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COLLEZIONE m OPERE CLASSICHE

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(1)

i

COLLEZIONE

m OPERE CLASSICHE SACRE E PROFANE

T03TO r.

\

’f V

w t

DigilizedbyGoogle

(2)
(3)

D £ I

DISCORSI ACCADEMICI

B I

AìiTTON-MAfilA SALVINI

TOMO QUJKTO

i' t

BOLOGKA

«

MBCCCm PRESSO iUlVESlo

2fORlL.l

»

DigIHzedbyGoogle

(4)
(5)

D

1

ANTON

-

MARIA SALVINI

DISCORSO XCV.

Quale

sia piùsomigliante

a Dio un

saggioo

un

buono.

Cjrandissimo

vantoesingoiarpregiosiè quellodell’

uomo

peraltroanimaleinfer-

mo

e meschinodell’essere stato a-eato dalsovranofacitoredituttelecoseIddio ad

immagine

esomiglianza sua.

que- sta

immagine

esomiglianzasi

può

raffigu- rarenelcorpo,ilquale benchénellasua fabbricasiadall’altissimoartcfìce oltremi- rabilmente condotto, pureloha1’

uomo

ingranpartecongl’irragionevoli animali

comune

esimilmente frale ecaduco;

ma

bensì nell’animaragionevole, laqualeve- ramentesiè1’

uomo

, si riconoscepiùal

(6)

6

vivo

r

i3ea delgranmaestro,che,in fac- ciaal

primo uomo

soffiandoauredivita, gl’infuse1’anima, la<quale fino da

un

gentilepoetaè chiamataparticelladelfla- to d’Iddio. Eglifu quel Prometeo

non

favoloso,checon fuoco celeste

animò

il nostro fangoesopra noi, cioè soprala nostraanima,secondoildettodel repro- fetasegnòc risplenderfecesoavemente im- prontatoilbel

lume

delvolto suo.

E

ve- ramentein quei fortunati

momenti

, ne’

quali

Adamo

,posto da Dionel delizioso giardino,amicoefamigliare diDiosi

man-

tenne, respirandolanaturaleinnocenza,si potèdirebello evivo simulacro delcrea- torejel’anima sua ricolmad’ognisapien- za e d’ognibontàgittava

un

fresco odore ed

una

frescaluce, cheben parca novel- lamenteuscitadallestampedel cielo.

Ma da

serpentiniagguatidn femminili lusinghe

da

malnata vaghezzadi vietato

pomo

assa- litoeda

empia

ambizione preso cadde dal paradiso delle deliziein

un

abissodimi- seriee,dall’amicizia diDioribellandosi

,

precipitòinfellonia, dellaqualetutta la

DlgilizodbyGoogle

(7)

sua discendenza» cotnepropagginedamal»

vagio ceppo diramata,

fa

rea.

Dopo

che

Adamo

ebbes\maleusatiidoni di Dio, dellaproprialibertà insuperbito, laquale egli

non

tenne ferma nè contentaaidolci

comandamenti

del suo signore, in pena delsuodelittoprovòegli nell’

anima

sua

medesima non

piùsentite ribellionie tu- multi. Sisollevaronolepassioni,s’inga- gliardironoplebevile gliappetiti,e resta- ronoinfiacchitelepotenze piùnobili.

solamenteinlui,

ma

negli uomini tutti ne’ suoi miserabili figliuoli,

compagna deU

lacolpaedella macchia d’origine, che inloro,

come

da appestata sorgente, tra- sfusesi,discese lapena;e diquesta pena cioèdell’infìcvolimento dellepotenzedel- l’anima, pur troppo ne proviamonoi

ma-

nifestamenteideplorabilieffetti.Ildiscor- dare, chefa tuttogiornol’intellettodalla volontàelavolontàdall’intelletto,è

uno

strascicovivoe vegliente di qtielcontagio èuna conseguenza infelicediquellacol- pa.Quindi porlopeccato del primopa- dre,colqualetuttinaschiamo,e poi per

(8)

s

qaegli

,

che la depravata natura commette abusandosi della franchezza e della libertà data

al suo volere

,

quella primiera im- magine di Dio

V

che sull’ anima d’ Adamo

innocente splendeva

,

è venuta in grandis- sima parte trasfigurata e guasta

.

L’ intel- letto

,

che chiaro vedeva

,

vede ora le co- se con grosso velo

;

e la volontà

,

che al- la luce delle verità dall’ intelletto' mostra- tele “volonterosa

'

e prèsta seguiva

il

bene,

oi'a è tarda e reStia

.

Pure in questa con- fusióne e discordia non

si

perde mai nè si dilegua del tutto ò

si

spegne, benché co- perta ed offuscata V nell’ anima umana la somiglianza di Dio

;

poiché in questa so- miglianza

l’

essenza

*

di essa anima é ripo- sta

.

Onde si fa luogo al presente dub- bio

,

se un savio quantunque fusse catti-"

vo

,

rassomigli più Iddio

,

in quanto é sa- vio

,

di un buono,

il

quale 'per altro fus- se ignorante. Certamente dura se^razione è quésta della sapienza dalla bontà

,

le quali essendo amiche e congiuntissime

,

la' miseria nostra le distingue e le distacca

.

Le virtù sembravano a Socrate essere tutte

(9)

scienze i vizi ignoranze; la bontK mala-'

mente

si

può

consideraresenza il saperej diquelsapereintendo, cheprescrive ciò, chesideeseguire,ciò,ched’

uopo

è schi- fare

;

non

sapere,iodico,diquestoinon-

do

, che è stoltezza appressoIddio,

ma

saperedivinoenotizia dellaleggedi

Dio

e ditutto quello, cheènecessario asa- lutejperciocché

una

bontà, cheoperi sen- zasapere,

non

sarebbevirtù,

ma

inconsi- deratasemplicità.

Ed

allo ’ncontro

un

sa- perediscompagnatodalla

buona

operazio- neèanzi

da

chiamare astuzia infelice e sciocchezza compassionevole. Questiattri- butiin

Dio

di sapienza e dì bontà,co-

mecché

egli é purissimo essereesempli- cissimo,

non

sidistinguono se

non

perlo nostrointelletto

, poiché tutto ciò,che è in

Dio

, é

Dio

.

Adunque

nell’

uomo

ri- trattosuo

non

sidovrebbero né anchedis- separare,' e,nelproprio esatto rigorepe- sandogli,

non

siseparano.

Che non può

essere

uno

saviorealmenteepropriamente, s’ ei

non

è

buono

;

buono

esserepun- tealtresì,s’ei

non

è savio. L’intelletto

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(10)

IO

illustrato dal vero fa che

s’

accenda al be- ne la volontà

j

ed uno dà mano all’altro,, quello intendendo

,

questa amando

:

onde

.

,ne seguono dietro alla scorta del vero co- nosciuto e del bene in conformità di quel- lo voluto buone e belle e perfette P ope- razioni

.

Mirabile fu Platone a dire la

fi-

losofia, cioè lo studio di virtù e di per- fezione, essere una scuola di rassomigliar- si a Dio per quanto è possibile all’ uma- na natura

.

E in questo suo detto

s’

avvi- cinò più degli altri filosofi al segno dalla buona

e.

vera filosofia, cioè dalla ci’istia-

na

,

propostoci

,

che c’ insegna d’ essere perfetti

,

siccome è perfetto

il

padre no- stro

,

che sta ne’ cieli

,

e da cui

,

come

da padre di luce

,

ogni buon dato ed ogni dono perfetto discende

.

Ora, siccome la bontà e la saviezza sono in Dio la stessa cosa, la. rassomiglianza di lui più perfet- ta sarà

,

quando in noi ancora unite que-

ste perfezioni

si

troveranno

;

le quali sono

talmente strette e collegate tra loro

,

che

una si* tira dietro l’altra; perocché al-

trimenti saremmo più a mostro vario e

(11)

dìscordevole, che a

Dìo uno

esemplice somiglianti.

Ma

dovericado io col discorso, chesempre

mi

porlaeriporta avagheg>

giare queste due belle doti unite e iin^

mcdesimate

,

quando

il proposto dubbio

comanda

cheioleconsiderischiaratee di- stinte?

Or

viailiquestafecciadel

mondo

pongliiamo sotto agli occhi

uno

dique- gli,chemolto sannoeche, reggendoil migliore ed approvandolo , al peggiore s’appigliano,ed

un

altropienodirustica santità

buono

si

,

ma

idiota.

Quale

di questi due parrà che conservi piùl’im-

magine

della divinità? L’arricchito di scienza,colsuo ingegno rende unaillustre echiaratestimonianza

P

anima nostra es- sereluminosoritrattodiquelDio,incui tuttiitesori della sapienza e dellascien- za sono riposti. L’interna ed intrinseca operazionediDiointutta quanta

P

eter- nitàsi è

P

intendere: e questa sarà per tutta

P

infìnità de’secolieternidell’ ani-

me

eletteaveder

Dio

labeata occupazio- ne.Quelleverità

, che quiconadànno e conlungo procederedidiscorsoappenain

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(12)

IS

minutissima particella etragl’infiniti veri raccapezzavano, in Dio specchio efonte d’ogniveritàlimpidissimoinuna sempli- ceed amabile veduta instancabilmente el- le rimireranno.

Or come non

dee dirsi

1’

anima

di costui, cioè

_dell’intelligente malvagio, a questo

lume

considerata

un

ritrattodiDio somigliantissimo?

Laddove r

altra

anima buona

esaminata per quella parte,ch’ellaapparetenebrosaedilumi dicognizionisfornita,

non

rende troppo alvivoilsuofacitore.

Che

,seguardata dall’ altra parte della bontà lo rassomi- glia,potrebbeildiscorso, se pocodianzi diceva cheilsapere e l’intendere erapro- prio di

Dio

nelleoperazionisuealdiden- troedell’eternità,ora direchela bontà fussepropria delle operazioni fatte aldi fuorienel

tempo

. Poiché della bontà è proprio il comunicarsieil diffondersi^e questaèquella, chealpari della divina gloria

Per V

universo penetraerisplende

In una

partepiù,e

meno

altrove.

Onde

il savio cronista del

mondo Mosè

,

mo-

strando nella creazione di ciascunadelle

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(13)

creature lamaestosa compiacenzadel crea- tore

,prorompein quella bellaesclamazione ed epifonema:evide Iddio che

buona

cosa era Questo

mondo

sensibile

, quan- tunqueCOSIbelloebuonoegli siaecosi chiaro e cosi ricco,

non può

tuttaviain

modo

vero aggiugnere alla bellezza alla bontàallachiarezza ericchezza dell’intel- ligibile, che da Iddioabeterno fu inte- so; e tanto èlungi da quello, quanto lacopia dall’esemplare il

tempo

dall’ e- tcrnitk.

La

produzione di questo fu ca- gionata dalla bontà; l’intendere 1’altro siccomel’intendere se

medesimo

coll’ al- tre divinissime operazioni, che i teologi chiamano

ad

inira son tutte cose della sapienza e della saviezza,laquale

non

ha bisógnode’ nostribeni epotevastaresen- zalecreature. Per questeragioniadun- que parrebbe dapreferirsi,

come

piùso- miglianteritrattodiDio,I’animadelsa- vio,benché reo, all’anima del buono»

ma

non adorno diquel sapere,

come

il primo.

Ma

ohdio acheforteelubrico e pericoloso passo

mi

conducevaildiscorso!

(14)

»4

Guardiamo uq

poco quelsavio e saputo e intendente dalla banda della

malva^tà

,

laquale malvagitàlo costituisce odioso e spiacente a

Dio

;1’altro,benché privodi nobilie di squisite e di scelfe cognizio*

ni

, pur ha tanto

lume

, che bastaper mostrargli la via, chealciel conduce,e loriguardaIddioperlasua bontà,

come

suocaro amico e congiuntoedimestico

.

La

somiglianzae laconformitàconcilial’a>

more

ed èpartoritriceedaccrescitriced’ a- micizia;e dalla dissomiglianza e dalladif- formità1’avversioneel’abbominazione

ne

nasce.

Or

, mentre Iddio prezzail

buono

e nellasuasanta semplicità1’

ama

el’ab- braccia;seilcattivo, benché solennesa*

vio, abborrisceed odiae tanto più1’o*>

dia,quantolagran somiglianza conDio

,

ch’egliha pervia del suo sublime sape- re,egliconunabrutta dissomiglianza del

suo

mal

costume oscuraespegne,chi

non

vede che in questasceltae deliberazione di avere a risolversi a dire chi sia più a

Dio

somigliante,il

buono non

iseien- ziatoeidiota, ed aggiungo ancherozzoe

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(15)

teràilpregiodellarassomiglianza divina?

Altrimenti Lucifero,che contuttoilsuo illuminatointelletto,cheeglipermaggio- repena conserva

,pagaeternamenteilfio dellasnaoinvidia o superbia nelluc^o di dannazioneenelle

fiamme

e nell’orrore sempiterno

,potrebbe ancheinquestosta- to dirsia

Dio

somigliante: la qual cosa seè assurdae

non può

stare, nè anche potrà starela proposizione, che dicesse

un

savioedintelligente,

ma

diperversa volontà

,

più a

Dio

rassomigliarsidel

sem-

pliceeindotto,

ma buono

e inconseguen- zacaroa

Dio

.Pure trall’altre^virtù del vescovo,lequaliinbreve girodiparole dipigne a Titos.Paolo, ricerca la dot- trina e la scienwi delle scritture.

Ed

il vescovo è

figwa

e rappresentazione del

buon

pastore.

E

più rassomiglierà a

Dio

e piùpiacerà agliocchi suoi

un

santoin- telligente, che

un

idiota. Poichéilbuo-

no

rozzoeindotto è

buono

solo per scj ildotto epolito per

gU

altri ancoxa^

(16)

i6

Onde

s.Girolamo,santopei'tutte duelé bande perfetto e dibontà e di sapere e checolsuo divino ingegnotanto benefe- ceallachiesadiDio,ebbeadirenell’e- pistolaaPaolino: sancta guipperustici- tassoluntsibiprodestet,

quatUum

aedi- 'ficat

ex

vitae ntefito ecclesicintCliristi^ tantum nocet, sidestruentibus

non

resi- stat. Daniellenelfinedella sua visione disseigiusti risplendere,

come

stelle,e

gV

intclligetUi,contefirmamento

.

Fi-

des, soggiugnes.Girolamo con bellari- flessione,

Fides quantum

inter se disteni iusla rusticitas et docta iustitia? olii sU’tlis , olii coelo

comparantur

.

Or

,

guantoilcielo,.chelestelle contiene, è piùnobile ’di esse, che sono contenute, .tantouna dotta bontà vantaggia una bon- tàignorante.Quella granserafinadiSpa- gna Teresasantas’ella avesse dovuto fa- resceltadidueconfessori,

1’

uuo

dotto, ina

non

santo, 1’altro santo,

ma non

dotto,ellaavrebbepreso,diceva,ilpri-

mo

, lasciatoilsecondo: poiché

, per a-

\ereagovernar se,la bontàsenza altra

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(17)

accompagnaturapuòbastare

}

ma

peravere agovernarealtrino}perchèdiprincipale usoaquestoeffettosiè la scienza.Scher>

zando seriosamente al suo solito anche nelle tenebre del gentilesimoravvisò Pla- toneequasisubodoròlanecessità e1’uti- lità insieme della confessione cristiana Poiché, esagerando con belle edaltret- tanto solideragioni la colpa sola essere male,lapenanongià, perciocchéellaè eurazioue erimedio della colpa,puregli.

uomini ingannati osserva egli abbòrrirc piùilrimedio,cheilmale,edopo are- re commesso qualche delitto fare ogni sforzo per evitare esfuggireil gastigo,e volervi squisititormenti percavar lorodi boccalaconfessionede’proprifalli,

quando

dovrebberofarcapitale del giudiceirei,

come

imalati delmedico,e,mostrando- gli dibuonavoglialepiaghedell’anima, attendere da quello lapunizione,

come

salutevolemedicina.

Or

questotribunale, alqualeirei senzaessereinquisitinétor- mentati,volontariamente ricorrono e con- fessandosi colpevoli

domandano

umilmente

Salv.D. 1

(18)

i8

2

gastigopersaiiai-sieper emendarsi,e- glièla sacramentale confessione. Quivi sedente

un uomo

circondato anch’essod’in- firmitàper potere compatirele altrui giu- dicevienead essereemedicodell’anime erappresentantediDio; e,senelle sacre lettere dalla sovrana'autorità loro sono chiamati iddiiigiudicanti,

come non

si converràegli

un

tal titoloalgiudicesa- cro,acui si rivelanoisegreti de’ nostri internieche tra^1’

uomo

e Iddioème- diatore di riconciliazione?

Or

questodivi-

no

personaggiolasantaj di cui

abbiamo

disopraparlato,

amava

meglio chefosse dotto, che semplicemente santo; quasi che in

imo

maneggio cosi tremendo

un uomo

d’intellettoilluminato, benché«cin- to

da

proprie imperfezioni, adempiesse piùlafigura di giudice einconseguenza più a

Dio

rassomigliasse,che

uno buono

»

ma non

alpari intelligente. Perristrigne- r«

2

tutto in brevi parole sai-ebbe

da

de- siderareche

l’uomo

possedesse ebontà e dottrina; perciocché in altra maniera è zoppicantelasuaperfeàone,

ed

è,

come,

(19)

‘9

seda

un

òcchio solo, secondo sanGre- gorioilteòlogo,egli vedesse. Seladot- trina

ha

da pregiudicare alla bontà, si deeladottrina rigettareedallabontàsta- re contenti,

come

a quella, che ci ac- quistagrazia appressoIddio.

Ma

tanto è lontano dal vero chela dottrina diritta-

mente

presa faccia oltraggio alla bontà cheanziquesta

non

sarebbe veranèlegit- tima bontà, se

non

avesse il suofonda-

mento

nella necessaria dottrina,cioè nella vera sapienza.

DISCORSO XCVI.

Sesìapiùverisiniileche gli

uomini per

lopiù parlino

a

casoo

pure

con disegno

emistero.

Nell-

evangeliosidice cheCnsto signor nostro sciebat

quid

lateret in honiine.

Questa scienza a

Dio

solo è risefbata: scrutanscordaetrenes

Deus

Elgliè,che coll’acumedisuoconoscimento scrutinai cuori,penetraogni nascondigliodiquegli ogniviscera,e

va

ricercandolemidolle e

(20)

20

Tossa. Solone ateniese uno de’ sette savi della Grecia doleva dire

:

Atei yripàd/.w «-oUà

^t<ya(jxof4£vo5

:

Imparo sempre ed imparan- do invecchio

,

ovvero; Tutto dì imparo e in imparar m* attempo

.

Gli uomini usano di dissimulare

i

propri difètti e d’ osserva- re minutamente quegli degli altri

.

Al qual proposito

si

confò la favola esopiana delle

due sacche

,

in una delle quali erano cac- ciati

i

difetti c mancamenti propri

,

ncl-

1’

altra quei del compagno

.

La prima sac- ca P uomo la

si

getta dietro le spalle

;

la .seconda ponsela dinanzi

;

quando dovrebbe fare tutto

’l

contrario, dovendo essere se- vero censore di se medesimo, e benigno esaminatore e indulgente rìguardatore del- le azioni altrui. Socrate solca dire; parla,

< -

percK io ti conosca

.

E cosi ( permettete-

mi la parola

,

la quale è bassa si

,

ma

spiegante ) tastava gli uomini coll’ udito

.

Non senza molta ragioiie lo stesso Socra-

te

,

che non fece altro nel lungo corso

della vita sua nella grande scuola di que-

sto mondo che studiare nell’ uomo

,

ebbe

a dire che bramava, per usare

i

termin

(21)

dell’architetto Vitruvio, che tragli altri autoriilraccosta,

homìnum

pectora fene- strata, affinchèvi fosse qualclie apertura arinveuimeeconsiderarne il di dentro

È una

chiusa fabbrica--il petto

umano e

percosìdiresenzaporteofinestre.

Qie

, setalyoltasembrad’avereagevole é pron- taefaci!l’entrata, è tuttavia

un

oscura cieco inviluppato inestricabile labcrinto diel’uscirnead onorecconfelicitàèpo- co

meuo

cheimpossibile.

Ad ognuno

pare esseretantiTese!, che col filo dato loro dalla lor

mente

, che essi

amano

eadora-

no

,qualloro fedeleArìanna,possano ve- nirne acapo.

Ma

pois’avveggiono Cile

non

èimpresa

da

pigliare

a

gaòho

Descriver

fondo a

tutto

V

universo,

Nè da

lingua,chechiami

n%amma

o hahho.

Qie

appunto il volerprendere le misure diquestafabbricadell’

animo

umaiio,che il

mondo

tutto racchiudein se,è

un

vo- leresottomisura1’universo

mondo

e,se dirsìpuote, ciò,che ancora sièdi là dal

mondo

,comprendere.

Che

,selefine- stredesiderateda Socrate per

una smnma

(22)

1

22

graziadi

Dio

sifosseropotuteaprire,per lequali1’occhio curiosopenetrarepotuto avesse,e chesivedrebbe?VedrebbesIta- luno,che aguisa dellafamosacasa diSe- neca avrebbe più in recessu,

quam

in fronte; più nelle stanze interiori, che nellafacciataj alcuni.ogni cosa averein mostra nèildidentro corrisponderepunto aldifuori, facendo qualche bel vedere peressereimbiancati.* sepulcradealbata,

come

chiama pressos.Matteo gl’ipocriti della leggeilSalvatore, e che

un

nostro faceto poeta autoredi

nuovo

stile,che ridendo anche insegna, disse in

un

suo versodell’Orlando per sop^antiome l’in- namorato,insepolcri dipinti gentemor- ta.

O

purealtri si ravviserebbero tanti Sileni, cioè Satiri attempati, allestatue de’qualiconbellagraziafucomparato So- crateil

buon

vecchiodall’ateniese Alcibia- dejpoiché, essendo essiSilenibruttie sconci, servivano d’armario per inserrare 'gl’idoli d’oro le statue de’

numi

più preziose ebenfatte.*??on bisognainvanir- liprendendo

una

Vanafiducia diconoscere

DigitizedbyGoogle

(23)

gliuomini;

ma

,tuttogiorno studiandoe a guisa del prudente Ulisse pellegrinan-

do

confrutto

, qui mores

hominum

mul-

torum

vidit et urbes e, varie tene e vàri paesicercando,ilpiùbel fiornecol- se,tuttogiornostudiarviesemprenuove Coseimparando

non

assicurarci

mai

disu- pero. Tutto questo notatofinquiprova esseredifficileilconoscere addentrol’uo-

mo,

ilquale ancora si cuopreaposta e va celando mascherando e disfigurando i

propri sentimentienella stessa semplicità diparlare

può

avere in cuore disegni.

Dair

altrabanda bisognacredereche molti parlino a caso esenzaconsiderazionenè

ad

alcunofineparticolare,

ma

perricreazionee per divertimento.

Ora

, siccomeilcredere chetuttisienoaguisad’ oracoliechelelor parolesienomisterifarebbe

un nomo

,che cosicredesse,inquieto sospesoincerto so- spettoso incredulo disamorato

come

dif- fidente^d’

ognuno

, cosi pel contrario il pensarechetutticiò,che

hanno

nelcuo- re,abbiano sulla lingua, ingenererebbe uua dannosasimplicità

una

sconsideratezza

(24)

24

efarebbegliaomini poco gnardiagbi.

Tra

questi

due

scogli, che sono a guisadi Scilla eCariddi,chi dirizza il suo corso nellaperigliosanavigazionediquesto

mon- do

meglioèche si tenga dallapartedel

non

sifidar punto,che

da

quelladelfi- darsitroppo.

DISCORSO XC\T1.

Se

maggior

crudeltà mostrasse

Nerone

nelV incendiodi

Roma o neW

uccisione

di Seneca.

fjbbe

bel predicareSenecaalsuo grande allie\'o e intitolargliibei libridella cle-

menza

, promettendosi da buoni principi ottimi proseguimenti^ perciocchéil

buono

scolarevedutosiinquella sterminata gran- dezza, che avria fatto girare letestepiu salde,

non

che quellad’

un

giovane per sua naturabollenteed impetuoso,

non

vol- lepiùlasuggezione delmaestro e, sicco-

me

siera disfattodelcognatoGermanico,

DigitizedbyCoogle

(25)

cheglidava grandissima

ombra

perlale- gittimapretensione, cheeglipoteva aver»

all’imperio,e

dopo

averetoltavia la

ma-

dre Agrippina avidissimadidominaree di teneresudditoilfigliuolo,ed appressoes- sersi levato dinanzi Burro personaggiodi militarese\'eritk,ilqualediconcertocon Seneca cospiravaa tener sotto,

come

si dice, Neroneeagovernarelasua gioven- tù,cosi

non

sofferseeglipiùquel posses- so di autorità

e

quellapotenza,che sopra lospiritodiNerone giovanetto e

non

an- cora principe del

romano mondo

si era presal’accorto Seneca,ilquale, e quan-

do

eglifu e di se stesso signore per1’età eimperadore,ingegnavasituttaviacontut- te1’artidimantenere. Ilcredito da Se- necaperglisuoi scrittiepel suo sapere meritamente acquistato fa cheNerone sia ornaiscambiato perlacrudeltà

medeùma,

atendo egli fatto morii’e

un uòmo

sise*-

gnalatoebeneficatodaluietuodirettore emaestro.Io

non

voglio qui tessere

una

apologiauè lodediNtv^oneaguisa d’

un

moderno

,chevis’esercitò, seguendo per

(26)

avventural’esemplod’ Isocrate,,che com- poseencomio aBusiride tiranno per cru- deltà dilfamatissimoecheVirgilio chiama illaiulalum;

sommo

biasimo,cheegligli potessedaresecondoladotta osservazióne di Gellio,poiché

un uomo

pervitupero- soeh’e’siapure possederà sempre qualche cosa di

buono

cdilodevole; onde ilno- minare

una

persona tutta incapace di lo- de,ein cui altri

non ha

trovatogoccia dibene

atomo

di lodabilità, èlostesso

,

chedireilpessimo de’pessimi

un

mostro impastatodivituperi.Iodicobene chela naturadellatirannide è tale,diefaoblia- reipiùstrettivincoli di sangue,d’ami- cizia,di carità e,

come

affermailsoavis- simooratore Isocrate,sforzaacommettere eccessiancora coniraicongiuntissimi: tal- ché,diceegli

,

quando

1’

uomo

risguarda alleluminose apparenze, cheaccompagna-

no

laregiagrandezza,

ognuno

stimaire- gnantieguali agl’iddii, e

un

certodesio gli viene di possedere anch’esso

una

tal luceed

un

tale slrepìto di potenza;

ma

,

quando

poi dall’altra parte considera i

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(27)

pericolielerovine, l’uccisioni elestra- gi,che

hanno

colmatod’orroreedispa- vento le regie

, e le dure leggidellati- rannidee1’asprecongiunture,nelle qua- lihaposti sovente i regnanti la servitù della maestàlagelosia del regnoc della propria conservazione,siviene

uno

quasi aricredereeaslimai'emolto piùfortuna- talavita privata

,perchè piu quietaesi- cura.

Ora

,sefossevero,

come

ècredibi- le,che Senecamacchinasse contralavita delprincipeornairenduto odiosoeilqua- leavea^iàconosciuto per insanabile nelle suelicenze

,eche appoggiassecolsuo con- sigliola congiura, naturaicosa e

non

cru- delesarebbestataquelladiNeronenel far morire Seneca,contrailquale ancoranella cortediluviavanolecalunnie, essendo ve- nuta atedio lasuapotenza.

Che,

sefosse slato Seneca, quale locidescrive

Dione

(inquesta parte storicoappassionatoeche,

come uomo

gi'cco

, per perversitàd’inge- gnoinvidiava alla gloriadegli antichi la- tini),

uomo

cioè-, che faceva ilfilosofo,

ma

era ogni altra cosa, che predicava.

(28)

28

centralericcliejacequelle'per ogni verso con

brama

inestinguibileaccumulava,obie>

7,ioacdataaSeneca anche da queidelsuo

tempo,

allaqualedottamente risponde nel libro

dcUa

vitabeataj eglifossestato a- dultero di principesseemaestro d’infami amori al

medesimo Nerone

,

non

sarebbe dastimarsigran crudeltà

,quella, chetol- to avesse dal

monde un uomo

si fatto macchiatodicosi enormi vizi. Nel fatto poidell’incendio di

Roma

eglisisegnalò talmente,riguardandodalla torredi

Mece-

natelabellezza,

come

eidiceva,diquel*

la

fiamma

, e le rovine della patriami- randoconfierocuore,anzibrutale,epro^

vando

congliabitisulla scenaecantando lapresadiTroia, che èparso ciòpassare ogni segnodicrudeltà,facendo

un

dipor- todellepubbliche calamitàedesercitando lavocealcantosopra gli urlie lestrida de’ miserabili.Pervoleredipignereconvi- vi colori la crudeltàdella sua

donna An-

ton FrancescoRinieripoeta toscanoleggisi

^dro la

comparò

aNerone, che suonae canta,

quando Roma

ardevaj,eilYaller

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(29)

nobilissimo

medesimo

propositodellamedesiiDa siinilU tudinc;ed

un

nostroaccademico(Pier

An-

drea

Fononi

)

mi

parediricordarmiche nobilmentel’adattassein

una

chiusad’

un

suo sonetto.

Tanto

nei cuori dituttifa forza

un

risocrudele

un

fieropascolod^

un animo

efferato

un

prendersi riso esollazzo dciraltruimorte.

Onde

con gentilissima gravità e forzaebbe adirein

uno

amoro>

sosonettoilnostroDante:

Io sonsì

vago

dellabellaluce Degli occhi tradilor, che

m’ hanno

occiso,

Che

>dov’ioson morto,esonderiso,

La gran vaghezza pur mi

riconduce.

Ma

,giacchéquasi

ho

intrapresaoggiladi>

fesadiNerone,

non

s’accordano glistori- ci,per quanto ne testimonia Tacito, die egli comandasseevolesse quell’incendio:

ma

potè nascereacasoj e, giacché era nato,

non

si dovè curare 1’iihperadore d’cstinguerlo, applicandol’

animo

arifar

Roma

piùbella, siccomecifece,levando gliscuriestorti vicoli dell’anticacittàe facendolestradeampiediritteeluminose.

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(30)

3o

Ilcorridoredella casaimperiale, chetira- va dal colle palatino all’esquilino

, chia-

mato

prima

domus

transitoria,andato giù perl’incendio, ristaurando, gli

mutò

il

nome

eilcliinmò la casaaurea.

Onde

ìq

una

percos'idirepasquinatadiquel tem-

po

;

Roma domus

fiet:veiosmigratequi- rites, Si

non

et veios occupai istado-

mus

.Questo incendiocrudele

,

quando

an- chefussestatoper ordin suo,fuperò con- solatodaqualcliedimostrazione per

un

Ne- ronedibenignità,poichédiedeilquartie- reatuttiquegli,cirérifuggivanodalfuo- co,ecollasuacuramantcnnegll. Ciò

ho

iodettofinqui per esercitarmie

non

già ch’io

non

conoscaeilparricidiodel

mae-

stro, acui dal miscredente discepolofu comandatala morte, e ilparricidiodella patriaabbandonataalle

fiamme

quantoco- sesienocrudelissime.

Roma

incendiatafu rifattaerifatta più vaga.

Ma

la caduta

d’un uomo

di valore nonsi

può

ristorare SI facilmente,

come

quellad’

un

palazzo e di buonaparte ancora delle abitazioni iFunacittà

.

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(31)

DISCORSO xcvni.

Sesiapiù premiabilelo.poesiao

VonUoHa.

iSe Omero

dissedelpoeta essere

un

per*

sonaggio,cheilpopolo

,

^'ando cammiaa

perlacitlìi

, Riguarda

come un nume

(il che

non

so,se in questi nostritempisi l’usse

Omero

avvenuto, se egli s’avesse detto),sedel poeta, siccome io diceva egli cantò;Eo;^c(xevov S‘àvà àffrw 0sòv tÌTo^6^(ji,ilnostrolatino

Omero

allo’n- controdissedell’oratore, stimatoe riveri- to dal^ popolo anche

ammutinato

esolle- vato,talmentecheallasolavistadiquel- lolasciaitumulti

pone

giùl’ireesique- ta:

Tum

, pielate

gravem oc

meritis si forte

virum

tfueniConspexere, sileni ar»

rectisqueauribus adstant.Udite poiilsuo impiegoilsuo potereilsuocredito lasua forza:Illeregitdictis

animos

etpecioni mulcet.

£

qual poeta giunsemai a questo pregio di sedare la sollevazione d’

un

po- polo? di calmare la tempesta e lafuria il’

ima

moltitudine scatenata? digovernare

(32)

> 3a

cuori d’ammollire petti? Pure l’oratore viglugne. Talché

non

senzaragionefuda Platone

P

oratoria

come

parte della scien- zapolitica giudicata. Questa

non

solore-

gna

nel foro e nella pace,

ma

nel

campo

enella miliziaancora:esuouficio èl’in^

^ nanimare e l’incoraggiare i soldati alia battaglia,ealledure imprese diMarte e aifieripericoli della guerra spignerli vo- lonterosimercèdell’incanto poderosissimo,

dienell’aspre congiuntureinboccadisa- vio capitano

hanno

le parole adattate al

tempo

econelorpicnte energia maneggia- te.

Qic

, se

r

elegie di Tirteoinspiranti l'amore della patria e il disprezzo della morte perlaconservazionee pel benesse- rediquellapotevanotanto cantate a

suon

di flauti gaerrieri e tantaecosigi-andeim- pressione facevanone’generosi cuori degli onorati cittadini di

Lacedemone,

ioper

me

credo che per incalorire la

pugna

eper

non

temere dell’aspro combattimento va- lesse meglio una fi-ancae nobile diceria militare detta sul

campo

da qualcheloro cccellcote capUauo con quella sustaneiosa

OìgitizedbyGoogl

(33)

33

•Ifrontà propria dell’ eloquenza spartana qualeappuntolacidescrive

Omero

nella personadiMenelao:IlxOpapìv, àiià

>ahyi(U{}cioèpocobensì,

ma

buono

,con

molta giustezza>spiegatoecon bella so- ' norità proferito.

Fu

ritrovata la poesia per dilettare

}l’oratoria apersuadere fu natajanzi la necessitàdel

comun

vdveree delle cosecivililafenascere e la diè fuo- ribellaemagnificae maestosa proledel-

l’umano

intelletto. Il nascimento perlo contrariodellapoesiavolete ivoirintraccia- re colpensiero?Mirate. Ne’balli ne’giuo- chi ne’ conviti nelle feste ella nacque e nelle pubbliche allegranze, nelle qualiil popolo stanco dagli affari suole divertirsi ericrearsi e per cosi dire rifarsi; eper

non

sentire ancora tanto i travaglie i guai,ondela vitanostraèpienaecircon- data, ricorre aicanti ed alle poesie,co«

me ad

incantesimi salutevoli a magie in- nocenti, che fanno uscire l’

anima

dise stessae dimenticarsiper quel

tempo

, che ella presa per.l’orecchie sta attaccataal diletto,dimenticarsi,dico, diciò, chela

5«^v.D. j

DigilizedbyGoogle

(34)

.gravae1’affligge.

Or

vedete adunqpicco»

me

lapoesiaè

un

nobile divertimentosi,

ma

pure divertimento; la rettorica è

una

faccendacfaccenda seriosa negozio aifaré funzionenecessariaedutilissima.

Ed

, es- sendolanostra vita tra’lserioe

1

diver- timentonecessariamente partitaedifatica mescolataedi riposo, la ricreazione e il dilettone deépossederelaminor parte,

comecclxè1’

uomo

natoè -alla fatica secon-

do

il detto del savio

; e le facoltadia'

questo diletto procacciare principalmente' ordinate più basso fine

hanno

diquelle^

che col veroccolserio:e colle gravi e sodepersuasioniintendonoa

muovere

l’in- tellettoeda trarre la volontà. Imitatrice è lapoesia;el’

uomo

animale,

come

Ari- stotile l’appella, d’imitazione vaghissimo sidilettanella poesia,

come

in unapar- lante pittura,laquale percolori nobilissi-

mi

si serve dei versi e dell’armonia;-.i quali colori stemperati con grazia fanno parere verociò,dieèprospettiva,econ

un

dolceingannodilettano.

Ma

qualpoe- sia potrà passare

un

artilìcioso periodo?

Digilizedby

(35)

^al

cantopiùdolcesipotràtrovare -d’u-

«’ aggiustata orazionemisuratamente profc-

rita?equalgestostudialo di scenico rap- presentante arriveràall’atto edalgarbo, che donalaverità stessa all’oratore?

Ma

saràmeglio cheiocolle stesse paroledel

^

massimo degli oratori il confermi tratte dal libro secondo de’ ilorilissimì dialoghi oratore Poiché dopo avere dettoche nellafacoltàdeidire vi èunatalvaghezza cd

un

tale incanto,dieniente

può

dagliuo- tniniocoll orecchie o collamentegustar- sidipiù soave,esclama.

Qui enim

canlus iììoderatae orcUionispronunliatione dulcior inveniripolest ? (juod

carmen

artificiosa

verborum

conclusioneapiius? qui- actorin imiianda

,quani oratorinsuscipicnda ve- ritaie iucundior? Questo stesso glorioso

romano

facendo riflessione nelcpmincia-

mento

deisopraddetti!libriagliuominidi valore,che nelle sefenze e nelle artihan-

no

fiorito, egli ritrova

un

gran

numero

difilosofi buona

mano

di mattematici e molti umanisti, e in riguardodeipoeti benchéglieccellenti sicnopochi puregli

(36)

36

«

•ratorìbuoni essere

manca non

ostante' i

premi grandi in ogni

tempo

messi innanzi aquesto studio econtutta lariputazione ericchezze epotenza, cheunatalprofes- sione portavaseco, e quantunque ancora moltigiovani dispiritoe desiderosi di lau- de, ingegni bastidireromani, contutto lo sforzovi s’affaticassero.

Or

perchèa-

dunque

con tuttiquestivantaggis\ poco

numero

d’ oratori?

Sed nimirun

,

con- chiude egli, maìus est hoc

quiddam

, quartihomines opinantur, etplurihus

ex

artibus studiisque colleclum.

E un

certo .

chedimaggiore,dice

, questaprofessione diquello,chesicredanogli uominij ed èunacaéa<lapiùartieda piùstudi rac- colta: laondeinunagrandissimamoltitu-

,dinedistudianti, in una

somma

dovizia dimaestri, tra ingegnifinissimi esquisi- tissimi,edinunainfinita*varietàdi cau- se, edin amplissimi guiderdoni all’elo- quenza proposti, di questa scarsezza di buoni oratori

non

altra giustamente si fa a credere egli essere la cagione-die

una

taleincredibile grandezzaedifficultà

DigitizedbyGoogle

(37)

37

Jell’ affare. Perquestetutteragioni sopra ilpoetaparmiclicdebba essere 1’oratore pi-egialiilissimo, lequali

ho

ioaddotto(in qui più per esercitarmiinquesta parte,

che per avere intenzione colla gloriadel*, l’oratoriad’abbassarelapoesia,alla qua- le tutti i buoni,

come

a cosa grandee diehadeldivino, dconoesserefortemen- te affezionati;

come

fu anche lo stesso Cicerone, che ne trassesuo profitto: nè ioritrattoperciòquello, chealtrovedel- l’eccellenza della poesìa sopra l’oratoria

ho

scrittoeinquesto

medesimo

luogofa- vellato..di’io ben so quanto gloriosa quanto sublime quanto divina cosasiala poesia e

come

gli amici delle

muse

sieno sacriegrandi:

ma

,sealla apparenzadel ntondo edalla

comune

opinionedegliuo- minisi riguarda, la quale,anziché dal- l’intrinseca gloriada pochisaviravvisala, più dal visibile onore e dall’ estrinseco lustrovien tratta adonare altruipregio e valore, gmcchè,

come

disseOrazioj /rm- ft.,qiianlumhabeas,sis e noi nel basso

modo.

di favellarediciamoc/unon

ha non

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(38)

38

è

,

essendolavirtù de’grandipoetiperlo più discorapagaata dalle ricchezzee

man-

candole questa pratica e viva efortete- stimonianzad’onoreeriducendosi perdir così lalor gloriaad

un

vento ad unaleg- gerissima aura popolare, chi

non

vede quantoin ciòglioratoriglisopravanzino?i quali oltre allafama grandissimaoltre alla potenza,nella qualefiorivano,crescevano maravigliosamente conquella professionele’

loro sostanze.Testimonio nesieno lemolte bellee fornitissime villediCicerone,per lequali abbellireimpiegava grandi

somme

di danaro, facendo venire dalla Grecia statuee busti d’insigni .maestri,

come

si

può

vedere per le commissioni, di’ egli neda al suo confidente Tito

Pomponio

Attico,acuiinunaletteradice inquesto proposito baldanzosamenteeh’ egliprovve- dessepuretuttociò,cheeglistimava chq convenisseperornato delsuostudioedac- cademiadi Frascati;cglisoggiugnesdier- zandòinsieme edicendoilvero:etarene nostrae confidito.Irostri adunquefrutta- vano

non

solo onoredìfama,

ma

onore

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(39)

diricchezze

At

ciraini pulpito,nostra

Et

steriles cathedras bastasola crepant; dice de’ poeti, che recitavanc;, alsuotem-

po,

Marziale. Virgilio avea bisogno che»

Augustoglimandasse ogni giornoilpane per suo sostentamento, ondeper giuoco finsedicrederel’imperadoredi

Roma

fi-

gliuolo d’

un

fornaio.Oiaziosicontentava, die Mecenate gli facesse parte del suo

buon

vinoeconpiccola,

ma

cordiale*li- beralità testimoniasse la stima,eh’ci no faceva. Se rimontiamo all’antichità,ve-

dremo un

Omei'o, il quale

dopo

la,sua morte pascètante migliaiadipersone,cioè tanti maestridi scuola,che lospiegava- no, in vitasuapoveroemendico andare tapinando pel

mondo

j onde con questo fortemotivos’ingegnava il padred’Ovi- dio di ritrurlo dallo sterile studio della poesiaedapplicarloalfruttuosodelle leg-' gi;Saepe ptUer dìxit:studium

quid

inu- tiletentasi

Maeonides

nullasipse reliquit opes.

U

Tasso,

come

a\r\'ertc l’ingegnoso franzese Balsac, riportò in Italia quello stesso vestito,ciréayea portatoinFrancia

(40)

4 »'

\

4

»

e

,

quanto ricco di dottrina c di virtù

»

.

tanto fu sempre povero di fortuna

.

Ma al-

r oratore erano proposti delle sue fatiche premi e guiderdoni grandissimi

.

Finisco cOiP esempio di Demostene,

il

quale

, a-*

vendo apparecchiata, una di quelle sue ter- ribili orazioni centra le proposizioni di cer- ti ambasciadori di Mileto

,

fu da essi con grossa somma d’argento chetato e rondato mutolo

;

onde comparito egli in pubblico colla gola fasciata non disse verbo

,

acca-, gionandone una scremenzia o infìammazio*^

ne dì fauci, ma

i

suoi emuli beffando dissero non essere quella angina, ma ar-r

geutangina

,

male provenutogli dal calore del danaro dalla flussione dell’argento. O-

ra

il

medesimo Demostene se ne fece una vanità, rintuzzando quella d’ un poeta di commedie

,

che diceva d’ avere guadagnalo assai in recitare un suo

«

dramma

.

Ma ho più io ritratto, rispose,' a star cheto

:

i

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(41)

DISCORSO XCIX.

Se

V

impresed’Alessandro fusscroparto di felicetemerità odi prudentevalore.

Xlanno

questodiproprioignindiperso*

naggi, che sono invidiati, nonso

come

, fino dalla postcritii, la quale in vecedi fargiustizia alloromerito vuoleattribuire laloro felicità

and

aregalo della sorte cheaproduzionedelloia valore. Ilacor- saquesta

medesima

fortunaAlessandro,del quale si

può

ditechetessaun’ accusaTito Livionellib.9.della prima deca,ove a bella posta digredisce nella questione,se Alessandroavesse voltatetuttelesuearmi iu

Europa

efusse venutoalle

mani

co’ro- mani, checosane sarebbe egli avvenuto.

Esagera pertutto la fortunad’ Alessandro' echeeglimoriin età, chenon avea po- tutoprovarela contraria.

Adduce

ildetto d’Alessandrore deli’Epiro feritoinguer- ra mortalmente, cioè che Alessandro il grande avea avuto diefarecon

femmine

,

£ qu

el, che toccailsuo troppo ardiit

(42)

4i

nel cacciarsiincongiunture dìperderela vita aspropositoechelodipigne per im- petuosoctemerario, sièallora,dieegli dicequésteformali parole; frgo invictus

Alexander cnm

invictisducibusbella ges- sisset et eadenifortunae pignoraindi- ecrimendetidisset,

imo

etiameo plus pe- riculisubisset, fjuod

macedones unum A- lexandntm

habuissentmultis casibus

non

solum

obnoxium

, sed etiam ojferentem se;

romani

multi fuissent

Alexandro

vel gloria vel

rerum

magnitudine pares,quo-

rum

suo quisque fatosinepublicodiscri-

mine

vivercimorereturque

.

Ma

contraque- statacciadataad Alessandro da Liviotut- to gonfio dellagloriade’ suoi romani ser- ve

come

d’apologiailtrattatodiPlu'arco autore gravissimointitolatodella fortuna o del valore d* Alessandro

,

in cui egli con isquisite ragionista perla partedel valore d’Alessandro, abbassando quella dellafortuna,che conessoardisce di con- trastare.

E

chealtro

,dice egli,sipossono chiamareleferiteelepercosse, die egli, incombattendogenerosamente, ricevette.

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(43)

SUB

non

-cifre

A

glori* e contrassegni di virtùedivalore? ISardabapaliingrassati all’ombradiregia oziosità tutto possono riconoscere dalla fortuna;

ma

irtcoloro,

chealsole al

campo

alla polvere

vanno

ad incontrare i'pericolicon

animo

forte' perispirarecoll’esempioimedesimi senti-’

mentid’onore<nelle schiereda seguida- te,

come non

èegliquestoesennoeco-' raggio? Alessandro amante d’ogni bella

greca disciplina

, edella poesiaontCrica quantod’ altra cosa,

'vaghissimo, 'dondo' trassela tantorinomata macedonicafalan- ge,ebbe certamente in cuore l’elogio chefaalgrangenerale de’greci ilpoeta inquel verso:A’jjt(pozepovjSatrtXeùjt’ùyxOis jtpaxepòjt'ùi^jjinrrii.

Due

coseeraei:

buon

re eguerrierprode.

Sdegnò

l’aspro altie- ro giovane quel diadema, che presodaila'

mano

della natura gli circondò alletem- pie la regiafortuna;e volle di sullapun- ta della lancia prendere esso, colle sue

mani

,militaricorone, le qualiinnaffiòe nutrì co’suoi sudori e col suo sangue.

Volle esserein

somma ua

re soldato,e,

(44)

j)«rcbè più volentieril’ubbidissero isuoi glierrieri.vassalli, non.siprese-perse50- laiueiue la dalcesza del comandare, e i frutti,delle loro fatiche sedendo, attese

ma

all’asprezza de’ pericolisisottopose;e

.

partecipe della duravita,edegli affanni editutte lemalagevolezze

compagno

for>

tali uomini di guerra, che

dopo

la suamorte furono capaci, siccomeavven- ne,d’esseretantiregi.

Del

restoche

un

giovane sul fioredell’età, caldodidesio digloria, inpoco piùd’undici annicon trentao quarantamilasoldatinazionitantoi

bellicoseediversedicostumie dilinguag- 6.‘ greco imperio sottomettesse, talché laterra,

come

stanelsacro lesto,alsuo cospetto..tacesse,

non,

è-questo parto di, felice temerità,

ma

bendifortunatovaio-, le.

E

cheipersiani, de’quali Liviodice

praedam

verius guani haslem,

non

fosse- rogente cosi dispregevolein

arme

lodi- chiaranolebattagliesanguinose

,

,chetalo-,

raebbe con quelli; e ilsaCrasso, che

,

coll’insegne

romane

daipartirazzadi per- siaot iuyolatcgli fu sconfitto abbattuto e.

DigitizedbyCooglf

(45)

sorto;

e'i qualidicdérò setnpK'tnoltu -briga ai romàni imperadori.

Comunque

sia,.l’ uscirefuoridelsuopaesea tentare

I

nuove

e raaravigliose conquiste il«volgere learmivittoriosede’suoi,addestnti pri-

;

ma

edagguerriti nelle guerre de’ greci e degl’illirli

,contra1’Asia centra1’AffricsL e contra l’India e<portare a sconosciute genti, lafama del

nome

greco

non

si-pu6 abuonaequità,

domandare

se

nou

*

un

no- bileevastoeglorioso disegno.

Aveva

e- gliiu capo di ridurre e grecie barbari tradilorosemprestatidiscordiinunaa- michevolepace ed unioneecheilgenere

umano

, se perluifaresipotesse,da

un

soloimperiorettoegovernato,venissead essere.come;

un

grandee belcorpodi va- .fie

membra

:s\,

ma

animale da..un solo spirito.Nel suoesercito anuovefandosial- cunitra^grecialtritra’barbarie perciòes- sendocidistinzionetralorosemenzadidi- .scordia,disse Alessandro

non

conoscereal- tradifferenza se

non

de’ buoni, ede’catti- -vi,donde cavò

un moderno

gran capitano quel det^o, che iuterrogiito qualifussera

DigitizedbyGoogle

(46)

46

Migliori soldati.didue contràrienazioni, rispose

non

sapere chevilusseròal iuon>

do

se

non

due nazioni, l'una di valenti l’altra di codardi e queste essere sparse pei’tutto.Voleva

adunque

ilgrandeAles- sandro fareil

mondo

una gran monarchia ed affezionare al suo governo e greci e barbari:ondeilvestireallapersiana, che egli cominciò ad usare, che Liviogliat- tribuiscea.superbiaedavanità, Plutarco illa

un

trattofìnissimo dipoliticaper con- ciliarsi gli animi de’ novelliconquistatie' per fare

una buona

tempera cleggiadra miscliianza de^genie deglianimidelledue

Uno

alloradiverseeseparate esempreni- michcnazioni. Tutto il suoguerreggiare era,diceegli,

un

filosofareed una

brama

nobilissima di reggentilirela barbarie; di addomesticareciò,cheera strano; di spar- gerepertttttolagrecareligione-eseminar- rcfinnelle più .rimote contradelagreca civilitàdisciplina e costumi. Percondur- requcs'o lavoro

non

pote^'aegli'prendere Tordinariemisure dell’umanaristrettapru- sleiiaI Bisognava cheegli girdin\os(rasse in

DigitizedbyXJbogle

(47)

un uomo

ordinario,

ma un uomo

supcriore aitimori superioreai pericoli e che fo-' meniassedellasuapersona "una\cextaopi- nionedi divinità.

La

suaaccorta

madre 0>

limpiade

,

quando

laprima voltaandòin

campagna

, glidisse per‘testimonianzadi Eralostene,

come

narra-Plutarco! nellasua

^vita,

non

so chedisegreto all’,orecchio^

cioè,

come non

diFilippo,

ma

d’.unnu-

me

, chesottofiguradiserpeeragiaciuto conlei,egliera ingeneratoj però vedesse difarecosedegnedellasuanascila.

Que-

stasolapersuasionelomettealcopertodi tutte le'accuse di temeritàj poiché egli pcravventurasicredevafigliuolodiGiove, ed ogni cosasivedevariuscire a;maravi- glia elafortunaubbidientealsuovalore.

Non

è'stupore chedelleazionid’

un

tanto eroesidubiti sesiastaloarchitettoilva- loreolasorte

,

quando

sono tantoaudaci gliuomini, che questo

medesimo

dubbio hanuoposto nella fattura del

mondo,

se ilcaso0la uesial’ingegnere.

(48)

DISCORSO

C.' . i

t ^

Se

Giulio Cesaresiapiu stimabile

per

la

^

. pervia o

per

laspada:^

»

XJénissimo

ha

còngianto'

T

ernditonostro apatista.alproblema passato d’Alessandro questopresente di Giulio Cesare

, poiché furono;questi-

due

capitànire nel genio vasto:.ed ambizioso e nel-coraggioe nel- l’ardireenelvaloreinsiemee nella fortu-

t

nadelle,armi somigliantissimi. Alla vita altresìd’Alessandro fa seguire Plutarco,

come

consimile,quelladiCesarej

ed uno

bene aggiustatoparalello.diquesticampio- nine -da

Appiano

alessandrinonelleguerre civili. 6:deimoderni l’acutissimo franzese Sant’,

Evremont

.

E

le generose lacrime, che Cesaresparse nella

Spagna

inlèggen-

do

alcuna'storia d’Alessandro, dolendosi chein quell’etk, chel’altroaveasoggio- gato lauto di

mondo

, egli fatta ancora

non

avea alcuna splendida impresa, lo costituiscono

un

grande emulatore della gloria del greco eroe.

Ma

ora

non

eoa

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(49)

49

Alessandro

, .il

clic, come s’è detto

,

da gravissimi autori è stato fatto

,

ma con se

medesimo Cesare si paragona. Cesare sol- dato con Cesare letterato. Veramente di lui

si

può con ragione giustissima pre- dicare con Omero: MiiOwv re

frizf^p

spcvat irpijxTnpa tpyùàv

.

Fattor di cose e. dici-- iore insieme Fu* allevato in una repub- blica, dove ,P eloquenza trionfava cd era nobilissimo e necessario ornamento d’ uomo

politico. In questa egli divenne eccellente e fu reputato degli insigni oratori del tem- po suov Nè gli giovarono pel credito nella sua patria solamente le lettere e per por-*

tarlo ad alti posti di stima e d’onore; ma

tra

i

corsari ancora di Cilicia

,

dai quali fu preso,

i

poemi e P orazioni, ch’ei com- poneva e ad

essi con grazia recitava

,

fu- rono cagione che ìnsino al tempo dei suo riscatto egli vivesse tra loro non come

«chiavo» ma come re. e signore, facendosi puntualmente servare e lodare ed ammira- re e quegli, che cosi non facessero, sgri-

dando

,

come ignoranti e barbari. E tan- ta cura egli mise nell’ elegante e nobile

6civ, £>.5. *4

(50)

So

parlare latino e nella politura di quella lingua, cheparea nataacomandare,che

non

isdegnò perfinodicomporre

un

libro grammaticale intitolato

de

analogiaovve- rodellaragione\>oleeproporzionala

ma-

niera diJa\'cllare

\

e Indirizzolloall’clo-

qucntiasimo Cicerone. CosiigrandidiRo-

ma

trailearti del governo,etraglistudi politici facevano entrare il beldire e a regolesottoponevanlo,accarezzandoilpro- priolinguaggioerallinandoloper renderlo

degno

strumentoa spiegareiloro sublimi

'pensierieadescriverconessolemagnani-

me

esuperbeimpreseloro.

Ma

ilfortedi Cesarefu nell’armi;edinesse,

come

av- vertePlutarconellasua vita, ebbeilpri-

mato

:nel dire politicoedoratoriomeritò d’ottenereisecondi luoghi.

Ed

egli

me-

desimoilconobbe; che nell’orazione in favordiCatone conira Cicerone,

come

te- stimonio ne rendelo stessoPlutarco,pre- ga die

non

siparagoni unaorazione d’

un uomo

militare colla

vcmenza

d’

un

abi- le oratore e il quale molta comodità

ed

agio aveva avutodi perfezionarsi inquella

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*!

(51)

5i

^tofessìone

.

Pure tanto gli valse lo studio latto nella materna lingua

;

che le imprese fatte da se stesso’ e tutte le maestrìe di

• f

'

guerra e le accortezze politiche e

i

nego*

ziali più

fini''

egli seppe Con tanta purità leggiadria schiettezza e naturalezza rappre- sentare e dipignere

,

che

,

come verissima*

mente dice Cicerone

,

le note e memorie

>

«he egli distese delle cose da lui fatte, spa- ventarono

i

più sensati dal comporre da quelle la giusta istoria

.

Si può dire

la penna gareggiasse colla stia spada e che egli sapesse altrettanto ben dire

,

quanto coraggiosamente operare

,

e che alla gran- dezza delP opere corrispóndesse la dcscri*

zione' delle parole giusta al precitato ver- so del maggior greco poeta

.

Questi suoi commentari preziose consèrve de' suoi gi-an fatti gli hanno dato al pari delle azioni medesime nome immortale

.

E questi cre-

do che fussero quei libri

,

de’ quali egli era tanto gèloso che non

si

bagnassero dall’ acqua e cosi

si

guastassero

,

quan- do per testimonianza di Svetonio,.in Ales- sandria essendo all’ attacco d’ un ponte

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(52)

costrettoda

una

improvvisasortita

scampò

in

imo

sclnfo,

donde

perla

soprawegnente

moltitudinede’ suoi, cheprecipitosavisi buttava, forzato a salvarsia

nuoto»

per' lo spaziodidugento passi finoacchè tro- vasse Ultanave,

dove

aggrapparsi

, porta alto colla sinistrailibri, co’ denti tenen-

do

il

paludamento

ovesta imperatoria

,

perchè

non

andassero spoglia deniiuici

.

Da

questi libri,che sonoilfioredell’ ar- te della guerra e insieme della piu

pura

latinalingua,siricavanolemaniere,fino ald'id’oggi

con

raaravigliosa utilitàpra- ticate»dèlie circonvallazioni e degliasse- dije,

quantunque

ifatti ai dettipreva- gliano,

paragonare per avventura si possala gloria, che viene dall’armi,

a

quella, chedalle letteresiraccoglie, pu- re,se queste

non

fossero, die le azioni de’grandi personaggidiguerra perpetuasse- ronella

memoria

de’ posteri consacrandole all’eternità della

fama

, quelle presto pre- stosiricoprirebbero dall’ oblio

ed

inquel

medesimo

stato appresso noi sarebbero,

come

, se fatte

non

fossero. Credete voi

,

(53)

diceilgiudiciosopoetaOrazio,che avanti

ad Agamennone non

sienostatial

mondo

moltivalorosi? Certo chesi;

ma

di loro sièal buio

,perciocché

non hanno

avuto scrittore. Vixtre, fortes ante

Agamemno-

na

Multi:sed

omnes

illacrjmabiles Ur- gentur, ignotique longa Nocte, careni quia vate sacro. Fare cose degnedisto- riaèlode a Cesare

comune

con molti;

ma

le

medesime

sapereraccomandare agli scritti con ìstile sodoe purgato

oh

che questagloriaè rara e singolare;

come

ap- pressodei greci inSenofonte chiamato per ladolcezza disuafavellala

musa

attica il qualeeprofondofilosofo ecapitanoat- tentissimo efamosissimo storico dellesue cose

medesime

riusci.

Oh come

vieneal- loradalpettoc dalcuoreilragionamen- to,

quando

i concetti

non

sonofigliuoli semplicemente dellostudio,

ma

dell’espe- rienzaancora!

E

quantoacquista il bel parlaree di grazia e di credito,

quando

dii feco scrive,e lascrittura èuna quin- tessenzaed

un

consumato percosi dire di tutte le sue azioni! Annibaie sirisedel

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