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COLLEZIONE
m OPERE CLASSICHE SACRE E PROFANE
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DISCORSI ACCADEMICI
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AìiTTON-MAfilA SALVINI
TOMO QUJKTO
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BOLOGKA
«MBCCCm PRESSO iUlVESlo
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D
1ANTON
-MARIA SALVINI
DISCORSO XCV.
Quale
sia piùsomigliantea Dio un
saggiooun
buono.Cjrandissimo
vantoesingoiarpregiosiè quellodell’uomo
peraltroanimaleinfer-mo
e meschinodell’essere stato a-eato dalsovranofacitoredituttelecoseIddio adimmagine
esomiglianza sua.Nè
que- staimmagine
esomiglianzasipuò
raffigu- rarenelcorpo,ilquale benchénellasua fabbricasiadall’altissimoartcfìce oltremi- rabilmente condotto, pureloha1’uomo
ingranpartecongl’irragionevoli animali
comune
esimilmente frale ecaduco;ma
bensì nell’animaragionevole, laqualeve- ramentesiè1’
uomo
, si riconoscepiùal6
vivo
r
i3ea delgranmaestro,che,in fac- ciaalprimo uomo
soffiandoauredivita, gl’infuse1’anima, la<quale fino daun
gentilepoetaè chiamataparticelladelfla- to d’Iddio. Eglifu quel Prometeonon
favoloso,checon fuoco celesteanimò
il nostro fangoesopra noi, cioè soprala nostraanima,secondoildettodel repro- fetasegnòc risplenderfecesoavemente im- prontatoilbellume
delvolto suo.E
ve- ramentein quei fortunatimomenti
, ne’quali
Adamo
,posto da Dionel delizioso giardino,amicoefamigliare diDiosi
man-
tenne, respirandolanaturaleinnocenza,si potèdirebello evivo simulacro delcrea- torejel’anima sua ricolmad’ognisapien- za e d’ognibontàgittavaun
fresco odore eduna
frescaluce, cheben parca novel- lamenteuscitadallestampedel cielo.Ma da
serpentiniagguatidn femminili lusingheda
malnata vaghezzadi vietatopomo
assa- litoedaempia
ambizione preso cadde dal paradiso delle delizieinun
abissodimi- seriee,dall’amicizia diDioribellandosi,
precipitòinfellonia, dellaqualetutta la
DlgilizodbyGoogle
sua discendenza» cotnepropagginedamal»
vagio ceppo diramata,
fa
rea.Dopo
cheAdamo
ebbes\maleusatiidoni di Dio, dellaproprialibertà insuperbito, laquale eglinon
tenne ferma nè contentaaidolcicomandamenti
del suo signore, in pena delsuodelittoprovòegli nell’anima
suamedesima non
piùsentite ribellionie tu- multi. Sisollevaronolepassioni,s’inga- gliardironoplebevile gliappetiti,e resta- ronoinfiacchitelepotenze piùnobili.Nè
solamenteinlui,ma
negli uomini tutti ne’ suoi miserabili figliuoli,compagna deU
lacolpaedella macchia d’origine, che inloro,come
da appestata sorgente, tra- sfusesi,discese lapena;e diquesta pena cioèdell’infìcvolimento dellepotenzedel- l’anima, pur troppo ne proviamonoima-
nifestamenteideplorabilieffetti.Ildiscor- dare, chefa tuttogiornol’intellettodalla volontàelavolontàdall’intelletto,èuno
strascicovivoe vegliente di qtielcontagio èuna conseguenza infelicediquellacol- pa.Quindi porlopeccato del primopa- dre,colqualetuttinaschiamo,e poi pers
•qaegli
,che la depravata natura commette abusandosi della franchezza e della libertà data
‘al suo volere
,
quella primiera im- magine di Dio
Vche sull’ anima d’ Adamo
innocente splendeva
,è venuta in grandis- sima parte trasfigurata e guasta
.L’ intel- letto
,che chiaro vedeva
,vede ora le co- se con grosso velo
;e la volontà
,che al- la luce delle verità dall’ intelletto' mostra- tele “volonterosa
'e prèsta seguiva
ilbene,
oi'a è tarda e reStia
.Pure in questa con- fusióne e discordia non
siperde mai nè si dilegua del tutto ò
sispegne, benché co- perta ed offuscata V nell’ anima umana la somiglianza di Dio
;poiché in questa so- miglianza
l’essenza
*di essa anima é ripo- sta
.Onde si fa luogo al presente dub- bio
,se un savio quantunque fusse catti-"
vo
,rassomigli più Iddio
,in quanto é sa- vio
,di un buono,
ilquale 'per altro fus- se ignorante. Certamente dura se^razione è quésta della sapienza dalla bontà
,le quali essendo amiche e congiuntissime
,la' miseria nostra le distingue e le distacca
.Le virtù sembravano a Socrate essere tutte
scienze i vizi ignoranze; la bontK mala-'
mente
sipuò
consideraresenza il saperej diquelsapereintendo, cheprescrive ciò, chesideeseguire,ciò,ched’uopo
è schi- fare;
non
sapere,iodico,diquestoinon-do
, che è stoltezza appressoIddio,ma
saperedivinoenotizia dellaleggediDio
e ditutto quello, cheènecessario asa- lutejperciocchéuna
bontà, cheoperi sen- zasapere,non
sarebbevirtù,ma
inconsi- deratasemplicità.Ed
allo ’ncontroun
sa- perediscompagnatodallabuona
operazio- neèanzida
chiamare astuzia infelice e sciocchezza compassionevole. Questiattri- butiinDio
di sapienza e dì bontà,co-mecché
egli é purissimo essereesempli- cissimo,non
sidistinguono senon
perlo nostrointelletto, poiché tutto ciò,che è in
Dio
, éDio
.Adunque
nell’uomo
ri- trattosuonon
sidovrebbero né anchedis- separare,' e,nelproprio esatto rigorepe- sandogli,non
siseparano.Che non può
essereuno
saviorealmenteepropriamente, s’ einon
èbuono
; nébuono
esserepun- tealtresì,s’einon
è savio. L’intellettoDigitizedbyGoogle
IO
illustrato dal vero fa che
s’accenda al be- ne la volontà
jed uno dà mano all’altro,, quello intendendo
,questa amando
:onde
.,ne seguono dietro alla scorta del vero co- nosciuto e del bene in conformità di quel- lo voluto buone e belle e perfette P ope- razioni
.Mirabile fu Platone a dire la
fi-losofia, cioè lo studio di virtù e di per- fezione, essere una scuola di rassomigliar- si a Dio per quanto è possibile all’ uma- na natura
.E in questo suo detto
s’avvi- cinò più degli altri filosofi al segno dalla buona
e.vera filosofia, cioè dalla ci’istia-
na
,
propostoci
,che c’ insegna d’ essere perfetti
,siccome è perfetto
ilpadre no- stro
,che sta ne’ cieli
,e da cui
,
come
da padre di luce
,ogni buon dato ed ogni dono perfetto discende
.Ora, siccome la bontà e la saviezza sono in Dio la stessa cosa, la. rassomiglianza di lui più perfet- ta sarà
,
quando in noi ancora unite que-
ste perfezioni
sitroveranno
;le quali sono
talmente strette e collegate tra loro
,che
una si* tira dietro l’altra; perocché al-
trimenti saremmo più a mostro vario e
dìscordevole, che a
Dìo uno
esemplice somiglianti.Ma
dovericado io col discorso, chesempremi
porlaeriporta avagheg>giare queste due belle doti unite e iin^
mcdesimate
,
quando
il proposto dubbiocomanda
cheioleconsiderischiaratee di- stinte?Or
viailiquestafecciadelmondo
pongliiamo sotto agli occhiuno
dique- gli,chemolto sannoeche, reggendoil migliore ed approvandolo , al peggiore s’appigliano,edun
altropienodirustica santitàbuono
si,
ma
idiota.Quale
di questi due parrà che conservi piùl’im-magine
della divinità? L’arricchito di scienza,colsuo ingegno rende unaillustre echiaratestimonianzaP
anima nostra es- sereluminosoritrattodiquelDio,incui tuttiitesori della sapienza e dellascien- za sono riposti. L’interna ed intrinseca operazionediDiointutta quantaP
eter- nitàsi èP
intendere: e questa sarà per tuttaP
infìnità de’secolieternidell’ ani-me
eletteavederDio
labeata occupazio- ne.Quelleverità, che quiconadànno e conlungo procederedidiscorsoappenain
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IS
minutissima particella etragl’infiniti veri raccapezzavano, in Dio specchio efonte d’ogniveritàlimpidissimoinuna sempli- ceed amabile veduta instancabilmente el- le rimireranno.
Or come non
dee dirsi1’
anima
di costui, cioè_dell’intelligente malvagio, a questo
lume
considerataun
ritrattodiDio somigliantissimo?Laddove r
altraanima buona
esaminata per quella parte,ch’ellaapparetenebrosaedilumi dicognizionisfornita,non
rende troppo alvivoilsuofacitore.Che
,seguardata dall’ altra parte della bontà lo rassomi- glia,potrebbeildiscorso, se pocodianzi diceva cheilsapere e l’intendere erapro- prio diDio
nelleoperazionisuealdiden- troedell’eternità,ora direchela bontà fussepropria delle operazioni fatte aldi fuorieneltempo
. Poiché della bontà è proprio il comunicarsieil diffondersi^e questaèquella, chealpari della divina gloriaPer V
universo penetraerisplendeIn una
partepiù,emeno
altrove.Onde
il savio cronista del
mondo Mosè
,mo-
strando nella creazione di ciascunadelleDigilizedbyCoogle
creature lamaestosa compiacenzadel crea- tore
,prorompein quella bellaesclamazione ed epifonema:evide Iddio che
buona
cosa era Questomondo
sensibile, quan- tunqueCOSIbelloebuonoegli siaecosi chiaro e cosi ricco,
non può
tuttaviainmodo
vero aggiugnere alla bellezza alla bontàallachiarezza ericchezza dell’intel- ligibile, che da Iddioabeterno fu inte- so; e tanto èlungi da quello, quanto lacopia dall’esemplare iltempo
dall’ e- tcrnitk.La
produzione di questo fu ca- gionata dalla bontà; l’intendere 1’altro siccomel’intendere semedesimo
coll’ al- tre divinissime operazioni, che i teologi chiamanoad
inira son tutte cose della sapienza e della saviezza,laqualenon
ha bisógnode’ nostribeni epotevastaresen- zalecreature. Per questeragioniadun- que parrebbe dapreferirsi,come
piùso- miglianteritrattodiDio,I’animadelsa- vio,benché reo, all’anima del buono»ma
non adorno diquel sapere,come
il primo.Ma
ohdio acheforteelubrico e pericoloso passomi
conducevaildiscorso!»4
Guardiamo uq
poco quelsavio e saputo e intendente dalla banda dellamalva^tà
,
laquale malvagitàlo costituisce odioso e spiacente a
Dio
;1’altro,benché privodi nobilie di squisite e di scelfe cognizio*ni
, pur ha tanto
lume
, che bastaper mostrargli la via, chealciel conduce,e loriguardaIddioperlasua bontà,come
suocaro amico e congiuntoedimestico.
La
somiglianzae laconformitàconcilial’a>more
ed èpartoritriceedaccrescitriced’ a- micizia;e dalla dissomiglianza e dalladif- formità1’avversioneel’abbominazionene
nasce.Or
, mentre Iddio prezzailbuono
e nellasuasanta semplicità1’ama
el’ab- braccia;seilcattivo, benché solennesa*vio, abborrisceed odiae tanto più1’o*>
dia,quantolagran somiglianza conDio
,
ch’egliha pervia del suo sublime sape- re,egliconunabrutta dissomiglianza del•
suo
mal
costume oscuraespegne,chinon
vede che in questasceltae deliberazione di avere a risolversi a dire chi sia più aDio
somigliante,ilbuono non
iseien- ziatoeidiota, ed aggiungo ancherozzoeDigitizedbyGoogle
teràilpregiodellarassomiglianza divina?
Altrimenti Lucifero,che contuttoilsuo illuminatointelletto,cheeglipermaggio- repena conserva
,pagaeternamenteilfio dellasnaoinvidia o superbia nelluc^o di dannazioneenelle
fiamme
e nell’orrore sempiterno,potrebbe ancheinquestosta- to dirsia
Dio
somigliante: la qual cosa seè assurdaenon può
stare, nè anche potrà starela proposizione, che dicesseun
savioedintelligente,ma
diperversa volontà,
più a
Dio
rassomigliarsidelsem-
pliceeindotto,ma buono
e inconseguen- zacaroaDio
.Pure trall’altre^virtù del vescovo,lequaliinbreve girodiparole dipigne a Titos.Paolo, ricerca la dot- trina e la scienwi delle scritture.Ed
il vescovo èfigwa
e rappresentazione delbuon
pastore.E
più rassomiglierà aDio
e piùpiacerà agliocchi suoiun
santoin- telligente, cheun
idiota. Poichéilbuo-no
rozzoeindotto èbuono
solo per scj ildotto epolito pergU
altri ancoxa^i6
Onde
s.Girolamo,santopei'tutte duelé bande perfetto e dibontà e di sapere e checolsuo divino ingegnotanto benefe- ceallachiesadiDio,ebbeadirenell’e- pistolaaPaolino: sancta guipperustici- tassoluntsibiprodestet,quatUum
aedi- 'ficatex
vitae ntefito ecclesicintCliristi^ tantum nocet, sidestruentibusnon
resi- stat. Daniellenelfinedella sua visione disseigiusti risplendere,come
stelle,egV
intclligetUi,contefirmamento.
—
Fi-des, soggiugnes.Girolamo con bellari- flessione,
Fides quantum
inter se disteni iusla rusticitas et docta iustitia? olii sU’tlis , olii coelocomparantur
.
Or
,
guantoilcielo,.chelestelle contiene, è piùnobile ’di esse, che sono contenute, .tantouna dotta bontà vantaggia una bon- tàignorante.Quella granserafinadiSpa- gna Teresasantas’ella avesse dovuto fa- resceltadidueconfessori,
1’
uuo
dotto, inanon
santo, 1’altro santo,ma non
dotto,ellaavrebbepreso,diceva,ilpri-mo
, lasciatoilsecondo: poiché, per a-
\ereagovernar se,la bontàsenza altra
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accompagnaturapuòbastare
}
ma
peravere agovernarealtrino}perchèdiprincipale usoaquestoeffettosiè la scienza.Scher>zando seriosamente al suo solito anche nelle tenebre del gentilesimoravvisò Pla- toneequasisubodoròlanecessità e1’uti- lità insieme della confessione cristiana Poiché, esagerando con belle edaltret- tanto solideragioni la colpa sola essere male,lapenanongià, perciocchéellaè eurazioue erimedio della colpa,puregli.
uomini ingannati osserva egli abbòrrirc piùilrimedio,cheilmale,edopo are- re commesso qualche delitto fare ogni sforzo per evitare esfuggireil gastigo,e volervi squisititormenti percavar lorodi boccalaconfessionede’proprifalli,
quando
dovrebberofarcapitale del giudiceirei,come
imalati delmedico,e,mostrando- gli dibuonavoglialepiaghedell’anima, attendere da quello lapunizione,come
salutevolemedicina.Or
questotribunale, alqualeirei senzaessereinquisitinétor- mentati,volontariamente ricorrono e con- fessandosi colpevolidomandano
umilmenteSalv.D. 1
i8
2
gastigopersaiiai-sieper emendarsi,e- glièla sacramentale confessione. Quivi sedenteun uomo
circondato anch’essod’in- firmitàper potere compatirele altrui giu- dicevienead essereemedicodell’anime erappresentantediDio; e,senelle sacre lettere dalla sovrana'autorità loro sono chiamati iddiiigiudicanti,come non
si converràegliun
tal titoloalgiudicesa- cro,acui si rivelanoisegreti de’ nostri internieche tra^1’uomo
e Iddioème- diatore di riconciliazione?Or
questodivi-no
personaggiolasantaj di cuiabbiamo
disopraparlato,amava
meglio chefosse dotto, che semplicemente santo; quasi che inimo
maneggio cosi tremendoun uomo
d’intellettoilluminato, benché«cin- toda
proprie imperfezioni, adempiesse piùlafigura di giudice einconseguenza più aDio
rassomigliasse,cheuno buono
»ma non
alpari intelligente. Perristrigne- r«2
tutto in brevi parole sai-ebbeda
de- siderarechel’uomo
possedesse ebontà e dottrina; perciocché in altra maniera è zoppicantelasuaperfeàone,ed
è,come,
‘9
seda
un
òcchio solo, secondo sanGre- gorioilteòlogo,egli vedesse. Seladot- trinaha
da pregiudicare alla bontà, si deeladottrina rigettareedallabontàsta- re contenti,come
a quella, che ci ac- quistagrazia appressoIddio.Ma
tanto è lontano dal vero chela dottrina diritta-mente
presa faccia oltraggio alla bontà cheanziquestanon
sarebbe veranèlegit- tima bontà, senon
avesse il suofonda-mento
nella necessaria dottrina,cioè nella vera sapienza.DISCORSO XCVI.
Sesìapiùverisiniileche gli
uomini per
lopiù parlinoa
casoopure
con disegnoemistero.
Nell-
evangeliosidice cheCnsto signor nostro sciebatquid
lateret in honiine.Questa scienza a
Dio
solo è risefbata: scrutanscordaetrenesDeus
Elgliè,che coll’acumedisuoconoscimento scrutinai cuori,penetraogni nascondigliodiquegli ogniviscera,eva
ricercandolemidolle e20
Tossa. Solone ateniese uno de’ sette savi della Grecia doleva dire
:Atei yripàd/.w «-oUà
^t<ya(jxof4£vo5
:Imparo sempre ed imparan- do invecchio
,
ovvero; Tutto dì imparo e in imparar m* attempo
.Gli uomini usano di dissimulare
ipropri difètti e d’ osserva- re minutamente quegli degli altri
.Al qual proposito
siconfò la favola esopiana delle
due sacche
,in una delle quali erano cac- ciati
idifetti c mancamenti propri
,ncl-
1’
altra quei del compagno
.La prima sac- ca P uomo la
sigetta dietro le spalle
;la .seconda ponsela dinanzi
;quando dovrebbe fare tutto
’lcontrario, dovendo essere se- vero censore di se medesimo, e benigno esaminatore e indulgente rìguardatore del- le azioni altrui. Socrate solca dire; parla,
< -
percK io ti conosca
.E cosi ( permettete-
mi la parola
,la quale è bassa si
,ma
spiegante ) tastava gli uomini coll’ udito
.Non senza molta ragioiie lo stesso Socra-
te
,che non fece altro nel lungo corso
della vita sua nella grande scuola di que-
sto mondo che studiare nell’ uomo
,ebbe
a dire che bramava, per usare
itermin
dell’architetto Vitruvio, che tragli altri autoriilraccosta,
homìnum
pectora fene- strata, affinchèvi fosse qualclie apertura arinveuimeeconsiderarne il di dentroÈ una
chiusa fabbrica--il pettoumano e
percosìdiresenzaporteofinestre.Qie
, setalyoltasembrad’avereagevole é pron- taefaci!l’entrata, è tuttaviaun
oscura cieco inviluppato inestricabile labcrinto diel’uscirnead onorecconfelicitàèpo- comeuo
cheimpossibile.Ad ognuno
pare esseretantiTese!, che col filo dato loro dalla lormente
, che essiamano
eadora-no
,qualloro fedeleArìanna,possano ve- nirne acapo.Ma
pois’avveggiono Cilenon
èimpresada
pigliarea
gaòhoDescriver
fondo a
tuttoV
universo,Nè da
lingua,chechiamin%amma
o hahho.Qie
appunto il volerprendere le misure diquestafabbricadell’animo
umaiio,che ilmondo
tutto racchiudein se,èun
vo- leresottomisura1’universomondo
e,se dirsìpuote, ciò,che ancora sièdi là dalmondo
,comprendere.Che
,selefine- stredesiderateda Socrate peruna smnma
1
22
graziadi
Dio
sifosseropotuteaprire,per lequali1’occhio curiosopenetrarepotuto avesse,e chesivedrebbe?VedrebbesIta- luno,che aguisa dellafamosacasa diSe- neca avrebbe più in recessu,quam
in fronte; più nelle stanze interiori, che nellafacciataj alcuni.ogni cosa averein mostra nèildidentro corrisponderepunto aldifuori, facendo qualche bel vedere peressereimbiancati.* sepulcradealbata,come
chiama pressos.Matteo gl’ipocriti della leggeilSalvatore, e cheun
nostro faceto poeta autoredinuovo
stile,che ridendo anche insegna, disse inun
suo versodell’Orlando per sop^antiome l’in- namorato,insepolcri dipinti gentemor- ta.O
purealtri si ravviserebbero tanti Sileni, cioè Satiri attempati, allestatue de’qualiconbellagraziafucomparato So- crateilbuon
vecchiodall’ateniese Alcibia- dejpoiché, essendo essiSilenibruttie sconci, servivano d’armario per inserrare 'gl’idoli d’oro le statue de’numi
più preziose ebenfatte.*??on bisognainvanir- liprendendouna
Vanafiducia diconoscereDigitizedbyGoogle
gliuomini;
ma
,tuttogiorno studiandoe a guisa del prudente Ulisse pellegrinan-do
confrutto, qui mores
hominum
mul-torum
vidit et urbes e, varie tene e vàri paesicercando,ilpiùbel fiornecol- se,tuttogiornostudiarviesemprenuove Coseimparandonon
assicurarcimai
disu- pero. Tutto questo notatofinquiprova esseredifficileilconoscere addentrol’uo-mo,
ilquale ancora si cuopreaposta e va celando mascherando e disfigurando ipropri sentimentienella stessa semplicità diparlare
può
avere in cuore disegni.Dair
altrabanda bisognacredereche molti parlino a caso esenzaconsiderazionenèad
alcunofineparticolare,ma
perricreazionee per divertimento.Ora
, siccomeilcredere chetuttisienoaguisad’ oracoliechelelor parolesienomisterifarebbeun nomo
,che cosicredesse,inquieto sospesoincerto so- spettoso incredulo disamoratocome
dif- fidente^d’ognuno
, cosi pel contrario il pensarechetutticiò,chehanno
nelcuo- re,abbiano sulla lingua, ingenererebbe uua dannosasimplicitàuna
sconsideratezza24
efarebbegliaomini poco gnardiagbi.
Tra
questidue
scogli, che sono a guisadi Scilla eCariddi,chi dirizza il suo corso nellaperigliosanavigazionediquestomon- do
meglioèche si tenga dallapartedelnon
sifidar punto,cheda
quelladelfi- darsitroppo.DISCORSO XC\T1.
Se
maggior
crudeltà mostrasseNerone
nelV incendiodiRoma o neW
uccisionedi Seneca.
fjbbe
bel predicareSenecaalsuo grande allie\'o e intitolargliibei libridella cle-menza
, promettendosi da buoni principi ottimi proseguimenti^ perciocchéilbuono
scolarevedutosiinquella sterminata gran- dezza, che avria fatto girare letestepiu salde,non
che quellad’un
giovane per sua naturabollenteed impetuoso,non
vol- lepiùlasuggezione delmaestro e, sicco-me
siera disfattodelcognatoGermanico,DigitizedbyCoogle
cheglidava grandissima
ombra
perlale- gittimapretensione, cheeglipoteva aver»all’imperio,e
dopo
averetoltavia lama-
dre Agrippina avidissimadidominaree di teneresudditoilfigliuolo,ed appressoes- sersi levato dinanzi Burro personaggiodi militarese\'eritk,ilqualediconcertocon Seneca cospiravaa tener sotto,come
si dice, Neroneeagovernarelasua gioven- tù,cosinon
sofferseeglipiùquel posses- so di autoritàe
quellapotenza,che sopra lospiritodiNerone giovanetto enon
an- cora principe delromano mondo
si era presal’accorto Seneca,ilquale, e quan-do
eglifu e di se stesso signore per1’età eimperadore,ingegnavasituttaviacontut- te1’artidimantenere. Ilcredito da Se- necaperglisuoi scrittiepel suo sapere meritamente acquistato fa cheNerone sia ornaiscambiato perlacrudeltàmedeùma,
atendo egli fatto morii’eun uòmo
sise*-gnalatoebeneficatodaluietuodirettore emaestro.Io
non
voglio qui tessereuna
apologiauè lodediNtv^oneaguisa d’un
moderno
,chevis’esercitò, seguendo peravventural’esemplod’ Isocrate,,che com- poseencomio aBusiride tiranno per cru- deltà dilfamatissimoecheVirgilio chiama illaiulalum;
sommo
biasimo,cheegligli potessedaresecondoladotta osservazióne di Gellio,poichéun uomo
pervitupero- soeh’e’siapure possederà sempre qualche cosa dibuono
cdilodevole; onde ilno- minareuna
persona tutta incapace di lo- de,ein cui altrinon ha
trovatogoccia dibeneatomo
di lodabilità, èlostesso,
chedireilpessimo de’pessimi
un
mostro impastatodivituperi.Iodicobene chela naturadellatirannide è tale,diefaoblia- reipiùstrettivincoli di sangue,d’ami- cizia,di carità e,come
affermailsoavis- simooratore Isocrate,sforzaacommettere eccessiancora coniraicongiuntissimi: tal- ché,diceegli,
quando
1’uomo
risguarda alleluminose apparenze, cheaccompagna-no
laregiagrandezza,ognuno
stimaire- gnantieguali agl’iddii, eun
certodesio gli viene di possedere anch’essouna
tal luceedun
tale slrepìto di potenza;ma
,
quando
poi dall’altra parte considera iDigitizedbyGoogle
pericolielerovine, l’uccisioni elestra- gi,che
hanno
colmatod’orroreedispa- vento le regie, e le dure leggidellati- rannidee1’asprecongiunture,nelle qua- lihaposti sovente i regnanti la servitù della maestàlagelosia del regnoc della propria conservazione,siviene
uno
quasi aricredereeaslimai'emolto piùfortuna- talavita privata,perchè piu quietaesi- cura.
Ora
,sefossevero,come
ècredibi- le,che Senecamacchinasse contralavita delprincipeornairenduto odiosoeilqua- leavea^iàconosciuto per insanabile nelle suelicenze,eche appoggiassecolsuo con- sigliola congiura, naturaicosa e
non
cru- delesarebbestataquelladiNeronenel far morire Seneca,contrailquale ancoranella cortediluviavanolecalunnie, essendo ve- nuta atedio lasuapotenza.Che,
sefosse slato Seneca, quale locidescriveDione
(inquesta parte storicoappassionatoeche,come uomo
gi'cco, per perversitàd’inge- gnoinvidiava alla gloriadegli antichi la- tini),
uomo
cioè-, che faceva ilfilosofo,ma
era ogni altra cosa, che predicava.28
centralericcliejacequelle'per ogni verso con
brama
inestinguibileaccumulava,obie>7,ioacdataaSeneca anche da queidelsuo
tempo,
allaqualedottamente risponde nel librodcUa
vitabeataj eglifossestato a- dultero di principesseemaestro d’infami amori almedesimo Nerone
,non
sarebbe dastimarsigran crudeltà,quella, chetol- to avesse dal
monde un uomo
si fatto macchiatodicosi enormi vizi. Nel fatto poidell’incendio diRoma
eglisisegnalò talmente,riguardandodalla torrediMece-
natelabellezza,come
eidiceva,diquel*la
fiamma
, e le rovine della patriami- randoconfierocuore,anzibrutale,epro^vando
congliabitisulla scenaecantando lapresadiTroia, che èparso ciòpassare ogni segnodicrudeltà,facendoun
dipor- todellepubbliche calamitàedesercitando lavocealcantosopra gli urlie lestrida de’ miserabili.Pervoleredipignereconvi- vi colori la crudeltàdella suadonna An-
ton FrancescoRinieripoeta toscanoleggisi^dro la
comparò
aNerone, che suonae canta,quando Roma
ardevaj,eilYallerDigilizedbyGoogle
nobilissimo
medesimo
propositodellamedesiiDa siinilU tudinc;edun
nostroaccademico(PierAn-
dreaFononi
)mi
parediricordarmiche nobilmentel’adattasseinuna
chiusad’un
suo sonetto.Tanto
nei cuori dituttifa forzaun
risocrudeleun
fieropascolod^un animo
efferatoun
prendersi riso esollazzo dciraltruimorte.Onde
con gentilissima gravità e forzaebbe adireinuno
amoro>sosonettoilnostroDante:
Io sonsì
vago
dellabellaluce Degli occhi tradilor, chem’ hanno
occiso,Che
là>dov’ioson morto,esonderiso,La gran vaghezza pur mi
riconduce.Ma
,giacchéquasiho
intrapresaoggiladi>fesadiNerone,
non
s’accordano glistori- ci,per quanto ne testimonia Tacito, die egli comandasseevolesse quell’incendio:ma
potè nascereacasoj e, giacché era nato,non
si dovè curare 1’iihperadore d’cstinguerlo, applicandol’animo
arifarRoma
piùbella, siccomecifece,levando gliscuriestorti vicoli dell’anticacittàe facendolestradeampiediritteeluminose.DigilizedbyGoogle
3o
Ilcorridoredella casaimperiale, chetira- va dal colle palatino all’esquilino
, chia-
mato
primadomus
transitoria,andato giù perl’incendio, ristaurando, glimutò
ilnome
eilcliinmò la casaaurea.Onde
ìquna
percos'idirepasquinatadiquel tem-po
;Roma domus
fiet:veiosmigratequi- rites, Sinon
et veios occupai istado-mus
.Questo incendiocrudele,
quando
an- chefussestatoper ordin suo,fuperò con- solatodaqualcliedimostrazione perun
Ne- ronedibenignità,poichédiedeilquartie- reatuttiquegli,cirérifuggivanodalfuo- co,ecollasua’curamantcnnegll. Ciòho
iodettofinqui per esercitarmienon
già ch’ionon
conoscaeilparricidiodelmae-
stro, acui dal miscredente discepolofu comandatala morte, e ilparricidiodella patriaabbandonataallefiamme
quantoco- sesienocrudelissime.Roma
incendiatafu rifattaerifatta più vaga.Ma
la cadutad’un uomo
di valore nonsipuò
ristorare SI facilmente,come
quellad’un
palazzo e di buonaparte ancora delle abitazioni iFunacittà.
DigitizedbyGoogle
DISCORSO xcvni.
Sesiapiù premiabilelo.poesiao
VonUoHa.
iSe Omero
dissedelpoeta essereun
per*sonaggio,cheilpopolo
,
^'ando cammiaa
perlacitlìi, Riguarda
come un nume
(il chenon
so,se in questi nostritempisi l’usseOmero
avvenuto, se egli s’avesse detto),sedel poeta, siccome io diceva egli cantò;Eo;^c(xevov S‘àvà àffrw 0sòv tÌTo^6^(ji,ilnostrolatinoOmero
allo’n- controdissedell’oratore, stimatoe riveri- to dal^ popolo ancheammutinato
esolle- vato,talmentecheallasolavistadiquel- lolasciaitumultipone
giùl’ireesique- ta:Tum
, pielategravem oc
meritis si fortevirum
tfueniConspexere, sileni ar»rectisqueauribus adstant.Udite poiilsuo impiegoilsuo potereilsuocredito lasua forza:Illeregitdictis
animos
etpecioni mulcet.£
qual poeta giunsemai a questo pregio di sedare la sollevazione d’un
po- polo? di calmare la tempesta e lafuria il’ima
moltitudine scatenata? digovernare> 3a
cuori d’ammollire petti? Pure l’oratore viglugne. Talché
non
senzaragionefuda PlatoneP
oratoriacome
parte della scien- zapolitica giudicata. Questanon
solore-gna
nel foro e nella pace,ma
nelcampo
enella miliziaancora:esuouficio èl’in^^ nanimare e l’incoraggiare i soldati alia battaglia,ealledure imprese diMarte e aifieripericoli della guerra spignerli vo- lonterosimercèdell’incanto poderosissimo,
dienell’aspre congiuntureinboccadisa- vio capitano
hanno
le parole adattate altempo
econelorpicnte energia maneggia- te.Qic
, ser
elegie di Tirteoinspiranti l'amore della patria e il disprezzo della morte perlaconservazionee pel benesse- rediquellapotevanotanto cantate asuon
di flauti gaerrieri e tantaecosigi-andeim- pressione facevanone’generosi cuori degli onorati cittadini diLacedemone,
ioperme
credo che per incalorire lapugna
epernon
temere dell’aspro combattimento va- lesse meglio una fi-ancae nobile diceria militare detta sulcampo
da qualcheloro cccellcote capUauo con quella sustaneiosaOìgitizedbyGoogl
33
•Ifrontà propria dell’ eloquenza spartana qualeappuntolacidescrive
Omero
nella personadiMenelao:IlxOpapìv, àiià>ahyi(U{}cioèpocobensì,
ma
buono,con
molta giustezza>spiegatoecon bella so- ' norità proferito.
Fu
ritrovata la poesia per dilettare}l’oratoria apersuadere fu natajanzi la necessitàdel
comun
vdveree delle cosecivililafenascere e la diè fuo- ribellaemagnificae maestosa proledel-l’umano
intelletto. Il nascimento perlo contrariodellapoesiavolete ivoirintraccia- re colpensiero?Mirate. Ne’balli ne’giuo- chi ne’ conviti nelle feste ella nacque e nelle pubbliche allegranze, nelle qualiil popolo stanco dagli affari suole divertirsi ericrearsi e per cosi dire rifarsi; epernon
sentire ancora tanto i travaglie i guai,ondela vitanostraèpienaecircon- data, ricorre aicanti ed alle poesie,co«me ad
incantesimi salutevoli a magie in- nocenti, che fanno uscire l’anima
dise stessae dimenticarsiper queltempo
, che ella presa per.l’orecchie sta attaccataal diletto,dimenticarsi,dico, diciò, chela5«^v.D. j
DigilizedbyGoogle
.gravae1’affligge.
Or
vedete adunqpicco»me
lapoesiaèun
nobile divertimentosi,ma
pure divertimento; la rettorica èuna
faccendacfaccenda seriosa negozio aifaré funzionenecessariaedutilissima.Ed
, es- sendolanostra vita tra’lserioe1
diver- timentonecessariamente partitaedifatica mescolataedi riposo, la ricreazione e il dilettone deépossederelaminor parte,comecclxè1’
uomo
natoè -alla fatica secon-do
il detto del savio; e le facoltadia'
questo diletto procacciare principalmente' ordinate più basso fine
hanno
diquelle^che col veroccolserio:e colle gravi e sodepersuasioniintendonoa
muovere
l’in- tellettoeda trarre la volontà. Imitatrice è lapoesia;el’uomo
animale,come
Ari- stotile l’appella, d’imitazione vaghissimo sidilettanella poesia,come
in unapar- lante pittura,laquale percolori nobilissi-mi
si serve dei versi e dell’armonia;-.i quali colori stemperati con grazia fanno parere verociò,dieèprospettiva,econun
dolceingannodilettano.Ma
qualpoe- sia potrà passareun
artilìcioso periodo?Digilizedby
^al
cantopiùdolcesipotràtrovare -d’u-«’ aggiustata orazionemisuratamente profc-
’
rita?equalgestostudialo di scenico rap- presentante arriveràall’atto edalgarbo, che donalaverità stessa all’oratore?
Ma
saràmeglio cheiocolle stesse paroledel
^
massimo degli oratori il confermi tratte dal libro secondo de’ ilorilissimì dialoghi oratore Poiché dopo avere dettoche nellafacoltàdeidire vi èunatalvaghezza cd
un
tale incanto,dienientepuò
dagliuo- tniniocoll orecchie o collamentegustar- sidipiù soave,esclama.Qui enim
canlus iììoderatae orcUionispronunliatione dulcior inveniripolest ? (juodcarmen
artificiosaverborum
conclusioneapiius? qui- actorin imiianda,quani oratorinsuscipicnda ve- ritaie iucundior? Questo stesso glorioso
romano
facendo riflessione nelcpmincia-mento
deisopraddetti!libriagliuominidi valore,che nelle sefenze e nelle artihan-no
fiorito, egli ritrovaun
grannumero
difilosofi buonamano
di mattematici e molti umanisti, e in riguardodeipoeti benchéglieccellenti sicnopochi puregli36
«
•ratorìbuoni essere
manca non
ostante' ipremi grandi in ogni
tempo
messi innanzi aquesto studio econtutta lariputazione ericchezze epotenza, cheunatalprofes- sione portavaseco, e quantunque ancora moltigiovani dispiritoe desiderosi di lau- de, ingegni bastidireromani, contutto lo sforzovi s’affaticassero.Or
perchèa-dunque
con tuttiquestivantaggis\ poconumero
d’ oratori?Sed nimirun
,
con- chiude egli, maìus est hoc
quiddam
, quartihomines opinantur, etplurihusex
artibus studiisque colleclum.E un
certo .chedimaggiore,dice
, questaprofessione diquello,chesicredanogli uominij ed èunacaéa<lapiùartieda piùstudi rac- colta: laondeinunagrandissimamoltitu-
,dinedistudianti, in una
somma
dovizia dimaestri, tra ingegnifinissimi esquisi- tissimi,edinunainfinita*varietàdi cau- se, edin amplissimi guiderdoni all’elo- quenza proposti, di questa scarsezza di buoni oratorinon
altra giustamente si fa a credere egli essere la cagione-dieuna
taleincredibile grandezzaedifficultàDigitizedbyGoogle
37
Jell’ affare. Perquestetutteragioni sopra ilpoetaparmiclicdebba essere 1’oratore pi-egialiilissimo, lequali
ho
ioaddotto(in qui più per esercitarmiinquesta parte,che per avere intenzione colla gloriadel*, l’oratoriad’abbassarelapoesia,alla qua- le tutti i buoni,
come
a cosa grandee diehadeldivino, dconoesserefortemen- te affezionati;come
fu anche lo stesso Cicerone, che ne trassesuo profitto: nè ioritrattoperciòquello, chealtrovedel- l’eccellenza della poesìa sopra l’oratoriaho
scrittoeinquestomedesimo
luogofa- vellato..di’io ben so quanto gloriosa quanto sublime quanto divina cosasiala poesia ecome
gli amici dellemuse
sieno sacriegrandi:ma
,sealla apparenzadel ntondo edallacomune
opinionedegliuo- minisi riguarda, la quale,anziché dal- l’intrinseca gloriada pochisaviravvisala, più dal visibile onore e dall’ estrinseco lustrovien tratta adonare altruipregio e valore, gmcchè,come
disseOrazioj /rm- ft.,qiianlumhabeas,sis e noi nel bassomodo.
di favellarediciamoc/unonha non
DigitizedbyGoogle
38
è
,
essendolavirtù de’grandipoetiperlo più discorapagaata dalle ricchezzee
man-
candole questa pratica e viva efortete- stimonianzad’onoreeriducendosi perdir così lalor gloriaadun
vento ad unaleg- gerissima aura popolare, chinon
vede quantoin ciòglioratoriglisopravanzino?i quali oltre allafama grandissimaoltre alla potenza,nella qualefiorivano,crescevano maravigliosamente conquella professionele’loro sostanze.Testimonio nesieno lemolte bellee fornitissime villediCicerone,per lequali abbellireimpiegava grandi
somme
di danaro, facendo venire dalla Grecia statuee busti d’insigni .maestri,come
sipuò
vedere per le commissioni, di’ egli neda al suo confidente TitoPomponio
Attico,acuiinunaletteradice inquesto proposito baldanzosamenteeh’ egliprovve- dessepuretuttociò,cheeglistimava chq convenisseperornato delsuostudioedac- cademiadi Frascati;cglisoggiugnesdier- zandòinsieme edicendoilvero:etarene nostrae confidito.Irostri adunquefrutta- vanonon
solo onoredìfama,ma
onoreDigitizedbyGoogic
diricchezze
At
ciraini pulpito,nostraEt
steriles cathedras bastasola crepant; dice de’ poeti, che recitavanc;, alsuotem-po,
Marziale. Virgilio avea bisogno che»Augustoglimandasse ogni giornoilpane per suo sostentamento, ondeper giuoco finsedicrederel’imperadoredi
Roma
fi-gliuolo d’
un
fornaio.Oiaziosicontentava, die Mecenate gli facesse parte del suobuon
vinoeconpiccola,ma
cordiale*li- beralità testimoniasse la stima,eh’ci no faceva. Se rimontiamo all’antichità,ve-dremo un
Omei'o, il qualedopo
la,sua morte pascètante migliaiadipersone,cioè tanti maestridi scuola,che lospiegava- no, in vitasuapoveroemendico andare tapinando pelmondo
j onde con questo fortemotivos’ingegnava il padred’Ovi- dio di ritrurlo dallo sterile studio della poesiaedapplicarloalfruttuosodelle leg-' gi;Saepe ptUer dìxit:studiumquid
inu- tiletentasiMaeonides
nullasipse reliquit opes.U
Tasso,come
a\r\'ertc l’ingegnoso franzese Balsac, riportò in Italia quello stesso vestito,ciréayea portatoinFrancia4 »'
\
4
»
e
,
quanto ricco di dottrina c di virtù
».
tanto fu sempre povero di fortuna
.Ma al-
r oratore erano proposti delle sue fatiche premi e guiderdoni grandissimi
.Finisco cOiP esempio di Demostene,
ilquale
, a-*vendo apparecchiata, una di quelle sue ter- ribili orazioni centra le proposizioni di cer- ti ambasciadori di Mileto
,fu da essi con grossa somma d’argento chetato e rondato mutolo
;onde comparito egli in pubblico colla gola fasciata non disse verbo
,acca-, gionandone una scremenzia o infìammazio*^
ne dì fauci, ma
isuoi emuli beffando dissero non essere quella angina, ma ar-r
geutangina
,male provenutogli dal calore del danaro dalla flussione dell’argento. O-
ra
ilmedesimo Demostene se ne fece una vanità, rintuzzando quella d’ un poeta di commedie
,che diceva d’ avere guadagnalo assai in recitare un suo
«dramma
.Ma ho più io ritratto, rispose,' a star cheto
:
i
DIgitIzedbyGoogle
DISCORSO XCIX.
Se
V
impresed’Alessandro fusscroparto di felicetemerità odi prudentevalore.Xlanno
questodiproprioignindiperso*naggi, che sono invidiati, nonso
come
, fino dalla postcritii, la quale in vecedi fargiustizia alloromerito vuoleattribuire laloro felicitàand
aregalo della sorte cheaproduzionedelloia valore. Ilacor- saquestamedesima
fortunaAlessandro,del quale sipuò
ditechetessaun’ accusaTito Livionellib.9.della prima deca,ove a bella posta digredisce nella questione,se Alessandroavesse voltatetuttelesuearmi iuEuropa
efusse venutoallemani
co’ro- mani, checosane sarebbe egli avvenuto.Esagera pertutto la fortunad’ Alessandro' echeeglimoriin età, chenon avea po- tutoprovarela contraria.
Adduce
ildetto d’Alessandrore deli’Epiro feritoinguer- ra mortalmente, cioè che Alessandro il grande avea avuto diefareconfemmine
,£ qu
el, che toccailsuo troppo ardiit4i
nel cacciarsiincongiunture dìperderela vita aspropositoechelodipigne per im- petuosoctemerario, sièallora,dieegli dicequésteformali parole; frgo invictus
Alexander cnm
invictisducibusbella ges- sisset et eadenifortunae pignoraindi- ecrimendetidisset,imo
etiameo plus pe- riculisubisset, fjuodmacedones unum A- lexandntm
habuissentmultis casibusnon
solumobnoxium
, sed etiam ojferentem se;romani
multi fuissentAlexandro
vel gloria velrerum
magnitudine pares,quo-rum
suo quisque fatosinepublicodiscri-mine
vivercimorereturque.
Ma
contraque- statacciadataad Alessandro da Liviotut- to gonfio dellagloriade’ suoi romani ser- vecome
d’apologiailtrattatodiPlu'arco autore gravissimointitolatodella fortuna o del valore d* Alessandro,
in cui egli con isquisite ragionista perla partedel valore d’Alessandro, abbassando quella dellafortuna,che conessoardisce di con- trastare.
E
chealtro,dice egli,sipossono chiamareleferiteelepercosse, die egli, incombattendogenerosamente, ricevette.
DigitizedbyGoogle
SUB
non
-cifreA
glori* e contrassegni di virtùedivalore? ISardabapaliingrassati all’ombradiregia oziosità tutto possono riconoscere dalla fortuna;ma
irtcoloro,chealsole al
campo
alla polverevanno
ad incontrare i'pericoliconanimo
forte' perispirarecoll’esempioimedesimi senti-’mentid’onore<nelle schiereda seguida- te,
come non
èegliquestoesennoeco-' raggio? Alessandro amante d’ogni bella’
greca disciplina
, edella poesiaontCrica quantod’ altra cosa,
'vaghissimo, 'dondo' trassela tantorinomata macedonicafalan- ge,ebbe certamente in cuore l’elogio chefaalgrangenerale de’greci ilpoeta inquel verso:A’jjt(pozepovjSatrtXeùjt’ùyxOis jtpaxepòjt'ùi^jjinrrii.
Due
coseeraei:buon
re eguerrierprode.Sdegnò
l’aspro altie- ro giovane quel diadema, che presodaila'mano
della natura gli circondò alletem- pie la regiafortuna;e volle di sullapun- ta della lancia prendere esso, colle suemani
,militaricorone, le qualiinnaffiòe nutrì co’suoi sudori e col suo sangue.’
Volle esserein
somma ua
re soldato,e,j)«rcbè più volentieril’ubbidissero isuoi glierrieri.vassalli, non.siprese-perse50- laiueiue la dalcesza del comandare, e i frutti,delle loro fatiche sedendo, attese
ma
all’asprezza de’ pericolisisottopose;e.
partecipe della duravita,edegli affanni editutte lemalagevolezze
compagno
for>mò
tali uomini di guerra, chedopo
la suamorte furono capaci, siccomeavven- ne,d’esseretantiregi.Del
restocheun
giovane sul fioredell’età, caldodidesio digloria, inpoco piùd’undici annicon trentao quarantamilasoldatinazionitantoibellicoseediversedicostumie dilinguag- 6.‘ greco imperio sottomettesse, talché laterra,
come
stanelsacro lesto,alsuo cospetto..tacesse,non,
è-questo parto di, felice temerità,ma
bendifortunatovaio-, le.E
cheipersiani, de’quali Liviodicepraedam
verius guani haslem,non
fosse- rogente cosi dispregevoleinarme
lodi- chiaranolebattagliesanguinose,
,chetalo-,
raebbe con quelli; e ilsaCrasso, che
,
coll’insegne
romane
daipartirazzadi per- siaot iuyolatcgli fu sconfitto abbattuto e.DigitizedbyCooglf
sorto;
e'i qualidicdérò setnpK'tnoltu -briga ai romàni imperadori.Comunque
sia,.l’ uscirefuoridelsuopaesea tentareI
nuove
e raaravigliose conquiste il«volgere learmivittoriosede’suoi,addestnti pri-;
ma
edagguerriti nelle guerre de’ greci e degl’illirli,contra1’Asia centra1’AffricsL e contra l’India e<portare a sconosciute genti, lafama del
nome
greconon
si-pu6 abuonaequità,domandare
senou
*un
no- bileevastoeglorioso disegno.Aveva
e- gliiu capo di ridurre e grecie barbari tradilorosemprestatidiscordiinunaa- michevolepace ed unioneecheilgenereumano
, se perluifaresipotesse,daun
soloimperiorettoegovernato,venissead essere.come;un
grandee belcorpodi va- .fiemembra
:s\,ma
animale da..un solo spirito.Nel suoesercito anuovefandosial- cunitra^grecialtritra’barbarie perciòes- sendocidistinzionetralorosemenzadidi- .scordia,disse Alessandronon
conoscereal- tradifferenza senon
de’ buoni, ede’catti- -vi,donde cavòun moderno
gran capitano quel det^o, che iuterrogiito qualifusseraDigitizedbyGoogle
46
Migliori soldati.didue contràrienazioni, rispose
non
sapere chevilusseròal iuon>do
senon
due nazioni, l'una di valenti l’altra di codardi e queste essere sparse pei’tutto.Volevaadunque
ilgrandeAles- sandro fareilmondo
una gran monarchia ed affezionare al suo governo e greci e barbari:ondeilvestireallapersiana, che egli cominciò ad usare, che Liviogliat- tribuiscea.superbiaedavanità, Plutarco illaun
trattofìnissimo dipoliticaper con- ciliarsi gli animi de’ novelliconquistatie' per fareuna buona
tempera cleggiadra miscliianza de^genie deglianimidelledueUno
alloradiverseeseparate esempreni- michcnazioni. Tutto il suoguerreggiare era,diceegli,un
filosofareed unabrama
nobilissima di reggentilirela barbarie; di addomesticareciò,cheera strano; di spar- gerepertttttolagrecareligione-eseminar- rcfinnelle più .rimote contradelagreca civilitàdisciplina e costumi. Percondur- requcs'o lavoronon
pote^'aegli'prendere Tordinariemisure dell’umanaristrettapru- sleiiaI Bisognava cheegli girdin\os(rasse inDigitizedbyXJbogle
un uomo
ordinario,ma un uomo
supcriore aitimori superioreai pericoli e che fo-' meniassedellasuapersona "una\cextaopi- nionedi divinità.La
suaaccortamadre 0>
limpiade
,
quando
laprima voltaandòincampagna
, glidisse per‘testimonianzadi Eralostene,come
narra-Plutarco! nellasua^vita,
non
so chedisegreto all’,orecchio^cioè,
come non
diFilippo,ma
d’.unnu-me
, chesottofiguradiserpeeragiaciuto conlei,egliera ingeneratoj però vedesse difarecosedegnedellasuanascila.Que-
stasolapersuasionelomettealcopertodi tutte le'accuse di temeritàj poiché egli pcravventurasicredevafigliuolodiGiove, ed ogni cosasivedevariuscire a;maravi- glia elafortunaubbidientealsuovalore.Non
è'stupore chedelleazionid’un
tanto eroesidubiti sesiastaloarchitettoilva- loreolasorte,
quando
sono tantoaudaci gliuomini, che questomedesimo
dubbio hanuoposto nella fattura delmondo,
se ilcaso0la uesial’ingegnere.DISCORSO
C.' . it ^
Se
Giulio Cesaresiapiu stimabileper
la^
. pervia o
per
laspada:^• »
XJénissimo
ha
còngianto'T
ernditonostro apatista.alproblema passato d’Alessandro questopresente di Giulio Cesare, poiché furono;questi-
due
capitànire nel genio vasto:.ed ambizioso e nel-coraggioe nel- l’ardireenelvaloreinsiemee nella fortu-t
nadelle,armi somigliantissimi. Alla vita altresìd’Alessandro fa seguire Plutarco,
come
consimile,quelladiCesarejed uno
bene aggiustatoparalello.diquesticampio- nine -daAppiano
alessandrinonelleguerre civili. 6:deimoderni l’acutissimo franzese Sant’,Evremont
.E
le generose lacrime, che Cesaresparse nellaSpagna
inlèggen-do
alcuna'storia d’Alessandro, dolendosi chein quell’etk, chel’altroaveasoggio- gato lauto dimondo
, egli fatta ancoranon
avea alcuna splendida impresa, lo costituisconoun
grande emulatore della gloria del greco eroe.Ma
oranon
eoaDigitizedby
49
Alessandro
, .ilclic, come s’è detto
,da gravissimi autori è stato fatto
,ma con se
medesimo Cesare si paragona. Cesare sol- dato con Cesare letterato. Veramente di lui
sipuò con ragione giustissima pre- dicare con Omero: MiiOwv re
frizf^pspcvat irpijxTnpa tpyùàv
.Fattor di cose e. dici-- iore insieme Fu* allevato in una repub- blica, dove ,P eloquenza trionfava cd era nobilissimo e necessario ornamento d’ uomo
politico. In questa egli divenne eccellente e fu reputato degli insigni oratori del tem- po suov Nè gli giovarono pel credito nella sua patria solamente le lettere e per por-*
tarlo ad alti posti di stima e d’onore; ma
tra
icorsari ancora di Cilicia
,dai quali fu preso,
ipoemi e P orazioni, ch’ei com- poneva e ad
‘essi con grazia recitava
,fu- rono cagione che ìnsino al tempo dei suo riscatto egli vivesse tra loro non come
«chiavo» ma come re. e signore, facendosi puntualmente servare e lodare ed ammira- re e quegli, che cosi non facessero, sgri-
dando
,come ignoranti e barbari. E tan- ta cura egli mise nell’ elegante e nobile
6civ, £>.5. *4
So
parlare latino e nella politura di quella lingua, cheparea nataacomandare,che
non
isdegnò perfinodicomporreun
libro grammaticale intitolatode
analogiaovve- rodellaragione\>oleeproporzionalama-
niera diJa\'cllare\
e Indirizzolloall’clo-
qucntiasimo Cicerone. CosiigrandidiRo-
ma
trailearti del governo,etraglistudi politici facevano entrare il beldire e a regolesottoponevanlo,accarezzandoilpro- priolinguaggioerallinandoloper renderlodegno
strumentoa spiegareiloro sublimi'pensierieadescriverconessolemagnani-
me
esuperbeimpreseloro.Ma
ilfortedi Cesarefu nell’armi;edinesse,come
av- vertePlutarconellasua vita, ebbeilpri-mato
:nel dire politicoedoratoriomeritò d’ottenereisecondi luoghi.Ed
eglime-
desimoilconobbe; che nell’orazione in favordiCatone conira Cicerone,come
te- stimonio ne rendelo stessoPlutarco,pre- ga dienon
siparagoni unaorazione d’un uomo
militare collavcmenza
d’un
abi- le oratore e il quale molta comoditàed
agio aveva avutodi perfezionarsi inquellaDigitizedbyGoogle
I»*!
5i
^tofessìone
.Pure tanto gli valse lo studio latto nella materna lingua
;che le imprese fatte da se stesso’ e tutte le maestrìe di
• f
'
guerra e le accortezze politiche e
inego*
ziali più
fini''egli seppe Con tanta purità leggiadria schiettezza e naturalezza rappre- sentare e dipignere
,
che
,come verissima*
mente dice Cicerone
,le note e memorie
>«he egli distese delle cose da lui fatte, spa- ventarono
ipiù sensati dal comporre da quelle la giusta istoria
.Si può dire
la penna gareggiasse colla stia spada e che egli sapesse altrettanto ben dire
,
quanto coraggiosamente operare
,e che alla gran- dezza delP opere corrispóndesse la dcscri*
zione' delle parole giusta al precitato ver- so del maggior greco poeta
.Questi suoi commentari preziose consèrve de' suoi gi-an fatti gli hanno dato al pari delle azioni medesime nome immortale
.E questi cre-
do che fussero quei libri
,de’ quali egli era tanto gèloso che non
sibagnassero dall’ acqua e cosi
siguastassero
,quan- do per testimonianza di Svetonio,.in Ales- sandria essendo all’ attacco d’ un ponte
DigitizedbyGoogle
costrettoda
una
improvvisasortitascampò
inimo
sclnfo,donde
perlasoprawegnente
moltitudinede’ suoi, cheprecipitosavisi buttava, forzato a salvarsianuoto»
per' lo spaziodidugento passi finoacchè tro- vasse Ultanave,dove
aggrapparsi, porta alto colla sinistrailibri, co’ denti tenen-
do
ilpaludamento
ovesta imperatoria,
perchè
non
andassero spoglia deniiuici.
Da
questi libri,che sonoilfioredell’ ar- te della guerra e insieme della piupura
latinalingua,siricavanolemaniere,fino ald'id’oggicon
raaravigliosa utilitàpra- ticate»dèlie circonvallazioni e degliasse- dije,quantunque
ifatti ai dettipreva- gliano,nè
paragonare per avventura si possala gloria, che viene dall’armi,a
quella, chedalle letteresiraccoglie, pu- re,se questenon
fossero, die le azioni de’grandi personaggidiguerra perpetuasse- ronellamemoria
de’ posteri consacrandole all’eternità dellafama
, quelle presto pre- stosiricoprirebbero dall’ oblioed
inquelmedesimo
stato appresso noi sarebbero,come
, se fattenon
fossero. Credete voi,
diceilgiudiciosopoetaOrazio,che avanti
ad Agamennone non
sienostatialmondo
moltivalorosi? Certo chesi;ma
di loro sièal buio,perciocché