione d'aver patito
un sopruso, non avranno scrupolo a rivalersi in
altri settori del pregiudizio sofferto. Non sarebbe
allora il caso, finché si è in tempo, di chiudere
questa inutile partita per dedicare ogni attenzione
a quelle di maggior conto, sulle quali debbono fare
assegnamento le stremate finanze statali?
GIOVANNI CASTELLINO
L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
IN MATERIA TRIBUTARIA
( Cr ^ T
imposte, dovrebbero essere attribuite tutte le
con-troversie di imposte — anche locali —, attualmente
di competenza di molteplici organi, previa
unifi-cazione e coordinamento in unica legge o codice
tributario di tutte le norme regolanti il contenzioso.
Simile collegio dovrebbe, in ogni modo, essere
sottratto al controllo e ad ogni ingerenza
dell'am-ministrazione attiva e davanti ad esso il
procedi-mento dovrebbe svolgersi con forme semplici e
sciolte, in modo da garantire la celerità ed
econo-micità dei giudizi.
Anche per il secondo grado la Commissione
sug-geriva la creazione, per ogni circoscrizione di Corte
d'appello, di collegi formati da uno o più giudici
togati e da uno o più esperti, eletti questi ultimi
con le modalità previste per i collegi di prima
istanza, entrambi con competenza piena, sia sulle
questioni di valutazione, sia su quelle di diritto.
Come organo giurisdizionale supremo, si
consi-gliava o la costituzione di una o più sezioni speciali
della Corte di Cassazione — sempre con l'inclusione
di giudici elettivi — od il mantenimento dell'attuale
Commissione Centrale, che ha effettivamente
con-servato in ogni tempo la propria alta funzione su
•un piano di imparzialità e di dottrina veramente
degne di elogio.
Siffatto ordinamento, regolato da norme
procedu-rali intese a rendere obbligatoria la motivazione
delle decisioni, a far giudicare secondo lo stretto
diritto, e non anche secondo equità, ed al
conse-guimento di una perfetta parità di posizione, tra
ente impositore e contribuente, e della maggiore
speditezza dei giudizi, dovrebbe portare alla
sop-pressione dell'attuale sindacato dell'Autorità
Giudi-ziaria sulle questioni di diritto e su quelle cosidette
di estimazione complessa (controversie, cioè, miste
di diritto e di fatto), con evidente vantaggio e per
gli enti impositori e per gli stessi contribuenti.
A favore dei contribuenti, infine, si proponeva,
nella citata relazione, di stabilire la gratuità dei
giudizi, l'abolizione del principio del solve et repete
(cui farebbero riscontro la possibilità della
provvi-soria eseguibilità delle pronunzie di primo grado
e la piena efficacia esecutiva di quelle d'aippello)
e l'aggiudicazione degli interessi compensativi, in
caso di rimborso di tributi indebitamente pagati.
L'attuazione dell'auspicata riforma, sulla traccia
dello schema sapraesposto, porterebbe certamente
un decisivo contributo al raggiungimento di quella
disciplina fiscale che è invidiata prerogativa degli
stati democratici più progrediti ed alla quale deve
tendere la giovane democrazia italiana, per attuare
anche in campo tributario una maggiore giustizia
distributiva.
E' tuttavia opinione di chi scrive che l'accennato
progetto, in coerenza alle sue linee fondamentali,
vada completato con norme prescriventi
l'obbliga-torietà di un difensore — quanto meno nelle
con-troversie di maggiore entità ed in quelle involgenti
questioni di diritto —, con disposizioni analoghe a
quelle sul gratuito patrocinio pei possibili casi di
contribuenti non abbienti, essendo interesse di tutta
la collettività e quindi dello Stato stesso che, nei
confronti di ogni cittadino, la legge d'imposta sia
rettamente applicata.
Per la migliore attuazione del principio della
di-fesa obbligatoria, dovrebbe naturalmente
provve-dersi ad una nuova più razionale ed appropriata
disciplina dell'esercizio della consulenza ed
assi-stenza in materia tributaria, che deve assurgere
a professione specializzata, tutelata da efficaci
ga-ranzie di. preparazione tecnica e giuridica e di
asso-luta probità.
Un ordinato sistema tributario, assistito da valide
guarentigie giurisdizionali, darebbe modo di
rag-giungere una maggiore giustizia nella ripartizione
dei carichi fiscali e faciliterebbe certo la
forma-zione di una migliore coscienza tributaria.
Raggiunta tale meta, l'evasione fiscale •— che
oggi, paradossalmente, costituisce vanto ed orgoglio
di non pochi cittadini, anche di classi elevate —
dovrebbe venire considerata, almeno nelle sue forme
più gravi e nei casi di recidiva, come vero e proprio
reato e punita anche con severe pene detentive,
sul motivo, etico e politico insieme, che chi con
malizia si sottrae ad una legittima obbligazione
tributaria commette azione antisociale e lede un
fondamentale diritto dello Stato.
FRANCESCO FRETTO
CITTA DEL SILENZIO
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«45° parallelo», che rifugge da eccessi africanisti
o boreali.
Turineis fauss e curteis,
ci chiama anche, da
se-coli, il proverbio: a esprimere una doverosa
urba-nità sociale che copre la solitudine interiore, il
distacco dai faciloni embrassons-nous. Direi che noi
torinesi abbiamo saputo assumere il tono giusto di
fronte alla vita e all'azione, trattandole da signori
e non da servi: poiché la vita ci è data, il meglio
è riempirla di opere; ma da questo a freneticamente
adorarla, a celebrare i suoi fasti, a estasiarsi dei suoi
modi, come se fossimo nati ieri, via, ci corre. Se
Nietzsche, alla vigilia del crollo, amò tanto Torino,
fu certo perchè vi trovava oscuramente un antidoto
•alla sua dismisura. Parchi, sobri, vigilati nel fare:
e tutto il tempo e gli affetti che cosi restano liberi,
dedicarli alla vita interiore. Voi non potete
imma-ginare come questo clima mentale e sociale, questo
tono dell'ambiente cittadino, propri di Torino, siano
propizi a quella concentrazione magica, a quel con.
nubio di meditazione e azione, di sogno e realtà, in
cui è un segreto dell'avvenire. Incipit vita nova..
Quest'ultima cosa, Torino non la sa ancora abba.
stanza: e, certo, è gran tempo che il suo genio si
accinga a nuove incarnazioni. Quanto a me, sarei
felice se lo stile di vita subalpino, raffinatosi ancora
conquistando proseliti, diventasse esemplare.
.Al-lora, amici, noi potremmo anche indulgere a qiiella
vostra agitazione di effimeri che oggi un po'
c'im-pazientisce, e magari trovarla toccante. Come quel
turbinare di lucciole, o di farfalle intorno alla
lu-cerna, nelle sere d'estate, quando si cena all'aperto,
sotto il pergolato; e le canzoni che errano nell'aria,
cantate dalle coppie innamorate, fanno un po'
groppo alla gola, e tutti i visi sono bianchi e molli
come fantasmi, al lume della luna.
G L I S C A M B I L A N I E R I
NEL COMMERCIO ESTERO ITALIANO
Sono stati recentemente pubblicati i dati
rela-tivi al periodo gennaio-settembre 1947 della
stati-stica italiana del commercio estero, quale risulta
dalle rilevazioni doganali. Dati di grande
impor-tanza, perchè permettono di avere una visione
pa-noramica non solo del quadro generale dei nostri
scambi esteri, ma di ogni settore principale di
atti-vità. Risulta da questi particolarmente la grande
importanza che riveste l'industria laniera nel
qua-dro dei nostri rapporti con l'estero: è a tutti noto
ohe questa industria è principalmente concentrata
nella zona biellese, ma stabilimenti lanieri non
mancano anche in altri centri della regione
piemon-tese. Di qui l'interesse di conoscere la situazione.
Per utile confronto, accanto ai dati relativi ai
pri-mi nove mesi del 1947 (le statistiche italiane escono
ancora con un certo ritardo) si sono raccolti anche
i dati relativi allo stesso periodo del 1938, ultimo
anno completo di pace, ed al 1934, ultimo anno
nor-male prima delle sanzioni e dell'introduzione delle
restrizioni valutarie. Il quadro si presenta pertanto
cosi (dati in milioni di lire correnti e comprensivi
per il periodo prebellico degli scambi colle colonie
italiane) :
P R I M I 9 M E S I 1934 1938 1947 ( m ¡ I o n i d i L i r e ) Irniportazioini 5.705,7 8.475,0 308.018,0 E s p o r t a z i o n i 3.956,5 7.5118,3 139.717,8 S a l d o paissivo 576,8 956,7 168.400,3 Imipoirtaz. tona, c r i n i , p e l i (1) 567,7 386,3 28.047,6 in % totale . . . 10%
4,5 % 9 % ISsportaz. l a n a , c r i n i , p e l i (1) 200,3 369,7 1:0.434,0 in % totale . . . 5,3 % 4,9 % 6,1 %A motivo della molteplicità dei regolamenti
va-lutari, dai quali è disciplinato il commercio dell'Italia
con l'estero, e della conseguente varietà dei cambi
applicati nelle singole operazioni commerciali,
l'Isti-tuto Centrale di Statistica ci avverte che i dati
for-niti non hanno una certezza assoluta, dato anche
che all'esportazione non sempre i nostri esportatori
hanno denunciato l'esatto importo delle loro vendite
e 'date le condizioni anormali in cui si svolsero buona
parte dei nostri scambi (es. forniture UNR.RA,
lavo-razioni per conto difficili a valutare dalla Dogana).
Comunque ci si può fare un'idea della situazione,
nonché delle modificazioni strutturali e geografiche
intervenute dopo la guerra nell'ambito degli scambi
lanieri.
All'importazione della materia prima che serve
ad alimentare la nostra industria trasformatrice
troviamo pertanto :
PRIMI
MESI
PROVENIENZE DA 1934 (quintali) 1938 (quintali) 1947 (quintali) milioni di Lire A u s t r a l i a . . . . 265.486 A r g e n t i n a . . . . 131.293 S u d A f r i c a . . . 97.153 G r a n B r e t a g n a . . 67.832 U r u g u a y 31.653 U . S . A 627 P a e s i v a r i . . . . 7® .349 T O T A L E . . . 672.393 95.015 47.2)16 59.108 15.405 20.298 47.564 420.60S 42.044 407.899 67.282 16.655 ,170.387 77.913 279.016 . 1.2012.785 9.069,9 1.026,2 7.269,7 2.131,1 507,2 4.339,5 2.753,5 27.097,1Il fenomeno che maggiormente colpisce da un
primo esame della tabella è l'aumento in volume dei
nostri acquisti di lana grezza :
1.) rispetto ai primi 9 mesi del 1934, gli arrivi
risultano aumentati nello stesso periodo dell'anno
testé decorso dell'80 % circa. Le importazioni furono
poi addirittura più di 4 volte superiori a quelle
avu-tesi nel 1938: anno, questo, in cui però i
riforni-menti all'industria laniera della materia prima base
per le sue lavorazioni erano assolutamente
insuffi-cienti ai bisogni in conseguenza della politica
au-tarchica;
2) le importazioni in temporanea appaiono
di-minuite rispetto al 1946, sintomo questo della
dimi-nuita importanza delle cosidette lavorazioni per
conto nel quadro dell'attività complessiva
dell'indu-stria laniera.
Quanto alla provenienza della materia prima
importata si devono fare le seguenti osservazioni:
a)
vengono ad assumere fra i paesi fornitori
(figurano ora al terzo posto) una notevole
impor-tanza gli Stati Uniti d'America, ove invece nel
pe-riodo prebellico i nostri acquisti di lana grezza
era-no praticamente nulli. Ciò rientra nel feera-nomeera-no più
generale dell'enorme peso che questo paese è venuto
ad assumere nel nostro commercio estero in
conse-guenza della ben nota politica di aiuti all'Europa
Occidentale;
b)
il grosso però delle nostre importazioni di
lana grezza risulta proveniente dai paesi
dell'Impe-ro Britannico, i cui Dominions siti nell'emisfedell'Impe-ro
meridionale detengono un primato mondiale nella
produzione di lana. Si tratta in questo caso d'un
regime più normale di rifornimenti, in quanto la
materia prima proveniente da questi Paesi fu
evi-dentemente in un modo o in un altro pagata, o, in
misura minore, ricevuta per essere trasformata.
Dal-l'area sterlina— e ciò ha la sua importanza ai fini
valutari — risulta pertanto ora proveniente il 74.6 %
della lana grezza contro il 62.8 % nello stesso
pe-riodo del 1934;
c) nonostante l'aumento delle importazioni
complessive, le provenienze dall'Argentina e
dall'Uru-guay risultando sensibilmente diminuite
quantitati-vamente ed ancor più dal punto di vista percentuale.
Per quanto si riferisce all'esportazione dei
pro-dotti finiti dell'industria laniera (la cui flessione si
è verificata negli ultimi mesi del 1947), la maggiore
vivacità della ripresa industriale laniera, e per
con-tro il ristagno di certe altre nostre tradizionali
esportazioni, ci pare dimostrata dal maggior peso
ora assunto dalle esportazioni laniere, rispetto a
quelle complessive, come risulta dai seguenti calcoli :
P R I M I 9 M E S I Esportazioni 1 Esportaz. prò- 1 % di B totali (A) [dotti lanieri (B)| su A P R I M I 9 M E S I ( m i l i o n i d i L i r e ) 1934 3.956,5 1938 7.513,3 1947 139.7117,8 1:29,4 381,1 9.632,0 3,3 5,0 6,9 CI) E ' la v o c e n. 14 d'ella s t a t i s t i c a d o g a n a l e , Im c u i p e r ò , gli s c a m b i l a n i e r i h a n n o u n ' a s s o l u t a p r e v a l e n z a .