Capitolo3. Metodo di sintesi di
Schelkunoff.
3.1 Caratteristiche generali.
Il metodo polinomiale di Schelkunoff è utilizzato per la sintesi di array equispaziati monodimensionali, i cui diagrammi d’irradiazione presentino nulli in direzione note. Di seguito sarà descritta la trattazione analitica del metodo.
Facendo riferimento alla Figura 3.1.1, il fattore d’array per un’array di N elementi equispaziati, con distribuzione delle ampiezze non uniforme e sfasamento progressivo, è dato da [Bib. 3.1]:
( 1)( cos ) ( 1) (3.1.1). 1 1 N N j n kd j n n n n n AF a e − θ β+ a e − ψ = = =
∑
=∑
La (3.1.1) è ottenuta sfruttando l’approssimazione a raggi paralleli, an sono le
eccitazioni complesse dei vari elementi, d è la distanza fra gli elementi e β è lo shift progressivo di fase.
Assumendo poi che la variabile complessa z venga riscritta nel seguente modo: z x jy e= + = jψ =ej kd( cosθ β+ ) (3.1.2), il fattore d’array può essere rappresentato come un polinomio di grado N-1
1 2 (3.1.3). 1 2 3 1 N n N n N n AF a z − a a z a z a z − = =
∑
= + + + ⋅⋅⋅⋅⋅⋅ + 1Come noto, ogni polinomio complesso di grado N-1 ha N-1 radici complesse, e può essere espresso come prodotto di N-1 termini lineari. Il fattore d’array assume quindi la seguente forma:
AF a z z z z= N( − 1)( − 2)(z z− 3)⋅⋅⋅⋅⋅ −(z zN−1) (3.1.4) dove sono i poli complessi del polinomio. Il modulo della (3.1.4) diventa quindi:
1, , ,...,2 3 N 1
z z z z −
AF = a z z z z z zN − 1 − 2 − 3 ⋅⋅⋅⋅⋅ −z zN−1 (3.1.5). La (3.1.2), in cui si descrive la variabile z, può essere riscritta in una forma alternativa: la nuova formulazione ci permette di capire come applicare il metodo di Schelkunoff alla sintesi di array lineari e come avviene la procedura di inserimento dei nulli nel diagramma d’irradiazione dell’array:
z= z ejψ = ∠ = ∠z ψ 1 ψ (3.1.6.a),
ψ kdcosθ β 2π dcosθ β λ
= + = + (3.1.6.b). Dalle relazioni precedenti è chiaro quindi che, per ogni valore di d, θ, o β, il modulo della variabile z giace su di un cerchio unitario nel piano complesso. Per valori fissati di d e β tutti i valori di θ fisicamente osservabili giacciono all’interno di una porzione del cerchio unitario detta regione visibile (VR); i valori di z al di fuori da questa parte del cerchio unitario non sono fisicamente realizzabili e giacciono in una zona detta regione invisibile (IR). In Figura 3.1.2 viene rappresentata la regione visibile per due diversi valori di d e per una valore di β=0.
(a)d=λ/ 8 β =0 ψ π= cosθ (b) d =λ/ 4 β =0 ψ =( / 2)cos π θ Fig. 3.1.2 Regione visibile per valori diversi di d, β e ψ.
La regione visibile può essere estesa aumentando la distanza d fra i dipoli e, per una distanza d pari a λ/2, si allarga fino a coprire tutto il cerchio unitario. Ogni distanza maggiore di λ/2 permette di coprire il cerchio unitario periodicamente con periodo pari a λ/2. Lo shift di fase β, che può essere imposto alle alimentazioni dei vari dipoli, ha il solo effetto di ruotare la regione visibile rispetto al cerchio unitario.
Si può dunque concludere che l’intera estensione della regione visibile può essere controllata agendo sulla distanza d fra i vari dipoli mentre la sua posizione rispetto al cerchio unitario può essere modificata variando il parametro β.
Dall’espressione del fattore d’array (3.1.4) si deduce quindi che ogni polo giacente sul cerchio unitario all’interno della regione visibile rappresenta un nullo fisicamente realizzabile nel digramma d’irradiazione dell’array; al contrario, tutti i poli che giacciono sul cerchio unitario, ma fuori dalla regione visibile, rappresentano dei nulli non fisicamente realizzabili. Dunque, per avere un nullo nella direzione θ =θ0, si dovrà inserire un polo zi tale che:
j kd( cos 0 ) (3.1.7).
i
z =e θ β+
Il modulo del fattore d’array rappresentato nella (3.1.5) possiede un’interpretazione geometrica: per un dato valore della variabile z appartenente alla ragione visibile, corrispondente mediante la (3.1.2) ad un angolo di osservazione θ, il AF è dato dal prodotto delle distanze fra z e i poli z z z1, , ,...,2 3 zN−1 del fattore d’array. La fase di AF è data, a meno di una costante, dalla somma delle differenze di fase fra z e i poli del fattore d’array [Fig. 3.1.3].
Quand erchio
ogni combinazione di N-1 radici dà luogo ad un AF diverso, quindi
i di array con un numero dispari
metrici, le N-1 radici assumono una o la variabile z, al variare di θ, passa attraverso un polo posto sul c
unitario (Figura 3.1.3) e all’interno della regione visibile, la distanza si annulla e il fattore d’array si azzera; in questo modo si ha un nullo nel diagramma d’irradiazione.
In conclusione,
ad un diverso radiation pattern: se M radici possono essere sfruttate per l’imposizione di M nulli, le rimanenti N-1-M aventi modulo non unitario possono determinare le altre caratteristiche del diagramma di irradiazione come il Side Lobe Level (SLL) e l’Half Power Beam Width (HPBW).
La tecnica di sintesi implementata prevede la sintes di dipoli e con radiation pattern simmetrici. Nel caso di diagrammi di irradiazione sim precisa relazione analitica :
z = 1 ( 1) / 2 ( 1) / 2 ( 1) / 2, , 1 i N j i i N e i N N z φ− − − − − = + ⋅⋅⋅⋅⋅ − (3.1.8). Il fattore d’array, espresso dalla (3.1.4), è dunque riscritto nel modo seguente:
( 1) / 2 ( 1) / 2 1 1 1 1 ( j ) ( j N )( j ) ( j N ) AF= z− z eφ ⋅ −z z eφ − z− e−φ ⋅ −z e−φ − (3.1 1 ( 1) / 2 1 ( 1) / 2 N N z z − − .9). Quindi nel caso di diagrammi simmetrici le caratteristiche del radiation pattern sono determinate solamente da (N-1)/2 poli. Una volta determinati i poli del polinomio di Schelkunoff’, le correnti dei singoli dipoli sono determinati in modulo e fase dai coefficienti del polinomio stesso ed avranno rispetto al centro di fase dell’array un andamento simmetrico.
3.2 Estensione del metodo di Schelkunoff alla sintesi
I diagrammi d’irradiazione delle antenne reali presentano dei pattern che spesso sui due piani principali, piano E ed piano H, possiedono delle caratteristiche completamente differenti. Gli array lineari, invece, presentano su di un piano principale, un pattern determinato dal fattore d’array, mentre sull’altro un pattern stabilito dal fattore di elemento: non è possibile quindi sintetizzare pattern di antenne reali con il semplice uso di array lineari.
Nasce quindi l’esigenza di sfruttare le propietà degli array bidimensionali.
Come mostrato in Figura 3.2.1 il fattore d’array, utilizzando l’approssimazione a raggi paralleli, per un’array planare di elementi equispaziati è dato da [Bib. 3.2]:
di array planari.
, 0 0 n m r jk r i nm n m AF a e ⋅ = = =∑ ∑
N−1M−1 (3.2.1).Se gli elementi, come mostrato in Figura 3.2.1, sono disposti sul piano xy allora: rn m, =nd x md yxˆ+ yˆ (
ir sin cθ osφix+sin sinθ φiy+cos iz .1)
(3.2.4). Imponendo la seguente relazione:
θ
= (3.2.3),
3.2.2), e sapendo poi che
si ottiene dalla (3.2 1 1 sin sin sin cos , 1 1 y x N M jkmd jknd n m n m AF − − a e θ φe θ φ = = =
∑ ∑
, n m n m a =a ∗a 1 1 sin sin N M jkmd θ φ − − (3.2.5), sta nel modo seguente:jkndx y
n m
AF =
∑
a e θ φ∑
a e (3.2.6). La relazione precedente non è altro che il prodotto del AF di un’array lineare posto lungo con elementi equispaziati di dx con l’AF di un array lineare posto lungola (3.2.4) può quindi essere scompo
sin cos 1 1 n= m= l x i l y
i con elementi equispaziati di dy.
Vediamo adesso cosa succede all’AF quando si vanno a considerare i due piani
pr 3.2.3:
Fig. 3.2.3 Piani principali dell’array planare.
Piano E 0 ( ) x M N jknd m n AF a a e θ φ= =
∑
− ×∑
− (3.2.7.a),Dalle formule precedenti si intuisce come, si abbiano dei diagrammi d’irradiazione pari a quelli che si avrebbero considerando un solo array lineare lungo , per il piano E, un solo array lineare posto lungo
1 1 sin Piano H (3.2.7.b). 1 1 m= n= 1 1 sin 1 1 / 2 ( ) y N M jkmd n m n m AF a a e θ φ π − − = = = =
∑
×∑
l x i l y i , per il piano H.Tornando al metodo di Schelkunoff, sfruttando la (3.1.3), gli AF sui due piani
m n
n
con
principali sono riscritti nel modo seguente:
Piano E 1 1 1 M N n m AF a a z φ − − − = = = =
∑
×∑
(3.2.8.a), 1 1 0 ( ) Piano H (3.2.8.b), 1 1 1 1 1 / 2 (N ) M m n m n m AF a a z φ π − − − = = = =∑
×∑
( sin ) j kd z e= θ β+caso veniva considerato un
. La differenza formale con la (3.1.2) è data dal fatto che in quel array lineare posto lungo i e non lungo o z ilx ily .
Le espressio .7.a) e nella (3.2.7.b), vanno poi moltiplicate per il fattore di elemento prodotto dal dipolo corto e quindi il valore di campo risul ug ale
ni nella (3.2
ta u a:
In conclusione, per la sintesi di un’array bidimensionale sono necessarie due sintesi separate: una volta a raggiungere le specifiche del pattern per il piano E, l’altra per
Piano E
( )
1 1 1 1 1 0 (M ) N n sin m n E AF EF a a z φ − − − θ = = = = × =∑
m ×∑
n × (3.2.9.a), Piano H (3.2.9.b). 1 1 1 1 1 / 2 (M ) N n 1 m n m n E AF EF a a z φ π − − − = = = = × =∑
×∑
×quelle del piano H. L’array planare ottenuto sarà composto da elementi le cui correnti di alimentazione deriveranno dalla somma in modulo e fase delle singole
correnti ottenute separatamente tramite le sintesi dell’array lineare posto lungo e di quello posto lungo
l x i l y i .
3.3 Inserimento del piano di massa.
All’interno del solver EMvironment, gli array ottenuti mediante tutte le sintesi a disposizione sono considerati con piano di massa infinito, questo per eliminare il problema della back radiation. Per considerare la presenza del piano di massa, viene sfruttato il Teorema delle Immagini; dopo aver calcolato il valore di campo, dovuto ad un singolo raggio, come somma di tutti i contributi degli elementi dell’array, il solver somma a questo valore il contributo dovuto a tutte le sorgenti immagini. Il piano di massa è stato posto ad una distanza dai dipoli dell’array pari in lunghezze d’onda a λ/4, quindi la sorgente immagine si trova ad una distanza pari a λ/2 dai dipoli stessi. Come mostrato in Figura 3.3.1 i vari dipoli sono paralleli rispetto al piano di massa.
Abbiamo già visto in precedenza come si debbano considerare sintesi diverse di array lineari per ogni piano principale.
Nel caso sia presente il piano di massa il pattern su ogni piano non sarà più determinato solo dall’array lineare ma anche dall’array immagine. Come mostrato in Figura 3.3.2, per il piano E e per il piano H è quindi necessario considerare un’array planare
Fig. 3.3.2 Array planare dovuto alla presenza dell’array immagine.
Un dipolo orizzontale, ad una distanza pari a λ/4 dal piano di massa, può essere visto come un’array di due dipoli alimentati con correnti uguali in ampiezza ma sfasate di 180°.
Il contributo di campo in un punto P(r,θ,φ) [Fig. 3.3.3] è dato dalla somma dei contributi dovuti ai singoli dipoli [Bib. 3.3]:
0 1 1 sin 4 jkr dip kI le E j r η π − = ψ (3.3.1.a), 0 2 2 sin 4 jkr imm kI le E j r η π − = ψ (3.3.1.b). Sfruttando l’approssimazione a raggi paralleli [Fig. 3.3.3] il campo totale è dato da:
Etot =Edip −Eimm (3.3.2), e trascurando il termine sinψ che rappresenta il contributo del diagramma d’irradiazione del singolo elemento si possono fare le seguenti approssimazioni:
per il termine di ampiezza
r1r2 r (3.3.3), per i termini di fase
1 cos( 90 ) sin 4 4 r r−λ θ− ° = −r λ θ (3.3.4.a), 2 cos( 90 ) sin 4 4 r r+λ θ − ° = +r λ θ (3.3.4.b). L’espressione del campo totale diventa quindi:
0 ( / 4)sin ( / 4)sin 4 jkr jk jk tot kI le E j e e r λ θ λ θ η π − − ⎡ ⎤ = ⎣ − ⎦ (3.3.5.a), 0 2 sin ( / 4)sin
(
4 jkr tot kI le E j j k r η λ π −)
θ ⎡ ⎤ = ⎣ ⎦ (3.3.5.b).Da questa espressione possiamo ricavare il fattore d’array:
Fig. 3.3.3 Approssimazione a raggi paralleli per un dipolo e la sua immagine.
In conclusione, durante la sintesi su ogni piano, il fattore d’array sarà determinato dal seguente prodotto fra AF:
1 1 (3.3.7). 1 2 sin( ( / 4)sin ) N n Shelkunoff Imm n n AF AF AF − a z − j k λ θ = = × =
∑
×Il primo AF è quello ottimizzato mediante GA ed è quindi diverso per ogni individuo della popolazione, il secondo invece rimane invariato.
Una volta calcolato il fattore d’array complessivo si deve considerare il fattore di elemento, quindi l’espressione del campo diventa:
1 1 (3.3.8).
1
2 sin( ( / 4)sin ) sin( )
N n Shelkunoff Imm n n E AF AF EF − a z − j k λ θ θ = = × × =
∑
× ×Quando il ciclo su tutti i possibili valori dell’angolo di osservazione θ è terminato, si passa alla normalizzazione dei livelli di campo ottenuti rispetto al valore massimo e quindi al passaggio in scala logaritmica:
Lo schema a blocchi di Figura 3.3.4 descrive tutte le operazioni che vengono compiute nel calcolo del pattern e che sono implementate nella subroutine “Pattern3”.
Il calcolo è effettuato per ogni individuo della popolazione corrente e in maniera distinta per le sintesi dei due piani principali.
Fig. 3.3.4 Diagramma a blocchi delle operazioni svolte dalla subroutine