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La Ricerca in Italia

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Academic year: 2021

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Controllo del diabete di tipo 1 ed esiti della gravidanza in donne trattate con infusione sottocutanea continua di insulina (CSII) o con insulina glargine e iniezioni multiple di analoghi rapidi dell’insulina Bruttomesso D1, Bonomo M2, Costa S1, Dal Pos M1, Di Cianni G3, Pellicano F4, Vitacolonna E5, Dodesini AR6, Tonutti L7, Lapolla A8, Di Benedetto A9, Torlone10; IGCSIIP (Gruppo Italiano per l’Infusione Sottocutanea Continua di Insulina in Gravidanza)

1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Padova;

2Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano; 3Dipartimento di Endocrinologia e Metabolismo, Università di Pisa; 4Ospedale di Ravenna; 5Dipartimento di Medicina, Università di Chieti;

6Ospedali Riuniti, Bergamo;

7Ospedale di Udine; 8Dipartimento di Scienze Cliniche e Chirurgiche, Università di Padova; 9Dipartimento di Medicina Interna, Università di Messina; 10Dipartimento di Medicina Interna Endocrinologia e

Metabolismo, Università di Perugia Diabetes Metab 2011;37:426-31

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Tuttora non è chiaro quale sia il trattamento di scelta nelle gravidanze complicate da diabete di tipo 1. Per contribuire a rispondere a questa questione, lo studio ha messo a confronto gli esiti materno-fetali in gravide trattate con infusione sottocutanea conti- nua di analogo rapido dell’insulina (CSII) o con schemi di terapia basal/bolus che utiliz- zavano insulina glargine e iniezioni multiple di analoghi rapidi dell’insulina (glargine-MDI).

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Malgrado un crescente uso del microinfusore, non si disponeva di evidenze a favo- re di un migliore controllo metabolico e di un miglior esito perinatale nelle gravidan- ze trattate con CSII. La maggior parte degli studi avevano inoltre finora confronta- to CSII con schemi di MDI basati su insulina isofano, mentre solo pochi dati erano disponibili sull’uso di insulina glargine.

Sintesi dei risultati ottenuti

Il controllo glicemico è migliorato nel corso della gestazione in ambedue i gruppi;

tuttavia livelli glicemici soddisfacenti sono stati raggiunti più rapidamente nel grup- po CSII. Il livello di HbA1cal parto è risultato significativamente più basso nelle donne trattate con microinfusore (6,2 ± 0,7% vs 6,5 ± 0,8%; p = 0,02), con mino- re fabbisogno insulinico a termine (p < 0,01). Tuttavia, considerando il diverso livel- lo di partenza, la diminuzione dell’HbA1cnei due gruppi è risultata sovrapponibile.

Non si sono registrate differenze anche per quanto riguarda il peso materno e gli esiti materno-fetali. È però da sottolineare che le donne del gruppo CSII avevano una situazione clinica più impegnativa a inizio gravidanza, con maggiore durata di malattia e più elevata classe di White.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

Anche il nostro studio non è stato in grado di documentare una differenza signifi- cativa nel grado di controllo glicemico materno e negli esiti materno-fetali, pure se alcuni parametri orientano verso un possibile vantaggio della CSII, anche se con- frontata con schemi MDI con insulina glargine.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Considerando che anche il nostro era uno studio retrospettivo, ci si può aspettare che nel prossimo futuro maggiore chiarezza venga dalla conduzione di studi control- lati randomizzati. Tenendo conto che, comunque, nel nostro come in tutti gli studi che hanno finora utilizzato la CSII in gravidanza, il controllo glicemico materno non è mai stato realmente ottimizzato, con una HbA1crimasta sempre al di sopra del 6%, vi è grande attesa per studi che utilizzino i nuovi sistemi integrati infusore/sensore, che dovrebbero permettere una maggiore aggressività terapeutica in sicurezza.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Per il momento il nostro studio non consente una scelta definita fra l’una e l’altra forma di trattamento messe a confronto, anche se alcuni elementi sembrano orien- tare verso un uso preferenziale della CSII. D’altro canto, la nostra esperienza con- ferma la sicurezza dell’uso dell’analogo long-acting glargine negli schemi MDI uti- lizzati in gravidanza, aggiungendosi in questo a numerose altre segnalazioni com- parse in letteratura negli ultimi anni.

La Ricerca in Italia

La chat line per gli adolescenti con diabete mellito di tipo 1.

Un utile strumento per migliorare le difficoltà di approccio al diabete:

un follow-up di 2 anni

Iafusco D1, Galderisi A1, Nocerino I1, Cocca A1, Zuccotti G2, Prisco F1, Scaramuzza A2

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

È stato valutato l’impatto di un metodo comunicativo, di moda tra adolescenti, una chat line settimanale, moderata da un diabetologo e da uno psicologo, sulla qualità di vita e sul controllo metabolico in 195 adolescenti di età 13,6 ± 2,7 anni rispetto a 203 adolescenti comparabili per età e durata di malattia. Gli adolescen- ti discutevano dei rapporti con la famiglia, gli amici, la scuola e il diabete rappre- sentava soltanto uno dei molti argomenti di discussione. Il pediatra interveniva su quesiti inerenti il problem solving. La chat era registrata e le dinamiche valutate dallo psicologo.

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1Dipartimento di Pediatria, Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica “G. Stoppoloni”, Seconda Università di Napoli;

2Dipartimento di Pediatria, Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco”, Università di Milano

Diabetes Technol Ther 2011;13(5):551-5

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Tredici anni fa noi stessi avevamo riportato i risultati di una precedente analoga esperienza che aveva mostrato un significativo miglioramento delle conoscenze e dell’HbA1cin adolescenti con diabete in 6 mesi. Era un lavoro pioneristico, svolto in un periodo in cui la stessa chat non era così diffusa e nota come oggi (Iafusco D et al. Diabetes Care 2000;23:1853).

Sintesi dei risultati ottenuti

La media trimestrale dell’HbA1csi è ridotta significativamente nel primo anno solo nei pazienti che avevano partecipato alla chat e, pur non riducendosi nel secondo anno, rimaneva significativamente ridotta rispetto ai controlli. Il test DQUOLY mostrava solo nei pazienti in chat una riduzione delle preoccupazioni sul diabete e un miglioramento della percezione di qualità di vita.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Oltre alla chat per adolescenti abbiamo contribuito a creare una chat per mamme e stiamo programmando e strutturando una chat per bambini con diabete e genitori.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

La chat si affianca all’educazione terapeutica tradizionale. Il pediatra in chat diven- ta, più che il therapy-giver, il care-giver immedesimandosi più da vicino nelle pro- blematiche adolescenziali.

Terapia insulinica

continua con microinfusore e sensore nei bambini molto piccoli con DMT1 (diabete mellito di tipo 1):

studio osservazionale di efficacia e sicurezza Frontino G1, Bonfanti R1, Scaramuzza A2, Rabbone I3, Meschi F1, Rigamonti A1, Battaglino R1, Favalli V1, Bonura C1, Sicignano S3, Gioia E3, Zuccotti GV2, Cerutti F3, Chiumello G1

1Dipartimento di Pediatria, Scientifico Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute, Milano; 2Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Milano, Ospedale Luigi Sacco, Milano; 3Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Torino, Torino

Diabetes Technol Ther 2012;14(9):762-4

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Questo studio osservazionale retrospettivo multicentrico riguarda una particolare sotto- popolazione pediatrica di pazienti con DMT1 (età compresa tra i 3 e i 7 anni) in terapia con SAP (sensor augmented pump); ovvero terapia insulinica continua sottocute mediante microinfusore e sensore continuo della glicemia. È stata valutata l’efficacia in termini di miglioramento del controllo glicometabolico (espresso come riduzione in per- centuale del valore di emoglobina glicata HbA1c) e in termini di portabilità e sicurezza del sensore mediante un questionario di gradimento rivolto ai genitori (scala da 1 a 3).

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Molti studi hanno dimostrato l’efficacia del CGM (monitoraggio glicemico continuo) nel migliorare il controllo glicometabolico nel paziente adulto con DMT1. Molti pochi studi a riguardo sono invece stati condotti su coorti di pazienti pediatrici con DMT1. Uno studio randomizzato e controllato condotto su una coorte di pediatrici con DMT1 in Florida (età media 7,5 anni, sia in CSII sia in MDI) non ha mostrato differenze statisti- camente significative in termini di outcome glicemici (valori entro, sopra e sotto il range) in un periodo di follow-up di oltre 26 settimane nonostante l’alto grado di soddisfazio- ne dei genitori con CGM. Uno studio analogo condotto nell’Università dell’Iowa in bambini molto piccoli con DMT1 (età inferiore ai 4 anni) aveva mostrato che più del 40% della popolazione in studio era stato in grado di mantenere e utilizzare CGM in modo sicuro, senza tuttavia un miglioramento del controllo glicometabolico.

Sintesi dei risultati ottenuti

Nel nostro studio i pazienti hanno indossato il CGM per circa l’84% del tempo, il 64% di essi ha utilizzato il sensore per tutto il periodo di studio. È stata osservata una lieve riduzione di HbA1cnon statisticamente significativa (–0,2%) rispetto all’i- nizio del trattamento. Tuttavia, stratificando i pazienti sulla base del valore di HbA1call’inizio dello studio un miglioramento statisticamente significativo è stato osservato nei pazienti con emoglobina glicata basale superiore a 7,5%. Non sono state osservate differenze per quanto riguarda il verificarsi di episodi di DKA (chetoacidosi diabetica) o ipoglicemie gravi. Una lieve riduzione di ipoglicemie lievi- moderate è stata osservata tra inizio e fine dello studio. Il giudizio dei genitori sul- l’utilizzo del sensore è stato sicuramente positivo in termini di comfort, facilità d’uso e utilità nella gestione quotidiana del diabete. Il maggior beneficio percepito è stato sulla paura dell’ipoglicemia da parte del genitore, molto spesso fattore limitante per l’ottenimento di un buon controllo glicometabolico.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

I nostri dati hanno permesso di meglio inquadrare una piccola popolazione di

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pazienti con DMT1, ovvero bambini in età prescolare (< 7 anni) che utilizzano sen- sore e microinfusore d’insulina in modo continuo (SAP). Il nostro studio è stato il primo a documentare un significativo miglioramento glicometabolico in una popola- zione pediatrica in età prescolare in SAP con utilizzo intensivo di CGM. Inoltre il nostro studio ha mostrato che nonostante la tenera età e la poca prevedibilità nel comportamento dei piccoli pazienti, l’utilizzo combinato di due device (microinfuso- re e sensore) non ha influenzato in maniera negativa la soddisfazione dei genitori.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Le prospettive di ricerca sull’argomento prevedono uno studio analogo su una popolazione più numerosa tale da permettere un’analisi più informativa e dettaglia- ta che renda possibile l’estrapolazione di dati stratificati per classi di età, sesso e comportamenti quotidiani (attività fisica, alimentazione ecc.). È necessaria inoltre maggiore esperienza per la caratterizzazione e lo studio di determinanti terapeuti- che età-specifiche (distribuzione bolo/basale, rapporto insulina/carboidrati nelle diverse fasce orarie, variazione dell’insulino-sensibilità, fine modulazione della tera- pia insulinica); e in questo momento il CGM sembra essere uno dei pochi strumen- ti che possa ampliare la nostra conoscenza a riguardo. Inoltre sarà necessario creare degli algoritmi decisionali individualizzati sulla base di pattern di variazione glicemica a partire dalle informazioni ottenute dal CGM.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Il nostro studio ha mostrato la fattibilità e l’efficacia di un sistema integrato (CGM + microinfusore) in una popolazione molto delicata quale i pazienti in età evolutiva che, data l’imprevedibilità dei comportamenti e la mancata capacità comunicativa riguar- do a stati soggettivi avvertiti, costituiscono una difficile realtà di gestione quotidiana da parte di genitori o tutori. Di conseguenza l’ottenimento di informazioni aggiuntive oltre a quelle fornite dalle glicemie capillari sono determinanti in questa popolazione.

Per tale motivo è necessario continuare nello studio e nella raccolta dei dati in modo tale da consentire, soprattutto in un contesto di risparmio economico-santario, una corretta allocazione delle risorse sanitarie affinché questi pazienti molto delicati pos- sano beneficiarne.

L’importanza dell’HbA1c e della variabilità glicemica nel diabete mellito: risultati dal monitoraggio in continuo del glucosio (CGM)

Sartore G1, Chilelli NC1, Burlina S1, Di Stefano P2, Piarulli F1, Fedele D1, Mosca A3, Lapolla A1

1Dipartimento di Medicina (DIMED), Università di Padova, Padova;

2Medtronic Italia SpA, Roma;

3Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biomediche, Università di Milano, Milano Acta Diabetol 2012;49(suppl 1):

S153-60

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Il monitoraggio in continuo della glicemia (CGM) nei pazienti diabetici ha dimostra- to una stretta correlazione tra l’HbA1ce la glicemia media. D’altra parte questi stes- si studi evidenziano che pazienti con medie glicemiche comparabili possono avere profili glicemici giornalieri variabili, con possibili differenti ricadute fisiopatologiche sulle complicanze croniche. Scopo del nostro lavoro è stato quindi studiare l’associazione tra l’HbA1ce alcuni indicatori di variabilità glicemica, ottenuti con CGM applicato per 72 ore in pazienti con diabete di tipo 1 e di tipo 2.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Recenti trial hanno indagato la relazione tra HbA1ce variabilità glicemica, ma vi è ancora un importante dibattito in letteratura, poiché alcuni studi supportano tale associazione mentre altri la confutano. I motivi di tali divergenze dipendono dal considerare un limitato numero di indicatori di variabilità, spesso determinati solo con automonitoraggio glicemico (SMBG).

Sintesi dei risultati ottenuti

L’HbA1ccorrela significativamente con la glicemia media e con le escursioni glice- miche postprandiali (valutate attraverso l’AUC PP, post-prandial area under curve) nei pazienti con diabete di tipo 1. Non vi è alcuna correlazione significativa tra HbA1ce indicatori di variabilità glicemica short-term, né nei pazienti con diabete di tipo 1 né di tipo 2. I pazienti con lunga durata di malattia e i pazienti con diabete di tipo 1 sono caratterizzati da una maggiore variabilità glicemica, indipendente- mente dal valore di HbA1c.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

L’HbA1cnon è influenzata dalle oscillazioni glicemiche acute, rivelando conseguen- temente dei limiti quale unico parametro di controllo metabolico nel paziente dia- betico. Lo studio dimostra inoltre che gli indicatori di variabilità glicemica descrivo-

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Numero e durata degli eventi ipoglicemici ridotti con sensori CGM e metodi di predizione della glicemia: uno studio di simulazione

Zecchin C, Facchinetti A, Sparacino G, Cobelli C Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Università degli Studi di Padova, Padova Diabetes Technol Ther 2013;1:

66-77

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

I sensori di monitoraggio in continuo della glicemia (CGM) consentono di generare allarmi in tempo reale quando il livello di concentrazione di glucosio scende al di sotto della soglia di ipoglicemia. Tuttavia, ciò non permette di prevenire l’evento. Lo scopo del lavoro è quello di dimostrare che un algoritmo di predizione della con- centrazione di glucosio è in grado di anticipare l’evento in modo da consentire al paziente di evitarlo grazie all’ingestione di zuccheri.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Alcuni studi avevano dimostrato che allarmi ipoglicemici basati su predizione da dati CGM e ingestione di zuccheri tempestiva possono evitare l’evento ipoglice- mico o ridurne la durata. Tuttavia, l’ipoglicemia era indotta (in clinica) attraverso un’infusione di insulina. Inoltre, l’analisi su pazienti rende impossibile confrontare vari scenari, per esempio allarme non generato o ingestione ritardata degli zuc- cheri.

Sintesi dei risultati ottenuti

Ricorrendo al simulatore del diabete di tipo 1 sviluppato dall’Università di Virginia e Università di Padova, e accettato dall’FDA come sostituto di studi sull’animale per Infusione sottocutanea continua

di insulina (CSII) nel paziente ricoverato: necessità ancora non soddisfatte e proposta di una unità CSII

Morviducci L1, Di Flaviani A2, Lauria A3, Pitocco D4, Pozzilli P3, Suraci C5, Frontoni S2,

per il Gruppo di Studio CSII della Regione Lazio

1Unità di Diabetologia, Ospedale San Camillo-Forlanini, Roma;

2Unità Operativa di Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo, Ospedale S. Giovanni Calibita Fatebenefratelli, Università di Roma Tor Vergata, Roma; 3Dipartimento di Endocrinologia e Diabete, Università Campus Bio-Medico, Roma; 4Unità di Diabetologia, Medicina Interna, Università Cattolica, Roma; 5Unità di Diabetologia, Ospedale Pertini, Roma Diabetes Technol Ther

2011;13:1071-4

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Uso del microinfusore nel paziente ricoverato in ospedale.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

I dati di letteratura sul ruolo e l’applicazione del CSII in ospedale sono scarsi e le aziende che producono microinfusori forniscono soltanto indicazioni limitate per l’uso in ospedale.

Sintesi dei risultati ottenuti

Identificazione degli ospedali della Regione, in cui creare un’unità CSII, formata da endocrinologo, educatore, nutrizionista e infermiera, che valuti la competenza del paziente ad autogestire la terapia con microinfusore. Utilizzo del CSII, secondo pro- cedure standard, nei pazienti critici, parto e interventi chirurgici minori, in anestesia locale o generale.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

L’unità CSII può migliorare la gestione del paziente diabetico in ospedale, evitando fluttuazioni glicemiche, associate ad aumentata morbilità e mortalità.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Validazione di protocolli standardizzati negli ospedali della Regione.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

La capacità di gestione del paziente diabetico portatore di microinfusore con - sentirà una migliore assistenza in ospedale e un significativo miglioramento degli outcome.

no il reale profilo glicemico e identificano il peggioramento del controllo glicemico in modo più accurato dell’HbA1c, specie nei pazienti con diabete di tipo 1 e con lunga durata di malattia.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Sono necessari ulteriori studi di tipo longitudinale, in casistiche più numerose, per confermare il ruolo della variabilità glicemica quale fattore di rischio indipendente dall’HbA1cdi complicanze micro- e macrovascolari. Sarà peraltro necessario iden- tificare l’indicatore “gold standard” di variabilità nel controllo glicemico a medio- lungo termine.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Il presente studio supporta lo studio della variabilità glicemica attraverso il CGM nella pratica clinica, in aggiunta al monitoraggio dell’HbA1c. I risultati suggeriscono che soprattutto i pazienti con diabete di tipo 1 e con più lunga durata di malattia possono beneficiare maggiormente del CGM.

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Confronto tra l’utilizzo del monitoraggio glicemico in continuo nei bambini con diabete trattati con terapia insulinica multiniettiva o con microinfusore nella vita quotidiana: andamento

glicemico nel corso di 3 giorni e valutazione dell’accuratezza del sensore

Zucchini S1, Scipione M1, Balsamo C1, Maltoni G1, Rollo A1, Molinari E2, Mangoni L2,

Cicognani A1

1Dipartimento di Pediatria, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Università di Bologna, Bologna;

2Dipartimento Clinico, Medtronic Italia Diabetes Technol Ther 2011;13(12):1187-93

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Lo studio effettuato in bambini affetti da diabete di tipo 1 ha voluto valutare l’efficacia del monitoraggio in continuo della glicemia in 2 gruppi di bambini tratta- ti con terapia multiniettiva tradizionale o con microinfusore. Il disegno dello studio non era di tipo sperimentale randomizzato e lo studio è stato svolto in condizioni di vita reale.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

L’esperienza nell’utilizzo del sensore glicemico in continuo di tipo real-time nell’età pediatrica è molto limitato. Dati preliminari di studi condotti nell’età adulta in sog- getti trattati con microinfusore indicavano un parziale beneficio nell’utilizzo del sen- sore in continuo, mentre il suo utilizzo nei soggetti trattati con terapia multiniettiva aveva fornito risultati contrastanti.

Sintesi dei risultati ottenuti

Nei nostri pazienti in condizioni di vita reale l’utilizzo del sensore glicemico associa- to al microinfusore è risultato più efficace rispetto all’utilizzo combinato di sensore- terapia multiniettiva. I pazienti in terapia con microinfusore infatti ottenevano miglio- ri valori glicemici medi e minore variabilità glicemica. Entrambi i gruppi di soggetti hanno trascorso grazie al sensore solo periodi limitati in ipoglicemia. Purtroppo la sensibilità del sensore utilizzato è risultata insufficiente per i valori ipoglicemici.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

Lo studio, anche se per la durata limitata di 3 giorni, è stato condotto in soggetti di età pediatrica mostrando l’utilità del sensore in continuo soprattutto quando abbinato alla terapia con microinfusore. Anche nei bambini, la visualizzazione in continuo della glicemia potrebbe permettere anche nel lungo periodo un migliora- mento del controllo metabolico e minori periodi trascorsi in ipoglicemia.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

L’obiettivo futuro sarà l’utilizzo del sensore in continuo associato in maniera perma- nente alla terapia insulinica, soprattutto come prevenzione dell’ipoglicemia.

Essendo quest’ultima uno dei maggiori ostacoli al raggiungimento del buon con- trollo metabolico, è verosimile che la visualizzazione in continuo della glicemia per- metta un miglioramento duraturo dell’HbA1c.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Conseguenza diretta dello studio è la diffusione dell’utilizzo del sensore glicemico nell’età pediatrica. Sarà importante condurre studi randomizzati che confermino l’efficacia dei sensori, in modo da facilitare l’approvazione della piena rimborsabili- tà da parte del Sistema Sanitario.

certe terapie insuliniche, abbiamo dimostrato come, generando allarmi ipoglicemi- ci sulla base di un metodo di predizione che usa reti neurali, si possa ridurre signi- ficativamente il numero di ipoglicemie e il tempo speso in ipoglicemia (–75%), senza aumentare significativamente il rischio di iperglicemie, persino quando gli zuccheri vengono ingeriti con un certo ritardo rispetto all’allarme.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

Questi risultati dimostrano quantitativamente l’utilità di incorporare algoritmi predit- tivi all’interno di sensori CGM, poiché generando allarmi ipoglicemici basati sulla predizione si potrebbe più che dimezzare il numero di ipoglicemie nei soggetti dia- betici che utilizzano tali dispositivi nella vita di tutti i giorni.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Stiamo progettando, assieme a DexCom Inc. (San Diego, CA) e Mayo Clinic (Rochester, MN), degli studi su diabetici di tipo 1 per valutare, in condizioni di vita quotidiana, il beneficio dell’inclusione di tale algoritmo all’interno di un sensore CGM.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

I risultati indicano che una risposta tempestiva ad allarmi ipoglicemici basati sulla predizione può evitare o fortemente mitigare l’ipoglicemia stessa.

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