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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.06 (1879) n.253, 9 marzo

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(1)

L ’ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno Yl - Voi. X

Domenica

Le bonifiche dei terreni paludosi

È una verità ormai pur troppo conosciuta, e che non abbisogna di troppe dimostrazioni, quella che il suolo della penisola italica, di questa alma parens

frugum dei nostri poeti latini, non basta oggi ad

alimentare la popolazione che lo abita. — Quella lunga notte di sventure e di ignoranza che successe alla caduta dell’ impero romano come distrusse l’an­ tica civiltà italica così cambiò quasi totalmente l’aspetto fisico dell’ Italia degli Etruschi e dei Romani. I campi feraci di biade e le ridenti vallate si trasformarono per una gran parte'in lande deserte guastate dalle acque deviate dal loro corso e non più contenute dalla solerte mano dell’ uomo. Le grandi opere idrau­ liche degli antichi abitanti d’ Italia, trascurate dal- l’ ignorante e stupido fatalismo delle popolazioni che si successero dopo le invasioni dei barbari del Nord, a poco per volta sparirono o se ne paralizzarono gli effetti. Per l’ impaludamento delle vallate, restringen­ dosi l’agricoltura alle colline ed alle giogaie dei monti, si accelerò la distruzione dei boschi, si resero più torrenziali le pioggie e più spesse le frane, e così inalzandosi per le torbide acque i letti dei torrenti sempre più si deteriorarono le condizioni del suolo di una gran parte delle nostre pianure.

Gol risveglio della vita civile degli Italiani si fece sentire il bisogno assoluto di rendere coltivabili ed abitabili senza pericolo di miasmi pestiferi le cam­ pagne impaludate dalle acque stagnanti. Fino dai secoli XIII e XIV, nella Lombardia per opera dei comuni confederati, e poi del Veneto e del Ferra­ rese, si iniziavano grandi opere di bonificamento me­ diante la canalizzazione artificiale dell’ acqua. Poco si fece nella media o nella bassa Italia ; ed anche nella Italia superiore, sostituito alla vita libera comunale il servaggio straniero, le grandi opere iniziate rima­ sero in gran parte sospese e poca fu pure la ma­ nutenzione delle opere già fatte.

Fu soltanto negli ultimi anni del secolo decorso enei primi di questo che i governi pensarono a promuo­ vere le opere di bonificamento dei terreni malsani disciplinandole con apposite leggi. In Toscana da Pie­ tro Leopoldo, e negli Stati Pontificii da Pio VI men­ tre si dava mano alle grandi opere di bonifica delle Maremme, della Val di Chiana e delle paludi Pon­ tine, cominciarono a dettarsi norme legislative per il mantenimento regolare dei corsi d’ acqua non solo intese a promuovere le bonifiche quanto ad impe­ dire nuove disalveazioni di acqua e nuovi impalu­ damenti. Simili disposizioni si dettarono pel Regno italico sotto il dominio francese, ed a poco per volta in tutti i varii Stati d’ Italia.

Il nuovo governo italiano ha continuato in

rnas-9 J a r z o 187rnas-9

_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ N. 253

sima parte 1’ opera dei governi caduti per le boni­ fiche già iniziate, ed alcune ne ha anche promosse di nuovo, seguendo però le varie norme che ha tro­ vato vigenti nelle varie regioni italiane. Difatti è as­ sai differente il modo con cui lo Stato attualmente concorre nelle opere di bonifica. Alcune di coteste si fanno a tutta cura e spese del governo, per altre concorre in parte l’aiuto governativo, ed in parte la privata iniziativa, altre poi vengono facilitate da! go­ verno con la esenzione più o meno lunga da im­ poste dei terreni bonificati, o con la cessione gratuita di terreni demaniali bonificati. — Stando ai dati sta­ tistici che ci offrono le pubblicazioni officiali, si sa­ rebbero già iniziate bonifiche sopra una estensione di più che 4O0ÌO0O ettari ili terreni, e lo Stato avrebbe con­ corso a tutto il 1877 per più che 70 milioni di lire nei lavori occorrenti. — Ma pure vi sarebbe ancora molto da fare. — Quasi per ogni provincia si ri­ scontrano località bisognose di bonifica; si calcolano a più centinaia di migliaia gli ettari di terreno im­ paludato, e molto più si estende il suolo igienica­ mente influenzato da coteste paludi. Tutto consiglia adunque a rivolgere tutta quanta l’ attenzione a co- testo stato di cose perchè si modifichi in vantaggio dell’ igiene e della produzione agricola del nostro suolo.

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146 L’ E C O N O M I S T A 9 marzo 1879

e provinciali. Il progetto De Vincenzi non fu mai presentato al Parlamento, però, tenuto conto delle osservazioni e pareri emessi dagli uffici interrogati in proposito, ha dato origine al nuovoprogetto che nel 5 dicembre decorso veniva presentato alla ca­ mera dall’on. Baecarini, allora ministro dei Lavori Pubblici di concerto con l’on. ministro d’Agricoltura e Commercio, e che oggi, ripreso dall’on. Mezza­ notte, sta per essere discusso in Parlamento.

Il progetto De Vincenzi era stato informato al principio di lasciare all’ iniziativa privata la cura principale di cotesti lavori di bonilica, parendo al compilatore del progetto che coteste opere sieno d’ interesse locale e che non abbiano quel carattere di generalità che solo in fatto d’opere pubbliche dà diritto a reclamare 1’ azione diretta dallo Stato.

Però la massima parte degli Uffici interrogati in merito al citato progetto avevano invece dimostrata la necessità assoluta che lo Stato assumesse l’ ini­ ziativa di tali opere in specie di quelle più costose ed importanti, ed in seguito a cotesti pareri è stato nel nuovo progetto abbandonato quel principio della libera iniziativa privata, e viene affidata al Governo non solo la suprema tutela di tutte le opere di bo nifica ma anche la cura ed esecuzione di quelle più importanti.

Il progetto Baecarini distingue le opere di bonifica in due grandi categorie ; comprende nella prima quelle che provvedono ad un grande miglioramento igienico di una vasta zona di terreno e quelle che ad un grande miglioramento agricolo hanno asso­ ciato pure un rilevante vantaggio igienico, e si la­ sciano nella seconda tutte le altre di minore impor­ tanza o che non toccano affatto a condizioni igieniche. La formazione dell’ Elenco di Bonifica di prima categoria dovrebbe aver luogo dentro tre anni dalla pubblicazione della legge, previo il parere de’ Con­ sigli provinciali e comunali interessati, e del Con­ siglio superiore de’ Lavori pubblici. — Le opere di prima categoria sarebbero progettate ed eseguite di­ lettamente dal Governo a mezzo dei suoi agenti; 10 Stato sosterrebbe metà del costo facendo gravare 11 rimanente della spesa sulle Provincie e sui Comuni interessati per un quarto, e per un quarto sui pro- prietarii di terreni da bonificarsi e di fondi contermini che dalle opere di bonifica ricevessero un immediato vantaggio. — Quelle di seconda categoria dovreb­ bero eseguirsi e mantenersi per mezzo dei consorzii degli interessati, i quali consorzii potrebbero essere o semplicemente tolontarii per lo spontaneo concorso di tutti gli interessati, o autorizzati dal Governo dietro domanda della maggioranza degli interessati o óbbligatorii per disposizione governativa emanata o di proprio moto del Governo o per proposta dei Comuni sentito il parere dei Consigli provinciali.

Alle spese che possono toccare alle Provincie, ai Comuni ed ai privati proprietarii per le bonifiche di prima categoria il progetto provvederebbe a met­ tere un limite, dichiarandosi che la spesa annua per le Provincie ed i Comuni non potrebbe eccedere il ventesimo dell’ imposta fondiaria e per i proprietarii il decimo dell’ imposta gravante sui terreni bonifi- cabili ; al di più provvederebbe lo Stato. Per le opere di seconda categoria non si farebbero nel progetto limiti alla spesa di bonifica, ed il proprietario che sene sentisse troppo gravato non avrebbe altro mezzo per liberarsene che quello di cedere al consorzio il proprio fondo per il prezzo da determinarsi con le

regole della legge sulle espropriazioni forzate e pa­ gabile in venti rate annue.

Il progetto si preoccupa pure delle difficoltà che i privati proprietarii possono incontrare per aver in pronto i mezzi occorrenti ai lavori di bonifiche; per­ ciò, quando si tratti di consorzii obbligatorii, dispone che lo Stato concorrerà per un decimo ed il Comune e la Provincia per un quarto della spesa. Inoltre dispone che i consorzii autorizzati e gli obbligatorii potranno ottenere dagli Istituti di credito fondiario esistenti in Italia, mutui ed anticipazioni in conto corrente fino alla concorrenza di tre quarti del va­ lore di stima dei fondi consorziali e mediante ipo­ teca, come pure autorizza la Cassa Depositi e P re­ stiti a concedere loro mutui ammonizzabili in trenta anni. E di più, quando non possano avere luogo cotesti mutui, si concederebbe facoltà ai detti con­ sorzii di emettere titoli fruttiferi ed ammortizzabili fino a 50 anni, i quali titoli sarebbero garantiti da ipoteca presa sopra ciascun fondo compreso nel con­ sorzio. L’ amministrazione del consorzio esigerebbe poi dai proprietarii consorziali anno per anno quel tanto che occorrerebbe pel servizio dei debiti con­ tratti per le bonifiche e per le spese di ammini­ strazione.

Per incitare poi i privati ad intraprendere le opere di bonifica dei loro terreni, il progetto dichiarerebbe che l’ aumento del reddito dei fondi bonificati, an­ drebbe esente da tassa per venti anni.

Tali sarebbero le disposizióni principali del pro­ getto di legge testé presentato al Parlamento per la bonifica dei terreni paludosi, e tralasciamo di occu­ parci delle disposizioni di minore importanza che vi si contengono.

L’autore del progetto non si nasconde tutte le obiezioni che potranno insorgere contro la sua ap­ provazione. È innegabile che le disposizioni in esso contenute, feriscono profondamente il diritto di pro­ prietà e che la spesa di bonifica può convertirsi in un aggravio intollerabile per un proprietario che abbia i suoi beni inclusi in un consorzio di bo­ nificazione. Se si tratta di opere di prima categoria il proprietario è colpito da una sopratassa del IO per 100 per conto proprio e da un’altra in ugual misura per conto del Comune e della Provincia, i quali non possono rifarsi che sulla proprietà fon­ diaria per corrispondere il contributo loro assegnato. Però crediamo ancora noi che lo scopo della legge sia così interessante da esigere, per conseguirlo, anche coteste limitazioni al diritto di proprietà.

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Il commercio dell’ Italia nel 1878

La direzione generale delle Gabelle ha pubblicato la Statistica del movimento commerciale di impor­ tazione e di esportazione dell’ Italia durante 1’ anno 1878 il quale in confronto all’ anno precedente rias­ sunto nel seguente prospetto.

1878 1877 differenza Import. L. 1,070,802,615 1,148,049,418 — 77,246,803 Esport. » 1,040,789,434- 967,367,551 +73,421,883

To t a l e. L. 2,111,592,049 2,115,416,969

l nostri lettori che ricorrano a confrontare le cifre del commercio del 1877 da noi riferite l’ anno scorso ’) con quelle che qui riportiamo riscontre­ ranno una differenza tanto nelle importazioni che nelle esportazioni. Queste presentano una differenza in più di circa un milione quelle invece una diffe­ renza in meno di oltre 6 milioni. Nessuno schiari­ mento ci accenna a che cosa sia dovuta la differenza nella cifra delle esportazioni, per l’ altra invece il prospetto ci fa sapere che rappresenta le importazioni temporarie state diffalcate per mantenere i veri ter­ mini di confronto. Ma a dir vero se all’espressione « importazioni temporarie » deve darsi il significato che generalmente le viene attribuito non sappiamo spiegarci la ragione, per cui esse debbano essere tolte dai quadri del commercio speciale. È vero che nelle

avvertenze che precedono la Statistica è detto che

vi sono comprese « tutte le merci estere importate nello Stato per consumo e tutte le merci nazionali spedite all’ estero » ma questa definizione del com­ mercio speciale è manifestamente erronea. Non solo le merci che vengono introdotte per consumo, ma anche quelle che senza destinazione ad esser consu­ mate nel Regno vengono introdotte per subirvi un’ul­ teriore lavorazione devono figurare nelle cifre del commercio speciale. Nè monta che la loro precaria introduzione le renda esenti da dazio. Le modifica­ zioni che con questo lavoro ricevono bastano a dar lo- o la nazionalità, poiché altrimenti bisognerebbe fare delle minute e sottili distinzioni fra la merce nazionale e quella estera secondo il maggiore o minor grado di lavorazione che avesse subito nel Regno ; distinzioni a cui la Statistica non potrebbe piegarsi. Dal commercio speciale soltanto il commercio di transito ed i depositi doganali debbono essere esclusi.

Gioverà che poniamo sott’occhio ai lettori il se­ guente prospetto in cui le cifre del movimento com­ merciale del 1877 e del 1878 sono poste in con­ fronto con quelle del quinquennio precedente.

(Milioni di franchi) 1872 — 1,186 — 1,167 — 2,353 1873 — 1,286 — 1,133 — 2,419 1874 — 1,304 — 985 — 2,290 1875 - 1,215 _ 1,034 - 2,249 1876 - 1,327 - 1,216 - 2,543 1877 — 1,148 — 967 — 2,115 1878 — 1,070 — 1,040 — 2,111

L)a ciò si scorgo che il è 1878 stato in questo periodo l’anno in cui il movimento commerciale dell Italia presenta, tenendo conto soltanto del valore, una minore importanza, ma se dovessimo porre in calcolo le quantità il resultato sarebbe alquanto

di-*) Y. Economista del 24 marzo 1878

verso. Infatti sotto questo secondo rispetto il 1878 dinota un sensibile aumento di fronte al 1877.

La diminuzione di 77,246,805 lire che si verifica nelle importazioni è dovuto solo per 7,176,963 lire alla diminuzione di quantità delle merci importate e per 70,069,835 lire alla riduzione del loro valore ; laddove I aumento di 73,421,883 lire nelle esporta­ zioni risulta dalla differenza fra le L. 117,120,391 di aumento nelle quantità esportate di fronte al 1877 e le L. 43,698,508 di cui le merci esportate sono diminuite di valore da un anno all’altro. Questi re­ sultati non sono del tutto scoraggianti anco se si confrontano con quelli ottenuti da altre nazioni che sono alla testa del movimento commerciale, come l’Inghilterra e la Francia; e se si considera che il 1878 è stato un anno in cui non meno del prece­ dente si sono risentiti gli effetti delle opprimenti condizioni che pesano sui traffici da lungo tempo, dovremo consolarci pensando che non sin successo ciò che ci avvenne nel 1877 quando il movimento del nostro commercio ebbe a risentire una parte assai maggiore di danni che non soffrissero le na­ zioni straniere.

Non sarà quindi inutile che riponiamo qui per servire ili confronto i prospetti del movimento com­ merciale della Francia e dell’ Inghilterra. La prima ebbe un movimento rappresentato dalle seguenti cifre :

1878 1877 differenza Import. F. 4,460,974,000 3,669,845,000 + 791,129,00 Esport. « 3,369,807,000 3,436,304,000 — 66,497,000

Tot. F. 7,830,781,000 7,106,149,000

Le cifre del commercio f rancese presentano un aumento assai ragguardevole; anche la diminuzione delle esportazioni perde assai d’ importanza se si r i­ flette che al loro ammontare è stata sottratta una quantità rilevantissima di merci le quali essendo state acquistate direttamente in Francia dai fore­ stieri accorsi durante I’ Esposizione di Parigi hanno varcato la frontiera nascoste nelle loro valigie e sono perciò sfuggile all’ ispezione doganale. Ma l’ anno 1878 è stato un anno eccezionale per la Francia, che da un lato ha visto accrescersi i suoi consumi per gli approvvigionamenti necessari ai bi­ sogni dell’ immensa falange di visitatori affluiti al- l’ Esposizione, dall’ altro si è trovata costretta a ri­ pianare nel 1878 il vuoto lasciato dalla precedente raccolta.

Il movimento commerciale dell’ Inghilterra è rap­ presentato dal seguente prospetto.

1878 1877 Differenza Importaz. L. 366,059,610 394,273,906 — 28,213,296 Esportaz. « 292,804,334 198,893,971— 6,088,731

Totale L. 558,863,944 593,167,877

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148 L’ E C O N O M IS T A 9 marzo 1879 Ma ritornando al commercio italiano gioverà che

aggiungiamo intorno ad esso alcune indicazioni ana­ litiche e perciò riproduciamo dettagliatamente il pro­ spetto del movimento avvenuto in ciascuna delle sedici categorie, in cui conformandosi alla classifi­ cazione della nostra tariffa generale, si ripartisce la statistica che abbiamo sott’ occhio

IMPORTAZIONI

1878 18 7 7 D ifferen za

Spiriti, Bevande ed Olii L. 44 923 045 62 412 192 — 17 489 147 G eneri coloniali, Droghe

o T a b a c c h i ... 110 658 39") 135 169 906 — 21 511 511 Prodotti chimici, generi

m ed icin ali, resine e

profum erie... 28 255 747 25 777 326 -b 2 478 421 Colori e generi per tin ta

e p er concia... 18 114 883 20 754 033 —- 2 639 150 Canapa, Lino, Iu ta ed

a ltri vegetali filamen­

tosi, escluso il cotone. 35 278 310 28 038 225 -b 7 240 085 Cotone... 132 856 810 156 130 590 — 23 273 780 L an a, Crino e P eli . . 88 082 010 87 955 360 -b 120 650 S eta... 107 713 450 111 050 660 — 3 337 210 Legno e Paglia . . . . 37 773 574 54 943 118 — 17 169 544 C arta e L i b r i ... 6 145 428 8 531 801 — 2 386 373 P e lli... 39 598 638 44 852 630 —- 5 253 992 M inerali, Metalli e loro

l a v o r i ... 103 808 817 130 716 948 — 26 908 131 P ie tre, T e rre, Vasella­

m i, V etri e C ristalli. 65 517 738 63 434 201 -b 2 083 537 Cereali, P a rin e , Paste e

prodotti vegetali, non compresi in altre cate­

gorie ... 142 887 ’04 110 058 122 -b 32 828 982 A nim ali, prodotti e spo­

glie dì anim ali, non compresi in altre cate­

gorie ... 79 392 666 76 993 591 -b 2 399 075 Oggetti d iv ersi... 29 796 000 31 230 715 — 1 434 715

Nella prima categoria si è importato di meno % 5 milioni di lire di vino 4, 8 milioni di olio d’oliva 1, 2 d’olii minerali rettificati, si è invece importato di più 1, A milioni di olii di semi diversi.

In tutti gli articoli di cui l’importazione ò dimi­ nuita la differenza diviene molto maggiore tenendo conto dell’attenuazione dei valori. Lo stesso succede nella categoria seconda in cui tenendo conto soltanto dei valori del 1877 si è importato di più milioni 1 , 1 di caffè e di meno milioni 11,9 di zucchero raffi­ nato di cui si sono introdotti 22. 8 (l’importazione dello zucchero greggio è stata di 53, A milioni senza notevolediminuzione dall’anno scorso) ed è diminuito di 4, 9 il tobacco in foglie. Nella terza la modifica­ zione più rilevante è 1, 1 milione di più nell’ im­ portazione di scorzo di china, e sarebbe più del doppio se si tenesse conto deH’aumento del valore. Nella quarta diminuì di 2, 1 milioni l’importazione dei legni e delle corteccie tintoriali. Nella quinta aumentò di milioni 2, 5 l’importazione dei tessuti e di 1, 3 quello dei filati essendosi importato dei primi 8, 8 e dei secondi 13, 3 milioni. Nella cate­ goria sesta è aumentato di 4, 7 milioni l’importa zione del cotone floscio ed è diminuta di 11, 9 quella dei filati di ogni specie e di 4, 6 quella dei tessuti. Nella settima vi è diminuzione di 7, 5 milioni nelle lane gregge ed un aumento corrispon­ dente nei tessuti. Per ciò che concerne la seta l’im­ portazione dei semi di bachi diminuì di 9 milioni e mezzo e di 1, 1 quella dei cascami di seta petti­ nati filati o tinti ed aumentò di 22, 1 l’importazione delle sete greggie; l’aumento che dalla differenza di queste cifre proverrebbe alle importazioni è in­ tieramente assorbito e sopraffatto dalla diminuzione dei valori in quasi tutti gli articoli più importanti. Nella categoria dei legnami la differenza proviene quasi intieramente da 16, 6 milioni nei legnami da co­ struzione la cui importazione è discesa da 43, 4 a

28, 7 milioni, ciò che denota melanconicamente lo stato di depressione in cui giace l’ industria delle costruzioni e specialmente di quelle navali.

Nella categoria decima vi è una diminuzione di qualche conto negli stracci, nelle stampe e nei ma­ noscritti ; nell’undecima havvi una diminuzione di 7 milioni sui pellami crudi. La dodicesima, di fronte a qualche aumento di poco conto, p esenta le prin­ cipali diminuzioni nell’importazione dei seguenti ar­ ticoli. Argento greggio 6,8 milioni, rotaie di ferro e d’acciaio 4 milioni, macchine diverse da quelle a vapore 2,6 milioni, ferro laminato e battuto 2,2, acciaio greggio 2,2, oro greggio 1,6. La maggior parte di queste diminuzioni sono un sinistro indi­ zio della situazione delle nostre industrie.

Nella categoria tredicesima si nota un aumento di 2 milioni nell’importazione dei bitumi; nella quattordicesima si riscontra aumentata da 62 a 86 milioni l’importazio le del frumento ad onta che ne sia diminuito di un sesto il valore, e da 14 a 24 milioni accresciuta quella delle altre granaglie seb­ bene anco il loro valore sia diminuito di un quarto; vi sono inoltre altri minori aumenti di 5,2 milioni nei semi diversi e di 1 milione nella crusca di fronte ai quali sta una diminuzione di milioni 2,1 nell’im­ portazione del riso. La categoria quindicesima mo­ stra aumentata di 4,9 milioni l’importazione della carne salala, di 3,6 quella del grasso d’ogni specie, di 2,6 dei pesci secchi affumicati e di 1,9 quella dei cavalli, diminuita invece di 3,6 milioni l'impor­ tazione del corallo greggio e di 5,3 quella dei pe­ sci in salamoia. La categoria sedicesima non ha notevoli modificazioni all’importazione.

Passando adesso alle esportazioni i risultati gene­ rali ne sono dati dal seguente prospetto :

ESPORTAZIONI

18 7 8 1877 D ifferenza

Spiriti,B evande ed Olii L. 105 882 545 G eneri coloniali, Droghe

e T a b a c c h i... 5 422 710 Prodotti chimici, generi

m edicinali, resine e

profum erie... 35 514 391 Colori e generi p er tin ta

e per concia... 26 388 944 C an ap a, Lino, Iu ta ed

a ltri vegetali fiilamen-

tosi, escluso il cotone. 51 296 870 C o t o n e ... 10 924 720 L a n a , Crino e P eli . . 11 482 270 S eta... 280 110 775 Legno e Paglia . . . . 55 715 556 C arta e L i b r i ... 8 396 982 P e lli... 18 211 746 M inerali, Metalli e loro

lavori. ... 68 702 875 P ie tre, T e rre, V asella­

mi, V etri e C ristalli. 52 185 138 C ereali, Farin e, Paste e

prodotti vegetali, non compresi in a ltre cate­

gorie ... 122 528 631 A nim ali, prodotti e spo­

glie di anim ali, non compresi in a ltre cate­

gorie . . . . 166 198 889 Oggetti diversi... 21 826 392 121 501 188 — 15 168 643 4 511 814 -b 910 896 35 073 943 -b 440 448 17 976 860 -b 8 412 084 37 033 125 -b 14 263 745 4 913 840 -b 6 010 880 7 557 540 4 - 3 924 730 230 128 070 -b 49 982 705 48 580 763 -b 7 134 793 10 768 572 — 2 371 590 15 035 220 -b 3 176 526 68 108 948 -b 593 927 46 586 834 -b 5 598 304 126 160 249 — 3 631 618 177 633 527 — 11 434 638 15 797 058 -b 6 029 334

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di 9,4 milioni nell’esportazione dei colori ed una diminuzione di 1,2 milione nei legni e nelle cortec­ ce per la concia. La quinta vide aumentare le es­ portazioni delle canape greggie di milioni 9,2, dei filati di 2,7 e degli oggetti cuciti di 1,4. La sesta ebbe un aumento di 6,2 milioni nel cotone floscio, ma questo ha corrispondenza nell’aumento dell’ im­ portazione perchè il cotone floscio, essendo esente da dazio, è spesso dichiarato per entrata anche quando è destinato al transito e figura poi come esportazione dallo Stato. I tessuti di lana contribui­ scono per 2,3 milioni nell’ aumento della categoria settima. In quella della seta presentano 57 milioni di aumento all’ esportazione le sete greggie 5,9, i tessuti di seta, 4,5 i bozzoli, 3,6, i cascami di seta greggi. La categoria nona presenta un aumento di 6,7 mi­ lioni, nei cappelli di paglia, di 2,5 nei legnami da costruzione ed una diminuzione di 13 milioni nel carbone di legna. Di 1,7 milione è diminuita l’espor- taziono della carta. La categoria delle pelli non ha alterazioni notevoli, tranne un leggero aumento nei- P esportazione delle pelli crude. La categoria dodi­ cesima ha visto crescere Pesportazione dell'oro greg­ gio di 1,8 milioni e diminuire quella del minerale di zinco milioni 1,9 e delle monete d’ oro 1,6. La tredicesima ha 2,7 milioni di aumento ne! marmo in statue ed 1,2 nelle conterie. Nella quattordicesima figurano aumentate di milioni 9,9 l’esportazione del riso, di 1,6 quella delle noci e nocciuole e di 1,5 quella dell’ avena, diminuite invece quelle delle man­ dorle di 10, del frumento di 3,8 delle carubbe di 1,3 delle frutte conservate 1,2 e dei cedri 1,1. La quin­ dicesima categoria, di fronte ad un aumento di mi­ lioni 6, 1|2 negli animali bovini e di 1,7 nelle uova, la cui esportazione raggiunse pei primi ben 57 mi­ lioni e pei secondi oltre i 27, vide poi una diminu­ zione di 22,9 milioni nel corallo lavorato, di 2,3 nei suini e di 1,8 nelle carni salate. L’ ultima categoria presenta una sola modificazione notevole cioè I’ au­ mento di 6 milioni nella esportazione delle mercerie comuni.

Condizioni economiche iella Marina italiana

a V e l a e d a V a p o r e

( Vedi numero 252)

L e t t e r a I I .

Egregio Direttore,

Ed ora non vi sia discaro fare una rapida rivista delle cifre quali ci sono fornite dalle pubblicazioni ufficiali del nostro diligentissimo Bodio, per dedurre dal quantitativo del tonnellaggio che frequenti i no­ stri porti, o da quello nazionale che frequenti i porti esteri, lo stato attuale della nostra marma. Dico at­ tuale, ma il vocabolo vuol essere accolto con savia

discretiva, poiché pel movimento della navigazione dei porti nazionali, le statistiche giungono sino ai 1877 e per il movimento dei bastimenti nazionali all’estero fu appena teste pubblicata quella del 1876.

Lasciando per brevità a parte il numero dei ba­ stimenti, dato meno rilevante, ed attenendoci al solo tonnellaggio, troviamo che nel 1877 i porti italiani furono frequentati da tante navi a vela ed a vapore rappresentate da tonnellate 25,057,292 arrivi e par­

tenze riuniti. Siccome nel 4876'si aveva avuto (par­ tenze ed arrivi riuniti) tonnellate 24,735,366, si eb­ bero periodici, i quali negli scorsi giorni si fecero, troppo presto e poco consideratamente ad inneggiare a questo aumento di tonnellate 321,926 giovandosene a dimostrare, che le pretese sofferenze della marina mercantile erano per lo meno esagerate.

Addentrandoci però in un esame più serio e più conforme alle regole della scienza statistica ci verrà fatto osservare come dal 1861 (tonnellate 13,383,350), al 1877 (tonellate 25,057,292), si ebbe in 18 anni un aumento di 11,973,942 tonnellate. Ora ia media dell’aumento annuale in questo periodo si fu di ton­ nellate 665,219, mentre dal 1876 al 1877 si ha un aumento di sole 321,926 tonnellate, inferiore di ol­ tre la metà, dell’ aumento medio annuale del diciot- tennio.

Per ciò che concerne la navigazione dei basti­ menti nazionali nei porti esteri (sempre partenze ed arrivi riuniti) abbiamo ne! 1876, torm. 7,766,569; siccome nel 1875 si aveva avuto un movimento rappresentato da tonn. 7,488,713, così non manca­ rono gli ottimisti di farsi forti di quest’ aumento in un solo anno, di tonn. 277,856. Pure, sottoponendo ad un identico esame il dodicennio 1864-1876, (conformandoci alla massima, che la verità statistica, solo dai grandi numeri emerge e dai lunghi periodi) abbiamo che in questo periodo I’ aumento fra i due anni estremi, fu di tonn. 4,428,904, il che pei 12 anni indicati ci da l’ aumento annuo medio di ton­ nellate 369,075 che è molto superiore all’ aumento del 1876, che come si è detto fu solamente di tonn. 277,856.

Questi poco felici risultati si sono conseguiti, seb­ bene le navi si vadano sempre costruendo di un maggiore tonnellaggio, le navi a vapore facciano più frequenti approdi accrescendo fortemente tal cifra e quantunque gli anni 1875-1876-1877 non fossero per la marma mercantile così nefasti come fu il 1878 e come si annunzia il 1879.

Dal movimento della navigazione nei porti nazio­ nali ed esteri, passando ali’ esame della statistica del materiale navale, inscritto nelle matricole nazio­ nali, abbiamo i seguenti risultati :

Nel 1869 si avevano tonn. 952,808, delle quali 928,152 a vela e 24,657 a vapore. Nel 1877 ton­ nellate 1,068,449, e cioè 1,010,130 a vela e 58,319 a vapore con un aumento nell’ ottennio di tonnel­ late 81,978 per la vela e tonn. 33,662 pel vapore; un aumento totale per l’ ottennio di tonn. 115,641 ed un aumento medio annuale di tonn. 14,454. Ora dal 1876 al 1877 si constata una diminuzione di tonn. 10,538 nelle navi a vela ed un miserabilissimo aumento di tonn. 438 nei piroscafi, con una totale complessiva diminuzione in un anno di tonn. 9,920.

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150 L’ E C O N O M IS T A 9 marzo 1879

piegare alla legge dell’ aumento graduale nella por­ tata dei bastimenti, lo prova il dato, che mentre la media della capacità 4ei bastimenti per i vari com­ partimenti italiani è di tonnellate 96, essa ascende pel solo compartimento di Genova a 370 tonnellate, sulle 2 mila navi di 850,000 tonnellate superiori alle 100 tonnellate avendone questo compartimento inscritto ben 1012 con tonnellate 500,000 circa.

Passiamo alle costruzioni.... e qui incominciano le dolenti noti ; qui il barometro segna davvero la de­ pressione, in cui si trova la marina mercantile, le cui sofferenze devono infallantemente essere desi­ gnate dal! indice delle costruzioni, essendo ovvio come il capitale eviti un impiego che non dà più sufficienti prolitti.

Nell’ anno 1876 si costrussero Tonn. 70,022 di navi e pel valore di L. 20,882,685. Nel 18:7 Tonn. 39,287 per L. 11,007,000 con una differenza in meno di Tonn. 30,735 e L. 9,875,685. In un solo anno la diminuzione fu quindi del 44 °/0 !

Questa è la più solenne e categorica risposta, che si può dare a coloro che negano le tristi condizioni della marina nazionale; verrà poi la statistica del 1878 a persuadere anco i più cocciuti, sebbene sia impossibile render persuaso chi non voglia esserlo.

Oltre a ciò le navi perdute o disfatte o vendute non lurono mai di un tonnellaggio così ragguarde­ vole come nel 1877. — Basti il cQre che mentre la proporzione delle tonnellate perdute o disfatte col tonnellaggio totale, era dall’ 1 e 1/2 °/0 nel 1876 ascese nel 1877 ad un 3 °/0, quota che sarà lar­ gamente snperata nel 1878 e nel 1879 anni durante i quali le condizioni della marina andarono sempre peggiorando.

Uno sguardo ora al personale e principalmente a quello di prima categoria che costituisce il nerbo nella marineria. Questo era di 153,022 individui nel 1876 ed è di 150,938 nel 1877, con una di­ minuzione di 2,084 individui.

Questi sono i tatti rivelati dalle cifre ufficiali; io che poi vivo in mezzo ad una popolazione che dalle intraprese marinaresche ritraeva copiosi lucri ed ora si trova in gravi angustie, ne sento e ne constato I eco ed il controcolpo, quasi ad ogni giorno in qualsivoglia ramo di industria, e specialmente in quelle classi sociali, che colla marina hanno mag­ giori attinenze.

Sceverata pure quella parte che vi ha di esage­ rato in qualsivoglia doglianza, vi trovo ancor tanto di vero da implorare per la marina pronti ed effi­ caci provvedimenti.

I quali come voi ben sapete fin dal 1876 (Vedi

Economista. Anno 111 voi. VI. N. 133 pag. 643)

ho inutilmente reclamato in una serie di lettere che vi diressi, poiché le mie parole furono gittate al vento; ma non importa, il pubblicista ha fatto il suo dovere quando ha esposto ciò che coscien­ ziosamente^ crede conforme al vero. Non ignoro che da molti si ripete, che molti miglioramenti saranno approvati dal nuovo regolamento, sole sempre pros­ simo a sorgere che però non sa mai decidersi a spuntare sull’ orizzonte ed illuminarci co’ suoi vi­ vidi raggi. Ma se questo enorme regolamento di 1200 articoli in alcuni punti apporta migliorie, mi è pur forza dichiarare che accrescerà i vincoli, gli oneri, I’ accentramento nel servizio della marina. Al postutto io son d' avviso che, ove non sia pro- londamente modificato, la marina mercantile non ne

risentirà vantaggio di sorta, non essendo le leggi ed i regolamenti il suo più urgente bisogno, bensì un po’ di libertà ed un po’ di sollievo da imposte divenute gravosissime in un periodo di cosi scarsi guadagni.

Che poi questi guadagni sieno davvero miseri così per il bastimento a vela, come per il pirosca­ fo, mi riserbo di dimostrarvelo in modo evidente in un’ altra mia.

Credetemi col dovuto ossequio

Vostro obbl.mo

Jacopo Vir g ilio.

Genova, 7 marzo 1879.

RIVISTA INDUSTRIALE

So m m a r io. Ancora del gaz e della luce elettrica. —

Il concorso di Parigi — Perfezionamenti nella fab - bricazione del gaz-luce. — Nuovo metodo Comme- lin. — Eecenti esperienze fatte a Dundee. — Le penne elettriche e la penna ad aria compressa.

La lotta tra il gaz e la luce elettrica, di cui ab­ biamo tenuto parola nella nostra prima Rivista in ­

dustriale, ferve più viva e accanita che mai

Il gaz vede d’ogni intorno sorgere minacciosa la splendida rivale a cui mille ingegni eletti vanno giornalmente arrecando la forza d'i nuove scoperte e di nuove modificazioni.

E un fatto che ogni mezzo secolo ha, così nel dominio della scienza, come in quello della politica, qualche gran problema da risolvere e questo della illuminazione n’ è uno.

Il gaz non va di certo esente da rimproveri, ma la luce elettrica non presta ancora fiducia, oud’ è che la Commissione del Consiglio comunale di Pa­ rigi chiamata a pronunciarsi ufficialmente ha, giorni sono, preso una importante risoluzione collo stabi­ lire di chiamare i due sistemi ad una battaglia de­ cisiva.

Adottando le conclusioni della Commissione il Consiglio municipale parigino, nella sua adunanza del 14 scorso mese, ha deciso che i due sistemi siano messi in presenza e giudicati dalla popolazione.

Ecco il testo ufficiale di queste conclusioni:

A rt. 1. 11 Prefetto della Senna è autorizzato a

trattare colla Società generale dell’elettricità per una illuminazione a titolo di prova e per un anno nei luoghi seguenti: Avenne de l’Opera, piazza dell’O­ pera, piazza del Teatro francese, piazza della Basti­ glia e uno dei padiglioni dei mercati centrali.

Art. 2. L’ illuminazione elettrica è autorizzata nei

luoghi designati a condizione che la città non paghi più di trenta centesimi per becco e per ora e nel limite d’una spesa di 35,000. franchi da prelevarsi sul bilancio del 1879.

A rt 3. 11 prefetto della Senna è parimenti auto­

rizzato a trattare colla Compagnia parigina del craz per un’ illuminazione a titolo di prova, nei luoghi seguenti: via 4 Settembre, piazza del Chateau d’ Eau, ed un padiglione dei Mercati centrali.

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Le condizioni del concorso sono dunque netta­ mente stabilite, e Parigi giudicherà. Una delibera­ zione siffatta ha un valore che non si può disco­ noscere.

Del resto pare che la Compagnia del gaz si ci­ menti con animo tranquillo alla prova perchè essa ha annunciato di aver introdotto nei sistemi di fab­ bricazione importanti miglioramenti che debbono dare risultati inattesi.

I i'a i nuovi procedimenti ideati per avere del buon gaz-luce merita d’ esser segnalato quello, recentis­ simo, proposto dall’ingegnere Ed. Commelin. Esso consiste nel collocare delle storte o dei tubi di ma­ teria refrattaria nella volta di qualsiasi forno indu­ striale. Ogni storta od ogni tubo è pieno di carbone di legno o di coke e vi si fa arrivare un getto di vapore p l aequa si decompone in gaz idrogeno, ossido di carbonio e acido carbonico; questo gaz passa quindi nell apparecchio depuratore e nel gazometro. Per renderlo illuminante basta farle passare attra­ verso delle essenze volatili; o di far arrivare nelle storte contemporaneamente al vapore del godrone e delle altre materie grasse.

Si ottengono da ogni storta contenente 23 chilowr. di combustibile, 100 metri cubi di gaz bianco e bril­ lante quanto la luce elettrica.

II gaz luce ordinario costa, di fabbricazione, 12 tranchi e mezzo ogni 100 metri cubi, e col metodo Lommehn si avrebbero 100 metri cubi per*due franchi.

Nella fabbricazione del gaz ordinario bisogna im­ piegare 9144 cbilogr.- di litantrace per produrre 2300 metri cubi di gaz in 24 ore. Nello stesso tempo col metodo Commelin con 9144 chilogr. di coke o di carbone di legna si avrebbero 36376 m. cubi di gaz.

Questo procedimento, dice il giornale L a Houille da cui togliamo queste notizie, si presenta di facile e vantaggiosa applicazione in tutte quelle officine che utilizzano il carbone per riscaldare le loro caldaie.

Del resto non è nella sola Francia che si cerchi, per resistere all’ invasione della luce elettrica, di migliorare la fabbricazione del gaz luce. A Dundee, nella Scozia, hanno avuto luogo ultimamente delle esperienze molto interessanti di cui diremo poche parole.

Sotto il nome di albo-carbon si impiega la nafta­ lina che si brucia mescolata al gaz luce ordinario.

La naftalina è uno dei prodotti della distillazione del litantrace, prodotto molto abbondante e del quale s’ è tratto fino ad ora poco partito. Era naturale che si cercasse di impiegare questa sostanza come materia illuminante, perchè la naftalina, composta unicamente di carbonio e di idrogeno, brucia facilmente.

A Dundee le esperienze sono stale fatte alla pre­ senza d una Commissione la quale, nel suo rapporto, ha constatalo i resultati seguenti :

I condotti d’alimentazione essendo regolati in modo che per mille piedi cubici di gaz ordinario il con­ sumo di naftalina sìa di 730 grammi, il potere il­ luminante del gaz risultò esattamente raddoppiato. Dal punto di vista economico i commissarii consta­ tarono le spese seguenti :

1000 piedi cubici di gas (a Dundee) . . Fr. 4 63 730 grammi di naftalina...» 4 03

3~70 Quindi con questo nuovo metodo si avrà per fr. 5,70 tanta luce quanta se ne ha col gas ordinario

per fr. 9,30 cioè si realizza un’ economia del 40 °/

sui prezzi attuali. 0

Noi ci rallegriamo assai di questo febbrile risveglio nell) industria dell’ illuminazione e certamente ' da tanti studi e da tante eseperienze non potrà a meno di resultarne un vantaggio reale. Intanto segnaliamo la^città di San Fanciso (California) che sarà la prima ad’ esser illuminata a luce elettrica. La città verrà divisa in distretti in ciascuno de’ quali sarà posta una Macchina Granirne-Pacinotti ; i fili saranno j collocati in tubi e sotterrati; oppure tesi lun°m le

pareti delle case.

I becchi attuali a gas saranno sostituiti dai becchi elettrici ciascun dei quali avrà la potenza illuminante di 40 candele.

È innegabile che 1’ elettricità ha avuto in questi ultimi anni una innumerevole serie d’ applicazioni. Per darne una prova basta rammentare il nome di Edison'ehe I’ ha exploiiie sotto tutti i rapporti.

I nostri lettori avranno certamente sentito parlar della penna elettrica ideata dal fecondissimo genio inventivo americano.

Questa penna consiste in un tubettino nel cui asse sta un lungo ed acutissimo spillo che viene messo in rapido movimento di va e vieni da una pic­ cola elettrocalamita collocata nella parte superiore del tubettino.

Una pila Grenet mette in azione l’elettrocalamita e quindi la punta, colla quale si ottiene su di un foglio di carta uno scritto fatto con una serie di numerosi e vicinissimi forellini.

Disteso questo foglio bucherellato sopra un telaio passandovi sopra un rullo ordinario imbevuto d’ in­ chiostro litografico, si ottengono quante copie si vo­ gliono dello scritto.

Tale penna ha già subito diverse modificazioni fra le quali una assai ingegnosa del Marc. Filippo Tor- . rigiani di lirenze, il quale alla elettrocalamita so­ stituì una piccola rotei lina a palette messa in moto da un piccolo manticino mosso a pedale trasformando così la penna elettrica in una penna ad aria com­ pressa.

Ma ora il sig. Wentworth Scott ha trovato modo di combinare un piccolo apparecchio col quale si ottiene lo stesso risultato che colle penne Edison e Torrigiani e che costa poche lire.

Questa penna consiste in un tubetto di vetro nel cui asse è fissata una piccola asta di rame che ter­ mina con una punta in platino. Quest’asta è colle­ gata nella parte superiore ad un piccolo rocchetto Rhumkorff, che riceve la corrente d’una pila Grenet.

Sul tavolo si distende una lamina di zinco che si collega mediante un filo di rame al rocchetto. Sulla lamina di zinco si mette il foglio di carta.

E evidente che scorrendo col tubettino a punta sopra la carta si producono fra la punta e la lastra di zinco tante scintille elettriche che attraversano la carta e la bucano.

Si ha così, come colla penna Edison, un foglio bucherellato che serve da matrice per la ripro­ duzione.

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152 L’ E C O N O M I S T A 9 marzo 1879

Lettere economiche sella Calabria Ulteriore prima

(Vedi numero 252)

Le t t e r a III.

I_.’ A g r i c o 11 r. r a

La proprietà dei terreni è relativamente molto divisa, in special modo nella regione montuosa; ma non sono altrettanto numerosi i proprietarii assoluti e indipendenti e relativamente agiati, come potrebbe parere, e come sarebbe in altre regioni dove simile fatto si verificasse.

Le maggiori tenute si trovano principalmente, anzi poco meno che esclusivamente, nella Piana che pella natura del terreno vi si presta anche di più. Citerò quelle del marchese Gagliardi, del duca Nun­ ziante e del duca di Cardinale, lasciandone- molte altre. Quella del duca di Cardinale rende presso a poco I I mila ettolitri d’olio; vi sono poi 40 ettari di sélva a castagni, 400 ettari di terreno da semi­ nare, 100 ettari di terreno irrigabile, da granturco, 15 ettari di agrumeti che circondano il piccolo villaggio di Cannava, nel centro della tenuta, abbel lito a spese del duca. In queste tenute, come nelle altre più piccole, i gelsi, gli ulivi, gli agrumeti, le selve dei castagni, vengono per lo più, tenute a mano dai proprietarii, cioè lavorate per mezzo di opre; i terreni seminativi e le vigne sono date in affitto, o in mezzadria, o fatte lavorare con quegli altri modi che ho descritti, sotto la direzione del pro­ prietario medesimo o del suo rappresentante. E qui giova dire che quando si tratta d’ un proprietario molto ricco, questi abita fuori di paese e non si fa vedere mai o quasi mai ne’ suoi poderi e in mezzo alla sua gente, onde si hanno a lamentare quei danni soliti che derivano dall’assenza di proprietarii dalle loro terre.

Un ordine di persone che tende a sostituirsi ai proprietarii maggiori e più antichi è quello dei mas­

sari. Questi possiedono qualche podere di suo; a

volte anche un podere solo eoa una casa; ma coi capitali che hanno prendono in affitto o in enfiteusi i poderi circostanti, e presso la casa loro costrui­ scono gli edificii necessarii per la conservazione degli arnesi rurali, e le stalle per le bestie bovine le quali serviranno alla coltivazione ed anche all’in­ dustria della pastorizia. Quel gruppo degli edificii lo chiamano mussarla ed è come una fattoria nella quale il fattore sia proprietario e direttore de’ lavori per conto suo. V’ ha di tali masserie che rappre­ sentano un capitale di più centinaia di mila lire: il massaro, tiene sotto di se dei foresi e dei vaccai, e fa poi coltivare tutti i terreni a opere ed in altra maniera. Rimanendo da se sul posto, sorvegliando a tutto e lavorando egli stesso come un contadino, mette da parte nuovi capitali e finisce col diventare proprietario dei terreni che ha in affitto ed in enfi­ teusi. Questi massari, i quali cominciano pure ad avere qualche istruzione, la qual cosa non accadeva prima, chè non sapevano nemmen leggere, nelle circostanze odierne, pur troppo molto favorevoli alla rovina di chi non attende da se alle cose proprie, finiranno col soppiantare molti degli antichi pro­ prietarii. Non vi sarà gran male, se a persone ne­ ghittose e poco sapienti se ne sostituiranno altre attive, intraprendenti ed intelligenti.

Alcuni proprietari più piccoli senza essere mas­ sari nè altro coltivano i loro terreni da se colla fa­ miglia ; e questo accade specialmente nella regione montuosa più lontana dalla spiaggia. I poderetti possono avere in media l’estensione di tre a sei et­ tari. Ma frequentemente sono molto più piccoli, ed allora chi li possiede non potendo da essi soli ri­ cavare il proprio sostentamento e non avendo d’al­ tronde necessità di farvi un lavoro continuo, va qui e là a giornata prestando anche il paio di buoi che spesso egli tiene, e lavora nel suo eampicello a tem­ po perduto. Così contemperando una cosa e l’altra può passarsela alla meglio. Non si può nascondere però che nelle annate cattive le condizioni di que­ sta gente sono molto precarie e pelle pochissime raccolte del poderetto, del resto sempre insufficienti e pella mancanza di lavoro ; talché non farà mera­ viglia il pensare che in certi anni la massima par­ te di quelli che debbono mendicare un tozzo di pano sono gente che possiede una casa ed un pezzetto di terra. Un altro inconveniente deriva da ciò che per supplire alla loro miseria, si sottopongono spesso a fatiche bestiali ed a privazioni di cui, anche a rac­ contarle, non si potrebbe acquistare un’idea esatta. Le donne poi, specie in taluni tempi, p. e pella raccolta delle ulive e del gran turco lavorano quan­ to gli uomini, e dovendo restare fuori di casa tutta la^giornata, lasciano spesso le loro creature di po­ chi anni, quasi senza custodia, o tutt’al più affidate a qualche comare del vicinato.

Un inconveniente non piccolo, che è quasi uni­ versale nelle regioni montuose d’Italia è la sover­ chia divisione dei poderi, cosa che non accade solo a certi ricchi proprietarj, ma anche ai più poveri, i quali hanno un eampicello qua e un metro di terra più là. Per tal modo perdono con termini, siepi, e chiudende, una parte non piccola del loro guscio di noce, perdono una quantità di tempo per andare da un luogo all’ altro, e non possono fare quella buona guardia che sarebbe necessaria. *) A fare cambi e ad arrotondare i poderi si oppongono mal intese gelosie, e l’affezione ai terreni aviti, al­ trove hanno combinato degli opportuni baratti e la miglior cosa sarebbe persuadere la gente della con­ venienza dijjuesti. Fuori d’Italia, alcune legislazioni hanno resi obbfìgatorj que’baratti : da noi non farei altrettante, chè una tal legge, come il solito torne­ rebbe a vantaggio de’ricchi e a danno de’poverelli; piuttosto esenterei dalle tasse di registro che si ri­ chiedono per simili contratti, e vorrei favorir questi indirettamente con altre maniere, allontanandone per un po’di tempo le zanne voraci del fisco. Un’ altra angheria che in forza di antiche consuetudini smi­ nuisce la proprietà dei poveretti, è la servitù cui sono soggetti i fondi loro a favore dei proprietari confinanti i quali hanno diritto di entrarvi a rac­ cogliere i frutti caduti dagli alberi contigui. Le leggi civili nostre sono contrarie a questo genere di ser­ vitù, ma cosa ne sanno quegl’ignoranti di lettere?

Moltissimi terreni sono coltivati da fittaiuoli o da enfitenti che non ne hanno il dominio diretto.

L’enfiteusi perpetua si può dire d’ uso universale in tutto il versante Jonio, e, specialmente prima che venisse pubblicato il nuovo Codice Civile, questo

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sistema di dare i terreni a coltivazione fu il più utile pel paese e pei lavoranti i quali si trovarono quasi proprietarii dei fondi od almeno legati ed interessati al miglioramento dei medesimi, in uno stato di be­ nessere molto somigliante a quello dei mezzadri della Toscana centrale. È all’ enfiteusi originariamente per­ petua ed alla piccola proprietà che si deve l’aspetto ridente e la trasformasione di alcune regioni della costa p. es. dei giardini, veri giardini, di Gioiosa, che sembrano, sotto cielo anche più clemente, un pae­ saggio del Lucchese. Il canone dell’ enfiteusi è fre­ quentemente fisso in denaro o in derrate; altre volte è mobile, e viene fissato da perizie ogni quattro anni, ovvero cambia d’ anno in anno, dovendo corrispon dere, in forza del contratto, ad un quinto nei luoghi montuosi, ad un quarto, ad un terzo, o ad una metà nei luoghi più ricchi. In quest’ ultimo caso corri­ sponde presso a poco ad una mezzadrìa perpetua: ma questo sistema di variare i canoni ogni anno, e forse peggio ogni quattro anni da luogo a liti e ad inconvenienti gravi i quali per poco tolgono tutti i vantaggi dell’ enfiteusi; il male è che l’utilitario per lo più povero, debole e frequentemente bisognoso di denaro, è quasi mancipio del direttario ricco e perciò secondo le antiche tradizioni potente, il quale gli fa prestiti usurai. Ciò conduce quasi ad una servilità degli utilitarii i quali si considerano sempre in posi­ zione assai umile dirimpetto ai loro signori. Pure è all’enfiteusi che si deve il miglioramento agrario dello regioni nelle quali essa fu adottata. Dopo l’in­ troduzione delle nuove leggi civili i caratteri del­ l’antica enfiteusi sono rimasti alterati; per facilitare agli utilitarii 1’ acquisto del dominio diretto è stata introdotta l’affrancazione; nello stesso tempo eh’ è stata facilitata la caducità del dominio utile e la con­ fusione di questo nel proprietario diretto. Per l’inerzia e pella pigrizia solita negli uomini; ma anche per ignoranza e per la povertà, è avvenuto che pochi utilitarii si sieno giovati della facoltà di affrancare: mentre poi i direttarii che sono sempre stati in si­ tuazione di fatto molto più favorevole hanno miglio rate le loro condizioni colla facilità di contestare la caducità ai coltivatori, facilità di cui, per verità, e non a torto già più d’ uno s’ è prevalso. Tutto l’ in­ sieme delle circostanze poi ha reso molto più difficile le costituzioni di nuove enfiteusi, le quali, più d’ogni altro dei contratti agricoli colà usati, avrebbero potuto giovare al miglioramento del paese e dei coltivatori. Credo che si dovrà trovare a ciò qualche rimedio giuridico, altrimenti potrebbe darsi che una legge fatta colle migliori intenzioni del mondo avesse a produrre un regresso di cui si potrebbero disgrazia­ tamente aver le prove soltanto nell’avvenire.

Intorno a Reggio, fino a Villa S. Giovanni da una parte e fino a Melilo dall’ altra, si usa un con­ tratto il quale come 1’ antecedente è pure molto diffuso in certe regioni della Sicilia ed in qualche altra parte dell’ Italia meridionale : si usa cioè un’en­ fiteusi della durata di 29 anni. L’ agricoltore riceve la terra incolta, senza onere alcuno ; egli vi fab­ brica una casa la cui costruzione costa poco; pianta le viti e coltiva insomma il terreno. 1 risultati della coltivazione, per la feracità del suolo, si vedono assai presto, c dopo quattro anni il coltivatore, co­ mincia a pagare al padrone la metà delle raccolte. A questo sistema si devono le belle e ricche col­ tivazioni dei dintorni di Reggio, i quali, mi affer­ mava taluno, erano in antico quasi deserti : a que­

sto sistema si deve se colà, come nei dintorni di Gioiosa e di Siderno, vi hanno case sparse fuori dei paesi, con tanto vantaggio dell’ agricoltura e di chi lavora, e con tanta maggiore sicurezza dei luo­ ghi e difesa dello coltivazioni. Scaduto il termine ìli 29 anni la terra va al padrone senza che al co­ lono od utilitario debba essere dato compenso ve­ runo pegli straordinarii miglioramenti fatti. Que­ st’ ultima consuetudine è sconveniente, e torna a danno del padrone che credette averla stabilita a suo vantaggio : infatti il colono, negli ultimi anni; tira a sfruttare il terreno più che può, e non si perita di guastare i miglioramenti fatti per lo in­ nanzi. Che sarebbe se, come s’ usa in altri casi, il proprietario stipulasse di pagare all’ ultimo un tato per cento dei miglioramenti fatti, il quale per quanto piccolo distorreblìe pur sempre dai peggioramenti? In altri Stati d’ Europa, in casi simili, le leggi stesse hanno prescritto un maggiore riguardo ai diritti del colono : non so se converrebbe fare al­ trettanto presso di noi: vi sarebbe il caso di vo­ lere il bene e d’ otenere l’ effetto contrario. Certo è che la cosa sarebbe di convenienza non picaola agli stessi proprietarii ; come sarebbe di conve­ nienza lasciare il colono sul terrreno, dopo il 29 anni, come mezzadro : ma di ciò altrove.

Un altro sistema molto comune di fare coltivare la terra è quello di darla in affitto per due anni o più fino a 9 anni ma non oltre il fitto: è stabile e pagato in denaro o in derrate. Una mezzadria im­ propria è pure assai frequeute, e dico impropria, perchè molto ci corre dalla mezzadria toscana, come risulta dai patti suoi che sono i seguenti : essa non dura più di due o tre anni, ed esclude gli olivi, gli agrumi ed i gelsi del podere i quali rimangono a conto del padrone; dei frutti che restano il colono percepisce per lo più la metà che però nei luoghi più riccqi, per esempio intorno a Reggio, per la . raccolta dell’ uva, si riduce ad un quarto. Nei luo- gqi montuosi e difficili, non coltivati, chi si mette a lavorare dà al proprietario unquinto del prodotto ma in questo caso si ha una specie di contratto di

trratico. Di quanti sistemi ho visto in Italia credo

che ben pochi sieno così contrarii al progresso dell’ agricoltura e a quello della gente come que­

sti dell’ affitto e della mezzadria reggiana : il col­ tivatore miserabile e senza garanzie tira a sfruttare la terra senza migliorarla, e senza farvi quei lavori che ne aumenterebbero il valore; il padrone tira a sfruttare il coltivatore che non avendo nessun ca­ pitale in proprio ha sempre bisogno di quattrini e non ha credito, per cui quegli fa a lui de’ prestiti con usura. I padroni piccoli finalmente che dalle loro terre ricavano pochi raccolti e quando ne ri­ cavano gli sciupan presto, sou tirati a sfruttare da­ gli usurai i quali levan loro le penne maestre. E così per un complesso di cause resta miserabile la terra, miserabile il coltivatore, miserabile il padro­ ne, e poco meno miserabili gli usurai che spesso rimangono con un palmo di naso.

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L’ E C O N O M I S T A 9 marzo 1879 fra loro, e questi s’ incaricano di tutti i lavori ri­

manenti fino alla raccolta compiuta del genere che può essere fagiuoli, zucche ; ma solitamente è gran turco o grano. Nel momento della raccolta cioè a luglio il tìttaiuolo, o massaro, o proprietario, entra a lavorare anche lui cogli altri, anche per fare mi­ glior sorveglianza; per pestare e sgranare chiama poi di fuori delle opere le quali sono pagate, tutte insieme, oltre al mantenimento giornaliero, con un trentaduesimo d’ ogni tomolo di gran turco prima che sia fatta la divisione. Finito tutto, di ciò che resta della raccolta due parti vanno al padrone, ed una pai te va spartita fra i coltivatori. Con questo sistema il coltivatore è obbligato a metter la semenza, la quale si noti, è posta nel terreno dal proprietario: oltre a ciò è tenuto a pagare in contanti sul mo­ mento, prima della spartizione, la misa, vale a dire una somma determinata più o meno piccola o brande, secondo i patti, in proporzione delle misure di se­ menta che vennero impiegate e per solito IO ducati (L. 42, 50) il tomolo (Litri 125) di semenza. Così accade che, oltre al pessimo sistema di seminare il grano, non a righe ma pur che sia, alla volata, il proprietario, per guadagnare di più, butta a iosa le misure (iella semenza, che poi gli viene pagata più di quel che costi tutta insieme mediante la misa del coltivatore; quest’ ultimo poi è costretto a sudare maggiormente per diradare la sementa sul terreno, re r I obbligo finalmente d’anticipare in quattrini la

misa, il colono che non ne ha o non trova di met­

terli insieme co’ suoi compagni, deve ricorrere al

Deus ex machina, allo strozzino. Oltre la misa il

coltivatore deve pagare poi la guardia del terreno, la^metà delle spese dell’ irrigazione dove questa si usa, e la trebbia cioè la metà di quella porzione cioè della trentaduesima parte del raccolto che viene data ai pestatori ed agli sgranatori: così, quando la raccolta va male, resta coir appetito nello stomaco, e quando va bene riesce appena a sbarcare il la - nedì. Molti agricoltori però si adattano a lavorare in questo modo, perchè almeno hanno un lavoro fisso e sicuro per una parte dell’ anno, e si sottrag­ gono a quelle incertezze maggiori cui andrebbero incontro lavorando solamente a giornata or qua or là.

1 contadini jornatanti, cioè giornalieri, ovvero braccianti o pigionali, o sono impiegati con stipendio fisso nelle masserìe o fattorìe, o lavorano alla gior­ nata dove trovano. I primi sono i guardiani delle terre o foresi o vaccai. 1 foresi guidano I' aratro, e le vetture necessarie per la masseria o pei coloni: ì vaccai conducono le vacche al pascolo, le gover­ nano, e fanno il formaggio. Fra i più capaci fi mas­ sàio sceglie un capo vaccaro, ed un capo forese il quale ultimo ha quasi F ufficio di sotio-fattore, è incaricato di costruire gli aratri, e, pelle condizioni quasi primitive dell’ industria fa pure 1’ ufficio di carradore. Per loro salario il massario è obbligato a passare ogni giorno un grosso pane, per lo°più a metà di granturco, il companatico, e la minestra ogni sera; deve solitamente vestirli e calzarli, e pacare ogni anno una somma che può variare da sei ducati e sei tomoli di gran turco, a dieci ducati e dieci tomoli. Per Natale, Pasqua e Carnevale i foresi e vaccai rivecono dal massaro i cosi detti funsi (pro­ babilmente da ju s diritto,) o regalie consistenti in 5 lire di denaro, ovvero in derrate, cioè farina, uova, formaggio, maccheroni, carne, e per Pasqua la sguta

o se.nidiata coll’ uovo. Uiu volta la settimana poi,

a turno, son liberi e, possono andarsene a casa loro. Il capo forese e il capo vaccaio hanno uno stipen­ dio maggiore; nel resto sono uguali agli altri. Nelle masserie lungo I Ionio oltre al mantenimento gior­ naliero si usa dare uno stipendio in solo denaro che supera di poco 100 lire l’ anno. Questa sorta di gente vive discretamente bene, ed il mangiare almeno non gli manca.

I veri lavoranti giornalieri, per loro minor di­ sgrazia, hanno quasi tutti una casuccia ed un pez­ zetto di terra che coltivano quando non hanno lavoro.

Vanno poi ad opere qua e là, ma per le particolari circostanze dell’ agricoltura avviene che una buona parte dell anno «quasi non trovano lavori, mentre poi in certi momenti il loro numero non basta, e man­ cano le braccia.

Durante tutto l’ inverno fino ai primi d’ Aprile vengono nella provincia varie centinaia di lavoranti del Cosentino capacissimi nel mestiere pel quale sono richiesti, cioè nello scavare e ripulire le fosse nel lare gli argini, nel nettare e potare gli ulivi. Li pagano^ L. 1,06 il giorno. Molti lavoranti d’ in­ torno a Gioiosa, sogliono nel Luglio andar nella riana ed altrove a battere ed a sgranare il gran turco. Ricevono il mangiare giornaliero, e di più una trentaduesima parte del gran turco, dopo che tu tutto sgranato: bisogna aggiungere peraltro che talora son soliti portare a chi li fa lavorare in dono eie poi è diventato quasi una regalia, una quaran­ tina di chili di fichi secchi i quali a Gioiosa fanno huoniss mi. Per solito la giornata di un ragazzo o d una donna per levar 1’ erba di fra il grano è 42 cent. ; per cogliere le ulive può giungere a 0,60 cent., la giornata d’un mietitore è di L. 1,06, «dire a mangiare. Moho spesso sogliono stipulare coi giornalieri un contratto per un mese o più finché dura per esempio il lavoro delle messi od altro si- mile. ma il salario è molto meschino consistendo in 15 lire il mese, oltre al mangiare. Nei casi di grande bisogno i salari che ho rammentati possono accre­ scersi anche di metà. Quando poi occorrano de’ buoi da lavoro si fanno venire da quei contadini sul suo che ne hanno, e li pagano L. 2,55 il giorno, oltre al mangiare pel bifolco.

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