• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.538, 24 agosto

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.538, 24 agosto"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIEN ZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BA N CH I, F E R R O V IE , IN TE RESSI P R IV A T I

Anno II - Yol. XV

Domenica 24 Agosto 1884

N. 538

A L C U N E C O N SID E R AZIO N I

su l coritra/blbaiicLo svizzero

Da qualche settimana la questione del contrabbando che viene esercitato su larga scala sul confine sviz­ zero a danno dell’ erario italiano, preoccupa grande­ mente la stampa dei due paesi. Il cordone sanitario che per la epidemia esistente in Francia venne messo lungo i contini anco della vicina repubblica elvetica ha dato occasione ad una vivissima polemica che non è ancora terminata, sebbene molti articoli sieno stati scritti, e sebbene anco i più autorevoli giornali ab­ biano voluto entrare nel dibattito.

A riassumere brevemente la questione allo stadio attuale ci pare di poter notare:

che la stampa italiana afferma essere il con­ trabbando esercitato sul confine svizzero una immo­ ralità ;

che il governo svizzero non deve permettere che si organizzi una industria che è illecita;

che 1* Italia deve esigere dallo Stato amico una cooperazione affine di reprimere quasta piaga così dannosa alle finanze italiane.

A convincersi che queste appunto sono le basi sulle quali si discute, citiamo il seguente periodo del Journal de Genève.

« È inevitabile che il contrabbando si prepari sul territorio svizzero, poiché là i prodotti sono re­ lativamente a minor prezzo. Il personale che vive di quella industria si recluta indifferentemente dalle due parti della frontiera. Esso sfugge alla legisla­ zione svizzera , poiché colui che compra le merci non commette alcun reato, e 1’ autorità non ha da investigare su qual mercato le voglia vendere. Il delitto - un delitto fiscale - non incomincia che sul territorio italiano, e quivi soltanto può essere con­ statato e punito. Nessun articolo del diritto delle genti autorizza la Svizzera a processare sul proprio territorio i futuri frodatori ; a più forte ragione nes­ suno ve la obbliga. E quando il governo italiano si lagna del danno che gli vien recato, disconosce ad- diritiura le condizioni della sovranità.

« Su questo terreno la Svizzera è assolutamente nel proprio diritto ; essa non può far altro che ciò che ha fatto, non può rispondere altro che ciò che ha già risposto. Il contrabbando non è una questione svizzera, è una questione italiana, e spetta all’ Italia, sola di prendere i provvedimenti necessari per difen­ dere il suo tesoro pubblico.

« Se l’ Italia giudica altrim enti, perchè non do­ manda che la questione sia deferita a un arbitrato

internazionale ? La Svizzera non avrebbe alcuna ra gione di rifiutarlo. La deliberazione di questo arbi­ trato farebbe giurisprudenza per l’ avvenire. E ciò varrebbe assai meglio che continuare questa guerra di inchiostro che s’ accentua maggiormente ogni giorno senz’ altro risultato che quello d’ irritare gli animi a proposito di una questione di denaro, la quale non merita certamente 1’ onore che le si la. Noi, frattanto, proponiamo alla stampa dei due paesi un disarmo generale, e ci siamo provati a predicar coll’ esempio col presente articolo, nel quale nè la sentenza, nè la forma son tali, almeno lo speriamo, da inasprire la discussione. »

A cui f Opinione di Roma con altrettanta calma risponde :

« Rendiamo omaggio alla forma moderata dell’a r­ ticolo del Journal de Genève, ma non possiamo me­ nar buoni i principii di diritto internazionale eli’ esso proclama. Il Journal de Genève ammette che il con­ trabbando si prepara sul territorio svizzero ; questo è il fatto, qualunque ne sia la causa e chiunque ne sia 1’ autore. Ora come mai il giornale ginevrino vuol sostenere che uno Stato non 'ha il diritto nè il dovere d’ impedire sul suo territorio la prepara­ zione di un delitto a danno di un altro Stato amico e vicino? Nel canton Ticino l’ organizzazione del con­ trabbando contro l ’ Italia è fatta, come spiegammo altra volta, palesemente con forti capitali, da persone che esercitano nel modo più sfacciato questa indu­

stria, come la chiama il Journal de Genève. Noi

possiamo vegliare alle frontiere, ma spetta alla Sviz­ zera di colpire il contrabbando alle sue origini, poi­ ché essa non esita a confessare che tutti i prepara­ tivi si fanno sul suo territorio. Sappiamo anche noi che gl’ interessati protesteranno, ma questa non è una buona ragione per usar loro dei riguardi. Il contrab­ bando sarà un’ industria ; ma, in ogni caso, il go­ verno svizzero ha I’ obbligo di considerarlo e trat­ tarlo come una industria illecita. »

Ma con buona pace dei nostri confratelli, i quali su questo argomento hanno consumata molta retto- rica, noi crediamo di dover richiamare la loro a t ­ tenzione sopra elementi di fatto che sembrano da loro perfettamente trascurati.

(2)

542 L ’ E C O N O M I S T A 24 agosto 1884 l ’ incarico di saltare il confine) la merce saltata

e la portano o trasmettono al destino. Se adunque si invoca il principio della moralità, è ingiusto farne colpevole soltanto la Svizzera, poiché in Italia si fa per lo meno altrettanto.

Ma a parte questa considerazione, a noi sembra strano che un giornale il quale in materie doganali dovrebbe essere versatissimo come è YOpinione possa unirsi al coro di altri periodici che hanno presso il pubblico meno autorità, e dichiarare che « spetta

alla Svizzera di colpire il contrabbando alle sue origini, poiché essa non esita a confessare che tutti

i

preparativi si fanno nel suo territorio. »

Ora si fa mollo presto a dire che si colpisca il contrabbando « alle origini e nei preparativi » ma quali ne sono i mezzi ? L ’ Italia, la quale ha certamente una legislazione doganale tra le più severe, anzi ves­ satoria, potrebbe colpire ed impedire « alle origini o nei preparativi » il contrabbando che si effettuasse dall’ Italia verso il confine di un altro Stato?

Basta una elementare conoscenza delle leggi do­ ganali per rispondere negativamente ; non si potrebbe sorvegliare la fabbrica produttrice sotto pretesto che poi manderà in contrabbando i suoi prodotti ; non si potrebbe sorvegliare il carico cominciato, sotto pretesto che si dirigerà al confine per frodare il dazio. Noi stessi ci troviamo colla nostra severissima legislazione impotenti affatto a colpire « alle origini e nei preparativi » il contrabbando sul nostro te rri­ torio. No è prova il fatto che allorquando la città di Venezia era porto-franco, notoriamente una parte e non piccola delle popolazioni circostanti e soprat­ tutto di Burano, Chioggia e Pellestrina viveva del contrabbando e non bastarono a sopprimerlo in modo efficace nè i severi regolamenti, nè le spese enormi colle quali si rinforzarono e raddoppiarono i cordoni doganali.

Possiamo noi ora pretendere che la Svizzera, la quale gode, per sua fortuna, di un regime quasi di libero scambio, che ha una legge doganale libera­ lissima, e che, malgrado ciò, ricava dalla attività dei suoi abitanti, dei prodotti gabellari proporzional­ mente maggiori dei no stri, muti la sua legge e corra pericolo dì compromettere il regolare sviluppo della sua economia per il fatto che f Italia coi suoi a l­ tissimi dazi provoca il contrabbando?

L’ Opinione converrà con noi che sarebbe una ben

strana dottrina di diritto internazionale quella che accampasse sim ili esigenze ; e converrà anche che da questo lato nessun arbitrato internazionale si schiererebbe dalla parte dell’ Italia senza calpestare la giustizia.

Ma, si aggiunge, la Svizzera ci aiuti nel difficile còmpito di guardare i nostri confini. Qui allora si entra in una questione di semplice convenienzi tra due paesi. Qui abbiamo l’ Italia la quale ha verso la Svizzera un confine difficile a guardarsi e quindi domanda l’ aiuto di uno Stato amico. — Ma se la Svizzera a questa domanda rispondesse : — prima di mettere le mani in tasca ai miei contribuenti per farli pagare delle spese che sono a solo vantaggio altrui, voglio sapere se voi, italiani, sóli e veri in ­ teressati, avete fatto tutto il possibile per ottenere lo

scopo che volete raggiungere insieme con noi. — E troverebbe che facciamo custodire i confini, attra­ verso i quali abbiamo tanti interessi, da impiegati e da guardie malissimo compensati, i quali molte volte lottano tra il bisogno ed il dovere ; troverebbe

e

eli manteniamo un numero di impiegati e di guar­ die affatto inferiore al bisogno. Ci direbbe quindi : — prima che io abbia a contribuire nella spesa ren­ dete mero corruttibili i vostri funzionari pagandoli meglio, rendete meno vulnerabile il vostro confine aumentando la vigilanza.

E veramente ci pare che la Svizzera avrebbe ra­ gione. Tanto più che per colpire il contrabbando « alle origini e nei preparativi » all’ Italia potrebbe ba­ stare un buon sistema di confidenti che, ben pagati, sapessero informare le dogane delle origini del con­ trabbando e dei preparativi per compierlo.

Noi non ci facciamo certamente paladini del con­ trabbando, ma ci meravigliamo di vedere degli au­ torevoli periodici appassionarsi sopra un argomento che ha ben altre origini che non sieno quelle delle tolleranze delle autorità svizzere; ci meravigliamo tanto più vedendo che si domandano agli altri, prov­

vedimenti che noi non sapremmo e non potremmo prendere.

Nè va dimenticato che quello che oggi dà ra­ gione a così viva polemica verso la Svizzera, avviene anche verso 1’ Austria-Ungheria e avvenne in altre circostanze verso la Francia. Trieste e Fiume sono i due punti di partenza del contrabbando di zucchero e caffè e specialmente petrolio che su larghissima scala si esercita lungo la costa veneta. Eppure chi si è mai sognato di reclamare dal Governo Austro-Ungherese dei provvedimenti di preventiva repressione « alle origini e nei preparativi ? »

E quando in Francia le gabelle sui fiammiferi erano altissime, chi non ricorda quale grandissima espor­ tazione in contrabbando avvenisse dall’ Italia su quel confine senza che per questo si chiedessero misure preventive alle « origini e nei preparativi? »

Ed oggi stesso il contrabbando dall’ Italia alla Sviz­ zera è forse tanto piccolo da non poter dire che gli italiani sono, od almeno sarebbero disposti a divenire, tanto industriosi quanto gli svizzeri?

Giacché siamo su questo argomento terminiamo con due parole che saranno reputate dottrinarie, ma che non per questo vogliamo tacere.

Noi abbiamo convinzione — ed i nostri lettori lo sanno già da un pezzo — che la libertà economica sia altrettanto necessaria alla prosperità dei popoli quanto la libertà politica. — Ora come tutte le vessazioni, le oppressioni e le tirannie non valsero ad impedire ai popoli di lottare e congiurare per acquistare la l i ­ bertà, così tutte le leggi gabellarie,.i dazi, ed i car­ telli doganali non basteranno ad impedire il trionfo anche delle libertà economiche. Il contrabbandiere, sotto un certo aspetto1, ci si presenta come un in ­ conscio strumento della coscienza pubblica, ribelle alle torture a cui è sottoposto il commercio, come era manifestazione inconscia, in molti casi, quella di individui che senza conoscere la politica si ribella­ vano contro la tirannia. Si tolgano le leggi irrazio­ nali che vogliono sbocconcellare il mondo economico, il quale sente il bisogno della universalità, e fini­ ranno i naturali tentativi per infrangerle.

(3)

24 agosto 1884 L ’ E C O N O M I S T A 543

L '

Il fatto che io Stalo interviene nella costruzione delle ferrovie mediante un capitale considerevole, lo rende, quasi direbbesi, socio nell' impresa di eser­ cizio e quindi gli dà diritto legittimo di prender parte a tutte le condizioni nelle quali l’ impresa di esercizio può svolgersi, perciò anche a determinare i massimi di tariffe secondo cui può la Società eser­ cente effettuare i trasporti.

È questa soltanto e non altra la ragione, diremo così giuridico-politica che giustifica tale intervento dello Stato e in pari tempo determina anche i lim iti entro i quali questo intervento deve mantenersi. — Infatti se io Stato che ha impiegato uh dato capitale nella costruzione delle ferrovie o le esercita da se o ne affida a società private l’esercizio, non può per­ cepire che una piccola quota di rimunerazione de! capitale impiegato, è naturale che mantenga ed esiga sieno mantenute delle tariffe, le quali costituiscano un vantaggio alla massa dei contribuenti, che appunto hanno fornito tale capitale. Si comprende quindi la ragionevolezza che il Governo, appaltando l ’ esercizio delle strade ferrate dica agli assuntori, che essi do­ vranno esercitare le linee di cui trattasi non alzan­ do però le tariffe al di là di un massimo stabilito : sarebbe possibile senza di ciò che le Società, profittando delle urgenze del commercio, alzassero le tariffe di al­ cune voci, e ricavassero da ciò un lucro straordinario. Come è noto, nelle convenzioni che l’ on. Genala ha stipulate, le tariffe proposte sono inferiori in gran parte a quelle attualmente vigenti ed in base alle nuovo tariffe si sono stabiliti i quozienti di prodotto lordo. È pure noto "che a rendere piò agevole la discussione dei contratti, attualmente si stanno studiando nuove modificazioni alle tariffe, così che, mantenendo il maggior numero possibile di diminuzioni, vengano tolti possibilmente tutti o quasi tutti gli aumenti. Abbiamo ragione di credere che il lavoro, nè facile nè breve, sarà tra fra qualche giorno compiuto e quindi questo ostacolo, che sembrava il maggiore, sarà tolto e i contratti per l’ esercizio ferroviario potranno essere sollecitamente discussi dalle Camere.

Ma le tariffe danno luogo ad un’ altra questione di qualche importanza sulla quale crediamo opportune alcune considerazioni.

L ’ articolo 44 del capitolato d’ appalto dice : « E in facoltà del Governo di modificare al di sotto dei lim iti massimi stabiliti dagli allegati B ed

E le tariffe dei trasporti per agevolare la esportazione

dei prodotti nazionali ed i trasporti internazionali. « Qualora il Governo, valendosi di questa facoltà, ordini l ’ applicazione di tariffe di trasporto inferiori alle tariffe degli allegati D ed E, il concessionario sarà obbligato di attuarle nel termine che gli sarà prefisso. La sistemazione dei conti fra il Governo ed il concessionario sarà regolata nel modo seguente:

« Si terrà conto separato dei prodotti ottenuti colla nuova tariffa ribassata e di quelli che per le stesse spedizioni si sarebbero ricavati conservando le tariffe che erano in vigore; la differenza o maggior pro­ dotto che si sarebbe ottenuto applicando le tariffe anzidelte, sarà dal Governo accreditata al concessio­ nario, ma per gli effetti della compartecipazione di cui all’ articolo 22 del contratto sarà tale differenza computata in aggiunta ai prodotti lordi ottenuti nel- l’ anno.

« Qualunque variazione di tariffa che venga con­ cordata fra il Governo ed il concessionario, non darà luogo a compensi a favore di quest’ ultimo.

« Se poi, attuate le tariffe come sopra concordate, il Governo, prevalendosi della facoltà di cui nei primo comma, ordinasse 1’ applicazione di ulteriori ribassi di tariffa, il confronto per determinare il compenso dovuto al concessionario si farà in base alla tariffa già concordata e sostituita a quella degli allegati D ed E. » A qualcuno questa condizione è sembrata vera­ mente enorme e fu giudicata come una abdicazione dello Stato ai propri d iritti: « il governo si dà così mani e piedi legati alle Società, » affermarono alcuni, che in una frase cercano 1’ effetto più che la sostanza. E v i fu chi perfino usò voce autorevole e riputata competente per dire : «bisogna stipulare tutto il con­ trario, che cioè le Società esercitino senza compenso quando lo Stato creda necessario abbassare le ta­ riffe. »

Sarebbe veramente curioso che le Società accet­ tassero una clausola, mediante la quale lo Stalo le obbligasse per una ipotesi anche a trasportare gra­ tuitamente senza aver diritto ad una rifusione. Sa­ rebbe lo stesso che domani i rivenditori di tabacco accettassero di acquistare ad un dato prezzo i sigari ed il tabacco per rivenderli a qualunque prezzò lo Stato esigesse.

È naturale che se lo Stato, per tutela dei con­ tribuenti i quali, vedono nelle ferrovie impiegata una parte delle loro ricchezze, stabilisca che i tra­ sporti . debbano essere eseguiti ad un prezzo non superiore a quello che portano le tariffe, le Società, a garanzia dei loro capitali e della loro stessa esi­ stenza, debbano anche esse stipulare che nessuno possa loro imporre di ribassare le tariffe con loro danno. E posto questo principio, che è la logica conseguenza del contratto, va da sè che quando lo Stato preveda di aver bisogno di ordinare dei r i ­ bassi, i quali possono portar danno agli introiti delle Società, debba anche provvedere a rifondere le So­ cietà del danno che subissero.

A questo precisamente tende l ’ articolo 44 del ca­ pitolato da noi sopra trascritto.

Nell’ attuale imperversare del regime economico protezionista in quasi tutti gli Stati d’ Europa, può avvenire che lo Stato si trovi obbligato, per rispon­ dere ai dazi degli altri paesi o per equiparare le nostre alle tariffe di altre ferrovie, che i trasporti di una data merce su date linee si facciano ad un prezzo minimo, anche inferiore alle rimunerazioni delle semplici spese di esercizio. Ed ecco appunto il caso nel quale dovrà intervenire la rifusione del danno che ne potrebbero risentire le Società.

Se non chè siccome molto spesso avviene che un ribasso di tariffe determini anche un aumento nel traffico, se non proporzionale alla diminuzione certo sensibile, e quindi il danno derivante alle Società venga in qualche parte lenito, così l’art. 44 determina che il Governo accrediti il concessionario di un maggior prodotto quale può risultare dalla differenza tra il ricavo del trasporto colle vecchie e colle nuove tariffe.

(4)

544 L ’ E C O N O M I S T A 24 agosto 1884 manca di base. Infatti : o il ribasso delle tariffe non

sarà compensato dal maggior traffico ed allora le So­ cietà non hanno interesse di provocarlo e quindi, quando il Governo avesse ragioni particolari per or­ dinarlo, esso non si sostituisce alle Soeieià soffocando una iniziativa che non si manifesterebbe; — o il ri­ basso svilupperebbe un traffico così ricco da com­ pensare e sorpassare i danni del ribasso, ed allora le Società non avranno motivo di aspettare l’ inizia- tiva del Governo, chè intanto perderebbero il van­ taggio pronto ed immediato.

D’altra parte bisogna anche riflettere che trattasi dei soli casi di trasporti internazionali e quindi non frequente può essere quest* ordine del Governo di diminuire le tariffe per ragioni internazionali, il che vuol dire che anche molto lim itati possono essere i casi in cui il compenso dovrà aver luogo.

Ci pare quindi che sotto ogni aspetto l’articolo 44 del capitolato risponda ad una necessità e sia inspi­ rato da un giusto criterio.

L’ Accademia

dei

Georgofili

Il Ministero di Agricoltura, Industria e Commer­ cio ha approvata la riforma degli Statuti della R. Ac­ cademia dei Georgofdi di Firenze e le ha restituita l’ annua dotazione che le aveva tolta.

Noi ci rallegriamo di questa determinazione. Senza entrare in paragoni in u tili ed anco irragionevoli, per­ chè ogni Istituto scientifico ha la sua particolare na­ tura, è certo però che l’Accademia dei Georgofili è fra gli Istituti scientifici uno di quelli che vanta più gloriose tradizioni. Non sarà del tutto inutile ric o r­ darle.

Prima del 1753, epoca in cui fu fondata l’Acca­ demia, non esisteva in tutta Europa che un’ Accademia agraria a Dublino, piuttosto come privata società che come pubblica istituzione. Si può dire che la storia dell’Accademia fino al 1848 si immedesimi colla storia civile della Toscana, come quella che aiutò e talvolta promosse le riforme, che la Casa di Lo­ rena attuò con molta lode, in ¡specie sotto il regno di Pietro Leopoldo.

L ’on. Tabarrini, che nella occasione del centenario dalla fondazione dell’ Accademia pronunziò un dotto e forbito discorso, distingueva nella vita della me­ desima tre principali periodi, il primo che muove dalla fondazione dell’Accademia e giunge al 1783; i l secondo che dal 1783 arriva al 1817; il terzo che dal 1817, che segnò l’ origine degli Statuti che d’ allora in poi avevano retto l’ Istituto, giunge fino al 1853.

Succeduta al Governo mediceo la dinastia di Lo­ rena, questa seguì lo spirito de’ tempi e fra gli uo­ m ini che fecondarono queste tendenze riform atrici vuoisi annoverare il fondatore dell’Accademia, Don Ubaldo Montelatiei, Canonico Laleranense. Egli, del pari che altri illustri ecclesiastici, fu benemerito del­ l ’agricoltura. Invece di un’ arcadia dove si belassero sonetti pensò di fondare un istituto in cui si ragio­ nasse di agricoltura, ed in ciò ebbe a cooperatori Saverio Manetti, Giovanni Targioni-Tozzetti, l ’abate Lami e Domenico Maria Manni. La civile opera fu dapprima censurata, ma il Governo la coprì della sua autorità. Dopo varie vicende, sotto il Governo di

Pietro Leopoldo l’Accademia parve risorgere a nuova vita. Nel 1787 comincia un periodo di operosità de­ gno che la memoria non ne vada perduta. Discus­ sioni sapienti, relazioni con agronomi ed economisti, di tutta Italia, di Francia, di Germania. Poiché agli argomenti deH’agricoltura s’ intrecciavano le consi­ derazioni economiche. Fra i problemi presentati al­ l'Accademia nel 1 7 7 2 v’è il seguente:« Se i prezzi siano in podestà della legge o del mercato ». E l’ Accademia si mostrava fino d’allora fedele alle dot­ trine, di cui Sallustio Bandini era stato il precursore. Roberto Pucci, il Targioni, il Paoletti, il Lastri fe­ cero importanti letture seguite da discussioni con­ dotte con solida dottrina e con spirito di civile tolle­ ranza. (I Granduca dava il nobile esempio di cercare il consiglio degli scienziati su questioni di pubblica economia. Ad es.: il ministro la va n ti chiedeva a nome del principe all’ Accademia « di volere essere informato quali fossero i dazi e imposizioni tanto regie che comunitative che posandosi sopra ai con­ tadini pregiudicano all’ agricoltura ; e quali siano i patti e le condizioni troppo onerose delle quali so­ gliono essere aggravati per parte dei loro padroni, e in qual modo possa rimediarsi si agli uni che agli a ltri» . Fatti questi degni di nota in un tempo, in cui pur troppo della scienza si fa poco conto. Ci ricordiamo di avere udito uno dei più eletti in­ gegni d’Italia, tutto dedito agli studi, dire che avrebbe finito col cercarsi un collegio, visto che per eser­ citare una qualsiasi influenza nel Governo dal punto di vista scientifico bisogna essere deputato ! E quanta sia la dottrina economica di molti onorevoli lo ve­ diamo ogni giorno. Smt lacrymae rerum !

Ma torniamo al nostro argomento. A questo i l ­ lustre Istituto Turgot inviava lib ri e notizie, e fra i soci stranieri figuravano i nomi di Mirabeau, D’ A - lembert, Saussure. Troviamo nel bel discorso del Tabarrini, che abbiamo citato una volta per tutte, che nel 1779 veniva mandato in dono all’ Accade­ mia un opuscolo « Découvertes sur le feu, l’ electri- cilé et la lumière. » Quell’ opuscolo era del troppo famoso Marat. Gli uomini più dotti che B’ irenze ac­ coglieva erano soci dell’ Accademia, la quale, non dimenticando il legame fra la scienza e la pratica, faceva sedere accanto ai magistrati, ai grandi pro­ prietari, agli scienziati, ai preti e ai monaci, i fattori. Col 1783 comincia un nuovo periodo, in cui si proseguono gli studi e si applicano i miglioramenti agricoli e si espongono, e contro i pregiudizi e la ignoranza si difendono, le sane dottrine economiche, poiché Ferdinando III fu dai tim ori de’ suoi con­ siglieri tratto sul principio del suo regno a revocare la libertà frumentaria, mentre i pubblici clamori si levavano anche contro la libertà delle industrie. Nel 1791 il Lessi discuteva su ll’ inefficacia e sui danni delle proibizioni, e nel 1792 l ’Accademia divulgava un quesito sulla libertà del commercio, e n’ ebbe il remio un illustre economista, Francesco Mengotti. fatti dettero ragione alla scienza, e il Governo re ­ staurò la legislazione Leopoldina. Al secondo periodo appartengono i nomi del Fabbroni, del Fossombroni, del Mascagni, del Sarchiani. Si studiavano le ap­ plicazioni dell’ idraulica all’ agricoltura, e così della fìsica, e della chimica, mentre la storia naturale e la botanica erano degnamente rappresentate da O t­ taviano Targioni, dalio Zucchini e dal Carradori.

(5)

24 agosto 1884 L ’ E C O N O M I S T A

545 il Codice rurale dell’ Impero e di fare a ltri studi,

ma in quel periodo, sotto la pressione governativa scarsi furono i fru tti.

Nel 1817 vennero riformati gli Statuti, e nel 1827 fu fondato il Giornale Agrario dal Lambruschini, da Cosimo Ridolfi e da Lapo de’ Ricci. Nel trenten­ nio, che corre fino al 1855, l ’ Accademia sotto 1 aspetto economico e legislativo illustrò la forma­ zione del catasto, il sistema ipotecario e il sistema della colonia parziaria. Incoraggiò e secondò L e o ­ poldo II nella bonifica delle Maremme e fu tratta a discutere largamente le dottrine del libero scambio, onde poi il Cobden venne ad assidersi in solenne adunanza fra i Georgofili, riconoscendo che la To­ scana da un secolo aveva formulata la teoria e l’aveva applicata in pratica. L ’ Accademia ebbe anche altre benemerenze, fra le quali vuoisi annoverare l’ invio di operai all’ Esposizione Universale di Londra.

Dopo gli avvenimenti del 1848-49, quando il Granduca calpestò le date franchigie e tornò colle baionette straniere, l ’ Accademia proseguì 1’ opera sua, adombrando spesso sotto l’apparenza degli studi agrari ed economici il concetto politico; poiché nel-

V Accademia sedevano tutti quegli uomini che eb­

bero poi tanta parte negli ultim i rivolgimenti, fra i quali amiamo ricordare Bettino Ricasoli, che colla sua tenacità nell’ idea dell’ annessione pose primo la pietra angolare dell’ Unità Italiana.

Rotto 1’ angusto cerchio e costituita la grande patria , parve all’ Accademia di dovere riformare i propri Statuti in modo piu conforme allo spirito dei tempi nuovi, desiderosa altresì di accogliere nel suo seno chiarissimi uomini venuti in Firenze da o^ni parte d’ Italia, quando questa città ebbe il grande e non ambito onore di ospitare la sede del Governo. Allora l ’Accademia accrebbe il numero dei soci or­ dinari, si divise in tre sezioni, di Agraria, di Eco­ nomia Politica, di Scienze naturali, e illustri uomini furono chiamati a dirigere l’ Accademia e a presie­ derne le sezioni. Se non che, tranne ne’ prim i anni dopo la mutazione avvenuta, il celebre Istituto co­ minciò a sonnecchiare; parve riprendere un po’ di vita in occasione di pubbliche conferenze, ma fu un risveglio passeggero, e da parecchio tempo ormai I Accademia taceva. Il che doveva tornare doloroso specialmente a tutti gli amatori delle economiche l i ­ bertà, oggi così spesso disconosciute. Sembrava ad essi che le dottrine liberali non potessero avere i n ­ terprete più autorevole e quasi , per così d ire , un centro più rispettato che questo Istituto, il quale alle argomentazioni della scienza poteva unire i risultati di fatto ottenuti in una regione d’Italia fino da più di un secolo addietro.

Comprendiamo come oggi la diffusione enorme della stampa, le mille occasioni di manifestare il proprio pensiero, siano altrettanti ostacoli al fiorire dell’Ac­ cademia , ma non crediamo , e non ne mancano esempi, che non possano prosperare con utile e con decoro del paese Istituti scientifici, sol che si voglia.

Fummo pertanto lieti quando udimmo l’ illustre0se­ natore Enrico Poggi esortare il Governo a restituire all’ Accademia ciò che le aveva tolto, e quando sapemmo che con ardore giovanile intendeva a ride­ stare dal letargo l’ Accademia. Egli ha ereduto che a ciò giovasse riformare gli Statuti, tornando fino a un certo punto alle vecchie costituzioni. E questo concetto può essere giustificato dalle mutate condi­ zioni di fatto. Abolire le sezioni, ridurre il numero

dei soci ordinari, esigere che questi abbiano il loro domicilio in Firenze o non troppo lontano, lasciando libero il campo alla nomina di soci emeriti o corri­ spondenti, son tutti provvedimenti che possono con­ tribuire ad assicurare più frequenti e fruttuose riu ­ nioni. Si è voluto del pari che non si potesse tenere alcuna conferenza, a cui anche il pubblico prendesse parte attiva. Si chiede l ’ obbligo di una lettura, alla quale si ammette bensì che possa seguire come per le costituzioni del 1817 una discussione fra i soci. Onde per questo lato non troveremmo gran che a ridire, benché l’obbligo della lettura non ci persuada gran che, e piuttosto ci sembri che sarebbe bastalo ridurre la discussione fra gli Accademici, dato che dovesse respingersi, il che è discutibile, la parteci­ pazione del pubblico alla discussione.

Comunque sia, vogliamo dire chiaro il nostro pensiero. Dopo la deliberazione del Governo l’ Acca­ demia ha l ’obbligo di lavorare. Essa può tornare ad essere segnacolo di libertà in tempi in cui alla l i ­ bertà nel campo economico si fanno continue offese, e si dicono e si proclamano come dogmi dall’ op­ portunismo delle eresie da fare accapponare la pelle. Ma la riforma degli Statuti non varrà a nulla senza la buona volontà dei Soci e particolarmente di chi sarà chiamato a dirigere l'Accademia rinnovata. Gli uomini che la guidarono fin qui hanno un passato onorevole e nomi che di per sé soli significano un obbligo di operosità, che del resto in molte occa­ sioni seppero spiegare a prò del paese, e nulla me­ glio domandiamo che di vederli al timone. Ma noi che da dieci anni soli o quasi soli nel campo della stampa scientifica teniamo alta la bandiera liberale, che non abbiamo mai ripiegata per ossequio ser­ vile al potere o alla moda, noi ci sentiamo in di­ ritto di dire a questi uomini egregi : Se non sarete a ll’altezza del compito che v ’ incombè, e che meglio di ogni altro potreste adempiere, noi con leale fran­ chezza vi rammenteremo l ’obbligo vostro.

U n’ultima osservazione. Senza ammettere il pub­ blico a prender parte alle discussioni, crediamo che l ’Accademia farebbe opera opportuna a chiamare nel suo seno volta per volta quei dotti stranieri che fos­ sero di passaggio in Firenze, ovvero quegli studiosi italiani che fossero al caso di portare i loro lumi in una data questione che l’Accademia prendesse ad esaminare, come pratica la Società di Economia Po­ litica di Parigi. Ciò procurerebbe anche il vantag­ gio di udire e combattere le opposizioni alle dottrine fondamentali, nelle quali in sostanza gli Accademici fossero concordi. Un corpo accademico' che si chiude troppo in sé stesso corre il pericolo di corrompersi. E ci pare che tali in viti rientrerebbero nelle facoltà del Presidente, nè chi v i si potessero opporre d i­ sposizioni di regolamento.

1 1 « PER AUMENTARE L’ESPORTAZIONI

(6)

546 L ’ E C O N O M I S T A 24 agosto 1884 Ma se si guardano ben da vicino, le condizioni spe­

ciali delle varie regioni d’ Italia, ini sembra che molti mezzi petrebbersi usare a migliorare lo stato eeono- mico-finanziario di esse lasciando impregiudicata l’ ardua questione.

Senza aver la pretesa di cercare il rimedio a tutti i mali economici del nostro paese, nè di averlo tro­ vato nella proposta che qui riassumo, parmi però che l ’esame delle condizioni, in cui versano le provincie che formavano l ’antica Toscana (e che prendo a con­ siderare perchè meglio delle altre conosco) autorizzi a domandare allo Stato, che qualche cosa si faccia e si faccia presto.

La posizione geografica della regione toscana, il. Mediterraneo che la lambisce, il suo mite clima, ') i le linee ferroviarie che provenienti dal Sud e dal [ Nord d’ Italia la traversano, i mezzi di comunica­ zione assai numerosi e tendenti a crescere, contribui­ rebbero a renderla una zona fortunata.

Ma se a questi vantaggi sortiti dalla natura, e, ì creati dall’uomo, si raffrontano le condizioni della j sua cultura, lo Stato economico finanziario in cui j trovasi, a questa ridente apparenza succede la più j triste prospettiva.

I terreni impoveriti dalla incessante coltivazione dei cereali, non producono senza anticipazioni sem­ pre crescenti di concimi e lavoro, più che in pas­ sato, e i prezzi dei prodotti, costretti a progressivo abbassare in conseguenza della concorrenza stra­ niera, sono di ben poco compenso alle spese aumen­ tate ed alle imposte che, in alcune provincie almeno, vanno elevandosi.

Basti citare che il tributo fondiario più le so­ vrimposte provinciali e comunali comprende a 23 0/* del reddito effettivo s) e che le sovrimposte provin­ ciali e comunali oscillano fra 15,90 e 27 0/0 di fronte all’ intero reddito, e fra 38 e 54 ° / 0 in rap­ porto al reddito imponibile. 3)

Se si calcola poi l ’ interesse del debito ipotecario che grava la proprietà 4), la differenza fra l’ interesse del capitale preso a mutuo e quello del capitale investito in terra, le tasse per le acque, quelle

*) L a temperatura media della Toscana è fra 14.° 7 e 15.° 7 termometro Celsino. — Atti dell’ Inchiesta Agraria Voi. I li , pag. 57.

2) L a cifra dell’intero reddito è 62,000,000, quello del tributo fondiario più le sovrimposte provinciali e co­ munali 15,000,000. — Atti dell’ Inchiesta Agraria, Voi. I li , pag. 413.

3) L e sovrimposte provinciali e comunali di fronte al residuo imponibile sono 38 °/0 S. Miniato » 40 » Pistoia » 42 » Rocca S. Ca- sciano » 42 » Firenze » 42 » Livorno » 47 » Pisa » 51 » Lucca » 51 » Siena » 53 » Volterra v 54 » Montepulc.0 I C3 [-O n o 2 /.a 1 o al reddito effettivo 15,90 °l„ Volterra 19.00 » S. Miniato 20.00 » Pistoia 21.00 » R occa S. Case. 21.00 » Livorno Isola d ’Elba 23.50 » Pisa 24.50 » Arezzo 25,20 » Firenze 28.50 » Lucca . 27,00 » Montepulciano A tti dell’ Inchiesta Agraria, Voi. I l i , pag. 417.

4) Sui 1809 milioni ammontare calcolato del cap i­ tale della proprietà vi sono non meno di 826 milioni di debito calcolati 456 sui terreni o 32 q[0, 370 sui fabbricati o 48 qiO. — Op. cit. pag. 433.

di trasmissione, il reddito della terra si riduce a 3,27 0/0. *)

Non vi ha bisogno di dilungarsi a dimostrare, come questo reddito venga a diminuire eoli’ abbas- sarsi del prezzo dei prodotti, giacché l’ imposta e le altre detrazioni enumerate non sono una percen­ tuale della produzione agricola, ma una percentuale del ricavo o delle valutazione in denaro di essa.

Quali ne sieno le conseguenze, lo dimostra la di­ sparizione crescente dei piccoli proprietari, causata dal non poter far fronte alle tasse.

Nè, senza una radicale riforma, mi pare elio in Toscana si possa sperare di raggiungere il perfe­ zionamento cui son giunti in Inghilterra, in alcuni dipartimenti della Francia, in Irlanda e nel Belgio. La quota spettante al proprietario, coll’attuale siste­ ma di mezzadria ridotta alla quinta parte del red­ dito lordo, 2) toglie ogni possibilità di capitalizzare; il colono impone ad ogni innovazione la resistenza dell’inerzia, resa potente dal considerarsi socio, quasi comproprietario. Nell’ appoderamento sono state spese rilevanti somme, alle quali non si rinunzia: il debito ipotecario tende ad aumentare 3), non perchè si pren­ dano a mutuo capitali per nuovi impianti, ma perchè il dissesto finanziario, va crescendo; la superficie in ­ colta diminuisce lentamente di misura 4) perchè il capitale non si volge alla terra, e il frazionamento e

*) Il valore delle proprietà fondiarie toscane è cal­ colato ... 1,191,000,000 dedotto il debito i potecari o. . . . 456,000,000 735,000,000 Il reddito è v a l u t a t o ... 62,000,000 detratto Tributo fondiario ,

più sovrimp. Prov. e Com. 14,509,000 differ. fra 5 ° /0 interesse 456

milioni e 4 % reddito terra 4,560,000 Tassa Kicchezza Mobile sui

redditi dei mutui . . . 2,349,600 Tasse consorz.'1 per le aeque 150,000 Tasse di Registro e trasmis.” 1,225,000 22,754,000

c i r c a. . . . 23,000,000 restano quindi 39,000,000 o 3,27 °/0 sull’intero capitale. — Op. cit. pag. 421, 422.

*) Col sistema di mezzadria quasi generale, il 50 0[Q del reddito lordo appartiene al colono. Il proprieta­ rio del suo 50 0[0 deve pagare le tasse 23 0[0 e prelevare per restauri, mantenimenti, assicu­

razioni, eco... 7 0[0

3CT0^

La quota netta e quindi nell’ipotesi più favorevole

20 per cento.

5) Il debito ipotecario gravante le proprietà è au­ mentato dal 1870 al 1879 di milioni 181. Ora sic­ come in questo periodo non sono stati posti in essere livelli, ma ne sono stati affrancati, questo aumento non può attribuirsi che a peggioramento della con­ dizione economica dei proprietari, che hanno dovuto ricorrere all’oppignorazione dei loro beni.

*) La superficie della Toscana . ettari 1,780,131 dedotti per acque, strade, fabbricati, ecc. 77,631

1,702,500 si divide in 914,100 coltivata

468,000 boschiva

(7)

24 agosto 1884 L’ E C O N O M I S T A

547 frasi3 gl lamento dolio proprietà 4 * * * * * * * *) rende quasi impos-

sibile di costituire aziende rurali, tenute per econo- mia coi moderni sistemi.

Da tutto questo deriva, che l’agricoltura non tiene in Toscana il posto che la natura le avrebbe asse­ gnato e che pur occupa in altre regioni italiane. Ne è eloquente dimostrazione il raffronto dell’ammon­ tare del tributo erariale e quello delle tasse sulle in ­ dustrie e redditi professionali (Redditi Categoria B Regolamento U Agosto 1864) in Toscana, e la cifra del tributo erariale e delle dette tasse in tutta Italia. 2) 8i viene a trascurar così uno degli elementi p rin ­ cipali della^ ricchezza, e quanto ciò sia irrazionale, nessuno può mettere in dubbio, giacché è unanime 1 accordo nel ritenere che il capitale terra è uno dei principali fattori della ricchezza dei popoli, e di supremo interesse il perfezionamento agricolo, sia perchè il capitale affluisca alla terra, resa capace di maggior reddito, sia perchè con esso si viene a m i­ gliorare la condizione della classe agricola, che rap­ presenta un bel contingente di fronte a un' intera popolazione. 3)

Una modificazione è necessaria ; è inevitabile che un nuovo indirizzo venga dato all’ agricoltura, e que­ sto nelle attuali condizioni della regione che qu i con­ sideriamo, ritengo possa solo consistere nella produ- zione di derrate alimentari : vini, oli e bestiami.

Di quanta importanza potrebbe essere un grande incremento nella creazione di tali prodotti sì, può arguire dalla statistica generale del commercio d’ im ­ portazione e esportazione pubblicata dal Ministero delle Finanze: ) lo dimostra il,fatto che, dovunque trovasi chi tenta di intraprendere questo ramo di à ii dric

Qualche progresso si è verificaio. Nelle pianure di 1 isa e di Livorno, nei pressi di Firenze, nel- Empolese 1 orticultura si è sviluppata; alcune cu

i-') In Toscana la proprietà è divisa frà 2/20 di grandi propnetari, 9/20 di m edi, 6/20 di piccoli, d/20 di piccolissimi. Op. cit. pag. 432.

Secondo il sig. Egisto R ossi, G li Stali Uniti e la

Concorrenza: Americana, pag. 692, vi sono in Toscana

non meno di 269,757 piccoli proprietari fra cui sono i / / c' et,tar’ 277,153 e di questi piccoli proprietari 141,514 hanno un reddito inferiore alle L. 100.

*) 11 trib " fond.° di tutta Italia ascende a 125,000,000 le tasse sui Redditi Categ. B, ammontano a 35.000,000. Invece in Toscana queste cifre stanno fra loro in ’pro­ porzioni ben diverse perchè

il tributo fondiario ascende a . . . . 6,500 000

e le tasse sui Redditi, Categ. B. ammonta a 4,000,000. Mi sembra che queste cifre non abbiano bisogno di ulteriore dimostrazione.

) Secondo le medesime statistiche la popolazione rurale divisa in parte per le campagne . . 864,304 residente in centri inferiori a 2000 abitanti 448,460 „ „ „ . ascende a 1,312,760 o a 292 per ogni 1000 abitanti.

4) Le esportazioni italiane del 1883 ebbero su quelle del 1882 un’accrescimento di 42,828,255.

tog lien d o dalle varie cifre che costituiscono que­ st aumento quelle relative alle derrate alimentari e bestiami troviamo : ( derrate aliin 350,499,863 1881 ! bestiami. . . 55,380,496 1882 derrate alim. 319,530,700 bestiami. . . 44,946,224 365,476,625 1 405 880,359 quindi dei 42,828,255 di aumento 40,403,734 son do­ vuti ad accrescimento di questo commercio.

iure, come quelle delle palale e dei cavoli fiori, si sono elevate a vera speculazione, destinandone i pro­ dotti all’ esportazione per l’ Austria, la Germania, il Belgio, l’ In ghilterra; i piselli, le frutta fresche, le uve da tavola, le cipolle e agli del Fiorentino son domandati nei mercati esteri. I nostri vini comin­ ciano ad essere apprezzati, e i fiori stessi re c is i] ) son ricercati a Vienna, Trieste, Berlino e Praga.

Di fronte a questo progresso è doloroso constatare, che se si eccettuino alcune grandi Case, eccezionali per capitali 0 per lo sviluppo dei loro affari, aiutate da speciali concessioni ferroviarie, (almeno in pas­ sato) gli esportatori di derrate alimentari, mancano di relazioni diffuse e importanti, di pratica delle lin- ■ gue straniere, di rapporti bancari.

Sono molto seri per conseguenza gli ostacoli a veder crescere il numero delle Case d’ esportazione.

Non a tutte le età, nè in tutti i luoghi, si possono apprendere le lingue estere, e mentre alla mancanza delle cognizioni di esse, si può in alcune località, supplire con traduttori amici 0 remunerati, in altre, il noD avere chi rende tal servigio, il tempo ristretto

0 la distanza dai luoghi dove tali persone possono esser rinvenute, impedisce di profittare di favorevoli occasioni.

I viaggi all’estero per stabilire relazioni commer­ ciali, mentre sono alla portata di alcuni, sono per altri impossibili sia per il loro costo, sia per 1’ im ­ possibilità di abbandonare gli affari nel tempo che richiedono.

A coloro che vogliono farsi esportatatori, e che non possono andare in cerca di corrispondenti, non resta perciò che: - 0 formarsi una clientela per mezzo d informazioni - 0 aggrupparsi d’ intorno alle Case già stabilite, sia dando loro a vendere per conto, sia vendendo loro le derrate prodotte 0 incettate.

Ma il primo di questi due sistemi, se devono le informazioni esser seriamente controllate, e prese le opportune cautele, oltre che presenta molte difficoltà richiede molto tempo e espone a gravi rischi e spese rilevantissime se l’ esportatore ciecamente con­ fila nella fortuna 0 nell’altrui onestà. 2)

Più cauto è indubbiamente il secondo, ma non privo d’ inconvenienti. Primieramente il guadagno di chi vuole esportare viene ad esser diminuito della quota che naturalmente si riservano le Case cui si fa ricorso. Secondariamente queste non si accollano le merci che quando hanno speranza 0 certezza di collocarle vantaggiosamente, e da ciò intermittenza nello sbocco, e da ciò 0 scarsezza nei mercati e spostamento nei prezzi, quando la domanda è im ­ portante, 0 soverchia abbondanza e over trade di derrate che non trovano collocazione e che in gran parte non possono esser serbate.

Perciò di tutti i modi questo è quello che più

*) Relazione della R. Società toscana d'orticultura alla Commissione per ¡’Inchiesta Agraria.

*5 U n’ esportatore di mia conoscenza nel suo prln- cipiare, avendo avuto l ’indirizzo di una Casa di Vienna offri di mandare patate, e convinto di fare un buon affare ne mandò uu carro di circa 8,000 chilogr. Le patate furono vendute circa al prezzo segnato dalla Casa tedesca in risposta all’offerta, ma la deduzione, oltre che alle spese di viaggio, della commissione 8 °r0,

(8)

548 L ’ E C O N O M I S T A 24 agosto 1884 cagiona danno al produttore sempre esposto a non

saper che fare di ciò che gli costa spese e lavoro. x) Di più se questo sistema può convenire ad alcuni non tutti troveranno come aggrupparsi, ma sarà in - j vece il maggior numero, quello di coloro che non rinverranno chi voglia i prodotti da loro ollerti, sia che li abbiano appositamente creati, o che li abbiano incettati.

Y i ha poi un altro ostacolo.

Le tariffe ferroviarie accordano un trattamento speciale alle derrate alimentari, quando sono tra­ sportate a carro completo.2)

Non mi sembra dover usare molte parole per dimostrare quanto questo trattamento (il solo com­ patibile coll’ interesse delle Amministrazioni ferrovia-: rie) lim iti l’esportazione e il numero degli esporta­ tori, giacché i prodotti tanto più sono dimandati, quanto meno sono abbondanti, o perchè molto pre­ coci, o molto ta rd ivi; e conseguentemente sia diffì­ cile riunirne un carro completo, e perchè il valore di un tale invio rappresenti una cifra rilevante per i piccoli negozianti, scoraggiante per i produttori che amanti del progresso cerchino di estendere lo sbocco della produzione, tanto più che il commercio delle derrate alimentari si fa mandando a vendere al me­ glio in uno o in altro mercato ed è quindi sottoposto all’ alea di perdite.

Questa verità è tanto palese che le stesse Ammi­ nistrazioni delle Ferrovie la riconobbero permet­ tendo il cumulo di varie categorie di derrate a complemento dei carri. 3)

Anche questo è un vantaggio per le case d’ espor­ tazione che hanno già dato sviluppo ai loro affari, ma non è una facilitazione per la generalità.

Il Governo si è pure convinto che qualche cosa dovesse concedersi ; quindi l’applicazione dei draio-

backs per i dazi d’entrata di certi prodotti, il rim ­

borso della tassa di fabbricazione degli zuccheri impiegati nella produzione di preparati zuccherini destinati all'esportazione, la restituzione delle tasse di fabbricazione degli alcool necessari alla concia dei vini da esportarsi e la istituzione di Camere di com­ mercio all’estero.

Questo è un passo nella via delle concessioni ; ma ciò che a mio credere occorre, è qualche cosa di pratico che apra la strada ai nostri prodotti verso i mercati stranieri, faciliti la loro collocazione, assi­ curi il rientro del ricavo della loro vendita, e tutto questo, penso possa unicamente raggiungersi me­ diante Agenzie d’esportazione le quali sieno poten­ temente aiutate del governo.

Perciò proponeva che esso incoraggisse la istitu­ zione di Agenzie regionali, accordando loro il suo appoggio morale, raccomandandole ai nostri R.

Con-’) Il non esservi stati durante l ’ inverno decorso che due speditori di cavoli fiori, l ’uno a Pisa e l ’altro molto meno importante a Navacchio, ha fatto sì che il raccolto del 1883-84 è stato venduto in media a fr. 4,50 per ogni 100 cavoli, prezzo inferiore al costo di produzione. Quanto ciò abbia fatto danno si può pensare solo che si rifletta che da qualche anno la coltivazione dei cavoli ha preso un grande sviluppo ed è uno dei redditi importanti nelle pianure di Pisa.

s) Per noi toscani ritengo che la tariffa più favo revole sia la speciale 50 delle Ferrovie Eomane in servizio cumulativo colle Ferrovie A lta Italia e Me­ ridionali.

3) Tariffe citate, Art. 3.

soli, alle Amministrazioni dello Stato e delle Ferro­ vie ; le fornisse delle pubblicazioni che si redigono dai Ministeri, e infine le sovvenisse, perchè non de­ generassero in speculazioni regolate esclusivamente dal tornaconto.

Proponeva che le Agenzie si facessero interpetri dei bisogni del commercio, presso le autorità com­ petenti e le Amministrazioni interessate.

Divenissero centro di esportatori, e con la riunione delle varie partite, riuscissero a repartire fra i vari speditori i vantaggi delle tariffe speciali a carro com­ pleto : che con dei servizi di trasporlo a partenza e destinazione fissa, con uffici di transito e continua­ zione, di sdaziamenti, di consegna, spianassero le

difficoltà.

Raccogliessero d’ intorno a loro capitali a mezzo di società mutue cooperative per l ’esportazione o a scopo attinente, rendendo possibile con emettere Azioni di tenue valore l’ interessamento dei ricchi e non ricchi.

Diffondessero notizie pratiche commerciali me­ diante Bollettini contenenti le più precise indicazioni dei prezzi nei vari mercati, delle richieste dei co rri­ spondenti, dei mezzi per effettuare li invìi, dei si stemi m igliori di condizionature, imballaggio etc., e con statistiche accurate per luogo di partenza e de­ stinazione, possibilmente anche per prodotto con re­ soconto dei loro valori in partenza e a destino, a tti­ rassero verso questo il commercio.

Questa idea ottenne la più benevola accoglienza per parte di S. E. il Ministro d’ Agricoltura Indu­ stria e Commercio. Solo mentre mi si incoraggiava a dare attuazione ài concetto, si trovava che il Go­ verno non avrebbe potuto sovvenire le Agenzie da me proposte, perchè per la parte d’ interesse gene­ rale di esse preso di mira si provvede con le Ca­ mere di Commercio, all’ interno si provvederà con quelle che s’ impiantano all’estero, e perchè il Bol­

lettino di Notizie Commerciali, migliorato dovrebbe

raggiungere l’ intento di quelli da me progettati. Sic­ come però si era convinti della bontà dell’ idea mi si diceva che 1’ appoggio morale del Governo non sarebbe mancato a istituzioni così u tili come quelle cui aveva diretto il mio studio.

(Continua) Avv. T. De Regny

Rivista Bibliografica

Cavazza G. Francesco. — D i una istituzione che coor­

dini la privata e la pubblica beneficenza. — Bolo­

gna, Azzoguidi, 1884.

Abbiamo veduto alcune riviste giudicare con molti elogi questo lavoro nel quale a noi pare di trovare due difetti essenzialissimi : — la mancanza di giuste proporzioni, e la indeterminatezza dello scopo.

(9)

24 agosto 1884 L ’ E C O N O M I S T A 549 la beneficenza, risulta piuttosto una serie di affer­

mazioni non bastantemente fondate su convenienti raziocini, che un vero e proprio esame intorno ad argomenti sui quali gli studiosi sono ancora tutt’ altro che concordi, ma anzi tengono divisa in due campi opposti tanta parte della società moderna, e rian­ noda al tema della beneficenza la discussione dell’ in­ tero ordinamento sociale.

Nulla diremo della conclusione, o meglio della nuova proposta che l ’ Autore mette innanzi. Si scorge che gli mancava una sufìicente preparazione, e quindi ha scambiata la forma della beneficenza colla que­ stione principale che intorno alla beneficenza stessa si dibatte, se cioè essa sia un bene od un male. E dal socialismo quale molti anche moderatissimi lo in­ tendono, al cristianesimo quale altri vogliono porre a base della società , la beneficienza si può consi­ derare come la esplicazione delle più importanti questioni che sul diritto di lavoro o sul diritto di assistenza da epoca immemorabile discutono gli stu­ diosi. Nè su tali questioni il libro del sig. Gavazza ha fatto progredire di un passo la scienza.

D. Mantero Mariano. — Istituzioni di Commercio. I . G li or­

dinamenti monetari. — Palermo, Fr.m Puglisi, 1884.

L ’Autore si propone di « indirizzare i principii del- l’ Economia politica e del D iritto e le consuetudini commerciali alla preparazione degli esordienti nella carriera mercantile, o ad un complemento d’ istru­ zione tecnica per coloro che già vi sono dedicati ». Perciò pubblica questo primo volume « in forma di­ dascalica.... come saggio di tecnica, di legislazione e di statistica monetaria col titolo di Ordinamenti Mo­

netari ».

L ’ Autore divide il suo volume in due parti; nella prima col tito lo : « funzioni della moneta e tecnica monetaria » espone la teorica della moneta e vi ag­ giunge un abbozzo storico sulle vicende di valore dei metalli preziosi e sull’ aumentare della loro pro­ duzione. Nella seconda col titolo « i sistemi mone­ tari di tutto il globo » tratta dei sistemi bimetallici, dei monometnlhci in argento e di quelli in oro.

U n ’ appendice contiene cinque tavole di statistica. L ’ Autore si mostra liberale tanto nelle questioni che riguardano la tuoiia generale della moneta, quanto in quelle che riflettono il sistema monetario; e senza rettorica, ma riassumendo brevemente e logicamente le ragioni che vengono in appoggio delle sue affer­ mazioni, espone lucidamente i più sani principi eco­ nomici.

L ’indole stessa del lavoro imponeva all’ Autore di non entrare in discussioni nuove, ma di raccogliere succintamente e chiaramente quelle proposizioni che sono più generalmente accettate. E, bisogna dirlo, in questo scopo l’ Autore è sufficientemente riuscito, seb­ bene noi crediamo che avrebbe meglio raggiunto il suo proposito se avesse ridotto il volume a minori proporzioni.

Ad ogni modo non esitiamo ad affermare che il libro del sig. Mantero è un buon manuale per co­ loro che vogliono conoscere certi fatti senza cercarli nelle lunghe discussioni che sopra di essi fanno gli studiosi.

A. J. De Johannis.

LA REGÌA DEI TABACCHI

Dopo il nostro articolo sul bilancio e sulla liquida­ zione della Regìa dei Tabacchi ’ ) abbiamo letti in vari giornali comunicati e lettere diverse eolie quali si espri­ mevano pareri ancora più diversi sulla entità del bi­ lancio, sulla verità delle cifre, sul modo di interpretarle e, ciò che più importa, sulle conseguenze finali, cioè su quanto presuntivamente possono sperare gli azioni­ sti come rimborso del loro capitale, « benefizio ultimo della impresa.

Ci riescirebbe impossibile tener conto di tante dif­ ferenti opinioni, di esaminarle e confutarle senza oc­ cupare troppo lungo spazio ed entrare in particola­ rità che uscirebbero dal campo nel quale l’ Economista suol mantenersi. Crediamo però di poter affermare che l’agitazione del pubblico cresce e che va sempre più confermandosi il concetto che le relazioni del­ l’esercizio 1883 e del Comitato di liquidazione non sieno fatte con quella chiarezza che era desiderabile.

All aggiunger confusione venne un articolo d e l- l'Opinione che aveva tutta l ’ aria di un comunicato, e che tentando, senza nominarci, di confutare le nostre conclusioni, veniva ad affermare che le azioni della Regìa sarebbero il I o gennaio 1886 rimborsato non con L. 580 circa, ma con circa L. 620. È bene osservare che noi parlavamo di prezzo attuale e che tutti sanno come 580 lire daranno da qui a 18 mesi circa le 620 di cui dice I’ Opinione, poiché vi sa­ ranno accumulati gli interessi stipulati nello con­ venzione.

Non parliamo di coloro che hanno creduto di as­ serire che le azioni avranno un rimborso di 715 lire, ed hanno fatti dei conti nei quali se vi è molta fede, vi è però poco esame logico. Noi dobbiamo persi­ stere nelle nostre conclusioni e dire che, da quanto le relazioni pubblicate lasciano vedere, le azioni della Regìa hanno un valore di circa 580 lire.

Molti nostri lettori, pur convenendo nella verità di questa conclusione, manifestano acerbamente la loro meraviglia e ci domandano come mai sia avvenuto questo deprezzamento così inaspettato e così poco rispondente alle legittime speranze che le situazioni passate avevano lasciato concepire. E nelle lettere che ci scrivono ci eccitano a dire francamente quella verità, che a loro credere non apparisce chiaramente dal'e relazioni degli amministratori.

Rispondiamo loro che uno studio completo sulla situazione di quella Società importerebbe un esame della sua amministrazione di tutto il periodo suo; e non crediamo di poterlo fare, anche perchè gli ele­ menti di cui disponiamo non ci consentirebbero di vedere e dire tutto. Tuttavia non intralasciamo di dare quella spiegazione che come sulle bocche dei meglio informati, che cioè 1’ attuale situazione meno buona di quanto presumevasi dipenda dal fatto che negli anni passati la valutazione dello stock fu fatta con soverchio ottimismo e quindi i bilanci riuscirono più ricchi di quello che realmente non fossero e gli azio­ nisti goderono di benefizi superiori a quelli che veramente la situazione non comportasse; — mentre ora avendo dovuto la società vendere lo stock, non poterono più gli amministratori stabilirne con giudizio unilaterale il valore, e perciò ne ricavarono meno di quanto gli anni decorsi erasi calcolato.

(10)

550

L ’ E C O N O M I S T A 24 agosto 1884

Fino a che punto questa voce, del resto molto verosimile, abbia fondamento, noi non possiamo dire, e crediamo che, meno gli amministratori stessi, nes­ suno possa essere in grado di giudicarlo. Ricono­ sciamo però che gli egregi uomini i quali furono e sono ancora a capo di quella Società, non dovreb­ bero lasciare più oltre il pubblico sotto la impressione di un risultato le cui cause sono ignote, e quindi lasciano luogo alle più esagerate e meno benevoli supposizioni. Onde noi non solo li eccitiamo a to­ gliere con precise spiegazioni i dubbi sorti dalla let­ tura delle relazioni pubblicate, ma richiamiamo anche sull argomento l ’attenzione del Governo il quale, se ie voci che corrono sulla esagerazione nelle valuta­ zioni del stock fossero vere, potrebbe essere interes­ sato a conoscere la verità più degli azionisti. Infatti questi ormai nulla guadagnerebbero poiché i benefizi del passato, se come ritiensi'maggiori del giusto li compenserebbero del danno attuale, ma ifG o ve rn o potrebbe essere eventualmente chiamato in causa per quella parte di u tili che meno regolarmente per Tot- timismo degli amministratori avesse percepito.

Qualunque però sia lo stato delle cose, quello che, a nostro parere urge sia fatto, è di dire la verità vera; e gli amministratori più di tutti debbono sentire questa necessità.

LA FABBRICA LOMBARDA DI PRODOTTI CHIMICI

Mercoledì alle 3 e 50 pom. il tribunale di com­ mercio dietro domanda del consiglio di amministra- Z1°tv 1“Ach'arava il fallimento di questa Società.

Dichiarato il fallimento, non ebbe quindi più luo^o la riunione al Tribunale di commercio indetta per giovedì mattina alle 10, per udire la relazione del- 1 egregio prof. cav. Maglione e la presentazione del bilancio rettificato. Nè avrà più luogo naturalmente l altra seduta degli Azionisti, indetta per il 23.

, Vennero accordati tre giorni, a termine di legne, al Consiglio della fallita Società per presentare un bilancio a tutto il 16 agosto corrente; fu delegato alla procedura del fallimento l ’ onor. giudice R ic ­ cardo Biragln, a curatore lo stesso rag. Maglione, i . /n i1™ nza dei creditori per la nomina del mem­ bri della delegazione straordinaria fu stabilita pel 5 settembre ; il giorno 7 settembre venne stabilito come ultima data per la presentazione delle dichia­ razioni di credito e l’ 8 ottobre a mezzogiorno per la chiusura del procedimento.

Nel bilancio presentato dal consiglio di amm ini­ strazione, senza calcolare naturalmente i sei m ilioni degli azionisti ed il milione di riserva, totale sette m ilioni, si portava l ’ attivo a L. 11,872,000; il pas- sivo a 10,919,000. Rimaneva quindi un attivo per gli azionisti, pagati i creditori, di L . 953.000.

« Invece, fatte ora le debite rettifiche al bilancio, sempre considerati perduti i 7 milioni suaccennati degli azionisti e della riserva, risulterebbe un

Passivo di circa . . . L. 18,000,000

Attivo » . . . » 12,500,000

Passivo del bilancio L. 5,500,000

le c i É i i i economie della Provincia di Catania

Fa Camera di Commercio di Catania ci ha -in­ viato una relazione economico-statistica-amministra- tiva sulla provincia di Catania per l ’ anno 1883. Questa relazione, che è stata compilata dall’egregio salvatore De Luca Carnazza, già conosciuto per altri • pregevoli lavori consimili, si divide in tre parti. La- prima parla dell’ agricoltura, la seconda delle indu­ strio ; e la terza del commercio.

Cominceremo dall’agricoltura.

Catania è una delle principali, più importanti e piu ricche piazze agricole, commerciali e marittime d Italia. Essa è l’ emporio dei prodotti agricoli, in­ dustriali e minerari della Sicilia, e il centro delle lerrovie siciliane. Inoltre la sua posizione geografica in vicinanza dell’Africa e della Grecia, le schiude le dirette comunicazioni coi porti più importanti di Europa, e le vie non meno importanti per le Indie e per l ’America.

1 grani e cereali formano uno dei più conside- revoli articoli di produzione agricola, elio compensa largamente le cure e le sollecitudini degli agricoltori, bastando non solo ai bisogni del consumo locale, ma servendo altresì all’ esportazione tanto per cabo- taggio che per l’estero. Vengono poi i vigneti e-gli agrumeti. I primi in alcune località vennero col­ piti dalla peronospera vinicola e i secondi furono molto danneggiati dai parassiti chiamati la bianca e il cotonello.

V i si raccolgono anche castagne, mele e nocciole in discreta quantità.

Finalmente il cotone e gli oliveti costituiscono un a.irò dei più importanti articoli di produzione a°TÌ-

cola. r °

I r a le industrie primeggiano l ’apicultura che pro­ duce miele e cera. Il miele fu venduto nell’anno scorso a L. 1,95 al chilogr. all’ ingrosso e la cera a L. 3,50.

V i sono inoltre fonderie, stabilimenti di raffina­ zione ai zolfi, concerie di pelli, segherie, opifici per la macinazione e liquefazione dell’ asfalto, fabbriche di fiammiferi, mobili a vapore per la macinazione dei cereali, fabbriche di mobili, stabilimenti per l ’ in­ dustria della liquorizia, per la produzione degli alcool per la molitura dei sommacelo e grano, per lavori in ambra, e infine varie fabbriche per dolci e con­ fetture e diversi stabilimenti tipografici.

Passiamo adesso alla parte commerciale.

Catania esercita un vastissimo commercio di espor­ tazione e di importazione.

Si importano in eonsiderevole quantità grani e

frumenti per Napoli, Francia, Spagna, Grecia e

Malta ; oli di oliva per l’Austria ; sommacco per L i ­ vorno, Genova, Inghilterra e America ; zolfi pel con­ tinente italiano, per la Francia, Grecia, Turchia, Spagna, Germania, Russia, Inghilterra e Stati Uniti di America; agrumi per Trieste, Venezia, Genova, Marsiglia, Inghilterra, Olanda, Germania, Austria, Gran Brettagna, Russia, Turchia, Grecia, Malta e Stati U n iti di America ; vini per Napoli, Livorno, Genova, Venezia, Malta, Marsiglia, Francia, Austria, Inghilterra e Stati Uniti di America ; liquorizia pel continente italiano, per Trieste, Marsiglia, Inghilterra e America; cotoni per Napoli; prodotti chimici e

Riferimenti

Documenti correlati

Questo aumento potrà, per decreto reale, conce­ dersi agli Istituti fino a corrispondenza della metà del capitale utile alla emissione consentita a ciascuno di essi

1 2 ,1 1 7 ,2 0 ; delibera di pronunciarsi contro ogni aumento di dazio di entrata sul tonno estero , nel riflesso che il tonno è un alimento di molto con­ sumo

« Ad onta della grande difficoltà, derivante dalla formazione delle due [nuove reti longitudinali, dalle nuove tariffe e da varie condizioni dell esercizio che

f Incasso metallico Fr. Essa favori specialm ente la rendita italiana, al cui p rogredire contribuiscono senza dubbio la prossim a conclusione dei negoziati per l’

Non tralascerem o anche di rilevare dalla relazione che nelle spese delle sedi o succursali m algrado il mag­ g iore svolgim ento ottenuto negli affari si raggiunse

Il C a ffa ro in data del 13, occupandosi della di­ scussione insorta per l’esercizio della linea Milano- Chiasso dimostra come sia problematico il vantag­ gio

Solamente, poiché al consiglio comunale si proporrebbe di invocare la costruzione della Milano-Mendrisio per il caso che la Milano-Chiasso non venisse concessa

« Nel fissarle, occorrerà tener conto della diversità di criteri, che dovranno regolare 1’ esercizio sulle di­ verse reti, degli spostamenti nelle correnti del